segno Spedizione in abbonamento postale Poste Italiane S.p.A. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1 ROC ¡ Registro degli operatori di comunicazione n. 18524 - ISSN 0391-3910 00 in libreria
E 5.
Anno XXXIX
APR/MAG 2014
248
AttualitĂ Internazionali dâArte Contemporanea
ETTORE SPALLETTI / MAXXI Roma
VETTOR PISANI / Madre Napoli - Teatro Margherita Bari
LUCIANO FABRO / CIAC Foligno
Photo: Jimmy Kets
Fri 25âSun 27 April 12 noon â 8 pm Brussels Expo www.artbrussels.com
@ArtBrussels artbrussels
#247 sommario
no /colore
architettura, scienza, musica, moda
marzo - 9 aprile 2014
segno Spedizione in abbonamento postale Poste Italiane S.p.A. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1 ROC ¡ Registro degli operatori di comunicazione n. 18524 - ISSN 0391-3910 00 in libreria
E 5.
Anno XXXIX
APR/MAG 2014
aprile/maggio 2014
248
AttualitĂ Internazionali dâArte Contemporanea
lunedĂŹ 31 marzo
Prolusione > Guido Strazza e e percezione dei colori > Lamberto maffei martedĂŹ 1 aprile
Disegno / Colore > CriStina aCidini mercoledĂŹ 2 aprile
/ Colore / Paesaggio: tra pittura e fotografia riSa daLai emiLiani | roberta VaLtorta
# 248 - Aprile/Maggio 2014
corso a cura di Guido strazza
in copertina
Forma / Moda / Colore | roberta orSi Landini | CarLo berteLLi mercoledĂŹ 9 aprile
Linea / Tratteggio / Trama / Colore Strazza | marzia faietti | franCo Purini lezioni a ingresso libero orario 17.30 - 20.00
ETTORE SPALLETTI / MAXXI Roma
VETTOR PISANI / Madre Napoli - Teatro Margherita Bari
LUCIANO FABRO / CIAC Foligno
dat t i c a
i a na z i o na l e d i s a n lu c a
zza dellâAccademia di San Luca 77, Roma
0 | didattica@accademiasanluca.it | www.accademiasanluca.eu
Ettore Spalletti Luciano Fabro Vettor Pisani
4/15 News gallerie e istituzioni Agenda Mostre & Musei in Italia e allâEstero a cura di Lucia Spadano Aste e mercato in ascesa (Piero Tomassoni)
Bethan Huws [30]
Vettor Pisani (Raffaella Barbato pag.16/19) Luciano Fabro (Lucia Spadano pag 20/23) Giulio Paolini (Stefano Taccone pag24/25) Marcelo Cidade, Jonathas De Andrade, Andre Komatsu Ornaghi&Prestinari (Rita Olivieri pag 26/29) Bethan Huws (Maria Letizia Paiato, pag 30/31) Ettore Spalletti (Paolo Balmas, pag 32/39) LâOcchio musicale (Simona Olivieri pag 40/41) Carlo Aymonino/Studio di archivi e Collezioni (Vincenzo DâAlba e Francesco Maggiore pag 42/47) Blue and Joy (Chiara Guidi pag 48/49) Andrew Gilbert (Camilla Nacci pag 50) Gianni De Tora (Raffaella Barbato pag 50/51) Raimondo Galeano (Lucia Spadano pag 51) Rosario Genovese (Rosalba Di Terna pag 52) Agostino Bonalumi (Simona Caramia pag 52) Gianni Piacentino (Ilaria Piccioni pag.53) Andrea Schon (Paolo Balmas pag 53) Francesco Guerrieri (Gabriele Simongini pag 54/55) Vincenzo Marsiglia (Chiara Canali pag 56/57) Marcello Diotallevi (Daniele Decia pag 58) Omar Galliani (Lucia Spadano pag 59) H.H. LIM (Giuliana Benassi pag 60) LâEterno Ritorno (Maria Letizia Paiato pag 61) Sironi e la Grande Guerra (Maria Letizia Paiato pag 62/63) Il Piedistallo Vuoto (Intervista a Marco Scotini a cura di Luciano Marucci pag 64/65)
Carlo Aymonino [42]
news e tematiche espositive su www.rivistasegno.eu
& documentazione 16/75 attivitĂ espositive / recensioni
/ Concorsi 66/72 Osservatorio Editoriale/ Libri Memorie dâarte
Francesco Guerrieri [54]
aPuCCi
martedĂŹ 8 aprile
Giulio Paolini [24]
lunedĂŹ 7 aprile
Suono / Colore Guido barbieri | CLaudio Strinati
segno AttualitĂ Internazionali dâArte Contemporanea
giovedĂŹ 3 aprile
rchitettura / Colore > PaoLo PortoGheSi mmagine del colore > manLio bruSatin
H.H. Lim [60]
Fiere dâArte: ArteFiera Bologna, The Armory Show, Art London, ARCO Madrid (a cura di Lucia Spadano, Massimo Sala, Lisa DâEmidio, Dalia Della Morgia pag 66/69) Memoria/Progetto di memoria Didattica allâAccademia Nazionale di San Luca (Ilaria Giannetti pag 70/71) Libri&Cataloghi (a cura di Ilaria Piccioni, Simona Caramia, Raffaella Barbato pag 72)
segno
periodico internazionale di arte contemporanea
Direzione e redazione Corso Manthonè, 57 65127 Pescara Telefono 085/61712 Fax 085/9430467 www.rivistasegno.eu redazione@rivistasegno.eu
Direttore responsabile LUCIA SPADANO (Pescara) Condirettore e consulente scientifico PAOLO BALMAS (Roma) Direzione editoriale UMBERTO SALA
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Soci Collaboratori e Corrispondenti: Paolo Aita, Raffaella Barbato, Giuliana Benassi, Simona Caramia, Lia De Venere, Anna Saba Didonato, Marilena Di Tursi, Matteo Galbiati, Antonella Marino, Luciano Marucci, Francesca Nicoli, Cristina Olivieri, Rita Olivieri, Simona Olivieri, Maria Letizia Paiato, Ilaria Piccioni, Gabriele Perretta, Gabriella Serusi, Stefano Taccone, AntonelloâTolve, Piero Tomassoni, Paola Ugolini, Stefano Verri, Maria Vinella.
ABBONAMENTO SPECIALE PER SOSTENITORI E SOCI da E 300 a E 500 Lâimporto può essere versato sul c/c postale n. 15521651 Rivista Segno - Pescara
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>news istituzioni e gallerie<
Milano
miart 2014
ella presentazione di miart, il direttore Vincenzo De Bellis ha N sottolineato come âModerno e Con-
temporaneoâ vengono proposti con continui rimandi o con echi piĂš o meno espliciti: una occasione per riflettere sulla continuitĂ fra passato e presente e sulla possibilitĂ di sperimentare strategie istituzionali alternative a quelle consuete. Lâobiettivo è anche quello di un percorso che porti miart ad essere attiva nella produzione moderna e contemporanea durante tutto lâanno e non solo nei tre giorni dellâevento fieristico. Le sezioni della fiera e gli eventi in cittĂ si basano su un principio di âattraversamentoâ di discipline diverse con il desiderio di intercettare pubblici provenienti anche da altri ambiti per definire nel campo dellâarte un luogo idoneo alla comunicazione tra i saperi, un luogo di âscambiâ. De Bellis - si augura che miart diventi un collettore di ambiti, strutture ed esperienze variegate in grado, da una parte, di connettere tra loro le specificitĂ che esistono nel tessuto culturale ed economico di Milano, dallâaltro, di incubare importanti realtĂ internazionali. Nel programma di eventi collaterali a Miart, sono da evidenziare le partecipazioni di istituzioni private come Hangar Bicocca e Triennale, e particolarmente della Fondazione Trussardi. Le Sezioni di miart: Established, sezione che riunisce gallerie operanti da anni nella promozione dellâarte moderna e contemporanea. La sezione si divide in tre sottocategorie Masters â Contemporary â First Step a seconda della tipologia di galleria e di progetto espositivo che viene presentato. Emergent è la sezione riservata a 20 giovani gallerie dâavanguardia, con una riconosciuta attivitĂ di ricerca artistica sperimentale. THENnow è la sezione a invito di 8 coppie di artisti, nella quale si confrontano un artista storico e uno appartenente a una generazione piĂš recente. Object è la sezione che presenta gallerie attive nella promozione di oggetti di design contemporaneo concepiti in edizione limitata e fruiti come opere dâarte. Conflux è una nuova piattaforma di miart 2014 che propone progetti e installazioni site-specific di singoli artisti o coppie di artisti internazionali rappresentati da gallerie provenienti da Sud America, Stati Uniti, Medio Oriente e Europa. 4 - segno 248 | APR/MAG 2014
Le Gallerie partecipanti a Miart 2014: A Palazzo, Brescia / Ancient & Modern, London / AMT, Bratislava / Aria dâItalia, Milan / Arte 92, Milan / Arte Centro - Lattuada Studio, Milan-New York / Artesilva, Seregno / Alfonso Artiaco, Naples / Enrico Astuni, Bologna / Laura Bartlett, London / Rod Barton, London / Galleria Bergamo, Bergamo / Bianconi, Milan / Blu, Milan / BolteLang, Zurich / Thomas Brambilla, Bergamo / Brand New Gallery, Milan / Sandy Brown, Berlin / Brundyn + Gonsalves, Cape Town / Caâ di Fraâ, Milan / Cardelli & Fontana, Sarzana / Cardi, MilanPietrasanta / Carlos / Ishikawa, London / Centro Steccata, Parma-Milan / Circus, Berlin | Claudio Poleschi Arte Contemporanea, Lucca / Clifton Benevento, New York / C L E A R I N G, Brooklyn-Brussels / Collicaligreggi,
Catania / Contini, Venice-Cortina dâAmpezzo-Mestre / Continua, San Gimignano-Beijing-Le Moulin / Raffaella Cortese, Milan / Cortesi Contemporary, Lugano / Guido Costa Projects, Turin / Riccardo Crespi, Milan / Studio Dabbeni, Lugano / Monica De Cardenas, Milan-Zuoz / Massimo De Carlo, Milan-London / Luisa Delle Piane, Milan / Demosmobilia, Chiasso / Dep Art, Milan / Design Gallery Milano, Milan / Die Galerie, Frankfurt / Dilmos, Milan / Anat Ebgi, Los Angeles / Eidos Immagini Contemporanee, Asti / Erastudio, Milan / Essex Street, New York / Isabelle van den Eynde, Dubai / Fabbrica Eos, Milan / Frediano Farsetti, Florence / Fluxia, Milan / Foxy Production, New York / Freedman Fitzpatrick, Los Angeles / FreymondGuth, Zurich / Lars Friedrich, Berlin / Frittelli Arte Contemporanea, Florence / Frutta, Rome / Fumagalli, Milan / Gariboldi, Milan / Gasconade, Milan / Gaudel de Stampa, Paris / François Ghebaly, Los Angeles / Studio Guenzani, Milan / Dan Gunn, Berlin / Andreas Huber, Wien / LâIncontro, Chiari / A arte Studio Invernizzi, Milan / kaufmann repetto, Milan / Kendall Koppe, Glasgow / Andrew Kreps, New York / Matteo Lampertico, Milan / Laveronica, Modica / Elaine Levy Project, Brussels / David Lewis, New York / Josh Lilley, London / Lisson Gallery, London-Milan-New York-Singapore / Lorenzelli Arte, Milan / Luce, Turin / Magazzino, Rome / Main Gallery, Tirana-Los Angeles / GiĂł Marconi, Milan / Primo Marella, Milan / Mary Mary, Glasgow / Mathew, Berlin / Mazzoleni, Turin / Meyer Riegger, Berlin-Karlsruhe / Francesca Minini, Milan / Massimo Minini, Brescia / The Modern Institute
ASTE E MERCATO IN ASCESA
Si è tenuta a Londra la prima tornata di aste dellâanno. Il mercato si conferma in continua espansione, e ancora una volta premia la qualitĂ (e lâItalianitĂ ). a sessione invernale di aste londinesi ha portato risultati molto Lpositivi, e ha in particolare confermato alcune importanti tendenze del mercato che giĂ da qualche tempo appaiono chiare agli osservatori e agli operatori specializzati. Il clima generale è di grande entusiasmo e crescita stabile. Sono tre le caratteristiche principali, emerse soprattutto negli ultimi anni, a cui prestare attenzione: QualitĂ . Câè stato un periodo, quello dei soldi facili in borsa, della liquiditĂ e dei megabonus, in cui molto spesso il bene acquistato in asta o in galleria era il nome dellâartista, piĂš che lâopera in sĂŠ. Al nome corrispondeva una garanzia, e in pochi (tra i nuovi arrivati del mercato) sapevano distinguere un pezzo buono da uno cattivo. Oggi, per quanto il nome sia ancora un forte fattore trainante, specialmente per artisti piĂš giovani e âdi modaâ, lâattenzione si concentra molto di piĂš su componenti dellâopera quali il periodo, lo stato di conservazione, la bibliografia, e in generale la qualitĂ . Difficile dire se questo accada perchĂŠ il pubblico che acquista (ormai spesso investitori piĂš che collezionisti) sia realmente cresciuto da un punto di vista culturale, o perchĂŠ sia aumentata lâinfluenza della consulenza di esperti e advisor. Probabilmente gran parte dei compratori non sanno ancora riconoscere la qualitĂ â difficile
immaginare unâevoluzione radicale in un campo cosĂŹ difficile e in un tempo cosĂŹ breve â ma hanno capito che selezionare è importante, e quindi ascoltano e si fanno consigliare da chi ha piĂš esperienza. Conferme di questo arrivano da lotti di tutte le aste, inclusa la vendita quasi interamente italiana âEyes Wide Openâ da Christieâs, dove si sono registrati prezzi altissimi per bei lavori di Burri, Pistoletto, Boetti, Kounellis e Fabro (ma altre opere degli stessi artisti sono andate invendute o sotto stima). Lâasta serale di Sothebyâs ha visto, per esempio, un grande successo per lo splendido Cy Twombly Untitled (Rome) e per un potente Rosso Plastica di Aberto Burri, mentre sia Richter che Basquiat non hanno scatenato i rialzi che in molti si aspettavano. VolatilitĂ nel breve. Uno dei risultati dellâingresso di grandi capitali nellâarte contemporanea è che spesso si creino delle storture di mercato simili a quelle della borsa, derivanti da polarizzazioni di attenzione piĂš o meno pilotate verso artisti nuovissimi, o nomi che per anni avevano ricoperto ruoli minori e che improvvisamente si trovano sulla bocca di ogni gallerista e investitore Ă la page. Valorizzazioni spesso slegate dal ruolo storico e culturale dellâartista, ma dettate da meccanismi stagionali o speculativi. Fortunatamente questo non va, per ora, a incidere sul successo e sullâat-
>news istituzioni e gallerie< / Toby Webster, Glasgow / Monitor, Rome / Nero, Arezzo / NON, Istanbul / Nuova Galleria Morone, Milan / Lorcan OâNeill, Rome / OHWOW, Los Angeles / Open Art, Prato / P420, Bologna / Francesco Pantaleone, Palermo / Peres Projects, Berlin / Plan B, Cluj-Berlin / Poggiali e Forconi, Florence / Poleschi Arte, Milan-Forte dei Marmi-Lucca / Praxis, Buenos Aires-New York / Eva Presenhuber, Zurich / ProgettoarteElm, Milan / Project Native Informant, London / prometeogallery, Milan / Proposte dâArte, Legnano / Raucci/ Santamaria, Napoli / Repetto, Acqui Terme-Milan / Michela Rizzo, Venice / Robilant+Voena, London-Milan / Thaddaeus Ropac, Paris-Salzburg / Lia Rumma, Milan-Naples / Studio SALES di Norberto Ruggeri, Rome / Federica Schiavo, Rome / Libby Sellers, London / Micky Schubert, Berlin / Mimmo Scognamiglio, Milan / SMAC Art Gallery, Cape Town-Stellenbosch / Southard Reid, London / Spazia, Bologna / SpazioA, Pistoia / Sprovieri, London-Rio de Janeiro / Standard (Oslo), Oslo / Gregor Staiger, Zurich / Studio Marconi â65, Milan / Supplement, London / Swing, Benevento / T293, Naples-Rome / Talents Design, Tel Aviv / Tega, Milan / The Gallery Apart, Rome / Tonelli, Milan / Tornabuoni Arte, Florence-Portofino-Forte dei Marmi-Paris / Toselli, Milan / Steve Turner Contemporary, Los Angeles / Valmore Studio dâArte, Vicenza / Federico Vavassori, Milan / VI, VII, Oslo / Vilma Gold, London / Jonathan Viner, London / Studio Giangaleazzo Visconti, Milan / Vistamare, Pescara / Whatiftheworld, Cape Town / VeneKlasen/Werner â Michael Werner Gallery, Berlin-New York-London /
ZEROâŚ, Milanâ¨â¨ ⢠THENnow a cura di Giovanni Carmine e Alexis Vaillant⨠Carla Accardiâ¨(Massimo Minini, Brescia) - â¨Nicolas Partyâ¨(The Modern Institute / Toby Webster, Glasgow); John Divolaâ¨(Laura Bartlett, London) - â¨Oscar Tuazonâ¨(Eva Presenhuber, Zurich); Jimmie Durhamâ¨(Sprovieri, London-Rio de Janeiro) - â¨Luca Francesconiâ¨(Fluxia, Milano); Imi Knoebelâ¨(Thaddaeus Ropac, ParisSalzburg) - â¨Elad Lassryâ¨(Massimo De Carlo, Milan-London); Paolo Icaroâ¨(P420, Bologna) - â¨Jonathan Binetâ¨(Gaudel de Stampa, Paris); Rudolf Polanszkyâ¨(Ancient & Modern, London, Andreas Huber, Wien) Sonia Kacemâ¨(Gregor Staiger, Zurich and T293, Rome-Naples) - Mario Schifanoâ¨(Studio Marconi â65, Milan); Cory Arcangelâ¨(Lisson Gallery, London-Milan-New York-Singapore); Giuseppe Unciniâ¨(Fumagalli, Milan) - â¨Matias Faldbakkenâ¨(Standard (Oslo), Oslo). ⢠Conflux⨠a cura di Abaseh Mirvaliâ¨:â¨Collaborative project | Rokni Haerizadeh, Ramin Haerizadeh, Hesam Rahmanian & Iman Raad, Isabelle van den Eynde, Dubaiâ¨Waldemar Zimbelmann, Meyer Riegger, Berlin-Karlsruhe â¨Goldin+Senneby and Meriç AlgĂźn Ringborg, NON, Istanbul â¨Gaspar Libedinsky, Praxis, Buenos Aires-New York â¨Edgar Orlaineta, Steve Turner Contemporary, Los Angelesâ¨â¨â¨Emergentâ¨Curated by Andrew Bonacinaâ¨â¨Rod Barton, London / Thomas Brambilla, Bergamo / Sandy Brown, Berlin / Carlos / Ishikawa, London / â¨C L E A R I N G, Brooklyn-Brussels / Essex Street, New York / Freedman Fitzpatrick, Los
tenzione verso i veri maestri (giovani o vecchi), ma sicuramente è causa di distrazione e confusione, oltre che di sfiducia nei confronti di un mercato pronto a pompare artisti poco piĂš che ventenni per un anno o due, per poi abbandonarli in favore di altri nuovi arrivi. Si è parlato anche troppo del fenomeno Oscar Murillo, passato nel giro di mesi da poche decine a qualche centinaio di migliaia di dollari. A Londra si è confermato lâinteresse nei suoi confronti, anche se apparentemente giĂ intiepidito dopo il successo di New York, e forse eclissato da quello di Lucien Smith, classe 1989, presente in tutte e tre le aste serali con opere che hanno venduto a prezzi multipli della stima massima. Nei giorni precedenti alle vendite era facile sentire le giovani specialist delle case dâasta parlare di questo giovanissimo come âil nome del momentoâ e come quello che âora ci piace moltoâ, quasi si fosse a una sfilata di moda o si stesse parlando dellâultimo astro nascente delle calzature tacco 12. Ci si chiede invece delle sorti di chi prima sembrava un assoluto must, da Anselm Reyle a Raqib Shaw, fino, ancor piĂš recentemente, a Jacob Kassay, ormai assenti o relegati alle piĂš modeste Day Sale, le aste mattutine (âPerchĂŠ, esistono anche aste mattutine?â, commentava sferzante unâinfluente dealer basata tra Londra e New York). Interesse per lâItalia. La nota piĂš positiva arriva, per una volta, dallâItalia, o meglio da quegli artisti che lâItalia rappresentano, soprattutto fuori confine, e che nel tempo sono riusciti
non solo a lasciare un segno permanente nella storia dellâarte, ma a farsi rispettare e desiderare nelle piĂš importanti piazze mondiali. Parliamo non solo di Fontana, Burri, Manzoni e Castellani, che continuano a portare alto il tricolore in mostre importanti e in tutte le aste che si rispettino, ma anche di quegli artisti in costante crescita che continuano a ottenere risultati notevoli, come Boetti, Pistoletto, Pascali e Kounellis, trionfanti nellâasta âEyes Wide Openâ della collezione di Nerio e Marina Fossati, e di quelli che hanno avuto bisogno di piĂš tempo per essere riconosciuti dal mercato internazionale ma che oggi ottengono riscontri degni della loro importanza storica, tra cui Francesco Lo Savio, Luciano Fabro, Giulio Paolini e Giuseppe Penone. Importante anche vedere come, in questo contesto, siano stati inclusi artisti pressochĂŠ inediti per il pubblico londinese, quali Emilio Prini e Vincenzo Agnetti, rappresentativi di un concettualismo rigoroso e difficile sotto molti punti di vista, ma anche poetico e affascinante per chi abbia la passione di approfondirne la conoscenza. Ai successi in asta fanno coro anche alcune mostre in galleria: diversi dealer londinesi stanno dimostrando interesse a esporre importanti nomi italiani, in testa Gagosian che propone nel suo spazio di Davies Street una raffinatissima giustapposizione tra Concetto Spaziale, la fine di Dio di Lucio Fontana e HIM di Maurizio Cattelan (âLa fine di Dioâ, a cura di Francesco Bonami, fino al 5 aprile). Piero Tomassoni
Angeles / Freymond Guth, Zurich / Lars Friedrich, Berlin / Frutta, Rome / Gasconade, Milan / Dan Gunn, Berlin / Kendall Koppe, Glasgow / David Lewis, New York / Luce, Turin / Mathew, Berlin / Project Native Informant, London / Southard Reid, London / Supplement, London / VI, VII, Osloâ¨â¨â¨ ⢠Objectâ¨a cura di Federica Sala:â¨Aria dâItalia, Milan / Luisa Delle Piane, Milan / Demosmobilia, Chiasso / Design Gallery Milan, Milan / Dilmos, Milan / Erastudio, Milan / Nero, Arezzo / Libby Sellers, London / Swing, Benevento / Talents Design, Tel Aviv.â¨â¨ ⢠In collaborazione con Fondazione Trussardi, al Civico Planetario Hoepli, corso Venezia 57, CINE DREAMS, progetto espositivo di Massimiliano Gioni e Vincenzo De Bellis, con installazioni, proiezioni multimediali, interventi sonori e video di tre artisti: Stan VanDerBeek, Future Cinema of the Mind, Jeronimo Voss, Eternity Through the Stars, Katie Paterson, Performance. Civico Planetario Hoepli, Milano
Alberto Burri, Combustione Lucio Fontana e Maurizio Cattelan
APR/MAG 2014 | 248 segno - 5
>news istituzioni e gallerie< TERAMO
Prima del film
Fellini, Scola, VirzĂŹ
Tre grandi registi e sceneggiatori italiani come non gli abbiamo mai visti. Federico Fellini, Ettore Scola e Paolo VirzĂŹ saranno presentati nella mostra âPrima del filmâ - presso LâARCA/Laboratorio per le arti contemporanee di Teramo- attraverso la verve creativa della fase progettuale che precede lâopera cinematografica. La mostra apre al pubblico dal 6 aprile fino al 22 giugno; in esposizione oltre cento disegni su carta dove sarĂ possibile scorgere e riconoscere le tracce visive delle pellicole piĂš celebri dei cineasti. La scelta da parte dei curatori (Dimitri Bosi, Umberto Palestini e Mario Sesti) di un taglio generazionale trasversale, consentirĂ di far luce su un modus operandi che costituisce un filo conduttore nella compagine culturale del cinema italiano. La mostra sarĂ corredata di un catalogo e della produzione di un documentario.
Federico Fellini, La bagnante bellissima, 1959 pennarelli su carta
BARI
Fondazione Museo Pascali, Polignano
Virginia Ryan
Dal 12 aprile al 15 giugno, mostra personale di Virginia Ryan, intitolata Fluid Tales, curata da Rosalba BranĂ e Lia De Venere. Lâartista, australiana di nascita, ha vissuto a lungo in altri continenti e da diversi anni lavora in Africa. In particolare, durante la permanenza in Ghana e Costa dâAvorio, ha realizzato delle installazioni attraverso le quali la cultura e la spiritualitĂ delle popolazioni indigene vengono rilette con modalitĂ rispettose della loro sensibilitĂ e al tempo stesso innervate da tensioni legate al vivere contemporaneo. Con lâinstallazione Surfacing, Virginia Ryan evoca le figure mitiche delle Mami Wata (dallâinglese Mammy Water), metafore dei pericoli della navigazione, ma anche simboli dellâarchetipo del femminile e simili per molti aspetti alle sirene, creature ibride che si incontrano spesso nelle mitologie occidentali, capaci di ammaliare con il loro canto melodioso e di portare alla perdizione gli umani. Accanto alle grandi code di lunghi capelli neri, come emerse dagli abissi marini e fluttuanti nellâaria, con cui Ryan raffigura le divinitĂ africane, sono espo-
sti alcuni disegni raffiguranti delle sirene che FrĂŠdĂŠric Bruly BrouabrĂŠ, il piĂš importante artista ivoriano, recentemente scomparso, ha voluto realizzare per Virginia alcuni anni fa. Duemila fotografie, recuperate dallâartista negli studi fotografici di Gran Bassam, la vecchia capitale coloniale della Costa dâAvorio, e salvate dalla distruzione o comunque dallâoblio, sono riunite nellâinstallazione I love you, che costituisce una efficace testimonianza del vissuto di individui degli ultimi ventâanni â immagini di nascite, matrimoni, feste di famiglia, momenti di svago â e insieme un invito alla riflessione su ciò che accomuna le vite di persone appartenenti a culture diverse.
MILANO
UBS Art Collection alla GAM
UBS presenta la prima esposizione in Italia di opere dalla UBS Art Collection, una delle piĂš ampie collezioni private di arte contemporanea al mondo. Dal 21 marzo al 21 giugno nelle sale della GAM - Galleria dâArte Moderna di Milano, la mostra sancisce lâavvio di un rapporto di partnership tra UBS e GAM che, con interventi diversi, si propone di valorizzare e accendere i riflettori su una delle piĂš preziose istituzioni culturali milanesi. A cura di Francesco Bonami, Year After Year, opere su carta dalla UBS Art Collection, esplora la produzione realizzata da grandi artisti attivi dagli anni Sessanta a oggi. In mostra sono presentati cinquanta lavori di trentacinque artisti, tra i quali: Frank Auerbach, Charles Avery, Georg Baselitz, Troy Brauntuch, Chuck Close, John Currin, Lucian Freud, Robert Gober, Jenny Holzer, Martin Kippenberger, Roy Lichtenstein, Robert Longo, Sigmar Polke, Ed Ruscha, Jim Shaw, Cy Twombly, Robin Winters. Attraverso un corpus di lavori di grande qualitĂ e pregio, la mostra indaga un medium e una tipologia di opere in grado di restituire aspetti inediti e chiavi di lettura nuove. La fragilitĂ della carta custodisce lâintimitĂ e la delicatezza del gesto primigenio, la genesi del lavoro artistico, e nel rapporto tra leggerezza del disegno e monumentalitĂ della parete si apre la frontiera dello spazio dipinto.
Virginia Ryan, I love you
Robert Longo, Untitled, 1981 Charcoal and pencil on paper, 243.8 x 152.4 cm. Š Robert Longo. UBS Art Collection Roy Lichtenstein, Crying Girl, 1963 Ink on paper, 49.5 x 64.5 cm. Š Estate of Roy Lichtenstein. UBS Art Collection
6 - segno 248 | APR/MAG 2014
Museo del Novecento
Munari politecnico
Nello Spazio Mostre al piano terra, lâesposizione âMunari Politecnicoâ, realizzata in collaborazione con la Fondazione Jacqueline Vodoz e Bruno Danese, è unâimportante occasione per presentare parte del consistente nucleo di opere di Bruno Munari raccolte dai due collezionisti nel corso della loro attivitĂ e conservate presso la Fondazione. Lâobiettivo è quello di raccontare attraverso le opere della collezione la dimensione artistica di Bruno Munari, aspetto generativo della politecnica figura dellâautore. Accanto alla mostra, il Focus è dedicato allâopera fotografica , in parte inedita, realizzata da Ada Ardessi e Atto, autori che hanno collaborato a lungo con Munari . Bruno Munari, Scultura da viaggio, 1958 Edizione Isetan Tokyo cartoncino bicolore, cm 30x30. Courtesy Fondazione J.Vodoz e B.Danese. Foto Roberto Marossi
Pac Padiglione Arte Contemporanea
Regina JosĂŠ Galindo
25 marzo - 8 giugno 2014 Il PAC apre la stagione espositiva tornando a parlare del corpo, con una grande mostra personale e una nuova performance di Regina JosĂŠ Galindo, Leone dâOro alla 51. Biennale di Venezia come migliore giovane artista. Curata da Diego Sileo ed Eugenio Viola, Estoy Viva è la prima - e piĂš completa â antologica dellâartista mai realizzata. Lâultimo decennio del secolo scorso - affermano i due curatori - ha registrato una rinnovata attenzione per le poetiche legate al corpo e allâazione, solo in apparente continuitĂ con le esperienze legate a questi fenomeni nella loro fase ormai storicizzata. La performance torna oggi ad âoltraggiareâ con nuova forza i territori dellâarte, attraverso una contaminazione spregiudicata di diversi linguaggi, che ha permesso inedite forme dâespressione radicate nel presente e svincolate dalla tradizione e dalle convenzioni. Il lavoro di Regina JosĂŠ Galindo, sin dalle origini, si ricollega a queste forme di resistenza attiva, caratterizzate da una nuova centralitĂ del corpo.
>news istituzioni e gallerie< OFFICINE SAFFI PREMIO OPEN TO ART
Prima edizione del Premio Open to Art, concorso internazionale biennale dedicato al mondo della Ceramica dâArte e della Ceramica di Design, ideato e promosso dal gruppo Officine Saffi Project. Lâesposizione si tiene negli spazi della Galleria di Arte Ceramica Officine Saffi, Via Aurelio Saffi 7 e resterĂ aperta al pubblico da giovedĂŹ 3 aprile a lunedĂŹ 14 luglio 2014. Open to Art si propone come un osservatorio internazionale sul panorama della ricerca contemporanea nei due ambiti specifici della Ceramica dâArte e della Ceramica di Design, di cui vuole individuare le punte di eccellenza e le tendenze piĂš innovative per linguaggio e tecnica. Tra le oltre 300 domande di partecipazione alla prima edizione del Premio sono stati selezionati da una prima giuria i 34 finalisti (21 per la Ceramica dâArte, 13 per la Ceramica di Design), provenienti da 18 paesi e con unâetĂ compresa trai 25 e i 71
Flavio Favelli, Profondo Cina, ceramiche tagliate 2013
Michelangelo Galliani, Sogni dâoro, ceramica e piombo
David Lamelas, âTime as Activity (Milan)â, 2014 - video still
anni. Ad una giuria internazionale, composta da Cinzia Bitossi (Bitossi Ceramiche), Laura Borghi (gallerista, Officine Saffi di Milano, ideatrice e promotrice del premio), Claudia Casali (direttrice del Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza), Jennifer Lee (artista), Jukka Savolainen (direttore del Museo di Design di Helsinki), Tomoko Tanioka (galleria Togakudo), ha avuto il compito di scegliere vincitori e premi di questa prima edizione, tra i finalisti delle due categorie. Per la Sezione Arte: Palma Babos (Ungheria, 1961), Barness Eliasov Einav (Israele,1975), Calcagno Silvia Celeste (Italia,1974), Curneen Claire (Irlanda, 1968), Eandrade Alfredo (Argentina, 1967), Eastman Ken (Inghilterra, 1960), Favelli Flavio (Italia, 1967), Galliani Michelangelo (Italia, 1975), Hartmann Rasmussen Malene (Danimarca, 1973), Kino Satoshi (Giappone, 1989), Manz Bodil (Danimarca, 1943), Perez Rafael (Spagna, 1957), Nomura Ayaka (Giappone, 1987), Perryman Jane (Inghilterra, 1947), Polloniato Paolo⨠(Italia, 1979), Salvatori Andrea⨠(Italia, 1975), Shaw Mella⨠(Inghilterra, 1978), Siyabonga Mbaso Ardmore Ceramics) (Sud Africa, 1985), Tuominen Nittylä Kati (Finlandia, 1947), Zsolt Jozsef Simon (Ungheria, 1973). Sezione Design: Daepp Margareta (Svizzera, 1959), Demo Paolo (Italia, 1974), Desaules JeanMarc (Svizzera, 1968), Hoogeboom Peter (Olanda, 1961), Imre Eszter (Ungheria, 1985), Jung Minji (Corea del Sud, 1983), Kaminker Sara (Inghilterra, 1987), Karakaya Betul (Turchia, 1978), Lacruz Gloria (Spagna, 1964), Lancellotti Luigi Massimo (Italia, 1986), Redondo Angel Vanessa (Venezuela, 1987), Van Hoey Ann (Belgio, 1956), Venables Prue (Australia, 1954).
DAVID LAMELAS
La Galleria Lia Rumma propone a Milano la mostra personale dellâartista argentino David Lamelas, considerato dalla critica uno dei pionieri del Concettuale.â¨I tre lavori, intorno ai quali Lamelas ha costruito la sua seconda personale da Lia Rumma (la prima si tenne a Napoli nel
1972 quando la giovane gallerista aveva appena cominciato ad intrecciare la sua storia con i protagonisti dellâarte concettuale), ripropongono altrettanti momenti cruciali della sua rigorosa ricerca.â¨In quanto âtimeless worksâ, parti di un progetto costantemente in corso (C. Martinez 2005), sono lavori presentati in una veste inedita che si relaziona specificamente alla galleria di Via Stilicone, mirando a decostruire lâautoritĂ (innata e mai neutrale) dello spazio espositivo.â¨In SeĂąalamiento de Tres Objetos (Signaling of Three Objects) venti lastre rettangolari di marmo bianco marcano il grande spazio dâingresso. Al centro, un proiettore manda sulla parete di fondo lâultimo dei suoi âreading filmâ Mon Amour, 2014, con cui Lamelas mette in discussione il nostro ruolo di spettatori/lettori.â¨Concludono la mostra la proiezione di Time as Activity (Milan), 2014, ultima versione del film sperimentale la cui serie ha avuto inizio nel 1969 a DĂźsseldorf, e la presentazione di tre fotografie, frames paradigmatici del lavoro filmico. Scardinando lâidea del tempo come successione ordinata di eventi, Lamelas in Time as Activity â spiega Benjamin Buchloh â âisola le dimensioni della temporalitĂ e dellâistante, impegnandosi nel difficile compito di rappresentare il tempo come pura durata, in una sospensione che non conosce nĂŠ anterioritĂ nĂŠ posterioritĂ â.
GIANFRANCO PARDI
La Fondazione Marconi presenta al pubblico una mostra incentrata su alcune opere degli anni Settanta dellâartista milanese Gianfranco Pardi, a due anni dalla sua scomparsa. Lâintera opera di Pardi, di ambito strutturalista e concettuale, si basa sullo studio dello spazio e sul rapporto tra astrazione e costruzione. La costante, che attraversa tutto il suo percorso artistico, è lâintegrazione rigorosa di pittura, disegno e scultura. La riflessione dellâartista sullâarchitettura inizia giĂ a partire dalla fine degli anni Sessanta, con le prime raffigurazioni di interni ed esterni architettonici e successivamente con lavori chiamati, appunto, âarchitettureâ. Testo a cura di Bruno CorĂ .
Gianfranco Pardi, Fondazione Marconi
Paolo Polionato, Novaforma, assemblaggio a crudo 2013 Ann Van Hoey, The Earthenware Ferrari, 2013
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3456789012345678901234567890123456789012345678901234 SI STA PREPARANDO LA PUBBLICAZIONE DEL CATALOGO GENERALE DELLâOPERA DI 5678901234567890123456789012345678901234567890123456 7890123456789012345678901234567890123456789012345678 9012345678901234567890123456789012345678901234567890 1234567890123456789012345678901234567890123456789012 3456789012345678901234567890123456789012345678901234 5678901234567890123456789012345678901234567890123456 7890123456789012345678901234567890123456789012345678 9012345678901234567890123456789012345678901234567890 1234567890123456789012345678901234567890123456789012 3456789012345678901234567890123456789012345678901234 5678901234567890123456789012345678901234567890123456 7890123456789012345678901234567890123456789012345678 9012345678901234567890123456789012345678901234567890 1234567890123456789012345678901234567890123456789012 3456789012345678901234567890123456789012345678901234 5678901234567890123456789012345678901234567890123456 7890123456789012345678901234567890123456789012345678 9012345678901234567890123456789012345678901234567890 1234567890123456789012345678901234567890123456789012 3456789012345678901234567890123456789012345678901234 5678901234567890123456789012345678901234567890123456 7890123456789012345678901234567890123456789012345678 9012345678901234567890123456789012345678901234567890 PRESSO LâARCHIVIO AGNETTI SI Ă COSTITUITA LA COMMISSIONE SCIENTIFICA FORMATA DA 1234567890123456789012345678901234567890123456789012 3456789012345678901234567890123456789012345678901234 BRUNO CORĂ MARCO MENEGUZZO GIORGIO VERZOTTI 5678901234567890123456789012345678901234567890123456 ASSIEME AI LEGITTIMI EREDI DEL MAESTRO VERRANNO ESAMINATE LE OPERE DELLâARTISTA 7890123456789012345678901234567890123456789012345678 IN POSSESSO DEI COLLEZIONISTI, PER INSERIRLE IN CATALOGO. 9012345678901234567890123456789012345678901234567890 SI INVITANO PERTANTO I POSSESSORI DI OPERE DELLâARTISTA A CONSULTARE IL SITO WWW.VINCENZOAGNETTI.COM DOVE TROVERANNO OGNI ISTRUZIONE 1234567890123456789012345678901234567890123456789012 PER LE PROCEDURE DI ARCHIVIAZIONE. 3456789012345678901234567890123456789012345678901234 CHI FOSSE GIĂ IN POSSESSO DI AUTENTICHE DELLE PROPRIE OPERE DA PARTE DELLâARCHIVIO, 5678901234567890123456789012345678901234567890123456 TROVERĂ NELLO STESSO SITO TUTTE LE INFORMAZIONI RELATIVE 7890123456789012345678901234567890123456789012345678 ALLE PRECEDENTI ARCHIVIAZIONI. 9012345678901234567890123456789012345678901234567890 ARCHIVIO VINCENZO AGNETTI VIA MACHIAVELLI, 30 - 20145 MILANO 1234567890123456789012345678901234567890123456789012 +39 02 4980712 - ARCHIVIOAGNETTI@GMAIL.COM 3456789012345678901234567890123456789012345678901234 SI RICEVE SOLO SU APPUNTAMENTO 5678901234567890123456789012345678901234567890123456
VINCENZO AGNETTI
>news istituzioni e gallerie< Spazio Perduto / Spazio Ricostruito
Dal 28 marzo 2014 riapre lo studio di Vincenzo Agnetti studio è situato allâinterno di un a Milano in via Machiavelli Lal 30.oedificio Il portone di accesso allâedificio
principale che fronteggia la strada è quello impresso sulla copertina del libro di poesie Machiavelli 30, a ricordarci lâimportanza ricoperta dai luoghi. Eâ un piccolo capannone in fondo a un vialetto con un olivo, un alloro e alcune piante dâombra. Da un lato câè un muro di cinta dallâaltro un muretto con una barriera dâedera che lo separa dal giardino su cui dâestate Agnetti apriva la grande porta centrale dello studio. Allâinterno lo spazio è unico ma diviso verticalmente da due grandi soppalchi in ferro che lasciano intravvedere lâinsieme . Alle pareti alcune opere rammentano il percorso artistico di Vincenzo Agnetti. Al piano terra troviamo Spazio Perduto Spazio Ricostruito, Mass Media, due Paesaggi, alcune foto dello studio e una teca contenente il Libro Dimenticato a Memoria e i suoi Quaderni argentini. Sopra, i manifesti di alcune sue mostre e un grande lavoro dellâAmleto politico ci introducono nel livello sovrastante interamente dedicato alla macchina drogata e alla sua produzione. Spazio Perduto Spazio Ricostruito, lâopera che domina la parete principale, e che ci suggerisce il senso della riapertura dello studio, è anche il titolo di una mostra del 1973 che riflette sul rapporto tra spazio, tempo e cultura. Nella lettera di presentazione Vincenzo scriveva alla gallerista Françoise Lambert: ÂŤLa mostra che sto preparando vuole dimostrare come il desiderio di sapere e assoggettare ci ha fatto perdere il contatto con lo spazio: ci ha insomma tolto il privilegio di essere abitanti e parte dello spazioÂť. Con la riapertura dello studio quindi lâArchivio Agnetti vuole ritrovare lo spazio primitivo in cui la cultura ha sedimentato âa memoriaâ il lavoro e lâopera di Vincenzo e vuole continuarne lâşoperazione culturale. Vincenzo Agnetti è una figura di primo piano nel panorama dellâarte concettuale. La sua intensa attivitĂ artistica, concentrata in 15 anni dal 1966 al 1981, trae linfa da uno straordinario lavoro, iniziato ancor giovanissimo, di ricerca e sperimentazione nel campo della poesia, della pittura
e della tecnologia. Ha viaggiato molto accumulando scritti, progetti, schemi, idee, costruendo e sedimentando nei suoi Quaderni argentini quello che esprimerĂ nel suo lavoro, in modo da âiniziare dalla fineâ, come egli stesso scriverĂ . Il fermento degli anni 70 è il contesto ideale per sviluppare il suo discorso: le sue opere si propongono come strumenti critici che si incuneano nella ricerca dellâintervallo, dellâinterspazio, del margine. Si tratta d critica operante che ingloba aspetti della politica, del linguaggio, dellâarte. Basti ricordare âLa macchina drogataâ, una calcolatrice Divisumma Olivetti in cui i numeri sono sostituiti con lettere, che in breve inizia a produrre opere, alcune di altissimo impatto visivo ed evocativo. Su Ciclostile1 Agnetti scrive al proposito âquesta macchina, nata demistificante (abbassamento del proprio impiego) ha ora iniziato una produzione artistica⌠è insomma tornata utensile addomesticato (rendimento e reversibilitĂ ). La ricerca del negativo, propria di quegli anni, trova in Agnetti uno dei suoi massimi esponenti e si svilupperĂ lungo tutto il suo percorso con modalitĂ espressive e tecniche di volta in volta diverse, allâincrocio tra tecnologia arte e poesia. Procedimenti interrotti ridotti azzerati, traduzioni da un codice allâaltro, vuoti e cancellazioni come elementi del dimenticare, come nel Libro Dimenticato a Memoria che non a caso troviamo, per un incastro paradossale, nella stessa teca accanto ai Quaderni argentini. Agnetti è un maestro della poetica dellâazzeramento che invita lâoperazione concettuale ad entrare paradossalmente in contatto con un mondo visionario e profondamente ancorato alle emozioni. Il suo autoritratto âQuando mi vidi non câeroâ ne è un esempio lampante. Forse per questo le sue opere oscillano tra il rigore mentale esasperato degli assiomi e le ridondanze letterarie come nei Ritratti e nei Paesaggi , contrapponendo quindi la freddezza della bachelite al calore del feltro. Il medium espressivo per Agnetti è organico al discorso che vuole rappresentare, per questo la sua ricerca sui differenti modi di creare arte, sulle tecniche e sui materiali è cosĂŹ importante: la parola, lâimmagine fo-
tografica, la tecnologia manipolata, la carta fotografica esposta e graffiata, la scultura accompagnata alla fotografia e ancora alle registrazioni e ai video, le installazioni, le performance sono sempre utilizzati come supporto del progetto artistico. Agnetti è un artista concettuale che non espone concetti ma li costruisce e li rende visibili e percepibili allâocchio dellâosservatore. Eâ lâosservatore che può decodificare il senso concettuale delle sue opere. Eâ lâosservatore che entrando nel suo spazio è invitato attraverso unâoperazione concettuale rigorosa, a entrare in contatto con un mondo visionario paradossalmente ancorato alle emozioni. Lâoccasione della riapertura del suo studio è lâappuntamento milanese della Fiera dâarte e lâinaugurazione avverrĂ proprio allâinterno dellâagenda del MIArt, questo a significare la volontĂ dellâArchivio di mettere a disposizione lo spazio del grande artista milanese. Lâintenzione è che lo studio di Vincenzo Agnetti non sia solo un luogo della memoria ma anche uno spazio dâidee, di proposte, dâiniziative e di ricerche che desideriamo si sviluppino sulla sua stessa lunghezza dâonda di pensiero e dâilluminanti intuizioni. Germana Agnetti e Guido Barbato
Agnetti sul portone dello studio. In basso una veduta dellâinterno dello studio. Archivio Vincenzo Agnetti Via Machiavelli 30 â 20145 Milano per informazioni: archivioagnetti@gmail.com
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>news istituzioni e gallerie< VENEZIA
Biennale Architettura Fundamentals
na Biennale di ricerca, come specificato alla stampa da Paolo Baratta alla presenU tazione della quattordicesima Internazionale di
Rem Koolhaas premiato col Leone dâoro alla carriera alla Biennale 2010, in basso Koolhaas durante la conferenza stampa di presentazione della Biennale 2014
Architettura in programma dal 7 giugno al 23 novembre, dal titolo Fundamentals, diretta da Rem Koolhass. La prima delle novità è, dunque, proprio nella durata dellâesposizione di quasi 6 mesi. Altra innovazione fondamentale è il tema comune che i padiglioni nazionali (cresciuti fino a raggiungere le 65 partecipazioni, con lâesordio di Azerbaijan, Costa dâAvorio, Costa Rica, Repubblica Dominicana, Emirati Arabi Uniti, Indonesia, Kenya, Marocco, Mozambico, Nuova Zelanda e Turchia), sono chiamati a elaborare ognuno in maniera originale contribuendo al discorso generale. âAbsorbing Modernity 1914-2014 - dice Koolhaas - è un invito rivolto ai padiglioni nazionali che mostreranno, ciascuno a modo proprio, il processo di annullamento delle caratteristiche nazionali, a favore dellâadozione quasi universale
di un singolo linguaggio moderno e di un singolo repertorio di tipologie. Ma la transizione verso ciò che sembra essere un linguaggio architettonico universale è un processo piĂš complesso di quanto solitamente viene riconosciuto, poichĂŠ coinvolge incontri significativi tra culture, invenzioni tecniche e modalitĂ impercettibili [...]. Dopo diverse Biennali dedicate alla celebrazione del contemporaneo, Fundamentals si concentrerĂ sulla storia, con lâintento di indagare lo stato attuale dellâarchitettura, e di immaginare il suo futuro.â. Tre le manifestazioni complementari che compongono la manifestazione: Absorbing Modernity 1914-2014; Elements of Architecture, al Padiglione Centrale, che si concentra sugli elementi costruttivi fondamentali dei nostri edifici, utilizzati da ogni architetto, in ogni tempo e in ogni luogo; Monditalia, allâArsenale, tema specifico con esposizioni, rappresentazioni teatrali ed eventi che interessano lâarchitettura, la politica, lâeconomia, la religione, la tecnologia e lâindustria del nostro paese, con il coinvolgimento di tutti gli altri settori della Biennale di Venezia: Cinema, Danza, Musica e Teatro.
ROMA
NAN GOLDIN
Gagosian Gallery è lieta di annunciare la mostra di Nan Goldin Scopophilia, dal greco âla passione per il guardareâ, nella quale viene presentata una selezione di opere commissionate dal Museo del Louvre nel 2010. Il corpus, allestito in galleria, comprende scene autobiografiche dallâintera carriera dellâartista, e fotografie di sculture e dipinti appartenenti alla collezione del grande museo, le cui sale le sono state aperte in condizioni di raro privilegio. Lâamore, la passione e il desiderio, punti focali della serie, sono evocati sia negli intensi ed espressivi ritratti personali, sia negli scatti realizzati nelle sale del Louvre, donando una nuova vitalitĂ a sculture e dipinti della tradizione. Riconosciuta a livello internazionale per le sue immagini molto perturbanti, Nan Goldin ha iniziato a fotografare allâetĂ di 15 anni ed ha utilizzato questo mezzo per presentare i dettagli piĂš segreti delle proprie relazioni amorose e della quotidianitĂ , come in un intimo âdiarioâ fotografico. La sua ricerca artistica è stata considerata da subito rivoluzionaria, rendendola fonte dâispirazione per generazioni di artisti.
Sydney
Biennale
19 edizione della Biennale di Sydney, stavolta sotto la direzione artistica di Juliana Engberg, attuale direttrice dellâ ACCA (Australian Centre for Contemporary Art, Melbourne). You Imagine What You Desire, il concept scelto per accompagnare il fitto programma di eventi fino al 9 Giugno, vuole evocare e celebrare la creazione artistica come lâunica capace di esplorare e descrivere il mondo. Metafora e poesia come microscopi per analizzare lâesperienza estetica in relazione ai suoi precedenti storici e alle opportunitĂ ancora allâorizzonte. Circa cento gli artisti protagonisti dei vari eventi in cartellone, sui quali spicca Douglas Gordon, primo artista a vincere (nel â96) il Turner Prize con un lavoro video, che a Sydney presenta Phantom (2011), riflessione sulle sue influenze estetiche e concettuali, ma anche la siciliana Rosa Barba, unica portabandiera per il nostro paese. Eventi speciali vedono protagonisti EglÄ BudvytytÄ, Bianca Hester, Tori WrĂĽnes, il progetto Future Poland con opere di Hubert Czere-
Nan Goldin, Odalisque, 2011 Š Courtesy dellâartista Nan Goldin, Crazy Scary, 2011/2014. Chromatic print, 109.2x147 cm Š Courtesy dellâartista
a
10 - segno 248 | APR/MAG 2014
pok, Agnieszka Kalinowska e Norman Leto, la britannica di stanza a Berlino Tacita Dean con la premiere mondiale di Event for a stage (2014), Henrik HĂĽkansson con la performance The End. Particolarmente interessante il programma di talks, che offre lâopportunitĂ di incontri con personalitĂ del calibro di Eva Koch, Deborah Kelly, dei giĂ menzionati Gordon, Hester e Dean, ma anche con personaggi piĂš giovani come Augustin Rebetez, NoĂŠ Cauderay, Christine Streuli, Ignas Krunglevicius, Kate Daw, Meriç AlgĂźn Ringbor, Sasha Huber, Victoria
Pihl Lind, Anna Tuori, Henry Coombes, Maxime Rossi o TamĂĄs KaszĂĄs. Animano esposizioni, performance o incontri anche nomi come Yael Bartana, Martin Boyce, Mircea Cantor, Libia Castro, Nathan Coley, Siri Hermansen, Mikhail Karikis, Gabriel Lester, Ann Lislegaard, Laurent Montaron, Ahmet ĂÄĂźt, Ălafur Ălaffson, Mathias Poledna, Pipilotti Rist, Ugo Rondinone, Emily Roysdon, Yhonnie Scarce, Wael Shawky, Taca Sui, Corin Sworn, Sara van der Heide, Ulla Von Brandenburg, Emily Wardill e Zhao Zhao.
>news istituzioni e gallerie< BASILEA
Design Miami/2014
In Giugno, tra il 17 e il 22, torna Design Miami, kermesse che negli anni ha saputo andare ben oltre il concetto di mercato del design, creando un punto dâincontro, un global forum forte di programmi culturali, collaborazioni tra designer e istituzioni, occasioni di confronto con luminari dellâarchitettura, della moda, dellâarte. Questa edizione si articola in quattro grandi sezioni: Galleries, con oltre cinquanta espositori da ogni parte del globo a rappresentare le piĂš svariate tendenze, dal moderno, al recupero storico, agli sguardi sul futuro (per lâItalia Antonella Villanova, Firenze; Galleria O., Roma; Erastudio Apartment-Gallery, Rossella Colombari e Nilufar Gallery, Milano); Design On/Site, in cui 4 gallerie independenti propongono personali fortemente focalizzate sul rapporto design/arte contemporanea: Elisabetta Cipriani (Londra) presenta Rebecca Horn, Galerie MiniMasterpiece (Parigi) il lavoro di Pablo Reinoso, Galerie Gosserez (Parigi) propone Valentin Loellmann e Mitterrand+Cramer (Ginevra) le creazioni dello Studio Job; Design Commission è una piattaforma per sperimentazioni architettoniche su larga scala, il cui contenuto è a tuttora ben segreto (verrĂ svelato in Aprile, al Salone Internazionale del Mobile di Milano); Design At Large, infine, è al debutto e presenterĂ a ogni nuova edizione installazioni monumentali nella Hall 1 Sud della Fiera di Basilea. A corollario, un nutrito programma di incontri nella sezione talks e una serie di eventi programmati da istituzioni culturali partner, caratterizzati da forti connotazioni curatoriali ed educative.
BONN
Juan UslĂŠ
Prima esposizione museale in terra tedesca per la serie di black paintings di Juan UslĂŠ dal titolo SoùÊ que revelabas. Fino al 25 Maggio, al Kunstmuseum Bonn, ampia ricognizione su un corpo di opere che dal 1997 a oggi è arrivato a contare oltre 50 lavori e costituisce un punto nodale per la comprensione dellâintera esperienza pittorica dellâartista spagnolo, dialettica che si dipana tra la riflessione sulle condizioni strutturali e processuali della pratica creativa. Il risultato, se da un lato si incanala nel solco della tradizione astrattista autoriflessiva, dallâaltro è cosĂŹ intimo da dare tangibilitĂ corporea alla connessione sensuale dellâartista con le sue stesse opere.
Studio Karin Sander, CĂłdigo XML-SVG,Source code of the exhibition wall, 2014, courtesy LABoral Centro de Arte y CreaciĂłn Industrial, GijĂłn
GijĂłn
Datascape
Fa tappa al LABoral la mostra Datascape. What you see is not what you get, che partita nel 2013 dalla galleria Borusan Contemporary di Instambul, si arricchisce nel passaggio in terra ispanica del sottotitolo Nuevos paisajes en la era tecnolĂłgica. Principio ispiratore è la constatazione che la contemporaneità è contraddistinta da un continuo flusso di dati e informazioni che rimodellano la nostra percezione del mondo. I pittori, che da sempre hanno fatto del paesaggio uno dei cardini della ricerca artistica, arricchiscono ora questa tradizione contaminandola con i piĂš svariati supporti tecnologici. Con la curatela di Benjamin Weil, Burak Arikan, Angela Bulloch, Nerea Calvillo, David Claerbout, Harun Farocki, Joan Fontcuberta, Michael Najjar, Thomas Ruff, Enrique Radigales, Karin Sander, Charles Sandison e Pablo Valbuena offrono unâesaustiva panoramica sulle creazioni dellâultimo decennio nelle quali questo tema si confronta, si fonde, si arricchisce nel rapporto con la nostra realtĂ iperconnessa e globalizzata.
Haim Steinbach, Shelf with Annie Figurine, 1981 courtesy Serpentine Gallery, Londra
GINEVRA
Nuit des bains
Juan UslÊ, SoùÊ que revelabas, Abierto, 2005-2006, courtesy Galerie Thomas Schulte, Berlino
LâAssociazione Quartier des bains, che raccoglie 12 gallerie e 4 istituzioni culturali del distretto artistico di Ginevra, organizza nel decimo anniversario della sua costituzione una Nuit des bains particolarmente ricca. Il 20 Marzo apertura speciale con la possibilitĂ di visitare esposizioni di Thomas Huber, Laurent Kropf, Davina Semo, Paul Limoujoux, Richard Pettibone, Ricardo Brey; YamandĂş Canosa; Paula Delgado; Sigismond de Vajay, Cao GuimarĂŁes; Ricardo Lanzarini; Marco Maggi; Vik Muniz, Michel PĂŠrez; Pablo Reinoso; Jorge Satorre; Eduardo Stupia; Janaina Tschäpe; Dani Umpi; Pedro Varela; Allan McCollum; Franck Scurti; Marijke van Warmerdam; Christopher Williams; Flatland, Sherrie Levine, Antonio Saura, Sadie Laska, Max Regenberg; Emmanuelle Bayart, Robert Overby; Nicole Miller, Adel Abdessemed, Sarah Burger; Pascal Danz e Franz West.
BELLINZONA
LONDRA
Fotografia, video e arazzi sono protagonisti della prima esposizione del MACT/CACT per il 2014. Accostamenti. Riflessioni sul silenzio si compone di lavori di MargretEicher, Fabrizio Sacchetti e Christian Zucconi, autori che affrontano le tematiche inerenti allâidentitĂ di una societĂ in evoluzione discostandosi decisamente dai media utilizzati per sottolineare lâavvenuta perdita di potere del linguaggio artistico autoreferenziale figlio degli anni Settanta. Sacchetti è presente con lavori fotografici e video risalenti ai primi anni Novanta, ricerca di assoluta novitĂ nellâambito del confronto con la digitalizzazione âad-effetto-specialeâ. Zucconi espone ritratti fotografici di grande formato della serie Cenere, scatti dedicati alla corporeitĂ , a corpi che come Cariatidi sembrano portare su di sĂŠ la storia del mondo. Gli arazzi dellâartista tedesca MargretEicher documentano lâevolversi degli avvenimenti sociali e istituzionali della nostra storia recente fondendo il recupero di una antica tradizione produttiva con la drammaticitĂ della cronaca quotidiana. Fino al 6 Aprile.
La Serpentine Gallery propone la mostra Once again the world is flat, ricognizione sugli oltre
Accostamenti
quarantâanni di carriera di Haim Steinbach. La ricerca dellâartista di origini israeliane viene ripercorsa fino al 21 Aprile attraverso numerosi lavori chiave, dallâesperienza della pittura minimalista, agli esperimenti con il linoleum e allâinvestigazione delle questioni spaziali. Particolare focus sui rituali quotidiani che coinvolgono alcuni oggetti: nellâoccasione Steinbach ha invitato il pubblico a presentare i propri portasale e portapepe, ognuno con la sua storia e la sua aura, creando il definitivo corto circuito tra la sfera privata e quella pubblica. Completano lâesposizione lavori selezionati allâinterno di collezioni pubbliche e private quali, ad esempio, la Zabludowicz Collection, il Victoria & Albert Museum of Childhood di Londra e la Manchesterâs Whitworth Art Gallery. Al contempo, gli spazi della Serpentine Sackler Gallery ospitano unâesposizione di design curata da Martino Gamper, evento che condivide con lâesposizione principale lâaspirazione a mettere in luce gli oggetti che hanno avuto un impatto decisivo sulle nostre vite e ci offrono una prospettiva nuova sulla cultura materiale.
Daniel Knorr,2 dollar pigs, 2012, getto dâinchiostro su carta, origami, cm.45x88x22, courtesy Galerie nächst St. Stephan Rosemarie Schwar-zwälder, Vienna Douglas Gordon, Phantom, 2011, still da video, courtesy Galerie Yvon Lambert, Parigi
Haim Steinbach
VIENNA
Daniel Knorr
Christian Zucconi, Cenere, 2013, courtesy MACT/CACT, Bellinzona Fabrizio Sacchetti, LacrimAZIONE, 2007, video b/n, 4â 13â, courtesy MACT/CACT, Bellinzona
La Galerie nächst St. Stephan Rosemarie Schwarzwälder presenta fino al 3 Maggio Lunarium, personale dellâartista rumeno Daniel Knorr. In esposizione, oltre allâinstallazione che da il titolo allâevento e che evoca il pallore e la raffinatezza tipici della cultura viennese (curiosamente visitabile solo nottetempo, tra la mezzanotte e le 5), troviamo il muro di sculture Depression Elevations in plastica e cristalli poliuretanici: rappresentazione metaforica che lega la cittĂ di Vienna ai luoghi piĂš bassi della terra, attraverso lâeffimera esistenza delle pozzanghere. APR/MAG 2014 | 248 segno - 11
>news istituzioni e gallerie< NEW YORK
Robert Heinecken
Il MoMA dedica alla rivoluzionaria opera di Robert Heinecken la prima restrospettiva dalla sua scomparsa nel 2006. La special exhibition gallery al secondo piano ospita Object Matter, 150 lavori che danno conto di come lâartista abbia costantemente, fin dagli anni Sessanta, celebrato le illimitate possibilitĂ del mezzo fotografico, proponendo idee e mutazioni sempre nuove e diverse, sperimentando e contaminando il medium con la litografia, il collage, la pittura, la scultura e lâinstallazione. Innumerevoli le immagini reperite dalle fonti piĂš svariate (dai libri alla tv, dai rotocalchi alle riviste porno), sulle quali Heinecken ha costruito la sua esplorazione della vita quotidiana e la riflessione sulla dialettica tra originale e copia, sia in campo artistico che piĂš in generale nellâambito culturale.
Alice Aycock
Unâidea grandiosa che ha necessitato di ben due anni di gestazione, ma che è infine giunta al momento della realizzazione: una serie di sette sculture di grandi dimensioni di Alice Aycock, dal titolo Park Avenue Paper Chase è stata allestita lungo Park Avenue, tra la 52a e la 57a strada e arricchirĂ il cuore della grande mela fino al 20 Luglio. Lâartista definisce lâenorme installazione come il âresiduo metaforico dellâenergia di New Yorkâ.
WHITNEY BIENNAL
Snob, anacronistica, autoreferenziale, la Whitney Biennal dâaltronde definita dai suoi stessi organizzatori come âla Biennale che tutti amano⌠odiareâ torna a riproporre le sue eterne domande: cosâè contemporaneo? Cosâè americano? A rispondere in questa edizione 2014, i curatori Stuart Comer, Anthony Elms e Michelle Grabner hanno chiamato in tre diverse esposizioni, dislocate su tre piani del Whitney Museum, una pattuglia molto eterogenea di artisti. Al secondo piano (Elms) si parte in sordina con lavori di Valerie Snobeck e Catherine Sullivan (Image of Limited Good, 2014), Charline von Heyl (Folk Tales, 2013), Gary Indiana, Rebecca Morris e alcuni lavori video; il terzo piano (Comer) raccoglie i nomi piĂš attesi, da Bjarne Melgaard con la sua stanza ispirata dal Korova Milk Bar di Arancia
meccanica, a Ei Arakawa con i suoi cappelli, da Ken Okiishi a Keith Mayerson, e ancora Matt Wolf, David Wojnarowicz, Martin Wong e sorprendentemente lâ89enne poetessa libanese Etel Adnan, qui in veste di pittrice; tutto virato al femminile il quarto piano (Grabner), che offre la maggiore concentrazione di opere con lavori, tra gli altri, di Sterling Ruby, Laura Owens (As-yet-untitled, 2014), Jacqueline Humphries, Louise Fishman, Molly Zuckerman-Hartung, Dona Nelson, Amy Sillman, Gaylen Gerber, Sherrie Levine (Thin Stripe: 10, 1986) e Zoe Leonard con 945 Madison Avenue (2014), enorme camera oscura che nasconde una vera e propria elegia della sede stessa della Biennale.
Frieze New York
Allâinterno del Randallâs Island Park, una struttura serpentiforme proprio a ridosso dellâEast River ospita la terza edizione dellâappuntamento newyorkese di Frieze Art Fair, punto dâincontro irrinunciabile per gli amanti dellâofferta artistica piĂš dinamica e lungimirante. La direzione è affidata a Matthew Slotover e Amanda Sharp i
quali, a proposito delle prospettive dellâevento commentano: âVogliamo che la Fiera dia un contributo positivo alla cittĂ di New York e la risposta delle gallerie locali, dalla piĂš piccola alla piĂš affermata, è stata la positiva al massimo. Frieze New York riunisce le gallerie piĂš energiche del momento e, avendo introdotto la novitĂ di un numero limitato di biglietti ridotti a disposizione degli studenti, speriamo di mettere questa energia a disposizione di tutti.â.
Oltre al Main program, il piĂš vasto ed eterogeneo, alcune gallerie si inquadrano nelle sezioni Focus, dedicata a chi opera da meno di dieci anni e cura per lâoccasione progetti particolari o esposizioni personali appositamente concepite; Frame è invece dedicata a personali allestite da gallerie operanti con partcolare vigore, ma da meno di otto anni. Di particolare interesse il programma Frieze Projects, curato da Cecilia Alemani, che include sette progetti commissionati ad altrettanti artisti, ispirati e allestiti nel contesto del Randallâs Island Park. Artefici sono Darren Bader, Eduar-
Alice Aycock, Park Avenue Paper Chase, 2014. courtesy Galerie Thomas Schulte, Berlino Frieze New York 2012,â¨foto Graham Carlow,â¨Courtesy Graham Carlow/Frieze
12 - segno 248 | APR/MAG 2014
Robert Heinecken, RectoVerso #2, 1988. courtesy The Robert Heinecken Trust, 2013
Bjarne Melgaard, Think Iâm Gonna Have A Baby, 2014, tecnica mista con video e proiezioni olografiche, foto Kevin McGarry, courtesy lâartista
do Basualdo, Eva KotĂĄtkovĂĄ, Marie Lorenz, Koki Tanaka e Naama Tsabar, ma è in programma anche un tributo speciale allâAllen Ruppersbergâs Alâs Grand Hotel, realizzato in origine al 7175 di Sunset Boulevard, Los Angeles, nel 1971. Sempre a cura della Alemani, per Frieze Sounds sono stati commissionati tre progetti audio speciali a opera di Keren Cytter, Cally Spooner e Hannah Weinberger. Lâofferta si completa con gli ampi pannelli Talks ed Education. Nel complesso sono 190 gli espositori annunciati, ben 53 dei quali dalla sola cittĂ ospitante. DallâItalia registriamo la partecipazione, nella sezione principale, di: Alfonso Artiaco, Napoli; Galleria Continua, San Gimignano; Massimo De Carlo, Milano; Massimo Minini, Brescia; Galleria Lorcan OâNeill, Roma; T293, Roma. Inserita nel contesto della sezione Focus trovismo, invece, la Galleria Vistamare di Pescara.
CON IL PATROCINIO
SOTTO LâALTO PATRONATO
DEL
PRESIDENTE
DELLA
REPUBBLICA
SIRONI E LA GRANDE GUERRA LâARTE E LA PRIMA GUERRA MONDIALE DAI FUTURISTI A GROSZ A DIX
a cura di E. Pontiggia
22 FEBBRAIO 25 MAGGIO 2014 S.E.T. SPAZIO ESPOSIZIONI TEMPORANEE PALAZZO DE' MAYO, CHIETI
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Iena in grigio, 2013, tecnica mista su tavola, 215 cm x 315 cm
H.H. LIM Politicamente Parlando a cura di Giacomo Zaza
Opening 20 marzo 2014 ore 18-21
Talk Francamente Parlando 15 aprile 2014 ore 19
21 marzo - 30 aprile 2014 intervengono Hou Hanru Evelyne Jouanno Alberto Garutti H.H. Lim Gabi Scardi Giacomo Zaza
Galleria Bianconi via Lecco 20, 20124 Milano tel +39 02 22228336 info@galleriabianconi.com www.galleriabianconi.com Sponsor tecnico
lunedÄĹš-venerdÄĹš 10.30-13.00/14.30-19.00 sabato su appuntamento
OMAR GALLIANI
Lâ OPERA AL NERO 6 MARZO - 18 MAGGIO 2014
GAM - Galleria Civica dâArte Moderna e Contemporanea, Torino Via Magenta 31, 10128 Torino - info: +39 011 4429518 / +39 011 4429595 gam@fondazionetorinomusei.it / www.gamtorino.it
Museo MADRE/Napoli - Teatro Margherita/Bari
Vettor Pisani Eroica/Antieroica Una retrospettiva
âC
i si stupisce di come opere esteticamente corrette, possano contenere in sĂŠ i segni conturbanti delle dissonanze e dei paradossi. Accade che in un chip dello sguardo, di un linguaggio perfetto, esplodano: ambiguitĂ , sarcasmo, ironia, profonditĂ critica, riferimenti ai mondi dellâanima, a memorie della storia e dellâarteâ. Queste le parole con le quali Mimma Pisani, compagna di vita, alter ego e assistente creativa, introduceva la ricerca di Vettor Pisani, in una mostra datata al 2008. Irridente, autoironico e pungente, malinconico e visionario Vettor Pisani è uno degli artisti piĂš rappresentativi del panorama italiano dal 1970 (anno dellâesordio artistico con la mostra Maschile, femminile e androgino. Incesto e cannibalismo in Marcel Duchamp e dellâattribuzione del Premio Pino Pascali) ad oggi; basta ricordarne la partecipazione a sette edizioni della Biennale di Venezia e alla Documenta 5 di Kassel (1972). Costellata di imprevedibilitĂ e pathos, di richiami mitologici, storiografici e psicanalitici, la poetica di Vettor Pisani, che sia trasposta in istallazione, performance, traccia grafica, testo teatrale, segno/disegno è sempre volontĂ di agnizione - rivolgimento dallâignoranza alla conoscenza - e visionarietĂ critica; una lunga interrogazione, articolata in quarantâanni (terminata nellâestate del 2011, con il suicidio nella sua casa romana), costituita da quesiti silenziosi e ridondanti, in cui con mordace ironia, lâartista ritorna sempre a cimentarsi su ossessioni tematiche mai pienamente risolte ed esaurite tra cui, in primis, il tema della menzogna; âveritĂ fatta di mille menzogne [âŚ] la veritĂ non esiste [âŚ] lâarte è lâunico sistema non menzogneroâ (Vettor Pisani). Partendo da un cosmo preesistente e precostituito, Vettor Pisani opera una riformulazione del tempo presente di cui disconosce equilibri, logiche e relazioni convenzionali, generando nuove fenomenologie percettive; unâatemporalitĂ - quella celebrata dallâartista- fatta di passato e prefigurazioni, in cui recuperare memorie simboliche - rosacrociane e massoniche - attraverso una vestige teatrale e tragicomica. Un controtempo - luogo di transito - dove, superata lâapparente dimensione orgiastica, ludica e fantasiosa, lâartista manifesta la propria feroce critica alla societĂ odierna fatta di stereotipi, paradigmi, paradossi e feticci; una societĂ necrotizzata che ha trasformato lâindividuo in Pupazzo di Paracelso - automa di se
Camera di Eros (Venere di cioccolato), 1970, calco in gesso rivestito di cioccolato, pesi e targa in metallo, courtesy Cardelli & Fontana artecontemporanea, Sarzana
stesso -, in cui solo il poeta tragico può intervenire nel recupero del âsensoâ che per lâartista è sinonimo del ânon sensoâ. Con le complesse meccaniche delle sue installazione, Vettor Pisani destruttura e ristruttura lâordinario - spazio liturgico, obscuro e acronico - in un mondo iconico dove ogni oggetto, figura e/o animale prescelto diviene la rivelazione di uno sguardo contemplativo; una presenza, tramite la quale definire paure, nevrosi e limitazioni. Un capriccio teatrale ed eccelso al contempo, in cui, tra memorie - tracce del sentire - e slittamenti di senso, lâartista crea delle vere e proprie Wunderkammer (camera delle meraviglie) in cui lo spettatore si ritrova ad essere una spaesata Alice che dialoga polemizzando con Joseph Beuys o ironicamente sul pensiero duchampiano; quinta scenica nella quale non possono mancare riti e filosofie esoteriche, il mito di Edipo Re, il mistero della Sfinge, gli echi di collaborazioni passate - quale quella di Michelangelo Pistoletto - o lâidentificazione con artisti a lui coetanei quali Alighiero Boetti e Gino De Dominicis. Un confusionario arabeske surrealista dove la realtĂ , osservata con gli occhi di Morfeo, è articolata in un complesso reliquario di oggetti e
Ger.:.mania, 1991, Collezione Maria Teresa Incisetto, Napoli. Foto dellâinstallazione al museo MADRE di Napoli. Photo Š Amedeo Benestante, courtesy Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, Napoli
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attivitĂ espositive RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE
Camera di Eros, 1989, vetro, abito da sposa, scarpe, guanti e carta da parati Germanella, Show. Strip-tease: La signorina Tre Puntine. Collezione Maria Teresa Incisetto, Napoli
German Love Sinfonietta, 1989, Courtesy PIOMONTI arte contemporanea, Roma. Foto dellâinstallazione al museo MADRE di Napoli. Photo Š Amedeo Benestante, Courtesy Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, Napoli
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Lo Scorrevole, 1972, stampa fotografica, plexiglass, ferro , Courtesy Collezione Maramotti, Reggio Emilia. Foto dellâinstallazione al museo MADRE di Napoli. Photo Š Amedeo Benestante. Courtesy Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, Napoli
persone (da triangoli, semicroci, piramidi, clessidre, pianoforti e violini, carrucole, Hitler, Freud, Socrate, la Signorina tre puntini, Germana, Virginia, solo per citarne alcuni) ed animata da un bestiario fatto di tartarughe, conigli, pesci rossi, lumache, gatti, pavoni e tanto altro ancora. Dynamis cosmogonica, che contiene in sĂŠ - in coappartenenza e negazione - il riflesso e la partizione, la persistenza e il mutamento, la stabilitĂ e lâinstabilitĂ dellâessere oggi viandante del mondo. Fantasmagoria, dove la ricerca della lanterna magica o della pietra filosofale di DĂźrer, - a lungo cercata, come affermava lâartista stesso, nellâex cava, ricca di vegetazione, situata alle spalle del suo Museo della Catastrofe - diventa il vaneggiamento di un lungo viaggio in cui lâindividuo, mo-
derno Ulisse, decide deliberatamente di non raggiungere la sua Itaca (isola/isolamento) per vivere del viaggio stesso; un peregrinare il cui apice è nel Die Toteninsel - isola dei morti di BĂścklin, spazio del sublime e del non finito. Percorsi questi tratteggiati dalla poetica di Vettor Pisani, che è possibile rivivere, o quanto meno saggiare fuggevolmente - fino al 24 marzo 2014 - negli spazi espositivi del Museo Madre di Napoli, nella personale, Eroiaca/Antieroica, a cura di Andrea Viliani ed Eugenio Viola, con la supervisione scientifica di Laura Cherubini. La retrospettiva, ad oggi la piĂš grande dedicata allâartista, raccoglie un nutrito numero di lavori esplicativi dellâintera e complessa ricerca del maestro dagli esordi a pochi mesi prima della morte; dalle installazioni
In alto: Opera di pasticceria cosmica, 1985, tecnica mista su tela, Collezione Federica e Vittoriano Spalletti, Pescara In basso: La tempesta, 1991, stampa cromogenica, Collezione privata, Roma
In alto: La tempesta, 1991, stampa cromogenica, Collezione privata, Roma In basso: Edipo e la sfinge, 1980, alluminio e stampa fotografica, Courtesy Mario Pieroni, Roma; Miaosfinge, 1992, 10 barattoli di latta, base triangolare in legno, Collezione Riposati, Roma
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attivitĂ espositive RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE
Foto dellâinstallazione al museo MADRE di Napoli. Photo Š Amedeo Benestante. Courtesy Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, Napoli
Barca dei sogni, 2001. Legno, manichino, stoffa, bronzo, livella, polvere di cobalto, stampa fotografica plotter su tela. Courtesy Galleria Umberto Di Marino, Napoli. Collezione Ovidio Jacorossi, Roma
site-specific ai disegni, dai dipinti su tela e su pvc alle documentazioni fotografiche delle azioni performative. Ideale continuazione e prolungamento della restrospettiva napoletana è la sezione dâapprofondimento, dedicata alla dimensione teatrale e performativa del lavoro di Pisani, visitabile dal 27 gennaio al Teatro Margherita di Bari. Nella suggestiva location - teatro in stile liberty che si affaccia rispecchiandosi sul Mare - il tributo a Vettor Pisani avviene attraverso una serie di percorsi sinestestici in cui Immagini, suoni e odori concorrono a definire il carattere di totalitĂ ambito nel suo lavoro. Lâossessione di una Gesamtkunstwerk, in cui i differenti saperi dellâuomo - dallâarte alla poesia, dalla musica alla psica-
nalisi, dalla politica alle scienze occulte -, da isolate visioni, diventano arti di un unico corpo: R.C. Theatrum, teatro rosacrociano; grembo mitico, spazio del notturno, in cui lâindicibile o il dicibile altro si trasforma in verbo; spettacolo dove discipline alchimiche e misticismo si completano prolungandosi vicendevolmente lâuna nelle altre come nellâantico ordine di cui recupera il nome. Particolare menzione merita il rifacimento dellâistallazione/performance presentata nel 1970 al Castello Svevo in occasione della seconda edizione del Premio Pascali, e lâinstallazione - ricostruita per la prima volta - della performance Melanconica Pot. La tartaruga piĂš veloce del mondo, presentata sempre a Bari nel 1970. Raffaella Barbato
La tempesta, 1991. Stampa cromogenica. Collezione privata, Roma. Photo Š Luca Borrelli
Pesci rossi, 1997. Stampa digitale su tela. Collezione Maria e Umberto Di Marino, Giugliano in Campania Viaggio nellâeternitĂ , 1996 - 2004. Tecnica mista su tela e neon Collezione Fondazione Morra, Napoli. Š Fondazione Morra, Napoli
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CIAC Foligno
LUCIANO FABRO Disegno In-Opera
P
er chi non avesse avuto modo di vedere la mostra Luciano Fabro - Disegno In -Opera, ospitata alla GAMeC di Bergamo sino al gennaio scorso, consigliamo vivamente di non perdere lâoccasione offerta dal CIAC di Foligno, che la accoglie nuovamente sino a maggio. In realtĂ questa rassegna avrebbe dovuto far parte di una esposizione assai particolare che Fabro stava preparando, assieme alla figlia Silvia e a Bruno CorĂ , giĂ nel 2007, per il Museo di Shanghai. A causa della, improvvisa, prematura, morte dellâartista, il progetto ha però avuto avvio soltanto lo scorso anno e ciò che ne è risultato è stato esposto prima al Museo di Winterthur, per lâinteressamento di Dieter Schwarz , poi a Bergamo per opera di Giacinto Di Pietrantonio ed infine nello splendido museo di Foligno grazie al suo curatore Italo Tomassoni. Si tratta di una raccolta di oltre 100 disegni che Fabro ha regalato ad amici e parenti nel corso di piĂš di quarantâanni. Tutte opere di piccola dimensione, ma di inegabile intensitĂ , che presentano, come sempre accade con questo autore, una valenza linguistica autonoma, non predeterminabile in base allâodozione di un codice rigido, ma legata al tipo di indagine epistemica posta di volta in volta in essere. E, non a caso, è proprio la generositĂ dellâartista a fornire una delle chiavi di lettura dei disegni esposti, che, appartenendo, non a musei o collezioni programmaticamente organizzate, ma ai privati che suo tempo li avevano ricevuti in dono, tesaurizzandoli ciascuno secondo le proprie inclinazioni, tornano oggi a stimolare la nostra attenzione non secondo i modi di una decantazione protrattasi nel tempo bensĂŹ in forza di una certa loro intatta flagranza, quasi fossero amici ritrovati insieme ai quali rileggere appunti di viaggio o pagine di diario. Sono disegni che - come scrive, tra lâaltro, Dieter Schwarz - âsi limitano al minimo indispensabile e sovente si compongono solo di pochi tratti che trovano la loro soluzione nel titoloâ (come, ad esempio, âLa molla della vitaâ (1992), ââFanciulla non accettare i miei fioriâ (1992) oppure âProgetto per ottimismoâ (1998)). Nella ricerca di Fabro la dimensione ambientale riveste, come è noto, unâimportanza fondamentale, lo spazio vi è infatti concepito quale campo dâazione vivo fatto di relazioni tra il fruitore e gli elementi presenti al suo interno o da esso comunque individuati, relazioni tanto piĂš conseguenziali in quanto capaci di imporsi attraverso una processualitĂ conoscitiva ricca di sorprese e sanamente liberatoria nei confronti dei limiti ideologici che si insinuano inevitabilmente anche allâinterno di quelle che noi crediamo essere esperienze immediate e dirette. Ed è proprio in considerazione di ciò, che accanto ai disegni di cui sopra viene proposta una selezione di grandi opere, appartenenti ai diversi cicli di lavoro dellâautore che, appunto, hanno dialogato piĂš precipuamente con lo spazio
Quale equilibrio, 2004-2005. Acrilico, grafite, pennarello su carta, cm 69,5 x 49,5 Collezione Luisa Protti, Milano. Foto: Annalisa Guidetti e Giovanni Ricci, Milano Struttura ortogonale assoggettata ai quattro vertici a tensione, 1964 Tubolare in ottone lucidato, cm 227 x 190 x 104; tubolare ø cm 1,5 Collezione privata. Foto: Giovanni Ricci, Milano
La molla della vita, 1992. Acrilico, matita colorata e grafite su carta, cm 49,5 x 69,5. Collezione privata. Foto: Annalisa Guidetti e Giovanni Ricci, Milano
20 - segno 248 | APR/MAG 2014
attivitÄ espositive RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE
1962 (Habitat), 1981. Legno dorato e ottone, dimensioni variabili secondo lo spazio. Collezione Mario Pieroni, Roma.
Fanciulla, non accettare i miei fiori, 1992 Acrilico e grafite su carta, cm 40 x 30 Collezione privata. Foto: Annalisa Guidetti e Giovanni Ricci, Milano
No titolo, 1962 Inchiostro di macchina per scrivere e grafite su marca da bollo e scheda in cartoncino, collage, cm 12,4 x 12,4 Collezione privata. Foto: Annalisa Guidetti e Giovanni Ricci, Milano
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22 - segno 248 | APR/MAG 2014
attivitĂ espositive RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE
Pieroni di Roma che anche nellâ ambiente del museo folignate continua a proporcisi come una elegante dimostrazione del fatto che la trasparenza non è solo una qualitĂ ottica, ma riguarda tutti i sensi.. Le pareti sono, infatti, una griglia di nervature di legno dorato, cui si appigliano peduncoli di ottone attorti, alla sommitĂ seguendo un gioco di raccordi che li rende âpercepibili come antenne che captano suoni e movimenti nellâaria, il chiacchiericcio e i gesti dei visitatori, ma anche altro, oltre, come se le pareti non esistesseroâ (Luisa Protti). Un concetto sul quale torna ad insistere Italo Tomassoni nel suo puntuale testo in catalogo (âLuciano Fabro. Dal disegno alla finzione dello spazioâ) laddove afferma che â..... Alleggerita lâidea plastica dal peso della materia e dalla concentrazione delle forze che ne rallentano la circolazione, Luciano Fabro, pensa alla scultura senza ignorare il disegno, facendo i conti con le funzioni portanti della luce e del neutroâ. Lucia Spadano
Lâalba, 1994. Acrilico e grafite su cartoncino, cm 78 x 54 Nella pagina a fianco: Macchie di Rorschach, 1976 Acrilico su carta a mano, carta e inchiostro, assemblaggio, cm 56 x 76 Macchie di Rorschach, 1976 Acrilico su carta a mano, carta e inchiostro, assemblaggio, cm 56 x 76 Macchie di Rorschach, 1976 Acrilico su carta a mano, carta e inchiostro, assemblaggio, cm 56 x 76 Tutte le foto della doppia pagina sono di collezione privata. Foto: Annalisa Guidetti e Giovanni Ricci, Milano
evidenzando in maniera emblematica i suoi successivi raggiungimenti teorici ed operativi. Accade cosĂŹ che opere come âStruttura ortogonaleâ (1964), costituita da una griglia tubolare in ottone e acciaio in cui le barre trasversali sono tagliate a metĂ e come attratte verso polaritĂ opposte , oppure âPassi. I miei passi hanno bucato il cielo. I miei passi hanno bucato la terra. Io sono zoppoâ (1994), un striscione di 12 metri che riporta il titolo dellâopera in ideogrammi giapponesi; o ancora âSvizzera Portafogliâ (2007) si affianchino ad alcuni lavori della serie âCumputerâ, che, seppur realizzati in materiali pesanti, trasmettono un forte senso di leggerezza con un effetto che le avvicina idealmante alle griglie di âHabitatâ (1962) , unâinstallazione presentata nel 1981 alla Galleria
Computer paesaggio per Cosimo, 1994-2006 Acquerello su serigrafia Computer (1994), cm 42 x 29
Ammutolito, 1999. Pastello a cera su carta da disegno, cm 21 x 29,7. Collezione privata.
APR/MAG 2014 | 248 segno - 23
Alfonso Artiaco/Napoli
GIULIO PAOLINI
E
tichettato inevitabilmente innanzi tutto quale esponente dellâArte Povera, Giulio Paolini (Genova, 1940) è senzâaltro uno degli artisti italiani con i quali meglio funziona il confronto con i colleghi anglosassoni dellâarte concettuale, in quanto lâuno e gli altri impegnati in una ricerca che è analisi sullâarte e sui suoi strumenti linguistici. Se però per questi ultimi si tratta di partire da un grado di estrema astrazione concettuale â si rammenti la polemica di Joseph Kosuth sul valore generale della nozione di arte, la sola che è lecito assumere, di contro al valore specifico, e perciò parziale, di declinazioni quali pittura, scultura etc. â e di una parallelo radicale affrancamento dalla tradizione - attitudine notoriamente assai piĂš semplice e naturale sullâaltra sponda dellâAtlantico â, relegando in pratica nella preistoria tutto ciò che precede il readymade di Duchamp, per Paolini lâinterrogazione sullâarte non può prescindere dalle forme storiche e fisiche, anche quelle proprie di una piĂš o meno antica tradizione. Da qui lâequivoco di cui è oggeto nei primi anni ottanta, in tempi di risorgenze del passato, quando i pittori anacronisti riconoscono in lui un loro precursore, ma egli ricusò tale riconoscimento in maniera cordiale quanto netta. Dalla ampia chiazza rossa come il sangue â che potrebbe ricordare la pittura dâazione americana, ma va intesa soprattutto come una citazione della celebre macchia dâinchiostro di Sainte Vierge II di Francis Picabia , sormontata da un cubo in plexiglass sul quale campeggiano i calchi in gesso di una coppia di piedi,
Ferito a morte, 2009-10 Collage su carta, 51 x 43 cm (cornice), 48 x 37 cm (foglio) Courtesy Galleria Alfonso Artiaco, Napoli. Photo by Luciano Romano
Senza titolo, 2012. Collage su carta, due elementi incorniciati, 43,5 x 55,5 cm (cornice), 35 x 50 cm (foglio), misure complessive 43,5 x 113 Courtesy Galleria Alfonso Artiaco, Napoli. Photo by Luciano Romano Red Carpet, 2013-14. Ingrandimento fotografico lacerato, lastre e teca di plexiglass, calchi in gesso, quattro collages di frammenti lacerati 110 x 110 cm ciascuno, quattro lastre di plexiglass 110 x 110 cm ciascuna, teca 35 x 35 x 35 cm, misure complessive, 52 x 222 x 222 cm Courtesy Galleria Alfonso Artiaco, Napoli. Photo by Luciano Romano
24 - segno 248 | APR/MAG 2014
attivitĂ espositive RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE
Veduta parziale della mostra. Courtesy Galleria Alfonso Artiaco, Napoli. Photo by Luciano Romano
di Red Carpet â titolo dallâevidente ironia deturnante â alla sequenza di immagini prodotte a partire dalla scomposizione e ricomposizione degli spazi stessi della mostra che è allâorigine di Villa dei Misteri â evidente allusione, nel titolo, alla nota dimora dellâantica Pompei â e a quelle popolate di pianeti, figure mitologiche, soggetti scultorei â ovvero motivi tipici del repertorio di Paolini â che invece costituiscono gli Studi per âVilla dei misteriâ; dalla enigmatica composizione della statuetta in bronzo del carabiniere annessa ad una palla di giornali allâallinearsi di dodici momenti di un medesimo soggetto - il profilo di un basamento -, fino al cavalletto che accoglie una teca inglobante una veduta aerea del Vesuvio il cui cratere è circondato da una miriade sparsa di immagini frammentarie â, che porta il minaccioso titolo Terra di nessuno: tutto può infondo ricondursi a quella peculiare attitudine che connota lâartista genovese fin dai primi anni sessanta, suggerire unâopera â come egli stesso eloquentemente dichiara in unâintervista rilasciata nellâormai lontano 1973 â senza ÂŤla mortificazione di vederla compiutaÂť. Paolini prende dunque le mosse da una pletora di stimoli â non disdegna, come si è visto, il riferimento allâarte del passato piĂš e meno recente, nĂŠ le sollecitazioni del contesto, tanto architettoniche quanto piĂš specificamente storicogeografiche - e sfodera una molteplicitĂ di declinazioni, eppure altrettante appaiono le soluzioni compositive solo suggerite e non finalmente realizzate. La struttura delle sue opere risulta sempre assimilabile piĂš ad un paradigma â o meglio ancora ad una serie di paradigmi â che ad un oggetto conchiuso e concluso in ogni sua parte. Il suo agire ideativo-formativo si connota cosĂŹ costantemente quale azione costituente e presentazioneriflessione analitica dellâatto costitutivo stesso. Stefano Taccone
Villa dei Misteri, 2013. Matita e collage su carta, nove elementi incorniciati, 41,6 x 51,5 cm (ciascuna cornice), 28 x 38 cm (ciascun foglio), misure complessive 129 x 159 cm. Courtesy Galleria Alfonso Artiaco, Napoli. Photo by Luciano Romano
In basso: Dentro e fuori, 1999-2013. Matita su carta, collage su stampa fotografica e su carta nera, 44 x 50 cm (cornice), 35 x 50 cm (foglio) Courtesy Galleria Alfonso Artiaco, Napoli. Photo by Luciano Romano. A destra: Due vedute parziali della mostra. Courtesy Galleria Alfonso Artiaco, Napoli. Photo by Luciano Romano
APR/MAG 2014 | 248 segno - 25
Galleria Continua/San Gimignano
Marcelo Cidade Jonathas De Andrade AndrĂŠ Komatsu ORNAGHI & PRESTINARI esposizione dedicata agli artisti Marcelo Cidade, Jonathas De Andrade e AndrĂŠ Komatsu apre uno spaccato di Lâ notevole interesse sulla realtĂ del loro paese, il Brasile, sulle
evidenti e insanabili contraddizioni fra la realtĂ urbana e rurale, fra lo sviluppo economico e le forti sperequazioni, fra lâutopia di un cambiamento storico e il suo procedere incerto. I tre artisti, poco piĂš che trentenni, conosciuti giĂ internazionalmente, sono accomunati da una visione etica e morale che informa di sĂŠ il linguaggio e lo sottende, nella consapevolezza che lâarte possa incidere, o quantomeno far riflettere. Il lavoro di De Andrade, connotato piĂš di quello degli altri da intenso valore politico e antropologico, emerge nel complesso progetto O levante (La rivolta), da lui attuato nel 2012, sviluppatosi nellâamara presa di coscienza che la modernizzazione forzata e la volontĂ di annientare una millenaria realtĂ rurale portino a nientâaltro che a dolore e miseria. Di fatto, dopo che in tutto il territorio di Recife sono stati vietati la circolazione di animali per il trasposto di merci e il transito di animali da soma, particolarmente il cavallo, lâartista riesce ad ottenere il permesso per un film su una corsa di carri nel centro della cittĂ . Lâinstallazione è il racconto documentario dellâevento mediante fonti illustrative e di stampa nonchĂŠ testimonianza del coinvolgimento della popolazione che ha ritrovato attraverso lâoperazione artististica la sua identitĂ collettiva, quella che il potere vorrebbe negare. Altra proposizione di identità è Marè realizzata da De Andrade nel 2014, unâopera dalla visione dâinsieme decadente e quasi ossessiva, costituita da un esorbitante numero di immagini fotografiche che ritraggono in notturna un luogo abbandonato, il quale a seconda delle condizioni lunari e delle maree diventa sede di incontri omosessuali . Con Marcelo Cidade e AndrĂŠ Komatsu il discorso si fa piĂš rarefatto benchĂŠ iI tema dominante della loro opera insista sempre sul rapporto arte e vita, sui conflitti con il potere. Lâindagine sociale li accomuna e la concezione che lâattivitĂ artistica sia una
AndrĂŠ Komatsu, Troncho, 2014 quadrato in acciaio, chiodo in acciaio, pittura su muro, dimensioni variabili. Photo Ela Bialkowska, OKNO STUDIO Courtesy GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Les Moulins
AndrÊ Komatsu, Assombração, 2014. Scatola di cartone, nastro adesivo, cemento, 172 x 50 x 40 cm Photo Ela Bialkowska, OKNO STUDIO. Courtesy GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Les Moulins
AndrĂŠ Komatsu, Febre do Ouro, 2014 recinzione in acciaio zincato, tubo di acciaio tondo, viti, cavi elettrici, prese e lampade a incandescenza, 300 x 700 x 1400 cm Photo Ela Bialkowska, OKNO STUDIO Courtesy GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Les Moulins
AndrÊ Komatsu, Ato de ... 5 (triptico), 2014⨠legno, foamboard, chiodo in acciaio, vetro e nastro, 194 x 300 x 5 cm Photo Ela Bialkowska, OKNO STUDIO Courtesy GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Les Moulins
26 - segno 248 | APR/MAG 2014
attivitĂ espositive RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE
Jonathas De Andrade,
sfida, una resistenza agli squilibri prestabiliti. Anche il linguaggio dei due artisti presenta analogie e i singoli lavori si sfumano nelle somiglianze, da sembrare un unica opera, unâunica grande narrazione, cosĂŹ come lâutilizzo di materiali poverissimi , fra gli altri, legno, vetro, cemento: frammenti estrapolati dalla cittĂ , dalla strada e reinventati in nuovi spazi e alfabeti. Con la serie dei 24 diari di Marcelo Cidade del 2014, incollati e cementificati nella parte inferiore, un accenno di poesia, di intimitĂ , svanisce subito nellâimmagine dellâespressione negata e della âcondannaâ velata al silenzio. Con lâopera O equilĂbrio entre proteção e resistĂŞncia anchâessa dello stesso anno, lâartista presenta in alternanza un piede di porco con giacca mimetica e un martello con residui di coperta tessile, fissati in lunga sequenza alle pareti, riferendosi con essi implicitamente al mondo di strada e âdenunciandoâ le precarie condizioni di vita di una
gran parte della popolazione. In Cancer del 2014, fatta di cemento e magneti, il rimando allâarchitettura delle grandi conurbazioni urbane è elemento importante, risolto in unâ operazione estetica di forte nitidezza. AndrĂŠ Komatsu propone una grande installazione creata appositamente per la Galleria Continua, collocata nella platea dellâex cinema, dal titolo Febre do Ouro, costituita da unâ ampia recinzione in acciaio zincato che si restringe via via, con lampade a incandescenza allâinterno, dal grado dâintensitĂ luminosa mutante a seconda degli spazi: è una meditazione sul potere, di cui la luce diventa simbolo, un potere tanto piĂš vero quando viene dal basso e di cui lâarte esemplifica la forza. Base HierĂĄrquica (Italia) del 2014 è opera composta dal frammento di un calice delicatissimo e da bicchieri usuali che sorreggono mattoni, simile a lavori presentati in altri contesti espositivi: in essa si sovvertono e si delocalizzano gli oggetti
Jonathas De Andrade
Jonathas De Andrade
Jonathas De Andrade
APR/MAG 2014 | 248 segno - 27
Marcelo Cidade, o equilĂbrio entre proteção e resistĂŞncia, general view, 2014⨠giacca mimetica, residui coperta tessile, piede di porco e un martello, 290 x 100 x 50 cm. Photo Ela Bialkowska, OKNO STUDIO. Courtesy GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Les Moulins
Marcelo Cidade, Expansao por subtracao, 2014â¨â¨ specchio, 400 x 360 x 5 cm Photo Ela Bialkowska, OKNO STUDIO Courtesy GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Les Moulins
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Marcelo Cidade, Pessoal e intrasferivelâ¨da serie noias, 2014⨠diversi tipi di notebook per il disegno, cemento e colla bianca Photo Ela Bialkowska, OKNO STUDIO Courtesy GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Les Moulins
consueti, in una prospettiva individuale e collettiva che dalla vita quotidiana arriva ai grandi spazi urbani. Lâopera degli artisti Ornaghi & Prestinari installata allâarco deâBecci dal titolo Familiare è un progetto espositivo con opere inedite, appositamente realizzate per la mostra. Lâambito da cui muove il lavoro di Valentina Ornaghi e di Claudio Prestinari, in collaborazione giĂ dal 2009, riguarda pensiero e manualitĂ , progetto e sua realizzazione effettiva. Splendidi esemplari sono sia Abito, una tuta da lavoro intessuta finemente, sia Armarsi , ceppi dâalbero interamente ricoperti di viti a stella, luccicanti come paillettes. La trasformazione ottenuta nelle cose con interventi millesimali e preziosi è una costante del lavoro degli artisti, in cui gli oggetti banali del quotidiano e i temi della vita si contaminano e acquistano forme ed esistenze nuove. Rita Olivieri 28 - segno 248 | APR/MAG 2014
attivitĂ espositive RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE
Ornaghi & Prestinari, Appunti, 2012-2014⨠Legno, gesso, pigmento, bolo armeno, foglia dâargento e punzonature realizzate con un cacciavite a stella, 5 tavole: 90 x 180 cm ciascuna. Photo Ela Bialkowska, OKNO STUDIO. Courtesy GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Les Moulins
Ornaghi & Prestinari, Armarsi, 2014⨠ceppi di legno scortecciato ricoperti di viti a stella, dimensioni variabili Photo Ela Bialkowska, OKNO STUDIO Courtesy GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Les Moulins Ornaghi & Prestinari, Abito, 2014⨠Tuta da lavoro. Maglieria di lana blu con ricami colorati, dimensioni variabili Photo Ela Bialkowska, OKNO STUDIO Courtesy GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Les Moulins In basso: Ornaghi & Prestinari, A fior di conio, 2011-2014⨠incisioni, resina e pigmento su monete da 1 cent con una faccia lucidata a specchio, dimensioni variabili (1 cent: diametro 16,25 mm, spessore 1,67 mm) Photo Ela Bialkowska, OKNO STUDIO Courtesy GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Les Moulins
Ornaghi & Prestinari, Familiare. Vista della mostra in Galleria Continua, San Gimignano Photo Ela Bialkowska, OKNO STUDIO. Courtesy GALLERIA CONTINUA, San Gimignano / Beijing / Les Moulins
APR/MAG 2014 | 248 segno - 29
Galleria Vistamare/Pescara
Bethan Huws
Bethan Huws, Raymond Roussel, 2008. Matita su carta Arches, 52 x 72 cm
M
arcel Duchamp, personalitĂ chiave del Novecento, attraverso il ready-made, apre la strada a nuove concezioni, individuando nel concetto di giĂ fatto un nuovo e rivoluzionario sistema di interpretare ciò che è arte, spostando cosĂŹ lâattenzione dallâoggetto finito allâidea che sottende lâoperazione artistica. E intorno allâopera di Marcel Duchamp, intorno a ciò che la sua arte ha significato, si muove, sin dagli esordi, la ricerca dellâartista gallese Bethan Huws. Da sempre attratta e affascinata dalla relazione fra un oggetto e la sua rappresentazione, cosĂŹ ai diversi livelli di riflessione e interpretazione possibili sottesi a un manufatto o a unâoperazione artistica, la Huws crea opere che potrebbero essere definite senza timore ready-made di ready-made. Si veda ad esempio Tour, lavoro realizzato nel 2007 con il neon. La forma cita esplicitamente il famoso Scolabottiglie duchampiano, tuttavia un secondo livello interpretativo e di significato si rintraccia nel titolo. Tour (rook in inglese) indica la torre degli scacchi, rimandando quindi allâi-
Bethan Huws, Construction, 2000 stampe litografiche su carta da 300gms, 76x56 cm ognuna
Bethan Huws, Le Porte-Bouteilles, 2008. Conchiglia e metallo, 23x10x10 cm
Bethan Huws, Tour, 2007 Tubo di vetro bianco con gas argon-neon montato su Perspex, cm45x45x75
Bethan Huws, Artists interpret the world and then we interpret the artists, 2012. Tubo in vetro con gas montato su perspex, 13x600x5 cm
30 - segno 248 | APR/MAG 2014
attivitĂ espositive RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE
Bethan Huws, Untitled, 1983-2014 vetrina contenente 10 barchette, giunco, legno e vetro, 54x68x137 cm
Bethan Huws, Sablier, 2008 legno in ciliegio, vetro e sabbia, 68x28x28 cm
dea di gioco (ma non casuale) e allo stesso tempo suggerisce lâespressione francese faire un tour, restituendo in tal senso lâipotesi di movimento dellâoggetto. Ecco che lâopera assume unâaccezione differente rispetto a quella ispirata dalle identiche fattezze del noto oggetto duchampiano, la cui immagine è oltretutto e innegabilmente patrimonio di una memoria collettiva che spesso ne ignora la storia e le ragioni. Allo stesso modo lâartista gioca a livello metalinguistico con unâaltra famosissima opera di Duchamp: Fontana. Bethan Huws realizza nel 2009 Fountain, pellicola dove lâallegoria dellâesperienza, in primo luogo visiva, destruttura completamente ogni aspetto narrativo. Ă un lavoro attraverso il quale lâartista mira a cogliere lâessenza dellâarte, svolgendo in tal senso unâoperazione puramente concettuale, in perfetta sintonia con la lezione duchampiana. CosĂŹ, Etant DonnĂŠs, ultimo importante lavoro del grande maestro, diventa il soggetto di questa sequenza di immagini in cui sono riprese 49 fontane romane e dove lo scorrere dellâacqua si sovrappone alla
voce dellâartista che si fa portavoce del significato simbolico sotteso allâoggetto soggetto. Sono opere soprattutto intellettuali le cui radici si rintracciano giĂ nellâinfanzia e nelle origini geografiche dellâartista. Nata e vissuta in una fattoria gallese; lâappartenenza a una minoranza linguistica la conduce sin da bambina a una riflessione circa il senso dellâidioma. Ciò lâaccosta a un modus operandi di matrice concettuale, soprattutto interessata allo studio di giochi di parole quali tecniche di non-sense utilizzati nellâarte al fine di sviscerare lâessenza stessa dellâoggetto arte. CosĂŹ molti dei lavori in mostra, tutti gli Untitled, giocano su questi aspetti, anche in modo ironico, come ad esempio in Artis interpret the world and then we interpret the artists del 2012; dove la Huws mette deliberatamente lo spettatore nella condizione di interrogarsi, non solo sul significato dellâoggetto dâarte, ma ancora una volta sul ruolo dellâartista. Maria Letizia Paiato
APR/MAG 2014 | 248 segno - 31
GAM/Torino - MAXXI/Roma - MADRE/Napoli
ETTORE SPALLETTI
S
e câè un artista sul cui lavoro sarebbe vano provarsi ad applicare delle etichette stllistico-ideologiche precostituite questi è Ettore Spalletti Chi, ad esempio, fosse tentato di definirlo minimalista per via della sua tendenza a servirsi di forme geometriche elementari sarebbe subito contraddetto dal fatto che tali forme non vogliono in nessun modo presentarcisi come equivalenti neutri di una costruzione mentale sintatticamente orientata verso lâelementare ed il prevedibile, ma sono piuttosto dotate ciascuna di una sua sicura personalitĂ individuata dal rapporto forma-colore-materia. Chi invece, volesse considerarlo un pittore di stretta osservanza analitica, pensando alle grandi superfici monocrome che egli spesso e volentieri appende alle pareti dei luoghi dove espone, dovrebbe immediatamente rimangiarsi la proposta a causa dellâevidente ruolo che in queste opere assumono fattori di tuttâaltra ascendenza come il rapporto tra il tipo di luce selezionato e il dato naturalistlco-ambientale o lâemergere quasi impalpabile, ma comunque ricercatamente concreto, di raffinate valenze tattili e gestuali. Al limite nel caso di Spalletti è persino difficile stabilire se siamo di fronte ad un pittore o ad uno scultore. Le sue forme tridimensionali, infatti, non sono colorate, ma sostanziate di colore, mentre i suoi dipinti hanno innegabili valenze plastiche come lâorientamento rispetto al piano della parete, la varia sagomatura dei bordi e il rilievo coloristico dato allo spessore del supporto. NĂŠ le cose cambiano introducendo categorie di riferimento come quelle di installazione o di environement, poichĂŠ sempre irrinunciabile rimane, per una corretta lettura del lavoro, il soffermarsi da parte del fruitore sulla plasticitĂ delle forme e lâintensitĂ della coloritura. Una modalitĂ di ascolto partecipativo del manufatto che ci ricollega alla grande tradizione rinascimentale italiana ripensata alla luce dei suoi esordi fondativi tardo quattrocenteschi con la loro illuminazione ferma e la loro solida costruzione ancora non tocca dalle estenuate meditazioni simbolico letterarie della generazione successiva esoterica e neoplatonica. La cosa piĂš sorprendente, però, è il fatto che questa sorta di imprendibilitĂ , di difficoltĂ a circoscrivere e classiffcare la ricerca del nostro artista non si basa affatto sulla discontinuitĂ e il mutamento, ma, al contrario, ha come suo punto fermo, come sua base dâappoggio, teorica ed esistenziale ad un tempo, una costanza di poetica tra le piĂš tenaci e convincenti dellâintera scena artistica nazionale ed ⼠segue a pag. 29
Ettore Spalletti, Veduta dello studio, 2013 Foto Werner J. Hannappel
32 - segno 248 | APR/MAG 2014
Ritratto di Ettore Spalletti, foto Azzurra Ricci
attivitĂ espositive RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE
APR/MAG 2014 | 248 segno - 33
Ettore Spalletti, Movimento trattenuto, 2001. Impasto di colore su marmo bianco Sivec, sedici elementi 110 x 15,5 x 17,5 cm ciascuno. Fotografia: Mario Di Paolo Ettore Spalletti, Contatto, 1976. Pigmento di colore e cristallo, 300 x 200 cm. Fotografia: Werner J. Hannappel
34 - segno 248 | APR/MAG 2014
attivitÄ espositive RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE
Ettore Spalletti, Presenza stanza, 1978. Impasto di colore su tavola, 270 x 180 x 3 cm. Fotografia: Paolo Pellion Ettore Spalletti, Quartetto indivisibile, 1992. Impasto di colore su tavola, foglia oro, quattro elementi 240 x 120 x 4 cm ciascuno. Fotografia: Werner J. Hannappel. Nella doppia pagina successiva: Ettore Spalletti, Sala delle feste 1998. MusÄĹ e de Strasbourg, Strasburgo, 1998. Foto: Attilio Maranzano
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attivitĂ espositive RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE
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Ettore Spalletti, Stanza, orizzonte 2010. Foto: Mario Di Paolo.
Ettore Spalletti, Dentro lâ&#x20AC;&#x2122;acqua. Napoli 2011 impasto di colore su tavola, pasta oro argento, due elementi 280 x 140 x 4 cm ciascuno, staffe 15-25/25-15 cm. fotografia: Mario Di Paolo
38 - segno 248 | APR/MAG 2014
attivitĂ espositive RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE
Ettore Spalletti, Stanza bianca 1993. Impasto di colore su tavola, foglia oro, tre elementi 150 x 150 x 3 cm ciascuno, staffe 25/15 cm. Fotografia: Mario Di Paolo
⌠prosegue da pag. 22 internazionale dei nostri giorni. Anche qui, tuttavia, sbaglierebbe chi pensasse ad un comportamento autocostrittivo, ad una serie di vincoli formali ed operativi stabiliti in partenza e testardamente mantenuti in omaggio ad una formula astrattamente ideologica. Niente di tutto questo, Spalletti riesce a fare cose di volta in volta diverse pur proseguendo sempre nella stessa direzione semplicemente perchĂŠ non tende ad una situazione di equilibrio ideale ma parte da una situazione di equilibrio reale posta in essere e verificata passo dopo passo con estrema attenzione. La cosa diviene particolarmente evidente nella ampia personale allestita nei locali del MAXXI a Roma, quale contributo di questa istituzione alla grande rassegna che ben tre primari musei italiani hanno voluto dedicare allâartista abruzzese â gli altri due sono il MADRE di Napoli e la GAM di Torino â una mostra sapientemente calibrata in cui tutti gli elementi caratterizzanti e qualificanti del suo modo di operare, la morbida delicatezza delle tinte rosa, celeste, grigio (e loro combinazioni e declinazioni), la preziosa semplicitĂ dei materiali (legno sagomato, alabastro, foglia dâoro, impasto a valenza pulviscolare dei pigmenti), nonchĂŠ la sottile fermezza del dato progettuale (che non è mai piĂš mentale di quanto non sia concreto), sembrano agitate da un soffio costante e leggero che non scompagina nulla e non crea imbarazzi, ma genera piuttosto dialogo alzando il tono del discorso e aumentandone la veritĂ di articolazione con un moto ad un tempo cosi spontaneo e cosĂŹ sicuro da far sĂŹ che lo stesso spettatore provveda da sĂŠ a regolare in crescendo anche la definitezza delle proprie domande e lâascolto di ogni possibile risposta.
O forse sarebbe meglio dire di una serie concatenata di risposte che in occasione dellâesposizione romana Spalletti ha voluto spingere oltre i confini fin qui praticati dalla sua ricerca, annettendosi anche il territorio dellâarchitettura grazie allâinstallazione centrale che da il nome allâintera mostra, una camera quadrangolare non banalmente approntata per accogliere un insieme di pannelli dipinti di bianco, ma da quegli stessi pannelli costruita con lâapporto di tutti i fattori costitutivi dellâopera Spallettiana convogliati verso uno spazio praticabile unitario sullâonda di un innalzamento finora mai prima tentato del grado di luminositĂ delle superfici. Naturalmente ciò che forse un poâ maldestramente abbiamo chiamato âannessioneâ dellâArchitetura, era una sorta di mossa, in qualche modo, annunciata ed attesa un poâ da tutti. Forse, a pensarci bene, annunciata sin da quando Spalletti realizzò lâazione immortalata dalla fotografia di Giorgio Colombo che da il via al percorso dellâattuale esposizione. Vi si vede Spalletti che spolvera accuratamente i calchi in gesso colorato con cui ha sostituito due lastre del marciapiede dinnanzi allâentrata della galleria Pieroni di Pescara che nel 1976 ospitava una sua storica mostra. Con le mani e con la carta vetrata lâartista ogni giorno toglieva via un primo strato esterno di colore, rosa o celeste, sporcato dagli agenti esterni restituendo alle lastre la loro omogeneitĂ e purezza. La pittura, in altre parole, sembrava voler dire Spalletti sin da allora, non scende a compromessi con il mondo ma piĂš semplicemente comincia a sostituirsi ad esso, a costruirlo a propria immagine e somiglianza, a partire dalla materia stessa di cui è costituita. Paolo Balmas
Ettore Spalletti, Stanza, rosso porpora 2010. Foto: Mario Di Paolo
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(da sinistra a destra) Rodolfo Aricò, Fuori posto, 1990. Acrilico su tela 200x300 cm. Bruno Querci, Acrilico su tela, 190x450 cm.
(da sinistra a destra) GĂźnter Umberg, Territorium 25, 2014, 2014; Ohne Titel, 1998 pigmento e resina su legno 56,5x31,5 cm; Ohne Titel, 2006/2007 Pigmento e resina su legno 48x45,5 cm; Ohne Titel, 2007/2008 Pigmento e resina su legno 39x 36,5 cm; Ohne Titel, 2009 Pigmento e resina su legno 30,5x 27,5 cm; Ohne Titel, 2010 Pigmento e resina su legno 31x18 cm; Ohne Titel, 2010 Pigmento e resina su legno 31x18 cm; Ohne Titel, 2007/2008 Pigmento e resina su legno 44,5x20,5 cm; Ohne Titel, 2008 Pigmento e resina su legno 47,5x37 cm; Ohne Titel, 2004 Pigmento e resina su legno 43x39,5 cm Carlo Ciussi, XXXVII 1987 Olio e tecnica mista su tela 250x300 cm. Courtesy A arte Invernizzi, Milano Foto Bruno Bani, Milano
A arte Invernizzi/Milano
Lâocchio musicale
D
ue temi e undici artisti si alternano nello spazio della galleria A arte Invernizzi, a Milano, per una mostra che indaga legami, suggestioni, influenze, affinitĂ e dialoghi tra arte visiva e musica. Ne Lâocchio musicale, a cura del pianista e musicologo Alfonso Alberti, lâattenzione si sofferma su tempo e armonia. Tempo da ritrarre, che è parametro della musica e armonia da cercare, che è regola, assonanza e dissonanza di elementi. Nella sala al piano superiore della galleria si trovano le opere che esplorano il tema del tempo. Tempo inteso come ritmo, impronta e istante, monocromi e singolaritĂ , tempo come gesto e segno. Un tempo che si manifesta attraverso elementi singoli che vengono ripetuti per creare scritture e partiture ritmiche. Nella seconda sala, al piano inferiore, si approfondisce invece il tema dellâarmonia. Armonia che ha leggi e regole severe, matematiche per la musica, e che, invece, nella pittura sono quasi assenti, di conseguenza che cosa possa essere definito cromaticamente bello, che cosa invece ardore estatico e luminositĂ dei colori e che cosa sia infine armonico, resta appannaggio della sensazione soggettiva. Il percorso espositivo comincia con tempo e ritmo. Nella sua opera, Niele Toroni, (Impronte di pennello n. 50 a intervallo di 30 cm, 2008) lascia sulla tela impronte seguendo un ritmo regolare, costante, 4:3:4:3, battito del cuore, respiro. Lascia segni precisi apparentemente identici ma ognuno in realtĂ con caratteristiche differenti che scandiscono contemporaneamente il tempo del creare e quello dellâesserci. Una progressione geometrica, a intervalli regolari, una successione ritmica del tempo che scorre. Ritmo semplice e regolare. Lâopera di Riccardo De Marchi (Senza titolo, 2012) è invece una scrittura, una traccia, diventa una partitura musicale fatta con segni - punti, buchi, pause, elementi crittografici - che si ripetono a intervalli e sequenze diverse, ma privo di un codice di decrittazione e perciò diventa 40 - segno 248 | APR/MAG 2014
pura presenza di segni nel tempo. Un tempo nudo. Lo sguardo è poi rapito dalla lunga tela di Dadamaino (Sein und Zeit, 2000) qui lâartista ripete un unico gesto, un breve tratto, piccoli segni che creano una danza tra pieni e vuoti tra differenti spessori e distanze, tratti leggeri e rapidi, che si aggregano e si disperdono a creare un continuum, sviluppandosi in modo sinuoso e spesso vorticoso. Un lungo rotolo appoggiato a terra a raccontare istanti che sono porzioni di unâunica grande mappa. Una sinfonia che non ha ne inizio ne fine. Nellâopera di Gianni Colombo (Spazio curvo, 1992), il tempo diventa la condizione stessa dellâesistere: la sua struttura ovale in PVC, in continuo movimento in una stanza buia e appena illuminata con una luce ultravioletta, analizza il farsi e disfarsi delle forme, il loro modificarsi, la loro inafferrabilitĂ . Lâopera di François Morellet (4 Ă 4 n. 7, 2007), è lâaltra opera, insieme a quella di Colombo, che si allontana dalla bidimensionalitĂ della pittura per suggerire unâaltro modo di raccontare e indagare il tempo e il ritmo. Utilizza forme semplici, neon bianco su tela, composizioni elementari - giustapposizioni, sovrapposizioni, interferenze casuali, frammentazioni - coinvolte però da rapporti matematici senza i quali non si ha nĂŠ oscillazione nĂŠ evento sonoro. Il lavoro di Mario Nigro (Lâincontro 3, 1972) che è anche lâopera che accompagna alla seconda sezione della mostra, è un succedersi di gesti e di istanti, sequenze che seguono la linea diagonale della tela, che richiamano la struttura musicale, una frequenza ritmica e uso del colore alternato che ricorda unâarmonia. Si prosegue quindi con armonia e colore. Lâopera di Carlo Ciussi (XXXVII, 1987) è pittura geometrica, forme pure e rigorose, modularitĂ , ma câè un elemento discordante, luminose bande trasversali, verticali e curvilinee dipinte a olio che poggiano sulla tempera del fondo. FluiditĂ e energia. Un discorso fatto di segni e colore, che nel suo continuo mutare determina significati differenti. Quelli di GĂźnter Umberg (Territorium 25, 2014, 2014) sono spazi, corpi e entitĂ di varie misure, piccoli e grandi, monocromi materici che spaziano dal verde al nero, al rosso e ai blu, ottenuti con pigmenti e resine. Colori associati tra loro in
attivitĂ espositive RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE
monocroma. Nel lavoro di Bruno Querci (Formaspazio, 1998), infine, la ricerca armonica si riduce alla presenza di due soli colori: il bianco e il nero, dalle cui assonanze e dissonanze nascono spazi da percorrere con occhio musicale. Luce e materia. E questa può essere anche lâopera che chiude il percorso, che riporta lâarmonia, il tempo e il ritmo in un unico elemento che è quello musicale. Dove musica non è solo quella dellâascolto ma anche quella dello sguardo. Simona Olivieri
(da sinistra a destra) François Morellet, 4à 4n°7, 2007 Acrilico su tela su tavola e neon bianco 145x180 cm; Niele Toroni, Impronte di pennello n. 50 a intervalli di 30 cm, 2008 Tela cerata 220x110 cm Courtesy A arte Invernizzi, Milano Foto Bruno Bani, Milano
(da sinistra a destra) David Tremlett, Per lâocchio, per lâorecchio, 2014 Pastello 395x345x150 cm; Bruno Querci, Formaspazio, 1998 Acrilico su tela 190x450 cm Courtesy A arte Invernizzi, Milano Foto Bruno Bani, Milano
composizioni dove il contrasto cromatico si crea tra una superficie e lâaltra, dove la dialettica armonica agisce tra un brano e lâaltro, tra un colore e lâaltro. Nellâopera di David Tremlett (Per lâocchio, per lâorecchio, 2014) la creativitĂ armonica si connota invece attraverso il rapporto tra le mani dellâartista, il pigmento colorato e la superficie, la parete sulla quale è direttamente dipinta lâopera. Il wall drawing è diventato lo strumento caratteristico dellâazione creativa di Tremlett, pastelli colorati strofinati a mano direttamente sul muro, con la volontĂ di lasciare un segno, un contatto, una traccia del suo pensiero, un rapporto specifico e diretto con il luogo. Fusione tra spazio interno e spazio esterno. In Rodolfo Aricò (Fuori posto, 1990) lâelemento di dissonanza è la stratificazione del colore e delle superfici, un solco riempito di colore che contrasta con quello della superficie quasi Gianni Colombo, Spazio curvo, 1992 PVC e lampada ultravioletta dimensione variabile. Courtesy A arte Invernizzi, Milano Foto Bruno Bani, Milano
APR/MAG 2014 | 248 segno - 41
A.A.M. Architettura Arte Moderna Extramoenia/www.ffmaam.it
Carlo Aymonino un percorso di ricerca attraverso gli Archivi e le Collezioni Nel Segno di Carlo Arte, Architettura e CittĂ di Vincenzo DâAlba e Francesco Maggiore
A.
A.M. Architettura Arte Moderna avvia un nuovo progetto di ricerca rivolto a indagare lâopera di artisti e architetti attraverso lo studio sistematico degli Archivi e delle Collezioni pubbliche e private internazionali. Questa iniziativa âArchivi del Moderno e del Contemporaneoâ sâinserisce allâinterno del Progetto T.E.S.I. Tesi Europee Sperimentali Interuniversitarie, programma culturale ideato da Francesco Moschini, con lâobiettivo di riformulare, in ambito accademico, un dialogo critico tra differenti ambiti disciplinari attraverso argomenti di ricerca pluriennali, condivisi e contraddistinti da un valore progettuale, umanistico e scientifico. In continuitĂ con questa vocazione culturale tesa allâesaltazione del processo e allâautorialitĂ dellâopera, si definiscono i âProgetti interminabiliâ, iniziative pluriennali dove si riconosce il desiderio di costituire un corpus organico di lavori eseguiti in tempi e in luoghi differenti ma legati da un medesimo tema. Questo permette una storicizzazione essenziale per guardare criticamente opere e autori. In questo filone di ricerca sâinseriscono numerose attivitĂ in fieri: âProgetti dâOperaâ, âDuettiâ, âLaboratori di Progettazioneâ, âDuetti/Duelli. Partite a scacchi sul disegnoâ, âCodice Atlantico
di Leonardo da Vinciâ. âArchivi del Moderno e del Contemporaneoâ prende il via con un Progetto di Ricerca, che A.A.M. Architettura Arte Moderna promuove in collaborazione con il Politecnico di Bari e lâUniversitĂ degli Studi della Basilicata, dedicato allâarchitetto Carlo Aymonino (Roma 1926-2010). La ricerca è condotta attraverso lo studio e lâanalisi dei documenti presenti nei principali Fondi archivistici dedicati a Carlo Aymonino. La ricerca ha giĂ interessato il Fondo Carlo Aymonino di A.A.M Architettura Arte Moderna, del Centre Pompidou e dellâAccademia Nazionale di San Luca, e intende coinvolgere il CSAC Centro Studi e Archivio della Comunicazione di Parma, lo IUAV, Istituto Universitario di Architettura di Venezia, il MAXXI Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo di Roma e lâUniversitĂ di Tor Vergata di Roma dove è conservata la Biblioteca personale di Aymonino. Un lavoro archivistico inedito che permette di ricostruire analiticamente le tappe culturali e professionali di Carlo Aymonino, caso emblematico di architetto che ha indagato il rapporto tra cittĂ , architettura e rappresentazione. Ripercorrere le tappe e le vicende che hanno segnato la storia personale e professionale di Carlo Aymonino rende possibile un âmemorialeâ nel panorama architettonico e culturale italiano: lâapprendistato artistico romano; il periodo neorealista con la ideologia della periferia e dei grandi intensivi; la scuola di Venezia con il rigore muratoriano e il binomio morfologia / tipologia; lâinsegnamento, la didattica e la riflessione teorica sullâarchitettura; lâorigine e fine della cittĂ moderna; il ruolo di Carlo Aymonino nel dibattitto sulla cittĂ ; lâarchitettura per âframmentiâ; le corrispondenze tra Carlo Aymonino e Aldo Rossi; il disegno dellâarchitettura; la dimensione scultorea dellâarchitettura; lâesperienza dellâAssessorato al Centro Storico di Roma; la stratificazione del moderno; la stagione delle grandi utopie urbane, dal progetto per il bacino marciano di Venezia a Berlino; lâazzardo dellâeresia nei luoghi simbolici della cittĂ , da Matera ad Avellino; la cultura inter-
Carlo Aymonino (con Costantino Dardi), Ospedale psichiatrico a Mirano (Venezia), 1967, matita su carta da lucido piĂš retino, 66,5x122,5 cm. Courtesy: Collezione Francesco Moschini e Gabriel Vaduva A.A.M. Architettura Arte Moderna
Carlo Aymonino, Ingresso nellâedificio A nel quartiere Gallaratese, Milano, firma in basso a dx âCarlo X/72â, matita, inchiostro a spirito su carta lucida, 70x50 cm. Courtesy: Collezione Francesco Moschini e Gabriel Vaduva A.A.M. Architettura Arte Moderna
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Carlo Aymonino, GallarateseA2 (Lenin, Fornarina, un compagno), firma in basso a sx âCarlo 72/80â, matita, inchiostro, inchiostro a spirito su carta lucida, 70x50 cm. Courtesy: Collezione Francesco Moschini e Gabriel Vaduva A.A.M. Architettura Arte Moderna
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nazionale con le costanti frequentazioni elettive con Ungers, Eisenman e Stirling. Aymonino âpensa in disegniâ e la sua azione grafica è rivolta a far affiorare non solo lâarchitettura ma anche i gesti quotidiani. Dai taccuini, dai fogli e dalle tavole di progetto si intuisce come lâinteresse per lâarte, lâarchitettura, la cittĂ e la storia costituisca non solo un presupposto autobiografico ma anche una condizione criticamente legata ad una privilegiata finalitĂ progettuale. Carlo Aymonino fa parte di quella ristretta cerchia di architetti che, attraverso il disegno, hanno contribuito a restituire dimensione poetica al progetto di architettura. Non a caso egli rientra a pieno titolo tra i protagonisti della cosiddetta âarchitettura disegnataâ. In quegli anni, mentre Manfredo Tafuri in âProgetto e Utopiaâ invita gli architetti a riporre i propri progetti nel cassetto, Francesco Moschini con A.A.M. Architettura Arte Moderna tenta antagonisticamente di restituire dignitĂ al disegno e alla teoria architettonica fondando un vero e proprio corpus disciplinare che raccoglie le esperienze grafiche piĂš visionarie degli architetti come momenti inediti della processualitĂ progettuale.
In Aymonino la vocazione al disegno è presente giĂ dagli anni della sua formazione, avviata in campo artistico attraverso le frequentazioni di Mario Mafai, Toti Scialoja, Roberto Melli e, soprattutto, di Renato Guttuso di cui segue gli insegnamenti assieme ad Achille Perilli e Piero Dorazio. Per Aymonino sono, inoltre, determinanti le esperienze formative che seguono il precoce apprendistato guttusiano e lâeducazione allâarchitettura ricevuta dallo zio Marcello Piacentini; al di lĂ di queste salde premesse, il suo percorso professionale trova una chiara conferma nei fortunati esordi neorealisti, tra il â49 e il â54, con Ludovico Quaroni e Mario Ridolfi, nellâintervento per il quartiere Tiburtino a Roma. Alla fine degli anni Quaranta e allâinizio degli anni Cinquanta, nel periodo di formazione di Aymonino, lâuso della storia diventa il presupposto per una ricerca dâidentitĂ , ma è anche, e soprattutto, il risultato di una necessaria ideologia per la âricostruzioneâ post-bellica. In questo momento, infatti, si sovrappongono questioni divergenti ma che, spesso, nascondono origini comuni. Le tesi di Zdanov su arte e letteratura e, sul fronte opposto, la rivista âIl Politecnicoâ, la polemica di Togliatti con Vittorini, le pubblicazioni di Gramsci e di LukĂ cs, il dibattito sul neorealismo, la teoria della ânuova oggettivitĂ â e il manifesto dellâarchitettura organica di Bruno Zevi sono tra le piĂš importanti espressioni di una complessa vivacitĂ culturale. Il rapporto tra politica e cultura, quindi lâinteresse verso un apparato teorico e ideologico è sicuramente la traccia piĂš evidente di questo arco temporale: ne consegue la formazione di un architetto che Gregotti definisce âcon la penna in manoâ. Carlo Aymonino risponde ai quesiti storicistici e postmodernisti adottando una memoria che non vuole essere solo contemplazione, ma anche valore pratico. Per questo, le sue forme geometriche non simboleggiano piĂš gli etimi di una sacralitĂ interrotta, come nellâopera dellâarchitetto e amico Aldo Rossi, ma attingono al passato, divenendo âarcheologia del presenteâ. La sintesi di tutti questi insegnamenti e ideologie, di dibattiti e ribaltamenti teorici, la si può ritrovare in un progetto a scala urbana che diventa un manifesto, una visione: il complesso âMonte Amiataâ al Gallaratese a Milano progettato tra il 1967 e il 1970. In questo progetto Aymonino con Aldo Rossi realizza un esemplare âpezzo di cittĂ â che risponde allâesigenza dellâabitare di 2400 persone. Questa opera, ampiamente indagata e documentata dalla storia dellâarchitettura, rappresenta una sintesi formale e operativa delle teorie avanzate sulla formazione della cittĂ per parti compiute. Allâesperienza del Gallaratese segue la realizzazione a Pesaro, tra il 1970 e il 1984, del Campus scolastico (completato per aggregazioni successive assieme al Liceo Scientifico Marconi, allâIstituto Tecnico Commerciale e per Geometri e al Centro Civico). In questo caso, lâidea di unitĂ urbana si estende a quella di âprogetto architettonico unitarioâ. In seguito, Aymonino interviene a Ferrara, tra il 1977 e il 1984, con unâopera inserita in pieno centro storico a completamento di un luogo urbano e di un edificio che, nel tempo, aveva subito diverse mutazioni dâuso, da convento a prigione, da scuola a caserma.
Carlo Aymonino, Pagine estratte dal Quaderno di appunti 1975-1978, 225 fogli, 31x23 cm. Courtesy: Collezione Francesco Moschini e Gabriel Vaduva A.A.M. Architettura Arte Moderna
Carlo Aymonino, Pagine estratte dal Quaderno di disegni 1968-1972, Quaderno autografo rilegato da Piazzesi Venezia. 122 pagine, 25,7x18 cm. Courtesy: Collezione Francesco Moschini e Gabriel Vaduva A.A.M. Architettura Arte Moderna
Carlo Aymonino, Senza titolo, dedica âA Francesco Moschini da Carlo con affetto 2002â. Courtesy: Collezione Francesco Moschini e Gabriel Vaduva A.A.M. Architettura Arte Moderna
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Carlo Aymonino, Senza titolo, 1944, Inchiostro su carta, 26,5x18,5 cm. Courtesy: Collezione Francesco Moschini e Gabriel Vaduva A.A.M. Architettura Arte Moderna In basso: Senza titolo, 07-1944, Tecnica mista su carta, 33x22 cm. Courtesy: Collezione Francesco Moschini e Gabriel Vaduva A.A.M. Architettura Arte Moderna
La prima metĂ degli anni Ottanta è segnata in gran parte dal duplice coinvolgimento: lâimpegno politico per il Comune di Roma da un lato, lâattivitĂ progettuale dallâaltro. In particolare, sulla capitale Carlo Aymonino investe grandi sforzi per lâelaborazione di progetti tesi alla rivitalizzazione dellâintera cittĂ ; tra questi prioritario diviene lâavvio di una vasta operazione sullâarea dei Fori Imperiali. Questo atteggiamento di ascolto nei confronti della storia viene tradotto con una lingua âpersonaleâ in grado di introdurre anche la piĂš importante dimensione simbolica. Infatti, dalla prima narrazione pittorico-neo-realista del quartiere Tiburtino (1949-1954), che la critica e autocritica quaroniana definisce ironicamente âil paese dei barocchiâ, ma anche punto di riflessione sulla tradizione e sullâurbanistica in Italia, Aymonino giunge, dopo altri e diversi lavori, al progetto per il Colosso. Non è piĂš la capacitĂ di narrazione o lâintrattenimento nel lessico popolare ad occupare un posto significativo ma è, al contrario, lâidea della centralitĂ , quindi, del monumento a identificarsi, anche paradossalmente, come momento utile nella costruzione della cittĂ . Un progetto ai confini dellâarchitettura che, nato da una precisa intenzione filologica, si richiama al significato e al potere della rappresentanza, traducendosi in una romanitĂ non retorica a dimostrazione di una possibile lettura del passato. Questo progetto indica, senza mezzi termini, la possibilitĂ dâintervento nei centri storici. La sua presenza mira ad una ârisacralizzazioneâ dello spazio, riconducendo le fila di un discorso preesistente che vedeva lâintrecciarsi di tre emergenze monumentali: il Colosseo, lâArco di Costantino, il Tempio di Venere, con una quarta, la statua di Nerone, andata distrutta. 44 - segno 248 | APR/MAG 2014
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Carlo Aymonino, Autoritratto provato dalla vita, 1983-84, olio su tela, 50,5x40,5 cm. Courtesy: Collezione Francesco Moschini e Gabriel Vaduva A.A.M. Architettura Arte Moderna In basso: Senza titolo, 10-1944, Inchiostro su carta, 33x23 cm. Courtesy: Collezione Francesco Moschini e Gabriel Vaduva A.A.M. Architettura Arte Moderna
Proprio al posto di questâultima, Aymonino prevede la sistemazione del Colosso che, ridefinito nelle medesime dimensioni della statua originaria, ha la funzione di ricucire nuovamente questa porzione di spazio dei Fori Imperiali. Questo suo rapporto con la scultura Carlo Aymonino lo ha piĂš volte affrontato non solo ricorrendo allâinserimento di gruppi statuari allâinterno delle proprie opere, ma anche ascrivendo allâarchitettura stessa una dimensione scultorea. Lâanalogia con la scultura è evidente anche nei progetti per il teatro di Avellino nel 1987 e per la sistemazione dellâarea dellâex Mulino Andrisani a Matera nel 1988; infatti, nellâidea dello scavo, che di questâultimo ne caratterizza il progetto, lâarchitetto romano non ha semplicemente inseguito una scelta formale ma, consacrando proprio questa vocazione dellâarchitettura a farsi scultura, è ricorso allâidea michelangiolesca della sottrazione. Nellâinterazione tra nuovo e antico, tra storia e progetto, tra âarte, architettura e cittĂ â si definisce infine il piĂš recente intervento di Aymonino per la nuova ala museale del âGiardino Romanoâ nel Palazzo dei Conservatori, destinato tra lâaltro a preservare i resti del muro di fondazione del Tempio di Giove Capitolino e alla sistemazione definitiva della statua equestre di Marco Aurelio. La nuova sala espositiva, necessaria al riordino delle collezioni dei Musei Capitolini, si caratterizza nella soluzione di copertura, pensata completamente vetrata âin modo da preservare la natura di esterno di questo spazioâ; quindi, il progetto si delinea come una vera e propria piazza segnata nella sottile complicazione di irregolaritĂ e coerenze, di volumetrie e spazialitĂ . APR/MAG 2014 | 248 segno - 45
Carlo Aymonino, Disegni per il Gallaratese...settembre 1968, firma in centro a dx âCarlo Edificio A1 sett â68â, tecnica mista: matita, pennarelli colorati su carta lucida, 56x71 cm. Courtesy: Collezione Francesco Moschini e Gabriel Vaduva A.A.M. Architettura Arte Moderna
Nelle intenzioni progettuali, ancor piĂš che nella definitiva realizzazione, i riferimenti alla âpiazza madreâ del Campidoglio sono espliciti. Lâinteresse di Carlo Aymonino verso i temi della cittĂ , interpretati sono evidenti nelle sue pubblicazioni come âLa cittĂ di Padovaâ del 1970, âOrigine e sviluppo della cittĂ modernaâ del 1971, âIl significato delle cittĂ â del 1975 e âLo studio dei fenomeni urbaniâ del 1977. La lettura delle problematiche contemporanee della cittĂ viene effettuata tenendo presente lâereditĂ storica, soprattutto di stampo romano e barocco. La presa di coscienza di Aymonino nei confronti del rapporto tra morfologia e tipologia è direttamente collegata ad un importante saggio,
pubblicato da Alberto SamonĂ nel 1959, dal titolo âLâurbanistica e lâavvenire delle cittĂ â. Dal bisogno di un riferimento morfologico deriva la definizione di parte di cittĂ ; definizione non rigorosa nĂŠ generalizzabile. Solo con questa premessa avviene il contatto tra analisi urbana e la progettazione architettonica. Queste sono anche le intenzioni comuni per la comprensione di due opere divergenti come il complesso residenziale al Gallaratese e il Campus di Pesaro. Lâinestricabile compattezza delle linee compositive, dei percorsi che diventano strutture, delle volumetrie incernierate proprie del Gallaratese si trasformano, nellâopera di Pesaro peraltro definita da una lunga gestazione, in geometrie rigorose, in rego-
Carlo Aymonino, Musei Capitolini. La Sala del Marco Aurelio in Campidoglio. Copertura e sistemazione del Giardino Romano dei Musei Capitolini, Roma 1999, firma e dedica in basso a dx â x Francesco da Carlo 9.VII.1999â, inchiostro su carta da lucido, 72x102 cm. Courtesy: Collezione Francesco Moschini e Gabriel Vaduva A.A.M. Architettura Arte Moderna
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Carlo Aymonino, Il centro civico nella tempesta 1, Studi per il Campus di Pesaro. firma a lato dx âCarlo IX/1978â, inchiostro, tempera e pennarelli su carta, 70x50 cm. Courtesy: Collezione Francesco Moschini e Gabriel Vaduva A.A.M. Architettura Arte Moderna
Carlo Aymonino e Aldo Rossi, A Francesco, Carlo e Aldo nella stessa Roma, 4 luglio 1986, penna, inchiostro a spirito su carta, 29,7x21 cm. Courtesy: Collezione Francesco Moschini e Gabriel Vaduva A.A.M. Architettura Arte Moderna
lari prospetti e in metafisici percorsi. Nelle numerose tavole di progetto si possono osservare disegni dove è subito evidente un rapporto implicito e dichiarato tra lâarchitettura ed il suggestivo contesto figurativo che la abita. La presenza umana si trasforma, mantegnescamente, in statuaria ricreando sia quel romano populus fictus, di cui parlava il Gaurico, sia quel paradosso tra le vorticose e scenografiche figure e la loro stessa fisicitĂ . Ecco, quindi, che lâattenzione nei confronti della scultura contraddistingue gran parte della sua produzione grafica, diviene anche occasione per introdurre il mondo dellâarchitettura attraverso unâiconografia ad essa strettamente legata e, per questo, indispensabile per una visione, contemporaneamente, tradizionale ed inedita. Nello spazio architettonico una eclettica depurazione delle forme sembra astrarre ogni risultato dalla propria origine; per questo, la genealogia progettuale è al centro tra lâiconografia del Movimento Moderno e la muratoriana âinvenzione della tradizioneâ. âArchitetture che come frammenti puntellano altre rovineâ (T.S. Eliot): qui sta ideologicamente lâincipit di Carlo Aymonino, qui si trova il nesso tra lâarchitettura e la storia. Spesso, il ritratto della statuaria si trasforma, infatti, edonisticamente nel ritratto di muse private, riferendo, mediante tale distorsione, dei propri viaggi, incontri e studi. Nulla può apparire antitetico, questi disegni, che incrociano trasversalmente la disciplina architettonica, conferiscono una tanto innegabile quanto velata unitĂ della ricerca progettuale. Disegni, schizzi, appunti, generati da una specie di bisogno primario, da unâesigenza infantile di gioco, diventano momenti significanti e preziosi che raccontano della necessitĂ dellâarchitetto dâimmedesimarsi con la realtĂ per trascendere nei luoghi della conoscenza, del desiderio e della figurazione. Questa iniziativa riafferma il sodalizio espositivo e editoriale avviato, tra A.A.M. Architettura Arte Moderna e lâarchitetto, giĂ nel 1980 con la personale âCarlo Aymonino. Alcuni disegni per lâAmericaâ e proseguito con successive collettive tra cui si ricordano: âUnâidea di teatroâ nello stesso anno, âArchitetture incisive. Incisioni dâArchitetturaâ nel 1982, âLo sguardo indiscretoâ nel 1983, âArchitettura versus arteâ nel â93 e âFrammenti berlinesiâ nel 2004. A queste mostre si sono spesso affiancate conferenze e dibattiti che hanno contribuito, come nel caso delle âLezioni di architetturaâ, a cui Aymonino partecipa tra il 1985 e il 1988, a creare un momento di riflessione parallelo a quello progettuale. Questo sodalizio ha sorretto inoltre diverse collaborazioni e consulenze, fra le altre: lâiniziativa del âLaboratorio di progettazioneâ iniziato nel 1983 congiuntamente allâesperienza di Aymonino in qualitĂ di assessore per gli Interventi sul Centro Storico del Comune di Roma. Con questa operazione A.A.M. Architettura Arte Moderna, intende riunificate nel âNel Segno di Carloâ le numerose iniziative svolte attorno alla figura di questo importante architetto di cui proprio A.A.M. Architettura Arte Moderna custodisce una tra le
collezioni piĂš importanti e prestigiose: un corpus di disegni e di progetti di medio e grande formato unitamente a olii, lettere e numerosi taccuini e quaderni di appunti. Un quadro complessivo del lavoro di Carlo Aymonino sarĂ offerto nel volume, che A.A.M. Architettura Arte Moderna, in collaborazione con Enti pubblici e Istituzioni private sta realizzando sotto la direzione scientifica e culturale di Francesco Moschini: un catalogo complessivo dellâOpera di Aymonino che raccoglie numerosi saggi e testimonianze oltre allâintero corpus di disegni e di progetti; un volume che intende rileggere lâintera vicenda aymoniniana, documentandola allâinterno di una evoluzione storica, culturale e metodologica secondo il privilegiato percorso del disegno. n Carlo Aymonino, Pagine estratte dal Quaderno di disegni 1968-1972, Quaderno autografo rilegato da Piazzesi Venezia 122 pagine, 25,7x18 cm. Courtesy: Collezione Francesco Moschini e Gabriel Vaduva A.A.M. Architettura Arte Moderna
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Blue and Joy
Cosmologie, Atterraggi & Extramosaici di Chiara Guidi
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gni intervento, ogni allestimento, ogni installazione dei Blue and Joy è sempre lâaffermazione di un mondo, a cui corrisponde la loro non onirica, ma visionaria cosmologia attrezzata di materiali metallici, di caleidoscopici pantoni, di tecniche extrabizantine per i mosaici, che viene forgiata nella loro Pizzeria berlinese. Qui, in questo loro spazio, un
Blue and Joy, Dear Future, lamiera verniciata, 2012
grande studio, che è un continuo laboratorio, una factory dove ogni idea viene progettata, sperimentata, assemblata, prodotta. LâattivitĂ quotidiana di confrontarsi, di prendere nota, di decretare, di connettersi, di riflettere sul sistema dellâarte, di inviare post-it, è lo stesso svolgersi fra pennarelli, penne, e caratteri tipografici delle Carte- Allumini, dove con il sorriso del vivere, stendono âpensieri in libertĂ â e piccole filosofie quotidiane. I fogli sono talvolta accartocciati, ed hanno ancora le pieghe su pagine bianche, a righe, a quadretti dei quaderni e dei taccuini usati e, sono appesi come sei fossero salvati dal cestino o dalle tasche dei jeans, dopo essere stati nuovamente aperti e leggermente stirati. Nello stesso materiale sono i Paper Planes, in alluminio bianco o in un rainbow multicolors e che riproducono, in un gesto sem-
Blue and Joy, The Superficial Essence of a Deep Appearance. Installazione galleria Artra Milano. Olio su tela + alluminio verniciato, 2012
Blue and Joy, The Superficial Essence of a Deep Appearance. Installazione galleria Artra Milano. genn. febb. 2013
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attivitĂ espositive RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE
plice e infantile, ma che ricorda tutta la noia scolastica, ovvero quella di piegare il foglio di carta, nelle interminabili ore di lezione. Realizzati come omaggio agli aereoplanini di Boetti, sono un origami con cui i Blue and Joy lanciano le loro avventure, sempre allegoriche, e che fanno atterrare negli spazi espositivi: proprio in quelli che vogliono evidenziare, cosi le pareti divengono un bersaglio e come stormi planano fra la loro sospensione e il loro essere impernati nella traiettoria prestabilita. I lavori dei Blue and Joy, sono sempre spalmati di quellâironia diretta e fluida, si immergono nel codice della comunicazione per risultare sempre immediati e diretti, ammiccando istantaneamente come degli emoticons. Dalle monetine di rame, agli specchi, alle caramelle, o come le linguistiche capsule farmaceutiche, sono invece i materiali con cui realizzano i loro mosai-
ci extrabizantini. Le cromatiche capsule svuotate, sono divenute materiale dâelezione sia per le grandi installazioni, sia per i grandi pannelli musivi, per sottolineare il valore linguistico della âpillolaâ: nelle declinazione artistiche che ha avuto (da Hirst a General Idea) e per il suo significato allusivo che ha nel linguaggio contemporaneo, ma anche per i suoi significati e le sue modalitĂ : infatti è di uso comune usarla per le piccole definizioni di grandi concetti e nozioni; oltre alla esponenziale divulgazione sociale dellâuso di pillole. Blue and Joy ci somministrano le loro simboliche pillole sia come grandi carpet non calpestabili, o come grandi arazzi tessuti di una punteggiatura che ha con se, altre domande, ma che non possiede nessun effetto collaterale e nessuna forma di controindicazione. n
Blue and Joy, Dear Design + Even the wind gets lost. Installazione Triennale di Milano dic.2013 /gen.2014. Alluminio e vernice, 2013 Blue and Joy, The Angle of God
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Andrew Gilbert, Andrewâs Glorious Army Crosses the Alps, 2013. Acrilico, acquerello e penna su carta, 100 x 70 cm.jpg
Studio dâArte Raffaelli - Trento
ANDREW GILBERT
so modo in cui un bambino farebbe con i suoi soldatini-giocattolo. Pochi e precisi tratti di penna sono sufficienti a definire le sorti di un intero esercito, lâimpatto visivo è assicurato dallâuso di acrilici molto brillanti, e da dettagli di oro volutamente retrò. Le sfumature, invece, sono rese ad acquerello, con effetti di trasparenza che lasciano indovinare la grana della carta, o, piĂš raramente, della tela. Unâaltra peculiaritĂ del lavoro di Andrew Gilbert sta nel modo in cui le sue opere si possono accostare e allestire negli spazi espositivi. Diventa facile immaginare narrazioni ambientate in Sudan, in India o nellâInghilterra di fine Ottocento, perchĂŠ tra i luoghi della fantasia dellâartista si aggira sempre qualcosa di familiare, sia che rimandi a un momento storico ârivisitatoâ, sia che citi un mito cinematografico del passato, sia che ricrei la costa di una spiaggia inesplorata con una manciata di segatura. Andrew Gilbert in Italia? La prima mostra dei suoi lavori si tiene a Trento, presso lo Studio dâArte Raffaelli: impressionato dal
Castello del Buonconsiglio, e soprattutto dagli affreschi che ne decorano le sale, ha realizzato per lâoccasione un colossale disegno in cinque parti, riuscendo ad evocare con il suo stile, a tratti fumettistico, unâimmaginaria conquista della cittĂ tridentina. Immancabili sono gli elefanti che attraversano le Alpi, come ai tempi di Annibale, immancabili sono le schiere di combattenti, visti nella loro esilarante stupiditĂ come tanti piccoli uccelli gialli in uniforme rossa, e immancabili sono le tazzine fumanti di caffè, vero e proprio elisir dellâartista. Non è tutto. Andrew ha popolato gli ambienti di Palazzo Wolkenstein di sculture e installazioni realizzate con diversi materiali, caricature di ufficiali e di vodoo africani, mettendo in scena un teatro di personaggi de-mistificati che non manca della parola: i titoli, lunghissimi, delle opere, scritti direttamente a penna sulla carta, sono parte integrante del disegno, lo raccontano, e intavolano un dialogo creativo tra soggetto, artista e spettatore. Camilla Nacci
Andrew Gilbert, Josephine Baker please come back to life and kill all my Enemies - thank you, 2013. Acrilico, acquerello e penna su carta, 62 x 48 cm.jpg
Andrew Gilbert, Smash the Foreign Invaders - then and now, 2013. Acrilico- acquerello e penna su carta, 62 x 48 cm.jpg
osephine Baker accenna un passo di danza, una guardia militare si aggira J in un mercato parigino, la regina Vitto-
ria, trasformata in un grande broccolo, cavalca un elefante, mentre Napoleone, a dorso di cammello, sorvola la cittĂ di Omdurman: ciò che li accomuna è la devozione per Andrew, loro ideatore e immaginario imperatore di un mondo fatto di maschere africane, battaglie coloniali, esotici paesaggi. Appassionato fin dallâinfanzia di storia militare, uniformi britanniche e truculente teste mozzate, con lâironia dei film splatter, o con lâingenuitĂ dei colossal dâantan, Andrew Gilbert, giovane artista scozzese trapiantato a Berlino, è in grado di rievocare i piĂš suggestivi episodi di guerra, schierando le proprie armate nello stesTerritorio Indeterminanto, Napoli, Caserta, Benevento, Roma
GIANNI DE TORA uesto disegno avrĂ unâimportanza enorme per la pittura. âQ Rappresenta un quadrato nero, lâembrio-
ne di tutte le possibilitĂ che nel loro sviluppo acquistano una forza sorprendente. Ă il progenitore del cubo e della sfera, e la sua dissociazione apporterĂ un contributo culturale fondamentale alla pittura [...]â - da una lettera di K. S. Malevic a Matyushin. Queste le profetiche parole di Malevic, le cui intuizioni e conclusioni costituiranno gli assiomi basici di successivi percorsi di conoscenza dal M.A.C. (Movimento Arte Concreta) del secondo dopoguerra al gruppo di Geometria e Ricerca della metĂ degli anni â70, di cui Gianni De Tora (Napoli 1941 -2007) fu cofondatore Gianni De Tora, Tra opera e ambiente, 1980 foto di fabio donato, copertina del libro di B.DâAmore 1981
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Gianni De Tora, Elementi allâorigine, acqua aria terra fuoco, 1985 cm 100x300 acrilici su carta intelata-esposta Arezzo 1985, Castel dellâovo Napoli 2009
ed animatore. Quello di Gianni De Tora (quarantâanni di ricerca omaggiati della retrospettiva, Territorio Indeterminato; antologica itinerante che attraversa tutta lâevoluzione introspettiva/estetica del maestro dagli anni â70 alle ultime produzioni - voluta da Stefania e Tiziazia De Tora, moglie e figlia dellâartista -, che inaugurata a Napoli il 3 ottobre 2013 negli spazi espositivi dellâUniversitĂ Suor Orsola Benincasa, dopo gli intermezzi casertani e beneventani troverĂ conclusione a Roma il 19 marzo, nella galleria della biblioteca Angelica) è un percorso che ha inizio nella giovanile sperimentazione artistica di derivazione pop, alle cui icone di massa lâartista sostituisce, con sempre maggiore incisione scansioni
geometriche, che gradualmente stavano catalizzando la sua attenzione. Il matrimonio intellettivo e sensibile tra lâartista e lâastrattismo geometrico, strumento con il quale creare una geografia immaginaria del mondo - non pedestre sistema di decodificazione e destrutturazione della realtĂ -, si celebra intorno agli anni â70, quando De Tora, poco piĂš che trentenne, riconosce nelle potenzialitĂ dellâarte concreta, sorretta dalla geometria e dallâastrattismo, le capacitĂ immaginifiche di uno strumento di interrogazione analitica del reale; il tutto in un momento storico - dâurgenza evolutiva - in cui non era possibile esimersi dal manifestare la propria adesione ideologica alle istanze di libertĂ e di pace che
attivitĂ espositive RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE
Raimondo Galeano, Finestra, cm90x115x16
Palazzo Reale/Castel dellâOvo, Napoli
RAIMONDO GALEANO
R
Napoli come lâĂŹinstallazione a Castel dellâOvo, ispirata alla leggenda di Virgilio, secondo la quale il poeta latino nascose nelle segrete dellâedificio un âuovoâ dalle proprietĂ magiche, capace di reggere lâintera Fortezza, ma che, se fosse stato rotto, avrebbe provocato non solo il crollo del castello, ma anche grandi catastrofi alla CittĂ . Ad una delle domande fattegli dalla curatrice della rassegna, Manuela Valentini, durante la puntuale, esaustiva intervista pubblicata sul bel catalogo (edito per lâoccasione), Galeano risponde: âfin dagli inizi della mia carriera il mio tentativo è stato quello di plasmare la luce per poter dipingere senza usare il colore. Col senno di poi posso dire che,
a partire dal 2000, sono arrivato ad ottenere degli ottimi risultati in questo senso, anche grazie al supporto della tecnologia che ultimamente ha ampliato parecchio la gamma di luce delle polveri fotoluminescentiâ. Ed è proprio dovuto alle straordinarie capacitĂ di questo âartista illuminatoâ di sfruttare la magia dei suoi esperimenti, per coinvolgere il pubblico, che, ad ogni sua installazione, interagisce disegnando (con lâausilio di una pila) sulle superfici luminescenti, o lasciando lâimpronta del proprio corpo su paesaggi o vedute, partecipando anche emotivamente per sentirsi parte di un dialogo cosmico. Lucia Spadano
Raimondo Galeano, Vicoli 172x215
aimondo Galeano è un artista che, da sempre, si definisce âpittoreâ, ma non usa i colori! Sembra una boutade, ma non è cosĂŹ, perchè per dipingere si serve della luce. La recente retrospettiva, allestita nella Sala Dorica di Palazzo Reale e nelle Prigioni di Castel dellâOvo a Napoli, dĂ conto di un percorso iniziato a Roma negli anni Settanta (con Schifano, Festa, Angeli) e giunto ai giorni nostri con le âpitture di luceâ: una selezione di opere rappresentative del suo percorso artistico, della sua passione civile (ritratti di alcuni Premi Nobel per la Pace come quelli di Madre Teresa di Calcutta o Nelson Mandela), del suo amore per Raimondo Galeano, Enigma di Virgilio, 70X100
animavano le manifestazioni di protesta di quegli anni. La ricerca di De Tora è stata sempre improntata ad unâimpegno etico, verso e dellâarte stessa, in primis, di cui professa il diritto di intelligenza - intellĂgens -, quale capacitĂ di leggere tra le cose; tra le manifestazioni del comprensibile - o del conoscibile - al fine di dimostrare la possibilitĂ di âessere astrattisti e impegnati civilmenteâ, attraverso un linguaggio che problematizzava - come ebbe a dire Crispolti - la âquestione dialettica di dibattito intimo, fra volontĂ di analogia lirica e volontĂ di geometria costruttivaâ. Negli anni â80, prese definitivamente le distanze dalle ricerche del decennio precedente - concettuale e minimalismo -, Gianni De Tora intensifica il flusso vitale ed emozionale della sua pittura, attraverso un corredo segnico ricco, in cui ha luogo la ierofania visionaria di una geometria popolata da segni in libertĂ , da cancellazioni, annotazioni, scritte e stratificazioni; un viaggio districato attraverso una esigenza astrattiva che è sempre piĂš confessione silenziosa ed emozionale spazio esperienziale - dove dar luogo a quella che Pierre Restany definiva ânatura scenografica dellâuniversoâ. Una cosmogonia fenomenologica dellâimmagine in cui la pittura si frammenta in simboli esoterici di protezione e simboli alchemici (Ziggurat â88, Elementi allâorigine acqua aria terra fuoco, â86, Triangulum â84) quali triangoli - modulo spesso re-
plicato -, cerchi, elementi spiraliformi e cruciformi. Grammatica generativa fatta di continue mutazioni, la poetica di De Tora è quindi esigenza che muove dallâinterno il sostrato figurale dellâimmagine, operando una progressiva depurazione del dato iconico, al fine di sviscerare la natura dalla sua criticitĂ ermetica e generare cartografie in germinazione, di quel âTerritorio - qui preso in considerazione - Indeterminatoâ, che fuggendo ogni determinazione - o assumendone di diverse - non diviene corpus di/del sistema, ma resta mente in evoluzione; status accrescitivo di esperienze collettive. Esigenza aggregativa, sinonimo di una processualitĂ aperta ed in divenire dellâopera dâarte, che trova riscontro nella retrospettiva dedicatagli, attraverso il porre a confronto il lavoro del maestro - diviso per decenni - con quello di quattro artisti campani di piĂš giovane generazione: Vincenzo Frattini (Salerno, 1978), che parla alle rigorose e razionali composizioni degli anni â70 attraverso i suoi policromi lavori plastico pittorici; Salvatore Manzi (Napoli, 1975), che si mette in comunione, con il lavoro fluido e vibrante degli anni â80 attraverso le sue tavole a fondo oro ricche di segniche dal gusto neocionoscalsta; Nunzio Figliolini (Napoli 1965), che, assorbito un vis Ă vis con gli imprevedibili rimescolamenti e riletture del De Tora degli anni â90, risponde con una istallazione che approda al segno
digitale; ed infine Neal Peruffo (ProcidaNa, 1980), che dialoga con le complesse intersezioni geometriche degli ultimi anni dellâartista, attraverso unâinsallazione - a soffitto - di pannelli costellati di elementi grafici che echeggiano tavole pitagoriche e matematiche. Sono coinvolti inoltre con i loro contributi critici - in catalogo, ed. Paparo â, nonchĂŠ come curatori Mariantonietta Picone Petrusa â per la sezione inaugurale della mostra, quella in esposizione nei locali dellâUni.S.O.B. -, Enzo Baratta e Gaia Salvatori, per la sezione in mostra a Caserta -, Elio Galasso - per la sezione beneventana -, Enrico Crispolti - per la sezione romana - e Stefano Taccone, cui si deve la scelta dei quattro artisti messi in relazione con il maestro napoletano. Raffaella Barbato Gianni De Tora, Cerchio riflesso, 2003 acrilici su legno+specchio diam. cm 120
APR/MAG 2014 | 248 segno - 51
museo-galleria âLa Viteâ di Mauro Lombardo, Catania
Rosario Genovese A guardar le stelle
C
i emozioniamo di fronte alle stelle, allâunitĂ dei pianeti e allâumanitĂ in essi ospitata. Queste trasposizioni spaziali del semper idem, rotonde, compatte ma gassose, sospese negli spazi siderali, sono il soggetto delle opere di Rosario Genovese. A guardarle avvertiamo una sensazione di stupore e tenerezza e anche un senso di radicale contraddizione. Vi leggiamo, infatti, un equilibrio di arcaico e contemporaneo sorprendente, giĂ a partire dai supporti lignei utilizzati dallâartista. Una scelta non casuale, quella di una consistenza materica che fa parte del voler conciliare moderno e classico, con grandi superfici di legno (materiale tipico dellâetĂ greca) e la piĂš moderna tela collocata sopra. Tele ancora piĂš âmoderneâ in quanto sono in parte supporto di repliche fotografiche dâun dipinto in cui si rispecchiano. Ma câè anche un uso preciso dei colori, in una dialettica di perfezione e imperfezione, dentro cui ritroviamo sfumature e filamenti, espressivitĂ e decorazione. Inoltre câè una tendenziale monocromia, non neutra (come quella tipica di molta arte del secondo â900), ma che esalta il colore, squillante e vibrante, in una suggestione da immaginario fantascientifico con un look alla Kubrick. Lâartista ci guida quasi come un auriga verso la sua moderna odissea nello spazio mettendoci davanti forme e immagini da war room di Ken Adam. Si tratta di profonditĂ stellari piatte, coppie A+B che cercano nel âtuâ il proprio âioâ e quindi stelle imperfette, ma perenni, che come le storie della mitologia ellenica ÂŤnon avvennero mai, ma sono sempreÂť. In questo rivivere il miticoclassico in vesti postmoderne câè chiaro un richiamo alla psiche del cosmo, di cui Genovese si fa portavoce a moâ di uomo dentro il cerchio del pentagramma e dello zodiaco di Agrippa. Un Cadmo contemporaneo, insomma, salvatore dellâarmonia dellâuniverso e fondatore della cittĂ di Tebe sulla geometria dei cieli, colui che, come narra la leggenda, ricevette in dono da Zeus âtutto il perfettoâ. Ma che cosâè il perfetto se non appunto la bellezza delle cose mescolate, la simmetria composta da parti in contesa fra loro, la contesa dei contrari, delle parti del discorso che di questo ordine deve parlare? Laddove perciò avevamo pensato che Genovese potesse ridare un KĂłsmos al Chaos, si trattava di un ordine non simmetrico, cui rinvia altresĂŹ la circolaritĂ delle opere. Il cerchio si chiude, quasi però, perchĂŠ è figura geometrica che lascia sempre uno spiraglio aperto, un punto di fuga verso lâinfinito. In questa soglia, che è forse il mistero dellâaura, sâinserisce lâartista stesso, il quale dovendosi trovare un posto, fra certezza e incertezza, affida il suo destino a un cielo fattosi opera dâarte. Proprio come noi, sempre e da sempre confusi, de-siderosi fra il nostro bisogno di stabilitĂ e quello di evoluzione, cerchiamo nelle orbite astrali e nelle loro danze astratte di investigare il futuro, poichĂŠ esse sono lâultimo approdo di fronte allo smarrimento: punti fissi ma mobili. Ecco, queste stelle dipinte, fra movimento e stasi, sono forme mitiche, costellazioni capaci di farci orientare persino in senso cabalistico, ricordandoci di accogliere il momento presente (Jetztzeit) non come passaggio, ma in bilico nel tempo e immobile. Apparizioni oggettuali e materiche che, per quanto possano muovere esegesi ed esercizi di maggior o minor forza esplicativa, rimangono lĂŹ, astri appunto, sfingi mute, che nĂŠ assentono,
Domenico Carella PAESAGGI VERBALI
a cura di Antonio Scotellaro e Gaetano Cristino
Rosario Genovese, Installazione Virtuale âSheliak - Beta Lyraeâ
Rosario Genovese, Almaaz (epsilon aurigae) A + B, 2014 A - Supporto ligneo, acrilico e matita su tela; B - Supporto ligneo, acrilico e matita su stampa diretta inkjet UV su tela, cm 180 x 90
Rosario Genovese, Ae Aquarii A + B, 2014 Tecnica: A - Supporto ligneo, acrilico e matita su tela; B - Supporto ligneo, acrilico e matita su stampa diretta inkjet UV su tela, cm 170 x 85
nĂŠ dissentono rispetto al nostro incontenibile delirio verbale. Presenze immote (?) che ci costringono piuttosto a lasciarle essere, a interrompere la nostra naturale tensione conoscitiva, o, extrema ratio, a ignorarle passando-oltre. Pure presenze. In realtĂ non ci indirizzano per nulla. Questo è il punto. PerchĂŠ in esse esperiamo piuttosto la possibilitĂ di sospendere lo Streben che ci fa quotidianamente volti a qualcosa di non ancora perseguito. Infine, lâuniverso pittorico del nostro artista ha sicuramente un sole, il suo sole è nellâarte, intorno alla quale girano gli istanti vissuti, le cose raccolte, lâesperienza individuale, la volontĂ di assegnare nomi propri che ci permettano di abitare il mondo rovesciando la prospettiva: il nuovo, il fascino del futuro e lâignoto sono ora nello sguardo, nelle âfolgorazioni figurativeâ di Rosario Genovese, fugaci bagliori e immagini che balenano oltrepassando lâimmobilitĂ degli orizzonti, fulmini sferici, corpi luminosi di passaggio nella notte che vanno a perdersi altrove, lasciando noi â diadi umane â a stento a guardare, le stelle. Rosalba Di Perna Marca/Catanzaro
Agostino Bonalumi
O
pera come âaccumulazione di dubbioâ; opera come âPittura-Oggettoâ; opera come materia, forma, colore, luce; opera come ÂŤpensiero che mantiene lâavvenimento del suo stesso emergere dallâintuizione. Costruzione e sentireÂť. Fin dai suoi primi lavori extrapittorici, Agostino Bonalumi costruisce unâintensa relazione con la dimensione spaziale. Tutta la sua ricerca si pone quale attualizzazione e visione di uno spazio vissuto ed esperito nella sua fisicitĂ , che è costruito strutturalmente a partire dal valore plastico e che al contempo attende di prender forma nellâopera stessa. Lungi dallâesser mero vuoto, lo spazio diventa artefice di una duplicitĂ tensiva che chiama in causa il movimento, cosicchĂŠ sia generato un moto dallâinterno verso lâesterno - dal cuore dellâopera verso lo spazio estroflesso - e ritorno, in unâarticolazione emotiva non tortuosa, ma lineare e costante. E se ÂŤlo spazio è fisicitĂ dellâarte che è costruzione che può restare indifferente allâideologico esterno, anche quando ne sopporta la rappresentazioneÂť, la costruzione è intesa quale ÂŤconcezione spaziale che si impone dogmaticamente su altre spazialitĂ che tentano di confutarla facendosi intuireÂť. Proprio âspazioâ e âcostruzione di spazioâ rivivono nel percorso espositivo proposto dal MARCA di Catanzaro, nelle cui stanze Agostino Bonalumi, allestimento al MARCA
Paesaggio verbale âIl Tavoliere-campo di grano con tratturoâ 100x187 cm, Collage - Foglia simil oro e stampe laser su legno, 2014
10-30 Aprile 2014
Palazzetto dellâArte - via Galliani, 7 71100 Foggia - 0881/726008 museofg.cultura@tiscali.it 52 - segno 248 | APR/MAG 2014
attivitĂ espositive RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE
circa quaranta lavori di Bonalumi, selezionati dai curatori Alberto Fiz e Federico Bonalumi, scandiscono i momenti salienti della poetica dellâartista, dalla fine degli anni Cinquanta agli anni Duemila. Rosso, Blu, Giallo, Bianco, Nero sono le variazioni cromatiche dei suoi lavori, che diventano determinanti nellâeconomia della percezione dellâopera. La chiarezza della luce si interfaccia allâeleganza della forma: alle linee, ne è esempio Rapporti, Agostino Bonalumi, Bianco 2009 e alle estroflessioni, quasi a lasciar intuire, con una geometria puntuale, attraverso punti di fuga simulati, le possibilitĂ della realtĂ spaziale, inglobata nellâopera, prosecuzione del reale medesimo. Bonalumi realizza cosĂŹ opere-oggetti la cui funzione non è quella di orientarsi nel mondo, ma che âsi limitanoâ a farne parte; oggetti cui non è possibile dar nome e che impediscono di sedimentare le conoscenze teoriche e pratiche collettive, giacchĂŠ non è concepibile attribuire a queste âcoseâ un significato univoco e un valore simbolico unico, quegli stessi che la familiaritĂ al nominalismo ci rende abituali. E tuttavia sono opere-oggetti dotate di vita propria, che riflettono la loro radice latina di objectum: lâesser-gettati-contro, il porsi-davanti-a un soggetto verso il quale si apre un confronto immediato e diretto. Se i movimenti autonomi dei lavori di Bonalumi sono destinati ad esser manipolati dal soggetto e dalla sua percezione ultima - di primaria importanza per lâartista, come giĂ ricordato -, essi hanno il merito di avviare un nodo di Relazioni in cui fruitore ed artista sono implicati; proprio lâopera-oggetto ricorda che i due poli sono intimamente legati, giacchĂŠ âil soggettivoâ - con cui lâartista rivela la sua visione del mondo e per cui il pubblico apprende ed interpreta - si afferma in virtĂš di oggetti non-oggettivanti, ma oggettivi. Simona Caramia Fondazione Giuliani per lâarte contemporanea/Roma
Gianni Piacentino 1965-2000
Gianni Piacentino, Nickel plated frame vehicle with black tank ii
D
a Ginevra a Roma le distanze si accorciano. Difatti la Fondazione Giuliani accoglie nei suoi ampi spazi romani la mostra Gianni Piacentino 1965 â 2000, che lâestate scorsa era stata presentata al Centre dâArt Contemporain di Ginevra dal suo direttore Andrea Bellini, giĂ condirettore del Castello di Rivoli e curatore di entrambe le mostre. La retrospettiva di Gianni Pacentino al museo svizzero, piĂš ampia, è stata la prima organizzata in un paese straniero e quella alla Fondazione Giuliani la prima tenuta nella capitale. Una chiara inquadratura su 35 anni di attivitĂ dellâartista piemontese, stabilita su delicati, semplici criteri di elementi linguistici visivi, di una storia che menziona la tecnica scultorea e il rigore di essenza modernista Il percorso artistico di Piacentino si risolve in armonia con le linee esili e affusolate di unâestetica minimal, posteriore alla sostanza di ripresa degli elementi dellâarte Povera, che Piacentino ha seguito in maniera del tutto autonoma agli esordi della sua carriera; partecipando in parte ad alcune mostre del movimento italiano. Dalle opere a parete alle sculture - i veicoli aerodinamici - lâimmagine viene scarnificata, portata al punto zero della scala del valore decorativo con la co-partecipazione del dinamismo che, da sempre, si affaccia candido, pulito in tutte le opere. Il geometrismo filiforme, morbido, dei prototipi ingegnosi è lâalter ego della cromia sobria e totalmente netta dei veicoli solitari. Inoltre lâaspetto umano è citato, anche se per via indiretta, nelle forme che sottintendono lâideazione e la coerenza storica. Lâuomo non viene declamato nella logica utilitaristica e sembra
che lâelemento della solitudine sia contemplato nellâopera stessa, che riporta una condizione meccanica difficilmente praticabile. E il colore, con le linee, crea con queste delle alleanze, nella rappresentazione dellâessenza figurativa, celata nel dinamismo e nella modernitĂ dellâoggetto scultoreo. La sigla GP è il marchio di fabbrica (le iniziali dellâartista) che ogni volta cambia, si mimetizza o troneggia in bella vista sulle testate dei prototipi auto, sui serbatoi delle moto o sugli aeroplani. In un ambiente dâingresso della Fondazione una raccolta di manifesti di mostre svolte tra il 1967 e il 2014 è lâincipit e la nota conclusiva di un percorso intrapreso alla metĂ degli anni sessanta, presentato nelle gallerie italiane, europee ed americane. Le complessitĂ del contemporaneo, nelle relazioni tra cultura e societĂ industriale, sono seguite e tradotte da Piacentino in un linguaggio che declama una composita ricostruzione di significato. Ilaria Piccioni
Galleria-vetrina di Franz Paludetto/Roma
Andrea SchĂśn
I
l ritorno alla pittura che ha caratterizzato tanta arte degli ultimi decenni del XX° secolo ci si presenta oggi, alla distanza, come estremamente variegato sicchĂŠ tentarne una rilettura unitaria non è affatto facile anche se resta un compito che la storiografia critica prima o poi dovrĂ affrontare in una logica diversa da quella della pura e semplice contrapposizione tra correnti e schieramenti. Uno dei punti chiave per tentare questo lavoro di riordinamento e valutazione sarĂ sicuramente quello di andare a verificare in cosasi sia consistita la modalitĂ che ciascun artista ha adottato per rendere palese la propria ascrivibilitĂ ad unâarea di riflessione post-concettuale, ovvero in cosa consista sul piano linguistico formale lâinsieme dei marcatori che ci consentono di non confondere la sua particolare modalitĂ di ritorno alla pittura con una semplice marcia indietro nostalgico - conservatrice. Premesso che naturalmente non è il marcatore in sĂŠ, ma il tipo di poetica da cui discende, ciò che ci interessa, ci sembra di poter affermare con certezza che il caso di Andrea SchĂśn, lâartista tedesco ospitato attualmente nella galleria-vetrina di Franz Paludetto a Roma, sia uno dei piĂš emblematici ed originali quanto a radicalitĂ e diretta semplicitĂ delle scelte. SchĂśn infatti non adotta nessuna delle strategie, a conti fatti, piĂš diffuse che abbiamo imparato a conoscere come lâevidenza storica della citazione, il riferimento smaccato ai mass-media o un divertito allegerimento ludico dellâimmagine, ma si limita a dipingere frammenti di realtĂ assolutamente nitidi anche se del tutto lontani dallâeffetto allucinatorio dellâiperrealismo. La sua è piena pittura, perfettamente consapevole di tutte le conquiste che questa disciplina ha maturato attraverso i secoli, in altre parole una sorta di pratica fredda messa a disposizione di un significato che il fruitore non potrĂ fare a meno di cercare. Tutto naturalmente sta nel corto circuito tra il soggetto prescelto e la sapiente resa dâimmagine per esso adottata. SarĂ per i colori molto selettivi e tendenzialmente virati verso i fondamentali, sarĂ per lâinquadratura sempre ben risolta ma mai banale, sarĂ per tutta una serie di omologie collaterali o ben dissimulate, ma lâeffetto non manca mai: chi guarda è gratificato dalla perfetta esecuzione, ma non è mai tentato di risolvere il problema postogli sotto le insegne del puro esercizio analitico. SchĂśn gli sta comunicando qualcosa attraverso un messaggio inusuale ma non privo di aspirazioni valoriali, la mente e il cuore si mettono in moto e via via che procedono il percorso si fa meno incerto e vago anche se le risposte si trasformano in quesiti e la nitidezza del significante in arguta polisemia. Ă appunto il caso degli agnelli di pelouche ritratti ad olio ripropostici da Paludetto a Roma, sulle orme di una lungimirante mostra torinese del 1995. I simpatici giocattoli da amichevoli compagni di gioco si trasformano in eroi di unâepopea rivoluzionaria che sta a fondamento della modernitĂ , ma sfuggono ben presto a questo ruolo per ribaltarsi in qualcosa di assai meno didascalico, forse in agnelli sacrificali che accettano lâespiazione delle nostre colpe ma nel farlo ci accusano e forse ci minacciano o comunque dubitano di noi. Paolo Balmas APR/MAG 2014 | 248 segno - 53
Valmore Studio dâArte, Vicenza
Francesco Guerrieri Direzione Infinito di Gabriele Simongini
F
rancesco Guerrieri ha sempre cercato unâapertura verso il mondo, anzi in qualche modo la sua ricerca costantemente e sensibilmente sperimentale ha proposto unâidea concreta di arte capace di âdiventare mondoâ, di respirare allâunisono con i ritmi e i battiti quotidiani ed universali della vita pur rispettando un preciso ed autonomo codice linguistico continuamente rimesso in discussione. La sua ricerca conferma, mutatis mutandis, quel che ha mirabilmente intuito Werner K. Heisenberg: âle stesse forze che determinano lâordine visibile del mondo, lâesistenza e le proprietĂ degli elementi, la formazione dei cristalli, la nascita della vita, può darsi siano allâopera anche nel processo creativo della mente umanaâ. CosĂŹ i suoi oltre cinquantâanni di sperimentazione hanno custodito e tuttora custodiscono il flusso e lâespansione di una realtĂ in divenire che è innervata dalle ragioni formative dellâesistente, sia nella vita che nellâarte, come per altra via aveva inimitabilmente compreso Paul Klee. Ecco il âsegretoâ di Guerrieri, un artista che non soggiace alle mode e alla stanca ripetizione, sorprendendoci ogni volta con una meditata innovazione nella continuitĂ : âContinuitĂ â si intitola non a caso un suo fondamentale ciclo di opere del 1962 in cui il nocciolo essenziale della sua ricerca è giĂ chiaramente identificato nel razionale nitore cartesiano unito ad una modulazione musicale in espansione illimitata. Il continuum, del resto, è una delle cifre piĂš potenti di tutto il suo percorso, come è ben evidente anche nella mostra presentata a Vicenza dallo Studio dâarte Valmore e fondata su molteplici exempla della sua inesausta ricerca. Eâ un obiettivo individuato da Guerrieri fin dal 1962, nelle opere ormai storiche con le fasce parallele alternate, bianche, rosse, nere, di diversa larghezza, modulate da un capo allâaltro della tela. Lo ha scritto lui stesso con la consueta luciditĂ : âIl bianco fa da sfondo e le fasce rosse e nere creano alternative di simmetria e asimmetria. Mi appassionava la âscopertaâ della âcontinuitĂ â: ogni quadro non aveva inizio nĂŠ fine, ma era parte, frammento di una potenziale illimitata âcontinuitĂ â. Ad accentuarla, e nello stesso tempo a contraddirla, interveniva la scansione regolare di fili di nylon, una âgrigliaâ di linee verticali ora evanescenti, ora piĂš corposamente bianche, secondo il variare della luce. Lâinsieme era frammento di un ritmo anchâesso potenzialmente infinito. La serialitĂ , la ripetibilitĂ , la frequenza percettiva, traducevano, nel ritmo di questi quadri, il ritmo del nostro tempoâ. Il continuum in Guerrieri è la concretizzazione di un âinfinito finitoâ in cui il ritmo trasfigura la struttura in forma, rovesciando le certezze razionali della geometria per dare voce allâineffabile e allâassoluto, a quella rete di fili sottili che lega fra loro tutte le cose del mondo e il respiro del tempo. Per Guerrieri, sullâonda dellâereditĂ delle sperimentazioni ge-
Francesco Guerrieri, Orientamenti, 2, 1969, acrilico su tela, cm. 80 x 120
54 - segno 248 | APR/MAG 2014
Francesco Guerrieri, Direzione Infinito,2011,acrilico su tela, cm. 80 x 100
staltiche, ogni opera deve manifestarsi interamente nella percezione visiva e deve mettere in uno stato di allerta i nostri sensi e la nostra consapevolezza critica attraverso quellâ âambiguitĂ â che ha trovato il suo culmine negli strepitosi quadriluce degli anni settanta secondo una strategia creativa che lo stesso Guerrieri ha spiegato come meglio non si potrebbe, nel 1973: âLâopera si apre allâambiguitĂ , sia attraverso lâambiguitĂ percettiva, sia attraverso figurazioni complesse plurisignificanti, fino allâemergere del ânegativoâ, al âvuotoâ che si fa âpositivoâ. Il processo di contraddizione non conduce ad un impoverimento o rifiuto totale del codice originario, ma, in definitiva, ad un suo arricchimento, ampliamento, approfondimentoâ. Il concetto di ambiguitĂ in Guerrieri trova un terreno fecondo di sperimentazione dialettica nello sviluppo del rapporto fra sfondo e figura affrontato dalla teoria della Gestalt: secondo la psicologia della percezione il primo è un campo generatore di forze visive che non resta inerte rispetto alla figura ma che interagisce costantemente con essa contribuendo a determinarla. Specialmente nelle opere piĂš recenti e spesso sorprendenti per la loro concisa essenzialitĂ ogni gerarchia fra fondo e figura è completamente capovolta anche se per cogliere fino in fondo questa opzione è necessario rinunciare a qualsiasi pigrizia percettiva e mentale. Nella ricerca di Guerrieri câè infatti un invito costante e poetico a non fidarsi delle apparenze, ad andare oltre, ad essere vigili e critici e ciò vale tanto piĂš nella societĂ di oggi, di fronte a fuorvianti tranelli mediatici, politici e tecnologici. Al di lĂ dellâambiguitĂ , dai quadri di Guerrieri, con una sensibilitĂ che non ha pari, promanano echi e risonanze di scale cromaticomusicali, quasi sempre fondate su non piĂš di tre note-colori, che trasformano la quantitĂ in qualitĂ e che comunicano una sorta di euritmia dinamica in cui vengono colte, passo passo, le progressioni dello spirito nel mondo. Il dna storico che scorre come sangue nelle vene di Guerrieri è esemplificato dalla sua capacitĂ di ricondurre allâinterno del
attivitĂ espositive RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE
Francesco Guerrieri, Ritmostruttura con variazioni ondulari, 1966, acrilico su tela, cm. 80 x 100
proprio linguaggio aniconico, analitico e dinamico imprevisti dialoghi con la grande pittura antica di cui viene cosĂŹ riaffermata lâassoluta contemporaneitĂ al di lĂ di qualsiasi banalizzazione da manuale di storia dellâarte: basta pensare ai collages con carte plastificate intitolati âDalla Battaglia di San Romano di Paolo Uccelloâ (1968) e âDa âLa Caccia di Paolo Uccelloâ (1969), alla Metapittura dei primi anni ottanta, al ciclo âInterno dâArtistaâ (1979-80 e anni duemila) fino ai felici e recentissimi lavori che prendono spunto da un celebre autoritratto di Mattia Preti, conterraneo dello stesso Guerrieri. Ecco, il sogno di libertĂ promanato dalla pittura di Francesco Guerrieri si basa su un codice linguistico fondato piĂš sullâinclusione che sullâesclusione e sulla proposta critica di un mondo a piĂš dimensioni, di un âmultiversoâ come si direbbe oggi in termini scientifici. Anche la natura âclassicaâ legata ad una parte della ricerca di Guerrieri reca però dentro di sĂŠ una tensione tutta contemporanea, fatta di frammentazioni, zoom, spazialitĂ virtuali, che tendono positivamente e con fiducia verso lâavvenire, lungo quella che potremmo chiamare la âDirezione Infinitoâ. n
Francesco Guerrieri, Prospettiva Infinito, 1967, acrilico su tela, cm. 80 x 80 Francesco Guerrieri, Navigando verso la luce, 2014
APR/MAG 2014 | 248 segno - 55
Ex-chiesa di San Pietro in Atrio, Como
Vincenzo Marsiglia Riflessione visuale come modalitĂ interattiva di Chiara Canali
R
ecentemente, a seguito della scomparsa di Paolo Rosa, artista di Studio Azzurro ma anche brillante studioso e teorico, ho riletto il saggio âLâArte fuori di sèâ, scritto a quattro mani da Rosa e Balzola, e sono rimasta affascinata dalle pagine dedicate al ruolo dello spettatore, che è stato radicalmente ripensato rispetto al passato. Secondo gli autori, la sua partecipazione allâopera dâarte è una condizione necessaria per dare senso e compimento al progetto artistico nel suo insieme. Essi si riferiscono, in particolare, a un filone di ricerca in cui lâuso sofisticato del dispositivo tecnologico non si limita a coinvolgere lo spettatore nellâopera, ma gli offre la possibilitĂ di sperimentare nuove esperienze percettiveâ. In questa prospettiva, lâartista viene presentato come colui che produce le condizioni in cui il partecipante non è piĂš soltanto spettatore, ma diventa spett-attore, parte attiva e integrante dellâopera. Lâarte interattiva innesca dunque un dialogo proficuo con lo spettatore e lo rende a sua volta produttore di esperienza. Questa modalitĂ interattiva avviene, a mio parere, non soltanto attraverso la tattilitĂ dellâopera, ma anche attraverso meccanismi differenti, come la riflessione e il rispecchiamento visivo, come si riscontra appieno nel caso del lavoro dellâartista Vincenzo Marsiglia. Nella ricerca di Marsiglia si riuniscono infatti due categorie che la tradizione occidentale ha spesso contrapposto lâuna allâaltra: ars e technĂŠ, che comprende sia lâaspetto creativo che funzionale della tecnica. Nella sua opera si riconosce il legame inscindibile tra arte e tecnica che implica la necessitĂ da un lato di una materia sempre presente per costituire la forma artistica, dallâaltro di una tecnologia che fornisce una nuova piattaforma estetica ed espressiva. Nella mostra âRiflessione interattivaâ concepita dallâautore per lo spazio di San Pietro in Atrio a Como, attraverso le opere e le installazioni dispiegate, ripercorriamo un ideale viaggio dallâetĂ della pietra a quello del digitale, in un dialogo serrato tra corporeitĂ segnica e incorporeitĂ virtuale e tecnologica. Se da un lato Marsiglia presenta vere e proprie sculture in mar-
56 - segno 248 | APR/MAG 2014
Nelle immagini le opere e le installazioni di Vincenzo Marsiglia allâEx Chiesa S.Pietro in Atrio a Como
attivitĂ espositive RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE
mo bianco di Carrara e in ardesia nera su cui sono state realizzate incisioni a punta secca â omaggio alle arcaiche incisioni rupestri â a creare unâideale mappa stellare contrassegnata dalla Stella a quattro punte, suo logo e unitĂ di misura; dallâaltro lato non mancano le opere piĂš recenti costituite da quadri elettronici interattivi, dotati di webcam a loro volta collegate a un programma di rielaborazione delle immagini e a unâapplicazione appositamente studiata per iPad, attraverso le quali il pubblico entra a far parte della texture digitale dellâopera come elemento attivo e performante. Da âInteractive star appâ a âVanity Starâ gli iPad mini o gli specchi polarizzati intercettano lâimmagine del fruitore e la rielaborano in una tessitura di stelle digitali, pixel colorati e rumori animati. Lo spettatore entra cosĂŹ a far parte delle opere di Marsiglia riflettendosi realmente e digitalmente nella superficie specchiante e variandone la versione cromatica, fino a operare unâinterferenza visiva che gli permette di diventarne co-autore per il tempo che si pone di fronte ad essa. La partecipazione diventa dunque modalitĂ esperita di fruizione estetica e la bellezza di queste opere non risiede piĂš e soltanto nelle opere stesse, ma nei suoi effetti, nei fenomeni e nelle esperienze di riflessione e interattivitĂ che essa genera e produce. n
APR/MAG 2014 | 248 segno - 57
Le lettere dellâalfabeto si susseguono senza formare parole, dattiloscritte facendo uso della Lettera 24, con accurata attenzione allâintensitĂ di ogni battitura, che deve lasciare la sua impronta in modo regolare, uguale, senza sussulti. Pare quasi un gioco, questo, che il fanciullino che inabita nel cuore di Marcello, straordinario âsognatoreâ, si sia preso il gusto di concedersi, evidenziando, con garbo artistico, lâeterno oggetto del desiderio: il corpo femminile, nella sua massima bellezza e, in queste immagini, in una classica compostezza, un omaggio alla grande madre. Le colorate lettere delle mitiche parole lanciate nel vento sui famosi aquiloni creati da Marcello Diotallevi si sono ora posate su di lei, la generatrice della vita, come un casto velo, con la lievitĂ di una carezza, con devozione e silente rispetto. Il bianco e nero, cioè la scelta dellâassenza del colore, accentuano, nella loro severitĂ , il senso di rigore e di ammirazione del poetico messaggio di questo artista, famoso anche per la sua importante, fattiva e annosa partecipazione alla poesia visiva. n
Marcello Diotallevi, Lettera da Citera 1 dattilografia su xerografia, cm. 21x30, 1996
Marcello Diotallevi Lettere da Citera di Daniele Decia
C
itera è unâisola dedicata a Venere: proprio a Venere è dedicata questa mostra di opere realizzate su carta (cm 21x30) con tecnica di dattilografia su foto xerografia. Nella storia di Citera si legge che spesso i pirati lâhanno saccheggiata: anche in questa mostra câè stato, da parte di Diotallevi, un gesto di ardita appropriazione con risultati davvero coinvolgenti. Lettere nel senso di lettere dâalfabeto, ma anche nel senso di un arcano, ineffabile gesto dâamore. Non sono state la contaminazione o la moda del tatuaggio a ispirare a Marcello Diotallevi il desiderio di coprire di lettere dellâalfabeto nudi femminili che giĂ sono stati soggetto di fotografie sia dellâautore sia di famosi fotografi. E allora ci si interroga, incuriositi, intimamente âtoccatiâ per comprendere appieno quale è stata lâorigine di questa affascinante, inconsueta vestizione.
Marcello Diotallevi, Lettera da Citera 2 dattilografia su xerografia, cm. 21x30, 1996
Marcello Diotallevi, Lettera da Citera 4 dattilografia su xerografia, cm. 21x30, 1994
Marcello Diotallevi, Lettera da Citera 3 dattilografia su xerografia, cm. 21x30, 1994
58 - segno 248 | APR/MAG 2014
attivitĂ espositive RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE
GAM/Torino
OMAR GALLIANI
LâOpera al Nero
C
Omar Galliani, dalle serie Denti, 2009, matita nera su tavola, cm.200x185
Omar Galliani, Orchidea (parte destra del trittico Breve storia del tempo), 2008 matita su tavola, cm.200x300
Omar Galliani, Respiro, 2008, matita e acrilico su tavola di pioppo, cm.400x400
irca trenta imponenti opere costituiscono il corpus del progetto realizzato da Omar Galliani per il secondo capitolo di âDialoghiâ, un ciclo di mostre di artisti contemporanei, le cui opere possano relazionarsi con alcuni capolavori del patrimonio della Galleria Civica dâArte Moderna e Contemporanea di Torino. Il lavoro di Galliani per questa importante occasione fa riferimento al patrimonio grafico del Museo, che comprende circa 30.000 opere e che è da poco confluito nel nuovo Gabinetto Disegni e Stampe. Il disegno è un aspetto fondamentale del suo lavoro, e testimonia una passione nata a partire dagli anni Settanta e proprio dalle prime opere di quel periodo si dispiega il percorso, che, pur non seguendo un ordine cronologico, giunge sino ad oggi, ripercorrendo lâintera vicenda artistica e mettendo in luce, attraverso una attenta selezione, lâaspetto piĂš simbolico e mistico del suo lavoro sviluppato con il rigore formale, insieme alla straordinaria tecnica che da sempre lo contraddistingue. Attraverso lâuso quasi ossessivo della matita e delle punte di grafite, Galliani crea i suoi paesaggi dellâanima attraverso una iconografia simbolica che va dai dettagli anatomici ingigantiti fino allâeccesso, ai Fiori fino allâomaggio al La Principessa liu Ji nel suo quindicesimo anno di etĂ , vera summa della sua poetica e testimonianza della sua grande passione per la Cina. Delle quattro opere inedite, realizzate appositamente per la GAM, fa parte Paesaggio dei miei veleni (Dâaprès Fontanesi), realizzata ispirandosi a Paesaggio con alberi e ruscello di Antonio Fontanesi del 1895 ( che è fra le collezioni del museo) e donata dallâartista, per cui entra a far parte del âGabinetto Disegni e Stampeâ della GAM. Accompagna la mostra un volume di 300 pagine, edito da Mazzotta, che da conto del percorso piĂš intimamente legato alla tecnica del disegno. Testi di Danilo Eccher e Gregorio Mazzonis ed alcuni scritti scelti dallâampia antologia sullâartista. Lucia Spadano
Omar Galliani, Paesaggio dei miei veleni (Dâaprès Fontanesi), 2013 matita e acrilico su tavola di pioppo, cm.400x400
APR/MAG 2014 | 248 segno - 59
Galleria Bianconi/Milano
H.H. Lim
Politicamente parlando
M
ai come oggi il termine âpoliticaâ è sulla bocca di tutti, spesso con interpretazioni lontane dal significato originario. Un breve excursus a ritroso nel tempo sulla voce âpoliticaâ può aiutarci a sollevare i vari strati che si sono sovrapposti su tale termine nei vari momenti storici. Nel XX secolo è stata confusa con i vari nazionalismi e poi si è legata al concetto giuridico dei diritti universali, mentre nellâOttocento si è posta innanzitutto come problematica di sovrastruttura economica, secondo le riflessioni di Marx e Engels. Tra lâetĂ medievale e quella moderna la politica si è configurata in generale come un corpo che si è lentamente staccato dalla religione e dallâetica per fondersi con il concetto di auctoritas. Per scoprire il significato del termine originario, bisogna far riferimento al mondo greco per il quale politica era, etimologicamente, ĎοΝΚĎΚκĎĎ, pertinente a ĎĎΝΚĎ, cittĂ (Treccani, 2009). PiĂš genericamente si può definire come quella cosa che appartiene alla dimensione della vita comune, dunque allo Stato (ĎĎΝΚĎ) e al cittadino (ĎοΝίĎΡĎ), e che pone al centro di tutto la vita del cittadino nella cittĂ . Il âPoliticamente parlandoâ di H.H. Lim- titolo della mostra presso la Galleria Bianconi di Milano, curata da Giacomo Zaza- incarna un significato di âpoliticaâ analogo a quello originario, spesso coincidente con la parola âvitaâ. Da sempre lâartista sino-malese conduce unâindagine sulla realtĂ che, senza avere la pretesa di essere universale, si apre allâuniversalitĂ . I linguaggi utilizzati dallâartista sono i piĂš disparati, dalla pittura al video, dalla performance allâinstallazione, cosĂŹ come sono variegate le tematiche sulle quali di volta in volta si sofferma a riflettere, tutte però aventi come comun denominatore âthe life showâ, il grande spettacolo della vita. Nella mostra allâUCCA di Pechino âGone with the windâ (2010) Lim aveva affrontato la tematica del consumismo, riferendosi alla vita degli oggetti destinati apocalitticamente ad avere vita breve in un sistema tanto spietato, quanto necessario; nella recente mostra a Kuala Lumpur âThe beginning of somethingâ (2014) la riflessione sul consumismo è passata al mondo immateriale delle idee con opere che hanno messo sul patibolo lâessenza stessa dellâarte; nellâesposizione alla galleria milanese, Lim ha costruito un progetto, potremmo dire, di particolare intimitĂ , mostrandoci attraverso le opere la compagine stravagante di una âpolitica domesticaâ frutto di riflessioni individuali e, allo stesso tempo, aperta a plurime interpretazioni. Infatti, Lim sembra aver traslocato temporaneamente la propria quotidianitĂ romana (Lim vive a Roma da oltre quarantâanni) in via Lecco 20 a Milano, mostrandoci delle opere che raccontano dei fatti attraverso un punto di vista individuale che si apre al mondo. La politica e la parola, come ben si deduce dal titolo, sono i fari che segnalano approdi e partenze delle riflessioni di Lim. Ma partiamo da due video in mostra: Vittorio Square Story e Daily music, rispettivamente la ripresa di un incidente avvenuto in piazza Vittorio a Roma eseguita dallâartista da una finestra del proprio appartamento e lâimmagine video dello schermo di un televisore che manda in onda la notizia shock della
situazione coreana e di una possibile guerra nucleare. I vetri delle finestre di casa o lo schermo della televisione appaiono, quasi indistintamente, come due media che testimoniano le dinamiche della realtĂ e che misurano il rapporto uomo-mondo. Il brusio del traffico romano e il sottofondo del notiziario che costituiscono la âmusicaâ quotidiana dellâartista diventano la colonna sonora di tutta la mostra, suscitando unâatmosfera tipica di un luogo. Dal rumore però si passa allâinterrogativo del silenzio: con il tappeto in pvc che immortala in sequenza le immagini di una conduttrice di un telegiornale per non udenti e con lâopera su tavola Words in nero, un doppio ritratto dellâartista che interpreta il linguaggio dei segni. Le parole si trasformano in gesti e la comunicazione si impone come problematica universale. Eâ il linguaggio a costituire un elemento di differenziazione? Se sĂŹ, quello dei segni diventa nelle opere di Lim un possibile approdo verso una dimensione di comunicazione universale. Sottilmente giĂ lâarte di per sĂŠ svolge questo compito, facendoci di contro respirare la flebile angoscia delle piĂš inconsce domande: è vero tutto quello che sentiamo? Le smorfie dei giornalisti immortalati da Lim nellâatto del parlare evocano una miriade di parole sovrapposte che lasciano scivolare nel dubbio la veridicitĂ della comunicazione, fino a sentire la necessitĂ ancestrale di silenzio, attraverso lâimmagine della celebre performance Red Room (2004), sempre riprodotta in pvc a moâ di tappeto, nella quale la lingua dellâartista è inchiodata ad un tavolo quasi come monito ultimo ed estremo sul valore della parola. Eppure le parole sono da sempre ricorrenti nei lavori di Lim, spesso incise sulle tavole come se fossero grandi lapidi murarie. La serie âIeneâ accosta alle frasi estrapolate dai mass media o dai quotidiani (âio posso essere preoccupato, deluso, amareggiato / ma lâira proprio non mi ha mai possedutoâ; âla politica è un piacere ma poi / diventa una droga fine a se stessaâ; âwhen did art stop believing in / the power of people?â) le figure degli animali la cui proverbiale bruttezza si trasforma in ambiguo fascino, dove la percezione dellâopera rimbalza tra lâimmagine e le parole, tra lâidentificazione della bestia come vittima e carnefice, come preda e predatore. Altri indizi sono nelle frasi incise nelle tavole piĂš piccole, fra le quali suona come significativa, al fine di dare una possibile chiave di lettura della mostra, quella che recita: âSei immerso in un mondo inventato da teâ, dove il dubbio sulle certezze riduce allâosso anche la âpolitica domesticaâ, quasi come se fosse passata di lĂŹ una iena⌠A chiudere il cerchio, il video Hula Hoop, proiettato a misura dâuomo nello spazio ipogeo della galleria, nel quale lâartista è ripreso mentre fa girare attorno al torace nudo il cerchio secondo il gioco hula-hoop: ironia e veritĂ subiscono lâincontro-scontro nel tentativo di rintracciare una soluzione partendo dallâindividuo. Giuliana Benassi
H.H. Lim, Iena in rosso ossido, tecnica mista su tavola, 2013
H.H. Lim, Politicamente parlando, veduta della mostra, galleria Bianconi, Milano, 2014
H.H. Lim, lâartista e Iena in grigio, tecnica mista su tavola, 2013 H.H. Lim, Politicamente parlando, veduta della mostra, galleria Bianconi, Milano, 2014
60 - segno 248 | APR/MAG 2014
attivitĂ espositive RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE
Galleria Bonioni Arte, Reggio Emilia
Lâeterno ritorno
I
n un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte. Lâeterno ritorno, caposaldo della filosofia di Nietzsche, è dunque il concetto chiave, intorno al quale gli artisti: Mirko Baricchi, Rudy Cremonini, Marco Ferri, Federico Gori, Luca Moscariello, Simone Pellegrini sono invitati a interrogarsi. Questione che sottende e che si offre come possibile suggerimento di risposta a una domanda che da sempre accompagna e tormenta la storia dellâarte e della produzione artistica in generale: qual è il ruolo dellâartista oggi? Come si mostra tale figura nella realtĂ contemporanea? Lâartista è per sua natura una figura super partes, è per eccellenza colui in grado di condurre verso nuove prospettive di vita. Egli inventa mondi nuovi senza avere bisogno di dimostrare la legittimitĂ di quel che propone; supera lâipocrisia della societĂ rendendo lâarte, il solo luogo di una possibile coesistenza fra forze anche contrastanti. Lâaccostamento alla filosofia nietzschiana, pare dunque motivatamente giustificata: le opere degli artisti non descrivono il corso del tempo, ma offrono e si offrono come un possibile criterio di valutazione, un principio di selezione degli istanti delle nostre vite che valgono la pena essere vissuti. In tal senso le farfalle di Cremonini immobilizzate nel volo, una dipinta e lâaltra conservata sotto teca, diventano allegoria della contiguitĂ fra mondo visibile e invisibile; mentre la foglia, il filo dâerba e il ramo, sono reinterpretati da Gori, tramite la tecnica dellâossidazione su lastre di rame, quali testimonianze dellâ impermanenza della natura. E ancora, Pellegrini, che realizza caotiche composizioni, dove elementi orientaleggianti si mischiano a misteriose figure, da vita a immagini che sottendono una continua ricerca di equilibrio fra il riconoscibile e lâignoto. In Baricchi, invece, prende forma unâimmaginaria conversazione fra il mondo onirico e la ragione; dove la libera espressione del disegno, traccia di un subconscio infantile, contrasta con il rigore imposto dalla disciplina pittorica, metafora per lâartista delle regole sociali cui lâindividuo è coinvolto. Elementi della quotidianitĂ , ammassati uno sullâaltro secondo un apparente ordine piramidale,
Rudy Cremonini, You are my sister 2, 2014, olio su tela, cm. 50x60 A centro pagina Luca Moscariello, Deriva, 2014, tecnica mista su tavola, cm. 150x100
sono il soggetto dellâopera proposta da Moscariello. Qui il chaos si manifesta esplicitamente, è una confusione che suggerisce allâuomo di non fermarsi alla superficie, ma andare oltre con lâobiettivo di liberarsi dalle costrizioni di una morale preordinata. Infine lâopera di Ferri, da sempre in costante confronto con lâessenza della materia, propone unâindagine proprio intorno ai suoi possibili mutamenti. Sulla superfice è visibile una piccola crepa, lĂŹ posta a ricordarci il peso del passato e allo stesso tempo segno propulsivo per una possibile ripartenza. Il mondo è dunque un caos, una pluralitĂ irriducibile di forze, dâistinti e di pulsioni che si affrontano incessantemente. Con Lâeterno ritorno, inedito progetto curatoriale da unâidea di Niccolò Bonechi, si mettono in scena possibili varianti di linguaggi, allâinterno di un processo sociologico e culturale in continua evoluzione. Maria Letizia Paiato
Mirko Baricchi, Leveret, 2013, tecnica mista su tela, cm. 100X150
Simone Pellegrini, Concavi i fissi, 2006, tecnica mista su carta, cm. 200x313
Federico Gori, Di fragilitĂ e potenza, 2013 incisioni e ossidazioni naturali su rame, cm. 32,5x32,5
Marco Ferri, Avevamo gli occhi belli, 2012 tecnica mista su cartone, poliuretano e legno, cm. 65x65
APR/MAG 2014 | 248 segno - 61
Palazzo deâ Mayo, Chieti
Sironi e La Grande Guerra
Lâarte e la Prima guerra mondiale dai futuristi a Grosz e Dix
1914 a Sarajevo veniva assassinato lâarciduca FranceFerdinando, casus belli della dichiarazione di guerra dellâAuIstrialsco28allagiugno Serbia, germe e pretesto dello scoppio del primo conflitto
mondiale. E a âLa Grande Guerraâ, quasi in concomitanza con la ricorrenza del suo centenario, è dedicata la mostra allestita fra le stanze di Palazzo deâ Mayo a Chieti e promossa dalla Fondazione Carichieti sotto lâAlto Patronato del Presidente della Repubblica: Sironi e La Grande Guerra. Lâarte e la Prima guerra mondiale dai futuristi a Grosz e Dix. Un itinerario cronologico tra disegni e illustrazioni, dove il segno intenso e a tratti lancinante di Mario Sironi esprime con vigore tutta la tragicitĂ della realtĂ contingente. La sua è una voce che si leva impetuosa dal quel tessuto orchestrale di opere di amici e colleghi come Leger, Dix, Grosz, CarrĂ , Cangiullo, Balla, Depero, Funi, Carpi, Campigli, Cascella, Bonzagni, Viani, Marussig, Previati, Bucci, Nomellini e Dottori, che gli si affiancano, non solo a contestualizzarne la situazione, ma anche e soprattutto a testimoniarne la condivisione di un dramma. Una tragedia, tuttavia, non percepita tale nel suo germe, quando ancora nel 1915, sulle pagine di ÂŤNoi e il MondoÂť lâallora ventinovenne Sironi, propone disegni come La Marcia. Un inchiostro misto a matita, dove il tema della guerra non ancora pienamente vissuta, lascia il passo a raffinati esercizi di stile piĂš attenti alla sintesi formale futurista. Addentrandoci cosĂŹ nel cuore della mostra, dove spiccano perlopiĂš i lavori del 1915-1918; un primo cambiamento espressivo si registra in Sironi nellâautonoma tavola disegnata per I nuovi volumi della Kultur tedesca, apparsa su ÂŤGli AvvenimentiÂť lâ11 aprile 1915. Qui lâartista mette in scena, con truce sarcasmo, un sentimento antiaustriaco, pur non rinunciando a una geometrizzazione rigorosa ed essenziale delle forme, impostata sullâutilizzo della linea pura priva di qualsivoglia effetto chiaroscurale. CosĂŹ anche Il Bersagliere, una tempera e china su carta apparsa anchâessa sulle pagine de ÂŤGli AvvenimentiÂť, sempre stilisticamente ancorata a una forte volumetria delle forme. BisognerĂ attendere studi come Chiaro di luna, tavola ancora una volta apparsa su ÂŤGli AvvenimentiÂť del 19 settembre 1915, dove il tratto dellâartista si fa piĂš nervoso ed espressivo, funzionale alla drammaticitĂ del soggetto. Come due innamorati, Francesco Giuseppe in vesti femminili e Guglielmo II di Prussia contemplano la luna, ignorando che in realtĂ si tratta della lama di una falce. La scena, proposta in chiave satirica, in realtĂ di umoristico ha ben poco. Dietro il falso tono canzonatorio si cela la presenza quotidiana della morte, che a questa data è per Sironi una realtĂ concreta, non piĂš solo unâimmaginazione. Da qui in poi le cose cambiano. I compagni dâarmi ritratti da Sironi si fanno grevi e cupi, sono presenze piĂš evanescenti, quasi dei fantasmi. Il nero predominante e lâinspessimento delle linee, intensificati dal rapido uso del carboncino, con cui Sironi tratteggia nervosamen-
Mario Sironi, I nuovi volumi della Kultur tedesca, 1915 china e tempera su carta. Gli Avvenimenti, 11 aprile 1015. Milano, collez. privata
Mario Sironi, Studio per Chiaro di Luna, tavola per Gli Avvenimenti, 19 settembre 1915, tempera su carta. Milano, collez. privata
Mario Sironi, La Vittoria Alata, 1935. Tecnica mista su carta da spolvero riportata su tela, Milano. Collez. privata
62 - segno 248 | APR/MAG 2014
attivitĂ espositive RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE
Mario Sironi, Il capitano Fantoni, 1918, matita su carta, collez. privata
Mario Sironi, Soldati, 1916 tempera e carboncino su carta. Milano, collez. privata Mario Sironi, La scimmietta del Montello, 1918 tempera su carta. tavola per il Montello, 15 ottobre 1918. Milano Collez. privata
te e sfuma, fanno di lavori come Malavita, Soldati, Stupidaggine nazionale Tedesca, datati 1916, prove di un ritorno al naturalismo sostenuto forse da unâesigenza piĂš descrittiva e di registrazione immediata del vissuto. Su un simile piano si colloca la serie di ritratti di soldati realizzati nel biennio 1917-1918. Qui la tecnica del tratteggio è pienamente recuperata e funzionale a creare delle figure dai labili contorni, talvolta completamente annullati come in Soldato con chitarra del 1918. Sono figure isolate e desolanti, colte in un momento di riposo rubato, simbolo eloquente dellâorrore della guerra, che non conosce ozio e allegria ma solo profonda e deprimente solitudine. Una vena sarcastica, ma non per questo meno drammatica, ritorna nelle vignette realizzare nel 1918 per il ÂŤMontelloÂť, quindicinale di propaganda destinato ai soldati del Medio Piave, cui Sironi partecipa entrato a far parte del Servizio P. In mostra il progetto scartato del frontespizio: il profilo collinare del Montello con tre soldati di vedetta sotto le lettere cubitali del titolo e la copertina del primo numero che porta la data della presa di Porta Pia. Attraverso lâillustrazione, Sironi ritorna e recupera una certa sintesi della forma, ricorrendo allâuso di linee di contorno molto piĂš definite. E i soggetti sono ovviamente i nemici, gli austriaci, cui la sua matita pungente non perde occasione di farsi scherno. Gli anni a venire, terminato il conflitto, sono invece e soprattutto segnati dalla memoria e dal ricordo di quellâesperienza, che sovente ritornano in molte sue opere. Ritroviamo figure di soldati e commilitoni in molta della pittura murale, cui lâartista si dedica, in particolare negli anni trenta. Sono soggetti spesso e sbrigativamente interpretati dalla critica, come generiche allegorie dellâeroismo e simboli della dottrina fascista. Nel catalogo che accompagna lâesposizione, invece, Elena Pontiggia, autrice del testo e curatrice della mostra, chiarisce molto bene e finalmente quale lettura dare dellâiconografia della Vittoria. Quella di Sironi non è una vittoria profetizzante un successo ma è una vittoria tradita. Lâidea, germogliata nel 1915 in conseguenza alla disattesa espansione territoriale promessa allâItalia con il patto di Londra, è progressivamente maturata, dapprima tra i fasci di combattimento e poi nel fascismo, dando vita a una concezione di una vittoria mutilata. In tal senso il regime si fa bandiera di una vittoria da riscattare. E con questa visione va osservato La Vittoria col suo salvatore del 1924, meraviglioso disegno dal grande pathos, dove il salvatore, che indossa la camicia nera con lo stemma del fascio, salva per lâappunto la vittoria tradita con la quale condivide la spada. Allo stesso modo va interpretato la Vittoria Alata del 1935, studio preparatorio per la Vittoria che nellâAula Magna de La Sapienza di Roma si prepara a difendere LâItalia fra le Arti e la Scienza; unâopera, fra lâaltro, unica testimonianza dellâoriginale del fresco pesantemente rididipinto negli anni cinquanta. La Vittoria Alata, spiega Elena Pontiggia: ÂŤ[âŚ] è una figura dinamica ma ferma. Ă agitata nelle linee ma boccata nei perimetri, carica di slancio volitivo ma trattenuta negli atti, marziale nella fisionomia ma intrisa di grazia femminea. Ă unâopera insieme classica e romantica, che coniuga gli echi del Medioevo con quelli della Grecia prefidiaca, lâarte romana con lâarte romanica. [âŚ]Âť Mario Sironi, forse troppo e ingiustamente ricordato piĂš per la sua adesione al fascismo, tanto da averne condizionato in modo negativo buona parte del giudizio sulla sua pittura; trova qui, in questa mostra a lui dedicata, il giusto riscatto nellâottica di una rimeditazione intorno alla complessitĂ della sua opera. Maria Letizia Paiato Mario Sironi, La Vittoria col suo salvatore, 1924 tecnica mista su carta, Milano, collez. privata
APR/MAG 2014 | 248 segno - 63
Il Piedistallo Vuoto Intervista a Marco Scotini a cura di Luciano Marucci
Tra le iniziative collaterali di ArteFiera 2014 sicuramente si è fatta notare la mostra âIl Piedistallo Vuoto. Fantasmi dallâEst Europaâ presso il Museo Archeologico, che presentava opere provenienti da prestigiose collezioni italiane. Una campionatura di video, fotografie, disegni e installazioni, rappresentativa della transizione dalla Russia comunista a quella postsovietica. Lâevento, curato con rigore critico da Marco Scotini, ha avuto il merito di dare migliore visibilitĂ alla produzione artistica dellâEst Europa e di rianimare il dibattito su quel contesto, fino ad ora promosso da pochi specialisti come LorĂĄnd Hegyi, Victor Misiano e lo stesso Scotini, anche attraverso le conversazioni di approfondimento spesso puntualmente condotte da Giorgio Verzotti, direttore artistico della Fiera. Lâesposizione, nella sua essenzialitĂ , era allestita con originalitĂ e chiarezza, favorendo la percezione dei lavori proposti e lâinterpretazione del progetto piuttosto articolato e motivato. Quindi, nellâinsieme la collettiva si differenziava da quelle disorganiche che privilegiano aspetti estetizzanti. Ma ecco alcune âspiegazioniâ di Scotini, regista della composita operazione: Con la mostra âIl Piedistallo Vuotoâ, da te curata, cosa hai voluto focalizzare? Il Piedistallo Vuoto sta ad indicare molte cose. Il titolo è sembrato felice non soltanto a me, forse perchĂŠ ha la capacitĂ di parlare di presenza/assenza, apparizione/ sparizione, cioè della figura del fantasma. Questo vale per lâattualitĂ , ma anche per la condizione dellâEst Europa prima del crollo del Muro di Berlino in cui gli artisti usavano veramente format poco visibili. Due esempi: Ion Grigorescu fa i video di body art nella sua stanza isolato e senza esporli; Vyacheslav Akhunov si esprime su un taccuino. Fondamentalmente câè dietro unâimmagine di grande speranza, nel senso che il piedistallo rimane vuoto proprio per accogliere quello che ancora non câè. Si pensa al piedistallo vuoto quando è caduto qualcosa che câera prima. Questa è lâimmagine che ci viene pensando alla leninoclastia; oppure il piedistallo è vuoto perchĂŠ una scultura deve ancora completare il monumento. La terza ipotesi è che esso sia stato lasciato vuoto per una riserva di virtualitĂ potenziale. Questâultimo è lâaspetto che maggiormente mi interessava e che mi pare possa rappresentare, piĂš di tutti gli altri, il denominatore comune della generazione prima della riunificazione tedesca e anche di quella successiva. Da sx: Teresa Iarocci Mavica (direttrice della V-A-C Foundation di Mosca), la moderatrice Silvia Franceschini, Heike MaierRieper (curatrice della collezione austriaca EVN Group) e il critico dâarte e curatore Marco Scotini (ph. Luciano Marucci)
64 - segno 248 | APR/MAG 2014
Igor Grubic,â Angel with Dirty Faces (1), 2006, stampa a getto dâinchiostro su carta archivistica, 80 x 120 cm (Collezione Together, Torino; courtesy âIl Piedistallo Vuotoâ) Elena Kovylina, ĂgalitĂŠ, 2008, video-colore-suono 9 min. (Collezione Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino; courtesy âIl Piedistallo Vuotoâ; ph Luciano Nadalini)
Quindi non è un âPiedistalloâ vuoto di contenuti⌠Ne ha una molteplicitĂ , ma soprattutto vuol essere vuoto perchĂŠ aperto a un divenire, grazie alle potenzialitĂ . Sai che il manifesto di Karl Marx comincia con uno spettro che si aggira per lâEuropa citando direttamente Amleto, filtrato da Armando Lulaj in mostra con lâopera Enter The Ghost che raccoglie questa nuova immagine adatta ai tempi nuovi, piuttosto cupi. Mi pare che le nuove opere esposte esprimano ancora significati ideologici⌠Per la prima volta ho messo a confronto unâampia gamma di materiali degli anni Settanta, della Repubblica Ceca, Slovacca, della Russia, del Centro Asia, con la produzione delle nuove generazioni con le quali lavoro da molto tempo. Quindi, era necessario trovare il denominatore comune a cui ancora non avevo pensato. Nel caso specifico ho visto che, con il crollo del muro di Berlino, per questa cultura che possiamo chiamare ancora dellâEst,
non câera stato il trauma, ma una grande continuitĂ , la capacitĂ di fare da ponte tra quello che ci fu allora e quello che câè al momento, come se la dittatura non fosse ancora finita. Lâevento perciò ha precisi riferimenti teorici. SĂŹ, ed è reso molto visibile. Dopo tanti anni, per suggestione di questi artisti, ho ripreso in mano un libro del â93, âGli spettri di Marxâ di Jacques Derrida, un autore che non è nelle mie corde ma in questo caso funzionava. Questa è stata senzâaltro la prima mossa verso la ricerca del presupposto di cui ho detto. A seguire il film âSolarisâ di Tarkovsky. Con la transizione dalla Russia comunista a quella neoliberista alcuni critici, in altre occasioni, a proposito degli artisti di quellâarea, avevano parlato di ânostalgiaâ. Il fatto che alla conversazione di ArteFiera fosse presente Francesco Bonami, che siano venuti galleristi dâEuropa perchĂŠ i loro
attivitĂ espositive RECENSIONI E DOCUMENTAZIONE
artisti sono in questa mostra, mi sembra un segno, una risposta non solo a una mia esigenza, ma ampiamente condivisa. In questo momento ritroviamo qualcosa che pensavamo di avere perduto, non è un momento di ânostalgiaâ come finora era stato chiamato da Viktor Misiano o di âostĂ lgiaâ da Massimiliano Gioni. Io dico sempre che si ha nostalgia (anche in senso progressivo) quando qualcosa è stato abbandonato, quando qualcosa si è perduto. Nel caso della mostra da me curata non câè alcuna nostalgia. Il fantasma viene e non si stanca di ritornare. Lâidea del ârivenireâ non muore mai. Mi pare un aspetto importante. La caduta del âMuroâ ha certamente determinato il crollo dellâideologia sovietica, pure se le questioni sorte dopo la transizione Est-Ovest hanno creato delle nostalgie. Secondo te, le degenerazioni non soltanto democratiche, provocate in Occidente dal neocapitalismo selvaggio, possono indurre a riattualizzare il termine âideologiaâ? Non alludo a quella che vagheggia il ritorno agli esasperati nazionalismi, ma allâaltra che esprime certi valori ideali, intesa come aspirazione a un futuro miglioVedute della mostra
re, anche se di lĂ da venire. Insomma, pensi che nella nostra geografia possa esserci âostalgiaâ per questo tipo di âideologiaâ concepita come variante concreta della storica utopia senza corpo? Sicuramente sono cadute anche le illusioni della transizione democratica. Piuttosto che avere nostalgia per il passato sovietico si scopre ancora intatto quel portato sociale che, proprio sotto il regime sovietico, non si è realizzato. In questo senso dico che nella mostra non ci sono rovine del passato, ma spettri. Quegli stessi fantasmi che câerano allora, soprattutto negli anni Sessanta e Settanta. âSolarisâ è una conferma e in mostra câè il video di Narkevicius che non fa che ripetere Tarkovsky.
Ă stato un grande momento che ha esibito soprattutto la transizione venuta dopo la perestroika. Adesso molti teorici, fra cui Boris Buden del quale è stato riproposto un testo in catalogo, affermano che è giunta la fine della fase post-sovietica in cui câè unâaltra presa di coscienza, molto piĂš politica⌠n
Per concludere, sei soddisfatto del successo ottenuto dallâesposizione? Nonostante la mostra sia molto concettuale dal punto di vista del percorso narrativo e dei rimandi continui tra un artista e lâaltro, ha avuto immediatamente un grande riscontro di pubblico. Indubbiamente è stato anche un importante momento di esportazioneimportazione di quella cultura!?
Said Atabekov, Korpeshe Flags # 5, 2009-2011, installazione con 2 fotografie 50 x 65 cm e coperte (courtesy Collezione privata e Galleria Laura Bulian, Milano; ph L. Marucci). Marina Abramovicâ, Lips of Thomas, 1975-1997, stampa su carta, 129 x 129 cm (Collezione Gemma Testa, Milano; courtesy âIl Piedistallo Vuotoâ; ph Luciano Nadalini)
In occasione della mostra Il Piedistallo Vuoto. Fantasmi dallâEst Europa, è stato presentato il libro Politiche della Memoria. Documentario e archivio a cura di Elisabetta Galasso e Marco Scotini. Lâantologia di testi Politiche della memoria indaga il rapporto tra arte e pratiche del documentario, a partire dalla riflessione e sperimentazione di alcuni tra i maggiori artisti e filmmakers contemporanei. Al centro della riflessione câè il tema dellâuso dellâimmagine come documento e delle sue possibilitĂ di manipolazione. In opposizione al monopolio mediatico delle immagini, gli autori propongono una riscrittura visiva di questioni controverse come il postcomunismo, postcolonialismo, il conflitto mediorientale e i processi migratori su scala globale. La pubblicazione raccoglie un ciclo di conferenze tenute in NABA tra il 2009 e il 2013 da filmmakers quali John Akomfrah, Eric Baudelaire, Ursula Biemann, Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, Khaled Jarrar, Lamia Joreige, Gintaras Makarevicius, Angela Melitopoulos, Deimantas Narkevicius, Lisl Ponger, Florian Schneider, Eyal Sivan, Hito Steyerl, Jean-Marie Teno, Trinh T. Minh-ha, Wendelien van Oldenborgh, Clemens von Wedemeyer, Mohanad Yaqub. APR/MAG 2014 | 248 segno - 65
Bolognafiere
Joan Jonas, Galleria Alessandra Bonomo, Roma
Arte Fiera
Bologna, 24-27 gennaio 2014 Dodici nuove opere acquistate con il fondo acquisizioni di Bolognafiere nche per questa edizione di Arte Fiera 2014, BolognaFiere ha investito 100.000 euro per lâacquisto di 12 opere dalle gallerie espositrici per il proprio patrimonio. La scelta delle acquisizioni è stata affidata ai direttori artistici Claudio Spadoni e Giorgio Verzotti. Gli artisti e le opere selezionati sono i seguenti: Francesco Candeloro, âMemorie e Luci 2014, taglio laser su plexiglas (cm 162x120), Galleria: A Arte Invernizzi; Igor Grubic, âMissing Architectureâ 2012, inkjet su carta dâarchivio serie di 5 foto (cm 50x75), Galleria: Laveronica arte contemporanea; Jaan Toomik, âUntitled Actionâ 2013, video 1:52 min., Galleria Teminkova & Kasela; Giovanni Ozzola, âRoutes Colomboâ 2013, Galleria Continua; Elisabetta Di Maggio, âButterfly flight trajectory #05â 2011, Entomological pins and acetate paper on plastazote (cm 100x200), Galleria Laura Bulian; Irma Blank, âTrascrizioni, Hommage Ă F. Schillerâ 1975, indian ink su carta pergamena piegata in 36 part (cm.91x57), Galleria P420; Corinna Gosmaro, âSenza Titoloâ 2014, olio su filtro (cm 150x200), Galleria Thomas Brambilla; Szucs Attila, Galleria: ERIKA DEAK; Mario Giacomelli, âPoesie in cerca dâautoreâ anni â90, gelatin silver print (cm 30x40), Galleria Artistocratic; Mario Dondero, âPierpaolo Pasolini e sua madre Susanna fotografati nella loro casa allâEURâ 1962, Galleria Valeria Bella Stampe; Robert Capa, âII Guerre Mondiale, Campagne dâItalieâ 1944, Stampa alla gelatina sali dâargento (cm 18.8x24.3), Galleria Photographica Fine Art Gallery; Laure Catugier, âSilence 34â 2013, digital print on plexi-mat/ aludibond (cm 50x70), Galleria Paolo Erbetta.
A
Ttozoi, Muffe su tela ZAK Project Space, Monteriggioni (Si) Pascale Marthin Tayou, Galleria Continua San Gimignano, Pechino, Le Moulin
Aldo Mondino, Galleria Giuseppe Pero, Milano
Carla Bedini, Caâ di Fraâ, Milano Giulia Manfredi, Le Mandragole Galleria Bianconi, Milano
Laura Bisotti, ZAK Project Space, Monteriggioni (Si) Joseph Kosuth, Vistamare, Pescara Emilio Isgrò, Boxart, Verona
Galleria Alessandro Bagnai, Firenze A Arte Invernizzi, Milano
Tom Wesselmann, Glider, 2002 Flora Bigari Arte Contemporanea, Pietrasanta (Lu) Poleschi Arte, Lucca
66 - segno 248 | APR/MAG 2014
attivitĂ espositive FIERE DâARTE
ARTEfierA
Acquisizioni Bolognafiere
Igor Grubic, Missing Architecture, 2012 (dettaglio), serie di 5 foto, inkjet on archival paper, cm 50x75 - Courtesy lâartista e Laveronica arte contemporanea Laure Catugier, 2013, Silence 34, digital print on plexi-mat-aludibond 50 x 70 cm. Ed. 1/1 Courtesy Paolo Erbetta Gallery, Berlin
Irma Blank, Trascrizioni, Hommage Ă F.Schiller, 1975, indian ink on parchment like paper folded in 36 pages / indian ink su carta pergamena piegata in 36 parti, cm.91x57
PIERS 92-94
The Armory Show
New York, 6-10 marzo 2014
i è conclusa a New York la sedicesima edizione di The Armory Show, fiera leS ader per lâarte moderna e contemporanea
nello scenario internazionale. Nellâarco di cinque giorni la fiera, sotto la direzione di Noah Horowitz, ha accolto piĂš di 65.000 visitatori e oltre 200 gallerie accuratamente selezionate provenienti da 29 paesi. Gli espositori hanno registrato forti vendite e la partecipazione di collezionisti ed istituzioni provenienti da Stati Uniti, Europa, Cina. Tra le gallerie internazionali che hanno riconfermato la propria partecipazione e le nuove partecipanti David Zwirner, Lisson Gallery, Victoria Miro, Lehmann Maupin e Sikkema Jenkins & Co presso il Pier 94 â Arte contemporanea e presso il Pier 92 â Arte moderna, Marlborough Gallery, Moeller Fine art, Galleria dâarte Maggiore G.A.M., Arne Ehmann, direttore della Galleria Thaddeus Ropac, ha dichiarato vendite eccellenti tra le quali lâopera Distant Cousin, 2008, di Tony Cragg per un milione di dollari, oltre a lavori di Baselitz e Tom Sachs grazie alla grande presenza di collezionisti americani. La Alison Jacques Gallery di Londra ha dedicato i propri spazi alla personale dellâartista brasiliana Fernanda Gomes, mentre James Cohan, della James Cohan Gallery, New York, dichiara soddisfazione per la presenza di collezionisti americani, europei e cinesi che gli hanno permesso di registrare la vendita di 10 opere di Michelle Grabner, curatrice della Whitney Biennial di questâanno. Alexia Dehaene della MadeIn Gallery di Shanghai, ha sottolineato la propria soddisfazione per la partecipazione della propria galleria nella sezione China Focus âAbbiamo venduto tutti i lavori di Xu Zhen, artista selezionato a rappresentare The Armory Show di questâanno, e di Lu Pingyuan nellâarco del primo giorno di preview.â Per lâedizione 2014, The Armory Show ha dedicato la sezione Armory Focus al dinamico paesaggio dellâarte contemporanea in Cina: curata da Philip Tinari, Direttore dellâUllens Center for Contemporary Art, Pechino, ha presentato una interessante selezione di 17 gallerie affermate ed emergenti dal continente ed Hong Kong, molte delle quali non avevano
mai esposto fuori dalla Cina. Inoltre The China Symposium, supportato da Adrian Cheng e la K11 Art Foundation, ha riunito partecipanti da tutto il mondo tra i quali artisti affermati, giornalisti, curatori, collezionisti ed accademici, asiatici ed internazionali, fornendo nellâarco del programma di due giorni unâampia panoramica della scena artistica contemporanea in Cina. La fiera ha anche lanciato lâedizione inaugurale dellâArmory Presents, dedicato alle presentazioni di lavori di singoli artisti o di coppie di artisti esposte da gallerie con meno di dieci anni di attivitĂ . In contemporanea The Armory Show-Modern ha presentato il suo primo progetto curatoriale: Venus Drawn Out: 20th Century Works by Great Women Artists, una selezione di disegni su carta di artiste del XX secolo a cura di Susan Harris, che ha sottolineato il crescente interesse da parte di vecchi e nuovi collezionisti e musei verso le opere americane, tedesche ed italiane degli anni Sessanta, Settanta e persino Ottanta Per la prima volta, lâedizione di questâanno ha coinciso con lâapertura della Whitney Biennial, che ha costituito un ulteriore momento chiave nel calendario annuale per lâarte contemporanea a New York. Ancora una volta la fiera ha accolto oltre 100 direttori di musei internazionali ed americani tra cui il Museo di arte moderna (MoMA), The Metropolitan Museum of Art, il Solomon R. Guggenheim Museum, il Whitney Museum of American Art, il New Museum, il Centre Pompidou, lâAsia Art Archiv e la Tate.
Francesco Candeloro, Memorie e Luci (Bologna), 2013, Taglio laser su plexiglas, 162x120 cm Courtesy A arte Invernizzi, Milano - Photocredit Bruno Bani, Milano
Yutaka Sone, Little Manhattan (particolare), 2007-2009 David Zwirner, New York/Londra
Karin Sander, 1:5, 2011, Galerie Nächt St.Stefan Rosemarie Schwarzwälder Flying Arts Center Currency Sverre Bjertnes, Galleri Brandstruo, Oslo
Nick Cave, Soundsuit, 2014 Jack Shainman Gallery, New York
APR/MAG 2014 | 248 segno - 67
Olympia Grand Hall
ART14 LONDON
28 febbraio 2 marzo 2014
a seconda edizione di Art L London ha visto la
partecipazione di 182 gallerie da 42 paesi. I curatori Tim Etchells e Sean Angus sono coloro che hanno promosso il successo di Art HK Kehinde Wiley Passin/Posing, 2004 (Hong Kong) rendenJerome Zodo Milano do la fiera britannica la principale vetrina dellâarte contemporanea del medio ed estremo oriente in Europa. Tra le oltre 40 presenze asiatiche segnaliamo la Galerie du Monde (Hong Kong, con lavori ad inchiostro dei cinesi Li Gang, Li Hao, Qin Ching e Quin Feng); la Lin & Lin Gallery (Taiwan, che ha presentato Liu Wei); la Pearl Lam (Hong Kong,
con lâinstallazione âCannonball Heaven 2011â di Yonka Shinibare Mbe); dallâIndia la Gallery Sumukha e la Delhi Art; dallâIndonesia la CIArt e dal medio oriente Janine Rubeiz (Libano), Athr Gallery (Arabia Saudita) e Jamm (Dubai). Interessanti le presenze dellâafricana Arthouse The Space (Nigeria) e dellâaustraliana Sullivan + Strumpf. Scarsa le gallerie americane, vista la quasi concomitanza dellâArmory Show: Taymour Grahne Gallery (con Mohammed Kazem rappresentante gli Emirati Arabi allâultima Biennale di Venezia). Ben nutrita invece la pattuglia locale con le circa 80 tra gallerie ed istitutzioni del Regno Unito, su tutte Paragon (con lavori di Marc Quinn) e Sims Reed (David Hockney). La vecchia Europa continentale si è presentata con la solita Germania a farla da padrona, Alexander Ochs ha esposto la monumentale âWaterfallâ di Zhao Zhao, poi Francia (Galerie RX), Turchia (The Empire Projects con il solo show di Mehmet Guleryuz), Russia
(Triumph Gallery con il duo ârecycleâ), Svizzera (Ivo Kamm con opere di Gordon Cheung). Per lâItalia hanno partecipato Jerome Zodo (lavori di Basquiat), Louise Alexander, Primo Marella, Paci, Mimmo Scognamiglio, Ermanno Tedeschi, e mc2 Gallery. Nella sezione gallerie emergenti riservata ai giovani galleristi segnaliamo The Gallery Apart (Italia), El Museo (Colombia), Edel Assanti (Londra); per la sezione London First spiccano la 401 Contemporary (Berlino), Black Ship (New York) e Chaveri (India); nella sezione non-profit Kon (Birmingham) e Delfina Foundation (Londra). Direttore Stephanie Dieckvoss, website www.artfairslondon.com
Khaili Chishtee (Pakistan), Brain drain, 2009 2014 Art 14 London Projects
Thierry Fontaine Galerie, Les filles du calvaire, Paris
Primo Marella Gallery Milano Yinka Shonibare, Cannonball heaven, 2011 Pearl Lam Galleries Shanghai Galerie Mark Hachem Sokari Douglas, Camp all that glitters, 2013 Arthouse Gallery Lagos Nigeria
Triumph Gallery, London Serkan Ăzkaya, Louise Alexander Gallery, Porto Cervo
68 - segno 248 | APR/MAG 2014
Santiago Villanueva, Untitled #40 Diana Lowenstein Gallery Miami Usa
attivitĂ espositive FIERE DâARTE
FERIA DE MADRID
ARCO
19-23 febbraio 2014 entre il mercato internazionale dellâarte contemporanea continua M la sua ascesa inarrestabile (cosĂ come
corroborano i risultati delle ultime aste), il mercato spagnolo resta agonizzante. Lâultimo report di Artprice informa che le vendite in Spagna hanno subito un calo di oltre il 60%. Prima che si celebrasse la 33ÂŞ edizione di Arco, il Governo ha deciso di anticipare una riduzione dellâIVA culturale al 10% per insufflare alla fiera aria nuova ed evitarne lâasfissia . Ma il pasticcio che ne è derivato ha fatto sĂŹ che si tacciasse questâedizione di Arco come quella dellâembrollo fiscalâ, generando la profusione di fiumi dâinchiostro sulla stampa nazionale nei giorni della fiera. Durante lâinaugurazione ufficiale non si parlava dâaltro, tra lo scontento e lo sconcerto dei galleristi,che hanno risposto con varie forme di protesta e con reazioni distinte nella pratica dei fatti, cioeâ allâatto della vendita, su consiglio dei propri assessori fiscali. Di fatto,la nuova misura riduce al 10% solo lâIVA degli artisti; quello delle gallerie si mantiene al 21%. Come competere con le altre gallerie europee, dove, tanto per citare la Francia e la Germania, si tributa rispettivamente, circa un 6% e un 7 %(a ragion del vero, in Germania,per la pressione del Consiglio Europeo eâ recente la nuova misura che applica il 19% alle gallerie, lasciando in vigore il favorevolissimo 7% se si compra direttamente agli artisti)? I galleristi della Finlandia, paese invitato questâanno ad Arco, dichiaravano che loro pagano un 7% se lâopera dâarte eâ nazionale e un 17% se eâ straniera, mentre secondo un mercante belga, da loro si tributa da un bel poâ il 21%. Carlos Urroz, direttore della fiera al suo quarto mandato, recideva la questione, con la decisione di applicare il 15,5%circa, risultato della somma e della successiva divisione per due del 21%(tasso generale) che incide sulla relazione tra il mercante e il collezionista e che grava la commissione di intermediazione del primo e il 10% che vige tra artista e compratore, sia che si tratti di gallerista o no. Secondo la veterana Juana de Aizpuru non ci sono in ballo solo gli affari, ma il (mancato) riconoscimento del lavoro di promozione culturale delle gallerie, sostenendo che lâarte non eâ un bene di lusso, e che i collezionisti esercitano unâopera di mantenimento del patrimonio culturale. Applicare un 4% come per i libri contribuirebbe a migliorare le aspettative, o quanto meno a chiarire lâimbroglio fiscale. Per il resto lâapertura della fiera è stata dominata da unâaria di ottimismo generale con la speranza di tradurla in risultati redditizi. Vero eâ che in fiera vale il refran che recita âciascuno la racconta come gli eâ andataâ, ma la veterana Helga de Alvear , gallerista e collezionista tedesca naturalizzata in Spagna, prima dellâapertura della fiera aveva giĂ venduto molte opere e ne aveva acquistate cinque per la sua collezione personale. Eppure, come forma di protesta contro la farsa della riduzione fiscale, questâanno non ha applicato alle pareti i cartellini dei prezzi e stava per sostituirli con altri che dicessero: âSe desidera comprare arte si diriga allo studio dellâartista: risparmierĂ â. Ma poi ha rinunciato a farlo, con lâamarezza di lottare invano per lâarte e la cultura. Nella speranza di unâarmonizzazione dellâIVA culturale a livello europeo con una ragionevole pressione fiscale, Urroz ha reiterato la sua visione della fiera come occa-
sione di contatti. Di qui il completissimo programma di attivitĂ per âcoccolareâ il notevole numero di collezionisti invitati e il ârecinto ferialeâ si eâ riempito subito di uno sciame di professionisti e di curiosi. Lâarte spagnola è sempre ben rappresentata, sia per quanto riguarda le figure consacrate che per le emergenti. Lo sforzo delle gallerie eâ stato encomiabile e spronate dalle ormai consolidate, come Leandro Navarro, Elvira GonzĂĄlez, Elba BenĂtez, Helga de Alvear, Heirich Ehrardt, Oliva Arauna, Espacio Minimo, FernĂĄndez-Braso, FĂşcares, Marborough, Ălvaro AlcĂĄzar, a quelle di piĂš recente conio come, in particolare, Ivorypress o TravesĂa Cuatro, tanto per citarne alcune. Pur conservando alcune presenze internazionali di indubbio peso come Chantal Crousel e Krinzinger, (per lâItalia, Cardi di Milano e presenza storica dello Studio Trisorio di Napoli), la partecipazione straniera è stata decisamente carente, a prescindere dallâofferta molto varia e curiosa delle gallerie finlandesi invitate. A conti fatti, si è percepito un clima di speranza da tradurrre in ricerca di un nuovo orizzonte per un Arco, meno istituzionale e piĂš competitivo sul fronte internazionale, per farne una piattaforma singolare e autosufficiente, soprattutto perchè lo spirito dei tempi indica che le fiere acquistano sempre maggior protagonismo e competitivitĂ . Lâidea di Carlos Urroz rimane quella di âresettareâ Arco come fiera agile e âalla manoâ, funzionale alla scoperta di nuovi talenti e non per perseguire le grandi milionate per opera. Una nuova intelligente forma di adattarsi ai tempi e a un nuovo circuito globale, saturato di appuntamenti, come si suol dire, ineludibili. Dalia Della Morgia
JosĂŠ Maria Sicilia, The Instant 2013 coloured indian ink on Japanese paper mounted on aluminium. Galerie Chantal Crousel, Paris Bene Bergado, Lucemario (serie Habitats) 2014 Oleo sobre bronce, acero inoxidable, poliuretano, cristal y luz 50x50x50 cm. Espacio Minimo, Madrid
Art Fair Basel June 17â22, 2014 APR/MAG 2014 | 248 segno - 69
Memoria | Progetto di Memoria
Seminario a cura di Francesco Moschini per la didattica dellâAccademia Nazionale di San Luca di Ilaria Giannetti Francesco Moschini e Paolo Rosa, fotografia di Pietro Carlino AllâAccademia Nazionale di San Luca si è recentemente conclusa la prima sezione del seminario âMemoria - Progetto di Memoria. Musei, cittĂ , paesaggio Segno antico - segno contemporaneoâ. Il ciclo di lezioni, a cura di Francesco Moschini, si inserisce nellâambito di un piĂš ampio impegno didattico avviato, nel 2011, dallâAccademia Nazionale di San Luca con lâintento di dare inizio a una originale rifondazione dellâantica tradizione degli insegnamenti Accademici, cessata in seguito allâunitĂ nazionale con il trasferimento dei ruoli alle Accademie di Belle Arti. La nuova didattica, inaugurata con quattro corsi (âPrimo Segnareâ a cura di G. Strazza, âSegnare Disegnare Interpretareâ a cura di M. Dalai Emiliani, âSegnare il Paesaggioâ a cura di P. Portoghesi, âMemoria-Progetto di memoriaâ a cura di F. Moschini), segna il principio di una riflessione di ricerca e di studio sul tema del âsegnareâ â il segnare specifico dellâarte e dellâarchitettura, delle altre espressioni artistiche e della scienza â interrogandosi sul farsi e sul significare dei segni in un universo dellâespressione e della comunicazione di sempre piĂš complessa e ambigua decifrazione. Il seminario âMemoria â Progetto di Memoriaâ intende mettere in luce le relazioni tra le memorie e le forme di comunicazione e di conservazione nella contemporaneitĂ : allâinsegna di uno shakespeariano âTime is out of joint [Il tempo è scardinato]â (Amleto, Atto 1, scena 5, verso 188), la sequenza delle lezioni restituisce una mappa concettuale ed epistemologica dellâuniverso dei segni in un tempo infranto alle soglie della modernitĂ , sul confine instabile di un mondo fisico in espansione, e moltiplicato, nella contemporaneitĂ , in una rete infinita di relazioni soggettive. Gli interventi previsti dal seminario, volti a evidenziare temi e problemi relativi al progetto e alla costruzione artistica dei luoghi in cui la memoria della contemporaneitĂ si custodisce, avviano lâindagine nel confronto tra arti visive, filosofia, scienza e geografia.
Studio Azzurro, Il giardino delle cose, video ambiente, XVIII Triennale di Milano, 1992, Accademia Nazionale di San Luca
70 - segno 248 | APR/MAG 2014
Enrico Menduni, fotografia di Pietro Carlino
Manlio Brusatin, fotografia di Pietro Carlino
Studio Azzurro, Il Mnemonista, still da video, regia di P .Rosa, tratto dal testo di A.Lurija, 2000, Accademia Nazionale di San Luca
osservatorio critico MEMORIE DâARTE
Alexander Rodcenko, fotografia di una scalinata in salita, documenti visivi dalla presentazione di Enrico Menduni
6b) Robert Hooke, disegno da immagine micrografica delle cellule del sughero, documenti visivi dalla presentazione di Lucio Russo
Piero della Francesca, tavole dal âDe Prospectiva Pingendiâ, documenti visivi dalla presentazione di Lucio Russo La composizione delle lezioni del corso (F. Moschini, Custodire le memorie; P. Rosa, Studio Azzurro, Memoria e musei di narrazione; M. Brusatin, La cittaâ dei colori; E. Menduni, Fotografia e cittĂ ; L.Russo, Scienza e disegno; F.Farinelli, La tavola, il mondo, la sfera) argomenta una riflessione transdisciplinare sulla contemporaneitĂ nella quale, se sono le cose a emergere e galleggiare nello spazio, la memoria è lâatto di raccoglierne, riconoscerne, rammentarne e custodirne i segni. Se la dimensione privilegiata della ricostruzione della memoria è la narrazione, la forma scelta dai relatori delle lezioni è il racconto verbale o per immagini della fenomenologia della propria esperienza disciplinare e artistica. Prima declinazione del racconto lâesperienza di Paolo Rosa con Studio Azzurro sulla costruzione artistica di una WunderKammer della memoria esperienziale della contemporaneitĂ apre le lezioni del seminario, anticipata dalla ouverture âCustodire le memorieâ di Francesco Moschini. Interrogandosi sulle forme della memoria e dellâesperienza sensibile nella contemporaneitĂ , Studio Azzurro introduce un filone dâindagine ricavato dalla contaminazione tra lo studio della percezione e la creazione di nuovi linguaggi artistici disvelati e prodotti dalle nuove tecnologie. Se, attualmente, lâesperienza tecnologica è incipit di uno sconfinato ampiamento della memoria, in una continua sovrapposizione dellâesperienza con i dati che arrivano dalla diffusione capillare dei media, il sistema sensibile dellâuomo registra senza sosta lâinfrangersi di unâonda di memorie virtuali, provenienti dalla rete e dalle estensioni tecnologiche, sui confini del proprio corpo fisico. Quale âpatrimonio esperienzialeâ, quali autentiche memorie sono, allora, il nutrimento dellâesperienza artistica ancora oggi in grado di âdisincagliarne il sensibileâ? Studio Azzurro si interroga, negli anni, sulla possibilitĂ di considerare e costruire, attraverso la contaminazione tra la memorie sensibili e la virtualitĂ dellâesperienza, nuovi scenari emozionali, rintracciati oltre quelli giĂ in gioco. Mentre un impressionante flusso dâimmagini portate dai media entra a far parte della memoria di ognuno di noi, come si modifica il nostro bagaglio esperienziale nel rapporto con la fisicitĂ degli oggetti? Nel 1992, mentre un uomo in media aveva accesso, ogni giorno, a oltre 300.000 immagini riproducenti la realtĂ , Studio Azzurro presenta allâEsposizione Internazionale della XVIII Triennale di Milano âIl giardino delle coseâ, un video ambiente sensibile, volto a instaurare, virtualmente, una nuova corporeitĂ del rapporto dellâuomo con lâimmagine della realtĂ . Nel blu delle immagini a infrarossi, il video-ambiente permette allo spettatore di vedere attraverso la simulazione del tatto. Toccare per vedere: il calore imposto dalle mani dellâuomo a contatto con gli oggetti,
li illumina, attraverso una telecamera termica, rendendone visibile la forma. Il tempo rende instabile lâimmagine dellâoggetto, costruito dal sovrapporsi delle memorie tattili, in un passaggio continuo di nuove intensitĂ . Se la contaminazione delle esperienze sensibili, attraverso i segni delle memorie esperienziali, permette, nei lavori di Studio Azzurro, di ricostruire lâimmagine delle cose dagli oggetti della quotidiana, essa rivoluziona, allo stesso tempo, i modelli e le immagini del mondo. âLa tavola, il mondo, la sferaâ sono le proiezioni del mondo, presentate âin crisi di ragioneâ da Franco Farinelli, nella lezione conclusiva del seminario, difronte al capovolgersi della costruzione moderna dellâimmagine del mondo portata dalla globalizzazione. Se lo spazio e il tempo della modernitĂ sono il prodotto della sottrazione di una dimensione al mondo, descritto dalla scrittura geografica sul piano, sulla sfera terrestre della cultura globale si dissolvono i limiti dello spazio e del tempo. Il tempo e lo spazio, controllato dalla bidimensionalitĂ della scrittura cartografica, si infrange in favore dellâemersione della frammentazione e della disgregazione del binomio conoscitivo di scienza e segno. In una consonanza di intenti, le riflessioni di Farinelli sono anticipate dalla narrazione di Lucio Russo, sullâevoluzione del rapporto tra disegno e teoria scientifica. La riflessione sia avvia sullâillustrazione dei teoremi e dei problemi Euclidei, sul ruolo, opposto a quello della scienza e della matematica moderna, del disegno nella conoscenza e nella dimostrazione del problema analitico. La geometria è la base essenziale della riflessione scientifica: permette di tradurre lâosservazione della realtĂ , attraverso la rappresentazione, in un modello astratto che comprende anche lâinvisibile, come elemento fondamentale della teoria scientifica. Lâastrazione della forma permette di costruire un modello della realtĂ , in un rapporto di contaminazione costitutiva tra disegno e scienza, in cui la dimostrazione geometrica serve per la progettazione della teoria scientifica. Alle soglie della contemporaneitĂ , la dissoluzione del ruolo della geometria â compresa la geometria matematica â come base teorica delle dimostrazioni scientifiche, determina lâoblio della memoria costruttiva dellâimmagine, la sostituzione del suo valore analitico e conoscitivo con lâaffermazione esclusiva dellâicona. Mentre le immagini micrografiche seicentesce di Robert Hooke, ci riportano allâorigine scientifica di una seconda scienza della rappresentazione â la fotografia â che affermandosi alla metĂ del XIX secolo, rivoluzionerĂ la percezione della realtĂ , la disciplina scientifica va smarrendo sempre piĂš profondamente la propria cultura visuale. La fotografia è quindi protagonista, nel racconto di Enrico Menduni, della âraccolta dei segniâ per la costruzione dellâimmagine della cittĂ contemporanea: dai Daguerrotipi dei boulevard parigini del 1839 alla composizione della âsinfonia della grande cittĂ â , la fotografia si dimostra la tecnica piĂš misurata al concetto di contemporaneitĂ riguardo al tema della soggettivitĂ della narrazione, dei frammenti di visione su cui fondare il proprio progetto di memoria. APR/MAG 2014 | 248 segno - 71
Watershed Intramoenia Etra Art
atershed è âla metafora fluidaâ, è âil W tempo lentoâ, è il crossover il diktat attuale dellâarte. (âŚ) una sorta di espres-
sioni, di messaggi leggeri e forti insiemeÂť, secondo quanto scrive Giusy Caroppo, curatore generale del progetto, che ha coinvolto un carnet di artisti di chiara fama (Jan Fabre, NIO architecten, Birgert&BergstrĂśm, Guillermina De Gennaro, Luigi Presicce, Sarah CiracĂŹ, Compagnia delle Formiche/Teatro dei Borgia) in una serie di interventi ospitati da alcuni Paesi europei (Italia, Paesi Bassi, Belgio, Svezia) tra il 2012 e il 2013. Tema centrale è lâacqua, intesa quale fonte di vita, ma soprattutto di scambio e dâinterconnessione tra i molteplici linguaggi dellâestetica: teatrodanza, architettura, arti visive, video art, integrati da dibattiti reali e virtuali, residenze dâartista. A documentare lâintero progetto è un interessante cofanetto-oggetto che ha giĂ destato molta attenzione critica, articolato in una sezione di raccolta di immagini rappresentative dei lavori istallati e dei momenti performativi, sette cataloghi relativi ai singoli interventi ed in unâopera-video originale allegata. Dalla presentazione dellâevento e delle sue sedi espositive, si passa ad una conversazione con Maurice Nio sullâarchitettura, legata allâurbanistica, al sociale, allâintervento nel contesto ambientale e paesaggistico, sino al dialogo tra Pietro Marino e Guillermina De Gennaro, la cui istallazione âVolver sin volverâ riflette sullâeffimero, sulla fugacitĂ del viaggio, sulla fragilitĂ della memoria nel processo cognitivo di acquisizioni identitarie. Se Anna Maria Giannone conversa con Giampiero Borgia - Compagnia delle Formiche -, Birgert&BergstrĂśm raccontano di come parlare di acqua implichi lâidea del continuo mutamento, carattere che deve esser rispettato dallâopera dâarte che vuole relazionarsi a tale elemento; mentre Francesca De Filippi si interfaccia con Luigi Presicce e Lorenzo Madaro con Sarah CiracĂŹ. Lâuno rivisita la storia sacra per realizzare una performance che concilia mito, religione, folklore, iconografia classica, rilette alla luce della sua visione contemporanea, sempre rapportata ad un luogo ed un tempo ben definiti, sebbene lâintervento porti con sĂŠ unâaura di atemporalitĂ . Lâaltra si sofferma sullâidea di mediterraneitĂ in âWatershed / dove câè vita, câè acquaâ, opera-video che lascia spazio agli interventi di libera recitazione di Maurice Nio, Filippo Timi, Nichi Vendola, tutti dedicati alla potenza creatrice dellâacqua. Quella stessa potenza e libertĂ creativa che Jan Fabre esalta con âArt is a Medusaâ, che mira ad ispirare immaginazione e fantasia, a ÂŤcurare le ferite della menteÂť e che permettere allâarte di esprimere il suo potenziale salvifico. (Simona Caramia) Salvatore Manzi EXZAK phoebusedizioni.com
uesto libroÂť, scrive Stefano TaccoÂŤQ ne, ÂŤattende di vedere la luce almeno da cinque anni â o forse quasi seiâŚ, dato 72 - segno 248 | APR/MAG 2014
che la prima volta ricordo se ne parlò con Salvatore mentre lo aiutavo ad erigere le pareti in mattoni rossi di Nascondiglio e dovevano essere i primi di ottobre del 2007âŚÂť. Attraverso due testi, scritti a distanza di qualche anno, il critico ripercorre cosĂŹ gran parte del primo ventennio di attivitĂ dellâartista. Si parte dalle primissime opere, giĂ testimonianza di una chiara pulsione a negare la presenza dellâautore, seguite dallâassunzione del nome âZakâ e piĂš tardi dalla rinuncia a produrre autonomamente, limitandosi a firmare opere di altri, in particolare dellâamico Angelo Rossi, ed a diffondere comunicati stampa di mostre non realmente esistenti, onde arrecare disturbo ai poteri forti del sistema dellâarte. Poi lâapprofondimento del mezzo video ed il contestuale allargamento dellâambito di analisi e denuncia sociali; quindi la conversione al cristianesimo evangelico, con il ritorno al nome anagrafico, ed i conseguenti tentativi di coniugare âspiritualeâ e âsocialeâ ed infine lâapprodo ad una peculiare pittura ove lâanalisi segnica diviene lo strumento attraverso il quale esplorare il rapporto tra finito ed infinito, tempo ed eternitĂ , immanente e trascendente. Il volume è ulteriormente arricchito dai testi critici della curatrice Raffaella Barbato e dellâartista Franco Cipriano sul lavoro piĂš recente; dalle testimonianze degli artisticompagni di strada Michelangelo Consani, Angelo Rossi, Ur5o e del suo ex gallerista Umberto Di Marino; dalla conversazione con la curatrice Sara Errico e da una raccolta di alcuni interessanti documenti inediti.
sottese allâopera dâarte si valutano le possibilitĂ interpretative e di cambiamento, per raggiungere una relazione con il tempo attuale tramite un mutamento e una rottura. Il complesso sistema, alla base di tale processo, è fondamentalmente interdisciplnare e allo stesso tempo privo di disciplina. CosĂŹ Teresa Iaria, da artista e insegnante, individua un metodo di lavoro possibile anche per rivedere le regole, reinterpretarle nellâesperienza creativa dellâarte. Alla base di tutto câè la libertĂ dellâartista di intendere, sentire ed arricchire il metodo e il sistema. Il testo considera, attraverso lâesempio di alcuni artisti contemporanei, connessioni, contesto, relazioni con la storia e il mondo; valuta la tecnica, strettamente legata allâidea, come strategia dâazione e riporta la complessitĂ dellâarte contemporanea a partire dalla intelligibilitĂ dellâopera. (Ilaria Piccioni) InĂŠs Fontenla Oltre le mappe Postmedia books
Teresa Iaria Regole e fughe Analogie, metafore e modelli nei processi creativi Postmedia books ltre le mappe è il libro che racconta gli O ultimi quindici anni di lavoro di InÊs Fontenla. La pubblicazione, edita da Postmedia
rtista e docente di Tecniche e TecnoloA gie della Pittura allâAccademia di Belle Arti Brera a Milano, Teresa Iaria appronta un testo guida allâarte contemporanea, per verificare strumenti e metodologie del processo creativo. Dallâanalisi delle regole
books, è a cura di Angela Madesani che nel testo introduttivo dialoga con lâartista argentina, naturalizzata italiana, in un percorso di ricostruzione e racconto. Il libro ha una impostazione tematica e non cronologica e definisce le linee contenutistiche principali della ricerca di Ines Fontenla. I temi dellâutopia e dei territori immaginari sono evidenti nei lavori che riportano il soggetto di Atlantide e che si legano allâinteresse per lâarchitettura e la âcadutaâ, nella fragilitĂ della sostanza sabbiosa, fino alla tangibilitĂ storica della caduta del muro di Berlino. Il tema delle migrazioni richiama una componente autobiografica, considerato il nomadismo di Ines tra il suo paese dâorigine, lâArgentina e lâItalia, il luogo dâadozione. E oltre il racconto câè il ricco apparato iconografico che riporta la validitĂ conoscitiva della ricerca, incentrata sullâanalisi multidisciplinare, il concetto di passato e di futuro, ovvero mito e utopia, la riflessione sulla natura, sullâambiente. Il mezzo di analisi, dal valore inesauribile, è lâimmagine. (Ilaria Piccioni)
ADDII Oltre che un raffinato collezionista ed un bravo gallerista Pino Casagrande era lâamico che tutti amavamo per la gentilezza dei suoi modi, la cordialitĂ con cui accoglieva e la passione con cui si dedicava al suo lavoro. Se nâè andato nel dicembre dellâanno appena trascorso, celando a tutti il male che lo stava portando via. Anche lâinizio del 2014 è stato nefasto per il mondo dellâArte: il 23 febbraio ci ha lasciato Carla Accardi, la piĂš grande artista italiana. La ricordiamo, ringraziandola per la finezza e lâintensitĂ della sua espressione artistica, con le parole di Denys Zacharopoulos scritte sulla nostra rivista in occasione della sua ultima mostra al Macedonian Museum of Contemporary Art di Salonicco: âSapiente e razionale, il suo lavoro è gioioso, luminoso e brillante, pieno di temperamento, luce e speranza. Ă il piĂš gradito tra tutti i messaggi che possiamo ricevere, da una persona che ha giĂ percorso la via che ci farĂ uscire dalle tenebre, dalla guerra, dalla miseria dal fascismo, dalla crisi individuale e sociale del secolo scorso.â Il 26 febbraio sul registro delle assenze era segnato il nome di Jan Hoet, curatore di origine belga, direttore e fondatore del museo di arte contemporanea SMAK di Gand. Era un personaggio carismatico, molto amato e stimato, curatore di una della piĂš belle edizioni di Documenta Kassel nel 1992. Aveva molti amici in Italia, tra i quali abbiamo avuto il piacere di essere annoverati con collaborazioni e segni di stima e di affetto per la nostra rivista. Jan era noto per la sua schiettezza ed il suo stile ha fatto di lui unâicona culturale del mondo dellâarte contemporanea. âLâarte mi ha dato una comprensione di ciò che la politica dovrebbe essereâ disse dopo aver tentato senza successo la carriera politica nel parlamento europeo!â
HIDETOSHI NAGASAWA Caos vacilla 09. 05. 2014 - 28. 09. 2014
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Albero di farfalle, 2008
a cura di Bruno CorĂ
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31 marzo - 9 aprile 2014 corso a cura di Guido strazza lunedĂŹ 31 marzo
Prolusione > Guido Strazza Visione e percezione dei colori > Lamberto maffei martedĂŹ 1 aprile
Disegno / Colore > CriStina aCidini mercoledĂŹ 2 aprile
Segno / Colore / Paesaggio: tra pittura e fotografia mariSa daLai emiLiani | roberta VaLtorta giovedĂŹ 3 aprile
Architettura / Colore > PaoLo PortoGheSi Immagine del colore > manLio bruSatin lunedĂŹ 7 aprile
Suono / Colore Guido barbieri | CLaudio Strinati martedĂŹ 8 aprile
Forma / Moda / Colore roberto CaPuCCi | roberta orSi Landini | CarLo berteLLi mercoledĂŹ 9 aprile
Linea / Tratteggio / Trama / Colore Guido Strazza | marzia faietti | franCo Purini lezioni a ingresso libero orario 17.30 - 20.00
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