La patologia oculare miopica - P.Troiano

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Pasquale Troiano

LA PATOLOGIA OCULARE MIOPICA Dalla prevenzione al contenimento della progressione

Fabiano Gruppo Editoriale



Pasquale Troiano

LA PATOLOGIA OCULARE MIOPICA Dalla prevenzione al contenimento della progressione

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© Copyright FGE srl ISBN 978-88-31256-45-2 Maggio 2022 FGE srl Sede Legale e Operativa: Reg. Rivelle, 7/F – 14050 Moasca (AT) Redazione: Strada 4 Milano Fiori, Palazzo Q7 – 20089 Rozzano (MI) Tel. 0141 1706694 – Fax 0141 856013 – info@fgeditore.it – www.fgeditore.it Gli Autori e l’Editore declinano ogni responsabilità per eventuali errori contenuti nel testo. Tutti i diritti sono riservati. È vietata ogni riproduzione totale o parziale.


La patologia oculare miopica • Pasquale Troiano

Indice

Premessa ......................................................................................................................................

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Introduzione ..............................................................................................................................

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Elementi di ottica geometrica ................................................................................. 11 Il diottro oculare del miope ...................................................................................... 27 Morfologia dell’occhio miope ................................................................................

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Motilità oculare nell’occhio miope ....................................................................

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Misura della rifrazione .................................................................................................... 75 Definizione, diagnosi e classificazione della miopia .......................

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Forme particolari di miopia .................................................................................... 105 Dall’emmetropizzazione alla miopia ...............................................................

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Fattori di rischio per miopia .................................................................................. 125 Interventi per contenere la progressione della miopia ............... 133 Gestione clinica della miopia in età evolutiva ...................................... 147

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PREMESSA Pasquale Troiano

È scientificamente inaccettabile sostenere che la miopia non sia una malattia. In effetti nessun medico oculista è mai stato sfiorato da questa idea. Ma questa precisazione è necessaria poiché viene sostenuta e divulgata - con grave danno per la salute della popolazione - da figure prive di qualsivoglia professionalità sanitaria. È ancor più pericoloso per la salute pubblica che commercianti di occhiali e lenti a contatto si attribuiscano conoscenze e strumenti per “controllare” la miopia. La miopia è una grave patologia oculare che - allo stato attuale delle conoscenze scientifiche - è assolutamente non controllabile ed evolutiva. La miopia può condurre a una significativa riduzione della vista ed è caratterizzata da modificazioni anatomiche e strutturali dell’occhio che favoriscono la comparsa di altre gravi patologie oculari. Correggere l’errore rifrattivo miopico con occhiali o lenti a contatto è insufficiente a salvaguardare la salute oculare. Solo attraverso una visita medica oculistica completa di valutazione ortottica è possibile: – stabilire la reale entità dell’errore rifrattivo – determinare il rapporto tra errore rifrattivo e stato della motilità oculare

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– evitare di portare correzioni ottiche sbilanciate che favoriscono l’evoluzione della miopia e inducono sintomi da affaticamento oculare – individuare la presenza di alterazioni oculari che possono rendere rischioso l’uso di lenti a contatto – accertare le condizioni di salute dell’occhio nel suo insieme – verificare nel tempo l’andamento dell’errore rifrattivo e la sue ripercussioni sulla salute oculare – pianificare interventi mirati a tentare di contenere l’allungamento del bulbo oculare.

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INTRODUZIONE Pasquale Troiano

Una delle poche certezze che abbiamo sulla miopia è la crescita costante della sua prevalenza nella popolazione mondiale per ragioni ancora non definite. Negli Stati Uniti la prevalenza della miopia è salita dal 25% del 1972 al 44% del 2004 (1,2). Nelle aree urbane asiatiche la prevalenza della miopia oggi supera l’80% (3,4). Si stima che entro il 2050 la metà della popolazione mondiale (4,8 miliardi di persone) sarà miope e di questi circa 1 miliardo sarà miope elevato (5), (fig. 1 e fig. 2) La miopia e, in particolare quella elevata, è caratterizzata da modifiche strutturali del bulbo oculare che costituiscono un fattore di rischio per altre patologie oculari (cataratta, glaucoma, maculopatia, distacco di retina) ed è una delle principali cause di cecità nel mondo. L’incidenza annuale del distacco di retina in soggetti con meno di 5 diottrie di miopia è 0,015%; questa sale a 0,07% nei soggetti con miopia tra 5 e 6 diottrie e raggiunge il 3,2% nei soggetti con miopia superiore a 6 diottrie (6,7). Il rischio di sviluppare neovascolarizzazione coroideale è due volte più alto nei soggetti con miopia tra 1 e 2 diottrie, quattro volte più alto con miopia tra 3 e 4 diottrie, nove volte più alto nelle miopie superiori a 5 diottrie (8). Tutto ciò rende la miopia e le complicazioni oculari a essa associate un campo di ricerca ad alta priorità.

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INTRODUZIONE Pasquale Troiano Una delle poche certezze che abbiamo sulla miopia è la crescita costante della sua prevalenza nella

La patologia oculare miopicaper • Pasquale Troianonon definite. popolazione mondiale ragioni ancora

Negli Stati Uniti la prevalenza della miopia è salita dal 25% del 1972 al 44% del 2004 (1,2). Nelle aree urbane asiatiche la prevalenza della miopia oggi supera l’80% (3, 4). Si stima che entro il 2050 la metà della popolazione mondiale (4,8 miliardi di persone) sarà miope e di questi circa 1 miliardo sarà miope elevato (5), fig. 1 e fig. 2

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Fig. 1: andamento della prevalenza della miopia nella popolazione mondiale dal 2000 al 2050

Figura 1. Andamento della prevalenza della miopia nella popolazione mondiale dal 2000 al 2050

La ricerca scientifica è il sistema più affidabile per evitare di sottoporre milioni di persone a trattamenti inutili com’è avvenuto per gli occhiali bifocali, le lenti a contatto morbide, l’uso del timololo fino a quando Saw nel 2002 (9) ha potuto dimostrare la loro inutilità nel contenere l’evoluzione della miopia. Visto il rapporto diretto tra entità della miopia e rischio di altre patologie oculari è necessario identificare il percorso di corretta gestione del soggetto miope che non può limitarsi alla sola correzione dell’errore rifrattivo ma deve prevedere un approccio terapeutico basato su una diagnosi precisa e sulla rimozione dei fattori che possono favorire l’allungamento del bulbo oculare. Centrale e insostituibile in questo processo è il ruolo del medico chirurgo specialista oculista in grado di definire un percorso diagnostico

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Fig. 2: andamento della prevalenza della miopia per aree geografiche dal 2000 al 2050 Figura 2. Andamento della prevalenza della miopia per aree geografiche dal 2000 al 2050e, in particolare quella elevata, è caratterizzata da modifiche strutturali del bulbo oculare ch La miopia costituiscono un fattore di rischio per altre patologie oculari (cataratta, glaucoma, maculopatia, distacco retina) ed è una delle principali cause di cecità nel mondo. L’incidenza annuale del distacco di retina soggetti con meno di 5 diottrie di miopia è 0,015%; questa sale a 0,07% nei soggetti con miopia tra 5 e e terapeutico questa grave patologia oculare, abasato sulle evidenze diottrie e raggiunge di il 3,2% nei soggetti con miopia superiore 6 diottrie (6, 7). Il rischio di sviluppa scientifiche. coroideale è due volte più alto nei soggetti con miopia tra 1 e 2 diottrie, quattro vol neovascolarizzazione piùAl alto con miopia tra 3 e 4nel diottrie, volte alto nelledella miopiesalute superiori a 5 diottrie (8). medico oculista suonove ruolo dipiù garante visiva dei paTutto ciò rende la miopia e le complicazioni oculari a essa associate un campo di ricerca ad alta priorità. La ricerca scientifica è il sistema più affidabile per evitare di sottoporre milioni di persone a trattamen inutili com’è avvenuto per gli occhiali bifocali, le lenti a contatto morbide, l’uso del timololo fino a quand Saw nel 2002 (9) ha potuto dimostrare la loro inutilità nel contenere l’evoluzione della miopia. Visto il rapporto diretto tra entità della miopia e9 rischio di altre patologie oculari è necessario identificare percorso di corretta gestione del soggetto miope che non può limitarsi alla sola correzione dell’erro


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zienti è riservato il compito d’individuare i trattamenti con dimostrata efficacia e di bilanciare gli eventuali svantaggi di questi trattamenti con le complicanze legate alla maggiore entità della miopia.

Bibliografia 1) Kempen JH, Mitchell P, Lee KE, et al. The prevalence of refractive errors among adults in the United States, Western Europe, and Australia. Arch Ophthalmol 2004;122:495–505. 2) Vitale S, Sperduto RD, Ferris FL III. Increased prevalence of myopia in the United States between 1971-1972 and 1999-2004. Arch Ophthalmol 2009;127:1632–1639 3) Lin LL, Shih YF, Hsiao CK, et al. Prevalence of myopia in Taiwanese schoolchildren: 1983 to 2000. Ann Acad Med Singapore 2004;33:27–33. 4) Lam CS, Goldschmidt E, Edwards MH. Prevalence of myopia in local and international schools in Hong Kong. Optom Vis Sci 2004;81:317–322. 5) Holden BA, Fricke TR, Wilson DA, et al. Global prevalence of myopia and high myopia and temporal trends from 2000 through 2050. Ophthalmology 2016;123:1036– 1042. 6) Arevalo JF, Ramirez E, Suarez E, et al. Rhegmatogenous retinal detachment after laser-assisted in situ keratomileusis (LASIK) for the correction of myopia. Retina 2000;20:338–341. 7) Arevalo JF, Azar-Arevalo O. Retinal detachment in myopic eyes after laser in situ keratomileusis. Am J Ophthalmol 2000;129:825–826. 8) Steidl SM, Pruett RC. Macular complications associated with posterior staphyloma. Am J Ophthalmol 1997;123:181–187. 9) Saw SM, Shih-Yen EC, Koh A, Tan D. Interventions to retard myopia progression in children: an evidence-based update. Ophthalmology. 2002;109:415–421.

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ELEMENTI DI OTTICA GEOMETRICA Simona Simonetta, Luciano Graceffa, Pasquale Troiano

L’ottica geometrica è la sezione dell’ottica che studia i fenomeni ottici assumendo che la luce si propaghi mediante raggi rettilinei. Quest’assunzione è valida quando la luce interagisce con oggetti di dimensioni molto maggiori della sua lunghezza d’onda. In questa condizione, gli unici fenomeni rilevanti sono la riflessione e la rifrazione ed è possibile dare una spiegazione, approssimata ma sufficiente, del funzionamento di lenti, prismi, specchi e dei sistemi ottici costruiti con essi. Propagazione della luce in un mezzo uniforme Uno dei principi fondamentali dell’ottica geometrica – enunciato da Euclide – è che la luce si propaga in modo rettilineo e a velocità costante se il mezzo è uniforme. Questo enunciato può apparire in contrasto con l’idea della luce come onda, ma se osserviamo una fonte luminosa puntiforme potremo notare che la luce si muove al suo esterno come una sfera in espansione il cui margine esterno è il fronte d’onda (figura 1). In simili circostanze la luce si propaga lungo ogni raggio della sfera, da cui deriva il termine “raggio di luce”. L’intensità della luce si riduce all’aumentare della distanza dalla sorgente in base alla legge di Keplero secondo cui l’intensità della luce in ciascun punto della sfera si riduce del quadrato della distanza di quel punto dalla sorgente.

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Propagazione della luce in un mezzo uniforme Uno dei principi fondamentali dell’ottica geometrica – enunciato da Euclide – è che la luce si modo rettilineo ed a velocità costante se il mezzo è uniforme. Questo enunciato può apparire in La patologia Pasqualeonda, Troianoma se osserviamo una fonte luminosa puntiforme potremo no con l’ideaoculare dellamiopica luce •come luce si muove al suo esterno come una sfera in espansione il cui margine esterno è il fronte d’o 1).

fig. 1: Fronte d’onda e linee di propagazione di una fonte luminosa puntiforme Figura 1. Fronte d’onda e linee di propagazione di una fonte luminosa puntiforme

In simili circostanze la luce si propaga lungo ogni raggio della sfera, da cui deriva il termine “raggi L’intensità della luce si riduce all’aumentare della distanza dalla sorgente in base alla legge Effetti della interposizione di un secondo mezzo sulla secondo cui l’intensità della luce in ciascun punto della sfera si riduce del quadrato della dista propagazione della luce punto dalla sorgente.

Un raggio di luce che viaggia a velocità costante in un mezzo omogeEffettise della interposizione di un secondo mezzo sullamezzo propagazione dellaleluce neo incontra sul suo percorso un altro subisce seguenti Un raggio di luce che viaggia a velocità costante in un mezzo omogeneo se incontra modifiche: riflessione, diffusione, rifrazione, dispersione. Questi feno- sul suo p altro mezzo subisce le seguenti modifiche: riflessione, diffusione, rifrazione, dispersione. meni si verificano contemporaneamente anche se uno di essi sarà pre- Questi f verificano contemporaneamente anche se uno di essi sarà predominante a seconda delle caratte dominante a seconda delle caratteristiche del nuovo mezzo. nuovo mezzo. Un mezzo omogeneo (isotropico) che consenta il passaggio grande Un mezzo omogeneo (isotropico) che consenta il passaggio di grande di parte della luce viene parte della luce viene chiamato trasparente. trasparente. Se invece il mezzo non ènon omogeneo (anisotropico) ma lascia comunque passare una grande quan Se invece il mezzo è omogeneo (anisotropico) ma lascia comunviene denominato traslucente o traslucido. que passare una grande quantità di luce viene denominato traslucente Infine un mezzo che assorbe la maggior parte della luce viene definito opaco. o traslucido. Quando la luce incontra una superficie riflettente o passa da un mezzo ad un altro il suo p Infine un mezzo che assorbe la maggior parte della luce viene definito propagazione viene deviato rispetto alla sua direzione originale. opaco. Quando incontra unaunsuperficie riflettente o superficie passa dadiun Riflessionelae luce diffusione: Quando raggio di luce incontra la unmezzo mezzo attraverso i può sua propagazione modifica in accordo alle leggi della riflessione Euclide. a unpassare, altro illa suo percorso disi propagazione viene deviato rispetto di alla sua direzione originale.

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Riflessione e diffusione Quando un raggio di luce incontra la superficie di un mezzo attraverso il quale non può passare, la sua propagazione si modifica in accordo alle leggi della riflessione di Euclide. Semplificando: quando la luce incontra una superficie regolare riflettente rimbalza esattamente come una palla da tennis. L’angolazione del rimbalzo della palla da tennis – angolo di riflessione – dipenderà dall’angolazione con cui la palla impatta il terreno di gioco – angolo di incidenza – per cui angolo di incidenza ed angolo di riflessione sono uguali (figura 2). Nella realtà, superfici riflettenti perfettamente regolari non esistono. Quando i raggi incidenti incontrano superfici irregolari vengono riflessi in direzioni e angolazioni diverse: è il fenomeno della diffusione (figura 3). In ogni caso, una superficie speculare regolare e piana produce immagini di dimensioni identiche alle immagini incidenti. Semplificando: quando la luce incontra una superficie regolare riflettente rimbalza esattamente Può essere utile definire ladel nomenclatura allo scopo di rendere palla da tennis. L’angolazione rimbalzo dellaanche palla da tennis – angolo di riflessione – più facilmentecon comprensibili alcuni punti (figura 4). – angolo di incidenza – per cui dall’angolazione cui la palla impatta il terreno di gioco incidenza ed angolo di riflessione sono uguali (figura 2).

fig. 2: Riflessione: angolo di incidenza e dieriflessione sono uguali su superfici regolari Figura 2. Riflessione: angolo di incidenza di riflessione sono uguali su superfici regolari

Nella realtà, però, superfici riflettenti perfettamente regolari non esistono e quindi il fenom riflessione avviene da superfici più o meno “ruvide” per cui i raggi incidenti vengono riflessi in angolazioni diverse dalla irregolarità microscopica della superficie riflettente: è il fenomeno della (figura 3). 13


riflessione avviene da superfici più o meno “ruvide” per cui i raggi incidenti vengono riflessi in fig. 2: Riflessione: di incidenzamicroscopica e di riflessione sono uguali suriflettente: superfici regolari angolazioni diverseangolo dalla irregolarità della superficie è il fenomeno della (figura 3). Nella realtà, però, superfici riflettenti perfettamente regolari non esistono e quindi il fenom La patologia oculare miopicada • Pasquale Troiano riflessione avviene superfici più o meno “ruvide” per cui i raggi incidenti vengono riflessi in angolazioni diverse dalla irregolarità microscopica della superficie riflettente: è il fenomeno della (figura 3).

fig. 3: Diffusione: i raggi incidenti vengono riflessi in direzioni e angolazioni diverse

In ogni caso, una superficie speculare regolare e piana produce immagini di dimensioni ide immagini incidenti. fig. 3:essere Diffusione: i raggi incidenti vengono riflessi in direzioni e angolazioni Può utile definire la incidenti nomenclatura anche allo di rendere piùdiverse facilmente Figura 3. Diffusione: i raggi vengono riflessi inscopo direzioni e angolazioni diverse comprens punti (figura 4). In ogni caso, una superficie speculare regolare e piana produce immagini di dimensioni ide immagini incidenti. Può essere utile definire la nomenclatura anche allo scopo di rendere più facilmente comprens punti (figura 4).

Figura 4. Nomenclatura essenziale del fenomeno della riflessione

Innanzi tutto, nel punto in cui il raggio incidente tocca lo specchio, si deve costruire la normale n, ovvero la retta perpendicolare al piano in quel punto. Il raggio incidente si indica con i, il raggio riflesso con r, l’angolo di incidenza, che è l’angolo fra il raggio incidente e la normale, con î e l’angolo di riflessione, cioè l’angolo fra il raggio riflesso e la normale, il cappuccio dovrebbe stare sopra la r.

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Le cose divengono più complesse quando la superficie riflettente è curva. La più importante superficie curva in ottica geometrica è il segmento di sfera da cui possiamo derivare superfici speculari concave e convesse. Ogni singolo raggio di un fascio di raggi luminosi provenienti dall’infinito e, quindi, concettualmente paralleli tra loro, quando incontra una superficie speculare concava, obbedisce alla legge della riflessione per cui l’angolo di riflessione è uguale all’angolo di incidenza. Ma causa del diverso raggio di curvatura di ciascun punto di incidenza i raggi più lontani dall’asse di incidenza (raggi marginali) andranno a fuoco più vicino alla superficie speculare rispetto ai raggi più vicini all’asse (raggi parassiali). Pertanto ci sarà un punto in cui si incontreranno la maggioranza dei raggi parassiali riflessi che sarà il punto F o fuoco dell’immagine riflessa mentre ci saranno altri punti di fuoco in cui si incontreranno i raggi marginali riflessi che determineranno un’aberrazione. Più curvo sarà lo specchio minore sarà l’area in grado di riflettere raggi parassiali, questa caratteristica prende il nome di lunghezza focale dello specchio che è uguale alla metà del suo raggio di curvatura. Il potere di uno specchio sferico è usualmente espresso come il reciproco della sua lunghezza focale in metri. Il segno del potere per gli specchi concavi è convenzionalmente positivo. Se invece di sezionare una sfera sezioniamo un paraboloide otteniamo uno specchio concavo a sezione parabolica che ha la caratteristica di mandare sul fuoco principale anche i raggi marginali. Si tratta di una superficie riflettente più precisa della semplice superficie concava poiché quasi del tutto priva di aberrazioni. Le caratteristiche degli specchi concavi sono sfruttate dall’uomo sin dai tempi di Archimede che con specchi concavi di grande focale incendiava le navi romane (specchi ustori). Oggi l’impiego più diffuso di questi specchi si ha nella costruzione dei fari delle automobili. Quando la sorgente luminosa è posta nel fuoco

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dello specchio si ottiene un’illuminazione parassiale (fari abbaglianti). Quando la sorgente luminosa viene collocata ad una distanza maggiore dallo specchio rispetto al suo fuoco si ottiene un’illuminazione costituita prevalentemente da raggi marginali che usciranno inclinati verso il basso e verso l’alto. La porzione inferiore della superficie riflettente o della fonte luminosa viene schermata in modo da ottenere l’uscita dei soli raggi marginali superiori che illumineranno verso il basso (fari anabbaglianti). Negli specchi convessi la riflessione dei raggi incidenti parassiali avviene come se tutti uscissero dal fuoco F collocato dall’altra parte dello specchio. L’intersezione di tutti i raggi riflessi cade in F anche se i raggi fisicamente non passano per F. Le caratteristiche di riflessione di questi specchi trovano oggi un grande impiego negli specchi retrovisori proprio perché consentono di vedere oggetti posizionati anche a un grande angolo rispetto alla posizione dell’osservatore (figura 5).

Fig. 5: Riflessione dadauna dei retrovisori retrovisori Figura 5. Riflessione unasuperficie superficieconvessa convessa ee principio principio dei

Rifrazione: La luce viaggia nel vuoto ad una velocità costante di circa 300.000 Km/s ed in l 16 opposta dal mezzo al passaggio della luce, den velocità della luce dipende dalla resistenza ottica.


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Rifrazione La luce viaggia nel vuoto a una velocità costante di circa 300.000 Km/s e in linee parallele. La velocità della luce dipende dalla resistenza opposta dal mezzo al passaggio della luce, denominata densità ottica. La velocità della luce nell’aria è solo di pochissimo inferiore alla velocità della luce nel vuoto e a questa viene assimilata. Se la luce dall’aria entra in un mezzo a maggiore densità ottica la sua progressione risulterà ritardata rispetto a quella nel mezzo precedente così come il suo percorso risulterà modificato. Questo fenomeno viene denominato rifrazione. Passando dall’aria all’acqua un parte del raggio incidente sarà riflesso mentre una parte sarà rifratto. L’angolo di rifrazione sarà minore dell’angolo di incidenza e questo fenomeno si accentua con l’aumentare della differenza di densità ottica tra i due mezzi anche se non proporzionalmente. Le leggi matematiche della rifrazione – decisamente più complesse di quelle della riflessione – sono state sistematizzate da Willebrord Snell nel 1621 e necessitano della conoscenza della funzione trigonometrica del seno. Per la loro esauriente disamina si rimanda a testi specifici. Il fenomeno della rifrazione presenta un interessante aspetto. Come abbiamo visto, se un raggio di luce passa dall’aria all’acqua l’angolo di rifrazione sarà minore di quello di incidenza. Ma se invece il raggio di luce passa dall’acqua all’aria e proviamo ad aumentare gradatamente l’angolo incidente in acqua, raggiungeremo un angolo a cui corrisponderà un raggio uscente disposto ad angolo retto rispetto alla superficie di separazione dei due mezzi. Questo è il cosiddetto angolo limite che per l’acqua rispetto all’aria è di circa 49°. Se si supera l’angolo limite il raggio non esce più dall’acqua ma si riflette totalmente nell’acqua. Il fenomeno dell’angolo limite della rifrazione è utilizzato per la realizzazione di molti strumenti (binocoli, periscopi, fibre ottiche, ecc.). Se prendiamo un prisma di vetro a forma di triangolo isoscele rettangolo come in figura 6 e vi inviamo un raggio di luce incidente perpendicolare ad AB, esso entrerà nel vetro senza cambiare direzione e colpirà

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fig. 6: prisma didivetro limite Figura 6. Prisma vetroeeangolo angolo limite

AC con un angolo di incidenza di 45° alladella normale (n). Siccome Dispersione: Discutendo deirispetto fenomeni riflessione e della rifrazione l’angolo di 45° limite La fraluce vetro ed aria, il raggio di in quan che è la superiore luce fosse all’angolo monocromatica. in realtà è policromatica luce non può uscire daldiversa vetro ma solo subire riflessione di lunghezza chepuò si estendono peruna tutto lo spettrototale del visibile ed o nel45° vuoto è la stessa per tutte nelladel materia la anch’essa di rispetto alla normale. Si le halunghezze perciò la d’onda, fuoriuscita lunghezza d’onda. raggio luminoso dal lato BC. Il rapporto tra la ottenuto velocità della di una determinata In questo modo abbiamo unaluce deviazione ad angolo lunghezza retto di d’onda n nome di indice rifrazioneprisma della materia perQuesto la luce di quella particolare l un raggio luminoso con undisemplice di vetro. fenomeno L’indice di rifrazione n è un numero puro derivato dal rapporto è utilizzato nella costruzione dei binocoli, dei periscopi e delle fibre tra due vuoto su velocità della luce in un dato materiale – ed è sempre maggiore d ottiche. una sostanza delle ha l’indice rifrazione che varia con la lunghezza d Il principio Quando di “funzionamento” fibre di ottiche è basato sullo sfrutdice che presenta il fenomeno della dispersione. tamento dell’angolo limite della rifrazione fra vetro e aria. Se si prende L’indice di rifrazione è maggiore per leaffine lunghezze d’ondaessere più corte. Se u un filo abbastanza sottile di vetro o sostanza che possa poiché la deviazione prodotta dal l’indice di rifraz piegato, la luce al suo interno, incidendo conprisma angoli aumenta superiori con all’angolo maggiormente della luce rossa. La luce emergente dal prisma assume una limite fra vetro e aria, non ne può uscire. Si ha così la propagazione del in uno spettro. segnale luminoso lungo tutta la lunghezza della fibra ottica.

Le lenti La lente è un sistema ottico costituito da due superfici rifrangenti coassiali Quando tutti i meridiani di entrambe le superfici hanno la stessa curvatu forma un’immagine in un singolo punto. Quando tutti i meridiani di una le 18 l’immagine non si forma in un singolo punto e abbiamo una lente astigma


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Dispersione Discutendo dei fenomeni della riflessione e della rifrazione abbiamo tacitamente considerato che la luce fosse monocromatica. La luce in realtà è policromatica in quanto formata da un insieme di onde di lunghezza diversa che si estendono per tutto lo spettro del visibile e oltre. Mentre la velocità della luce nel vuoto è la stessa per tutte le lunghezze d’onda, nella materia la velocità della luce dipende dalla lunghezza d’onda. Il rapporto tra la velocità della luce di una determinata lunghezza d’onda nel vuoto e nella materia prende il nome di indice di rifrazione della materia per la luce di quella particolare lunghezza d’onda. L’indice di rifrazione n è un numero puro derivato dal rapporto tra due velocità – velocità della luce nel vuoto su velocità della luce in un dato materiale – ed è sempre maggiore dell’unità. Quando una sostanza ha l’indice di rifrazione che varia con la lunghezza d’onda della luce che la investe, si dice che presenta il fenomeno della dispersione. L’indice di rifrazione è maggiore per le lunghezze d’onda più corte. Se un fascio di luce investe un prisma poiché la deviazione prodotta dal prisma aumenta con l’indice di rifrazione la luce violetta sarà deviata maggiormente della luce rossa. La luce emergente dal prisma assume una forma a ventaglio cioè è dispersa in uno spettro. Le lenti La lente è un sistema ottico costituito da due superfici rifrangenti coassiali. Quando tutti i meridiani di entrambe le superfici hanno la stessa curvatura abbiamo una lente sferica che forma un’immagine in un singolo punto. Quando tutti i meridiani di una lente non hanno la stessa curvatura l’immagine non si forma in un singolo punto e abbiamo una lente astigmatica.

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Lenti sferiche Le lenti sono classificate secondo la curvatura delle due superfici (figura 7): – biconvessa o semplicemente convessa se entrambe sono convesse – biconcava o concava se entrambe sono concave – piano-convessa se una è piana e l’altra convessa – piano-concava se una è piana l’altra è concava – concavo-convessa se una è concava ed una è convessa – menisco è una lente concavo-convessa in cui le due superfici hanno raggio uguale. Se la lente è biconvessa o piano-convessa un fascio di raggi paralleli all’asse che attraversa la lente viene “focalizzato” (cioè viene fatto convergere) su un punto dell’asse ad una certa distanza oltre la lente, nota come distanza focale. Questo tipo di lente è detta positiva. Se la lente è biconcava o piano-concava, un fascio di luce è fatto divergere e la lente è perciò detta negativa. Il raggio uscente dalla lente sembra provenire da un punto dell’asse antecedente la lente. Anche questa distanza è chiamata distanza focale ed il suo valore è negativo.

fig. 7: tipi di lenti sferiche Figura 7. Tipi di lenti sferiche

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Se la lente è biconvessa o piano-convessa un fascio di raggi paralleli all’asse che attraversa la l “focalizzato” (cioè viene fatto convergere) su un punto dell’asse ad una certa distanza oltre la


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Come si è detto una lente positiva o convergente focalizza un fascio collimato parallelo all’asse in un punto focale, a distanza f dalla lente. Specularmente, una sorgente luminosa collocata nel punto focale produrrà attraverso la lente un fascio di luce collimato. Quelli delle figure 8 e 9 sono esempi d’immagini formate dalla lente. Nel primo caso (figura 8) un oggetto posto a distanza infinita è focalizzato in un’immagine su un piano posto alla distanza focale, chiamato piano focale. Nel secondo caso (figura 9) un oggetto posto nel punto focale forma un’immagine all’infinito. Lo stesso ragionamento può essere applicato anche a lenti divergenti indicando la distanza focale con segno negativo, ma queste lenti possono dare solamente immagini virtuali. I segmenti di sfera non sono le superfici ideali per costruire una lente poiché i raggi marginali vengono focalizzati a una distanza dalla lente diversa da quelli assiali e parassiali dando luogo all’aberrazione sferica. Per ridurre l’aberrazione sferica si possono costruire lenti asferiche dove la base della lente può essere ottenuta da un paraboloide o da una iperbole. Oltre all’aberrazione sferica le lenti sferiche sono limitate dalla coma. La coma si ha quando l’oggetto è spostato rispetto all’asse della lente. I raggi che passano in periferia sono focalizzati in un punto diverso sull’asse, più lontano nel caso della coma positiva e più vicino nella coma negativa. In generale, un fascio di raggi passanti per la lente a una certa distanza dal centro, è focalizzato in una forma ad anello sul piano focale. La sovrapposizione di questi diversi anelli origina una forma a V, simile alla coda di una cometa (da cui il nome coma = chioma). Come per l’aberrazione sferica, la coma può essere ridotta (e in alcuni casi eliminata) scegliendo opportunamente la curvatura delle lenti. Un’altra aberrazione tipica delle lenti sferiche è l’aberrazione cromatica dovuta al fatto che le componenti della luce con lunghezza d’onda più

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attraverso la lente un fascio di luce collimato. Quelli delle figure 8 e 9 sono esempi di immagini formate dalla lente. Nel primo caso (figura 8) un oggetto posto a distanza infinita è focalizzato in un’immagine su un posto alla distanza focale, chiamato piano focale. La patologia oculare miopica • Pasquale Nel secondo caso (figura 9) un Troiano oggetto posto nel punto focale forma una immagine all’infinito. Lo stesso ragionamento può essere applicato anche a lenti divergenti indicando la distanza focal segno negativo, ma queste lenti possono dare solamente immagini virtuali.

fig. 8: Formazione delle delle immagini attraverso una lente positivapositiva Figura 8. Formazione immagini attraverso unasferica lente sferica

fig. 9: Formazione delledelle immagini attraverso unauna lente negativa Figura 9. Formazione immagini attraverso lente sferica negativa

I segmenti di sfera non sono le superfici ideali per costruire una lente poiché i raggi margina focalizzati ad una distanza dalla lente diversa da quelli assiali e parassiali dando luogo all’a 22 sferica. Per ridurre l’aberrazione sferica si possono costruire lenti asferiche dove la base della


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corta vengono rifratte maggiormente rispetto a quelle con lunghezza d’onda più lunga creando una dispersione dell’immagine sul piano focale. Questa aberrazione si manifesta come un alone attorno all’oggetto osservato, rosso da una parte e blu dall’altra. Questo perché rosso e blu sono ai due estremi dello spettro della luce visibile, e sono quindi i colori per i quali la differenza di rifrazione è maggiore. Lenti astigmatiche Le lenti astigmatiche sono lenti con curvature differenti nei diversi meridiani per cui non formano l’immagine in un punto singolo, da cui derivano il nome (αστγμα = senza punto). Le principali lenti astigmatiche sono le lenti cilindriche e le lenti toriche. Le lenti cilindriche sono costruite da una sezione piana e da una sezione ottenuta da un cilindro. Se la sezione cilindrica viene ottenuta dalla porzione esterna del cilindro avremo una lente cilindrica convessa. Se la sezione cilindrica viene ottenuta dalla porzione interna del cilindro avremo una lente cilindrica concava. Queste lenti hanno la caratteristica di non rifrangere la luce che cade lungo la linea del loro asse. Pertanto, la luce che cade perpendicolarmente all’asse del cilindro viene rifratta come da una lente sferica, mentre la luce che cade parallela all’asse non viene rifratta. La conseguenza di questo è che la lente cilindrica forma come immagine una linea. Le lenti toriche sono ricavate da una sezione di toro e hanno proprietà rifrattive del tutto particolari. Queste lenti hanno differenti curvature nei due meridiani con il meridiano verticale più curvo di quello orizzontale. È evidente che il meridiano verticale più curvo avrà una capacità rifrattiva maggiore del meridiano orizzontale meno curvo e pertanto la luce rifratta dal meridiano verticale andrà a fuoco prima della luce rifratta dal meridiano orizzontale. Si realizzeranno così due fuochi localizzati ad una certa distanza uno dall’altro (che prende il nome di

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La patologia miopica Pasquale Troiano della luceoculare rifratta dal•meridiano orizzontale. Si realizzeranno così due fuochi localizzati ad una cer uno dall’altro (che prende il nome di intervallo focale) con una distribuzione della luce lungo il conoide di Sturm (figura 10).

fig. 10: 10. conoide di Sturm Figura Conoide di Sturm

Lungo il conoide si osservano una serie di fenomeni: nel punto A dove i raggi verticali convergon intervallo focale) con una distribuzione della luce lungo il cosiddetto quelli orizzontali la sezione del fascio luminoso assume la forma di una ellisse ovale orizzontale. M conoide Sturm saranno (figuraa10). dove i raggidiverticali fuoco mentre quelli orizzontali saranno ancora convergenti, la s Lungo il conoide si osservano una serie di fenomeni: nel punto A dove fascio si presenterà come una linea orizzontale. i raggi convergono di quelli la sezione Oltre B i verticali raggi verticali saranno inprima divergenza mentreorizzontali quelli orizzontali sarannodel ancora in co sezionando il fascio assume nel punto la C –forma immediatamente dietroovale il fuoco dei raggi verticali fascio luminoso di una ellisse orizzontale. Men-B – si trova a ellisse orizzontale. ci spostiamo ancora più indietro e raggiungiamo il punto D, qui le due tre in ovale B dove i raggi Se verticali saranno a fuoco mentre quelli orizzontali opposte si equivalgono, la sezione assume la forma di un cerchio e siccome qui si osserva saranno ancora convergenti, la sezione del fascio si presenterà come distorsione dell’immagine, questo punto viene denominato cerchio di minor confusione. una linea Oltre questoorizzontale. punto la divergenza dei raggi verticali sarà preponderante e si individuerà un’elliss Oltre B iE,raggi saranno in divergenza mentresotto quelli orizzonnel punto mentreverticali in F si realizzerà il fuoco dei raggi orizzontali forma di una linea vertic talii raggi saranno ancora in convergenza, sezionando il fascio nel punto C assumerà sia verticali che orizzontali saranno divergenti e la sezione del fascio luminoso un ovale verticale che cresce all’aumentare della distanza da F. B – si trova ancora – immediatamente dietro il fuoco dei raggi verticali

una ellisse ovale orizzontale. Se ci spostiamo ancora più indietro e raggiungiamo il punto D, qui le due tendenze opposte si equivalgono, la sezione assume la forma di un cerchio e siccome qui si osserva la minor distorsione dell’immagine, questo punto viene denominato cerchio di minor confusione. Oltre questo punto la divergenza dei raggi verticali sarà preponderante

Bibliografia essenziale 1. BEISER A. Physics, 3rd Edition, Menlo 24Park, California: The Benjamin/Cummings Publishing 1982.


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e si individuerà un’ellisse verticale nel punto E, mentre in F si realizzerà il fuoco dei raggi orizzontali sotto forma di una linea verticale. Oltre F sia i raggi verticali che orizzontali saranno divergenti e la sezione del fascio luminoso assumerà la forma di un ovale verticale che cresce all’aumentare della distanza da F.

Bibliografia 1) BEISER A. Physics, 3rd Edition, Menlo Park, California: The Benjamin/Cummings Publishing Company, 1982. 2) HECHT E, ZAJAC A. Optics, 2nd Edition. Reading, Massachusetts: Addison Wesley Publishing Company, 1987. 3) KATZ M. Introduction to geometrical optics. World Scientific Publishing, 2002 4) WALDMAN G. Introduction to Light. Englewood Cliffs, New Jersey: Prentice Hall, Inc., 1983.

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