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Formazione a Distanza Estratto da

VISCOCHIRURGIA VISCO CHIRURGIA

Numero di Accreditamento Provider: 77 Data di Accreditamento Provvisorio: 22/04/10 (validità: 24 mesi) La Fabiano Group è accreditata dalla Commissione Nazionale a fornire programmi di formazione continua per medici chirurghi con specializzazione in Oftalmologia e Ortottisti/Assistenti in Oftalmologia e si assume la responsabilità per i contenuti, la qualità e la correttezza etica di queste attività ECM. Iniziativa FAD rivolta a Medici Oculisti e Ortottisti/Assistenti in Oftalmologia. Obiettivo formativo: Innovazione tecnologica: valutazione, miglioramento dei processi di gestione delle tecnologie biomediche e dei dispositivi medici. Technology Assessment Modulo didattico n. 1 del Percorso Formativo “Viscochirurgia: strumenti, tecniche diagnostiche e follow up nel settore oftalmologico” (Rif. 77-922), della durata complessiva di 9 ore. Numero di crediti assegnati al programma FAD una volta superato il test di apprendimento: 9.

Provider: Fabiano Group S.r.l. - Reg. San Giovanni 40 - 14053 Canelli (AT) Tel. 0141 827827 - Fax 0141 033112 - e-mail: fad@fabianogroup.com


Indice dei contenuti Analisi retrospettiva della casistica di pazienti sottoposti a cheratoplastica perforante presso l’Ospedale dei Pellegrini di Napoli

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Ciro Caruso, Luigi Pacente, Mario Ippolito

Diagnostica strumentale per l’impianto delle IOL accomodative

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Luca Gualdi, Massimo Gualdi, Veronica Cappello, Federica Gualdi, Cristina Giordano

Nuova formulazione di triamcinolone acetonide 40 mg/ml senza conservanti. Risultati preliminari sull’efficacia dell’iniezione intravitreale nella terapia dell’edema maculare diabetico refrattario

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Massimo Lorusso, Andrea Palma Modoni, Marco Leozappa, Daniela Intini, Edoardo Stagni, Tommaso Micelli Ferrari

Impianto di IOL senza suture in assenza di supporto capsulare

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Lucio Zeppa, Vincenzo Salerno, Maurizio Pensa, Maria Assunta Majorana, Lucia Zeppa

La monovisione pseudofachica può essere una valida alternativa all’impianto bilaterale di lenti multifocali?

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Alessandro Franchini, Eleonora Vaccari, Andrea Passani, Iacopo Franchini

I coloranti utilizzati nella chirurgia vitreo retinica

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Nicola Pescosolido, Mariasilvia Evangelista, Matteo Federici, Vittoria Magliari Galante, Francesco Bozzoni Pantaleoni

Utilizzo dell’ecografia ad alta frequenza nello studio delle vie lacrimali di deflusso

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Marina Modesti, Danila Palladino, Rossella Appolloni, Alessandro Tiezzi

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Analisi retrospettiva della casistica di pazienti sottoposti a cheratoplastica perforante presso l’Ospedale dei Pellegrini di Napoli

Ciro Caruso1 Luigi Pacente2 Mario Ippolito2

1. Unità Operativa Prelievo e Trapianto Cornee, Ospedale dei Pellegrini di Napoli 2. Unità Operativa Oculistica, Ospedale dei Pellegrini di Napoli

A Bruno Mastursi, nostro indimenticato Maestro di scuola e di vita RIASSUNTO Questo lavoro verte sull’analisi retrospettiva della casistica dei pazienti operati di Cheratoplastica Perforante (PK) presso l’U.O. Prelievo e Trapianto di Cornea dell’Ospedale dei Pellegrini di Napoli, negli ultimi 9 anni, valutando indicazioni, strategie operatorie, risultati clinici e complicanze. Il campione è composto da 446 occhi di 431 pazienti operati tra il 1997 ed il 2002. I casi selezionati sono stati raggruppati per patologia, per tipo di intervento e per anno. Abbiamo eseguito un follow-up periodico così strutturato: a 7 gg: stato della sutura, del lembo, tono oculare, condizioni del segmento anteriore; ad 1, 12 e 24 mesi: astigmatismo postoperatorio – acuità visiva. A seguire controlli annuali dell’astigmatismo e dell’acuità visiva fino al 2008. I risultati confermano l’efficacia della metodica e la tenuta dei risultati a medio-lungo termine, con lieve flessione nei principali parametri nel tempo dovuta alla rimozione delle suture, a scompensi tardivi del lembo e ad altre situazioni cliniche intercorrenti. ABSTRACT We present a statistical analysis on patients (446 eyes of 431 subject) who underwent a penetrating keratoplasty (PK) in the years from 1997 and 2002, in the Corneal Transplant Unit of Pellegrini Hospital, Naples (Italy). We grouped the data according to pathology, time, and surgery strategy. Follow-ups regarding visus, post-op astigmatism and anterior segment status were performed up to nine years from surgery, precisely: 7 days after surgery: anterior segment status, intra-ocular pression; 1, 12, 24 months after surgery: astigmatism and visus; the same analysis was performed yearly until 2008. We confirm the effectiveness of this surgical procedure and the relative stability of clinical results, although we notice a little decrease of visus and astigmatism over time principally due to suture removal, late flap failure and other clinical occurrences.

PAROLE CHIAVE Cheratoplastica perforante Follow-up Astigmatismo Acutezza visiva KEY WORDS Penetrating keratoplasty Follow-up Astigmatism Visual acuity

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Scopo del lavoro

Questo lavoro verte sull’analisi retrospettiva della casistica dei pazienti operati di Cheratoplastica Perforante (PK) presso l’U.O. Prelievo e Trapianto di Cornea dell’Ospedale dei Pellegrini di Napoli, negli ultimi 9 anni, valutando indicazioni, strategie operatorie, risultati clinici e complicanze. >>

Materiali e Metodi

Il campione è composto da 446 occhi di 431 pazienti sottoposti a PK nel periodo compreso tra il 1997 ed il 2002. Abbiamo eseguito tutte le cheratoplastiche in regime di ricovero ordinario con tempi medi di degenza 2-4 giorni. Il motivo per cui l’analisi è limitata ai casi reclutati entro il 2002 è legato al fatto che a partire da tale data il numero di interventi di PK eseguiti viscochirurgia

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si è sostanzialmente ridotto per l’introduzione sempre più estesa delle procedure lamellari, superficiali e profonde, che hanno profondamente modificato l’approccio e le strategie chirurgiche nei confronti di un numero sempre maggiore di patologie corneali, perdendo così una certa omogeneità del campione necessaria per l’analisi dei dati. I casi selezionati sono stati raggruppati per patologia, per tipo di intervento e per anno. Abbiamo eseguito un follow-up periodico così strutturato: a 7 gg: stato della sutura, anatomia del lembo, tono oculare, condizioni della camera anteriore; a 1 mese: astigmatismo postoperatorio – acuità visiva; a 24 mesi: astigmatismo postoperatorio – acuità visiva.


Analisi retrospettiva della casistica di pazienti sottoposti a cheratoplastica perforante presso l’Ospedale dei Pellegrini di Napoli

Figura 1 Patologie che hanno condotto all’esecuzione di una cheratoplastica perforante

A seguire controlli annuali dell’astigmatismo e dell’acuità visiva fino al 2008. Le patologie più frequentemente sottoposte a PK nel periodo in esame sono così rappresentate (Figura 1): cheratocono (43,7% del totale), cheratopatia bollosa (21,1%), scompenso tardivo del lembo (13,2%); i casi fanno riferimento ad un bacino interessante tutta la regione Campania, con svariati casi provenienti anche da ambiti extraregionali.

Per quanto riguarda la scelta della strategia terapeutica, la procedura più frequentemente eseguita è stata la cheratoplastica perforante stand-alone (84% dei casi), seguita da altre procedure come la PK + facoemulsificazione (FACO) + impianto di lente intraoculare (IOL) (6%), PK+FACO+IOL a fissazione iridea (3%), procedure lamellari (5%)1-3 (Figura 2). Delle cheratoplastiche perforanti con impianto4, in 14 casi la IOL è stata fissata all’iride; nei restanti casi

Figura 2 Tipologie delle tecniche chirurgiche eseguite

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la IOL è stata applicata nel solco per la presenza della sola capsula anteriore. In tutte le PKP la maggioranza delle quali eseguite in narcosi, veniva effettuata, dopo la centratura e la diatermia,praticata solo nei cheratoconi (Foto 1a), la trapanazione con trapano di Hanna (Foto 1b) o a suzione monouso tipo HessburgBarron (Foto 1c), che garantiscono centratura e taglio eccellenti con pressioni di suzione ridotte9. Il taglio non era eseguito a tutto spessore; veniva completato successivamente con forbici corneali (Foto 1d) e lama da 45° per aprire la camera anteriore,dopo l’introduzione di acetilcolina e Foto 2

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viscoelastico per allontanare il piano irido-lenticolare da quello corneo endoteliale, per evitare possibili traumatismi11. Si è ritenuto opportuno eseguire una triplice procedura PKP + cataratta + IOL solo quando le opacità apicali e la spiccata ametropia astigmatica irregolare nei casi di cheratoconi oramai evoluti, ne giustificavano l’indicazione. In tal caso, per il calcolo della IOL, venivano ipotizzate curvature post operatorie statisticamente medie 42-45 diottrie. Nella tecnica chirurgica "a cielo aperto" si è preferito applicare anche l’anello di Fleringa (Foto 1e) che facilita le procedure sia di estrazio-

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ne della cataratta che della sutura del lembo. La capsulo ressi è stata eseguita, in alcuni casi, prima della trapanazione, con un ago cistotomo (Foto 2a) fatto passare attraverso un’apertura corneale a tenuta per non alterare la successiva trapanazione; in altri casi a cielo aperto con un trapano da cheratoplastica non a suzione tipo Franceschetti per ottenere una capsulo ressi di diametro voluto; in un caso è stata eseguita con la tecnica diatermica (Foto 2b) ed in altri una capsulo ressi a cielo aperto (Foto 2c). Nella successiva fase di idrodissezione, essendo a cielo aperto, il nucleo non trova resistenza nella sua lussazione verso l’alto (Foto 2d). In alcuni casi di capsulo ressi troppo piccola, modificata in una "can opener" per facilitarne l’espulsione ci ha costretti ad una IOL nel sulcus. La pulizia della corticale veniva eseguita nella maggioranza dei casi con tecnica manuale con aghi cannula tipo Charleux. L’introduzione della IOL necessitava di una tecnica bimanuale associando ad una pressione verso il basso del corpo ottico una contemporanea rotazione della IOL (Foto 3a). In tal caso si preferivano IOL con corpo ottico di diametro maggiore rispetto a quello della ressi14,17,21,22. I diametri nelle trapanazioni sono stati di 8 mm con disparità di diametro donatore ricevente di 0,25 mm nella maggioranza dei casi. Il lembo donatore ottenuto era con punzonatura dal lato endoteliale (Foto 3b)12,16. Non veniva mai eseguita l’iridectomia basale, anche nei casi di in-

terventi combinati con cataratta + IOL o con la IOL a fissazione iridea. Le DALK erano eseguite utilizzando la tecnica di Trimarchi: trapanazione di 8 mm della cornea con trapano a suzione di Hessbur-Barron di 2/3 dello spessore corneale (Foto 3c), successiva incisione a croce con bisturi di diamante e slamellamento della cornea nei 4 quadranti (Foto 3d) così delimitati con forbici di Vannas. Si asportavano Descemet ed endotelio da lembo donatore ottenuto con punzonatura (Foto 4a) su punch del diametro di 8,25 mm e si applicava sutura con doppio sopraggitto in nylon. Nei casi di cheratoplastica perforante in afachia chirurgica si è ricorsi all’ impianto secondario di IOL a fissazione iridea per l’assenza di un valido supporto capsulare. Dopo l’asportazione a cielo aperto del vitreo anteriore con vitrectomo (Foto 4b), facendo una buona pulizia soprattutto posteriormente alla superficie iridea, un filo di prolene 10/0 armato con due piccoli aghi curvi veniva montato ai due fori di una IOL a fissazione ciliare posteriore adoperate per ECCE. Si passava con l’ago dietro al piano irideo nella camera posteriore trapassando l’iride (Foto 4c) e facendolo uscire dal lato opposto a quello da cui era entrato. I due aghi si incontrano in campo pupillare, si annodano e tirando i fili si lasciava scorrere il corpo ottico della lente posteriormente facendo cadere il nodo posteriormente10,20. In due casi di cheratopatia bollosa veniva effettuata una ELK secondo Melles, modificando la

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tecnica con l’uso del microcheratomo, per la formazione di un flap di diametro di 9 mm e di spessore pari a 200 micron; successiva trapanazione, a tutto spessore, con trapano di Franceschetti di 7 mm ed asportazione del disco posteriore con forbici (Foto 4d-4e); veniva poi, ottenuto un lembo donatore dello stesso diametro del disco asportato ed impiantato senza fissarlo con sutura; riposizionamento del flap, doppia sutura antitorsione ed immissione di bolla d’aria in CA13. Il tipo di sutura impiegato; doppia sutura continua antitorque di 8 passaggi ciascuna in senso antiorario in nylon 10/0. Alla fine di ogni intervento si effettuava la medicazione con collirio antibiotico e bendaggio occlusivo non compressivo. >>

Risultati e Discussione

Esaminando la casistica dei dati dei pazienti nei follow-ups precoci, vanno solo segnalati la Figura 3 Condizioni cliniche nei follow-up precoci

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presenza di pieghe della descemet e di edemi del lembo presenti in una discreta percentuale di casi nell’immediato postoperatorio5,6. Già ad un mese tuttavia la percentuale si riduceva in modo drastico (Figura 3). Il miglioramento dell’acuità visiva nell’immediato postoperatorio (7 giorni) è ben rappresentato in una grossa percentuale di casi (quasi l’86%); tale percentuale aumenta all’88% ad un mese (Figura 4). La percentuale di pazienti con miglioramenti del visus rispetto al preoperatorio cala progressivamente nel tempo, scendendo al 51% nell’analisi a 24 mesi (Figura 5). Tale dato è da imputare sia al progressivo aumento di incidenza di scompensi del lembo, minimo ma ben presente nella casistica in analisi, sia a cambiamenti dell’ astigmatismo nel tempo a causa della progressiva lassità e poi rimozione delle suture. Per quanto riguarda l’astigmatismo postoperatorio, a 30 giorni la grande maggioranza dei casi operati presenta un residuo inferiore o pari


Analisi retrospettiva della casistica di pazienti sottoposti a cheratoplastica perforante presso l’Ospedale dei Pellegrini di Napoli

Figura 4 Analisi dell’acutezza visiva ad un mese dall’intervento

Figura 5 Analisi dell’acutezza visiva a 24 mesi dall’intervento

Figura 6 Valutazione dell’astigmatismo a 24 mesi dall’intervento

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alle 3 diottrie; questa percentuale rimane sostanzialmente invariata a due anni, pur mostrando una tendenza allo spostamento verso valori astigmatici più elevati (Figura 6). Tale valore, anche causa parziale di una lieve caduta della percentuale dei pazienti con visus postoperatorio migliorato nello screening a 24 mesi, tende a rimanere successivamente stabile nei followups successivi fino ad 8 anni dall’intervento. In conclusione, la relativa stabilità dei parametri

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riguardanti l’astigmatismo e l’acutezza visiva, a partire dai due anni di tempo, fa ritenere la cheratoplastica perforante una valida ed insostituibile alternativa in casi selezionati7,8 pur essendo oggi soppiantata, nella maggioranza dei casi, da procedure lamellari, gravate da minore incidenza di complicanze precoci e tardive, od addirittura da procedure non-graft come l’uso degli anelli intrastromali od i trattamenti parachirurgici con riboflavina15,18,19.

Bibliografia

1. Rahman I, Carley F, Hillarby C, et al. Penetrating keratoplasty: indications, outcomes, and complications. Eye (Lond). 2009 Jun; 23(6):1288-94. 2. Vasseneix C, Toubeau D, Brasseur G, et al. Surgical management of nontraumatic corneal perforations: an 8-year retrospective study. J Fr Ophtalmol. 2006 Sep; 29(7):751-62. 3. Olson RJ, Pingree M, Ridges R, et al. Penetrating keratoplasty for keratoconus: a long-term review of results and complications. J Cataract Refract Surg. 2000 Jul; 26(7):987-91. 4. Malta JB, Banitt M, Musch DC, Sugar et al. Long-term outcome of combined penetrating keratoplasty with scleral-sutured posterior chamber intraocular lens implantation. Cornea. 2009 Aug;28(7):741-6. 5. Sayegh FN, Ehlers N, Farah I. Evaluation of penetrating keratoplasty in keratoconus. Nine years follow-up. Acta Ophthalmol (Copenh). 1988 Aug; 66(4):400-3. 6. Javadi MA, Motlagh BF, Jafarinasab MR, et al. Outcomes of penetrating keratoplasty in keratoconus. Cornea. 2005 Nov; 24(8):941-6. 7. Ehlers N, Hjortdal J, Nielsen K. Corneal grafting and banking. Dev Ophthalmol. 2009; 43:1-14. 8. Brady SE, Rapuano CJ, Arentsen JJ, Cohen EJ, Laibson PR. Clinical indications for and procedures associated with penetrating keratoplasty 1983. 1988. Am J Ophthalmol. 1989 Aug 15;108(2):118–122. 9. Marrone V., Caruso C., Pacente L. Cheratoplastica perforante in occhi con descemetocele e perforazione corneale. I° Congresso Nazionale S.I.T.R.A.C. Roma, 18 gennaio 1997. 10. Caruso C., Tortori A. PK + IOL a fissazione iridea. Società Oftalmologia Italiana - 80° Congresso Nazionale. Napoli, 22-25 novembre 2000. 11. Marrone V., Caruso C. PK: no limits? Società Oftalmologia Italiana - 80° Congresso Nazionale. Napoli, 22-25 novembre 2000. 12. Caruso C. La Banca degli Occhi. L’espianto ed il Trapianto di Cornea nella Regione Campania A.S.L. NA 1 Sezione Trapianti di Cornea Ospedale dei Pellegrini. Napoli 24 marzo 2001. 13. Mastursi B., Caruso C. Lo scompenso endoteliale: soluzioni chirurgiche. Seminari di Oftalmologia ”La Cornea Medica e Chirurgica” Azienda Ospedaliera Caserta. Caserta, 27 aprile 2001. 14. Mastursi B., Marrone V., Caruso C. Cheratoplastica perforante in paziente con leucoma corneale con aspetti mixomatosi. S.I.T.R.A.C. - VI Congresso Nazionale. Roma, 15-16 febbraio 2002. 15. Caruso C., Pacente L. Implantologia intrastromale: anelli intrastromali (I.N.T.A.C.S.) indicazioni-tecnica-risultati.Società Oftalmologia Italiana - Congresso Nazionale SOI di Primavera ”La clinica medica e chirurgica degli annessi”. Napoli, 11-13 aprile 2002. Pubblicato da Fabiano Editore su CD-ROM nell’ambito degli atti S.I.T.R.A.C. 11-13 aprile 2002. 16. Pacente L., Caruso C. Espianto di Cornea Prelievi, Trapianti d’organo e Tessuti. Alto Comitato per la Programmazione dei trapianti d’organo - Avellino – 12 e 13 settembre 2002. 17. Mastursi B., Tortori A., Caruso C. Cheratoplastica lamellare pre-descemetica per scorrimento in degenerazione marginale pellucida. Società Oftalmologia Italiana – 82° Congresso Nazionale S.O.I. – Roma, 20-23 Novembre 2002. 18. Caruso C., Pacente L. Intra Corneal Ring Segments (I.C.R.S.) per la correzione del cheratocono: risultati a 2 anni. Società Oftalmologia Italiana - 2° Congresso Internazionale SOI – Napoli, 20-22 maggio 2004. 19. Pacente L., Caruso C. Correzione mediante suture traverse di un astigmatismo irregolare da diastasi delle incisioni post RK Società Oftalmologia Italiana - 2° Congresso Internazionale SOI – Napoli, 20-22 maggio 2004. 20. Mastursi B., Caruso C. IOL pieghevoli nelle rotture capsulari. Atti del X Congresso Nazionale della S.P.I.G.C. Capri, 17-19,1997 21. Caruso C., De Rosa P., Iacono F., Scuderi G.L. Microchirurgia del segmento anteriore: nuovi orizzonti. Atti Congresso Nazionale di Oculistica S.P.I.G.C., Napoli,19 ottobre 1991. 22. Marrone V., Tortori A., Caruso C., Pacente L.Ruolo della cheratoplastica perforante nelle ulcere corneali a tutto spessore. Bollettino di Oculistica, anno 77, maggio-giugno, n.3, 1998.

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Diagnostica strumentale per l’impianto delle IOL accomodative

Luca Gualdi Massimo Gualdi Veronica Cappello Federica Gualdi Cristina Giordano

DOMA srl, Roma

RIASSUNTO Descrizione: la selezione del paziente e gli esami diagnostici pre e post operatori sono fattori determinanti per assicurarsi il successo dell’impianto di una lente refrattiva. È molto importante selezionare i pazienti giusti scegliendo per loro la migliore lente, educare i pazienti alle reali performance ottenibili dalla IOL può essere utile al fine di ottenere la più elevata percentuale di pazienti soddisfatti. Metodo: la valutazione strumentale prima dell’impianto di IOL refrattive è di fondamentale importanza, poiché il risultato refrattivo dovrà essere il plus. Il target biometrico deve essere preciso, quindi la biometria stessa deve essere accurata, in modo da ottenere il risultato prefissato dal chirurgo. Allo stesso tempo, nella fase preoperatoria diviene importante lo studio della qualità ottica della cornea mediante l’esame topo-aberrometrico, in modo da non avere variazioni di curvatura che porteranno, inevitabilmente, ad errori diottrici. Conclusioni: la selezione del paziente per l’impianto delle IOL refrattive rappresenta il punto chiave per il successo nel post-operatorio. Il paziente dovrà essere valutato durante una visita approfondita sia dal punto di vista medico che in funzione delle sue aspettative e delle sue abitudini di vita. Gli esami diagnostici sono di fondamentale ausilio al chirurgo al fine di ottenere il risultato refrattivo desiderato. ABSTRACT Description: the most important factors ensuring a successful refractive intaocular lens (IOL) outcome are patient selection and diagnostic exams before and after the surgery. It is very important to select the right patients of the best IOL to suit their needs, and educate these patients about the real performance of the IOL can be useful to obtain the highest percentage of happy patients. Method: the instrumental evaluation before the refractive IOL implant is very impotant, because the plus and the objective is the refractive result. The biometric target must be precise, the biometry must be accurate to obtain the needed refractive result. In the preoperative phase is very important to study the optical quality of the cornea as well, with the topo-aberrometry tecnology , in way to avoid curvature errors that mean dioptric errors. Conclusion: patient selection in refractive IOL implant represents a key point for a successfull postoperative out come. Patient must be evaluated during an accurate examination with a medical evaluation criteria and in relation to lifestyle espectations and habits. Accurate diagnostic evaluation is a very important tool to obtain the correct refractive result for the surgeon.

PAROLE CHIAVE IOL refrattive Biometria Aberrometria KEY WORDS Refractive IOL Bometry Aberrometry

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intra-operatoria del chirurgo, L´ esperienza la diagnostica strumentale sempre più all’avanguardia, l’avvento delle formule di ultima generazione e l’accortezza nelle misurazioni biometriche, riducono sempre più il range di errore biometrico post-operatorio. Sappiamo però che nell’impianto delle IOL refrattive, anche una minima imprecisione nella selezione del paziente e nella scelta della strategia chirurgica, può inficiare in maniera significativa il risultato finale1. viscochirurgia

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In questo articolo ci occuperemo di descrivere la corretta selezione del paziente per l’impianto di una IOL accomodativa. >>

Selezione del paziente

Innanzitutto va selezionato il paziente in base alle sue abitudini di vita, esigenze visive e aspettative2 di risultato. Il grado di soddisfazione postoperatorio sarà direttamente proporzionale all’entità della cataratta.


Diagnostica strumentale per l’impianto delle IOL accomodative

L’anamnesi gioca un ruolo fondamentale, così come il rapporto medico-paziente, per comprendere lo stile di vita del soggetto. La selezione dal punto di vista caratteriale è sicuramente meno impegnativa rispetto a quella per una IOL multifocale, poiché il fattore dell’adattamento neuronale, tipico delle multifocali, è ininfluente dopo l’impianto di una IOL Accomodativa3 in quanto monofocale. Importanza vitale riveste, comunque, il colloquio pre-operatorio con il paziente. Vanno esclusi pazienti con aspettative irrealistiche, gli ipercritici, "gli ingegneri". Il paziente tipo è sicuramente l’ipermetrope, poiché è abituato ad una distanza di lettura a circa 40 cm. Il miope, abituato a leggere bene da vicino anche senza occhiali, dovrà apprendere a modificare la propria postura durante la lettura, soprattutto per i caratteri molto piccoli. Dovrà sostanzialmente allontanare il foglio, poiché questa IOL conferisce una buona visione per un vicino a 40 cm e per la distanza intermedia (computer). I pazienti con alterazioni della dinamica pupillare, o i casi di maculopatia, glaucoma, ecc. potrebbero non godere pienamente delle performance che può offrire questa IOL. In ogni caso, la controindicazione non è assoluta, in quanto non vi è alcuna dispersione della luce all’interno della struttura oculare, poiché la lente ha un’ottica monofocale (con questa IOL il 100% della rifrazione dei raggi viene proiettata su un fuoco e non vi è perciò ulteriore perdita della se-

nibilità al contrasto)4. Va tuttavia considerato che l’uso di alcuni farmaci possono parzialmente inibire l’accomodazione, e ciò potrebbe influire negativamente sul risultato post-operatorio. Dalla nostra esperienza, attraverso indagini strumentali ottenute con l’OCT Visante e soprattutto l’UBM, è stato evidenziato come l’accomodazione post-operatoria con queste IOL, risulti pressoché assente, ma l’innovazione sta nel fatto che il "bottone centrale", inducendo un’aberrazione sferica negativa, incrementi significativamente la profondità di fuoco da vicino e soprattutto a media distanza, generando così una "pseudoaccomodazione". >>

Esami diagnostici

Tra gli esami pre-operatori, la topografia corneale ha un ruolo importante, poiché è necessario valutare preventivamente la presenza di un astigmatismo corneale, in modo da poterne eventualmente programmare la riduzione eseguendo l’incisone chirurgica principale sul meridiano più curvo. Infatti in genere cilindri >1D possono pregiudicare il risultato refrattivo e ridurre quindi l’indipendenza dall’occhiale5. In questo caso il paziente dovrà essere escluso dall’impianto, oppure tale astigmatismo potrà essere ridotto con delle incisioni rilassanti o con un laser ad eccimeri qualche mese dopo l’intervento di facoemulsificazione e l’impianto della IOL.

Figura 1 Rappresentazione di una cornea normale con profilo prolato con relativi Indici Cheratorefrattivi

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Luca Gualdi, Massimo Gualdi, Veronica Cappello, Federica Gualdi, Cristina Giordano

Figura 2 Rappresentazione di una cornea dopo un trattamento foto ablativo miopico. Il profilo varia da prolato a prolato, il fattore di asfericità Q da negativo diventa positivo e l’aberrazione sferica longitudinale è fortemente positiva. In questo caso l’impianto è sconsigliato

Il laser in ogni caso potrà essere una soluzione utile in caso di errore biometrico significativo. Il fattore di sasfericità (Q) permette la descrizione della forma della cornea, fattore, che ad un

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Figura 3 Attraverso un sistema che separa la struttura totale da quella interna a quella della sola superficie anteriore della cornea, è possibile comprendere le variazioni dopo impianto di IOL refrattiva

Analisi aberrometrica

Il funzionamento di Crystalens per la visione da vicino, dipende dalla variazione dell’aberrazione sferica della totalità del sistema oculare, da positiva a negativa, grazie alla variazione di curvatura e, quindi, del potere diottrico del bottone centrale. Gli aberrometri, e per la precisione i topo-aberrometri, permettono di studiare le aberrazioni totali e corneali del sistema diottrico oculare, e di sottrarre le une dalle altre, per calcolare quelle interne. Lo strumento da noi utilizzato separa la struttura ottica interna, da quella totale e da quella corneale, consentendo la comprensione delle variazioni dopo impianto di IOL refrattiva nella fase post-operatoria (Figure 3 e 4). La valutazione aberrometrica, ed in particolare lo studio della qualità ottica della cornea, ci consente di selezionare meglio i pazienti in relazione al valore positivo di aberrazione sferica longitudinale corneale, in modo da ottenere, nel post operatorio, un’aberrazione sferica longitudinale totale negativa, per aumentare la profondità di campo per vicino (Figura 5).

Figura 4 Valutazione della componente dell’aberrazione sferica longitudinale nella fase pre-operatoria

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dato indice e diametro, influenza l’andamento dell’aberrazione sferica della superficie anteriore della cornea che, in una cornea normale, prolata è sempre positivo6 (Figure 1 e 2).

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Diagnostica strumentale per l’impianto delle IOL accomodative

Figura 5 Valutazione del caso clinico in fase post-operatoria

Il modulo dell’accomodazione inserito nella diagnostica consente, inoltre, di valutare il voulting della IOL dopo l’impianto (Figura 6). >>

La biometria

Nell’impianto di IOL refrattive l’esame fondamentale rimane la biometria. I sistemi che vengono utilizzati per la misurazione della lunghezza assiale dell’occhio sono quelli che adoperano gli ultrasuoni e quelli basati sulla interferometria ottica8. La biometria ottica è quella da noi normalmente utilizzata per la precisione di rilevazione dei dati e per la semplicità d’uso. Il principio di funzionamento si basa sull’interferometria a coerenza parziale, che misura il ritardo e l’intensità di luce infrarossa, divisa in due fasci lunghezze d’onda differenti, entrambi riflessi a livello corneale e retinico (Figure 7 e 8). La tecnica a doppio fascio elimina i possibili errori di misurazione dovuti ai movimenti longitudinali dell’occhio durante le acquisizioni. La corretta rilevazione dei parametri corneali è di fondamentale importanza, poiché la superficie anteriore della cornea riveste un notevole peso refrattivo rispetto alla totalità del sistema oculare: quindi a minime variazioni di curvatura corrispondono importanti variazioni diottriche. Oggi disponiamo di biometri sempre più all’avanguardia basati sull’interferometria ottica, che permette cheratometrie accurate, rilevazione dell’ampiezza della camera anteriore e della lunghezza assiale; oppure biometri che sfruttano il principio della riflettometria a bassa coerenza ottica. La biometria a contatto, seppur nelle migliori mani, andrebbe esclusa nell’impianto delle premium IOLs perchè può portare ad errori nella misurazione della lunghezza assiale, ma soprattutto delle dimensioni della camera anteriore. Un errore anche di pochi micron può risultare decisivo per il risultato post-operatorio (basti pensare infatti che per soli 0.3 mm di errore ci sarà uno shift di 1D!). Va ricordato che, per la misurazione dei valori cheratometrici da inserire nella biometria, il paziente dovrà aver sospeso l’uso di lenti a contatto da almeno una settimana se morbide, o da due se rigide/semirigide. Questo perché un eventua-

Figura 6 Modulo accomodazione. Notare le variazioni dall’aacquisizione in Far (lontano) e near (vicino) evidenziate dalla mappa Zonal Refraction (paziente giovane 24 anni)

le warpage da lente a contatto altera sicuramente il target biometrico. Da sottolineare che un errore oftalmometrico di 1 D corrisponde ad un errore biometrico di 1 D9. Per lo stesso motivo, va assolutamente evitato di instillare gocce e/o eseguire una tonometria a contatto immediatamente prima di aver effettuato le misurazioni biometriche. La costante A suggerita per la IOL accomodativa è 119.0, mentre la ACD è di 5.55. Le formule biometriche più utilizzate in questo caso sono la Holladay II per chi ne è in possesso, o la SRKT. Una ditta produttrice consiglia l’uso della prima in occhi con lunghezza assiale <22 mm e la seconda con >22 mm.

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Luca Gualdi, Massimo Gualdi, Veronica Cappello, Federica Gualdi, Cristina Giordano

Figura 7 Biometria US a contatto. Sconsigliata per compressione corneale

Nella nostra pratica clinica, per altri tipi di IOL utilizziamo altre formule come ad esempio la Hoffer Q (in bulbi piccoli < 21-22 mm), la Haigis (in bulbi medi 22-25 mm), la Holladay I (in bulbi medio-grandi 24-26 mm), la SRKT (in bulbi grandi < 26 mm). L’obiettivo primario è quello di puntare per un risultato di “plano” (0/-0.12) nell’occhio dominante, e una lievissima miopizzazione (–0.25-0.50) nell’occhio non dominante. In questa maniera, con una corretta selezione ed in assenza di altre patologie oculari, il paziente sarà indipendente dagli occhiali a tutte le distanze. Il fatto di dover mirare ad una mini-monovisione nell’occhio non dominante, ci fa capire come una IOL “perfetta” (con performance naturale cioè di 10/10 e J1 in visione monoculare) nel trattamento della presbiopia ancora non esista. Sicuramente con questo nuovo modello di IOL accomodativa sono stati fatti ulteriori reali progressi. Il risultato ad oggi ottenibile è, comunque, che il paziente risulta indipendente dagli occhiali, o al massimo ne abbia un paio “a profondità di campo”, per la lettura dei caratteri piccolissimi oppure per la guida la sera, soprattutto in caso di lieve errore biometrico o di residuo astigmatico.

Figura 8 Biometria ottica

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Bibliografia

1. Chang David F at all: IOL Options in 2007: Cataract & Refractive Surgery Today - May 2007; Vol 2 N. 4. 2. Colvard D. Michael: How Do I get Started with the Crystalens?; David F Chang: Mastering Refractive IOLs, The Art and Science; SLACKS 2008. 3. Kershner Robert M: Neuroadaption and Multifocal IOLs; David F Chang: Mastering Refractive IOLs, The Art and Science; SLACKS 2008. 4. Chang David F., Mastering Refractive IOLs-The Art and Science; J A Hovanesian et all: Crystalens HD-Early Results-SLACK Incorporated; USA 2008. 5. Bausch & Lomb Data on file. 6. Ligabue E., Giordano C.: Crystalens HD: nuova geometria e nuovo approccio con il paziente. Nostra esperienza. Viscochirurgia, Fabiano Editore – Canelli; Dicembre 2009. 7. Ligabue E., Giordano C.: Aberrometrical evaluation after Crystalens HD implant; ESCRS Budapest, Febbraio 2010. 8. Rosa N. et all: Biometria; Indagini strumentali e oftalmologia pratica - Edizioni SOI - Fabiano Editore; Canelli 2009. 9. Tassinari G., Lodi L.: Parametri per il calcolo della IOL: loro influenza sulla precisione; La Biometria; AICCER; Fabiano Editore, Febbraio 2009.

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NOTE


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Nuova formulazione di triamcinolone acetonide 40 mg/ml senza conservanti Risultati preliminari sull’efficacia dell’iniezione intravitreale nella terapia dell’edema maculare diabetico refrattario Massimo Lorusso1 Andrea Palma Modoni1 Marco Leozappa1 Daniela Intini1 Edoardo Stagni2 Tommaso Micelli Ferrari1

1. Unità Operativa Complessa di Oculistica, Ospedale Generale “F. Miulli”, Acquaviva delle Fonti, Bari 2. Casa di Cura Di Stefano Velona, Catania

RIASSUNTO Scopo del lavoro: lo scopo del lavoro è quello di valutare l’efficacia a breve termine nell’EMD dell’iniezione intravitreale di 0,1 ml (corrispondenti a 4 mg) di una nuova formulazione di triamcinolone acetonide senza conservanti e riscontrare l’incidenza di eventuali effetti collaterali. Tipo di studio: aperto prospettico Materiali e metodi: sono stati reclutati 12 pazienti (12 occhi) presso il centro maculopatie dell’Ospedale “F. Miulli”- Acquaviva delle Fonti (BA) affetti da edema maculare clinicamente significativo refrattario (resistente dopo almeno una seduta laser eseguita almeno 3 mesi prima) con spessore retinico (central subfield thickness) misurato attraverso OCT Spectral Domain > 250 micron. Risultati: i pazienti trattati con una singola somministrazione intravitreale di 4 mg di triamcinolone acetonide senza conservanti hanno dimostrato, a 30 giorni dall’iniezione, un miglioramento medio dell’acuità visiva da 0.75 a 0.39 (logMAR). Si è evidenziata inoltre una riduzione significativa dello spessore maculare di quasi il 30%. Il tono oculare ha mostrato in media delle variazioni di minima entità (+7,3%). Discussione e conclusioni: il trattamento con una singola iniezione di 0,1 ml/4 mg di una nuova formulazione di triamcinolone acetonide senza conservanti ha prodotto, a distanza di un mese, modificazioni di acuità visiva e spessore maculare in sintonia con i dati ottenuti da altri studi condotti su pazienti con edema maculare diabetico refrattario trattati con altre formulazioni di triamcinolone acetonide. L’innalzamento medio del tono oculare è stato di minima entità.

PAROLE CHIAVE Iniezione intravitreale Triamcinolone acetonide Edema maculare diebetico (EMD) Spessore maculare KEY WORDS Intravitreal injection Triamcinolone acetonide Diabetic macular oedema (DME) Macular thickness

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ABSTRACT Purpose: aim of this study has been the evaluation of the short-term efficacy of a new preservative-free triamcinolone acetonide formulation, administered by intravitreal injection, in the treatment of diabetic macular oedema, and the incidence of side effects. Study: open design, perspective Methods: 12 eyes of 12 patients attending the maculopathy centre of the Hospital "F. Miulli "- Acquaviva delle Fonti (BA) with clinically evident refractory macular oedema (refractory after at least one laser treatment performed at least 3 months before enrolment) with central retinal subfield thickness measured by the Spectral Domain OCT> 250 microns. Results: patients treated with a single intravitreal injection of 4 mg of preservative-free triamcinolone acetonide showed, 30 days after injection, an average improvement of visual acuity from 0.75 to 0.39 (logMAR). They also revealed a 30% average decrease of macular thickness. Average IOP showed minimal changes (+7.3%). Conclusions: DME treatment with a single injection of 0.1 ml /4 mg of a new preservative-free triamcinolone acetonide formulation resulted, after one month, in changes of visual acuity and macular thickness in line with data obtained from other studies. The average increase of IOP was minimal.

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Nuova formulazione di triamcinolone acetonide 40 mg/ml senza conservanti

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Introduzione

L’edema maculare diabetico è una comune complicanza della retinopatia diabetica e rappresenta la principale causa di perdita progressiva dell’acuità visiva centrale nei pazienti diabetici1. L’edema è determinato da alterazioni a carico della parete delle arteriole e dei capillari retinici con conseguente rottura della barriera ematoretinica. Altri fattori quali l’ischemia retinica legata alla non perfusione capillare ed alterazioni a carico dell’interfaccia vitreoretinica possono contribuire alla genesi dell’edema maculare nel paziente diabetico2. Secondo l’ETDRS, rientrano nella definizione di edema maculare clinicamente significativo (CSME) i casi che presentano una o più delle seguenti caratteristiche: ispessimento retinico entro 500 micron dal centro della macula; essudati lipidici entro 500 micron dal centro della macula, se associato a ispessimento della retina adiacente; zona di ispessimento retinico grande un diametro papillare o più, situata entro un diametro papillare dal centro della macula3. Scarso controllo della glicemia, nefropatia, ipertensione arteriosa e livelli elevati di lipidi contribuiscono ad aumentare il rischio di sviluppo di edema maculare4. Attualmente esistono diversi trattamenti per il controllo dell’edema maculare diabetico. La fotocoagulazione laser focale/a griglia è stata utilizzata ampiamente nel corso degli ultimi 20 anni. Secondo il Diabetic Retinopathy Clinical Research Network, sulla base di recenti rapporti, la fotocoagulazione laser focale/a griglia è ancora il più efficace trattamento per l’EMD5. Molti casi di edema maculare sono però refrattari a questo trattamento. Sono state proposte, quindi, nuove opzioni terapeutiche. Tra gli agenti farmacologici introdotti più recentemente ricordiamo gli steroidi intraoculari6,7 (triamcinolone acetonide, desametasone...) e gli agenti antiangiogenetici8 (Bevacizumab, Ranibizumab…). Altre opzioni, come la vitrectomia via pars plana, associata o meno all’iniezione di farmaci antiedemigeni, vengono utilizzate meno frequentemente. L’approccio chirurgico ha trovato particolare applicazione nelle forme di edema maculare associato ad evidente componente trazionale o nelle forme refrattarie9.

Il triamcinolone acetonide (TA) è un corticosteroide sintetico con marcata attività antinfiammatoria. La sua azione sull’EMD sarebbe legata all’aumento delle tight-junction proteins, che ristabiliscono l’efficacia della barriera ematoretinica, all’effetto angiostatico attraverso l'inibizione del VEGF e al contenimento della flogosi tramite l’inibizione della cascata dell’acido arachidonico. Diversi studi hanno concluso che il TA per via intravitreale può essere utilizzato per il trattamento di EMD con efficacia nel migliorare l’acuità visiva (AV) e nel ridurre lo spessore maculare centrale (CMT). Alcuni report hanno evidenziato una serie di potenziali complicanze associate all’iniezione intravitreale di TA quali lo sviluppo di cataratta e la comparsa di ipertensione oculare, in genere legate all’uso di dosi di farmaco pari o superiori a 4 mg6,10. >>

Scopo del lavoro

Lo scopo del nostro lavoro è quello di valutare l’efficacia a breve termine nell’EMD dell’iniezione intravitreale di 0,1 ml (corrispondenti a 4 mg) di una nuova formulazione di TA senza conservanti e riscontrare l’incidenza di eventuali effetti collaterali. >>

Materiali e Metodi

Sono stati reclutati 12 occhi di 12 pazienti presso il centro maculopatie dell’Ospedale “F. Miulli”Acquaviva delle Fonti - Bari. I soggetti sono stati selezionati secondo i seguenti criteri di inclusione: presenza di diabete mellito tipo 1 o tipo 2; acuità visiva (AV) compresa tra 0.229 e 1.176 (logMAR); presenza all’esame biomicroscopico di edema maculare clinicamente significativo refrattario (resistente dopo almeno una seduta laser eseguita almeno 3 mesi prima); spessore retinico (central subfield thickness) misurato attraverso OCT Spectral Domain > 250 micron. Sono stati considerati come criteri di esclusione: valori di emoglobina glicosilata superiore a 10%; presenza di patologie oculari coesistenti; chirurgia oculare nei 6 mesi precedenti l’arruolamento; ipertensione arteriosa non controllata. L’efficacia a 1 mese della terapia con iniezione 1 • 2010

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Massimo Lorusso, Andrea Palma Modoni, Marco Leozappa, Daniela Intini, Edoardo Stagni, Tommaso Micelli Ferrari

intravitreale di 4 mg di TA senza conservanti è stata valutata monitorizzando l’AV, la variazione dello spessore retinico (CST: central subfield thickness) misurata attraverso SD OCT e il tono oculare. >>

L’iniezione intravitreale di triamcinolone acetonide viene eseguita in sala operatoria, con l’ausilio di anestesia topica, previa disinfezione di cute e congiuntiva con soluzione di iodo-povidone. Dopo marcatura con compasso a 3.5 mm (occhi pseudofachici) o 4 mm (occhi fachici) dal limbus, 4 mg di triamcinolone acetonide vengono iniettati per via transcongiuntivale attraverso la pars plana nella cavità vitreale. Usualmente l’ago utilizzato per l’iniezione è da 30 gauge; l’iniezione viene generalmente effettuata nel settore inferotemporale. Tutti gli occhi subito dopo l’iniezione sono esaminati per valutare la presenza di pulsazione dell’arteria centrale della retina.

** p<0.05

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Risultati

I pazienti trattati con una singola somministrazione intravitreale di 4 mg di TA senza conservanti hanno dimostrato, a 30 giorni dall’iniezione, un miglioramento medio nell’AV da 0.75 a 0.39 (logMAR). Si è evidenziata inoltre una riduzione nello spessore maculare di quasi il 30%. Il tono oculare ha mostrato in media delle variazioni di minima entità (+7,3%, p<0.1). Il valore massimo raggiunto a 30 giorni stato di 22 mmHg (basale 20 mmHg).

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Tecnica di iniezione intravitreale

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Nuova formulazione di triamcinolone acetonide 40 mg/ml senza conservanti

Figura 1 SD OCT pre-trattamento con TA

Figura 2 SD OCT post-trattamento con TA

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Discussione e conclusioni

Le modificazioni di acuità visiva e spessore maculare a 1 mese nei soggetti trattati con la nuova formulazione di TA senza conservanti sono paragonabili ai dati ottenuti da altri studi condotti su pazienti con edema maculare diabetico refrattario trattati con triamcinolone acetonide. Audren et Al. hanno riportato una riduzione dello spessore maculare del 51% a 1 mese dopo l’iniezione intravitreale di 4 mg di TA11. Usando la stessa dose di TA Massin et al. hanno dimostrato anch’essi una significativa riduzione a breve termine nel CMT. Nei risultati di quest’ultimo studio, però, la riduzione a 24 mesi dello spes-

sore retinico non era più significativa12. Bae et al. hanno evidenziato a 1 mese di follow up una riduzione significativa dello spessore maculare (p=0.002) da 566 µm del baseline a 218 µm del controllo13. Il rischio di incremento della pressione intraoculare associato all’utilizzo di TA intravitreale è stato descritto in precedenti lavori. Roth et al. hanno evidenziato che un aumento della pressione intraoculare in pazienti trattati con TA è un reperto comune, particolarmente in soggetti giovani, con presistente glaucoma o responsivi agli steroidi. Gli Autori riportano che l’incidenza di occhi con

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Massimo Lorusso, Andrea Palma Modoni, Marco Leozappa, Daniela Intini, Edoardo Stagni, Tommaso Micelli Ferrari

una pressione intraoculare >25 mmHg era del 14.6%, 19.1%, 24.1%, e 28.2% rispettivamente a 6, 12, 18, e 24 mesi dall’ iniezione14. In base ai risultati del nostro studio una singola iniezione intravitreale di 4 mg di TA senza conservanti appare utile nel breve termine nel controllare l’edema maculare diabetico refrattario, producendo miglioramenti nell’acuità visiva e riducendo in maniera significativa il CST, con minime variazioni del tono oculare. Un recente studio condotto da Lam et al. ha confrontato l’efficacia del trattamento combinato (laser plus TA) contro TA e laser focale/a griglia da soli ed ha evidenziato un aumento significativo

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dell’acuità visiva a 4 e 9 settimane nei pazienti trattati con TA rispetto ai restanti due gruppi15. Tali dati risultano in contrasto con gli ultimi risultati del Diabetic Retinopathy Clinical Research Network, in cui il TA non presenterebbe dei benefici a lungo termine rispetto alla fotocoagulazione laser focale/a griglia5. In conclusione, a fronte di una dimostrata efficacia a breve termine sia di tipo anatomico che funzionale, restano da definire, alla luce dei dati contrastanti presenti in letteratura, i potenziali benefici del TA sulla terapia laser focale/a griglia nel trattamento dell’ edema maculare a lungo termine.

Bibliografia

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Impianto di IOL senza suture in assenza di supporto capsulare

Tecnica chirurgica

Lucio Zeppa Vincenzo Salerno Maurizio Pensa Maria Assunta Majorana Lucia Zeppa

Unità Operativa Complessa di Oculistica, A.O.R.N. “San G. Moscati”, Avellino

RIASSUNTO Gli Autori, partendo dalla tecnica proposta di Gabor et all e modificando la stessa, presentano una tecnica chirurgica di impianto di IOL a fissazione intrasclerale senza suture, con l’utilizzo di colla di fibrina. ABSTRACT On the basis of the technique proposed by Gabor et all, and making some changes to it, the Authors present a new surgical procedure for IOL implantation; this technique has an intrascleral fixation, is sutureless and makes use of the fibrin glue.

PAROLE CHIAVE Fissazione intrasclerale Assenza di suture Colla di fibrina KEY WORDS Intrascleral fixation Sutureless Fibrin glue

correzione chirurgica dell’afachia, in asL asenza di un valido supporto capsulare, può

essere risolto con diverse strategie chirurgiche. L’impianto di una IOL può realizzarsi in camera anteriore mediante fissazione iridea o mediante appoggio angolare, ma anche in camera posteriore, sia mediante fissazione retro iridea che mediante fissazione sclerale1-4. Molto interessante ci è sembrata l’idea proposta da Gabor et all, che hanno messo a punto una nuova tecnica chirurgica di fissazione intrasclerale di IOL senza sutura5. Prendendo spunto e modificando la stessa tecnica proposta, abbiamo sottoposto 30 pazienti afachici per pregressa chirurgia vitreo retinica e presenza di sistema tamponante (PDMS), ad intervento chirurgico di rimozione passiva del mezzo tamponante e ad impianto di IOL mediante fissazione intrasclerale delle aptidi senza l’utilizzo di suture.

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Tecnica chirurgica

Scollamento della congiuntiva ad ore 9-3. Blanda cauterizzazione bipolare dei vasi episclerali. Scolpitura di due sportelli sclerali di circa 200/µ a base limbus sottostanti lo scollamento congiuntivale (Foto 1). Sottominamento del bordo inferiore del pavimento inferiore del flap di dx e di quello superiore del flap di sx (Foto 2).

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Posizionamento di una piccola cannula d’infusione (CA mantainer) al limbus ore 6. Cheratotomia limbare di 3.2 mm a ore 12 (Foto 3). Apertura della linea infusionale e rimozione passiva del mezzo tamponante. Introduzione della IOL mediante iniettore nella camera anteriore e posizionamento delle aptide a ore 3-9 (Foto 4). Esecuzione di sclerotomia ab externo da 23 G, sul pavimento sclerale sottostante gli sportelli precedentemente eseguiti (Foto 5). Introduzione nella sclerotomia, nello spazio retro irideo, di pinze vitreali da 25 G (Foto 6), che raccolgono la parte terminale dell’ansa della IOL contemporaneamente racchiusa ed accompagnata da altre pinze da 25 G inserite dal tunnel corneale. La parte terminale dell’aptide viene estratta dal bulbo attraverso la sclerotomia, mediante le pinze, ed adagiata sul pavimento sclerale precedentemente scolpito (Foto 7). La stessa operazione viene ripetuta per la seconda ansa (Foto 8 e 9). A questo punto le anse vengono sistemate nello spazio ottenuto mediante il sottominamento dei bordi dei pavimenti sclerali (Foto 10). I flap sclerali e la congiuntiva vengono riposizionati e fissati con colla di fibrina e il CA mantainer rimosso (Foto 11).3


Impianto di IOL senza suture in assenza di supporto capsulare

Foto 1, 2 3

Foto 4, 5, 6

Foto 7, 8, 9

Foto 10, 11

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Discussione

Questa tecnica non può essere eseguita con lenti idrofiliche o siliconiche monoblocco. I vantaggi della tecnica sono rappresentati dalla sua relativa facilità di esecuzione, ma soprattutto dalla perfetta centratura della IOL e dall’assenza di tilting e

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vaulting nel tempo. Si evita inoltre la possibilità che fili di sutura, destinati alla stabilizzazione della IOL, possano cedere, determinando la dislocazione della stessa. I risultati e le complicanze a 3 anni di follow up saranno oggetto di successiva comunicazione.

Bibliografia

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La monovisione pseudofachica può essere una valida alternativa all’impianto bilaterale di lenti multifocali?

Alessandro Franchini Eleonora Vaccari Andrea Passani Iacopo Franchini

Università degli Studi di Firenze, Dipartimento di Scienze Chirurgiche Oto-Neuro-Oftalmologiche

RIASSUNTO Scopo di questo studio è quello di confrontare la monovisione pseudofachica e l’impianto bilaterale di lenti multifocali per valutare quale delle due tecniche determina la migliore performance visiva e il più alto indice di soddisfazione del paziente. 25 pazienti con monovisione pseudofachica (refrazione, emmetropia nell’occhio dominante e –1.50 nell’occhio non dominante) sono stati confrontati con 25 pazienti in cui era stato effettuato un impianto bilaterale di lente multifocale. I risultati mostrano che la monovisione pseudofachica può essere una valida alternativa all’impianto bilaterale di una lente multifocale. Il punto più importante sembra essere la corretta selezione dei pazienti. ABSTRACT Aim of this study is to compare monovision pseudophakia and multifocal IOLs in providing a high level of patient satisfaction. Authors assess visual performance of pseudophakic monovision and bilateral implantation of multifocal IOLs. A group of 25 patients with pseudophakic monovision (target refraction: emmetropia in the dominant eye and –1.50 D in the no-dominant eye) have been compared with a group of 25 patients with a bilateral implantation of a multifocal IOL. Results show that monovision pseudophakic can be a valid alternative to multifocal pseudophakia. The most important point seems to be a good selection of the patients.

>> PAROLE CHIAVE Monovisione pseudofachica Lenti multifocali Dominanza oculare KEY WORDS Pseudophakic monovision Multifocal IOLs Ocular dominance

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Introduzione

Nel corso degli ultimi anni le aspettative dei pazienti sottoposti ad intervento di cataratta sono aumentate sempre più ed oggi più del 90% di essi desidera essere libero dall’uso di occhiali dopo l’intervento. Oggi, per archiviare questo risultato tramite l’implantologia, abbiamo tre differenti opzioni: le lenti multifocali, le lenti accomodative e la monovisione. Anche se le lenti accomodative e multifocali hanno rappresentato a tutt’oggi un grosso passo avanti, sono ancora lontane dal rappresentare la soluzione finale del problema, per varie differenti ragioni. In più per quanto riguarda le lenti multifocali siamo ormai giunti al massimo livello di sviluppo ed allo stato attuale delle conoscenze è difficile ipotizzare ulteriori miglioramenti per il futuro. Per le lenti accomodative il discorso è un po’ diverso, in quanto anche se la prima generazione si è dimostrata non in grado di risolvere il problema, grandi speranze vengono nutrite nelle nuove lenti. Pertanto in questo momento d‘incertezza viscochirurgia

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per quanto riguarda le lenti multifocali e le lenti accomodative, l’interesse nella monovisione è fortemente aumentato. Come ormai è ben conosciuto da tutti, per monovisione si intende la possibilità di correggere un occhio per la visione da lontano e l’altro per quella da vicino, in modo da consentire al paziente una buona libertà dall’uso regolare degli occhiali. Il concetto di monovisione è stato introdotto negli anni 60, per la correzione con lenti a contatto e, successivamente, negli anni 90 per la chirurgia rifrattiva e nel 1999 è stato pubblicato il primo lavoro per quel che riguarda la chirurgia della cataratta. Oggi negli USA sono più di 100.000 i pazienti che ogni anno vengono impiantati con questa soluzione ottica. Il concetto su cui si basa questa tecnica è che anche se i due occhi vedono immagini che differiscono per nitidezza e contrasto, quando le informazioni provenienti da essi arrivano a livello della corteccia visiva, il cervello è in grado di considerare le immagini a più alto contrasto


La monovisione pseudofachica può essere una valida alternativa all’impianto bilaterale di lenti multifocali?

Figura 1

come dominanti. La corteccia visiva provvede quindi ad una sorta di feedback neuronale, che riduce l’influenza dell’occhio a più basso contrasto e genera una immagine complessivamente ad alto contrasto. Questa capacità intraoculare di sopprimere il “blur” alternativamente nei due occhi è essenziale per il buon successo della monovisione. Nella pratica clinica, l’occhio dominante viene corretto da lontano, poiché nella vita di tutti i giorni la maggior parte delle persone usano la visione per lontano più di quella per vicino e sembra essere più facile sopprimere il “blur” nell’occhio non dominante che in quello dominante. Ma ancora più importante della dominanza è la profondità della dominanza. Infatti per il successo della monovisione, la capacità di sopprimere l’immagine annebbiata dovrebbe facilmente cambiare da un occhio ad un altro a seconda delle distanze. >>

Figura 2

Materiali e Metodi

Un gruppo di 25 pazienti in cui l’intervento di cataratta era stato eseguito con la tecnica della monovisione (refrazione target, emmetropia nell’occhio dominante e –1.50 nell’occhio non dominante) è stato confrontato con un gruppo di 25 pazienti in cui era stato eseguito un impianto bilaterale di una lente multifocale. Nel gruppo della monovisione è stata impiantata una lente asferica acrilica idrofobica in entrambi gli occhi, mentre nel gruppo multifocale una lente asferica acrilica idrofobica multifocale. In questo studio ad un follow-up di tre mesi abbiamo valutato: la acuità visiva non corretta da vicino e da lontano, la sensibilità al contrasto in condizioni scotopiche di illuminazione, valutata con il FACT (Functional acuity test), il grado di libertà dall’uso degli occhiali, l’indice di soddisfazione del paziente (modified VF-7 questionnaire) e la velocità di lettura valutata con lo Slowfast reading test sviluppato dal dott. Giardini. >>

Figura 3

Figura 4

Risultati e Discussione

I risultati ottenuti, riportati nelle Figure 1-6, dimostrano alcuni importanti vantaggi della monovisione nei confronti di un impianto multifocale bilaterale. Infatti, nei pazienti sottoposti a questo tipo di impianto non abbiamo alcuna sensibili1 • 2010

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Alessandro Franchini, Eleonora Vaccari, Andrea Passani, Franchini

Figura 5

Figura 6

tà al decentramento, una migliore sensibilità al contrasto, assenza di halos, glare o altri fenomeni disfotopsici e un più alto indice di soddisfazione e di libertà dall’uso degli occhiali nel postoperatorio. Inoltre, laddove sfortunatamente sia necessaria una correzione nel postoperatorio, con la monovisione ogni difetto di refrazione se non sopportato può essere corretto con l’uso occasionale di occhiali che ripristinano immediatamente una buona binocularità e qualità della visione. Tuttavia, per ottenere questi risultati un punto molto importante è la corretta selezione dei pazienti al fine di identificare i candidati più appropriati a questa forma di correzione. Per questo è molto importante sottoporre ai nostri pazienti uno degli appositi questionari oggi scaricabili anche in rete. Così com’è importante identificare l’occhio dominante, e impiantarlo con la lente per la visione da lontano. Certamente, negli ultimi tempi, questo punto è stato riconsiderato ed è stato dimostrato in alcuni lavori che i risultati sono accettabili e con alto indice di patient satisfaction, anche in gruppi in cui

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non si era tenuto conto della dominanza. Ma un punto fino ad oggi scarsamente considerato è il problema della profondità della dominanza. Infatti la monovisione ideale richiede la capacità di alternare la dominanza, e quindi la capacità di sopprimere l’immagine meno chiara alternativamente nei due occhi, a seconda della distanza. È stato dimostrato che maggiore è la profondità della dominanza nell’occhio dominante, minore sarà il grado di soddisfazione del paziente dopo intervento per mondovisione. Vi sono varie procedure per misurare la profondità della dominanza. La più precisa consiste nel porre il paziente davanti a due display posti a 50 cm, in modo tale che grazie ad un sistema di specchi che facilitano la fusione un occhio fissi quello di destra e l’altro quello di sinistra. Sullo schermo posto davanti all’occhio dominante è presentato un grating con le linee angolate verso dx e nell’altro con le linee angolate a sinistra. Il contrasto dell’immagine nell’occhio non dominante è del 100% mentre nell’altro occhio decresce via via dal 100% all’80%, al 60% al 40% fino al 20%. Il paziente all’inizio del test sopprimerà l’immagine dell’occhio non dominante, e quindi vedrà le linee nella direzione presentata a quello dominante. Abbassando il contrasto vi sarà un momento in cui la dominanza si inverte ed il paziente inizierà a vedere le linee nella direzione presentata all’occhio non dominante. I pazienti in cui è stata eseguita con soddisfazione la monovisione presentano quasi sempre una inversione all’80-60% del contrasto. Viceversa quelli che presentano l’inversione al 20% del contrasto sono i meno soddisfatti. Un altro punto importante nel determinare il successo della monovisione è la scelta della refrazione nell’occhio per la visione da vicino. I primi studi presenti in letteratura riportano una anisometropia di 2 e a volte anche 2.5 D. Nel nostro studio abbiamo scelto invece una refrazione di -1.50 nell’occhio non dominante. Infatti rendere l’occhio per vicino –1.00 –1.50 determina una liberta da occhiali anche se non totale almeno nella maggior parte delle normali attività, determinando, però, un mantenimento della visione stereoscopica e riducendo la perdita di sensibilità al contrasto, che si può invece avere


La monovisione pseudofachica può essere una valida alternativa all’impianto bilaterale di lenti multifocali?

con livelli di anisometropia più elevati. La libertà da occhiali resta alta, anche perché i pazienti pseudofachici presentano tutta una serie di meccanismi di compenso che vanno sotto il termine generico di pseudoaccomodazione, che rendono necessaria, rispetto ad un paziente fachico presbite, una minore correzione. Un livello così basso di anisometropia rende anche meno importante la scelta dell’occhio dominante, dal momento che può far si che avvenga la fusione e non sia necessaria la soppressione. Per questo nel caso di scelta di un‘anisometropia cosi bassa, invece che di monovisione si prefe>>

risce parlare di mini-monovisione o di omnivisione. >>

Conclusioni

La monovisione rappresenta oggi un’opzione molto convincente per i pazienti in età presbiopica che necessitano della rimozione della cataratta e costituisce in pazienti selezionati una valida alternativa all’impianto bilaterale di una lente multifocale o accomodativa. Tuttavia soltanto osservando tutte le precauzioni necessarie ed eseguendo i test descritti potremo ottenere un alto indice di soddisfazione dei nostri pazienti.

Bibliografia

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I coloranti utilizzati nella chirurgia vitreo retinica Nicola Pescosolido1 Mariasilvia Evangelista2 Matteo Federici2 Vittoria Magliari Galante3 Francesco Bozzoni Pantaleoni3

Review

1. I Facoltà di Medicina e Chirurgia, Sapienza-Università di Roma, Dipartimento di Scienze dell’Invecchiamento 2. I Facoltà di Medicina e Chirurgia, Sapienza-Università di Roma, Dipartimento di Oftalmologia 3. UOC Oculistica, ACO San Filippo Neri, Roma

RIASSUNTO Lo scopo di questo lavoro è quello di presentare l’attuale stato dell’arte riguardo l’utilizzo dei coloranti vitali nella chirurgia vitreo retinica. Sono state valutate le proprietà, le tecniche di applicazione, le indicazioni e le complicanze dei vari agenti usati per la colorazione della membrana limitante interna e delle membrane epiretiniche nella cromo vitrectomia. Sono stati analizzati numerosi studi inerenti tale argomento e valutati diversi coloranti tra cui il verde di indocianina, il verde di infracianina, la fluoresceina sodica, il Trypan Blu, il Patent Blu, il Bromfenolo blu, il Brillant blu G, il Triamcinolone Acetonide e il Fluorometolone Acetato. Distinzione rilevante va fatta in base alla struttura evidenziata dal colorante infatti, il verde d’indocianina, il verde d’infracianina e il Brillant Blu possiedono un’alta affinità per la membrana limitante interna mentre il Trypan Blu, il Patent Blu e il Bromfenol Blu hanno affinità per la membrana epiretinica quindi verranno utilizzati in base all’esigenza del chirurgo. È noto il consenso riguardo l’utilizzo dei coloranti vitali nella chirurgia vitreo retinica in quanto facilitano la visualizzazione e il peeling di queste sottili membrane. Rimane ancora aperta la diatriba su diverse questioni, soprattutto riguardo la potenziale tossicità e la sicurezza di questi agenti. È importante sottolineare che questi diversi coloranti hanno una differente tossicità sulle cellule retiniche. In base a ciò il Brillant Blu G si mostra come la prima reale opzione alternativa al verde d’indocianina e al verde d’infracianina nella cromovitrectomia. ABSTRACT The aim of this article is to present the current state-of-the-art regarding to the application of vital dyes during vitreoretinal surgery. The properties of dyes, techniques of application, indications, and complications in chromovitrectomy have been reviewed. Several studies about this topic have been evaluated and various vital dyes, like indocyanine green, infracyanine green, sodium fluorescein, Trypan Blue, Patent Blue, Bromophenol Blue, Brilliant Blue G, Triamcinolone Acetonide and Fluorometholone Acetate have been analysed. It’s very important to distinguish the differences in the staining structure of each one of this agents. The first line agents for internal limiting membrane staining in chromovitrectomy are indocyanine green, infracyanine green, and Brilliant Blue whereas Patent Blue, Bromophenol Blue and Trypan Blue arose as outstanding biostains for visualization of epiretinal membranes therefore they will be used according to surgeon’s needing. There is a consensus that the application of vital dyes facilitates the delicate removal of intraocular membranes during vitreoretinal surgery. Controversy still remains around various issues, mainly about potential toxicity and safety of these agents. It’s very important to point out that these dyes agents present different toxicity on retinal cells. For this reason Brillant Blu G is the first real alternative option to indocyanine green and infracyanine green in chromovitrectomy.

PAROLE CHIAVE Coloranti Chirurgia vitreo retinica Membrana limitante interna Membrana epiretinica KEY WORDS Dyes Vitreoretinal surgery Internal limiting membrane Epiretinal membrane

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Introduzione

L’utilizzo dei coloranti nella chirurgia vitreoretinica è una metodica diffusasi nel corso degli ultimi anni1. Numerosi studi clinici hanno evidenziato che la rimozione della membrana limitante interna (ILM) rappresenta una procedura molto efficace nella maggior parte delle patologie coinvolgenti l’interfaccia vitreoretinica, prima fra tutte il foro maculare, in cui la rimozione della ILM rappresenta allo stato attuale l’unica vera indicazione terapeutica. Ma la ILM rappresenta viscochirurgia

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una struttura estremamente delicata e appena percettibile, per cui la sua rimozione rappresenta spesso una sfida per il chirurgo. Tale manovra chirurgica ha perciò trovato giovamento dall’introduzione dei coloranti in chirurgia vitreoretinica. Conoscendo l’importanza dell’argomento nella review ci siamo proposti di prendere in esame i coloranti maggiormente utilizzati in tali procedure, analizzandone le caratteristiche prevalenti e confrontandone l’efficacia. Con l’introduzione dei coloranti vitali, come ad esempio


I coloranti utilizzati nella chirurgia vitreo retinica

il verde d’indocianina (ICG) con lunga storia di applicazione e di utilizzo nell’angiografia oculare, la chirurgia del pucker maculare ha subito profonde modificazioni. L’ICG ha così evidenziato una tossicità retinica solo dopo l’iniezione intravitreale durante la chirurgia maculare. La ricerca di coloranti risulta essere quindi un campo di intensa ricerca e particolare attenzione per gli studiosi del settore. Numerosi studi affrontano tale problematica, avendo come obiettivo quello di analizzarne i possibili danni a livello retinico. Lo studio di Haritoglou et al.2 ha descritto passo dopo passo l’approccio per valutare nuovi potenziali coloranti nella chirurgia maculare. In tale contesto si è cercato un colorante altrettanto efficace, ma maggiormente sicuro, rispetto all’ICG. >>

Le membrane epiretiniche

La fibroplasia premaculare è la risultante di una proliferazione cellulare che genera la formazione di una fine membrana fibrotica avascolare sulla membrana limitante interna della retina centrale. Le cosiddette membrane epiretiniche (Figura 1) nella membrana maculare sono state descritte per la prima volta da Iwanoff nel 1865 e riconosciute clinicamente dal 1930. Possono causare un raggrinzimento o una contrazione della superficie retinica che interferisce con la sua funzione. Le membrane epiretiniche (ERM) localizzate che ricoprono e spesso distorcono la macula sono state descritte e indicate con termini diversi come: retinopatia da raggrinzimento superficiale, maculopatia a cellophane, fibrosi maculare preretinica, gliosi maculare preretinica, pieghe retiniche primarie e pucker maculare (Figura 2). Questi nomi sono stati usati per descrivere varie condizioni cliniche, con membrane che presentano diversa morfologia, pro-

Figura 1 Rappresentazione schematica della localizzazione della membrana epiretinica sulla retina (da www.mayoclinic.org)

ducono differenti effetti sulla retina e sono causate, probabilmente, da differenti meccanismi patogenetici da diversi tipi di cellule. Il termine pucker maculare è di solito usato per descrivere casi con membrane epiretiniche più spesse e marcata distorsione coinvolgente tutti gli strati della retina. Le membrane epiretiniche sono state riscontrate in circa il 2-6% degli occhi sottoposti ad autopsia. La loro incidenza cresce con l’età e in uno studio comportante 324 casi di gliosi premaculare idiopatica, l’età media di comparsa è risultata essere 64,6 anni. Altri studi hanno dimostrato che l’età media dei pazienti affetti da membrane epiretiniche idiopatiche e sintomatiche era di oltre 50 anni e che, dal 10 al 20%, dei casi la lesione era bilaterale. L’etiologia delle membrane epimaculari è di solito primaria o idiopatica: molti occhi non presentano altre alterazioni, se non un distacco posteriore di vitreo (parziale o completo) che è stato riportato dal 60 al 95% degli occhi con gliosi preretinica maculare idiopatica. Cause secondarie sono rappresentate da condizioni patologiche oculari preesistenti o da procedure chirurgiche

Figura 2 Rappresentazione fotografica della membrana epiretinica in diversi stadi di sviluppo

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Nicola Pescosolido, Mariasilvia Evangelista, Matteo Federici, Vittoria Magliari-Galante, Francesco Bozzoni Pantaleoni

come cataratta, chirurgia episclerale, trabeculotomia, vitrectomia e fotocoagulazione. I fattori di rischio includono: scarsa acuità visiva preoperatoria (sotto 20/50), la presenza preoperatoria di membrane epiretiniche localizzate, emorragie coroideali, pazienti con più di 30 anni e reinterventi di recidiva per distacco di retina dopo chirurgia episclerale non coronata da successo. Si è supposto che il danno maculare sia causato da una combinazione della contrazione centrifuga risultante dal distacco parziale della jaloide posteriore e dalla trazione tangenziale prodotta dalla contrazione della membrana. Inizialmente, la sola indicazione della presenza delle membrane può essere il riscontro di un riflesso brillante e traslucido proveniente dalla superficie retinica. La membrana può ispessirsi con il passare del tempo e apparire opaca oscurando i dettagli della retina sottostante. Il paziente affetto da tali membrane può essere asintomatico o lamentare una perdita della visione stabile o ingravescente associata a metamorfopsia. Dal punto di vista patogenetico, la riduzione della capacità visiva in occhi con membrane epimaculari può essere secondaria a distacco retinico della macula o ad ostruzione del flusso assoplasmatico, alla presenza del tessuto che copre e distorce la macula o ad edema intraretinico da leakage vascolare. Occhi con gliosi premaculare idiopatica hanno migliore acutezza visiva iniziale rispetto a quelli con gliosi premaculare secondaria. Esami istopatologici delle membrane epiretiniche hanno dimostrato la presenza delle cellule della glia e cellule dell’epitelio pigmentato di origine fibroblastica. Le ERM sono strutture a scarsa componente cellulare, di natura prevalentemente collagena. Green et al.3 hanno osservato cellule dell’EPR e di origine dell’astroglia in membrane epiretiniche che costituivano un pucker maculare dopo distacco della retina. In occhi con membrane epiretiniche non associate a rotture e/o distacco della retina, cellule dell’EPR non sono mai state osservate e la componente cellulare sembra di origine astrogliale. Diversi tipi di cellule possono essere implicate nella formazione delle membrane epiretiniche; tuttavia i più comuni sono gli astrociti fibrosi4. Sono stati descritti anche altri tipi di cellule tra cui i fibrociti, i miofibroblasti, i macrofagi, le cellule infiammatorie, gli ialociti e le cellule endoteliali vascolari5,6. In effetti è difficile identificare

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esattamente le cellule che provocano la comparsa della membrana epiretinica, in quanto gli astrociti, gli ialociti, i fibrociti e le cellule dell’epitelio pigmentato retinico possono trasformarsi in cellule dall’aspetto e dal funzionamento simile7. Queste alterazioni morfologiche, in queste cellule, possono verificarsi durante la proliferazione associata alla secrezione di materiale extracellulare o alla maturazione della membrana epiretinica8. Alcuni studi sulle caratteristiche ultrastrutturali di membrane epiretiniche idiopatiche e gravi che creano un deterioramento visivo, asportate con chirurgia vitreale, suggeriscono che le membrane clinicamente complicate contengono i seguenti quattro tipi distinti di cellule: astrociti fibrosi, cellule dell’epitelio pigmentato retinico, fibrociti e macrofagi. I fibrociti e i macrofagi possono appartenere ad un gruppo di cellule, gli ialociti, che comprendono cellule vitreali sessili, cellule monocitiche ematogene e, forse, periciti. Lo sviluppo di cellule simili ai miofibroblasti rientra nelle capacità di numerosi altri tipi di cellule. La combinazione di cellule in ciascuna membrana può variare a seconda dell’entità clinica predisponente9. La formazione della componente collagena delle membrane può derivare da uno o da tutti i gruppi di cellule di base. Una membrana epiretinica semplice composta solo di cellule gliali, può divenire più significativa dal punto di vista clinico in caso di interessamento di altre cellule (simili a macrofagi, fibrociti o cellule dell’epitelio pigmentato retinico). La capacità delle ERM, qualunque sia la causa con cui esercitano una tensione sulla retina si basa sulla capacità di tutti questi tipi di cellule di assumere proprietà miofibroblastiche. Questa proprietà consente loro di mutare la propria forma all’interno dell’impalcatura collagena della membrana e quindi di esercitare una notevole trazione sulla retina. Non è stata osservata nessuna infiltrazione da microvasi con globuli rossi né cellule linfocitarie; questo suggerisce che alla formazione delle ERM non partecipano l’angiotensina e i processi infiammatori. L’esame immunoistochimico ha rivelato che l’immunoreattività per la glutammino sintetasi è maggiormente percepita nei tessuti collageno simile della ERM, presentando un pattern continuo e isodenso. Le indagini morfologiche avevano dimostrato che le ERM idiopatiche contengono cellule derivate probabilmente da cellule della glia. Comunque


I coloranti utilizzati nella chirurgia vitreo retinica

Figura 3 Immagine OCT con evidente membrana epiretinica

non era ancora stato chiarito se le cellule presenti derivavano dagli astrociti o dalle cellule di Müller10,11. Comunque risulta chiaro come una piccola parte della ERM è composta da cellule non gliali senza immunoreattività alla glutammino sintetasi; questi probabilmente sono i fibrociti, le cellule dell’epitelio pigmentato o i miofibrociti12. Una possibile causa della crescita e progressione delle ERM può essere rappresentata dalla presenza nelle membrane del fattore di crescita vascolare endoteliale e dei suoi recettori; è suggestiva l’idea che il VEGF e il fattore di crescita di derivazione piastrinica possano rappresentare uno stimolo autocrino e paracrino che può contribuire alla progressione delle membrane fibrotiche, sia vascolari che avascolari . Per la diagnosi, oltre all’esame oftalmoscopico, l’OCT è capace di fornire una valutazione strutturale della macula utile nella valutazione pre e post operatoria della chirurgia delle ERM fornendo anche informazioni utili ad una migliore valutazione della prognosi anatomica e funzionale (Figura 3). La chirurgia è indicata in un ristretto numero di pazienti con pucker maculare che causi persistente disabilità o progressivo decadimento del visus o metamorfopsia. Molti pazienti sono tenuti per molto tempo sotto controllo prima di essere sottoposti all’intervento chirurgico della membrana. >>

Rimozione chirurgica delle membrane epiretiniche

La chirurgia vitreoretinica è stata inizialmente utilizzata nel trattamento delle membrane epiretiniche associate a proliferazione vitreoretinica13 e solo successivamente è stata proposta anche in casi di membrana epiretinica idiopatica14. L’idea di ricorrere a questa possibilità terapeutica è nata dalla constatazione che nei rari casi in cui la membrana si separa spontaneamente

dalla superficie della macula, si verifica un miglioramento rapido dell’acuità visiva. Dopo una fase iniziale di crescita e contrazione si verifica una stabilizzazione della membrana sia dal punto di vista clinico che morfologico. Le indicazioni alla chirurgia comprendono: riduzione recente e progressiva dell’acuità visiva (= o < 4/10), metamorfopsie tali da ostacolare le attività quotidiane svolte dal paziente, anche in presenza di un’acuità visiva > 5/10. Gli scopi della chirurgia sono due: 1) rimozione del vitreo che fa da supporto alla proliferazione delle cellule (astrociti fibrosi, cellule di Müller, macrofagi, miofibroblasti, epitelio pigmentato retinico) responsabili della formazione della membrana idiopatica o secondaria, 2) liberazione delle trazioni vitreoretiniche antero-posteriori e tangenziali, soprattutto a livello della macula.

Peeling della membrana epiretinica La membrana si presenta come uno strato opaco, semitrasparente, non riflettente, soffice, con superficie, spessore e bordi irregolari, generalmente non strettamente aderente alla retina. A seconda del colorante utilizzato, si evidenzierà più la ERM o la ILM e la tecnica di chirurgia sarà diversa, come verrà descritto in seguito per ogni colorante. Per la separazione della membrana dalla retina si procede al reperimento con rimozione diretta, oppure alla creazione di un piano di clivaggio. L’ago 20G e lo sclerotomo monouso hanno vantaggi e svantaggi. I primi comprendono: massima capacità di incisione e necessità di esercitare una pressione minima. Lo svantaggio principale invece è dato dalla necessità di eseguire movimenti tangenziali per ridurre il rischio di lesioni retiniche. Dopo aver sollevato la membrana, questa viene afferrata con le pinze e separata dalla retina con movimenti circolari. Dopo la rimozione della membrana, la retina si può presentare pieghettata e di colore biancastro; tale riflesso scompare entro 72 ore ed è legato 1 • 2010

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Nicola Pescosolido, Mariasilvia Evangelista, Matteo Federici, Vittoria Magliari-Galante, Francesco Bozzoni Pantaleoni

Figura 4 Rappresentazione fotografica prima (sx) e dopo (dx) intervento di peeling della membrana epiretinica

alla ostruzione del flusso assoplasmatico. I risultati migliori sono attesi per membrane epiretiniche di recente insorgenza (inferiore ai 6 mesi) e consistono essenzialmente nella quasi completa risoluzione della distorsione e un certo recupero dell’acuità visiva (Figura 4). A seguito di questa procedura, avremo un graduale miglioramento della vista, che ottiene i suoi massimi benefici dopo circa 3-6 mesi dalla chirurgia. Circa l’8090% dei pazienti ottengono un miglioramento della visione, in alcuni casi, dove vi è stato una grossa alterazione dei tessuti, non si ottiene alcun beneficio. In circa il 10% dei casi si può avere una recidiva, in altri casi il rischi è di infezioni, sanguinamenti, distacco della retina o una evoluzione più rapida della cataratta15. >>

I coloranti

Verde di indocianina (ICG) Il verde di indocianina è una Tricarbocianina con formula molecolare C43H47N2NaO6S2 usata in oftalmologia per l’angiografia oftalmica e per Figura 5 A: Visione intraoperatoria dopo vitrectomia dell’iniezione del verde di indocianina (ICG) nella cavità vitreale su un occhio prelevato da cadavere. B: Visione intraoperatoria che mostra la colorazione con il ICG e l’inizio del peeling. C: Visione intraoperatoria della progressione dell’operazione. D: Visione intraoperatoria che mostra l’ultima fase dell’intervento. E: Visione intraoperatoria che mostra la retina privata della ILM al termine del peeling. F: Visione intraoperatoria che mostra il ICG intrappolato nella porzione posteriore del vitreo (da Scott et al., 2000)

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colorare la capsula anteriore del cristallino nella capsuloressi. Inoltre, permette di visualizzare la membrana limitante interna (ILM)16,17 nella chirurgia vitreoretinica, ma il suo utilizzo per il trattamento delle membrane epiretiniche (ERM) ha mostrato risultati contrastanti18. L’unico vantaggio nell’utilizzo di tale colorante nel trattamento delle membrane epiretiniche deriva dalla possibilità di colorare l’adiacente membrana limitante interna facilitando la completa rimozione del complesso ILM-ERM. Lo studio di Scott et al.19 ha avuto come obiettivo quello di determinare se il verde d’indocianina (ICG) colorasse e facilitasse il peeling della ILM. Il lavoro è stato condotto prendendo in esame 11 occhi di cadaveri umani sui quali veniva eseguita una vitrectomia a cielo aperto. Successivamente è stata iniettata una soluzione di ICG allo 0,5% nella cavità posteriore del vitreo al di sopra della macula. Il colorante è stato fatto fissare per 5 minuti per poi essere rimosso con un’aspirazione meccanica. Il peeling della ILM è stato condotto utilizzando un bisturi inclinato rispetto alla porta d’accesso e delle for-

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bici intraoculari. Sono state così valutate le caratteristiche del colorante e le superfici asportate sono state analizzate al microscopio elettronico. I risultati ottenuti hanno mostrato la capacità dell’ICG nel colorare la ILM di verde (Figura 5), facilitando così il peeling dell’ILM e migliorandone la visualizzazione. La retina invece non viene colorata nelle sue parti esenti dalla proliferazione della ILM, stabilendo così una netta distinzione tra la ILM ben colorata e le altre parti della retina. Tra gli svantaggi dell’utilizzo di tale colorante è da tener presente la possibile tossicità diretta dell’ICG e dei suoi metaboliti sia sugli strati retinici esterni che sulla ERM, sia su quelli interni (cellule ganglionari), messi in evidenza da numerosi studi20,21. L’iniezione intravitreale dell’ICG può cambiare l’osmolarità nella cavità vitreale danneggiando la retina neurosensoriale22. Inoltre, si può presentare la possibilità di un danno iatrogeno sugli strati retinici interni, un’alta incidenza di emorragie retiniche e difetti del campo visivo. L’ICG possiede un’alta capacità di assorbire la luce nello spettro dell’infrarosso. Buoni risultati sono stati ottenuti con l’utilizzo di basse concentrazioni di ICG non superiori allo 0,0125%. Il principale vantaggio tecnico consiste nell’alta affinità biochimica dell’ICG con le fibre collagene della ILM, assicurando la completa asportazione della ILM e dei soprastanti tessuti epiretinici. Una migliore visualizzazione della ILM dovrebbe ridurre l’incidenza dei traumi intraoperatori causati dagli strumenti chirurgici e dalla endoilluminazione. Gli svantaggi ai quali si può andare incontro utilizzando tale colorante sono: la bassa affinità biochimica per le membrane epiretiniche e per il vitreo e i risultati contrastanti per quanto riguarda la tossicità, avendo riscontrato danni all’epitelio pigmentato retinico dopo il suo utilizzo23-30. Uno studio eseguito da Tsuiki et al.31 descrive i difetti del campo visivo dopo vitrectomia con e senza l’utilizzo del verde di indocianina nella rimozione della membrana limitante interna. È stato osservato che i difetti del campo visivo sono stati causati da un incremento della tossicità del colorante dopo l’esposizione all’illuminazione. Per prevenire questa complicanza il colorante dovrebbe essere utilizzato ad una concentrazione, volume e tempo di esposizione bassi. Inoltre, il chirurgo deve constatare il tipo, la forza e la posizione della fonte di illuminazione oppure utilizzare un altro coloran-

te. Un altro studio sulla tossicità dell’ICG è stato condotto da Sayanagi et al.32, i quali hanno preso in considerazione 10 occhi sottoposti a vitrectomia per foro maculare e peeling della membrana limitante interna (MLI) verificando il colorante residuo a fine intervento tramite fluorangiografo digitale. Nove occhi sono stati colorati con ICG, uno solo con triamcinolone acetato. Dopo il trattamento chirurgico con peeling della membrana limitante interna usando l’ICG, l’acuità visiva è risultata significativamente migliorata in 8 occhi e invariata solo in uno. È stato dimostrato che l’ICG rimaneva nell’occhio per molto tempo dopo l’operazione. Infatti, gli Autori suggeriscono che probabilmente l’ICG una volta penetrato nello strato delle fibre nervose migra all’interno di esse immediatamente dopo l’intervento. Le zone di iperfluorescenza apparivano gradualmente anche nella fase centrale e tardiva lungo l’arcata retinica. Gli Autori hanno anche ipotizzato che l’origine del segnale di iperfluorescenza fosse a livello dell’EPR e della membrana di Bruch ricche in fagociti ripieni del colorante.

Verde di infracianina (ifCG) Il verde di infracianina è un colorante verde con la stessa struttura chimica dell’ICG (C43H47N2NaO6S2) e con simili proprietà farmacologiche. Rappresenta una versione modificata iodio priva dell’ICG che contiene fino al 5% di Na ioduro, sostanzialmente utilizzato per garantire la solubilità in acqua della sostanza. L’ICG viene disciolto in 0,1 ml di acqua distillata per la diluizione, poi 1 ml di tale soluzione viene diluita in 4 ml di BSS plus, ottenendo una soluzione ipoosmolare. La presenza dell’ICG altera di poco l’osmolarità poiché questa è una grande molecola ed è legata alle proteine in vivo. Di contro, l’ifCG non contiene iodio, precipita in acqua, e perciò viene utilizzato il glucosio al 5% come solvente. L’ifCG induce in modo minore gli effetti tossici sulle cellule dell’epitelio pigmentato retinico, legati alla osmolarità. Tali effetti dannosi dell’ICG sono probabilmente dovuti alla ipoosmolarità del solvente usato che risultano perciò sensibilmente diminuiti con l’utilizzo dell’ifCG disciolto nel glucosio. Tale colorante ha dimostrato un’alta affinità per la ILM facilitandone la sua visualizzazione33 e inoltre è stato dimostrato essere scarsamente tossico34. Dopo studi in vitro non sono state 1 • 2010

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Nicola Pescosolido, Mariasilvia Evangelista, Matteo Federici, Vittoria Magliari-Galante, Francesco Bozzoni Pantaleoni

evidenziate distruzioni cellulari della neuroretina, né danni significativi delle cellule gliali35. Lo studio di Lanzetta et al.36 è stato condotto con lo scopo di testare l’efficacia del colorante ifCG nel peeling della ILM nel trattamento del foro maculare. A tale scopo per questo studio sono stati arruolati 38 occhi di 35 pazienti sottoposti a esame dell’acuità visiva, oftalmoscopia e OCT sia prima che dopo l’operazione. La ILM è stata colorata con 0,5 mg/ml (0,5%) di ifCG, ottenendo dei risultati comparabili con quelli dell’ICG. Gandorfer et al.37 hanno ipotizzato come l’accumulo di ICG nella ILM può aumentarne la concentrazione a livello retinico. Ciò potrebbe spiegare come l’effetto tossico del colorante si possa riferire all’iposmolarità in quanto l’ICG richiede la sua diluizione in acqua. In base a ciò Lanzetta et al. nel loro studio hanno utilizzato ifCG disciolto in glucosio al 5% che risulta essere una soluzione isoosmotica e perciò priva di effetti tossici sulle cellule dell’epitelio retinico. In conclusione, il loro studio suggerisce che una soluzione di ifCG a bassa concentrazione (0,05% invece che la più comune concentrazione allo 0,5%) sembra essere maggiormente sicura dell’ICG nella colorazione del ILM, minimizzando le chances di tossicità sulla retina. Tale colorante, utilizzato in concentrazione dello 0,05%, non ha provocato danni a livello delle cellule gliali.

Fluoresceina sodica (FS) La fluoresceina sodica è uno xantene idrofilico con formula molecolare C20H10Na2O5 e peso molecolare di 376 Daltons. Il colorante possiede un sistema anionico aromatico non planare. La sua capacità idrofilica gli permette di colorare il vitreo e può assicurare la sua completa rimozione durante la cromovitrectomia; tale ipotesi può essere avvalorata da alcuni lavori clinici38,39. Per Figura 6 Visione intraoperatoria che mostra il Tripan blu (TB) “pesante” iniettato nell’area maculare dopo vitrectomia e fatto stabilizzare per due minuti, prima di essere aspirato (sx) e rimozione della membrana epiretinica dopo colorazione con TB (da Sarit et al., 2007)

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quanto riguarda la tossicità della FS sulla retina non sono stati svolti studi al riguardo.

Trypan Blu (TB) Il Trypan Blu ha nella sua struttura, C34H24N6Na4O14S4, una grande molecola anionica idrofilica tetrasolforica. Il colorante si lega ai tessuti attraverso l’adesione sugli elementi cellulari degenerati o perché viene fagocitato, ma solo da cellule degenerate evidenziando perciò i tessuti morti40,41; nei tessuti vivi le membrane cellulari non sono colorate a causa del loro controllo selettivo del trasportatore di membrana che non permette il legame con il Trypan Blue42. Inizialmente il tale colorante veniva utilizzato per colorare la capsula del cristallino43. La sua introduzione in campo vitreoretinico ha determinato un cambiamento nella colorazione di un nuovo tessuto bersaglio: la membrana epiretinica (ERM). Una sua migliore visualizzazione può aiutare a minimizzare i traumi meccanici retinici dovuti al peeling della stessa ed è utile per visualizzarla nelle sue reali dimensioni, generalmente maggiori di quella presunta. Il colorante viene iniettato in camera vitrea in concentrazione tra lo 0.06% e lo 0.20%. Se l’ICG e il ifCG rappresentano le sostanze più appropriate per colorare e quindi visualizzare la ILM, il TB può essere maggiormente indicato per l’identificazione della ERM (Figure 6-7). Il principale svantaggio del TB è che necessita di uno scambio aria-fluido per il raggiungimento di una adeguata colorazione. Ciò incrementa il rischio di complicanze chirurgiche. Alcuni studi hanno messo in evidenza dei possibili effetti tossici del TB44-47. In uno studio più recente, Oberstein et al. (2007) hanno utilizzato una forma modificata di tale colorante (più densa dell’acqua) per ovviare al bisogno dello scambio aria-fluido. Per il loro studio sono sta-


I coloranti utilizzati nella chirurgia vitreo retinica

Figura 7 Visione intraoperatoria sequenziale della colorazione con Trypan blu (TB) e rimozione della membrana epiretinica

te reclutati occhi con ERM e i pazienti sono stati operati con metodica standard. Il Trypan Blu è stato preparato diluendo una soluzione isovolumetrica di glucosio al 10% con Membran Blu. I pazienti sono stati controllati a 3 e a 6 mesi prima e dopo l’operazione. Nello studio sono stati inclusi 29 occhi e per il 25% è stata necessaria la riapplicazione del colorante. In nessun caso è stato necessario eseguire lo scambio aria fluido per ottenere la quantità sufficiente di colorante. Dall’esame OCT e dall’esame del visus si è osservato che tutti i pazienti con ERM hanno migliorato la loro visione, il loro volume maculare e il loro spessore foveale. Dopo gli interventi non sono state riportate complicanze. I risultati ai quali sono giunti gli Autori concernono la possibilità di utilizzare efficientemente il TB senza scambio aria-fluido. Inoltre, è stato possibile effettuare facilmente applicazioni successive del colorante. In conclusione, la colorazione della ERM con il TB può minimizzare i traumi meccanici a livello retinico durante la sua rimozione e può permettere il riconoscimento dell’intera area in cui è estesa la ERM. Sebbene sia possibile l’utilizzo del TB per la visualizzazione della ILM, nell’esperienza degli Autori la colorazione di tale struttura è più difficile che con l’ICG.

Patent Blu (PB) Il Patent Blu è un anione idrofilico triarilmetano con formula chimica C27H31N2NaO6S2 e peso molecolare di 582 Daltons. Inizialmente veniva utilizzato come colorante fluorescente durante

la rimozione chirurgica della cataratta in percentuale dello 0,24%. Studi su animali e dati clinici suggeriscono che questo colorante ha una moderata affinità con le ERM e il vitreo, ma una bassa affinità con le ILM. Studi più recenti hanno dimostrato un appropriato utilizzo per la colorazione delle ERM gliali in modo similare al TB. È un colorante di color arancio in condizioni di acidità e di colore blu se in alcalinità. Studi per valutare l’affinità del PB sulla ILM, sulla ERM e sul vitreo hanno mostrato la capacità di questo colorante di identificare il vitreo e le ERM facilitandone la delaminazione senza evidenti segni di tossicità. Tra i lavori in cui è stato utilizzato il PB, quello di Mennel et al.48 ha messo in evidenza l’efficacia di tale colorante nella chirurgia vitreoretinica.

Bromfenolo blu (BrB) Il bromfenolo blu è un colorante blu scuro con formula molecolare C19H10Br4O5S. Lo studio condotto da Haritoglou et al.49 si è proposto l’obiettivo di valutare le caratteristiche del colorante BrB usato durante l’operazione di rimozione della membrana epiretinica maculare (ERM). Sono stati presi in esame 13 pazienti affetti da ERM e sottoposti ad attenti esami clinici sia in fase preoperatoria che postoperatoria comprendenti: esame dell’acuità visiva, esame alla lampada a fessura, tonometria, esame del fondo, fluorangiografia, OCT, perimetria di Goldmann, multifocal ERG e fotografia del fondo. Il colorante BrB era diluito con soluzione salina allo 0.02% raggiungendo così una concentrazione pari allo 1 • 2010

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Nicola Pescosolido, Mariasilvia Evangelista, Matteo Federici, Vittoria Magliari-Galante, Francesco Bozzoni Pantaleoni

Figura 8 Visualizzazione di un sottile strato di corteccia rimanente del vitreo dopo l’iniezione del colorante Bromfenol blu (BrB) (da Haritoglou et al., 2008)

0.2%. La vitrectomia è stata eseguita con le tre porte standard di entrata via pars plana. Prima dell’iniezione del colorante è stato eseguito lo scambio aria-liquido al fine di evitare un’incontrollata distribuzione di colorante. Poi, qualche goccia di colorante è stata applicata sopra l’area maculare (Figura 8). Dopo un minuto, l’occhio è stato completamente lavato al fine di eliminare il colorante. La ERM, ora ben evidente, è stata rimossa con delle pinze e analizzata al microscopio elettronico. In 11 dei 13 pazienti la ERM è stata evidenziata velocemente, mentre in soli due pazienti la ERM è stata rilevata in un tempo più lungo. Gli Autori hanno ipotizzato come questa differenza di tempo di visualizzazione dipendesse dal suo spessore. Una minore colorazione si è notata laddove vi era una maggiore difficoltà nel rimuoverla, suggerendo che le alterazioni patologiche erano più pronunciate all’interno della retina che non sulla sua superficie. In generale, l’acuità visiva dei pazienti è migliorata gradualmente. In nessun paziente si sono osservate delle complicazioni correlate all’utilizzo del colorante. L’analisi al microscopio elettronico ha evidenziato l’integrità delle cellule retiniche anche se si sono osservati piccoli frammenti cellulari sulla superficie della membrana limitante interna. Il bromfenolo blu è perciò un colorante che associa ad una buona visualizzazione delle ERM, un eccellente profilo di sicurezza. Come precedentemente menzionato, gli Autori hanno notato come l’effetto della colorazione del BrB variasse con il variare dello spessore retinico, ipotizzando che questo colorante potesse servire come strumento di diagnostica intraoperatorio, contribuendo ad evitare un eccessivo peeling. Inoltre, hanno osservato una forte colorazione del vitreo alla sua base, fondamentale per la sua rimozione completa per il successo dell’inter-

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vento. È molto importante poter evidenziare la base del vitreo anche nel trattamento della rottura retinica trattiva e nella retinopatia diabetica proliferante in quanto ne determina un peggioramento. In conclusione, gli Autori considerano il BrB fornito di buone proprietà coloranti per la ERM, per il vitreo e inoltre ha mostrato un buon profilo di sicurezza intraoperatorio e durante il follow-up. Dichiarazioni sulla sicurezza a lungo termine non possono essere effettuate prima di un periodo più lungo di revisione. Futuri studi sono richiesti per confrontare i risultati funzionali del bromfenol blu nella vitrectomia con il trypan blu o con altri coloranti convenzionali.

Brillant blu G o Brillant peel (BBG) Il Brillant blu G o Brillant peel è un colorante biocompatibile50 con la seguente formula molecolare C47H48N3S2O7Na ideato per la colorazione specifica della membrana limitante interna (ILM). Il Brilliant peel viene usato come strumento di sussidio nella chirurgia del foro maculare o delle membrane epiretiniche per visualizzare in modo selettivo la ILM51. Si tratta di una soluzione sterile e apirogena, per la quale non sono state registrate reazioni infiammatorie. Grazie alla colorazione specifica della ILM è possibile distinguere chiaramente quest'ultima dai tessuti della retina sottostante e dalle membrane epiretiniche. In questo modo l'impegnativo lavoro di rimozione chirurgica dell'ILM diventa più semplice e sicuro. Numerosi studi eseguiti su occhi di animali e di pazienti umani hanno ricercato se ci fosse una possibile tossicità di tale colorante, ma i risultati ottenuti hanno confermato che il BBG non possiede azione tossica nei confronti delle cellule gangliari retiniche e non ne determina una loro apoptosi52. A vitrectomia avvenuta è sufficiente momentaneamente interrompere il flusso della


I coloranti utilizzati nella chirurgia vitreo retinica

Figura 9 La sequenza di figure mostra quattro fasi del peeling della membrana limitante interna (ILM), in un paziente con foro maculare traumatico, a partire dalla sua iniezione in camera vitrea di Brillant Blu (BBG), fino alla rimozione delle zone evidenziate. È ben evidente come la zona della macula venga completamente liberata dalla membrana che la sovrastava (da Remy, 2008)

soluzione di lavaggio (BSS) in infusione per evitare eccessiva turbolenza. Il BBG non richiede diluizione. Deve essere prelevato dalla fiala e preparato in una siringa da 2,5 o 3 ml sulla quale dovrà essere applicata una sottile cannula a punta smussa. La soluzione colorante deve essere iniettata lentamente nell'occhio riempito di soluzione di lavaggio (BSS) direttamente al di sopra della retina. Il BBG ha una densità simile a quella della soluzione di lavaggio (BSS) ed è pertanto opportuno orientare il flusso in direzione del polo posteriore. Il tempo di posa è di alcuni secondi (circa 30/40), comunque inferiore al minuto. Successivamente, un lavaggio prolungato consentirà l’agevole rimozione del colorante dalla cavità vitrea. Sarà così possibile procedere alla rimozione chirurgica dell'ILM ormai colorata (Figura 9). Il BBG colora selettivamente la ILM, per questa ragione la colorazione della ILM, in presenza di membrane o vitreo, potrebbe risultare meno marcata. Lo studio di Akifumi et al.53 ha preso in esame il BBG confrontandolo con l’ICG e il TB in un modello di retine di ratti dopo iniezione subretinica dei coloranti. È stato osservato che l’ICG causa degenerazione retinica e le cellule dell’epitelio pigmentato vanno incontro ad atrofia dopo 2 settimane dall’iniezione subretinica. Il TB causa meno degenerazioni retiniche rispetto all’ICG invece, il BBG non ha effetti tossici dopo 2 mesi dal suo utilizzo, non causa apoptosi e perciò può essere considerato un colorante sicuro. Un altro lavoro54 ha ricercato gli effetti intravitreali del BBG sulla morfologia e sulla funzione della retina esaminando 78 occhi di ratti, tramite esami morfologici (microscopia) e funzionali (come l’elettroretinografia). Quando si utilizzano coloranti vitali è nota l'eventuale comparsa post-operatoria di reazioni infiammatorie ed edemi corneali. Tali reazioni non sono state osservate utilizzando il BBG.

Triamcinolone Acetonide (TA) Il Triamcinolone Acetonide è un corticosteroide con la seguente formula molecolare C24H31FO6 utilizzato nel trattamento delle maculopatie55. Questo colorante è stato utilizzato per visualizzare il gel vitreale e la corteccia vitreale posteriore. L’alta affinità del TA per le particelle vitreali e per la ILM è stato considerato come risultato della precipitazione di questo steroide. Accanto alla possibilità di visualizzare i tessuti preretinici, l’utilizzo del TA in chirurgia vitreoretinica può determinare un miglioramento nel risultato postoperatorio con riduzione della permeabilità ematoretinica e rischio di fibrosi preretinica56. Le complicanze nell’utilizzo di questo colorante includono endoftalmiti e glaucoma57 mentre non sono state riscontrate alterazioni a livello retinico. Molti Autori suggeriscono di utilizzare il TA per trattare patologie vitreoretiniche quali l’edema cistoide maculare, la retinopatia diabetica, la retinopatia proliferativa e la degenerazione maculare essudativa58-62. Lo studio di Shah et al.63 ha avuto come obbiettivo quello di riesaminare l’esperienza raccolta fino a tale periodo per quanto riguarda l’utilizzo del TA nel peeling della ILM per varie patologie retiniche. Sono stati presi in esame 21 pazienti sottoposti a chirurgia in cui è stato utilizzato sempre il TA come colorante. Questo è stato iniettato nella cavità vitreale in un volume pari a 0,05–0,10 ml (circa 40 mg/ ml) ed è stato fatto stabilizzare sopra il polo posteriore per 30 secondi dopo i quali sono state rimosse tutte le particelle del prodotto attraverso un’aspirazione attiva o passiva, lasciando così un fine strato di colorante a livello della macula (Figura 10). In tutti i casi la ILM è stata rimossa senza complicazioni né difficoltà essendo stata ben visualizzata durante le procedure (Figura 11). Non si sono verificate complicanze intraoperatorie, né è stata riscontrata tossicità. Gli Autori 1 • 2010

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Figura 10 Immagine intraoperatoria. Il Triamcinolone Acetonide (TA) è iniettato nella cavità posteriore vitreale senza essere diluito. Sono stati utilizzati circa 0,05 ml (2 mg) di colorante (sx); dopo aver lasciato impregnare il TA per 30 secondi, le particelle in eccesso sono state rimosse attivamente o passivamente (dx) (da Shah et al., 2005)

Figura 11 Immagine intraoperatoria in cui si vede che la membrana limitante interna (ILM) ricoperta con Triamcinolone Acetonide (TA), viene sollevata attraverso le pinze intraoculari (freccia) (sx); la punta della freccia indica la retina scoperta dopo il peeling priva del Triamcinolone. Il bordo in cui è ancora presente la ILM è colorata con il TA (dx) (da Shah et al., 2005)

hanno voluto sottolineare come il TA ha numerosi vantaggi rispetto all’ICG, infatti il TA non necessita di nessuna preparazione, perciò possono essere eliminati i rischi di una impropria diluizione, che invece è possibile usando l’ICG e il TB. Oltre alla tossicità nota dell’ICG, questo non può essere reintrodotto nell’occhio una volta cominciato il peeling della ILM poiché la retina scoperta può essere poi esposta all’ICG. Al contrario il TA può essere reintrodotto ed è stato reintrodotto dagli Autori in alcuni casi in cui era necessario ottenere una migliore visualizzazione. Un vantaggio dell’ICG nei confronti del TA è che questo colora 4 tipi diversi di collagene, i quali sono specifici per l’ICG. Il TA non delinea chiaramente le ILM in occhi che hanno già precedentemente subito un peeling della ILM . Il TA per la sua consistenza tende ad attaccarsi a livello della punta degli strumenti utilizzati, rendendo occasionalmente necessario una loro pulizia durante la procedura. Il TA fornisce un netto contrasto tra il lembo del ILM scollata e la retina di fondo. Gli Autori riferiscono di non aver trovato nessun tipo di tossicità del TA nei casi esaminati. Una complicanza osservata in un solo caso è stata l’aumento della

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pressione intraoculare risoltasi con 4 settimane di terapia. È noto che il TA può determinare l’aumento della pressione endoculare64 e infatti sono stati osservati innalzamenti moderati della pressione oculare in quattro occhi, che sono poi tornati rapidamente alla normalità spontaneamente o con una terapia opportuna. Non sono stati riscontrati casi di endoftalmite e di infezioni intraoculari. Una possibile complicanza tenuta sotto osservazione poteva riguardare l’accumulo del TA ai bordi del foro maculare. Nei casi in esame gli Autori hanno mostrato una scomparsa delle particelle di steroidi nel giro di parecchi giorni. Inoltre, successivamente alle operazioni, la chiusura dei fori maculari con tale tecnica non ha subito alterazioni. Da questo studio, benchè limitato, è stato possibile osservare come è facilmente utilizzabile il TA nel peeling del ILM, facilitandone la rimozione in un contesto sicuro, con modalità non traumatiche, con potenziali rischi minori di tossicità retinica. Possiamo concludere che il TA è una valida alternativa agli altri coloranti vitreoretinici noti. Nomoto et al.65 hanno esaminato i risultati di un anno ottenuti in 40 pazienti in cui è stato utilizzato il TA per la chirur-


I coloranti utilizzati nella chirurgia vitreo retinica

gia del foro maculare nel rimuovere la ILM. Se il principale svantaggio dell’ICG è la sua tossicità sull’epitelio pigmentato retinico e sulla retina6669, la complicanza maggiore nell’utilizzo del TA è la sua deposizione a livello sub maculare70,71. Il colorante al di sotto della macula può essere assorbito spontaneamente in diversi giorni (circa 10 settimane), ma ciò non influisce sulla chiusura del foro maculare. Nello studio di Nomoto72 è stato osservato l’andamento della deposizione del TA in quattro occhi dopo l’operazione, giungendo ad affermare che i depositi erano scomparsi dopo otto settimane in tutti i casi.

Fluorometolone Acetato (FMA) Il Fluormetolone Acetato (FMA) è un glucocorticosteroide fluorinato con formula empirica C24H31FO5 e un peso molecolare di 418 Daltons. Il FMA bianco con una composizione cremosa, può essere preparato per soluzioni oftalmiche. Tale steroide può essere indicato per il trattamento di condizioni infiammatorie del segmento anteriore dell’occhio. Hata et al.73 hanno studiato la sicurezza del FMA subretinico o intravitreale per la morfologia e la funzione della retina in occhi di topi e di primati per valutarne un suo possibile utilizzo nella cromovitrectomia. Gli Autori non hanno trovato nessuna riduzione importante nelle onde ERG dopo l’iniezione intravitreale del FMT, nè cambiamenti istologici, concludendo che il FMT potrebbe essere usato come alternativa al TA durante la cromovitrectomia. >>

Discussione

L’utilizzo dei coloranti vitali nella chirurgia vitreoretinica può aiutare i chirurghi nel delicato compito della rimozione delle membrane epiretiniche o della membrana limitante interna che si formano sul polo posteriore della retina e di tutte le alterazioni che gravitano attorno ad esse. L’introduzione di questi variegati coloranti nell’assistere la chirurgia vitreoretinica ha incontrato grande entusiasmo in campo oftalmologico, apparendo come una buona soluzione per rendere maggiormente sicura questa microchirurgia, spesso soggetta a variabili legate alla difficoltà nel visualizzare la zona interessata. Con tali coloranti queste tecniche trovano giovamento facilitando la rimozione delle ILM durante la chirurgia per maculopatie da trazione, così come il pucker

maculare o il foro maculare. Ci sono state delle osservazioni che hanno indicato come esista una tossicità potenziale legata ad alcuni coloranti che è da tenere sempre in considerazione. Ciò riguarda in primo luogo il colorante Verde di Indocianina (ICG), il cui utilizzo è diventato una questione controversa tra i chirurghi, essendo stato evidenziato come soggetto principale implicato nella tossicità. La questione riguardante questo aspetto è ancora sotto studio. Nessuno studio sicuro in vivo o in vitro concernente l’utilizzo intraoculare di ICG ha preceduto la sua applicazione intraoculare clinica. Le informazioni assunte dalla letteratura sulla istopatologia della membrana limitante interna durante la cromovitrectomia con ICG rivela risultati contrastanti74,75. La presenza di elementi retinici, come le membrane plasmatiche delle cellule di Müller, i miofibrociti e gli astrociti aderenti a livello della faccia retinica della ILM, dopo la colorazione con ICG fa aumentare il rischio di danno retinico. Un gran numero di studi su animali e di esperimenti in vitro indicano come la tossicità mediata dall’ICG è dose dipendente su varie cellule retiniche come l’epitelio pigmentato retinico, le cellule ganglionari e i fotorecettori76. L’esposizione intraoculare all’ICG può portare le cellule retiniche all’apoptosi o alla necrosi attraverso la luce, l’osmolarità, i danni biomeccanici o i danni indotti dal sodio77. Nuovi studi dovranno definire i meccanismi iniziali che innescano i danni sulla retina provocati dall’ICG. I vantaggi nell’utilizzo di questo colorante riguardano la sua alta affinità con le fibre collagene delle ILM permettendone così una rimozione più rapida. La concentrazione preferita per l’utilizzo dell’ICG è minore di 0,5 mg/ml per minimizzare il rischio di danni retinici. La prima diluizione dovrebbe essere eseguita con 0,1 ml di acqua distillata e la seconda con una soluzione di 4 ml di salina bilanciata necessaria per raggiungere una concentrazione minore di 0,5 mg/ ml ed un’osmolarità di circa 270-290 mOsm/L. Il colorante ifCG, se paragonato con l’ICG, possiede due differenze farmacologiche ben riconosciute le quali possono motivare il suo profilo di maggior sicurezza nella cromovitrectomia. La prima riguarda il fatto che l’ifCG non possiede il 5% di sodio iodato nella soluzione finale aggiunto per promuovere la solubilità dell’ICG78 e alte dosi topiche o intraoculari di iodio hanno mostrato di indurre danni corneali e retinici se1 • 2010

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veri e, come seconda differenza, il sodio iodato presente nell’ICG richiede la sua diluizione in acqua dando luogo ad una soluzione ipotonica di 248-275 mOsm/L. Di contro, il colorante iodio privo può essere disciolto in una soluzione con glucosio al 5% generando una soluzione isoosmotica di 294/314 mOsm/L. Infatti, l’osmolarità sembra cambiare nell’interfaccia vitreoretinica indotta da vari tipi di soluzioni includendo il colorante ICG che è stato mostrato indurre tossicità istologica a livello delle cellule retiniche79. In sintesi, la sicurezza del profilo dell’ifCG può rappresentare un percorso alternativo per l’uso dell’ICG nel peeling della ILM durante la cromovitrectomia. Il colorante Trypan blu non possiede effetti tossici a livello retinico, anche se sono stati trovati casi contrastanti. Luke et al.80 nel loro studio hanno riportato danni retinici irreversibili dopo somministrazione di TB in un modello bovino. In opposizione a questo altri studi hanno osservato che l’esposizione a questo colorante, in dosi variabili, non determina danni retinici81. Lavori futuri dovranno chiarire la sicurezza nell’utilizzo intravitreale del TB durante la cromovitrectomia. Anche per il Patent blu ci sono diversi studi discordanti tra di loro per quanto riguarda la tossicità. Nello studio di Luke et al.82 è stato trovato che il PB causa tossicità solo in modo leggero e reversibile, mentre le cellule dell’epitelio retinico pigmentato esposte al PB in vitro non hanno mostrato tossicità. Pur non essendoci ancora una definitiva conclusione, molti studi condotti fino ad oggi indicano un profilo di sicurezza per il PB in confronto anche con il TB, in modo particolare per quanto riguarda le cellule neurosensoriali. Il danno a livello istologico indotto dal TB è più

severo di quello causato dal PB. Il profilo di sicurezza del Brillant blu G (BBG) in cromovitrectomia è stato investigato da Enaida et al.83 con esperimenti preclinici. Negli occhi di topi e di primati non sono stati osservati cambiamenti patologici retinici dopo una bassa dose di iniezione del BBG; non è stata neanche osservata una riduzione nell’ampiezza nelle onde dell’ERG. Il BBG nell’uomo ha promosso un’appropriata colorazione della ILM in una soluzione iso-osmolare di 0,25 mg/ml per il trattamento delle membrane epiretiniche e del foro maculare ottenendo un miglioramento nell’85% dei pazienti trattati. Non è stato osservato nessun segno clinico di tossicità nel periodo di follow up a lungo termine84. In conclusione il BBG si mostra come la prima reale opzione alternativa all’ICG e all’ifCG nella cromovitrectomia, dovuto alla sua notevole affinità per la ILM. Lo studio di Kawahara et al.85 ha ricercato le modifiche intracellulari che avvengono nelle cellule gliali retiniche esposte al verde di indocianina (ICG) e al Brillant Blu G (BBG). Lo studio è stato condotto esponendo le cellule di Müller umane della linea MIO-M1 ad una bassa dose (0,25 mg/mL) e poi ad una dose clinica (2,5 mg/mL) di ICG e ad una dose clinica (0,25 mg/mL) di BBG rispettivamente per 15 minuti. È stata valutata la capacità proliferativa, la vitalità delle cellule e il numero delle cellule è stato misurato dopo 24 ore dall’esposizione al trattamento. Gli effetti dell’ICG e del BBG sulla fosforilazione della p38 MAPK e il clivaggio della caspasi-9 e caspasi-3 è stato esaminato con la Western Blot. I risultati ai quali sono giunti gli Autori consistono nella riduzione significativa del numero di cellule dopo l’esposizione all’ICG in entrambe le dosi (2,5 o

Tabella 1 ICG

IfCG

SF

Formula molecolare

C43H47N2NaO6S2

C43H47N2NaO6S2

C20H10Na2O5

Peso molecolare (Dalton)

774

774

376

Colore

Verde scuro

Verde scuro

Rosso bordò

Affinità per ILM

Alta

Alta

Bassa

Affinità per ERM

Bassa

Bassa

Bassa

Affinità per vitreo

Bassa

Bassa

Alta

Tossicità per EPR

Moderata

Bassa

Sconosciuta

Tossicità per neuroretina

Moderata

Bassa

Sconosciuta

ICG: Verde di indocianina; IfCG: Verde di infracianina; SF: Fluoresceina sodica; TB: Trypan blu; PB: Patent blu; BrB: Bromofenolo blu;

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I coloranti utilizzati nella chirurgia vitreo retinica

0,25 mg/mL) (p<0,01), mentre tale numero cellulare non diminuisce dopo l’esposizione al BBG alla concentrazione di 0,25 mg/mL. L’osservazione al microscopio elettronico rivela cambiamenti cellulari in senso apoptotico solo nelle cellule trattate con ICG. Inoltre, solo l’ICG induce il clivaggio delle caspasi 3 e 9 le quali venivano inibite da un inibitore della p38 MAPK. Perciò si può concludere da tale studio che l’ICG è tossico per le cellule gliali retiniche, poiché induce apoptosi, essendo coinvolto nell’induzione della cascata delle caspasi attraverso la fosforilazione mediata dalla p38 MAPK. Al contrario, l’esposizione al BBG non causa apoptosi e quindi potrebbe essere un aiuto privo di rischi durante la chirurgia vitreoretinica. Anche il Bromfenolo blu (BrB) è stato proposto come una valida alternativa nel concerto dei coloranti eleggibili per la cromovitrectomia. Esperimenti preclinici recenti hanno dimostrato che tra sei coloranti biologici (light green, yellowish, E68, Chicago blue, rhodamine, rhodulinblau-basic), il BrB colora meglio le ERM, l’ILM e non induce nessun danno in vitro. Ulteriori studi in vivo su occhi di animali hanno dimostrato che il BrB in concentrazione dello 0,5 e 0,02% ha causato meno tossicità retinica significativa. Inoltre, il BrB in concentrazione dell’1% e del 2% ha promosso l’aumento della colorazione e della identificazione dell’ILM86,87. Dati clinici futuri su pazienti umani potranno delucidare la migliore indicazione del BrB nella cromovitrectomia e la sua sicurezza se confrontato con altri coloranti utilizzabili. La sicurezza nell’utilizzo intraoculare dello steroide Triamcinolone acetonide (TA) sulla retina è stata dimostrata da numerosi studi in vivo ed in

vitro88-90. L’iniezione intravitreale di triamcinolone acetonide anche ad elevate quantità (più di 30 mg) non ha prodotto una rilevante tossicità retinica. È stato proposto che il benzil alcol presente nel TA induce la maggior parte dei danni retinici91. Sebbene alcuni ricercatori propongono che i fini cristalli possono aderire alla sottile ILM ed ERM assistendo in questo modo alla loro rimozione, attualmente il TA può essere più precisamente raccomandato per la colorazione del vitreo come deposito per aumentarne solo la visualizzazione. La Tabella 1 mostra una sintesi delle diverse proprietà dei coloranti descritti e spiega la motivazione per la quale Haritoglou et al.92 hanno cercato nuovi coloranti che fossero sicuri per l’applicazione intraoculare e offrissero una potenziale alternativa all’ICG mantenendo le stesse capacità di colorazione. Data la conoscenza delle proprietà chimiche dell’ICG e il dibattito attuale sui suoi potenziali effetti tossici dopo la sua applicazione intraoculare, Haritoglou et al. hanno proposto alcune considerazioni circa i criteri di valutazione nello scegliere un nuovo colorante: il colorante dovrebbe avere un alto coefficiente di assorbimento. Ciò permette una minore necessità di colorante; inoltre, come conseguenza, la formazione di aggregati è soppressa; il colorante dovrebbe avere un’alta solubilità nell’acqua e nelle soluzioni saline (le quali sono usate come comune soluzione idratante durante la chirurgia), ma la solubilità non dovrebbe essere concentrazione dipendente; il materiale dovrebbe avere un’alta stabilità fotochimica; le reazioni dovrebbero tendere ad evitare la formazione delle specie reattive, come l’ossi-

TB

PB

BrB

BBG

TA

FMA

C34H24N6Na4O14S4

C27H31N2NaO6S2

C19H10Br4O5S

C47H48N3S2O7Na

C24H31FO6

C24H31FO5

961

582

670

854

434

418

Blu scuro

Blu

Blu scuro

Blu

Bianco

Bianco

Bassa

Bassa

Moderata

Alta

Bassa

Sconosciuta

Alta

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BBG: Brillant blu G; TA: Triamcinolone acetonide; FMA: Fluorometolone acetato

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geno singoletto, che può portare ad una ossidazione irreversibile della ILM o di altri tessuti; il colorante dovrebbe esibire un assorbimento molto buono a livello dei tessuti bersaglio.

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Conclusioni

L’innovativo utilizzo dei coloranti nella rimozione chirurgica delle membrane epiretiniche rappresenta un notevole aiuto nell’evidenziare e differenziare le delicate strutture che le compongono. Negli ultimi anni con numerosi studi si è cercato di evidenziare il colorante meno tossico e più adatto alla colorazione di tali strutture, ma senza grandi risultati. Nel nostro lavoro abbiamo

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analizzato differenti coloranti primo tra tutti il verde d’indocianina (ICG) che si è rivelato avere un alta affinità con le fibre collagene delle ILM permettendone così una rimozione più rapida, ma allo stesso tempo tossico per le cellule gliali retiniche, poiché induce apoptosi. Di contro, il verde di infracianina (ifCG) può rappresentare un’alternativa alla tossicità dell’ICG. Infine, il Brillant peel (BBG) si mostra come la prima reale opzione alternativa all’ICG e all’ifCG nella cromovitrectomia per la sua notevole affinità alla ILM e alla minore tossicità dimostrata dalla riduzione significativa del numero di cellule dopo esposizione all’ICG mentre, tale numero cellulare non diminuisce dopo esposizione al BBG.

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I coloranti utilizzati nella chirurgia vitreo retinica

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Utilizzo dell’ecografia ad alta frequenza nello studio delle vie lacrimali di deflusso

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Marina Modesti1 Danila Palladino1 Rossella Appolloni2 Alessandro Tiezzi3

1. Unità Operativa di Oculistica, Casa di Cura Fabia Mater, Roma 2. Clinica Oculistica II Facoltà di Medicina e Chirurgia di Roma, “La Sapienza”, Università di Roma 3. I Facoltà di Medicina e Chirurgia di Roma “La Sapienza”, Università di Roma

RIASSUNTO Gli Autori riportano una sintesi della loro esperienza sullo studio delle vie lacrimali di deflusso impiegando l’ecografia ad alta frequenza. Sono stati esaminati 12 pazienti affetti da patologie delle vie lacrimali (dacriocistite cronica, mucocele con ostruzione del dotto naso-lacrimale, ostruzione del canale comune, dacriocistorinostomia con impianto di tutori bicanalicolari). È stato impiegato un sistema ad ultrasuoni con sonda da 35 MHz, utilizzato con la tecnica ad immersione con bagno chiuso. Le informazioni ottenute confermano la validità diagnostica della tecnica ecografica nello studio delle vie lacrimali e suggeriscono di proseguire nello studio, utilizzando in futuro un mezzo di contrasto che consenta di interpretare con certezza le strutture e di ottenere risultati funzionali oltreché anatomici. ABSTRACT Authors present a synthesis of their experiences on lacrimal pathways study using high-frequency ultrasound. They examined 12 patients affected by lacrimal pathologies (cronic dacryocystitis, dacryocystocele with nasolacrimal canal obstruction, common canal obstruction, dacryocystorhinostomy with bicanalicular devices), using an ultrasound system with a 35 MHz probe, with closed immersion system. The obtained results confirm the diagnostic validity of the ultrasound technique on lacrimal pathways study, and suggest to continue on this research, using in future a means of contrast that allows us to interpret the structures accurately, and to obtain functional results in addition to anatomical ones.

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Introduzione

Lo studio strumentale delle vie lacrimali di deflusso comprende tecniche di tipo radiologico (T.C., R.M., dacriocistografia, scintigrafia), la tecnica endoscopica (che a tutt’oggi è la più utile per le informazioni anatomo-funzionali e per le indicazioni chirurgiche che suggerisce), la tecnica ultrasonografica. Quest’ultima presenta anch’essa un’utilità diagnostica per le informazioni anatomiche che fornisce, per la non-invasività, per la possibilità di essere applicata su pazienti poco collaboranti nei confronti di altre tecniche. L’ecografia diventa l’esame di elezione nei pazienti che presentano agenesia dei puntini lacrimali o stenosi del canale comune, nei quali non è possibile eseguire l’esame endoscopico. Attualmente sono disponibili apparecchiature ad ultrasuoni ad alta risoluzione che consentono di ottenere immagini in vivo delle vie lacrima-

li. Abbiamo impiegato un sistema ad ultrasuoni con sonda da 35 MHz, che permette di ottenere una risoluzione assiale di 50 µm, una risoluzione laterale di 70 µm. una penetrazione nei tessuti di circa 8 mm. Il tipo di scansione è angolare, l’area immagine di 15 mm X 15 mm. La tecnica impiegata è ad immersione, con la soluzione isotonica inserita direttamente in un distanziatore applicato alla sonda (Figura 1). Abbiamo voluto verificare le possibilità diagnostiche del sistema ad ultrasuoni descritto sul complesso anatomico delle vie lacrimali di deflusso. >>

PAROLE CHIAVE Ecografia ad alta frequenza Vie lacrimali di deflusso KEY WORDS High-frequency ultrasound Lacrimal pathways

Materiali e Metodi

Sono stati esaminati 12 pazienti di età compresa tra i 5 e 82 anni, 8 maschi e 4 femmine, affetti da patologie delle vie lacrimali (1 ostruzione del canale comune, 6 dacriocistite cronica, 4 muco1 • 2010

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Marina Modesti, Danila Palladino, Rossella Appolloni, Alessandro Tiezzi

Figura 1 Sistema ad ultrasuoni con tecnica ad immersione con sistema chiuso

Figura 2 La freccia rossa indica il canale comune calcificato ed assottigliato, la freccia bianca indica le linee parallele al canale, corrispondenti al ringing retrostante

cele con ostruzione del dotto naso-lacrimale, 1 dacriocistorinostomia con impianto di tutore bicanalicolare). I pazienti sono stati sottoposti a biomicroscopia ad ultrasuoni e ad endoscopia delle vie lacrimali nell’intervallo di 7 giorni. Per studiare le strutture anatomiche delle vie lacrimali di deflusso, la sonda è stata posizionata sulla cute del paziente, a livello della loggia lacrimale, con interposizione di mezzo accoppiante. Le strutture delle vie lacrimali sono state esaminate nelle sezioni trasverse, che consentivano al fascio di ultrasuoni di passare al di sotto del piano osseo, corrispondente alla branca montante del mascellare e di impattare la parete mediale del sacco lacrimale, lungo l’asse di simmetria. Sono stati registrati video per poter selezionare, in seguito, le immagini più significative. Abbiamo determinato i parametri lineari sulle immagini registrate impiegando il software del sistema, e ottenuto video 3 D, dai quali abbiamo estratto immagini tridimensionali. I video 3 D sono stati ottenuti con traslazione laterale della sonda; le immagini sono state estrapolate lavorando con il software del sistema, liberando le strutture relative alle vie lacrimali dai tessuti circostanti. >>

Risultati

Da questo studio preliminare sulle vie lacrimali con ultrasuoni ad alta frequenza non abbiamo ottenuto utili ed attendibili informazioni dai canalini inferiore e superiore, dal condotto comune, dalla porzione distale del dotto naso-lacrimale.

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La risoluzione del sistema ad ultrasuoni (50-70 µm) è ampiamente sufficiente a rilevare le strutture descritte (diametro minimo: 0.3-0.4 mm), ma è difficile individuarle con certezza, perché in condizioni fisiologiche presentano un lume virtuale e un diametro simile ai vasi circostanti. È stato possibile individuare con certezza il canale comune in un solo caso (1/12:8%), perché le pareti presentavano calcificazioni (Figura 2). I vantaggi che derivano dall’applicazione di questa metodica sono invece: la possibilità di studiare il sacco lacrimale, di ottenere informazioni di tipo biometrico sul diametro trasversale, sul contenuto, sullo spessore delle pareti, sul tipo di margini, sul tipo di apertura del sacco nel dotto naso-lacrimale. Abbiamo effettuato misure sul sacco lacrimale dei pazienti. In 1/12 (8%) il sacco lacrimale presentava un diametro trasverso ridotto, in 8/12 (67%) presentava un diametro trasverso nei limiti della norma (4-8 mm), in 3/12 (25%) presentava un diametro trasverso aumentato. Nel contesto del lume del sacco lacrimale di tutti i pazienti che presentavano dacriocistite cronica (6/12) sono stati individuati addensamenti aderenti alle pareti o all’interno del lume, che rappresentano un ostacolo al flusso lacrimale (Figure 3-4-5). In tre su quattro dei sacchi lacrimali di pazienti che presentavano mucocele, con ostruzione a valle (4/12), era presente un aumento del diametro trasversale (valore medio: 9.5 mm). Tutti i sacchi lacrimali avevano una parete sfiancata, atonica, a margini irregolari (Figura 6).


Utilizzo dell’ecografia ad alta frequenza nello studio delle vie lacrimali di deflusso

Figura 3 Dacriocistite cronica: sacco lacrimale occupato da materiale infiammatorio mediamente riflettente. La linea rossa indica la misura diametro trasversale del sacco: 3.48 mm

Figura 4 Dacriocistite cronica: materiale infiammatorio all’interno del sacco lacrimale. Le linee rossa e verde indicano le misure dell’addensamento centrale: 1.09-2.21 mm

Non sempre è possibile individuare la parete posteriore di un sacco dilatato, perché posizionata oltre il limite di lunghezza focale del sistema ad ultrasuoni. In questi casi, per misurare il diametro trasverso totale, ricorriamo all’utilizzo dell’ecografia tradizionale a contatto. Solo in 6/12 pazienti (50%) abbiamo ottenuto informazioni utili della porzione prossimale del dotto naso-lacrimale. Nella metà di questi pazienti l’esame ad ultrasuoni rilevava un restringimento del diametro (valore medio: 0.75 mm). Un paziente era stato precedentemente sottoposto a dacriocistorinostomia e presentava un tutore bicanalicolare di silicone in sede al momento dell’esame biomi-

Figura 6 Mucocele. La freccia indica la parete anteriore del sacco lacrimale sfiancata, irregolare. La parete posteriore non è individuabile

Figura 5 Ricostruzione 3D. Dacriocistite cronica. La freccia indica la cupola del sacco. Coltre di materiale infiammatorio aderente alle pareti.

Figura 7 Mucocele. La linea verde indica il diametro trasversale del sacco lacrimale, ecoprivo. La linea rossa indica il diametro del dotto a valle (0.75 mm), che presenta pareti iper-riflettenti

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Marina Modesti, Danila Palladino, Rossella Appolloni, Alessandro Tiezzi

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Figura 8 Tutore bicanalicolare lacrimale. La linea rossa indica tutore: 0.22 mm, la linea verde indica la distanza tra la superficie anteriore del tubicino e sua riverberazione: 0.80 mm.

croscopico ad ultrasuoni. È stato possibile individuare il tutore ed ottenere da questo immagine bi-dimensionale (Figura 8). >>

Conclusioni

Attualmente l’apporto diagnostico degli ultrasuoni sulle vie lacrimali di deflusso è limitato, per le difficoltà di interpretazione nei confronti delle strutture vascolari circostanti, per le difficoltà di orientamento della sonda nei confronti delle strutture da esplorare. In futuro intendiamo proseguire in questo tipo di lavoro per cercare di estendere lo studio alle vie di deflusso prossimali e distali rispetto al sacco lacrimale, per ottenere informazioni di tipo funzionale oltreché anatomico, per migliorare le capacità diagnostiche, utilizzando mezzi contrasto e rendere così l’esame riproducibile ed af fidabile.

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