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Formazione a Distanza Estratto da

EuVision

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Indice dei contenuti 4

IncidentalitĂ e guida automobilistica Nicola Pescosolido

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Cisti vitreale monolaterale: due casi clinici Antonio Laborante

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La prescrizione prismatica monoculare: “byte oculare� nel trattamento di posizione anomala del capo (PAC)? Due casi a confronto Stefano Esente

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Ruolo neuroprotettivo della Fosfoserina nella patologia glaucomatosa: nostra esperienza Sergio Z. Scalinci

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Effetto della profilassi con Iodo-Povidone nella variazione della flora batterica congiuntivale pre e post operatoria nella chirurgia della cataratta Stefano Palma


Incidentalità e guida automobilistica SECONDA PARTE Nicola Pescosolido “Sapienza” - Università di Roma, I Facoltà di Medicina e Chirurgia, Dipartimento di Scienze dell’Invecchiamento

Incidentalità e guida automobilistica Seconda parte

Sottoposto alla redazione il 14 Maggio 2010 Accettato per la pubblicazione il 5 Luglio 2010

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È stato condotto un numero rilevante di studi al fine di dimostrare, in modo definitivo, che i valori dell’UFOV sono dei validi indicatori di una buona capacità di guida prevalentemente nei soggetti anziani. I dati ottenuti con l’UFOV test forniscono informazioni importanti in termini di danno cognitivo e visivo. Inoltre, l’efficacia delle misure dell’UFOV, come indicatore di maggiore rischio di incidenti stradali, prevalentemente in soggetti di età avanzata, viene confermata, più recentemente, dagli studi di Clay et al. (2005) e di Pescosolido e Evangelista (2007). Lo step finale sarebbe quindi quello di applicare questo concetto nella valutazione della capacità di guida degli automobilisti, prevalentemente di quelli con età avanzata e con importanti deficit visivi (Clay et al., 2005; Pescosolido e Evangelista, 2007). Nella valutazione della capacità di guida sarebbe opportuno analizzare i deficits visivi e cognitivi che risultano predittivi di limitazioni alla guida nei soggetti anziani. A questo proposito, un recente studio (Keay et al., 2009) ha valutato sia i deficits visivi che cognitivi associati alla difficoltà alla guida. In questo studio, sono stati arruolati 1425 guidatori tra i 67 e gli 87 anni, a un anno dall’arruolamento sono stati divisi in diversi gruppi a seconda del comportamento avuto alla guida in quel periodo di tempo: l’1,5% dei guidatori arruolati ha smesso di guidare, il 3,4% dei guidatori ha usato l’auto solo nel proprio quartiere mentre i rimanenti hanno usato l’auto normalmente. Dai risultati ottenuti si evince che più facilmente sono le donne (odds ratio [OR], 4.01; 95% intervallo di confidenza [CI], 2.05-8.20) che smettono

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di guidare o limitano la guida al proprio quartiere. Inoltre, sono stati valutati i sintomi depressivi (OR 1.08; 95% CI, 1.009-1.16 per punto della Scala di Depressione Geriatrica) come fattori predittivi di limitazione alla guida attraverso un punteggio elaborato secondo i parametri della Scala di Depressione Geriatrica (GDS), questi sintomi aumentano in modo direttamente proporzionale alla difficoltà nella guida fino alla limitazione o alla sospensione di questa. Sono stati ulteriormente ritenuti fattori predittivi di limitazione alla guida una lenta velocità psicomotoria e una bassa analisi dello spazio visivo (Trail Making Test, Part A: OR, 1.02; 95% CI, 1.01-1.03) analizzati attraverso il Trail Making Test (TMT). Per quanto riguarda i deficit visivi, la diminuzione della sensibilità al contrasto è stata associata alla riduzione o alla sospensione della guida. In conclusione, in questo studio la sensibilità al contrasto e le funzioni cognitive sono state indipendentemente associate con la limitazione o la sospensione della guida automobilistica. Alcuni studi (Brandt, 2008) hanno mostrato che i soggetti con alterazione bilaterale del campo visivo sono coinvolti in incidenti automobilistici il doppio delle volte di soggetti con campo visivo normale. A questo proposito, studi successivi, basati su simulatori di guida computerizzati, hanno confermato che i soggetti con un abbassamento significativo del campo visivo mostrano qualche difficoltà durante la guida nell’analizzare l’ambiente circostante e nell’esecuzione di alcune manovre nel traffico che coinvolgono ostacoli periferici come i pedoni. A


conferma di ciò, un recente studio di Haymes et al. (2008) analizza le capacità alla guida di soggetti glaucomatosi con deficit campimetrici attraverso un test di guida su strada. Ai partecipanti è stato assegnato un punteggio relativo al tempo impiegato da ognuno per eseguire in modo corretto e sicuro alcune manovre di guida e quante volte hanno avuto bisogno dell’intervento dell’istruttore per evitare collisioni. I risultati non ci mostrano differenze tra il gruppo dei soggetti glaucomatosi e il gruppo controllo per quanto riguarda l’esecuzione in modo corretto e sicuro di alcune manovre mentre ci mostrano differenze significative per quanto riguarda l’intervento dell’istruttore per evitare potenziali collisioni. Infatti, il 60% dei soggetti glaucomatosi ne ha avuto bisogno contro il 20% dei soggetti del gruppo controllo. In relazione a questi ultimi è evidente che i difetti perimetrici centrali e periferici pongono problemi diversi nell’affrontare le attività quotidiane e che le differenze tra tali difetti sono ancora più evidenti durante la guida automobilistica. A tale proposito, McGwin et al. (2005) hanno valutato nei soggetti glaucomatosi, l’associazione tra l’alterazione nei 24° centrali del campo visivo e il rischio di incidenti automobilistici. Per ogni paziente è stato calcolato un punteggio di severità del danno visivo elaborato secondo i parametri dell’Advanced Glaucoma Intervention Study (AGIS). È stato evidenziato un aumento del rischio di incidenti automobilistici (odds ratio [OR] 3.2, 95% CI 0.9-10.4) per i pazienti con alterazioni severe del campo visivo (punteggio 12-20) mentre non è stata dimostrata alcuna associazione con il rischio di incidenti automobilistici per i pazienti con alterazioni moderate (punteggio 6-11) o lievi (punteggio 1-5). Infine, è stato evidenziato che i pazienti con alterazioni moderate o severe del campo visivo nell’occhio peggiore mostrano un aumento signifi-

cativo del rischio di incidenti automobilistici (OR 3.6, 95% CI 1.4-9.4 e OR 4.4, 95% CI 1.6-12.4, rispettivamente) confrontati con soggetti senza alterazioni del campo visivo. In conclusione, il rischio di coinvolgimento in incidenti automobilistici aumenta per i pazienti glaucomatosi che presentano un’alterazione moderata o severa nei 24° centrali del campo visivo. A conferma di ciò un recente studio ha precisato la differenza di comportamento alla guida tra i soggetti con glaucoma bilaterale e quelli con glaucoma unilaterale. Tra questi due gruppi non vi è una sostanziale differenza in quanto in entrambi i casi i soggetti smettono precocemente di guidare rispetto ai coetanei non glaucomatosi. Da non sottovalutare l’importanza del restringimento del campo visivo che risulta fondamentale nei soggetti che continuano a guidare in modo sicuro. Nei soggetti che smettono di guidare il deficit campi metrico è risultato essere notevolmente aumentato (Ramulu et al., 2009). Secondo Donges (1978), la parte distante della strada fornisce informazioni circa il profilo stradale, mentre la parte più prossimale permette di mantenere l’esatta posizione sulla corsia. Pertanto, i soggetti con difetti del campo visivo centrale presentano una maggiore difficoltà a guidare su strade dal profilo disomogeneo mentre conservano intatta la capacità di mantenere una esatta posizione sui rettilinei. I soggetti con deficit periferici del campo visivo, d’altra parte, percepiscono con più difficoltà gli stimoli provenienti dalla periferia e quindi sono a maggior rischio di incidenti con automobilisti che sopraggiungono di lato. Wood e Troutbeck (1992) hanno riportato che la restrizione artificiale del CV di 20° o 40° influisce sulla percezione della posizione relativa della strada da parte dell’automobilista, specialmente nelle curve, dove la linea bianca centrale è frequentemente cancellata e così Szlyk et al. (1993) hanno

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osservato come la proporzione di individui, i quali hanno perso almeno una volta il controllo della posizione laterale, è maggiore per i soggetti con degenerazione maculare giovanile (40%) e retinite pigmentosa (38%) che nei soggetti di controllo (21%). Gli stessi Autori (1993; 1995) hanno osservato che per i soggetti con degenerazione maculare legata all’età risulta più difficile valutare la distanza dall’automobile che li precede e la velocità alla quale essa procede, poiché utilizzano la fissazione extrafoveale. Szlyk et al. (1993; 1995), inoltre, hanno riportato che per tali soggetti il riconoscimento tempestivo dei segnali stradali è ridotto cosicché, per esempio, ad un segnale di stop presentano un ridotto tempo medio di frenata, mentre per i soggetti con distrofia maculare giovanile e con retinite pigmentosa hanno riportato un significativo aumento del tempo medio di frenata. A conferma di ciò, Lamble et al. (1999) hanno osservato che il tempo di collisione è inversamente correlato all’eccentricità. Coekelberg et al. (2002), hanno invece dimostrato che il numero di collisioni con veicoli che si avvicinano da sinistra o da destra non varia in funzione dei deficit campimetrici. Inoltre, secondo tali Autori la posizione laterale dei soggetti con deficit centrali del campo visivo rimane discretamente costante e non cambia in funzione della curvatura della strada, come già riportato da Land e Horvood (1995). In contrasto, i soggetti con deficit paracentrali e della periferia dimostrano una deviazione verso sinistra nelle curve a sinistra e una deviazione verso destra nelle curve a destra. Secondo, invece, i soggetti con deficit centrali del campo visivo mantengono intatta la loro posizione laterale anche su strada dal profilo disomogeneo. Bowers et al. (2005) hanno esaminato la relazione esistente tra estensione del campo visivo e capacità di guida al fine di determinare quali abilità e manovre vengono in-

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fluenzate da deficit perimetrici. Nel piccolo campione di studio si è riscontrato che, medie e moderate restrizioni del campo visivo sono associate in modo negativo con le capacità di guida. Tuttavia, gli Autori sostengono che sono necessari ulteriori accurati studi al fine di determinare e quantificare l’estensione minima del campo visivo per una guida sicura (Bowers et al., 2005). Gravi deficit del campo visivo hanno un grave impatto sulla capacità di guida, i deficit moderati possono risultare non particolarmente invalidanti (Racette e Casson, 2005). Infatti, recenti studi hanno mostrato che un certo numero di soggetti, con deficit campi metrici moderati, possono ottenere risultati sicuri alla guida di un’automobile. Pazienti con ampi deficit campimetrici sono evidentemente più a rischio rispetto a pazienti con deficit moderati. Tuttavia, l’impatto della localizzazione del difetto perimetrico risulta differente per pazienti con difetti localizzati, diffusi e visione monoculare. In particolare (Racette e Casson, 2005): – deficit localizzati nell’emicampo sinistro e deficit diffusi nell’emicampo destro sono risultati più invalidanti; – gli automobilisti monocoli sono risultati in grado di una guida sicura. Gli Autori hanno tuttavia osservato significative differenze individuali. Un deficit localizzato nell’emicampo sinistro esercita un impatto negativo sulla capacità di guida, ma esso è probabilmente associato con un danno nell’emisfero encefalico destro, sede di centri nervosi deputati all’attenzione. Le difficoltà alla guida di tali pazienti potrebbero in realtà essere legate a disturbi di altro tipo piuttosto che al deficit perimetrico. Tali osservazioni, confermate anche da Mazer et al. (2003), dimostrano che i pazienti con deficit localizzati dell’emicampo sinistro migliorano la loro capacità di guida automobilistica dopo programmi di training attenzionali.


Gli stessi Autori hanno osservato che deficit diffusi dell’emicampo destro potevano avere un impatto negativo sulla capacità di guida, ma tale risultato è evidentemente incompatibile con le osservazioni fatte a proposito di un difetto localizzato nell’emicampo sinistro. A tale proposito, un recente studio di Bowers et al. (2009) ha esaminato le capacità alla guida di soggetti con emianopsia omonima. L’emianopsia omonima è caratterizzata dalla perdita di metà campo visivo nello stesso lato in entrambi gli occhi. È causata da lesioni post-chiasmatiche delle vie ottiche, accidenti cerebrovascolari, traumi o tumori (Zhang et al., 2006). In 22 stati degli USA e in molti altri paesi, ai soggetti con emianopsia omonima non è rilasciata la patente di guida in quanto non dispongono del campo visivo minimo richiesto (Peli e Peli, 2002). Invece, in qualche stato europeo (es. Belgio, Olanda e Inghilterra), i soggetti affetti da questa menomazione possono avere la licenza di guida dopo aver eseguito un test specifico su strada (Tant et al., 2002; DVLA Drivers Medical Group, 2008). I guidatori con emianopsia omonima hanno difficoltà a reagire

quando incrociano veicoli, biciclette o pedoni e non riescono a mantenere la loro posizione nella propria corsia. Lo studio di Bowers et al. (2009) ha testato le performance alla guida di soggetti con emianopsia omonima rispetto a guidatori normali attraverso un simulatore di guida usando scene realistiche come la presenza di pedoni che apparivano lungo la strada ogni 15-60 secondi (Figura 4) e agli incroci (Figura 5). Queste figure sono state valutate sia a 4° che a 14° di eccentricità in diverse situazioni. Il simulatore di guida usato forniva un campo visivo di 225° orizzontali e 32° verticali. I risultati si sono dimostrati significativi (p < 0.001) sia per la mancata identificazione dei pedoni lungo il tragitto che per quelli posti agli incroci nella metà danneggiata del campo visivo nei soggetti con emianopsia omonima avvenuta meno volte rispetto ai guidatori normali. In conclusione, i partecipanti affetti da questa menomazione risultano incompatibili con una guida sicura; comunque, deve essere ancora stabilita la relazione tra le performance dei guidatori al simulatore con quelle reali su strada. Quindi, predire se un paziente con un deficit campimetrico è capace o meno di guidare in maniera sicura è estremamente difficoltoso basandosi solo sull’estensione e la localizzazione del difetto. Infatti, nonostante che tali caratteristiche debbono essere considerate, non vanno escluse le significative differenze individuali. Gli Autori Racette e Casson (2005), come prima esposto, hanno anche riscontrato una capacità di guida sicura nei pazienti mono-

Figura 4. Rappresentazione delle 4 localizzazioni dove apparivano i pedoni a 4° e a 14° di eccentricità (da Bowers et al., 2009)

Figura 5. Rappresentazioni delle diverse localizzazioni dove apparivano i pedoni agli incroci (da Bowers et al., 2009)

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coli, più o meno compatibilmente con studi precedenti sull’argomento, ma l’unica perplessità a proposito dei pazienti monocoli riguardava la loro capacità di percepire la profondità (stereopsi). Nonostante tutto tale problema non sembra esercitare un peso significativo durante la guida automobilistica. Alla luce dei fatti, nonostante la necessità di definire in modo preciso l’estensione del campo visivo minimo per una guida sicura, ci sembra importante sottolineare che una stretta applicazione di esso potrebbe sottovalutare alcune importanti componenti individuali. Ciò potrebbe avere un chiaro impatto negativo sul paziente, in particolare in una società in cui la possibilità di guidare è strettamente associata ad un senso di indipendenza e autonomia e quindi di una soddisfacente qualità di vita. Infatti, è interessante notare che soggetti con deficit campimetrici e aumentata sensibilità all’abbagliamento tendono a smettere di guidare di notte e in posti sconosciuti come evidenziato da Freeman et al. (2005). Un ulteriore studio a questo proposito di West et al. (2003) dimostra che soggetti anziani con difetti visivi riconoscono i loro limiti e le loro restrizioni alla guida, ma non ammettono che la causa sia il danno visivo. Coekelberg et al. (2002) hanno inoltre valutato gli effetti dei meccanismi di compenso adottati dai conducenti, quali per esempio una ridotta velocità di guida o un incremento dei movimenti oculari per sopperire al loro deficit visivo e quindi ridurre il loro rischio di incidenti. Di conseguenza, gli automobilisti che superano l’esame di guida su strada probabilmente sviluppano più comportamenti compensativi rispetto a quelli che non lo superano. Infatti, i soggetti con deficit periferici acquisiscono una maggiore capacità di movimento della testa e degli occhi. Inoltre, poiché tali movimenti richiedono del tempo è ipotizzabile che la velocità di guida potrebbe essere ridotta.

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Nei soggetti con deficit centrali del campo visivo che superano l’esame di guida su strada la velocità di guida risulta ridotta al fine di aumentare il tempo necessario alla valutazione dettagliata delle informazioni provenienti dall’ambiente, per esempio i segnali stradali. La distanza alla quale i soggetti iniziano a frenare avvicinandosi ad un incrocio non differisce tra i tre gruppi di soggetti studiati: degenerazione maculare legata all’età, glaucoma e retinite pigmentosa, ma presenta un’ampia variabilità interindividuale. Coekelberg et al. (2002), hanno anche valutato la predittività di una prova pratica di guida. Hanno osservato che il minimo tempo di collisione, il numero di movimenti della testa, la distanza da un incrocio alla quale il soggetto inizia a frenare, la velocità di guida e distanza da un incrocio alla quale i soggetti lasciano il pedale dell’acceleratore è correlato significativamente con un punteggio per superare o non superare il test di guida su strada. Tutto ciò suggerisce che questi aspetti di guida sono considerati essere delle variabili importanti per distinguere tra automobilisti sicuri e pericolosi. I soggetti appartenenti a gruppi con differenti difetti del campo visivo dimostrano una differente performance su diversi indici del simulatore di guida. Infatti, i soggetti con difetti del campo visivo centrale hanno una velocità di guida più lenta, hanno un più piccolo margine di sicurezza e la loro posizione laterale non è influenzata dalla curvatura della strada. I soggetti con difetti del campo visivo periferico hanno dimostrato una guida più vacillante in quanto per ottenere una visione globale sono costretti ad esaminare dettagliatamente l’ambiente perdendo così più facilmente il controllo della posizione laterale. È chiaro che da questi dati si può partire per ulteriori ricerche e studi diretti a migliorare la sicurezza dei soggetti anziani alla guida attraverso l’uso di procedure di scree-


ning di guida migliori e un programma di educazione alla guida per favorire i bisogni dei guidatori più anziani. Comunque, nonostante i soggetti con deficit visivi e difetti del campo visivo vengono considerati non idonei alla guida, alcuni studi empirici hanno dimostrato che alcuni di loro sono ancora in grado di guidare in modo sicuro (Schieber, 1994; Charman, 1997). È stato infatti presunto che questi soggetti (guidatori sicuri) siano capaci di sviluppare strategie visive compensative ai loro deficit, per esempio facendo particolari movimenti con gli occhi e con il capo, come già riportato (Coechelberg et al., 2002). Dal momento che non tutti i soggetti ipovedenti riescono a sviluppare tali tecniche, la domanda che ci si pone è se essi possano essere allenati a fare ciò. Una ricerca precedentemente condotta (Ball e Owsley, 1991) ha già dimostrato che un sistema di training funzionale per l’attenzione può migliorare la capacità di guida. A questo punto ci si pongono tre quesiti (Coeckelbergh et al. 2001): Primo: le strategie visive possono essere insegnate? Secondo: qual è il metodo migliore per insegnare queste strategie visive compensative? Terzo: le strategie compensative possono effettivamente migliorare le capacità di guida di soggetti ipovedenti? Al fine di soddisfare queste richieste è stato condotto uno studio (Kooijman et al., 2000) su un piccolo gruppo di pazienti ipovedenti con particolari requisiti: difetto centrale o periferico del campo visivo, acuità visiva inferiore a 0.1 binoculare con una sufficiente esperienza di guida. Dopo la fase del pre-accertamento una parte di questi sono stati indirizzati al “training funzionale”, una parte al “training per il movimento” e infine un gruppo al “training strategico” (il contenuto dei vari tipi di training sarà spiegato in seguito). Per questi soggetti inclusi nello studio la funzione visiva, l’attenzione visiva e la ca-

pacità di guida sono state valutate per ben due volte, a distanza di due settimane l’una dall’altra, per accertarsi dell’affidabilità dei test che venivano usati. Il training ha avuto una durata di tre mesi (12 lezioni di 90 minuti ciascuna). Immediatamente dopo il training veniva eseguito il primo controllo e tre mesi dopo veniva eseguito il secondo controllo per valutare gli effetti a lungo termine del training. In questo studio la funzione visiva è stata accertata con il test AFOV (Acuity Field Of View). Questo test consiste in una indagine visiva che prevede l’uso di un computer con uno schermo di 20 pollici. Gli stimoli in numero di 30 presentati su tale schermo, sono disposti in modo da formare tre anelli ellittici che circondano uno stimolo centrale (Figura 6). Il numero degli stimoli varia per ogni anello: 6, 10 e 14 rispettivamente per il primo, il secondo e il terzo anello partendo dall’interno. Nessuno stimolo è presentato sull’asse verticale e la grandezza degli stimoli può essere adattata all’acuità visiva del soggetto. Il soggetto da esaminare veniva fatto sedere ad una distanza di 30 cm dallo schermo e a lui veniva chiesto di localizzare un cerchietto aperto (C) tra 29 cerchietti chiusi (O) e successivamente gli veniva chiesto di riconoscere la direzione dell’apertura del cerchietto suddetto (a sinistra, a destra, in alto o in basso). Gli stimoli venivano proposti con diversi tempi di presentazione in un range che andava da 8ms a 10s.

Figura 6. Organizzazione degli stimoli nel test AFOV (da Coeckelbergh et al., 2001)

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Figura 7. Schema di presentazione del test visivo dell’attenzione (da Kooijman et al., 2001)

L’attenzione visiva è stata invece accertata mediante l’uso di un test (Figura 7) simile al test AFOV (Ball e Owsley, 1991). Il test consiste di quattro fasi (Kooijman et al., 2000). Nella prima fase, “attenzione selettiva senza distrazioni”, il soggetto guarda uno schermo che presenta l’immagine di un volto al centro e un cerchietto in periferia per 25, 50, 75, 100 o 125 ms, dopo di che l’immagine viene coperta e viene chiesto al soggetto di indicare la posizione del cerchietto rispetto all’immagine centrale. Nella seconda fase al soggetto viene chiesto di localizzare il cerchietto e di riferire se il volto era sorridente o triste. La terza, attenzione selettiva con distrazione e la quarta fase sono simili rispettivamente alla prima e alla seconda eccetto per la presenza di elementi di distrazione intorno al cerchietto. La capacità di guida è stata quindi accertata mediante un test eseguito su strada. I soggetti sono stati valutati nella loro automobile e nel loro quartiere da un esaminatore esperto di guida. Successivamente si è passati al training. Lo scopo del training è stato quello di insegnare ai soggetti ipovedenti a compensare il loro difetto visivo mediante lo scanning continuo del mondo che li circonda. Possono essere distinti, come già riferito, tre programmi di training: il training funzionale, il training per il movimento e il training strategico.

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Nel training funzionale ai soggetti viene insegnato ad estendere il loro campo visivo funzionale mediante l’uso dello schermo di un computer (per esempio il test AFOV così come prima descritto). Questo tipo di lavoro non ha nessuna relazione con la situazione di guida o di traffico. Usualmente ai soggetti viene chiesto di identificare un determinato segno nel loro campo visivo e a loro viene insegnato una efficace modalità di comportamento e una idonea strategia di scanning. Nel training per il movimento, i soggetti vengono istruiti a compiere ampi movimenti con il capo e con gli occhi. Mentre camminano o pedalano viene loro chiesto di esaminare continuamente l’ambiente che li circonda al fine di procedere in modo più sicuro per se stessi e per gli altri che si possono trovare sulla strada. Nel training strategico, ai soggetti viene insegnato ad esaminare l’ambiente che li circonda mentre guidano una automobile. La complessità del procedimento è molto simile a quella del training per il movimento, ma ha una durata maggiore. I soggetti in questo modo devono imparare a compiere movimenti con gli occhi e con il capo in modo molto rapido in modo da anticipare il tempo di reazione. Questi studi hanno messo in evidenza che la funzione visiva può essere “allenata” con successo. I soggetti riescono infatti ad esaminare l’intero campo visivo più velo-


cemente rispetto a prima; mentre l’attenzione visiva non cambia di molto. Immediatamente dopo il training (primo accertamento) i soggetti sottoposti al training funzionale hanno mostrato il più alto grado di miglioramento della loro funzione visiva, tuttavia i soggetti sottoposti al training per il movimento hanno manifestato dopo tre mesi gli stessi buoni risultati dei precedenti, mentre i soggetti impegnati con il training strategico sono rimasti ai livelli del pre-trattamento. Tuttavia, dopo il secondo accertamento post-training la capacità di guida dei soggetti sottoposti al training funzionale e al training del movimento è risultata stabile, mentre risultava migliorata quella dei soggetti sottoposti al training strategico, molto probabilmente perché quest’ultimo comprendeva nel suo programma vere e proprie lezioni di guida. Di conseguenza è facile concludere che la soluzione più efficace sarebbe quella di pianificare un programma di allenamento che unifichi le tre tipologie di training fin qui esaminate. Inoltre, Tant et al. (2002), hanno rivolto la loro attenzione su pazienti affetti da emianopsia laterale omonima, la loro capacità di guida automobilistica e la correlazione tra questa e i risultati ottenuti in test neuropsicologici-visuospaziali. In particolare, gli Autori hanno voluto indagare se la capacità visiva, dopo appropriato intervento terapeutico, potesse essere prevista mediante i risultati ottenuti dai predetti. Al fine di rispondere a queste domande sono stati raccolti e confrontati dei dati ottenuti da prove pratiche di guida su strada e da una serie di test neuropsicologici, prima e dopo il programma riabilitativo. Per accertare oggettivamente la capacità di guida è stato seguito un protocollo speciale (Test Ride for Investigation Practical fitness to drive, TRIP). Il TRIP era costituito da 55 items differenti, valutanti specifiche qualità

di guida, e ogni item dotato di un punteggio, da 1 a 4 (indicanti rispettivamente, capacità inadeguate, dubbie, adeguate, buone). Il TRIP è stato diviso in tre parti: percezione visiva (VIS), operazionale (OPER), tattica (TACT). Il set VIS (25 items), include domande riguardanti i movimenti degli occhi e della testa in varie situazioni, la percezione dei segnali stradali e la comunicazione visiva con altri automobilisti. Il set OPER (8 items) è stato usato per testare gli aspetti psicomotori alla guida, come cambiare marcia o frenare. Il set TACT (15 items) riflette tutti gli aspetti per cui le anticipazioni e le scelte sono importanti. La somma dei punteggi era indicata con TOT. Alla fine del protocollo veniva data sia una impressione globale soggettiva (GLOB) che un verdetto oggettivo da parte di un esperto (End Verdict). Il verdetto finale (promosso o bocciato) indicava se l’esperto valutasse idoneo o meno il soggetto ad ottenere la licenza di guida. I test neuropsicologici visuo-spaziali anch’essi presentati, sono stati divisi in quattro gruppi, rappresentanti ciascuno differenti aspetti della funzione visuo-spaziale, chiamati: Basic Visual Scanning and Search (BVSS), Visuo-Constructive and Organizational (VCO), Visuo-Integrative (VI), Dynamic (Dy). Le risposte sono state valutate in termini di lateralizzazione, velocità e accuratezza (Tant et al., 2002b). La riabilitazione visiva è consistita in tre fasi, ciascuna della durata massima di sei ore. Nella prima fase è stata valutata la velocità, la frequenza e l’ampiezza dei movimenti saccadici nell’emicampo cieco. Il fine della seconda fase è stato quello di insegnare l’uso efficace dei movimenti oculari durante specifiche situazioni visuo-spaziali. La terza fase dell’allenamento consisteva di una lezione di guida su strada al fine di migliorare l’integrazione dei principi oculomotori con strategie personali durante la guida (Tant et al., 2002c). Il tempo di riabilitazione

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per ciascun paziente è stato di 18 ore. Dopo l’intervento riabilitativo è stato ripetuto il test pratico di guida. Tutti i pazienti (17) coinvolti nello studio erano stati bocciati al test pratico di guida effettuato prima del programma riabilitativo (Tant et al., 2002) mentre 2 pazienti (12%) avevano ottenuto un verdetto finale positivo al test pratico di guida eseguito dopo il programma riabilitativo. Anche in questo caso la capacità di guida di tutti i pazienti è stata valutata utilizzando il protocollo TRIP (VIS, OPER, TACT, TOT, GLOB). In particolare, si è osservato un miglioramento significativo nel gruppo VIS. In contrasto con i risultati del TRIP post-intervento, non si sono osservate variazioni rilevanti nei punteggi dei test neuropsicologici (BVSS, VCO, VI, Dy). Visto i miglioramenti riscontrati nelle capacità visive (VIS) dopo l’intervento riabilitativo si è voluto esaminare la correlazione tra i punteggi del VIS e le caratteristiche personali di ciascun paziente. In particolare, si è osservato un peggioramento del punteggio VIS con l’aumento dell’età e miglioramento del punteggio con l’aumento dell’esperienza di guida automobilistica. Queste correlazioni però scomparivano all’accertamento post-riabilitativo, nel quale si metteva in evidenza una nuova interazione, cioè un punteggio VIS migliore in relazione ad un tempo di insorgenza della malattia più breve. Nonostante la capacità visiva durante la guida automobilistica, prima e dopo l’intervento terapeutico, potesse essere prevista dalle capacità in test visuo-spaziali neuropsicologici, come era stato dimostrato anche da precedenti studi (Sivak et al., 1981; Nouri et al., 1987; Engum et al., 1988a; Engum et al., 1988b; Engum et al., 1990; Galski et al., 1992; Nouri et al., 1993; Lincoln et al., 1994; Mazer et al., 1998; Wthaar et al., 2000; Brouwer, 2002), il miglioramento nel punteggio VIS non poteva essere previsto allo stesso modo. Inoltre,

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anche se certe caratteristiche personali quali l’età, l’esperienza di guida o il tempo trascorso dall’insorgenza della malattia risultavano correlate con il punteggio VIS, in realtà, nessuna di loro era correlata con il miglioramento del VIS. Escludendo la limitazione del basso numero di pazienti esaminati, i dati ottenuti da questo studio suggeriscono che tutti i pazienti possono beneficiare allo stesso modo da un adeguato intervento riabilitativo e quindi tale intervento può essere applicato a tutti i pazienti affetti da emianopsia laterale omonima (Tant et al., 2002). Da quanto esposto si può concludere che la guida automobilistica richiede specifiche capacità: – la capacità di riconoscere i cambiamenti in un ambiente in movimento – la capacità di valutare rapidamente questi cambiamenti per poter prendere le decisioni opportune – la capacità motoria di mettere in atto le decisioni prese – la capacità di compensare eventuali difetti di particolari performance. L’interazione di questi fattori è molto complessa e non può essere dedotta valutando un solo fattore preso singolarmente. Quindi, poiché guidare è un’azione complessa, la valutazione dei test di screening per la guida non può essere una semplice decisione promosso o bocciato, ma vanno considerati almeno tre tipi di risultati a tre livelli differenti. Livello superiore: l’abilità alla guida è normale purché non vi siano altre ragioni che possono metterla in dubbio (per esempio altre annotazioni sulla patente). Livello intermedio: la capacità di guida va messa in discussione e va data al candidato la possibilità di provare la propria abilità a compensare eventuali difetti mediante una prova pratica; in questi casi le autorità competenti possono imporre limitazioni sulla patente con l’aggiunta o


meno di ausili da utilizzare. Livello inferiore: indica la presenza di un deficit importante difficile da compensare, in questi casi la patente non va concessa ad eccezione di circostanze particolari. È evidente, come già riferito che la vista è il requisito fondamentale per il guida pertanto i criteri di screening più importanti per la concessione e il rinnovo della patente di guida devono valutare la funzione visiva nel suo complesso. Infatti, la sola valutazione dell’A.V. in condizioni statiche non predice in modo realistico l’acuità visiva effettiva che si può avere in un veico-

lo in movimento (acuità visiva dinamica) e inoltre vari aspetti della funzione visiva potrebbero essere indipendentemente compromessi e andrebbero, di conseguenza, valutati e discussi separatamente. I tre aspetti più importanti sono: 1) la visione periferica – l’estensione del campo visivo, soprattutto nel meridiano orizzontale 2) la visione centrale – l’acuità visiva – la capacità di percepire i segnali e di rilevarne i particolari 3) la sensibilità al contrasto – la capacità di percepire differenze di luminanza.

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NOTE


Cisti vitreale monolaterale: due casi clinici Antonio Laborante Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza San Giovanni Rotondo (Foggia) Unità Operativa Complessa di Oculistica

ABSTRACT POURPOSE: The authors describe two report cases that they observed about a monolateral vitreous cyst: in a 30 year old woman who complains of seeing floaters in her left eye and in a 36 year old asymptomatic woman. METHOD: A careful exam has been performed in two clinical cases: anterior segment biomicroscopy, ocular tonometry of Goldman, ocular fundus exam, ocular tomography, fluorangiography and angiography. RESULTS AND CONCLUSIONS: These cysts have malformation origin, they are asymptomatic and no treatment is necessary. KEYWORDS: Intravitreal cyst, ocular ecography, fluorangiography.

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METODO: Nei 2 casi clinici si è eseguito attento esame obiettivo: biomicroscopia del segmento anteriore, tonometria oculare di Goldmann, esame del fondo oculare, esame ecografico bulbare, tomografia oculare, esame fluorangiografico, angiografia al verde indocianina. RISULTATI E CONCLUSIONI: Tali cisti sono di origine malformativa, asintomatiche e non necessitano di alcun trattamento. PAROLE CHIAVE: Cisti intravitreale, ecografia oculare, fluorangiografia.

Cisti vitreale monolaterale: due casi clinici

Sottoposto alla redazione il 30 Agosto 2010 Accettato per la pubblicazione l’8 Ottobre 2010

RIASSUNTO OBIETTIVO: Gli autori descrivono due casi clinici di cisti intravitreali monolaterali pervenuti alla loro osservazione: un caso di cisti intravitreale in una paziente di 30 anni che riferiva l’improvvisa comparsa di un’area ombrata nella parte periferica del proprio campo visivo soggettivo dell’occhio sinistro ed un caso di una paziente di 36 anni con due piccole cisti intravitreali molto periferiche e senza sintomatologia visiva.

Le cisti intravitreali sono rare e sono state descritte per la prima volta alla fine del diciannovesimo secolo da Tansley1, infatti in letteratura si trovano descritti pochi casi sia in pazienti di sesso maschile che

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in pazienti di sesso femminile. Sono in genere asintomatiche, sia monolaterali che bilaterali. Sono più frequentemente descritte nei giovani2 e più raramente in pazienti anziani3.


Figura 1. Cisti vitreale in media periferia nasale, da notare la presenza di livello di liquido giallastro al suo interno

CASO CLINICO 1 Una giovane donna di 30 anni è pervenuta alla nostra osservazione e riferiva la improvvisa comparsa di un’area ombrata nella parte periferica del proprio campo visivo soggettivo dell’occhio sinistro. Il visus in entrambi gli occhi era di 10/10 con sf – 0.75 di correzione, l’esame biomicroscopico del segmento anteriore era normale, la tonometria oculare misurata con tonometro di Goldmann era pari a 14 mmHg in entrambi gli occhi. All’esame del fondo oculare non si riscontravano alterazioni in occhio destro, mentre all’osservazione del fondo oculare in occhio sinistro (Figura 1) si riscontrava la presenza di una cisti rotondeggiante di colorito bianco-giallastro, della grandezza approssimativa di 2 diametri papillare, che appariva adagiata sulla retina nasale in media periferia, scarsamente mobile con i movimenti oculari e con un livello di liquido al proprio interno. La routine ematica era normale e non vi erano alterazioni a carico degli esami infiammatori (VES, immunocomplessi circolanti, PCR, TAS, ecc). Il dosaggio degli anticorpi per toxoplasma ed herpes era negativo, mentre risultavano essere positive le IgG per la rosolia e e per il CMV. Negativa è risultata la ricerca degli anticorpi per la toxocara canis effettuata con il metodo

Figura 2. Immagine B-Scan della cisti vitreale: area debolmente ecogena al davanti del profilo della membrana limitante interna

Figura 3. Immagine fluorangiografica della cisti vitreale: da notare la debole ipofluorescenza in periferia

ELISA. L’esame ecografico (Figura 2) evidenziava in B-Scan la presenza di una lesione in camera vitrea di forma rotondeggiante a riflettività media, con un contenuto interno a riflettività minore; come si può vedere dalla foto (ecogramma in sezione trasversale) la lesione appare quasi adagiata al profilo interno del bulbo oculare (si osserva l’immagine relativa al muscolo retto mediale in sezione). All’angiografia a fluorescenza (FAG) si è riscontrata in occhio sinistro (Figura 3) nella parte medio-periferica del quadrante nasale la presenza di un’area di tenue effetto schermo di forma rotondeggiante che rimaneva invariata nei tempi tardivi dell’esame; non vi erano alterazioni fluorangiografiche né a livello papillare, né a livello dell’albero vascolare, né a carico di tutta la retina. Tale lesione preretinica è stata confermata anche all’angiografia

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Figura 4. La cisti vitreale a distanza di 7 mesi: da notare le dimensioni ridotte e la scomparsa del livello di liquido all’interno

Figura 5. II caso: si nota la presenza di cisti vitreale duplice

con indocianina (ICG) che non ha rilevato nessuna altra alterazione né retinica, né coroideale. La paziente si è rifiutata di sottoporsi ad un qualsiasi trattamento (sia chirurgico, sia parachirurgico) per cui è stata dimessa e poi ricontrollata a livello ambulatoriale dopo 1 mese senza il riscontro di variazioni del quadro clinicoobiettivo. Ad un successivo controllo effettuato dopo 7 mesi la cisti si presentava di dimensioni leggermente ridotte ed appariva traslucida e senza il livello interno di liquido (Figura 4).

così come normale era l’esame del fundus oculi. Date le dimensioni della cisti e soprattutto la sua posizione (molto anteriore) non si procedeva ad esame ecografico (non avendo a disposizione sonda ad alta frequenza), tuttavia la paziente è stata monitorata nel corso dei mesi successivi e a distanza di 2 anni la cisti appare invariata. In questo caso non sono stati eseguiti esami ematochimici, perché l’aspetto clinico appariva chiaramente quello di una cisti di origine malformativa.

CASO CLINICO 2 Un secondo caso riguarda una giovane donna di 36 anni giunta alla nostra osservazione per una visita di controllo (1 diottria di miopia in entrambi gli occhi), in assenza di sintomatologia. All’esame obiettivo in OS una cisti vitreale duplice, molto periferica, trasparente, si rendeva evidente solamente in estrema posizione di sguardo (facendo muovere gli occhi in destroversione): una lesione di forma grossolanamente rotondeggiante (1 mm di diametro) ed un’altra di forma ellittica (1x2 mm) (Figura 5). Il visus era di 10/10 con -1 sf. il tono era normale (15 mmHg con tonometro di Goldmann) in entrambi gli occhi. il segmento anteriore per il resto era normale,

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DISCUSSIONE Sebbene inizialmente differenti per aspetto, dimensioni e sede anatomica, riteniamo che le cisti descritte nelle due pazienti si possono fare rientrare nello stesso capitolo delle lesioni cistiche intravitreali di origine malformativa in senso lato. Le cisti intravitreali sono rare e si possono presentare attaccate al disco ottico oppure fluttuanti nel corpo vitreo4. Le loro dimensioni sono variabili da ¼ del diametro papillare a diverse volte lo stesso. Quelle derivate dal sistema ialoideo sono caratteristicamente singole e mobili, mentre quelle che derivano dalla papilla di Bergmeister sono generalmente piccole, multiple e immobili5. Possono presentarsi con una superficie rugosa o trasparente, di colorito grigiastro o minimamente pig-


mentate; il vitreo sovrastante è limpido e privo di note infiammatorie6. Nel caso descritto dagli autori si è evidenziato un livello di liquido intracistico che non era stato descritto. In letteratura riferibile probabilmente dovuto alla persistenza di materiale gelatinoso degenerato all’interno della cisti medesima. Nella maggior parte dei casi sono asintomatiche, in rari casi possono presentare una

sintomatologia con disturbi visivi dovuti alla loro posizione anatomica7. Essendo di solito asintomatiche non necessitano di alcun trattamento; tuttavia sono segnalati in letteratura casi di foto cistotomia argon laser o con Nd:Yag laser per cisti con un diametro non superiore ai 4 mm8, mentre la vitrectomia via pars plana è stata utilizzata per lesioni di diametro maggiore9.

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La prescrizione prismatica monoculare: “byte oculare” nel trattamento di posizione anomala del capo (PAC)? Due casi a confronto

Stefano Esente Specialista in Oculistica - Centro Oculistico, Firenze

SUMMARY Can a monocular prism give a better posture assessment in patients with asthenopia? The Authors have utilized this correction in a series of patients affected by asthenopia symptoms and abnormal neck posture. A general subjective and objective ocular and system examination (also with a postural general balance with stabylometry) have been done before and after the use of the monocular prism. The results are encouraging with an improvement of the postural balance and a decrease of the asthenopeic troubles. KEY WORDS: Posture, Asthenopia, prism correction

La prescrizione prismatica monoculare: “byte oculare” nel trattamento di posizione anomala del capo (PAC)? Due casi a confronto Sottoposto alla redazione il 22 Giugno 2010 Accettato per la pubblicazione il 28 Settembre 2010

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RIASSUNTO Obiettivo del lavoro: Verificare se la correzione prismatica monoculare può migliorare la postura e il trattamento di una posizione anomala del capo (PAC) ed i relativi sintomi astenopeici. METODO: Una valutazione Oculistica/ Optometrica e posturale completa è stata eseguita prima e dopo l’utilizzo del prisma monoculare RISULTATI: Si riportano due casi clinici che dimostrano il miglioramento soggettivo ed oggettivo del prisma monoculare sulla postura e sul sistema visivo Conclusioni: L’uso del prisma monoculare può essere uno strumento per migliorare sintomi astenopeici correlati con una posizione anomala del capo (PAC) ed una postura non corretta. PAROLE CHIAVE: Postura, astenopia, correzione prismatica.

INTRODUZIONE Durante l’evoluzione visiva, l’uomo ha modificato il sistema visivo adattandolo alle nuove esigenze ambientali e sociali;

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la grande arena di caccia si è trasformata in ambienti piccolo e chiusi; le abilità visive sviluppate per l’avvistamento da lontano di prede da catturare, sono oggi for-


zatamente circoscritte in piccoli spazi,utilizzate per lavori svolti a distanza ravvicinata e spesso senza i dovuti intervalli defatiganti. Una corretta postura è sempre più richiesta specie negli ambienti di lavoro con PC e VDT; purtroppo le patologie posturali sono invece in netto aumento; causa di

questo fenomeno è senz’altro la minore attenzione alla postura in età scolare da parte degli insegnanti e dei genitori, oltre che, spesso, una sottovalutazione di segni e sintomi che mascherano anomalie visive (astigmatismo, anisometropie, deficit di convergenza, ecc.). La posturologia viene definita una scien-

DENTISTA OSTEOPATA

PODOLOGO

OPTOMETRISTA MEDICO SPORTIVO

POSTUROLOGIA (POSTUROLOGO) PSICOLOGO

FISIOTERAPISTA

Figura 1. Relazione biunivoca tra il Posturologo e le altre Figure Professionali

CHINESIOLOGO

za transdisciplinare perché può coinvolge più specialità mediche. (Figura 1). Negli ultimi anni ci siamo avvicinati a studiare il rapporto fra visione e postura specie in considerazione dell’aumento degli stati astenopeici in generale e per valutare se una correzione prismatica monoculare potesse favorire una visione più fisiologica anche in rapporto alla postura del soggetto. Cos'è la postura: il Sistema Tonico Posturale La postura di un soggetto non è che la risultante di numerosi fattori. La testa, il tronco, gli arti eccetera, assumono una posizione nello spazio perché un complesso sistema mio-fasciale (muscolare e connettivale) mantiene quei segmenti corporei in quella determinata posizione. I muscoli sono gli effettori, cioè eseguono un comando esterno che proviene dal Sistema Nervoso Centrale (SNC): ma chi ordina al SNC di fornire quella particolare informazione ai muscoli? Un sistema cibernetico,

costituito da un organo effettore (i muscoli), da un computer centrale che da una parte elabora delle informazioni in entrata e dall'altra produce l'output di uscita e da un sistema afferente che trasmette determinate informazioni al computer centrale (SNC) e che è in definitiva il responsabile della postura (Figura 2). Com’è possibile che uno squilibrio su un recettore possa riflettersi anche sugli altri recettori? Che relazione ci può essere tra l'occlusione e gli occhi, tra i piedi e gli occhi, tra i piedi e la bocca? Questo è possibile perché tutto passa

INPUT (afferenze) sistemi esorecettoriali endorecettoriali propriocettivi

OUTPUT (efferenze) INTEGRAZIONE (S.N.C.)

tono muscolare

SISTEMA CIBERNETICO (SISTEMA TONICO POSTURALE) Figura 2.

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attraverso vie nervose. Il sistema nervoso mette di fatto in relazione tutti i recettori tra loro. (Figura 3).

OCCLUSIONE

POSTURA PIEDI

OCCHI

Figura 3. I Recettori influenzano la Postura ed a loro volta si influenzano reciprocamente

Qualsiasi modificazione a livello di un recettore può determinare una risposta su un altro recettore, che come si dice, si adatta nei confronti del primo. Numerose ricerche confermano l'esistenza delle relazioni tra i recettori ed anche in ambito di valutazione clinica è possibile istantaneamente modificare la risposta di un recettore pur agendo su di un altro (piedi – occhio, bocca – occhio, ecc.). In un sistema non lineare perciò, dopo aver dato un'informazione, di fatto non so a priori che tipo di risposta posso ottenere. Compiti del posturologo Una valutazione posturale deve porsi come obiettivo primario quello di evidenziare in maniera chiara i vari squilibri della muscolatura tonico-posturale. Non ci si limita perciò alla sola valutazione delle simmetrie dei vari reperi corporei (filo a piombo eccetera), ma si devono attuare tutta una serie di test, detti appunto "posturali", utili alla diagnosi. Com’è possibile restituire l'equilibrio tonico-muscolare? Ricordiamoci che a determinare lo squilibrio sono le informazioni in entrata (input). Dobbiamo perciò "giocare" a livello di queste informazioni in maniera che il risultato sia una risposta globale adeguata. In prima istanza occorre capire dove possa risiedere l'origine del problema (il problema è lo squilibrio muscolare e

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secondariamente ad esempio il mal di schiena.. che ne è sempre la conseguenza). I test posturali sono in grado di dirci con buona precisione la possibile origine del problema (piedi, bocca eccetera), mentre in un secondo momento sarà possibile, attraverso l'utilizzo della pedana stabilometrica, constatare l’efficacia del trattamento terapeutico sul STP. Il SNC istantaneamente elabora l'output desiderato: generalmente il sistema si riequilibra. In base ai risultati dei test, a questo punto potrà essere preparata una soletta propriocettiva, oppure ad esempio un byte, oppure un prisma ed altro ancora. Il ruolo del Sistema Visivo in Posturologia I muscoli degli occhi, del collo e di tutto l’apparato muscolare sono intimamente collegati. Si contraggono al fine di consentire alla testa di cambiare posizione per poter fissare l’oggetto di interesse (Busquet 1988). La funzione visiva permette la stabilità posturale per i movimenti antero-posteriori, grazie alla visione periferica e per i movimenti destra-sinistra attraverso la visione centrale. Perchè il STP possa utilizzare le informazioni visive per il mantenimento dell’equilibrio, bisogna che le informazioni visive siano comparate a quelle che vengono dall’orecchio interno e dall’appoggio plantare. Nella valutazione del grado di adattamento dei vari sottosistemi della postura ci si avvale, oltre a numerosi test clinici, anche di esami strumentali quale l’Analisi Visiva Comportamentale e la Stabilometria. L’esame visivo-posturale L’esperienza maturata in molti anni di lavoro ci ha permesso di formulare un protocollo di lavoro che attuiamo presso il nostro Centro. Tale protocollo prevede: 1. Esame morfologico 2. Test clinici 3. Stabilometria


1. Esame morfologico Studio della verticale di Barrè: piano frontale, sagittale e traverso (Figura 4). 2. Test clinici a) Questionario sintomi astenopeici (Figura 5) b) Ortotest Il test determina la presenza di eventuali anomalie di fissazione fra i due occhi in visione primaria e terziaria (assi deviati). c) Refrazione Correggere i piccoli astigmatismi +/- 0,25 Valutare la prescrizione al test bicromatico monoculare e binoculare. Valutare e bilanciare leggere anisometropie sferiche o cilindriche d) Test dell’occhio dominante Test del cartone con foro. e) Test della foria per lontano e vicino Caratteristiche: Distanza: valutazione visus lontano/vicino Occhiale di prova con: distanza interpupillare da lontano/vicino con correzione abituale Mira: lontano/vicino: luce puntiforme Illuminazione: normale (130 a 215 lux ) Strumento: prisma di Riesly

Mal di testa Annebbiamenti Occhi rossi Sdoppiamenti V-L lento Tensioni–punture Stanchezza durante la lettura Vertigini–sbandamenti Dolore collo Dolore spalle Dolore schiena

Figura 5. Questionario sintomi astenopeici

3. Stabilometria È un esame che permette di valutare e misurare l’equilibrio (American Academy of Neurology 1993), attraverso una pedana computerizzata che risponde a precise norme internazionali di costruzione, sensibilità e taratura (Figura 6). Viene misurata la posizione media del centro di gravità del corpo umano (circa 1 centimetro quadrato) e dei suoi piccoli movimenti attorno a tale punto, con un errore dell’1%. Stare in piedi immobile richiede un lavoro di controllo delle oscillazioni entro limiti precisi e calcolabili.

f) Test di Shober M.S. (modificato Sarti) Caratteristiche Distanza: Lontano - vicino Mira: test Schober con occhiali anaglifici Illuminazione: Normale Ametropia: correzione per lontano e vicino g) Test di Romberg Si utilizza per valutare la componente statica otolitica del sistema vestibolare con e senza l’inserimento della correzione prismatica.

Figura 4. Verticale di Barrè

Figura 6. Stabilometria

Trattamento Il trattamento visuo-posturale si avvale di due strumenti: 1. Le Ginnastiche Oculari Active-Eye composte di un flipper con potere +/-

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200 0 +/- 250 Rosso/verde per l’astenopia tipo X e Giallo/Blu per l’astenopia tipo A-B-E con l’inserimento di un prisma monoculare base Interna per le exoforie o Base esterna per le esoforie monoculare (Figura 7). 2. La prescrizione prismatica monoculare aggiunta alla correzione con potere di 2-3 dtp su l’occhio dominato o all’occhio con minor visus. CASI CLINICI Primo caso clinico Lorenzo, di anni 9, studente di terza elementare è inviato il 12/01/09 dal pediatra alla nostra osservazione. I genitori e gli insegnanti hanno notato postura scorretta durante la lettura, uno scarso rendimento scolastico e la scrittura incerta e disordinata. Lorenzo riferisce cefalea frontale che si esacerba la sera con frequenza di circa tre volte la settimana. Alla visita oculisticaoptometrica si evidenza una leggera iper-

Figura 7.

Figura 8.

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metropia composta con le forie per lontano e vicino in eso. La prescrizione è in OD = sf + 0.25 cil + 0.25 ax 90 con un visus di 9/10 mentre in OS è sf+ 0.25 cil + 0.25 ax 90 con un prisma di 2dtp base esterna e visus di 9/10. Alla visita posturale presenta un’inclinazione dell’asse del capo a dx e un disallineamento posturale generalizzato (Figura 8). Eseguiamo la prova di scrittura con correzione prescritta e senza correzione, notiamo come la scrittura migliora subito con la correzione (Figura 9). Immediatamente eseguiamo l’esame stabilometrico (Figura 10) con correzione senza prisma e notiamo un leggero spostamento del baricentro nel quadrante inferiore sinistra, aggiungiamo il prisma monoculare di 2 dtp base esterna e notiamo come il baricentro sia influenzato dalla correzione prismatica, siamo passati dal quadrante inferiore sx al quadrante superiore sinistra.

Figura 9.

Figura 10.


Al test di Barrè (Figura 11) eseguito subito dopo il test stabilometrico con la correzione prismatica è messo in evidenza il riallineamento della PAC e di tutto il corpo poiché è minore l’angolo fra il torace e il braccio sinistro. Controllo del 24/05/09 Lorenzo riferisce la scomparsa dei sintomi astenopeici, i genitori e gli insegnanti riferiscono una maggiore attenzione e miglioramento nella lettura e scrittura. All’esame oculistico-optometrico-posturale il visus è migliorato portandosi ai valori normali di 10/10, le forie verso i valori normali tendendo alle exo. Il controllo con tavola stabilometrica (Figura 12) mostra un notevole spostamento in avanti del baricentro nel quadrante superiore sinistro e un aumento del gomitolo di oscillazione, Lorenzo ha cambiato il suo baricentro spostandolo troppo verso il quadrante superiore sinistro. L’esame di Barrè conferma lo spostamento eccessivo verso sinistra (Figura 13) indotto dal prisma monoculare che continua la sua azione di “tiraggio” del muscolo retto sinistro. È stato sospeso l’uso della correzione prismatica e sostituita con ginnastica Active-Eye con strumento 2.50 G/B - B.E con azione invasiva più morbida per rallentare l’azione di tiraggio del prisma confermato dal test di Barrè e dal test stabilometrico. Secondo caso clinico Anna, di anni 45 impiegata, utilizza il VDT per 8 ore con la sospensione di legge, giunge, il 10 maggio 2008 con sintomi di cefalea frontale alla sera con forte intensità al sabato e frequenza settimanale, visione leggermente sfuocata e leggeri sdoppiamenti quando fissa un oggetto specie alla sera. Pratica ginnastica posturale due volte alla settimana per diminui-

Figura 11.

Figura 12.

Figura 13.

re le tensioni al collo. Utilizza una prescrizione per vicino di potere + 1.00 in entrambi gli occhi. Durante la visita oculistica-optometrica si prescrive una leggera miopia composta in OD una sf –025 e cil–025 ax 180 e un visus di 10/10; in OS una sf –025 e cil–025 ax 180 con 2 dtp base interna e un visus di 9/10 e un addizione di +1.25 dt binoculare (è stato prescritto un multifocale) associata ad exotropia in OS in visione primaria. Eseguiamo subito la stabilometria senza

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Figura 14.

Figura 15.

Figura 16.

Figura 17.

correzione (Figura 14) e con correzione (Figura 15) mettendo in evidenza la netta riduzione del gomitolo di oscillazione con la correzione prismatica e riposizionamento del baricentro verso il centro. Al test di Barrè senza la correzione (Figura 16) notiamo: asse del capo deviato a destra sull’asse verticale. Inseriamo la correzione con il prisma (Figura 17) e notiamo un centraggio della posizione anomala del capo (PAC) migliore con riduzione della deviazione dell’asse del capo e una deviazione del capo in alto. Alla visita di controllo del 05 maggio 2009 la paziente riferisce l’assenza dei sintomi astenopeici con l’uso della correzione e ricomparsa quando non usa la prescrizione. La tensione al collo viene avvertita alla sera in maniera più leggera; continua la ginnastica posturale due volte alla settimana. All’esame oculistico - optometrico, il

visus è aumentato all’occhio sinistro portandosi ai 10/10 ed è diminuita la exotropia in OS in visione primaria. Al test stabilometrico (Figura 18) si forte riduzione delle oscillazioni con un gomitolo molto stretto e con il baricentro che cade correttamente al centro. Al test di Barrè (Figura 19) il centraggio della posizione anomala del capo (PAC) rimane invariato mantenendo la diminuzione di deviazione a destra dell’asse verticale e deviazione del capo in alto. Nelle persone adulte e ormai strutturate l’azione del prisma mantiene la posizione viceversa nei soggetti plastici che continua la sua azione di “tiraggio”.

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CONCLUSIONI I risultati ottenuti a tutt’oggi ci permettono di affermare che il controllo ed il trattamento del recettore oculare ha un’importanza notevole in campo posturale e


Figura 18.

Figura 19.

produce risultati incoraggianti sia soggettivamente che in maniera oggettiva. Possiamo ipotizzare dai casi oggi in nostro possesso che la prescrizione prismatica monoculare nel trattamento della posizione anomala del capo (PAC) nelle deviazione su l’asse antero-posteriore e sulla deviazione dell’asse verticale è paragonabile al byte utilizzato in ortodonzia per le terapie fisse o funzionali, mentre nelle deviazioni della PAC su l’asse orizzontale si utilizza la prescrizione bilaterale prismatica a base bassa nelle iper deviazioni e base alta nelle ipo deviazioni. L’applicazione del trattamento trova spazio in numerosi settori: lavoro, studio, attività fisico-sportiva, vita di tutti i giorni. Nella pratica sportiva agonistica di alto livello, ad esempio, sappiamo bene quanto un organismo debba funzionare alla perfezione per poter rendere al massimo. Un corpo fortemente squilibrato d'altro

canto, creerà le premesse per una resa non ottimale ed in ultima analisi per l'infortunio. La risoluzione di problematiche posturali può ridurre in maniera sensibile il numero di giornate lavorative perse per algie come la lombalgia o la cefalea. Ma forse è nei bambini che si hanno i risultati migliori; in termini di maggiore rendimento scolastico e di apprendimento famigliare con miglioramento della loro vita di relazione. L’attenzione verso una postura ottimale è sicuramente in crescita in numerose specialità mediche e paramediche. La nostra esperienza in campo visivo ci conforta per i risultati raggiunti e ci stimola a migliorare l’inquadramento clinico e pratico; in questa direzione riteniamo ci sia ancora molto da fare e solo una graduale conoscenza delle possibilità correttive potrà fare migliorare questa sotto branca specialistica.

BIBLIOGRAFIA M. CASINI, S. ESENTE, F. PANZERA, R. SAGGINI, G. SARTI; Visione e Postura “La prescrizione prismatica monoculare e la ginnastica oculare nel trattamento dei disordini posturali”. Edizioni Fabiano anno 2010 L. BUSQUET; Le catene muscolari, Ed. Marrapese, 1988

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Ruolo neuroprotettivo della Fosfoserina nella patologia glaucomatosa: nostra esperienza Sergio Z. Scalinci Università degli Studi di Bologna Dipartimento di Chirurgia Generale e dei Trapianti d’Organo - Direttore Prof. Bruno Cola Centro di Studio per il Glaucoma

ABSTRACT PURPOSE: To evaluate the neuroprotection role of the phosphoserine and its anti-apoptotic properties in the glaucoma disease and to compare the effectiveness of phosphoserine therapy vs placebo treatment in patients affected by glaucoma.

Ruolo neuroprotettivo della Fosfoserina nella patologia glaucomatosa: nostra esperienza Sottoposto alla redazione il 23 Settembre 2010 Accettato per la pubblicazione il 4 Novembre 2010

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thickness and IOP were the parameters considered in order to evaluate the phosphoserine therapy effectiveness in both groups. 26 patients in group A experienced a statistically significant improvement (p<0.01) either on IOP values, or on visual fields analysis, while the RNFL analysis showed a stability, compared with the baseline values. 11 patients in group B experienced a stability either on the visual field analysis, or on the IOP values, while 9 patients showed a progressive worsening.

METHODS: 46 patients (22 males, 24 females), aged from 35 to 61 years (MEDIA= 48; SD ± 3,5 ), affected by Chronic Simple Glaucoma (CSG) were enrolled in this study and followed-up for twelve months, before the treatment and at 1, 3, 6 and 12 months. Patients were divided into two groups: subjects in Group A (26 patients – Study Group) received the oral phosphoserine treatment daily for nine months, subjects in Group B (20 patients – Control Group) received the oral placebo treatment daily for nine months. The patients’ selection was based on the following inclusion: IOP < 17 mmHg ± sd 2; cup / disc < 0,5; BCVA= 20/20 with a correction ≤ ± 3.5 D; no neurologic diseases.

CONCLUSIONS: Multiple studies focused on the effectiveness of the neuroprotection therapy on patients affected by chronic simple glaucoma (CSG). Improvements experienced in patients treated with phosphoserine can confirm its anti-apoptotic activity in the glaucoma disease. This treatment could have significant implications in the glaucoma treatment, in association with the traditional hypotonic topical therapy, although further large long-term clinical studies are required.

RESULTS: Mean Deviation (visual fields analysis 30-2 Full Threshold), CPSD, Retinal Nerve Fibres Layers

KEYWORDS: Glaucoma, Neuroprotection, Intraocular Pression, Phosphoserine, Apoptosis

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RIASSUNTO SCOPO: Gli Autori descrivono il ruolo neuroprotettivo della fosfoserina e le sue proprietà anti-apoptotiche nell’ambito della patologia glaucomatosa e valutano l’efficacia di tale trattamento in pazienti affetti da glaucoma cronico semplice. MATERIALI E METODI: 46 pazienti (22 maschi; 24 femmine), di età compresa tra i 35 ed i 61 anni (MEDIA= 48; DS: ± 3,5), affetti da glaucoma cronico semplice in terapia topica ipotonizzante sono stati inclusi in tale studio prospettico a doppio cieco della durata di 12 mesi e controllati a 1-3-6-12 mesi. I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi: i soggetti in Gruppo A (26 pazienti- Gruppo di Studio) sono stati trattati giornalmente con fosfoserina per os per 9 mesi; i soggetti in Gruppo B (20 pazienti – Gruppo Controllo) sono stati sottoposti ad un trattamento placebo. I criteri di inclusione considerati sono i seguenti: IOP < 17 mmHg ± ds 2; cup / disc < 0,5; BCVA= 10/10 con una correzione ≤ ± 3.5 D; assenza di concomitanti patologie neurologiche e/o sistemiche. RISULTATI: I risultati perimetrici sono stati valutati in funzione della Mean Deviation (campo visivo computerizzato 30-2 Full Threshold) e della CPSD. Sono stati anche valutati i valori di pressione intraoculare (IOP) e dello spessore dello strato delle fibre del nervo ottico. Tutti i ri-

INTRODUZIONE Il Glaucoma è una patologia cronico-degenerativa caratterizzata da peculiari alterazioni anatomo-funzionali del nervo ottico, non sempre associate ad un aumento della Pressione Intraoculare (IOP). Nella Neuropatia Ottica Glaucomatosa (GON) si realizza un progressivo assottigliamento dello strato delle fibre nervose retiniche

sultati sono stati sottoposti ad un’analisi statistica one-way ANOVA per lo studio della varianza del x2 per la valutazione della significatività statistica (p<0.01). 26 pazienti appartenenti al gruppo A hanno mostrato un miglioramento statisticamente significativo (p<0.01) sia nei valori di pressione intraoculare, sia nell’analisi computerizzata dei campi visivi, mentre lo spessore dello strato delle fibre del nervo ottico è risultato stabile, rispetto ai valori di riferimento del pre-trattamento. Nel gruppo B, 11 pazienti hanno evidenziato stabilità sia nei risultati perimetrici, sia nei valori di IOP; mentre in 9 pazienti si è registrato un progressivo peggioramento di tali parametri. CONCLUSIONI: Negli ultimi anni, molteplici studi sono stati condotti al fine di valutare l’efficacia del trattamento neuroprotettivo nell’ambito della patologia glaucomatosa. I miglioramenti ottenuti nei pazienti trattati con fosfoserina per os conferma l’attività anti-apoptotica di tale molecola nel glaucoma. In futuro, tale trattamento potrebbe presentare significative implicazioni nella terapia del glaucoma in associazione alla terapia topica ipotonizzante, tuttavia sono necessari ulteriori studi clinici a lungo termine. PAROLE CHIAVE: Glaucoma, Fosfoserina, Neuroprotezione, Apoptosi, Pressione Intraoculare.

e si evidenzia un’accentuazione dell’escavazione della testa del nervo ottico con meccanismi fisio-patologici che non sono ancora oggi del tutto individuati. Negli ultimi anni sono stati condotti numerosi studi, su larga scala, che hanno confermato l’efficacia della terapia ipotensiva nell’ambito della patologia glaucomatosa, anche in presenza di un livello

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pressorio normale. L’azione positiva dei colliri ipotonizzanti sul trofismo delle strutture retiniche è dovuta ad una riduzione dello stress meccanico esercitato dalla pressione intraoculare sia sulle cellule ganglionari, sia sulle strutture vascolari della lamina cribrosa. Da ciò si ipotizza che la IOP è un importante elemento individuato come meccanismo patogenetico e le condizioni patologiche che si instaurano successivamente sono legate a meccanismi apoptotici condizionanti il trofismo del nervo ottico nella componente sia neurogena sia vascolare. È noto, infatti, che la sopravvivenza della cellula ganglionare retinica è largamente influenzata dall’equilibrio tra fattori antiapoptotici (neurotrofine) e fattori proapoptotici, tra cui lo stress iperbarico, accompagnato o meno da fattori genetici e/o metabolici. Come conseguenza dello squilibrio tra fattori di sopravvivenza e segnali di morte cellulare si ha, in primo luogo, l’iperattivazione dell’enzima fosfolipasi- A2 (PLP-A2) in grado di catabolizzare la fosfatidilcolina (PDC), principale fosfolipide costituente le membrane cellulari delle cellule ganglionari retiniche, in acido arachidonico (AA) e diacilgliceroli (DAG), che, in concentrazioni fisiologiche, rappresentano importanti messaggeri intracellulari. Una volta compromessa l’integrità di membrana della cellula ganglionare, viene liberato il glutammato, principale neurotrasmettitore eccitatorio, con conseguente sovrastimolazione dei recettori-canale NMDA presenti sulla superficie delle cellule adiacenti. A questa condizione segue la depolarizzazione della membrana con successiva apertura dei canali dello ione Ca++. L’incremento della concentrazione del Ca++ intracellulare contribuisce all’attivazione di processi apoptotici. Questa reazione, che rappresenta l’insulto secondario, può espandersi in maniera esponenziale alle cellule

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adiacenti. Il meccanismo dell’insulto primario e dell’estensione dell’insulto secondario alle cellule adiacenti è comune ad altre patologie neuro-degenerative, quali il Morbo di Alzheimer e il Morbo di Parkinson. Tali cenni riguardanti la patogenesi della morte cellulare ganglionare con successiva atrofia del nervo ottico nel glaucoma aiutano a comprendere come, attualmente, le ricerche si stiano orientando verso la neuroprotezione. Oltre ai farmaci studiati, quali i bloccanti dei recettori del glutammato, i calcio-antagonisti, i fattori di crescita (NGF, BDNF, FGF) con proprietà neurotrofiche, particolare approfondimento meritano nuove molecole, quali la Fosfoserina. Scopo del nostro studio è stato quello di valutare il razionale di una terapia antiapoptotica nella patologia glaucomatosa mediante l’utilizzo della Fosfoserina. La Fosfoserina è un costituente della matrice strutturale di tutte le membrane cellulari e gioca un ruolo fondamentale nella sintesi dei neurotrasmettitori, contribuendo in tal modo ad un miglioramento dello stato funzionale sia delle cellule neuronali del sistema nervoso centrale, amplificandone l’attività cognitiva, sia delle cellule ganglionari, aumentandone la neuroconduzione. Ad essa vengono attribuite anche funzioni anticataboliche, la stimolazione delle capacità immunitarie ed un possibile miglioramento dell’umore in taluni soggetti affetti da nevrosi. Dunque, con la somministrazione esogena per os di Fosfoserina nel paziente glaucomatoso, si possono porre le basi di un razionale terapeutico con effetti positivi nel rallentare i processi apoptotici a carico del nervo ottico. MATERIALI E METODI Studio prospettico a doppio cieco della durata di 12 mesi (maggio 2009-maggio 2010), 46 pazienti, con età compresa tra i


35 e i 61 anni (MEDIA= 48; DS: ± 3,5 ) di cui 22 maschi e 24 femmine, affetti da glaucoma cronico semplice in terapia topica ipotonizzante. I pazienti sono stati selezionati in relazione ai seguenti “criteri di inclusione”: 1. Alterazioni iniziali perimetriche del campo visivo computerizzato; 2. Buon compenso tonometrico in terapia topica ipotonizzante (IOP < 17 mmhg ± 2 ds; corretto in funzione dello spessore corneale- CCT- secondo lo studio LALES); 3. Escavazione papillare con cup/disc < 0,5; 4. BCVA=10/10 con correzione non superiore alle ± 3,5 D; 5. PEV con aumentata latenza (p > 100); 6. Assenza di concomitanti patologie oculari neurologiche e/o sistemiche. I criteri di esclusione sono i seguenti: 1. Pazienti affetti da patologie vascolari retiniche; 2. Pazienti affetti da Diabete Mellito sia di tipo 1 sia di tipo 2. Nella fase zero dello studio, tutti i pazienti selezionati sono stati sottoposti ad una visita oculista completa con misurazione del visus, esame biomicroscopico, esame tonometrico ad applanazione di Goldmann, esame della papilla ottica (con lente +90D Volk). Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad esame perimetrico computerizzato 302 full threshold, all’analisi delle fibre del nervo ottico mediante GDx ed è stata effettuata la stadiazione del glaucoma secondo il Glaucoma Staging System. I pazienti inclusi nel nostro studio sono stati suddivisi in 2 gruppi: - Gruppo A: 26 pazienti (12 maschi; 14 femmine )- gruppo di studio; - Gruppo B: 20 pazienti (10 maschi; 10 femmine) - gruppo controllo. Tutti i pazienti, sia di gruppo A sia di gruppo B, hanno sottoscritto un consenso informato all’inizio dello studio. Ai pazienti di gruppo A è stata sommini-

strata giornalmente una preparazione di Fosfoserina alla concentrazione di 60mg/100ml in soluzione orale ad elevata biodisponibilità per cicli di 14 giorni al mese per 9 mesi. Tutti i pazienti di gruppo B (gruppo controllo) sono stati sottoposti ad un trattamento placebo (per os) per cicli di 14 giorni al mese per 9 mesi. Entrambi i trattamenti sono stati effettuati mantenendo la terapia topica ipotonizzante. RISULTATI Tutti i pazienti sono stati controllati a 1-36-12 mesi mediante gli stessi esami della pre-somministrazione. Per tutti i campi visivi sono state valutate separatamente la Mean Deviation (MD) e la Corrected Pattern Standard Deviation (CPSD). I dati sono stati sottoposti ad un’analisi statistica one-way ANOVA per lo studio della varianza e del x2 per la valutazione della significatività statistica (sono stati considerati significativi valori per P<0,01). Analoga analisi statica è stata applicata per la valutazione della variazione dello spessore delle fibre nervose (RNFL thickness) e della IOP. I valori della MD, CPSD, dello spessore delle fibre nervose e della pressione intraoculare del Gruppo A, all’inizio del trattamento e durante il followup, sono riportati nella tabella 1, mentre i valori del Gruppo B sono riportati nella tabella 2. Dalla valutazione critica dei dati perimetrici è emerso un lieve miglioramento del campo visivo, statisticamente significativo (p<0,01), nei soggetti inclusi nel Gruppo A, valutato in termini di Mean Deviation e di CPSD, dopo somministrazione orale di 60 mg/100 ml di Fosfoserina per die per un ciclo complessivo di 9 mesi. Tale miglioramento è risultato evidente già dopo i primi 30 giorni di trattamento nei soggetti inclusi nel Gruppo A e si è mantenuto costante anche al controllo a 3, 6 e a 12 mesi dall’inizio del tratta-

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Follow-up

Pre-trattamento

media deviazione standard

a 30 giorni a 3 mesi a 6 mesi a 12 mesi

MD

CPSD

RNFL

IOP (mmHg)

-5,49

4,99

411,64

16,61

(± 0,39)

(±0,25)

(±0,50)

(±0,43)

media

-3,66

4,9

411,54

15,48

deviazione standard

(±0,38)

(±0,25)

(±0,46)

(±0,16)

media

-2,31

4,66

410,34

15,42

deviazione standard

(±0,26)

(±0,26)

(±0,35)

(±0,19)

media

-2,27

4,55

410,16

15,22

deviazione standard

(±0,26)

(±0,24)

(±0,31)

(±0,17)

media

-1,92

3,51

410,09

15,09

deviazione standard

(±0,29)

(±0,37)

(±0,31)

(±0,17)

varianza

0,1

0,07

0,16

0,06

significatività statistica (p-value)

<0,01

<0,01

<0,01

<0,01

con α

0,05

0,05

0,05

0,05

Tabella 1. Analisi Statistica Gruppo A

mento. Un diverso andamento si è registrato nella valutazione dei dati perimetrici del Gruppo B, dove la MD non ha subito variazioni statisticamente significative (p<0,01), rispetto al dato registrato all’inizio dello studio. La sostanziale stabilità dei dati della CPSD, in tutti i pazienti, indica l’affidabilità del test perimetrico eseguito e che il danno rilevato dall’esame descrive la presenza di un difetto localizzato persistente. Dall’analisi dei dati ottenuti dalla misurazione dello strato delle fibre nervose è emersa una maggiore stabilità di tali valori nei pazienti di gruppo A rispetto a quelli di gruppo B, statisticamente significativa (p<0,01). La misurazione della IOP, nel pre-trattamento e durante il follow-up ha mostrato una riduzione statisticamente significativa (p<0,01) dei valori pressori dei pazienti trattati con Fosfoserina, che non si è evidenziata nei pazienti con placebo. Nessuno dei pazienti trattati con Fosfoserina hanno mostrato reazioni avverse. CONCLUSIONI Studi sperimentali hanno dimostrato che

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il danno delle fibre nervose inizia dopo il primo acuto insulto e progredisce indipendentemente dall’aver ottenuto un successivo controllo della pressione intraoculare. Tale processo sembra essere il risultato di una maggiore suscettibilità delle cellule ganglionari retiniche verso processi di autodistruzione innescati dal danno iniziale. Tale processo sembra essere indotto dall’azione tossica a carico delle cellule ganglionari retiniche da parte di alcune sostanze con proprietà neurotossiche, prodotte dalle cellule ganglionari degenerate. Queste molecole sono rappresentate dal glutammato, dall’ossido nitrico e dai radicali liberi, che favoriscono la neurodegenerazione. La neuroprotezione deve quindi essere rivolta alla salvaguardia delle cellule ganglionari ancora integre, non coinvolte o colpite marginalmente dai processi degenerativi primario e secondario. L’evidenza che, dopo somministrazione di Fosfoserina, sostanza con attività antiossidante e di riduzione delle concentrazioni del glutammato extracellulare, migliori la MD nei campi visivi con difetto da lieve a


Follow-up

Pre-trattamento a 30 giorni a 3 mesi a 6 mesi a 12 mesi

MD

CPSD

RNFL

IOP (mmHg)

media

-5,45

4,97

411,52

16,6

deviazione standard

(±0,18)

(±0,24)

(±0,48)

(±0,45)

media

-5,48

5,04

411,51

16,48

deviazione standard

(±0,11)

(±0,25)

(±0,73)

(±0,47)

media

-5,69

5,33

410,44

16,44

deviazione standard

(±0,27)

(±0,35)

(±0,9)

(±0,45)

media

-5,96

5,48

410,38

16,36

deviazione standard

(±0,46)

(±0,36)

(±0,58)

(±0,46)

media

-6,42

5,59

410,32

16,28

deviazione standard

(±0,23)

(±0,34)

(±0,37)

(±0,45)

varianza

0,22

0,1

0,44

0,21

significatività statistica (p-value)

<0,01

<0,01

<0,01

0,2

con α

0,05

0,05

0,05

0,05

Tabella 2. Analisi Statistica Gruppo B

moderato, supporta questa teoria di neuroprotezione, agendo probabilmente sulle cellule che non hanno subito un danno irreversibile. La neuroprotezione quindi si propone come un’area di ricerca con un ruolo di primo piano nella gestione del paziente glaucomatoso e la Fosfoserina potrebbe essere un utile supporto, in associazione alla terapia topica ipotonizzante nel management del paziente glaucomatoso.

Nonostante la buona attendibilità dei risultati di tale studio, il limitato numero di pazienti esaminati e la possibile influenza del fattore apprendimento, rendono necessari ulteriori studi per confermare il reale ruolo neuroprotettivo della sostanza. Per quello che è a nostra conoscenza, questa è la prima documentazione dell’effetto della Fosfoserina sul glaucoma cronico semplice (GCS).

Esame Perimetrico Computerizzato 30-2 Full Threshold: MD -8,00 7,00

-6,00

6,00

-5,00

5,00

-4,00

4,00

CPSD

Medan Deviation

CPSD -7,00

-3,00

3,00

-2,00

2,00

-1,00

1,00

0,00

0,00

Pre-trattamento Gruppo A

Figura 1. Mean Deviation

30 gg

3 mesi Gruppo B

6 mesi

12 mesi

Pre-trattamento

Follow-up (t)

Gruppo A

1 mese

3 mesi Gruppo B

6 mesi

12 mesi Follow-up (t)

Figura 2. CPSD

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Pressione Intraoculare (mmHg)

RNFL (µ)

412,0

17,50

411,5

17,00

411,0

16,50

IOP media (mmHg)

RNFL (micron)

412,5

410,5 410,0

16,00 15,50

409,5

15,00

409,0

14,50

408,5

14,00 13,50

408,0 Pre-trattamento

1 mese

3 mesi

Gruppo A

Gruppo B

Expon. (Gruppo A)

Expon. (Gruppo B)

6 mesi

12 mesi

Pre-trattamento

Follow-up (t)

Figura 3. RNFL

1 mese

3 mesi

Gruppo A

Gruppo B

Expon. (Gruppo A)

Expon. (Gruppo B)

6 mesi

12 mesi Follow-up (t)

Figura 4. IOP

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NOTE


Effetto della profilassi con lodo-Povidone nella variazione della flora batterica congiuntivale pre e post operatoria nella chirurgia della cataratta Stefano Palma Università “G. D’Annunzio” di Chieti, Dipartimento di Scienze Biomediche

“Effetto della profilassi con lodo-Povidone nella variazione della flora batterica congiuntivale pre e post operatoria nella chirurgia della cataratta” Sottoposto alla redazione il 17 Gennaio 2009 Accettato per la pubblicazione il 23 Febbraio 2009

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RIASSUNTO Lo Iodo-Povidone è un agente antisettico dotato di attività battericida ad ampio spettro, efficace anche nei confronti di Funghi, Protozoi ed alcuni Virus ed è ampiamente impiegato nella profilassi preoperatoria oftalmologica. I dati della letteratura sull’incidenza delle endoftalmiti post-operatorie e sui metodi di prevenzione, pur indicando che nessun metodo offre garanzie assolute, confermano l’importanza della sostanza in oggetto nella disinfezione oculare prima della chirurgia. Il presente studio porta il no-

stro contributo di conoscenza circa l’azione dello iodopovidone sulla popolazione batterica congiuntivale in pazienti candidati ad intervento chirurgico di cataratta. Lo Iodo-Povidone al 5% ha ridotto la contaminazione batterica congiuntivale in una alta percentuale di pazienti (71,11%) dimostrandosi efficace nei confronti della quasi totalità germi isolati.

INTRODUZIONE Le endoftalmiti post-operatorie rappresentano ancora un raro, ma severo problema di sanità pubblica. La frequenza delle patologia nelle ultime due decadi si è attestata nei Paesi industrializzati, su percentuali comprese tra lo 0,05 (aa. 1995-2000) e lo 0.37% (aa. 1997-2001). In Italia nel periodo 1999-2002 l’analisi dei dati del Ministero della Sanità sembra indicare percentuali di incidenza annuale sovrapponibili a quelle internazionali con una tendenza ad una lieve riduzione in rapporto con l’aumento delle operazioni di cataratta durante lo stesso periodo (0,34% 1999/2000;

0,23% 2001; 0,20% 2002)1. È possibile che alcune forme di tipo cronico, misconosciute, non identificate o non segnalate, non rientrino nei casi segnalati. Gli agenti causali delle endoftalmiti sono principalmente i germi gram+ seguiti dai gram- e dai funghi (Tabella 3), con alcune differenze tra le forme acute e quelle croniche o a sviluppo tardivo2,3,4,5,6 (Tabella 4). Spiccano lo Staphylococcus Epidermidis e lo Staphylococcus Aureus, batteri piuttosto comuni a livello del bordo palpebrale, delle ciglia e del fornice congiuntivale. Le grandi difficoltà terapeutiche ed i frequenti insuccessi dei diversi trattamenti

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PAROLE CHIAVE Iodo-Povidone, endoftalmiti prevenzione.


giustificano l’attenzione rivolta alla prevenzione pre, intra e post-operatoria. Schemi e modalità attuativi non sono sempre concordanti né appaiono sicuramente efficaci. I dati della letteratura sugli effetti dei diversi metodi di profilassi non sono sempre uniformi nè concordanti soprattutto per quel che riguarda l’uso e l’efficacia degli antibiotici. Secondo Ciulla e coll (studio: Evidence Based Medicine)7 nessun accorgimento offrirebbe garanzie assolute (crucial to clinical outcome); il metodo più efficace sarebbe la disinfezione con Iodo-Povidone al 5% (moderately important to clinical outcome), mentre, l’effetto degli antibiotici sembrerebbe più incerto (possibly relevant but not definitely related to clinical outcome). Studi multicentrici successivi dimostrerebbero invece l’utilità dell’iniezione di cefuraxime a fine intervento in camera anteriore, anche se alcuni sottolineano il possibile sviluppo di ceppi resistenti. Il nostro schema di preparazione preoperatoria prevede comunque il ricorso alla profilassi ed alla terapia antibiotica con fluorochinoloni per via sistemica (ciprofloxacina 250 mg 2 volte al dì per 4gg, iniziando dal giorno precedente l’intervento) e, per via locale (ofloxacina 5 volte al dì dalla mattina dell’intervento), oltre l’impiego di gentamicina (0,08mg/ml) nelle soluzioni di irrigazione e la disinfezione pre e post-operatoria del campo con Iodo-Povidone al 5%. Lo Iodo-Povidone è un agente antisettico ormai universalmente accettato per la disinfezione del sacco congiuntivale nell’immediato pre-operatorio. Esso ha mostrato attività battericida ad ampio spettro ed è attivo anche nei confronti di Funghi, Protozoi ed alcuni Virus8,9. Il Povidone è un complesso organico idrofilico ed agisce come trasportatore della componente Iodica alle membrane cellulari. Una volta raggiunta la parete cellulare il complesso Iodo-Povidone rilascia la componente Iodica che è rapidamente citotossica ed uccide le cellule pro-

Gram+ 56-93% • Stafilococchi CNS • S. Epidermidis • S. Aureus • B. Cereus • Streptococco Viridans • Streptococco Pneumoniae • Propionibacterium Acnes • Corynebacterium • Enterococcus faecalis

Gram6,5-29% • Pseudomonas Aeruginosa • Haemophilus • Diplococchi gram• Morganella Morganii • Rhizobium Radiobacter

Funghi 3-21% (>India) • Candida • Aspergillus • Altri

Tabella 1. Agenti causali delle endoftalmiti

Forme acute • B. Cereus • S. Epidermidis • S. Aureus • Streptococchi • Pseudomonas Aeruginosa • Hemophilus Influenzae • Morganella Morganii

Forme croniche (o a sviluppo tardivo) • S. Epidermidis • Propionibacterium Acnes • R. Radiobacter

• Funghi

Tabella 2. Agenti causali nelle due forme

cariotiche in circa 10 secondi10. L’altra componente Iodica, ancora legata, viene via via rilasciata dal complesso Iodo-Povidone sostituendosi alla parte libera in precedenza consumata, fino al suo completo esaurimento. È stato dimostrato che la concentrazione di Iodio libero aumenta con concentrazioni più diluite di Iodo-Povidone e quindi per paradosso l’efficacia battericida in vitro sembrerebbe essere maggiore a concentrazioni più diluite (0,1-1%) con attività battericida relativamente più rapida11. In vivo è stata invece dimostrata una maggiore attività battericida ad una concentrazione più elevata (5%)12. L’impiego ormai diffuso di telini sterili adesivi, che escludono le ciglia e la regione perioculare dal campo operatorio, riduce ulteriormente il rischio di contaminazione da parte della flora batterica normalmente presente a livello congiuntivo-palpebrale.

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Scopo del nostro lavoro è di esaminare l’efficacia del nostro schema pre-operatorio valutando con particolare attenzione l’efficacia dello Iodo-Povidone alla concentrazione del 5% (considerata la più efficace in vivo12) nel ridurre o eliminare la flora batterica congiuntivale nei pazienti sottoposti ad intervento di cataratta. MATERIALI E METODI Lo studio è stato condotto su cento pazienti di età compresa tra sessantacinque e ottantotto anni, quarantaquattro di sesso maschile (44%) e cinquantasei di sesso femminile (56%), afferenti all’ambulatorio oculistico della Cattedra di Ottica Fisiopatologia, presso il presidio ospedaliero del Policlinico Casilino in Roma ed in procinto di essere sottoposti ad intervento di cataratta mediante Facoemulsificazione ed introduzione

Tabella 3. Pazienti sottoposti a profilassi antibiotica pre-operatoria (30 casi)

38

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di IOL. in camera posteriore. Trenta pazienti (30%) hanno praticato profilassi antibiotica pre-operatoria con Fluorochinoloni per via sistemica (Ciprofloxacina 250 mg 2 volte al dì, iniziato la sera precedente l’intervento) e locale (Ofloxacina 5 volte al dì iniziato la mattina dell’intervento), nei rimanenti settanta casi (70%) la profilassi antibiotica era limitata all’uso intra-operatorio di Gentamicina (0,08 mg/ml) nelle soluzioni di irrigazione, usata per altro anche nel primo gruppo di pazienti. La nostra profilassi prevedeva inoltre in tutti i pazienti la disinfezione cutanea perioculare con Iodo-Povidone al 10% e l’instillazione di Iodo-Povidone 5% (Iodo-Povidone commerciale al 10% diluito al 50% con soluzione fisiologica sterile) prima dell’inizio dell’intervento ed a fine operazione. L’indagine microbiologica, mirata ad identi-


ficare la presenza di germi sulla superficie oculare nei pazienti del primo gruppo che hanno praticato profilassi pre-operatoria è stata eseguita effettuando tre prelievi, allo scopo di avere informazioni in condizioni di base all’atto della biometria (eseguita sette giorni prima dell’intervento), dopo la profilassi antibiotica pre-operatoria, immediatamente prima dell’intervento ed alla fine dello stesso, prima della definitiva instillazione profilattica post-operatoria di IodoPovidone. Nei pazienti del secondo gruppo sono stati effettuati due prelievi, uno pre operatorio ed uno post-operatorio, sempre prima della seconda e definitiva somministrazione dello Iodo-Povidone a fine intervento. Il prelievo è stato effettuato mediante l’utilizzo di tamponi congiuntivali provvisti di terreno di trasporto (BBL Culture Swab Collection & Transport System). Dopo il prelievo i tamponi sono stati analizzati nel laboratorio di Microbiologia dello stesso Ospedale, utilizzando specifici terreni di coltura (Agar-Sangue). RISULTATI I risultati sono raccolti nelle successive tabelle. La tabella 3 si riferisce agli esami microbiologici in vivo dei pazienti sottoposti a profilassi antibiotica pre-operatoria e riporta, oltre ai dati anagrafici, i risultati dei prelievi alla biometria (I° prelievo), nel pre-operatorio (II° prelievo) e nel post-operatorio. (III° prelievo). Alla biometria il campione risultava sterile in quattordici pazienti (46,67%). In sedici pazienti si riscontrava invece la crescita batterica di: Staphylococcus Epidermidis (sette casi 23,33%), Staphylococcus Aureus (cinque casi 16,67%), Staphylococcus Simulans (due casi 6,67%), Geotrichum Spp. (un caso 3,33%), Aeromonas Hydrophila (un caso 3,33%); complessivamente il 53,33% era quindi microbiologicamente positivo. Nel pre-operatorio il campione risultava

30 25 20 15 10 5 0 Biometria

Pre-operatorio

Sterili

Post-operatorio

Positivi

Figura 1. Variazione della flora batterica congiuntivale nei pazienti sottoposti a profilassi pre-operatoria (30 casi)

sterile in ventitre pazienti (76,67%). In sette pazienti si riscontrava, invece, la crescita di: Staphylococcus Epidermidis (tre casi 10%), Staphylococcus Aureus (un caso 3,33%), Staphylococcus Simulans (un caso 3,33%), Geotrichum Spp. (un caso 3,33%), Staphylococcus Capitis (un caso 3,33%); il 23,33% era quindi microbiologicamente positivo. Nel post-operatorio il campione risultava sterile in ventinove pazienti (96,67%), mentre in un paziente si riscontrava una crescita di Staphylococcus Aureus (un caso 3,33%); il 3,33% era quindi microbiologicamente positivo. Abbiamo pertanto riscontrato alcune differenze tra biometria, pre-operatorio e postoperatorio (Figura 1). Analizzando singolarmente i pazienti con riscontri microbiologici positivi alla biometria si osserva che in presenza di Staphylococcus Epidermidis (sette casi) la profilassi antibiotica pre-operatoria risultava efficace in quattro casi (57,14%) mentre in tre casi (42,85%) il germe era ancora rintracciabile a livello congiuntivale nell’immediato pre-operatorio. In presenza di Staphylococcus Aureus (cinque casi) la profilassi risultava efficace in quattro casi (80%) mentre in un caso (20%) il germe era presente nel pre-operatorio. In presenza di Staphylococcus Simulans (due casi) la profilassi risultava efficace in

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Biometria

Pre-operatorio Post-operatorio

Totale Pazienti Sterili

14 (46,67%)

23 (76,67%)

29 (96,67%)

Staphylococcus - Epidermidis

7 (23,33%)

3 (10%)

Staphylococcus - Aureus

5 (16,67%)

1 (3,33%)

1 (3,33%)

Staphylococcus - Simulans

2 (6,67%)

1 (3,33%)

1 (3,33%)

Aeromonas-Hydrophila

1 (3,33%)

Geotrichum-Spp.

1 (3,33%)

1 (3,33%)

16 (53,33%)

7 (23,33%)

1 (3,33%)

Staphylococcus - Capitis

Totale Pazienti Positivi

Tabella 4. Risultati dei pazienti sottoposti a profilassi antibiotica pre-operatoria (30 casi)

un caso (50%) mentre in un altro (50%) il germe era presente nel pre-operatorio. In presenza di Aeromonas Hydrophila (un caso) la profilassi risultava efficace, infatti il germe non era più presente nel pre-operatorio. In presenza di Geotrichum Spp. (un caso) la profilassi non era efficace infatti il micete era ancora presente nel pre-operatorio. Per paradosso in un caso sterile alla biometria, abbiamo riscontrato la presenza di Staphylococcus Capitis nell’immediato preoperatorio. Già la profilassi antibiotica, sistemica e locale, pre-operatoria riduceva quindi la prevalenza di contaminazione congiuntivale nel 62,50% dei casi. Il caso con positività acquisita dopo la biometria è da attribuire a probabili fenomeni di contaminazione verificatosi nel periodo intercorrente tra la biometria e l’intervento, talvolta superiore ai sette giorni. Analizzando la differenza tra il pre-operatorio e il post-operatorio si evince che in presenza di Staphylococcus Epidermidis (tre casi), Staphylococcus Simulans (un caso), Staphylococcus Capitis (un caso) e Geotrichum Spp. (un caso) nel pre-operatorio la profilassi pre ed intra-operatoria risultava efficace in tutti i casi (100%), infatti i germi non erano presenti nel post-operatorio. In presenza di Staphylococcus Aureus

40

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(un caso) la profilassi non era efficace essendo il germe ancora presente nel postoperatorio. In definitiva, la profilassi pre ed intra-operatoria riduceva ulteriormente la prevalenza di contaminazione congiuntivale nell’ 85,71% dei casi (Tabella 4). La tabella 5 si riferisce agli esami microbiologici in vivo dei pazienti non sottoposti a profilassi antibiotica pre-operatoria nei quali è stato utilizzato soltanto lo iodopovidone al 5% e riporta, oltre ai dati anagrafici, i risultati dei prelievi nel pre-operatorio (I° prelievo) e nel post-operatorio (II° prelievo). Nel pre-operatorio il campione risultava sterile in trentadue pazienti (45,71%), mentre in trentotto pazienti si riscontrava una crescita batterica. I germi riscontrati erano: Staphylococcus Epidermidis (diciannove casi 27,14%), Staphylococcus Aureus (sette casi 10%), Staphylococcus Simulans (tre casi 4,29%), Staphylococcus Saprophyticus (tre casi 4,29%), Streptococcus Viridans Group (due casi 2,86%), Haemophilus Parainfluenzae (due casi 2,86%), Corynebacterium Species (due casi 2,86%), Staphylococcus Auricularis (un caso 1,43%), Proteus Mirabilis (un caso 1,43%) e Citrobacter Koseri (un caso 1,43%). Complessivamente il 54,29% era quindi microbiologicamente positivo. Nel post-operatorio il campione risultava sterile in cinquantotto pazienti (82,86%). In dodici pazienti si riscontrava la crescita di: Staphylococcus Epidermidis (cinque casi 7,14%), Staphylococcus Aureus (sette casi 10%), Proteus Mirabilis (un caso 1,43%); il 17,14% era quindi microbiologicamente positivo. Anche in questo caso abbiamo pertanto riscontrato una differenza tra pre e post-operatorio (Figura 2). Analizzando singolarmente i pazienti con riscontri microbiologici positivi nel pre-operatorio si osserva che in presenza di Staphylococcus Epidermidis (diciannove casi) la profilassi pre-operatoria risultava ef-


Pazienti AC AG AF AF AC BP BP BC BA BL BM BG BM BD CM Crocelli Fermina CA CA CM CL C MT C MT CV CG CF DaM DP F DC R DD G DG M DG R DL C DL C DS C FO FO FI GC GV GG GG GM GM GM GM LR MB MB MC ME ME MN MR MS OE PA PA PP PD PG PM PI RP RA SA SA SE TF TE VA

Sesso

EtĂ

Occhio

Pre-operatorio

Post-operatorio

F M F F M M F M M M F M F M M M M M F M F F M M F M M M F M M M M F M M F F M F F F F F F F F F F F F F F M F F F M F M F F M M M M F F M F

73 75 83 83 70 69 70 83 84 74 72 72 73 76 76 78 78 70 70 75 68 68 76 88 81 65 80 84 80 75 69 72 72 68 83 83 67 80 70 77 79 84 81 81 70 83 83 83 77 66 66 69 72 83 73 80 74 70 71 75 73 69 72 87 75 75 81 77 80 70

OD OD OD OS OS OD OD OS OS OS OS OS OS OS OS OD OS OS OD OD OD OS OS OD OD OD OD OS OS OS OS OD OS OS OD OS OS OS OD OS OS OS OD OS OD OS OD OS OS OD OS OS OD OD OD OS OD OS OD OS OS OD OD OD OD OS OD OD OD OD

Staphylococcus-Simulans Sterile Corynebacterium-Species Sterile Staphylococcus-Aureus Staphylococcus-Epidermidis Sterile Sterile Staphylococcus-Saprophyticus Sterile Staphylococcus-Epidermidis Sterile Staphylococcus-Epidermidis Sterile Sterile Proteus-Mirabilis Sterile Staphylococcus-Epidermidis Sterile Staphylococcus-Saprophyticus Staphylococcus-Epidermidis Sterile Sterile Staphylococcus-Aureus Citrobacter-Koseri Sterile Staphylococcus-Epidermidis Sterile Sterile Staphylococcus-Simulans Sterile Sterile Staphylococcus-Epidermidis Sterile Staphylococcus-Aureus Sterile Sterile Staphylococcus-Epidermidis Sterile Sterile Staphylococcus-Saprophyticus Staphylococcus-Aureus Sterile Staphylococcus-Epidermidis Sterile Staphylococcus-Epidermidis Haemophilus Parainfluenzae Staphylococcus-Epidermidis Staphylococcus-Epidermidis Sterile Staphylococcus-Aureus Staphylococcus-Epidermidis Staphylococcus-Aureus Staphylococcus-Auricularis Staphylococcus-Epidermidis Staphylococcus-Epidermidis Haemophilus-Parainfluenzae Staphylococcus-Epidermidis Sterile Staphylococcus-Epidermidis Sterile Staphilococcus-Epidermidis Sterile Sterile Streptococcus-Viridans-Group Corynebacterium-Species Staphylococcus-Epidermidis Staphylococcus-Aureus Sterile Staphylococcus-Simulans Streptococcus-Viridans-Group Sterile Sterile

Sterile Sterile Sterile Sterile Staphylococcus-Aureus Sterile Sterile Sterile Sterile Sterile Staphylococcus-Epidermidis Sterile Sterile Sterile Sterile Proteus-Mirabilis Sterile Sterile Sterile Sterile Sterile Sterile Sterile Staphylococcus-Aureus Sterile Sterile Sterile Sterile Sterile Sterile Sterile Sterile Sterile Sterile Staphylococcus-Aureus Sterile Sterile Sterile Sterile Sterile Sterile Staphylococcus-Aureus Sterile Sterile Sterile Sterile Sterile Staphylococcus-Epidermidis Sterile Staphylococcus-Aureus Staphylococcus-Epidermidis Staphylococcus-Aureus Staphylococcus-Epidermidis Sterile Sterile Sterile Sterile Staphylococcus-Epidermidis Sterile Sterile Sterile Sterile Sterile Sterile Sterile Staphylococcus-Aureus Sterile Sterile Sterile Sterile Sterile

Tabella 5. Pazienti sottoposti a profilassi pre-operatoria con iodopovidone

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41


70

Sterili

60

Positivi

50 40 30 20

Figura 2. Variazione della flora batterica congiuntivale nei pazienti sottoposti a profilassi intra-operatoria (70 casi)

10 0 Pre-operatorio

Post-operatorio

ficace in quattordici casi (73,68%) mentre in cinque casi (26,31%) il germe era ancora presente a livello congiuntivale nell’immediato post-operatorio. In presenza di Staphylococcus Aureus (sette casi) la profilassi non era efficace in nessun caso infatti i germi erano ancora presenti nel post-operatorio. In presenza di Staphylococcus Simulans (tre casi), Staphylococcus Saprophyticus (tre casi), Streptococcus Viridans Group (due casi), Haemophilus Parainfluenzae (due casi), Corynebacterium Species (due casi), Staphylococcus Auricularis (un caso), e

Pre-operatorio Post-operatorio

Variazione

Totale Pazienti Sterili

32 (45,71%)

58 (82,86%)

+26 (81,25%)

Staphylococcus - Epidermidis

19 (27,14%)

5 (7,14%)

-14 (73,68%)

7 (10%)

7 (10%)

3 (4,29%)

-3 (100%)

Staphylococcus - Soprophyticus 3 (4,29%)

-3 (100%)

Streptococcus - Viridans - Group 2 (2,86%)

-2 (100%)

Haemophylus - Parainfluenzae

2 (2,86%)

-2 (100%)

Corynebacterium - Species

2 (2,86%)

-2 (100%)

Staphylococcus - Auricularis

1 (1,43%)

-1 (100%)

Proteus - Mirabilis

1 (1,43%)

1 (1,43%)

Citrobacter - koseri

1 (1,43%)

-1 (100%)

38 (54,29%)

12 (17,14%)

-26 (68,42%)

Staphylococcus - Aureus Staphylococcus - Simulans

Totale Pazienti Positivi

Tabella 6. Risultati dei pazienti sottoposti a profilassi pre-operatoria con iodopovidone (70 casi)

42

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Citrobacter Koseri (un caso) la profilassi intra-operatoria risultava efficace in tutti i casi (100%) infatti i germi non erano più presenti nel post-operatorio. In presenza di Proteus Mirabilis (un caso) la profilassi non era efficace infatti il germe era ancora presente nel post-operatorio. La profilassi intra-operatoria riduceva la prevalenza di contaminazione congiuntivale nel 68,42% dei casi. In tre casi nel pre-operatorio e in un caso nel post-operatorio si è inoltre riscontrata la presenza di associazioni tra alcuni germi (Tabella 5). Considerando globalmente i dati dei cento pazienti nella fase pre e post-operatoria, è possibile ricavare informazioni più ampie in relazione all’efficacia della profilassi intra-operatoria. Nel pre-operatorio il campione totale risultava sterile in cinquantacinque pazienti (55%), mentre in quarantacinque pazienti si riscontrava la crescita di vari ceppi batterici quali: Staphylococcus Epidermidis (ventidue casi 22% di cui due in associazione), Staphylococcus Aureus (otto casi 8% due in associazione), Staphylococcus Simulans (quattro casi 4%), Staphylococcus Saprophyticus (tre casi 3%), Streptococcus Viridans Group (due casi 2%), Haemophilus Parainfluenzae (due casi 2% uno in associazione), Corynebacterium Species (due casi 2%), Staphylococcus Auricularis (un caso 1% in associazione), Proteus Mirabilis (un caso 1%), Staphylococcus Capitis (un caso 1%), Citrobacter Koseri (un caso 1%) e Geotrichum Spp. (un caso 1%). Considerando i tre casi con contaminazione batterica congiuntivale multipla i pazienti con riscontri microbiologicamente positivi erano il 45%. Nel post-operatorio il campione risultava sterile in ottantasette pazienti (87%). In tredici pazienti si riscontrava la crescita di Staphylococcus Epidermidis (cinque casi 5% uno in associazione), Staphylococcus Aureus (otto casi 8% uno in associazione) e Proteus


Mirabilis (un caso 1%). Il 13% era quindi microbiologicamente positivo (Figura 3). Analizzando singolarmente i pazienti con riscontri microbiologici positivi nel pre-operatorio si osserva che in presenza di Staphylococcus Epidermidis (ventidue casi) la profilassi intra-operatoria risultava efficace in diciassette casi (77,27%) mentre in cinque casi (22,72%) i germi erano ancora presenti nel post-operatorio. In presenza di Staphylococcus Aureus (otto casi) e di Proteus Mirabilis (un caso) la profilassi non era efficace in nessun caso infatti i germi erano ancora presenti nel post-operatorio. In presenza di Staphylococcus Simulans (quattro casi), Staphylococcus Saprophyticus (tre casi), Streptococcus Viridans Group (due casi), Haemophilus Parainfluenzae (due casi), Corynebacterium Species (due casi), Staphylococcus Auricularis (un caso), Staphylococcus Capitis (un caso), Citrobacter Koseri (un caso) e Geotrichum Spp. (un caso) la profilassi era efficace in tutti i casi (100%) infatti i germi non erano più presenti nel post-operatorio. I nostri dati permettono di sottolineare che la profilassi intra-operatoria riduceva la prevalenza di contaminazione congiuntivale in trentadue casi (71,11%), mentre risultava parzialmente o totalmente inefficace nel restante 28,88% dei casi (Tabella 7). CONCLUSIONI I nostri dati permettono alcune considerazioni conclusive sull’efficacia della profilassi pre e peri-operatoria nell’intervento di cataratta, limitatamente al problema della contaminazione della superficie oculare. D’altra parte la contaminazione del fornice congiuntivale rappresenta una delle possibili cause di inquinamento della I.O.L. e di successiva trasmissione dell’infezione all’interno del bulbo oculare con relativo rischio di sviluppo di endoftalmite settica. In sintesi: – la presenza di germi a livello della superfi-

90 80 70 60 50 40 30 20 10 0

Sterili Positivi

Pre-operatorio

Figura 3. Variazione della flora batterica congiuntivale nel totale dei pazienti (100 casi)

Post-operatorio

cie oculare è un’evenienza piuttosto comune e già nota in letteratura. Nel nostro studio è confermata dai cinquantaquattro pazienti che presentavano un riscontro microbiologico positivo all’atto del primo prelievo. Comprendiamo in questo numero sia i pazienti esaminati alla biometria, (prima di intraprendere la profilassi antibiotica pre-operatoria), che quelli esaminati una prima volta solo nel giorno dell’intervento, senza alcuna preventiva profilassi. – I germi più frequentemente in causa sono

Pre-operatorio Post-operatorio

Variazione

Totale Pazienti Sterili

55 (55%)

87 (87%)

+32 (58,18%)

Staphylococcus - Epidermidis

22 (22%)

5 (5%)

-17 (77,27%)

Staphylococcus - Aureus

8 (8%)

8 (8%)

Staphylococcus - Simulans

4 (4%)

-4 (100%)

Staphylococcus - Soprophyticus

3 (3%)

-3 (100%)

Streptococcus - Viridans - Group 2 (2%)

-2 (100%)

Haemophylus - Parainfluenzae

2 (2%)

-2 (100%)

Corynebacterium - Species

2 (2%)

-2 (100%)

Staphylococcus - Auricularis

1 (1%)

-1 (100%)

Proteus - Mirabilis

1 (1%)

1 (1%)

Staphylococcus - Capitis

1 (1%)

-1 (100%)

Citrobacter - Koseri

1 (1%)

-1 (100%)

Geotrichum - Spp.

1 (1%)

-1 (100%)

45 (45%)

13 (13%)

-32 (71,11%)

Totale Pazienti Positivi

Tabella 7. Risultati nel totale dei pazienti (100 casi)

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risultati lo Staphylococcus Epidermidis ventisei casi (48,15%) e lo Staphylococcus Aureus dodici casi (22,22%). – La profilassi antibiotica pre-operatoria eseguita nei primi trenta pazienti si dimostra utile (56,25%) ma non efficace in tutti i casi. In sette pazienti esistevano ancora dei riscontri microbiologici positivi dopo l’impiego degli antibiotici dal giorno precedente l’intervento. Questa procedura sembra, pertanto poter ridurre i rischi di infezione intra-operatoria, ma non li annulla del tutto. – Lo Iodo-Povidone al 5% ha ridotto la contaminazione batterica congiuntivale in una alta percentuale di pazienti (71,11%) dimostrandosi efficace nei confronti della quasi totalità germi isolati. D’altra parte anche questa metodica mostra alcuni limiti evidenziati dal fatto che la presenza di batteri risultava persistere a fine inter-

vento in tredici casi (28,88%). Il germe maggiormente resistente sembra essere lo Staphylococcus Aureus. – I nostri dati non permettono peraltro di conoscere esattamente il livello quantitativo di contaminazione batterica. Il laboratorio ci ha fornito infatti indicazioni sulla presenza o meno di germi, senza quantizzare le unità formanti colonie (CFU) in relazione ai singoli prelievi. È possibile pertanto che anche nei casi microbiologicamente positivi a fine intervento vi fosse comunque una riduzione della carica batterica rispetto a quella pre-profilassi. In conclusione ed a conferma di alcuni recenti casi della letteratura nessun metodo di profilassi offre garanzie assolute, ma l’impiego di Iodo-Povidone riduce significativamente il rischio di contaminazione batterica e di infezione post-operatoria.

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