iNBiCi magazine anno 10 - 3 Marzo 2018

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PERIODICO IN DISTRIBUZIONE GRATUITA ANNO IX - N. 3 MARZO / 2018

magazine

ERNESTO COLNAGO “Dalla Garibaldina alle bici elettriche ecco la mia storia”

MORENO ARGENTIN “Vi svelo in anteprima la mia nuova corsa a tappe”

INTERNAZIONALI D’ITALIA “Importanti novità per

il più importante circuito nazionale di Cross Country”




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SCATTO D’AUTORE TOWARDS ZERO RACE MELBOURNE 2018 by Bettiniphoto

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MONDO ACSI

Dopo il posticipo delle Granfondo Laigueglia e Masciarelli per maltempo, il grande popolo del pedale torna a Savona per l’appuntamento del Gs Loabikers a cura della redazione

Fari puntati su Andora 

Rinviate le prime due prove del Campionato Nazionale ACSI granfondo-mediofondo: Granfondo Internazionale Laigueglia (posticipata a domenica 11 marzo) e Granfondo Masciarelli (rinviata al 18 marzo) a causa delle condizioni meteo avverse, l’universo di ACSI Ciclismo si proietta direttamente sui successivi appuntamenti, il prossimo dei quali sarà la Granfondo Andora (SV). 4

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Si parte subito con un cambio percorso a rendere più avvincente la prima contesa stagionale. I partecipanti chiedevano un tracciato meno impegnativo ed il comitato organizzatore è andato incontro alle richieste degli appassionati, con il GS Loabikers a ridisegnare un itinerario di 100 chilometri con un dislivello totale di 1800 metri, diviso in tre salite principali. Da Andora verso Ovest, sulla litoranea, sino a Diano Marina, dove inizierà la prima scalata di

giornata che porterà in Località Monti a Diano Arentino. Una bella, veloce e tecnica discesa verso Pontedassio la meta successiva. Al 31° chilometro la strada farà nuovamente le bizze per affrontare l’ascesa fino al borgo caratteristico di Chiusanico. Le fatiche non terminano qui perché si dovrà affrontare una costante salita sino a Cesio, scollinando il Passo del Ginestro. Vallego, Casanova Lerrone, Garlenda e Villanova d’Albenga gli appuntamenti successivi, con una prima parte di salita impegnativa di 6 km, attraversando Caso, giungendo a Crocetta di Moglio, innestandosi sulla provinciale di Testico. Le pendenze sono tuttavia abbordabili ed affrontabili anche ad una discreta velocità, ricordando che a Testico le fatiche terminano, e picchiate e lunghi declivi attenderanno i concorrenti, verso Stellanello ed il fondovalle che porterà i partecipanti sulla linea del traguardo posta in via dei Mille ad Andora.


Da Andora alla Granfondo Laigueglia e alla Granfondo della Ceramica dell’11 marzo per una apertura di stagione davvero intensissima, anche se partita con una settimana di ritardo. La gara savonese festeggerà il ventennale sotto l’egida ciclistica di ACSI, con un percorso spettacolare e all’insegna dell’assoluta sicurezza grazie alla gestione satellitare dell’evento.

Granfondo Andora (SV) - Foto PlayFull

Per il primo anno sotto l’egida di ACSI, la Granfondo porterà i cicloamatori ad affrontare 113 km e 1883 metri di dislivello con start nel cuore di Laigueglia, tra Corso Badarò e Via Mazzini, prima di sfilare verso il lungomare oltrepassando uno dopo l’altro i centri abitati, salutando poi le coste frastagliate e dirigendosi verso l’entroterra. Qui si tornerà piacevolmente a fare i conti con la fatica, con alcune impennate non troppo difficoltose ma da tenere sott’occhio per chi ha ancora poco allenamento, infine l’erta di Colla Micheri sarà ancora una volta la designata a determinare l’esito della sfida.

Dalla Liguria all’Abruzzo per una manifestazione giovane, ma che con ACSI ha già trovato gli spunti giusti per progredire: la Granfondo Masciarelli tra Pescara ed il Comune di San Giovanni Teatino (CH). La terza edizione partirà da Piazza San Rocco a Sambuceto, dirigendosi verso Pescara e proseguendo verso sud, alla volta di due percorsi messi a disposizione dall’ASD Masciarelli: un corto di 85 km ed un lungo di 125 km. Il 18 marzo sarà anche la giornata della Granfondo La Classicissima – Sanremo e della Granfondo Davide Cassani, in compagnia della Granfondo Masciarelli appunto, mentre, causa il rinvio della Granfondo Laigueglia all’11 marzo, la Granfondo Alassio verrà posticipata al 22 aprile, con la suggestiva sfilata ciclistica nei pressi del celebre muretto abbellito ed impreziosito anche dalle firme di Fausto Coppi, Felice Gimondi, Gino Bartali, Mirko Celestino e Mario Cipollini. Mese di marzo ACSI sigillato infine dalla Granfondo Città di Padova, dalla Granfondo Fara in Sabina, dalla Granfondo Sant’Angelo Lodigiano e da La Michettiana, tra Padova, Rieti, Lodi e Chieti chiudendo un mese intero in compagnia di ACSI.

Granfondo Sant’Angelo Lodigiano

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Sommario Marzo 2018 // Numero 03

Moreno Argentin

Gran Fondo Liotto

Ernesto Colnago

Cross Country

Marino Amadori

Claudio Fantini

“Vi presento la mia nuova corsa a tappe”

Omaggio a una dinastia di grandi costruttori

“Per i nostri giovani più corse all’estero”

Ciak sugli Internazionali d’Italia Series 2018

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MONDO ACSI

a cura della redazione

SONNY COLBRELLI di Carlo Gugliotta

SPECIALE COSMOBIKE a cura della redazione

INBICI TOP CHALLENGE a cura della redazione LEGGENDARIA CHARLY GAUL

a cura della redazione

GRAN FONDO DI ALASSIO a cura della redazione

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“Dalla Garibaldina alle bici elettriche”

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LA MOSERISSIMA a cura della redazione MENTE IN SELLA di Claudia Maffi

IL PUNTO DI VISTA di Gian Luca Giardini COME NUTRIRSI di Alexander Bertuccioli FOCUS SULLE AZIENDE di Maurizio Coccia DONNA INBICI di Ilenia Lazzaro

“Un anno di lavoro per la Via del Sale”

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FOCUS SUL PRODOTTO di Maurizio Coccia

LA BIOMECCANICA di Raffaele Biondi

IL PUNTO CRITICO di Maurizio Coccia

FUORISTRADA di Paolo Mei

CITTÀ BIKE-FRIENDLY

a cura della redazione

L’ATLETA DEL MESE di Paolo Mei


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GRUPPO EDITORIALE INBICI Direzione e Amministrazione Viale della Repubblica, 100 - 47923 Rimini (RN) Direttore Responsabile Mario Pugliese Direttore Generale Maurizio Rocchi

In Redazione Mario Pugliese, Dr. Roberto Sgalla, Riccardo Magrini, Wladimir Belli, Gian Luca Giardini, Silvano Antonelli, Prof. Fabrizio Fagioli (Equipe Velosystem), Paolo Mei, Silvia Baldi, Claudia Maffi, Nicola Zama, Dr. Alexander Bertuccioli, Silvano Antonelli, Carlo Gugliotta, Manuela Ansaldo, Dr. Maurizio Radi, Ilenia Lazzaro In Redazione Tecnica Maurizio Coccia, Roberto Diani Fotografi Playfull, Bettini Photo, Newspower, Archivio fotografico selezione fotografica a cura di Gianni Rocchi Distribuzione Italian Business Management LTD Progetto Grafico Roberta Piscaglia Responsabile Marketing Sara Falco Responsabile Facebook Gianni Rocchi Stampa La Pieve Poligrafica Editore

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EDITORIALE

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Un marzo col botto Dopo un inizio di stagione funestato dal maltempo (soprattutto per gli amatori), entra nel vivo il calendario ciclistico 2018 che, a tutti i livelli - dopo i primi collaudi agonistici - comincia a proporre le gare che contano. Il mese di febbraio ha confermato le sensazioni d’inizio anno: il lotto dei big si è arricchito di nuovi autorevoli interpreti e, fra giovani emergenti e campioni che non abdicano - sia nei grandi giri che nelle gare di un giorno - si annuncia un’entusiasmante battaglia. Nel mondo dei professionisti bussano alle porte le grandi classiche di primavera, con la Milano-Sanremo che vivrà sull’enigma di sempre: dopo due secondi posti, riuscirà finalmente il tre volte iridato Peter Sagan ad iscrivere il suo nome nell’albo d’oro della classicissima? Nel mondo degli amatori, invece, si riparte dalla Gran Fondo Laigueglia che, malgrado il rinvio di due settimane, va sempre considerata “ad honorem” l’apertura ufficiale della stagione amatoriale. Dopo Savona, il grande popolo del pedale si darà appuntamento a Faenza con la gran fondo intitolata a Davide Cassani, rassegna ventennale nobilitata da una finalità encomiabile: reperire risorse per l’attività ciclistica giovanile. Un impegno da condividere per il bene di tutto il ciclismo. Con la stagione che entra nel vivo, anche la squadra di InBici Magazine moltiplica gli sforzi potenziando la sua attività giornalistica. Seguiremo con i nostri inviati tutti i più importanti eventi ciclistici di primavera per offrirvi reportage sempre più ricchi e puntuali. A cominciare da questo numero, in cui vi sveliamo in anteprima il ritorno al grande ciclismo di Moreno Argentin e, in esclusiva mondiale, vi proponiamo una splendida intervista al grande Ernesto Colnago. Buona lettura a tutti. Maurizio Rocchi

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// L’INTERVISTA

SPECIALE OUTSIDER

E se fosse l’anno di Sonny Colbrelli? a cura di Carlo Gugliotta

Gli appuntamenti al Nord, la convivenza con Nibali e un sogno chiamato Roubaix: il portacolori del Team Bahrain Merida sogna un 2018 da protagonista

Il 2018 può essere davvero l’anno di Sonny Colbrelli. Per il secondo anno consecutivo il corridore lombardo difenderà i colori del Team Bahrain Merida, la squadra che gli ha permesso di approdare al World Tour dopo tanti anni trascorsi con la divisa della Bardiani-CSF. Lo scorso anno sono arrivate delle vittorie molto importanti, come quella ottenute alla Parigi-Nizza e i piazzamenti conquistati negli sprint al Tour de France. Il suo decimo posto al Giro delle Fiandre e il nono ottenuto all’Amstel Gold Race certifica la crescita di questo atleta, ormai considerato uno degli uomini di punta del Team Bahrain Merida. Nel 2018, Sonny è partito molto forte, con l’obiettivo di ottenere dei risultati prestigiosi non solo in Italia, ma anche nella Campagna del Nord. Riportiamo di seguito l’intervista che Corbelli ha rilasciato ai microfoni della

Sonny Colbrelli vince la Coppa Bernocchi 2017 credit foto Bettiniphoto

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Chi è Carlo Gugliotta Giornalista sportivo e scrittore, esperto del mondo ciclistico in particolare legato al ciclocross, disciplina per la quale a scritto il libro ”pedalare nel fango”. Inoltre è conduttore del programma radiofonico Ultimo Chilometro sulla web radio Bike Live.

trasmissione radiofonica “Ultimo Chilometro”, in onda ogni martedì alle 18:30 in diretta streaming sul sito InBici.net. Colbrelli, sei partito davvero molto forte quest’anno: a Dubai hai vinto una tappa e non sei mai arrivato fuori dalla top 10, mentre in Belgio hai ottenuto un ottavo posto alla Omloop Het Nieuwsblad e un podio alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne. Quanto sei soddisfatto? “Molto, diciamo che quest’anno sono partito molto bene. Mi sono preparato al meglio e ho già fatto un buon risultato a Dubai. Con le prime classiche in Belgio ho ottenuto degli ottimi piazzamenti. Vediamo se questa preparazione mi porterà lontano”. L’anno scorso hai ottenuto una grande vittoria alla Parigi-Nizza. Ti vedremo ancora gareggiare in Francia? “Quest’anno ho deciso di correre in Italia, quindi dopo la Strade Bianche a Siena farò la Tirreno-Adriatico con l’obiettivo di esprimermi al meglio alla Milano-Sanremo. Da lì tornerò poi in Belgio per affrontare la Campagna del Nord”. Come affronterai la Sanremo considerando che c’è anche Nibali, salito sul podio nel 2012? “Vincenzo è la ciliegina sulla torta di questa squadra, con lui saremo molto più affiatati. Senza dubbio sia io che lui siamo due frecce nell’arco del Team Bahrain Merida: in base a come si metterà la corsa vedremo di farci trovare pronti in ogni situazione”. Lo scorso anno hai ottenuto un decimo posto al Giro delle Fiandre: quanto feeling c’è tra te e le classiche del Belgio? “Sicuramente andrò al Fiandre per ottenere un risultato migliore dello scorso anno. In quella corsa è im-

Dubai Tour 2018 credit foto Bettiniphoto

portante avere anche un pizzico di fortuna oltre a un’ottima preparazione e scegliere bene i materiali. Il Belgio o lo ami o lo odi, non c’è una via di mezzo. L’anno scorso ho fatto per la prima volta tutte queste corse, in quanto è stato il mio primo anno in una squadra World Tour: non è semplice correre ad alti livelli là e sento che mi manca ancora qualcosa per essere con i primi, però adesso ho un anno di esperienza in più sulle spalle che cercherò di far valere”. La cosa che ti ha colpito di più del Belgio? “Il fatto che c’è una vera e propria marea di gente a bordo strada, sia con il freddo che con il caldo. Tutti fanno il tifo per tutti, senti continuamente gridare i nomi di tutti i corridori. È qualcosa di indescrivibile”. Però dopo il Fiandre c’è un’altra corsa

nella quale tu ti sei sempre espresso bene, l’Amstel Gold Race… “Dico la verità, il mio sogno sarebbe quello partecipare anche alla Parigi-Roubaix, però la salterò perché ci tengo veramente a fare bene in Olanda, all’Amstel, dopo il podio ottenuto due anni fa e la top 10 della scorsa stagione. Se corri bene alla Roubaix rischi di non essere competitivo all’Amstel: lo ha dimostrato anche un fuoriclasse come Greg Van Avermaet, il quale, dopo il secondo posto al Fiandre e il primo alla Roubaix, non si è espresso bene all’Amstel. Ci vogliono almeno 10 giorni per recuperare a pieno dalle fatiche della Roubaix ed è per questo che ho deciso anche nel 2018 di non partecipare a questa corsa. Però non nascondo che il mio obiettivo è di disputarla, un giorno. Magari già il prossimo anno”. LIFESTYLE INBICI

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COSMOBIKE 2018

Il salone delle bici per tutti a cura della redazione

Presentata a Verona, davanti a Francesco Moser, la nuova edizione della fiera-bike più importante ed innovativa d’Italia. Tre giornate di fullimmersion nel mondo della bicicletta per mettere in contatto i grandi buyers del settore ed offrire ai visitatori l’anteprima assoluta delle novità 2019 Un’edizione rinnovata, con tante sorprese, per rilanciare con entusiasmo il format della fiera, aggiustando le criticità e valorizzando gli aspetti vincenti della manifestazione. Presentato come il “Salone delle bici per tutti”, torna dall’8 al 10 settembre 2018 alla fiera di Verona il Cosmobike che si aprirà virtualmente un giorno prima con le iniziative “outdoor demo” dedicate ai veri bike-addicted che avranno l’opportunità di sperimentare su tracciato tutte le novità del settore in uscita nel 2019. Alla presenza di Francesco Moser, il project management della rassegna Paolo Coin ha illustrato le 14

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novità salienti della più importante fiera italiana della bicicletta, sottolineando le sconfinate potenzialità promozionali della rassegna veronese e ripercorrendo i numeri esaltanti dell’ultima edizione: 59.875 visitatori, 366 espositori, 96 aziende provenienti dall’estero, 15mila test effettuati, 348 giornalisti accreditati: “Dagli operatori professionali ai 52 top buyers esterni provenienti da 14 paesi, dal ciclista professionista fino al cicloturista, lo scorso anno - ha ricordato Coin - abbiamo ospitato un pubblico straordinario. E anche sui mezzi di comunicazione di massa, il Cosmobike ha ottenuto risultati strabilianti con una rassegna stampa di 485 articoli, oltre 40mila follower targetizzati sui social e quasi 73mila visualizzazioni video su youtube”. Un’edizione che, mai come questa volta, spigolerà tra i due grandi vertici della filiera bike: da una parte gli espositori, a cui verrà garantita una vetrina di prestigio internazionale ed un momento unico di sintesi del mercato, e dall’altra gli appassionati di bicicletta, il grande popolo del pedale che, destreggiandosi tra le numerose aree espositive tematiche, si godranno sì le primizie del mer-

cato, ma anche tante iniziative legate al turismo green, al vintage, alla sicurezza e, in generale, alla cultura della bicicletta. Tra le novità dell’edizione 2018 il premio Cosmobike Tech Award dedicato alle aziende che si distinguono nel settore ciclo per tecnologia, innovazione e attenzione agli stili di vita. All’interno della fiera verrà inoltre allestita una sezione “legend” dedicata alla grande tradizione italiana ed europea del ciclismo con un’area espositiva interamente dedicata al glorioso passato della bicicletta per interpretare al meglio le prospettive del futuro. Confermati nei padiglioni i vari settori merceologici: dall’abbigliamento tecnico alle biciclette, dal segmento cicloturistico agli integratori alimentari, dalla componentistica professionale ai vari eventi dedicati al mondo composito della bicicletta. Guest-star dell’ouverture veronese, come detto, il grande Francesco Moser, che ha espresso parole di grande apprezzamento per la kermesse scaligera, sottolineandone la crescita importante e avanzando una sua personale proposta: “Perché non offrire il biglietto gratis a tutti coloro che verranno al Cosmobike in bicicletta?”.


IL SALONE DELLE BICI PER TUTTI THE BIKE EXHIBITION FOR EVERYONE

Verona 8 - 10 Settembre / September 2018 COSMOBIKE OUTDOOR DEMO 7 Settembre / September 2018


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SCATTO D’AUTORE ABU DHABI TOUR 2018 by Bettiniphoto

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L’intervista

“Rinascimento italiano” di Mario Pugliese

Elia Viviani - Vince la tappa al Dubai Tour

Dai successi di Viviani e Colbrelli ad Abu Dhabi ai trionfi dei Mondiali su pista, Wladimir Belli celebra le grandi vittorie azzurre: “E anche alla Sanremo possiamo dire la nostra”

Con ancora negli occhi il fango delle Strade Bianche (a Siena un inno al ciclismo d’antan), la stagione 2018 imbocca la salita più attesa, quella che – passando da Sanremo – porta alle grandi classiche del Nord. Dopo un inizio di stagione ricco di indicazioni, che cosa dobbiamo attenderci dalle corse monumento? Quali sono, sulla carta, i grandi favoriti? E, soprattutto, dopo gli anni del purgato18

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rio, gli italiani torneranno finalmente a recitare un ruolo da protagonisti? Lo abbiamo chiesto a Wladimir Belli, ex professionista e commentatore televisivo ed oggi sull’ammiraglia del Team Gazprom-RusVelo. Wladimir, partiamo dallo show delle Strade Bianche… “Non avrà i trascorsi storici delle grandi classiche, perché 12 anni sono ancora pochi, ma questa corsa ha tutto per diventare, nei prossimi anni, uno degli appuntamenti più spettacolari del calendario di primavera. Complice anche la pioggia, devo dire che

abbiamo assistito ad una corsa entusiasmante, uno di quegli eventi che ci ricordano la vera essenza del ciclismo che, al di là della retorica, resta uno sport di fatica e di grande sacrificio”. In questa prima parte di stagione, finalmente, gli italiani hanno corso da protagonisti: il 2018 potrebbe finalmente interrompere il nostro lungo digiuno nelle classiche del nord? “In effetti, quest’anno ci sono tutti i presupposti per parlare di rinascita azzurra. La vittoria di Viviani all’Abu Dhabi Tour, in particolare, dimostra che, con un ‘treno’ come quello della Quick


Chi è Wladimir Belli Ex ciclista professionista e commentatore per il ciclismo di Eurosport

Step Floors, le chance di successo di Elia in questo 2018 cresceranno sensibilmente. Lo stesso discorso vale per Colbrelli che, dopo le preziose esperienze degli anni passati, sembra aver raggiunto una maturazione importante, tanto che non mi sorprenderei di vederlo competitivo anche alla Milano - Sanremo…”. Dove non sarà l’unica freccia dell’arco italiano… “In Belgio ho visto molto bene Trentin, che ha corso da vero protagonista. Ma anche uno come Moscon, che è cresciuto tantissimo negli ultimi tempi, potrà dire la sua nella Classicissica, soprattutto perché, nel team Sky, avrà la possibilità di correre con una certa libertà giocandosi fino in fondo le sue carte”. A proposito, cosa ne pensa delle polemiche sul doping che hanno travolto proprio il team Sky? “Ci andrei cauto con i processi sommari. Prima di tutto, le accuse a Bradley Wiggings risalgono a sei anni fa e dunque non è mai facile, in questi casi, valutare la credibilità delle prove documentali. Inoltre, come per il sal-

Filippo Ganna, oro ai Mondiali su pista in di Apeldoorn –Olanda

butamolo di Froome, per lui si parla di triamcinolone, ovvero di un corticosteroide che non appartiene alla blacklist delle sostanze dopanti. Si tratta, invece, di un prodotto terapeutico che può essere assunto con un’autorizzazione medica ed i cui benefici, in caso di abuso, sono tutt’altro che accertati.

Insomma, così come non credo che Froome possa aver vinto una Vuelta con 4 ‘puf’ in più, allo stesso modo dico che le accuse a Wiggings vanno pesate con grande attenzione”. Tornando alla Sanremo, qual è il suo pronostico? “Quest’anno non sarà facile indovinare il pronostico perché - da Sagan a Greipel, da Ewan a Degenkolb – in questa prima parte di stagione i big hanno vinto praticamente tutti. I nomi, alla fine, sono sempre quelli, ma trovare un favorito assoluto, con le indicazioni emerse in queste prime gare del 2018, è praticamente impossibile”. Intanto, dai Mondiali su pista in Olanda sono arrivate grandi notizie… “Ed è la dimostrazione di come i progetti seri e ben strutturati, alla fine, garantiscono sempre risultati. Qualche anno, nel settore pista, non avevamo praticamente interpreti, oggi c’è una squadra vincente che, in molte discipline, può lottare per le medaglie. Un bravo al Ct Villa che, con tanti fatti e poche parole, ha riportato la pista azzurra ai fasti di un tempo”.

Tiesj Benoot vincitore delle Strade Bianche 2018

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in copertina

LIOTTO

il made in Italy che fa scuola nel mondo Il 22 aprile si celebra la 20a edizione della Gran Fondo intitolata alla storica dinastia di costruttori vicentini

Più che un evento la Gran Fondo Liotto è un omaggio, un gradevole espediente per ricordare al mondo del ciclismo la genesi ed il consolidamento di un grande marchio del “made in Italy”. Un’eccellenza che parte da lontano e che, nel corso degli anni sopravvivendo alle omologazioni della grande distribuzione - ha saputo traghettare fino ai giorni nostri i capolavori della più prestigiosa scuola artigianale italiana.

E così il prossimo 22 aprile, nella naturale cornice della città di Vicenza, si rinnova – per il 20° anno di fila – l’epopea della Gran Fondo Liotto, l’evento intitolato alla storica dinastia di costruttori di biciclette che, oggi come ieri, continua a rappresentare, in tutto il mondo, un simbolo iconografico dello stile italiano. Quella della famiglia Liotto, del resto, è una storia che parte da lontano, quasi un secolo fa, nel lontano 1922 per la precisione, grazie all’antesignano Luigi Liotto, un ex bersagliere che, nel primo dopoguerra, intraprese con passione l’attività di riparatore di biciclette. Il figlio Gino ne seguì fedelmente le orme, sviluppando la passione del padre ed apprendendo le conoscenze tecniche che faranno della “Cicli

Liotto” un’eccellenza assoluta del genio italico, anche grazie al “proseguimento dell’opera” dei figli Pierangelo, Doretta e Luigina.

La Granfondo nasce proprio con questa finalità: ricordare a tutti gli appassionati del pedale il glorioso passato e le sfide del presente di un marchio che non si è mai svenduto alle logiche del business e che ha continuato a fare impresa secondo i dettami di Gino, il Da Vinci delle biciclette, l’uomo che ha tramandato ai posteri l’arte ed i segreti di un’artigianalità da difendere e valorizzare.

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L’anteprima

Il ritorno di Argentin a cura di Mario Pugliese

Moreno Argentin

Dopo anni di assenza, l’iridato di Colorado Springs torna nel grande circo del professionismo organizzando, a fine giugno, una nuova corsa a tappe con partenza da Venezia. Dalle imprese di ieri ai campioni di oggi, storia di un fuoriclasse con tanti bei ricordi e un piccolo rimpianto: “Ai miei tempi esistevano solo Moser e Saronni…” 22

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Moreno Argentin con la maglia di campione del mondo 1986 Colorado Springs – foto Getty Images

In carriera ha vinto (quasi) tutto: un Mondiale, quattro Liegi, un Fiandre e quindici tappe tra Giro e Tour. Eppure, dopo aver appeso la bicicletta al fatidico chiodo, Moreno Argentin – uno dei corridori italiani più vittoriosi degli anni ’80 - ha tirato una riga sul mondo del ciclismo. Malgrado le offerte ed i progetti - alcuni anche ambiziosi - ha rifiutato incarichi ed ammiraglie, Moreno Argentin vince la Liegi - Bastogne - Liegi nel 1987

preferendo voltar pagina per mettersi alla prova su altri palcoscenici. È diventato così un imprenditore edile di successo, investendo nel mattone i guadagni di una vita. E gli è andata bene. Da qualche tempo, però, l’idea di un ritorno nel mondo del ciclismo ha cominciato a solleticarlo. E così, passo dopo passo, si è inventato un progetto che promette di diventare – dopo Giro d’Italia e Trentino – “la più importan-

te corsa a tappe dello Stivale”. “È un progetto che, per scelta, non abbiamo ancora presentato pubblicamente – spiega Argentin – preferendo lavorare sotto traccia. Però non è più soltanto un’idea sulla carta: abbiamo già tutti i permessi dell’UCI e almeno il 50% delle coperture economiche necessarie. Pertanto, partiremo già da quest’estate, probabilmente dal 20 al 25 giugno”. Ancora top secret molti dettagli dell’iniziativa, anche se pare scontata la partenza da Venezia per una corsa a tappe che, per questa prima edizione, spigolerà tra la Serenissima, il Friuli ed i Balcani, ma che in futuro dovrebbe lambire altre località europee, come l’Albania e la Grecia ad esempio:

“Vorremmo esportare il grande ciclismo in quei paesi che, per questioni geopolitiche, sono sempre stati un po’ ai margini del World Tour – prosegue Argentin – e all’aspetto agonistico ci piacerebbe agganciare anche un appello alla comunione e alla solidarietà fra popoli perché anche il ciclismo, che è uno sport con un seguito planetario, può diventare uno straordinario mezzo per diffondere messaggi culturali”. LIFESTYLE INBICI

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credit Bettiniphoto

Sul piano agonistico, invece, saranno al via diciotto squadre, fra cui sei team del World Tour: “Partiamo in corsa – conclude l’iridato di Colorado Springs – ma con i permessi dell’UCI già accordati non possiamo rinviare più nulla. Sarà un debutto, un numero zero, una corsa a tappe che, nei nostri progetti, dovrebbe diventare un appuntamento annuale sempre più importante”. Ma ai primi refoli di primavera, parlando con Moreno Argentin, il discorso non può non declinare dolcemente verso le grandi classiche del nord, quelle che il campionissimo di San Donà ha sempre interpretato con la classe e la personalità del favorito. Moreno, perché i corridori italiani non vincono una classica da così tanti anni? “È un problema generazionale, anche se, nei grandi giri, con Nibali ed Aru, abbiamo interpreti di valore mondiale. La madre di tutti i problemi, in ogni caso, mi sembra la mancanza di squadre italiane, quelle nelle quali, ai miei tempi, i

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nostri giovani crescevano nella maniera più corretta diventando, anno dopo anno, dei corridori vincenti”. Chi vede favorito per la prossima Sanremo? “Dopo due secondi posti dico Sagan che oggi mi pare il corridore più spettacolare. La Sanremo è una corsa con tante incognite, ma se lo slovacco è in giornata non si batte”. E per le classiche del Nord? “Ho visto pedalare alla grande un certo Valverde che, come il vino, migliora col passare degli anni. Non so dove e non so come, ma ho la sensazione che in primavera qualcosa vincerà”. Secondo la mentalità italiana, un corridore per essere un campione da tramandare ai posteri deve vincere almeno un Giro o un Tour. Lei si è mai sentito penalizzato? “In parte sì perché credo comunque di aver vinto tanto in carriera, anche se non avevo le caratteristiche per impormi in una grande corsa a tappe. Però, prendiamo uno come Saronni: ha vinto

un Giro, ma all’estero, a parte il Mondiale, non ha mai fatto grandissime cose. Eppure ha sempre goduto di una stampa benevola, probabilmente favorito anche dalla rivalità con Moser, un altro che – Roubaix a parte – fuori dall’Italia non è mai stato un gigante. Ma ai miei tempi, piaccia o no, il ciclismo italiano viveva solo sul loro dualismo. Mentre di noi che vincevamo le Liegi si ricordavamo in pochi”. Lei è stato compagno di squadra di Davide Cassani. Che voto dà al Commissario tecnico della nostra nazionale? “I voti si calibrano in base ai risultati e bisogna dire che l’Italia non vince una medaglia ai mondiali da tanti, troppi anni. In più di un’occasione abbiamo corso in modo sbagliato, lasciando a casa corridori che avrebbero potuto fare bene. È apprezzabile il lavoro che Davide sta facendo con i giovani, ma l’Italia è una superpotenza del ciclismo e questo digiuno di risultati, onestamente, comincia a diventare imbarazzante”.


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SCATTO D’AUTORE TOWARDS ZERO RACE MELBOURNE 2018 by Bettiniphoto

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Tra gli appuntamenti clou la Settimana Internazionale Coppa e Bartali, il Giro dell’Appennino, il Trittico Lombardo e Il Giro dell’Emilia Una nuova incredibile esclusiva InBici per tutti gli appassionati di ciclismo. Negli ultimi giorni di febbraio, il gruppo editoriale ha siglato un accordo con la Pulse Media Group Srl, il service televisivo che detiene i diritti di produzione e distribuzione digitale (per l’Italia ed il mondo) di tutte le corse del circuito Ciclismo Cup 2018. Si tratta di un carnet di appuntamenti di grande prestigio che comprende, fra le altre, la Settimana Internazionale Coppa e Bartali, il Giro dell’Appennino, il Trittico Lombardo, Il Giro dell’Emilia e tante altre corse

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storiche del calendario italiano. In virtù di questo nuovo accordo, il gruppo Inbici - attraverso le sue piattaforme social - potrà trasmettere le dirette di tutte le gare del circuito 2018. Basterà infatti collegarsi alla pagina facebook @inbicimagazine per seguire in esclusiva web le gare più avvincenti del calendario italiano. Dopo il Trofeo Laigueglia ed il Gp Industria e Artigianato, gli appassionati di ciclismo potranno seguire, in diretta social, la Settimana Internazionale Coppi e Bartali dal 22 al 25 marzo e il Tour of the Alpès dal 16 al 20 aprile. A seguire Giro

dell’Appennino, Ionica Race, Coppa Agostoni, Coppa Bernocchi, Giro della Toscana, Coppa Sabatini, Memorial Marco Pantani, Trofeo Matteotti, Giro dell’Emilia, GP Beghelli e gran finale il 9 ottobre con la Tre Valli Varesine.

“L’accordo - spiega l’editore Maurizio Rocchi - segna un nuovo importante salto di qualità per il nostro gruppo editoriale che, dopo aver investito tanto nel magazine, nel sito web e sui social, da quest’anno ha acquisito anche i diritti televisivi delle più importanti corse italiane da trasmettere in digitale sulla nostra pagina facebook. Si tratta di un passaggio importante perché, dopo una leadership ormai riconosciuta nel settore granfondistico, InBici diventa un protagonista importante anche sul mercato del ciclismo professionistico”.


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L’INTERVISTA Gianfranco Josti

Ernesto Colnago

“Il futuro è nelle bici elettriche”

Dagli albori con la mitica Garibaldina all’amicizia con Enzo Ferrari, passando per Merckx (“un perfezionista”) fino alla rivoluzione del carbonio, la storia, le idee ed i sogni del grande costruttore di Cambiago: “I progetti migliori? Quando sono andato controcorrente”

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Strani giochi del destino: l’auto ha quattro ruote, la bici solo due. Ebbene Maranello, sede della Ferrari, ha il doppio degli abitanti di Cambiago dove si costruiscono le Colnago. Ma l’amore che gli appassionati di auto nutrono per “la rossa” non è certamente superiore a quello che i ciclisti hanno per la “Ferrari delle biciclette”. Ernesto Colnago, ottantasei anni compiuti in febbraio, ha la stessa grinta, la stessa carica, la stessa curiosità di quando, ragazzino tredicenne, si presentò in Viale Abruzzi a Milano sede della Gloria. “Uno storico marchio di biciclette con la famosa Garibaldina. Dovetti falsificare il documento di nascita perché non si poteva avere il libretto di lavoro prima di 14 anni. Facevo l’aiuto saldatore e tra i miei compagni c’erano Ernesto Formenti, pugile che ha conquistato la medaglia d’oro all’Olimpiade di Londra ’48 e Gian Maria Volontè, figlio di portinai, divenuto attore di fama”. Usava la bici non solo per raggiungere il posto di lavoro (“d’inverno andavo a prendere il tram a Villa Fornaci”) ma anche per confrontarsi con coetanei in gare prima di allievi e poi di dilettanti. “Una brutta caduta nella Milano-Busseto mi è costata la frattura del perone con relativa ingessatura e steccatura della gamba per cinquanta giorni. Non potevo muovermi da Cambiago quindi ho chiesto al titolare della Gloria, Andrea Focesi, di mandarmi a casa delle ruote da montare. Visto che venivamo pagati a cottimo, in una settimana ho guadagnato quello che a Milano intascavo in un mese. E poi mi sono fatto mandare delle biciclette, ogni settimana assemblavo venticinque Garibaldina”. Da qui l’idea di mettersi in proprio, aprire una piccola officina: “I miei genitori erano contadini, come tutti a Cambiago, c’era bisogno di qualcuno che riparasse le bici, unico mezzo di trasporto in campagna. Così, anziché farmi dare soldi dalla Gloria, mi facevo mandare il materiale necessario per le riparazioni nella mia bottega di cinque metri per cinque. Era il 1954, anno in cui ho incontrato Magni che ha cambiato la mia vita”. A distanza di tanto tempo Ernesto Colnago ricorda quell’incontro in ogni particolare. “Ogni tanto andavo a fare qualche giro in bici con Albani, Crippa, Recalcati, Arrigoni. Quel giorno c’era anche il signor Magni, all’epoca gli davo del lei, che si lamentava per un dolore alla gamba che lo infastidiva da qualche tempo. Dopo aver guardato la sua bicicletta gli ho detto che il male che accusava era causato da una pedivella non in asse e gli ho suggerito di passare dalla mia bottega per sistemarla. Al termine dell’allenamento il dolore era scomparso. Il giorno dopo mi mandò il suo massaggiatore di fiducia Isaia con la proposta di andare al Giro d’Italia. Prima però dovevo prendere contatto con il suo meccanico-costruttore, Faliero Masi che aveva l’officina al Vigorelli. Mi sono Ernesto Colnago

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presentato con un mosquito, ovviamente usato, che avevo acquistato con un mio amico e Faliero appena mi vide disse che lui non riparava motori. Ma quando gli ho riferito della proposta di Magni ha dato il suo consenso, non prima però di avermi parlato di telai, forcelle, cambio, brugole, ma mai parlato di soldi.” Dopo quell’anno la vita professionale di Ernesto Colnago ha avuto un’accelerazione degna della Ferrari. Meccanico della Nivea Fuchs di Fiorenzo Magni che nel ’55 strappò il Giro al giovane Nencini con la complicità di Fausto Coppi, Ernesto Colnago costruì il suo primo telaio nel ’57 proprio per Gastone Nencini pilotato dall’ammiraglia da Fiorenzo Magni e Tano Belloni alla conquista della maglia rosa. “Da allora non ho più smesso di fare telai e assemblare bici cercando sempre di inventare qualcosa di nuovo come la piegatura delle forcelle a freddo, l’uso di materiali quali il titanio e il carbonio, la forcella dritta. Sono andato spesso controcorrente, mi hanno anche criticato ma alla lunga certe mie intuizioni si sono rivelate esatte tanto che tutti le hanno copiate. Dal 1970 le mie bici sono marchiate con l’asso di fiori che è diventato il simbolo dell’azienda”. Dai tempi della Nivea di Fiorenzo Magni alla UAE di Fabio Aru sono passati sessantaquattro anni. Il mondo è profondamente cambiato e il ciclismo? “Quando ho cominciato a fornire le mie biciclette alle squadre professionisti-

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che solo il capitano o al massimo un paio di corridori avevano a disposizione i modelli più sofisticati, per gli altri andavano bene le bici cosiddette di serie. Adesso i team del Pro Tour hanno 28-30 atleti ed io devo fornire a ciascuno quattro bici da strada e due da cronometro, non importa se un corridore deve puntare a vincere Giro o Tour e a un altro si chiede di sacrificarsi in qualche fuga da lontano per proteggere il capitano di giornata, ora tutti indistintamente hanno il diritto ad avere il meglio. Sei biciclette per ogni atleta sono un bel numero, a fine stagione mi vengono restituite ma per quella successiva devo sempre fornire modelli aggiornati perché c’è qualche piccola variazione, qualche innovazione, non dico miglioramenti sistematici ma qualche cosa di diverso rispetto ai mesi precedenti e quindi da me pretendono i modelli più aggiornati. Quelli restituiti cosiddetti ‘vecchi’, talvolta mai usati, restano qui in azienda. A tutt’oggi ho in casa una sessantina di biciclette che nulla hanno da invidiare a quelle che stanno usando Aru ed i suoi compagni e che metto in vendita in pratica al prezzo di costo. Invece ai tempi della Molteni di Merckx solo a lui dedicavo particolare attenzione, pensi che in un anno gli ho costruito ben 27 bici”. Il nome del fuoriclasse belga evoca un torrente di ricordi. Difficile sceglierne uno. “Era straordinario, sotto tutti gli aspetti, un perfezionista, persino maniaco per i


Ernesto Colnago con il campionissimo Eddy Merckx

dettagli. Per il mondiale di Mendrisio ‘71 gli ho preparato tre biciclette con tre diverse inclinazioni del tubo piantone: 16, 16.5, 16.8. Per provarle si è sobbarcato un allenamento di 380 chilometri, partendo dall’Abetone. Alla vigilia della gara, dal ritiro della nazionale belga mi ha chiamato perché lo andassi a trovare. Quando sono arrivato era in camera con alcuni compagni mentre osservava le tre bici perfettamente allineate perché infilate tra gli elementi del calorifero. Alla domanda ‘padrun, quale sceglieresti?’ ho risposto ‘quella da 16.5’ confermando la sua decisione. Nel toglierla dal calorifero, però ha storto ruota e forcella per cui sono stato costretto a fare le ore piccole per rimettere la bici in perfetto stato. Il giorno dopo il mondiale che ha vinto davanti a Gimondi, è venuto a casa mia per offrire a mia moglie il mazzo di fiori. Era l’anniversario del mio matrimonio”. Un rosario di nomi di corridori che hanno corso con le sue biciclette, da Motta a Dancelli, Zoetemelk, Baronchelli, Saronni, Bugno, Freire, Rominger, Argentin, Ballerini, Museeuws, Cancellara, Popovich, Zabel, Petacchi quelli che affiorano subito alla mente, ma è difficile ricordarsi più di 2500 nomi di un centinaio di squadre (“per me sono stati tutti come dei figli e per raccontare tutti gli aneddoti ci vorrebbe una settimana ma io devo lavorare, non ho tutto quel tempo”). Figli che gli hanno regalato 61 titoli mondiali e 11 olimpici. Un’altra svolta nella carriera del costruttore brianzolo, l’incontro con Enzo Ferrari.

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Ernesto Colnago con Fabio Aru (Bettiniphoto)

Più facile per Ernesto Colnago parlare dell’evoluzione delle sue biciclette. “Quando nel 1972 Eddy decise di tentare il record dell’ora, l’assillo di tutto il ciclismo era quello della leggerezza del mezzo. Si parlava di leghe leggere, di titanio, ma dove trovarlo, come lavorarlo? Pensate che ho dovuto spedire tre manubri in titanio a Detroit per farli saldare. Avevo praticato dei fori persino nella catena così che alla fine la bici del record pesava appena 5 chili e 750 grammi. Per quell’epoca fu ritenuta un vero e proprio gioiello”

“Sono andato da lui perché pensavo si potesse usare anche per le biciclette i materiali adottati dalla formula 1, il carbonio in particolare. Volevo capire e volevo imparare. Ho investito molto in quel progetto, lo stesso Ferrari mi metteva in guardia ‘tutte le volte che vieni qui è un costo per tè. Già, calcolato che le ricerche nei vari campi mi sono costate un miliardo abbondante, parlo di lire logicamente. La frequentazione con la Ferrari Engineering ha portato alla Concept, la prima bicicletta con tubi e congiunzioni in fibra di carbonio e poi mi ha permesso di sviluppare altri modelli. Una grande lezione avuta da Enzo Ferrari l’ho avuta a proposito della forcella. Mi ha dimostrato come quella diritta assorbisse meglio i colpi di quella curva. Da sempre avevo visto forcelle fatte in quel modo, mi ero ingegnato a varare una tecnica per la piegatura a freddo di quelle in acciaio, ero da un lato dubbioso e dall’altro scettico. Ma l’ho fatta quasi controvoglia, l’ho chiamata ‘precisa’ e l’ho montata sulla bici di Franco Ballerini che ha vinto la Roubaix del ‘95. È qui in esposizione ancora sporca di fango. In quegli anni per affrontare il pavé venivano adottati ammortizzatori nelle forcelle, ebbene i corridori che avevano scelto la ‘precisa’ mi avevano riferito che consentiva una guida più fluida e che attutiva meglio i colpi tanto che poi tutti l’hanno copiata adottandola forcella dritta”. Carbonio, titanio, alluminio, acciaio, un altro gioiello uscito da Cambiago per il record dell’ora di Tony Rominger che a Bordeaux nel novembre del 1994 sfondò il muro dei 55 orari. E addirittura l’oro. Sul volto di Colnago si stampa un sorriso. “È stato un mio cliente a farmi venire l’idea. Si era presentato in azienda perché voleva acquistare una bicicletta super. Gli ho mostrato vari modelli, diciamo i più sofisticati, e immancabilmente replicava ‘sì bella ma voglio di più’. Spazientito ad un certo punto gli ho detto ‘ma cosa pretendi di più, vuoi una bici d’oro?’ e subito la risposta ‘sì, la voglio d’oro’. Mi ero messo in un bel guaio ma ne sono uscito

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alla grande perché a Como ho trovato i fratelli Peverelli specialisti nella laminazione in oro. Fortunatamente nel loro impianto si poteva immettere il telaio così ho lanciato la bici d’oro che ho regalato a vari personaggi del mondo dello sport e dello spettacolo”. Tra i beneficiari delle bici d’oro papa Paolo II (“ma quando gliela consegnai mi disse che non poteva usarla, così ne mandai una più turistica che usò nella residenza estiva di Castel Gandolfo”) e il sindaco di Milano, Carlo Tognoli. L’ultima (per ora) ‘invenzionè di Ernesto Colnago: i freni a disco. “Erano anni che ci pensavo, quando sono riuscito a risolvere il problema ho passato il progetto a Campagnolo, ma è stato Shimano a buttarsi sul prodotto tanto che oggi ha quasi il monopolio. Se trovo delle soluzioni non le tengo per me, lo scopo di un costruttore non può essere unicamente il guadagno. Mi piace cercare nuove soluzioni, punto soprattutto sulla sicurezza perché è il grande problema che il ciclismo deve affrontare”. Un’ultima considerazione, signor Colnago: tra i suoi gioielli c’è anche la bici elettrica? “Premetto che l’eBIKE, a mio giudizio, è il mezzo di trasporto dell’avvenire. La pedalata assistita, specie per gente di una certa età, consente di affrontare percorsi e distanze che sarebbero precluse. Non solo, in un mondo che sta conducendo una grande battaglia contro l’inquinamento, la bicicletta che è ecologica per definizione troverà sempre più spazio. Però io sono soprattutto un costruttore di bici da corsa e voglio continuare ad esserlo e non vedo spazio per la bici elettrica nel mondo dell’agonismo. Per questo motivo ho ceduto il mio nome all’Atala che le produce”.

Già, continua il parallelismo Ferrari-Colnago. Stavolta, però, a vincere è la bicicletta. Perché chiunque può pedalare sul mezzo usato da Fabio Aru, ma nessuno (tranne gli addetti ai lavori) può andare in giro con la formula 1 pilotata da Sebastian Vettel.


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SCATTO D’AUTORE TOUR DOWN UNDER 2018 by Bettiniphoto

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Domande a...

Marino Amadori, Commissario tecnico della Nazionale Italiana Under 23

A noi il futuro

Nel 2018 Marino Amadori festeggerà i suoi primi dieci anni da commissario tecnico della nazionale italiana Under 23. Con lui ripercorriamo le strategie federali a favore dei giovani: “I circuiti di provincia non bastano più, per arrivare nei professionisti è necessario gareggiare all’estero e misurarsi su tracciati più impegnativi”

Quando si parla di giovani ciclisti italiani, Marino Amadori - per esperienza, titoli e credenziali - è considerato “ad honorem” una delle voci più credibili del nostro ciclismo. Perché gli ultimi talenti “made in Italy” - Moscon in primis - sono passati tutti da lui che, proprio nel 2018, festeggerà i dieci anni da commissario tecnico della nazionale italiana

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Under 23. Dopo le stagioni vincenti e tormentate con Pantani, di cui è stato l’ultimo direttore sportivo, oggi Amadori ha trovato il suo habitat naturale nella Federciclismo, che dal 2008 - dopo le esperienze nel settore donne - gli ha affidato un nuovo ruolo strategico. Assieme a Davide Cassani, infatti, applicando un progetto tanto ambizioso quanto innovativo, sta provando a rinverdire i vivai

italiani per ridare nuova linfa ad un ciclismo che, specie nelle gare di un giorno, fatica da troppo tempo a trovare interpreti all’altezza. Amadori, un commissario tecnico, per quanto bravo, deve sempre lavorare con il “materiale umano” a sua disposizione. In questo senso, questa generazione italiana di Under 23 è


Marino Amadori

promettente oppure, come sostiene qualche osservatore, in passato abbiamo avuto giovani più talentuosi? “Il progetto della Federazione, a dire il vero, non si pone domande sul talento perché noi, come tecnici, ragioniamo in una prospettiva più ampia. Dopo le difficoltà riscontrate in questi ultimi anni, il nostro obiettivo primario, nel medio-lungo periodo, è quello di mettere tutti i giovani ciclisti italiani nella condizione di passare tra i professionisti senza traumi”. In che modo? “La criticità fondamentale in Italia è un movimento dilettantistico troppo ancorato ai vecchi schemi. Un giovane, per crescere, non può gareggiare soltanto nelle corse di provincia. Deve fare esperienza anche al di fuori dei confini italiani, come avviene in altri paesi dove i ragazzi più promettenti crescono nelle formazioni Continental,

correndo per tutta la stagione gomito a gomito con i professionisti. È per questo che, come Federazione, portiamo sovente i nostri Under 23 a confrontarsi nelle gare del WorldTour. È lì che capiscono realmente cosa vuol dire correre ad alti livelli. E quando toccherà a loro passare di categoria, il salto sarà meno traumatico”. A volte le grandi squadre ingaggiano i giovani talenti ma poi non li aspettano… “È vero anche questo. Se nell’arco di un biennio non fai risultati, il terzo anno il rinnovo del contratto te lo sogni. È proprio per questo che, quando passa tra i professionisti, un giovane deve avere il giusto bagaglio di esperienze, come dimostra ad esempio il caso emblematico di Gianni Moscon, uno che tra gli Juniores ha vinto appena due corse…”.

di Mario Pugliese

È davvero lui il nuovo talento del nostro ciclismo? “Io dico che ha qualità non comuni e, in parte, le ha già dimostrate.

Dopo le stagioni vincenti e tormentate con Pantani, di cui è stato l’ultimo direttore sportivo, oggi Amadori ha trovato il suo habitat naturale nella Federciclismo, che dal 2008 - dopo le esperienze nel settore donne - gli ha affidato un nuovo ruolo strategico.

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10 DOMANDE A MARINO AMADORI

Matteo Moschetti credit foto Bettiniphoto

Credo che al Team Sky lo stiano facendo crescere nel modo giusto, senza pressioni esagerate. Lui ha sempre dimostrato grande maturità, privilegiando la sua crescita di atleta rispetto al palmares. Certo, in alcune formazioni primeggiare non è mai facile, ma io credo che nei prossimi anni ci regalerà grandi soddisfazioni”. Perché dopo Cipollini e Petacchi, fatichiamo così tanto a produrre un velocista di livello mondiale? “Perché forse in Italia non tutti hanno ancora capito che i criterium, per quanto preziosi, non bastano per formare un vero campione. Il velocista che vince un circuito uscendo dal gruppo solo negli ultimi 150 metri porta a casa una vittoria in più, ma il suo bagaglio di esperienze, in prospettiva, non cresce granché. Un velocista deve imparare a soffrire anche in salita, deve prendere il vento nei denti, diventando competitivo anche sui terreni a lui non congeniali. Solo così, un giorno, potrà sognare di vincere una Sanremo”. È con questi principi che avete disegnato le tappe del prossimo Giro d’Italia Under 23? “Assolutamente sì. Se ci fate caso, le 40

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cosiddette tappe per velocisti non sono mai interamente pianeggianti. Per arrivare allo sprint conclusivo bisognerà lottare su un percorso con saliscendi, avvallamenti e molte insidie. I velocisti non gradiranno, ma l’abbiamo fatto per il loro bene”. Forse la pista, in questo senso, può essere una palestra ideale? “Il caso di Viviani, uno dei primi a credere nel format strada-pista-strada, credo sia emblematico. Lui ha dimostrato che la doppia attività non solo è possibile, ma anche funzionale ad una crescita più completa dello sprinter”. E gente come Ganna e Consonni sembra averlo capito alla perfezione… “Sì e spero che altri giovani li seguino a ruota. Perché la pista resta una scuola fondamentale, come ci hanno insegnato anche i grandi campioni del passato che il cosiddetto ‘colpo d’occhio’ o la sensibilità della pedalata li hanno imparati proprio sgomitando sull’anello”. In questa prima parte della stagione, come si sono comportati i giovani italiani? “Direi piuttosto bene. Gente come Matteo Moschetti, Nicola Conci o Matteo

Fabbro si sono già messi in grande evidenza, dimostrando di essere all’altezza delle promesse”. Il “mantra” di Davide Cassani rivolto al mondo granfondistico amatoriale è “aiutate i giovani”, come fa lui stesso, del resto, con la sua gran fondo di Faenza. Detto che lei non possa non condividere, a suo modo di vedere questi appelli sono stati raccolti oppure no? “Io vedo una nuova sensibilità rispetto a questo tema, come se finalmente anche gli organizzatori avessero compreso che aiutare i giovani ciclisti è, in fondo, nei loro stessi interessi. Perché quel giovane, un giorno, diventerà un ciclo-amatore, dunque un protagonista delle loro gare. Se si capisce il senso di questo circolo virtuoso io credo che nessuno, in futuro, potrà ignorare l’appello del nostro coordinatore. In ogni caso, la strada è ormai segnata e io credo che in futuro sempre più eventi copieranno la Gran Fondo Cassani. E tutto il mondo del ciclismo ne beneficerà”.


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InBici Top Challenge

11 marzo

il nuovo ciak

a cura della redazione

Posticipata di due settimane per le condizioni meteo avverse, la Gran Fondo Laigueglia darĂ finalmente il via alla terza edizione del circuito 42

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Più forte del maltempo, che ha funestato gli ultimi giorni di febbraio imponendo il rinvio della Gran Fondo Laigueglia, riparte - con due settimane di ritardo rispetto alle scadenze canoniche - la terza edizione dell’InBici Top Challenge. Un rinvio, come noto, imposto dagli eventi climatici avversi che hanno indotto il patron del Gs Alpi Vittorio Mevio a rinviare l’evento per tutelare, in primis, la sicurezza di tutti i partecipanti. Ora, se Giove Pluvio darà un po’ di tregua (come gli “oracoli” del meteo hanno garantito), la 20esima edizione della storica kermesse ligure darà ufficialmente il via al circuito. Un circuito che si annuncia ancora una volta esaltante con ben sei regioni rappresentate (Emilia Romagna, Toscana, Lombardia, Veneto, Liguria e Trentino Alto Adige) per un totale di otto appuntamenti.

Quattro le novità, tutte di grandissimo prestigio: dalla Gran Fondo Davide Cassani alla Gran Fondo degli Squali di Cattolica e Gabicce passando per la “Green”Fondo di Paolo Bettini e finendo con la “3 Epic Cycling Road- Tre Cime di Lavaredo”. Il ciak ufficiale, come detto, si celebrerà l’11 marzo con la Gran Fondo Laigueglia, l’evento d’apertura del calendario e dunque quello sottoposto anche ai maggiori rischi climatici. Ma, fedele alla sua indole tenace, Vittorio Mevio questa volta non si è arreso e, dopo aver rimpastato un po’ il calendario, posticipando la Gf di Alassio, ha deciso di riproporre l’evento, offrendo ai ciclisti già iscritti condizioni estremamente vantaggiose.

l’evento che vede il Ct della nazionale italiana di ciclismo nelle vesti di testimonial per una nobile causa: il finanziamento dell’attività ciclistica giovanile. Tre settimane dopo dopo – l’8 aprile – tutti in Toscana, in quel di Pomarance (Pisa) con la Gran Fondo “eco” Paolo Bettini – La Geotermia. A maggio, invece, si vola in Romagna: il 6 tutti a Cervia per la storica Via del Sale, un’edizione rinnovata nella formula e soprattutto nella data. Una settimana dopo il grande popolo del pedale si dà appuntamento tra Cattolica e Gabicce Mare per la Gran Fondo degli Squali, la manifestazione più giovane, ma anche quella che ha mostrato i margini di crescita più importanti. Il 10 giugno si sale in alta quota con la novità della “3 Epic Cycling – Tre Cime di Lavaredo”, corsa per grimpeur di razza. Il 24 giugno si resta in altura con la Gran Fondo Gavia & Mortirolo all’Aprica(So), mentre il gran finale è sempre fissato a Trento, quando l’8 luglio si celebrerà una nuova edizione della Gran Fondo “La Leggendaria Charly Gaul”.Anche quest’anno, infine, il circuito propone una “prova jolly”, a cui gli abbonati dell’InBici Top Challenge potranno partecipare gratuitamente.

Si tratta della Gran fondo Nevio Valcic, che si disputerà il 27 maggio in Croazia. Tra le novità dell’edizione 2018 la “Racing Cup”, ovvero uno speciale riconoscimento che premierà gli abbonati più costanti, tenaci e fedeli. Il premio verrà infatti consegnato a tutti coloro che porteranno a termine le otto gare del circuito. Tante sorprese anche nell’area dell’InBici Top Village, dove sarà sempre presente il maxi-pullman granturismo. Due i servizi novità per il 2018: un’officina meccanica riservata agli abbonati per risolvere i piccoli inconvenienti tecnici prima della partenza ed un’area wellness dove gli iscritti al circuito potranno sottoporsi gratuitamente a corroboranti massaggi pre-gara. Nell’area expò di InBici, come nelle scorse edizioni, si potrà ritirare il pacco-gara, evitando le lunghe file della vigilia. E durante la visita nel villaggio si potrà gustare gratuitamente un caffè espresso e, nello stesso tempo, visitare il piccolo store dove acquistare, a prezzi scontatissimi, i celebri integratori Inkospor e tutti i prodotti del merchandising InBici.

Il circuito propone una “prova jolly”, a cui gli abbonati dell’InBici Top Challenge potranno partecipare gratuitamente. Si tratta della Gran fondo Nevio Valcic, che si disputerà il 27 maggio in Croazia.

Dopo l’ouverture savonese, il circuito proseguirà poi il 18 marzo a Faenza con la Gran Fondo Davide Cassani, LIFESTYLE INBICI

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Mondiali su Pista

L’anello torna a tingersi d’azzurro a cura della redazione

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Con la forza della programmazione, partendo dai giovani e seguendoli nel loro graduale processo di crescita, l’Italia della Pista è tornata dai Mondiali olandesi di Apeldoorn con sei medaglie al collo: un oro, un argento e 4 bronzi.Un bilancio prestigioso che, dopo gli anni dell’oblìo, certifica il ritorno degli azzurri ai massimi livelli mondiali della disciplina (siamo sesti nel medagliere, ma solo l’Olanda, padrona di casa, ha conquistato più medaglie di noi). Un bottino così ricco ci mancava da oltre vent’anni, da quando cioè – ai Mondiali del 1995 a Bogotà – l’Italia tornò a casa con due ori, tre argenti e un bronzo. Da quel momento, a

Sei medaglie (solo l’Olanda ha fatto meglio), tante conferme e un drappello di giovani emergenti ad un passo dalla consacrazione. Grazie all’encomiabile lavoro di Villa e Salvoldi, l’Italia della pista torna a dettar legge ai mondiali di Apeldoorn

parte qualche isolato exploit, il movimento azzurro aveva perso progressivamente competitività, invertendo la rotta solo qualche anno fa, quando il commissario tecnico Marco Villa, finalmente supportato da un serio progetto della Federazione, decise di programmare il rinascimento azzurro. Nel bilancio 2018, lo ricordiamo, l’oro di Filippo Ganna nell’inseguimento individuale (che bissa il trionfo di due anni fa); l’argento – inatteso - di Michele Scartezzini nello scratch ed i quattro bronzi: due nei quartetti e poi americana donne e omnium uomini. Medaglie spalmate in tante categorie, segno che – al di là degli interpreti – è il movimento intero che sta crescendo nel suo complesso. Sei medaglie come la Germania che, però, a differenza nostra, può contare su quattro ori che le sono valsi il secondo posto assoluto nel medagliere iridato alle spalle dell’irraggiungibile Olanda (12 medaglie, di cui cinque d’oro!). Il futuro, però, sembra azzurro, considerando l’anagrafe di molti giovani atleti che, in prospettiva, possono soltanto crescere. Del resto, se alla vigilia della spedizione sarebbe stato considerato un buon risultato eguagliare quanto fatto un anno fa ad Hong Kong (un oro, un argento e un bronzo), i nostri tecnici possono essere più che soddisfatti. Sei medaglie, infatti, non sono un exploit episodico, bensì il coronamento di un lungo percorso di crescita partito ormai tre anni fa, quando – grazie al nuovo staff federale sorretto da Marco Villa ed Edoardo Salvoldi – partì il rinascimento italiano.



Gran Fondo La Leggendaria Charly Gaul

Oltre

il ciclismo a cura della redazione

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L’evento trentino, che celebra le gesta epiche dell’Angelo della montagna nel 1956, è anche una formidabile opportunità per scoprire un territorio che offre tante ricchezze storiche e naturalistiche

Continua, anno dopo anno, la leggenda della Granfondo Charly Gaul che, dal 6 all’8 luglio, riserverà una serie di sontuosi appuntamenti in Trentino fra cronometro di Cavedine, “La Moserissima” e appunto “La Leggendaria Charly Gaul”, organizzata dall’APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi ed ASD Charly Gaul Internazionale, giunta a festeggiare una prestigiosa tredicesima edizione. Il diktat è quello di non prendere impegni, l’evento sarà infatti valido come tappa dello spettacolare circuito internazionale UCI Gran Fondo World Series, che concede la possibilità di qualificarsi alle finali dei Campionati del Mondo Amatori e Master, di scena proprio in Italia.

La gara sarà inoltre prova di InBici Top Challenge, il circuito granfondistico nazionale che racchiude in sé alcune tra le più prestigiose manifestazioni ciclistiche italiane in rappresentanza di sei regioni: Emilia Romagna, Toscana, Lombardia, Veneto, Liguria e Trentino Alto Adige, ed è inoltre inserita fra gli appuntamenti di Alé Challenge. Partenza da Piazza Duomo a Trento ed arrivo al Monte Bondone in località Vason, con i concorrenti alle prese con un percorso granfondo di 141 km e ben 4000 metri di dislivello per granfondisti esperti, e con un mediofondo di 57 km

e 2000 metri di dislivello per gli ‘apprendisti’ del pedale. Una manifestazione con i fiocchi che lo scorso anno accolse a braccia aperte il fiorentino Davide Lombardi (1:57:56) e Serena Gazzini (2:17:18) nell’itinerario di 57 km. Imprendibile la roveretana sulle distanze brevi, mentre nella “sfida delle sfide” di 141 km fu il toscano Stefano Cecchini a centrare la vittoria, percorrendo il tracciato con una media di oltre 30 km/h e sferrando l’attacco decisivo proprio sulle rampe del Bondone. Al femminile, invece, nessuna riuscì a posizionare le proprie ruote davanti a quelle di Emma Delbono (4:57:49), la dama silenziosa delle due ruote, colei che parte e nessuno la vede più prima di giungere, timidamente, al traguardo, quasi come se le fosse dispiaciuto lasciare la polvere tra sé e le avversarie. Un trittico scoppiettante dedicato alle due ruote nel cuore di Trento, in Valle dei Laghi e sul Monte Bondone che accoglie ogni anno migliaia di ciclisti e appassionati da tutto il mondo, per rivivere la storia di una salita mitica. “La Leggendaria Charly Gaul” rappresenta infatti una fetta di storia del ciclismo, ricordando l’epica impresa di chi, l’8 giugno 1956, fu capace di percorrere quella salita in condizioni a dir poco proibitive per qualsiasi essere umano. Gli appassionati di ciclismo e delle gesta eroiche dell’Angelo della Montagna potranno partecipare agli eventi trentini a 52 euro per correre la cronometro di

Cavedine del 6 luglio o la “Charly Gaul” dell’8 luglio, 70 euro per partecipare sia alla prova in Valle dei Laghi che ai percorsi mediofondo o granfondo de “La Leggendaria Charly Gaul” (quote valide fino al 15 aprile), e 35 euro per “La Moserissima” del 7 luglio (scadenza 30 aprile), ciclostorica in onore della famiglia Moser che fungerà da dolce intermezzo fra le prove UCI Gran Fondo World Series. A disposizione anche la possibilità di soggiornare in quel di Trento e dintorni grazie al pacchetto-offerta “Una vacanza leggendaria”, a partire da 49 euro e valido dal 5 luglio al 9 luglio: “Una vacanza che diventa gara e una gara che diventa vacanza. Vieni a vivere l’emozione dell’unica tappa italiana dell’UCI Gran Fondo World Series e godi di tutti i vantaggi offerti dalla Trentino Guest Card”. La tariffa comprende un soggiorno di una o più notti in Hotel, agriturismo o b&b con trattamento di pernottamento e prima colazione e in più, a richiesta, visita guidata al Castello del Buonconsiglio (sabato mattina a 4 euro per possessori Guest Card) ed una visita guidata al centro storico di Trento (sabato pomeriggio a 4 euro per possessori Guest Card). Trentino Guest Card è la chiave per entrare nei musei, castelli, parchi naturali e viaggiare liberamente in tutto il Trentino usufruendo del trasporto pubblico provinciale per tutta la durata della vacanza.

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GF degli Squali a cura dI Eleonora Pomponi Coletti

Pedalando in un acquario Sale l’attesa per la quarta edizione della rassegna di maggio a Cattolica e Gabicce. E allo Shark-Park, tra eventi e premiazioni, l’ospite d’onore poteva essere soltanto lo “squalo” Vincenzo Nibali

Aspettando la “tre giorni” consacrata agli Squali (dall’11 al 13 maggio) si è rimessa in moto già da diversi mesi la macchina organizzativa del grande evento ciclo-amatoriale di Cattolica e Gabicce (quest’anno valido anche come quarta Granfondo Vincenzo Nibali), uno degli appuntamenti più giovani del calendario, ma anche uno di quelli cresciuti maggiormente in questi ultimi anni. La partenza avverrà nella spettacolare cornice dell’Acquario di Cattolica, vero epicentro della manifestazione, dove si svolgeranno anche le operazioni per il ritiro dei pettorali e dei pacchi gara, le pratiche d’iscrizioni dell’ultim’ora e dove sarà collocata l’area expo che quest’anno farà le cose in grande stile. L’arrivo e la maxi festa conclusiva si 48

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terrà sempre nella suggestiva panoramica di Gabicce Monte dove, dopo l’arrivo, inizieranno le “danze” con le premiazioni protocollari per i primi tre assoluti (uomini e donne) di entrambi i tracciati, gli omaggi per tutti i finisher e le foto ricordo con Pasqualo, simpatica mascotte dell’evento, ma soprattutto con musica e tanto buon cibo, tra cui piadina romagnola e “rustida” di pesce azzurro. Poi ci si sposterà all’Acquario di Cattolica, quartier generale dell’evento, dove al ristorante Pesce Azzurro ci saranno il pranzo a base di pesce e le premiazioni di categoria e di società. La manifestazione romagnolo-marchigiana inizierà già venerdì 11 maggio. Il quartier generale sarà, come detto, all’Acquario di Cattolica, dove verrà allestito lo Shark Arena, una grande area expo con tanti espositori e nella quale

si terranno diversi spettacoli e show per tutta la famiglia, ciclistici e non. Protagonista assoluta dell’evento sarà Vincenzo Nibali, che interverrà sin dal sabato e poi la domenica pedalerà con i suoi fan. Va anche ricordato che gli organizzatori hanno stretto una convenzione con la Costa Edutainment in base alla quale tutti i ciclisti che arriveranno a Cattolica e Gabicce Mare venerdì 11 maggio e pernotteranno in uno dei quarantaquattro hotel partner della manifestazione avranno il diritto di visitare gratuitamente l’acquario di Cattolica insieme alle loro famiglie. Con le iscrizioni già a buon punto, l’obiettivo dell’organizzazione della Gran Fondo degli Squali è confermare i numeri dello scorso anno, quando i partecipanti furono 2350, per poi puntare a migliorare sempre di più.


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SCATTO D’AUTORE GIRO D’ITALIA 2017 by Bettiniphoto

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INBICI INTERVISTA.. CLAUDIO FANTINI

Claudio Fantini

“Serve un anno di lavoro per organizzare la Via del Sale” a cura di Mario Pugliese

Claudio Fantini

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Da 21 anni, il pioniere della vacanza attiva ripropone nella “sua” Cervia uno degli appuntamenti granfondistici più importanti e longevi del calendario nazionale: “La burocrazia è un dramma, ma in Italia la vera criticità sono le condizioni delle strade”. È stato uno dei pionieri romagnoli del ciclismo amatoriale, l’uomo che - prima di tutti - ha creduto nel filone aurifero delle granfondo come opportunità di sviluppo turistico e di marketing dei territori. Claudio Fantini - anima, cuore e, soprattutto, cervello della Via del Sale - organizza la sua manifestazione dallo scorso millennio, da quando i telai erano ancora in alluminio e per organizzare un evento bastava il passaparola. Oggi, con i suoi 21 anni di storia ed i quattromila partenti, la gran fondo di Cervia è uno degli appuntamenti più importanti e longevi del calendario nazionale. La macchina organizzativa, dopo anni di messa a punto, oggi è un ingranaggio quasi perfetto in grado di coniugare mirabilmente le esigenze degli sponsor e le aspettative degli atleti, il tutto mantecato con gli eventi solidali, i messaggi virtuosi e quel faro sempre accesso sulla sicurezza: “Organizzare un evento di queste dimensioni - spiega Claudio Fantini - non è mai facile, anche se, dopo aver ospitato la tappa europea dell’Ironman, Cervia ha dimostrato di avere tutte le carte in regola per or-


I magnifici scenari della Maratona dles Dolomites

ganizzare iniziative di portata planetaria. Ciò non toglie che, ogni anno, si ricomincia da zero e dunque, per quanto mi riguarda, la tensione accumulata in un anno di lavoro si allenta solo quando l’ultimo dei ciclo-amatori taglia il traguardo”. Qual è l’aspetto più complicato? “Certamente quello burocratico perché - tra permessi, assicurazioni e richieste formali - le pratiche da sbrigare ogni anno sono davvero tante, anzi direi troppe”. Ecco perché lavorate a questo evento 365 giorni l’anno… “Esattamente. La consolle organizzativa è sempre in funzione e, considerata la mole di lavoro da sbrigare, più che una scelta è una necessità. E pensare che noi, sul piano delle pratiche burocratiche, siamo anche fortunati…”. In che senso? “Ospitando, all’interno della gran fondo, il campionato nazionale delle forze dell’ordine, possiamo dire di avere una finestra di dialogo sempre aperta con le istituzioni. In questi anni, con Prefetto e Questura, abbiamo

cercato di creare un rapporto solido e continuativo che ci consentisse di acquisire, negli anni, una profonda cultura nell’organizzazione di eventi. Dopo 21 anni di esperienza, anche se non si finisce mai d’imparare, oggi posso dire che la macchina organizzativa della Via del Sale è ben collaudata”.

Anche voi puntate molto sul tema della sicurezza… “Sì e lo facciamo avvalendoci delle massime autorità in campo, come il Prefetto Roberto Sgalla col quale, nell’ambito delle iniziative collaterali della prossima granfondo, organizzeremo a Cervia un importante con-

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Poi c’è il tema caldo del codice della strada, che va riaggiornato in base alle nuove esigenze della viabilità. Cito, per tutti, l’esempio della Spagna, dove le leggi precisano in maniera chiara diritti e doveri dei ciclisti. E le multe non sono una rarità. vegno dedicato proprio alla sicurezza sulle strade”. Il 2017 è stato, in questo senso, un anno di dolorosi lutti, e non solo nel mondo del professionismo. Come si contiene questa emergenza? “Una formula magica non esiste. Per ottenere risultati tangibili occorre intervenire su tre versanti. Primo, le condizioni delle strade che resta la principale criticità per noi organizzatori. Senza una rete stradale all’altezza è quasi anacronistico parlare di temi come smart-city o trasporti ad emissione zero e, soprattutto, è complicato far attecchire in un territorio la vera cultura del cicloturismo. Poi c’è il tema caldo del codice della strada, che va riaggiornato in base alle nuove esigenze della viabilità. Cito, per tutti, l’esem-

pio della Spagna, dove le leggi precisano in maniera chiara diritti e doveri dei ciclisti. E le multe non sono una rarità. Infine, serve un dialogo costante con le istituzioni, creando sinergie con le Prefetture e le Regioni per fare in modo che le politiche a favore dell’utenza debole non restino solo proclami. Il mondo della bike-economy, come certificano tutti gli indicatori, è in poderosa espansione ma questa crescita non può non essere accompagnata da politiche all’altezza”. In Italia ci sono cinquecento granfondo all’anno. Troppe, sostiene qualcuno… “In realtà penso che il dato sia semplicemente l’approdo naturale della legge della domanda e dell’offerta. Se ci sono 500 eventi granfondistici, significa che ci sono 500 organizzatori

che, allestendo la loro corsa, quantomeno non ci perdono. E significa che, in questo paese, ci sono ciclo-amatori sufficienti per riempirli quegli eventi. Semmai, con tanti appuntamenti in calendario, un minimo di coordinamento in più non guasterebbe…”. In che senso? “Quando abbiamo deciso di spostare la Via del Sale a maggio non è stato semplice individuare una data libera da altri eventi concomitanti. Perché troppo spesso, nello stesso fine settimana, si accavallano tante manifestazioni, a volte anche a pochi chilometri di distanza. Ecco pensare ad un grande circuito, che includa le manifestazioni più importanti, governato da un’unica consolle, non mi pare una cattiva idea”.



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Gran Fondo Via del Sale

Area Expò

da record sotto i cieli di Cervia a cura della redazione

PiĂš di un chilometro di splendido lungomare interamente dedicato ai grandi marchi della bike-economy 58

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Trascorrere la domenica del 6 maggio o l’intero weekend a Cervia in occasione della Granfondo Via del Sale si traduce in un vasto ventaglio di opzioni che spigolano dallo sport alla musica, dalla vita di spiaggia ai percorsi gourmet, dagli appuntamenti per i campioni in erba alle ricche proposte del Fantini Club. (www.fantiniclub.com)

Il fitto programma della 22ª edizione è un vivace contenitore di iniziative ed eventi che soddisfano tutti i palati, in primis gli appassionati della bicicletta e le loro famiglie, ma non solo.Prima imperdibile tappa sarà la visi-

ta all’area EXPO, polo outdoor dai numeri da record, che ogni anno cresce e si snoda su un chilometro di lungomare, dove esporranno più di cento aziende di settore con tutte le loro novità da testare. Presenti all’appello brand tecnici di primo piano, con particolare at-

tenzione al settore abbigliamento ed integratori, senza tralasciare le news dei comparti accessori e bike. Anche quest’anno nessun ticket d’ingresso: accedere all’area Expo è infatti totalmente gratuito ed è un’ottima occasione per conoscere le nuove proposte di LIFESTYLE INBICI

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settore, passeggiando in relax sul lungomare di Cervia. Tra le new-entry dell’area expo citiamo Rose Bike, storico marchio tedesco che presenterà le sue bici da corsa. Perla fra le perle la nuova X-LITE, risultato di oltre 110 anni di esperienza nel mondo del ciclismo.

Presenti anche i brand storici della bike-economy, come Campagnolo, Enervit, Unipol Banca e Selle San Marco, anche sponsor della manifestazione. E porterà la firma del prestigioso marchio vicentino di selle anche il pacco gara che, a breve, verrà svelato, per la gioia di tutti i partecipanti.

L’EXPO APRIRÀ I BATTENTI • venerdì 4 maggio dalle ore 15 alle ore 20 • sabato 5 maggio dalle ore 9 alle 22.

LE ISCRIZIONI ALLA RASSEGNA SONO ANCORA APERTE, FARLO È SEMPLICE E RAPIDO, BASTA COLLEGARSI AL SITO UFFICIALE DELLA MANIFESTAZIONE E CLICCARE SUL TASTO ISCRIZIONI BEN IN EVIDENZA. LA 22° GRANFONDO VIA DEL SALE È PROVA DEI SEGUENTI CIRCUITI:

• Prestigio 2018 Campionato Nazionale ACSI • Challenge Alè • Trofeo SAP Sport Ravenna • Trofeo CESP Campionato Italiano Medici e Odontoiatri, • INBICI TOP CHALLENGE, • AIMANC Associazione Italiana Magistrati Avvocati Notai Ciclisti • Campionato Italiano ANIAC Associazione Nazionale Ingegneri Architetti CiclistiZerowind Show (Info granfondoviadelsale.com) 60

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Granfondo di Alassio

Pedalando

nella città più chic a cura di Carlo Gugliotta

Immagini Granfondo di Alassio – foto PlayFull

Malgrado il rinvio al 22 aprile, sale l’attesa per la quinta edizione della rassegna ligure. Dalla passione per il ciclismo alla naturale vocazione turistica, fari puntati su una località che ha scelto la bicicletta per promuovere i suoi splendidi territori. Vittorio Mevio: “Più che una corsa sarà una festa” Per il quinto anno torna la Granfondo di Alassio, la gara organizzata dal Gs Alpi che tanto successo ha riscosso nelle precedenti edizioni. Merito di uno scenario bellissimo (quello della Riviera ligure di Ponente) e di una città come quella di Alassio, che ben si presta ad accogliere ogni tipo di turista, anche colui che vuole scoprire il territorio a bordo della propria bicicletta. La località ligure è meta di tanti personaggi del mondo dello sport, dello spettacolo, del cinema e del teatro che ogni anno affollano la località in provincia di Savona. A testimonianza del grande via-vai di personaggi che ogni anno affollano Alassio, è nato il monumento simbolico della città, il Muretto, su idea del celebre scrittore americano Ernest Hemingway insieme a Mario Berrino, titolare del Caffé Roma. Sul Muretto di Alassio figurano anche i nomi di corridori che hanno scritto la storia del ciclismo: Andrei Tchmil, Claudio Chiappucci, Fausto Coppi, Felice Gimondi, Gino Bartali, Mario Cipol62

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lini, Mirko Celestino e Vittorio Adorni. È proprio davanti a questo storico Muretto, in Corso Dante Alighieri, davanti alle firme di questi nomi così importanti, che prenderà il via la Granfondo di Alassio. La gara è stata spostata al 22 aprile, in seguito allo slittamento della Granfondo di Laigueglia: la due giorni inizierà quindi sabato 21 aprile, quando verrà aperta l’area Expo a partire dalle 9 del mattino; nel pomeriggio, dopo la riunione pre-gara delle ore 17, ci sarà un aperitivo di benvenuto. Il giorno seguente sarà invece la giornata della gara, che prenderà il via alle ore 9. Novità fondamentale dell’edizione 2018 sarà la presenza di due percorsi, che per a prima volta vengono proposti da comitato organizzatore in questa gara. Il percorso corto presenta una lunghezza di 65 km per 1342 metri di dislivello, mentre il percorso granfondo misura 108,5 km per 2162 metri di dislivello. “La presenza di due percorsi permette davvero a tutti gli appassionati di partecipare - afferma Vittorio Mevio,

presidente del Gs Alpi - in quanto anche coloro che non dispongono di un allenamento sufficiente per poter svolgere il percorso di 108 km, possono comunque prendere parte alla nostra festa pedalando sulla distanza di 65 km. Questa idea è nata proprio per permettere a tutti di partecipare e di conoscere questo fantastico territorio”. Dopo un avvio sul mare, nel quale i corridori toccheranno Laigueglia, Marina di Andora e Diano Marina, una volta a Imperia svolteranno verso l’entroterra ligure: trovare un metro di pianura è impossibile, anche nel finale, in quanto la conclusione sarà in quota al Santuario di Nostra Signora della Guardia, località che ha ospitato anche l’arrivo della tappa del Giro d’Italia nel 2007. L’ascesa è lunga, e diventa micidiale negli ultimi due chilometri, dove la pendenza supera il 10%. Sul sito ufficiale della manifestazione, www.granfondoalassio. it, è possibile scaricare le tracce GPS, consultare le convenzioni alberghiere e iscriversi alla gara.


UCI Gran Fondo World Series sono le Serie in cui i ciclisti dilettanti e masters possono qualificarsi per i Campionati del Mondo Gran Fondo UCI. Se finiscono nel primo 25% del loro gruppo di età, hanno diritto di correre per la maglia iridata UCI ambita per ogni gruppo di età. Le serie sono accessibili senza nessuna licenza. I Campionnati del mondo Gran Fondo UCI si svolgeranno a Varese in Italia dal 28 Agosto al 2 Settembre 2018.

IL CALENDARIO 2018

9-10 Set 2017 17 Set 17 30 Set - 1 Ott 17 15 Dic 17 23-25 Mar 2018 23-25 Mar 2018 7 Apr 2018 8 Apr 2018 13-15 Apr 2018 21-22 Apr 2018 12-13 Mag 2018 20 Mag 2018 26 Mag 2018 2-3 Giu 2018 8-10 Giu 2018 14-16 Giu 2018 23-24 Giu 2018 6-8 Lug 2018 7-8 Lug 2018 7-8 Lug 2018 8 Lug 2018 28 Ago - 2 Set 2018

Poznan Bike Challenge Amy’s Granfondo Tre Valli Varesine Dubai First Gran Fondo Cyprus Granfondo Tour de Bintan Forrest Grape Ride Granfondo Golfe de Saint Tropez Kos Gran Fondo B2B Cyclo Sportif Challenge Granfondo Antalya Cheaha Challenge Granfondo Schleck Granfondo Tour of Cambridgeshire Maraton Franja Grey County Road Race Gran Fondo Denmark La leggendaria Charly Gaul UCI San Luis Potosi Niseko Classic Granfondo Ezaro Campionati del Mondo Granfondo UCI

QUALIFICAZIONI PER 2019

8-9 Set 2018 16 Set 2018 6-7 Ott 2018

Poznan Bike Challenge Amy’s Granfondo Tre Valli Varesine

Poznan, Polonia Lorne, Australia Varese, Italia Dubai, EAU Pafos, Cipro Bintan, Indonesia Marlborough, Nuova Zelanda Saint-Tropez, Francia Kos, Grecia Bathurst, Australia Antalya, Turkia Jacksonville, AL, Stati Uniti Mondorf Les Bains, Lussemburgo Peterborough, Inghilterra Ljubljana, Slovenia The Blue Mountains, ON, Canada Grinsted, Danimarca Trento, Italia San Luis Potosi, Messico Niseko, Giappone Ezaro, Spagna Varese, Italie

Poznan, Polonia Lorne, Australia Varese, Italia

www.ucigranfondoworldseries.com


Gran Fondo Liotto

Omaggio a una dinastia a cura della redazione

Il prossimo 22 aprile a Vicenza la 20a edizione della manifestazione intitolata alla storica famiglia di costruttori

“Solo per pedali sopraffini”. Lo slogan, scolpito in calce nei promo dell’evento, riflette in maniera esemplare la storia e la filosofia della Gran Fondo Liotto che, il prossimo 22 aprile, nella naturale cornice della città di Vicenza, celebrerà la sua ventesima edizione. Si rinnova, dunque, un grande evento di sport, nato per rendere omaggio ad una storica dinastia di costruttori di biciclet64

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te, un fiero baluardo del “made in Italy” che – contrapponendosi ai colossi della grande distribuzione orientale - continua a rappresentare, in tutto il mondo, un simbolo iconografico dello stile italiano. Quella della famiglia Liotto, del resto, è una storia che parte da lontano, quasi un secolo fa, nel lontano 1922 per la precisione, grazie all’antesignano Luigi Liotto, un ex bersagliere che, nel primo dopoguerra, intraprese con passione l’attività di riparatore di biciclette. Il fi-

glio Gino ne seguì fedelmente le orme, sviluppando la passione del padre ed apprendendo le conoscenze tecniche che faranno della “Cicli Liotto” un’eccellenza assoluta del genio italico, anche grazie al “proseguimento dell’opera” dei figli Pierangelo, Doretta e Luigina. La Granfondo nasce proprio con questa finalità: ricordare a tutti gli appassionati del pedale la genesi, lo sviluppo ed il consolidamento di un marchio che non si è mai svenduto alle logiche del


business e che ha continuato a fare impresa secondo i dettami di Gino, il Da Vinci delle biciclette, l’uomo che – con perizia e lungimiranza - ha tramandato ai posteri l’arte ed i segreti di un’artigianalità da difende e valorizzare: “In effetti – conferma Luigina Liotto – questo evento nasce, in primis, per la grande passione che la mia famiglia ha sempre avuto per il mondo della bicicletta. C’è chi dice che le granfondo siano un affare per chi le organizza… sarà, ma per noi è esattamente il contrario visto che, sul piano economico, investiamo tanto e certamente non raccogliamo in proporzione. Ma, ripeto, non lo facciamo per business. Organizziamo questo evento mossi unicamente dalla passione”. Quella passione che, una decina d’anni fa, spinse la sua famiglia a rilevare la granfondo di Valdagno, rilanciandola alla grande come Gran Fondo Liotto: “Era un bell’evento – ricorda Luigina - ma terribilmente bisognoso di ‘ossigeno’. Ci abbiamo investito tempo e risorse, aggiornando la formula e avviando un significativo refresh all’immagine. Oggi gestiamo un evento in cui la sicurezza è garantita al 100% e in cui il ciclista è sempre al centro dell’attenzione”. Per l’edizione del ventennale, Luigina Liotto promette una sorpresa (“riservata a tutti coloro che termineranno la corsa”) ed un

pacco gara interamente made in Italy: “È una scelta di coerenza – spiega – perché, da sempre, preferiamo far lavorare le nostre aziende rispetto a qualche realtà esotica”. Del resto, il made in Italy per il marchio Liotto non è uno slogan da sbandierare ai quattro venti, ma una filosofia reale da applicare, con coerenza e scrupolo, in tutte le fasi delle filiera produttiva: “Sul piano della sostenibilità economica – ammette – la sfida è durissima, ma copiando lo slogan di altri, dico che anche noi ci sentiamo dei veri ‘artigiani della qualità’ e la soddisfazione di avere un prodotto certificato made in Italy è infinitamente superiore rispetto a quella di guadagnare qualcosa in più importando telai dalla Cina. Per altro sono convinta che in futuro i ciclisti richiederanno sempre con maggiore convinzione le biciclette artigianali italiane, perché sono prodotti di qualità impareggiabile, lontani anni luce dagli articoli omologati della grande distribuzione”. Intanto, proseguono a gonfie vele le iscrizioni, tanto che il comitato organizzatore invita gli appassionati ad affrettarsi perché i dorsali a disposizione sono sempre di meno e il 22 aprile non è così distante. Iscriversi, del resto, è semplicissimo: basta collegarsi al sito ufficiale www. granfondoliotto.it e, nel menù Iscrizioni, si trovano tutti i passaggi per accedere

al portale sms-sport o per raggiungere la sede della Liotto con gli orari di apertura: “Lo scorso anno – conclude Luigina Liotto – raggiungemmo le 1800 iscrizioni. Quest’anno, anche se il settore delle granfondo mi pare più contratto, il numero di iscritti, se il meteo ci assiste, dovrebbe essere più o meno lo stesso. In ogni caso, per noi è importante che l’evento si trasformi in una grande festa, un’occasione per condividere con tanti amici la passione per la bicicletta ed il piacere dello stare assieme. Oltre ad essere organizzatori, infatti, noi siamo anche dei ciclo-amatori che, nei ritagli di tempo, qualche granfondo se la concedono. Sappiamo che cosa i ciclisti desiderano e, con tutto l’amore possibile, cerchiamo di trasferire la nostra esperienza in questo evento”. Grande novità dell’edizione del ventennale sarà la ciclo-pedalata del giorno prima (21 aprile) con partenza alle ore 8.45 da Capo Marzo. Al grido di “senza fretta”, i ciclisti sfileranno su un percorso di circa 50 km (dislivello complessivo di 280 metri) lungo la strada dei vini dei Colli Berici. Nel pomeriggio (dalle 15.30) a Campo Marzo protagonisti saranno i bambini con l’iniziativa “Meccanico per un giorno” e l’animazione del gruppo Doctor Clown Vicenza Onlus.

Immagini della Granfondo Liotto edizione 2017 – foto Newspower


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SCATTO D’AUTORE TOUR DOWN UNDER 2018 by Bettiniphoto

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Team Matteoni

La quiete prima della battaglia a cura della redazione

Gli atleti del settore Racing in ritiro a Ca’ Virginia per preparare al meglio le fatiche di una stagione che si annuncia particolarmente intensa

Non siamo (ancora) nel World Tour, ma l’organizzazione logistica del Team Matteoni, al suo debutto nel settore racing, non ha davvero nulla da invidiare ad un team di professionisti. Dopo la scrupolosa preparazione indoor, effettuata al centro Functional Academy di Elia Venturi dove – seguendo programmi atletici all’avanguardia - sono state gettate le basi per una condizione fisica ottimale, con l’inizio della bella stagione, la squadra proseguirà i suoi allenamenti all’aria aperta. E per ottimizzare le tabelle di preparazione e garantire a tutti gli atleti un training perfetto, Morena Matteoni ha scelto per il ritiro primaverile della squadra un’altra struttura d’avanguardia: il country house Ca’ Virginia di Montecalvo in Foglia, una delle location bike-friendly più note d’Italia. Incastonata tra le campagna di Pesaro 68

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e Urbino, questo rustico padronale del 14° secolo è l’habitat ideale per svolgere una preparazione sportiva perfetta, tanto che qui, nel corso dell’anno, si ritrovano spesso anche team professionistici. E così, per tre giorni – dal 23 al 25 marzo – il Team Matteoni si preparerà nelle campagne delle tipiche colline del Montefeltro, a pochi passi da urbino. Un ambiente unico, dove la cultura, la storia e l’ambiente naturale pervadono ogni scorcio del panorama: “Quest’anno – spiega Morena Matteoni – le esigenze di una parte del team sono radicalmente cambiate. Avendo puntato anche sul settore racing c’era la necessità di pianificare una preparazione atletica più seria e strutturata. Per questo ci siamo affidati a due realtà di grande valore: durante l’inverno la Functional Academy di Elia Venturi dove, grazie a macchinari d’avanguardia e seguendo tabelle prestabilite,

ogni ciclista si è allenato in maniera specifica migliorando funzionalmente ogni singolo segmento corporeo; adesso, con i primi refoli di primavera, il country house Ca’ Virginia, il luogo ideale per cementare lo spirito di squadra e per preparare al meglio, anche sul piano mentale, gli impegni di una stagione che si annuncia particolarmente intensa. L’obiettivo, come abbiamo sempre detto, è quello di mettere i nostri atleti nella condizione ideale per allenarsi al massimo delle loro potenzialità, creando quelle opportunità di crescita fisica e psicologica che un progetto di questo tipo richiede”. Dal 23 al 25 marzo, dunque, tra boschi di acacie, querce e faggi, radure e corsi d’acqua, il Team Matteoni preparerà la sua prima stagione racing. Difficile dire come andrà, ma di certo – sul piano dell’organizzazione – Morena Matteoni ha fatto davvero le cose in grande.


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La Moserissima

Tornano i cavalli

d’acciaio a cura della redazione

Dopo la “pax” con Saronni dello scorso anno, il 7 luglio si rinnova l’appuntamento con la gara consacrata al più vittorioso ciclista italiano. E tra maglie di lana, caschi in cuoio, puntapiedi e cinghiette, nel nome del grande Francesco Moser, andrà in scena un altro suggestivo “amarcord” sui pedali “Ho vinto spesso, qualche volta ho perso, ma non ho mai partecipato”. Recita così la copertina del libro di Francesco Moser “Ho osato vincere”, l’atleta che in bicicletta è riuscito a trionfare più di ogni altro ciclista italiano, dal Mondiale su pista del 1976 a quello su strada del 1977, dalle tre Parigi-Roubaix inanellate fra il 1978 e il 1980 70

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alla vittoria al Giro d’Italia del 1984. Un successo dopo l’altro per un corridore che ha fatto della tenacia la propria forza, ben “rappresentata” ai giorni nostri da “La Moserissima” del 7 luglio e dedicata all’ex (ma neanche tanto) ciclista trentino, che lontano dalla bicicletta non sa proprio stare. L’infanzia contadina a Palù di Giovo, in Trentino, diede inizio ad una lunga storia, fino ai duelli con

Merckx e alla rivalità con Saronni, con l’assolata “La Moserissima” dello scorso anno a sancire ufficialmente (ma anche un po’ a denti stretti…) la “pace” tra “Lo Sceriffo” Francesco Moser ed “Il Bimbo” Giuseppe Saronni, due che per anni hanno diviso il tifo degli italiani, regalando battaglie sportive memorabili sulle strade di tutto il mondo e che lo scorso luglio brindarono finalmente in amicizia.


All’appuntamento del Giro d’Italia d’Epoca era presente anche la famiglia Moser al gran completo, con al via campioni (poiché non è corretto chiamarli ex) quali Renato Laghi, Simone Fraccaro, Palmiro Masciarelli, Filippo Pozzato, Imerio Lucchini, Imerio Massignan, Roberto Poggiali, Claudio Torelli, Luciano Armani, Stefano Giuliani ed il prode Marino Basso a sfrecciare sulla sua fiammante Bianchi anni ’70. La manifestazione trentina fu occasione per molti appassionati di effettuare una ‘passeggiata storica’ in bicicletta assieme a questi grandi campioni, possibilità che si ripresenterà anche quest’anno, intermezzando la velocissima cronometro di Cavedine e “La Leggendaria Charly Gaul” della giornata successiva, sempre sotto la regia organizzativa di APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi e ASD Charly Gaul Internazionale. Maglie in lana, caschi in cuoio, puntapiedi e cinghiette, pantaloncini d’un tempo e biciclette fabbricate rigorosamente prima del 1987 saranno i diktat de “La Moserissima”, ancora una volta in partenza da Piazza Duomo a Trento. I precetti della manifestazione sono tutt’altro che agonistici, una cavalcata in abbigliamento d’epoca volta a ricor-

dare anche i primati di Moser e non solo le singole vittorie, come quando impresse indelebilmente il record dell’ora a Città del Messico nel 1984 a trentatré anni, nonostante fossero in molti a considerarlo ormai ‘sul viale del tramonto’. Moser, invece, anche in quell’occasione, si rivelò un innovatore capace di proiettare le due ruote a pedale nel futuro ma anche di sperimentare nuovi metodi d’allenamento. Anche tornare indietro nel tempo è “innovare”, rispolverando dalla soffitta la memoria e quegli antichi cavalli d’acciaio sui quali sembra incredibile potessero sfrecciare i corridori di qualche decennio fa. Attrezzi che dovevano essere anche a misura d’uomo, come raccontò lo scorso anno un appassionato vicentino il quale, a causa della propria altezza, dovette ordinare una bicicletta d’epoca direttamente dalla Scandinavia, dove le possibilità che i possessori fossero di una certa statura erano decisamente più elevate. Da poche settimane è uscita anche la versione definitiva del calendario 2018 del Giro d’Italia d’Epoca, l’unico Circuito Nazionale dedicato esclusivamente alle biciclette d’epoca, del quale “La Moserissima” rappresenta l’unica tappa del Trentino-Alto

Adige. Numerose le novità proposte, come la suddivisione del calendario in due aree territoriali (area nord e area centro-sud), venendo anche incontro alla richiesta degli atleti di avere trasferte più contenute anche dal punto di vista dei costi di viaggio. “La Moserissima” 2018 farà ovviamente parte dell’area nord, ma attirerà appassionati da ogni angolo dello stivale, d’altronde l’esperienza di correre fianco a fianco col ciclista italiano più vincente di sempre non è di tutti i giorni. Se i “cavalli d’acciaio” sono tornati ad avere un’anima, il merito è anche suo. Iscrizioni a 35 euro fino al 30 aprile.

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// MENTE IN SELLA

Mental training la potenza invisibile delle emozioni a cura di Claudia Maffi

credit bettiniphoto

Ansia da prestazione, stress da vigilia e scarsa attitudine a fronteggiare l’imprevisto. Così la mente - se non adeguatamente allenata può deprimere una performance

Pensaci. Ti è mai capitato di finire una gara un po’ deluso perché non sei riuscito ad esprimerti come avresti voluto? Una gara in cui, magari, sapevi che avresti potuto dare di più ma, per qualche ragione apparentemente ignota anche 72

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a te stesso, non sei riuscito a farlo? A fine gara - nell’ascoltare i commenti dei corridori delusi dalla propria performance - raramente mi capita di sentir dire “oggi non è andata, fisicamente non ero in forma”. Piuttosto è frequente sentir dire: “oggi non è andata, non c’ero con la testa!”,

imputando così il risultato ottenuto proprio a quella parte di scibile umano interiore all’atleta, non visibile. Peccato che proprio questa “GARA INTERIORE”, responsabile della maggior parte delle performance insoddisfacenti dei bikers, sia troppo spesso così trascurata.


Chi è la Dott.ssa Claudia Maffi

Psicologa dello sport. Laureata in Psicologia all’università Cattolica, specializzata in psicologia dello sport presso Psicosport di Milano. Conosciuta nel mondo sportivo come Psicologa dello sport e Mental Training per atleti. Infatti, la tendenza degli atleti è quella di pensare che non ci si possa fare nulla, proprio perché la mente è considerata una parte “intangibile”, non misurabile e dunque non allenabile come il resto del corpo. Grave errore! La psicologia dello sport, in realtà, è una SCIENZA e ci dimostra che questa parte MENTALE, che determina la qualità della performance in gara, è in realtà perfettamente allenabile. Dunque, cari ciclisti, non disperate. Il Mental training è un insieme di tecniche e strategie mentali, messe a punto dai ricercatori in psicologia dello sport, che vi aiutano ad AFFRONTARE e VINCERE quella gara interiore che spesso determina l’esito della vostra performance in gara. CIÒ CHE NELLE GARE NON SI VEDE... MA COMANDA IL TUTTO! Molti ciclisti, nel prepararsi ad una gara, ragionano esclusivamente in termini di watt, potenza, forza, tecnica

ed ogni giorno allenano ciascuno di questi elementi. L’obiettivo è arrivare all’appuntamento agonistico sperando nella performance ottimale che metta a frutto i miglioramenti derivanti dalla costanza di un allenamento settimanale. Scelta impeccabile. La preparazione fisica e tecnica, in effetti, è la base per affrontare le gare e richiede attenzione e cura in ogni dettaglio. Ma se vuoi esprimerti al massimo nella performance, da sola questo tipo di preparazione NON BASTA! Molti ciclisti ben allenati e preparati, infatti, si presentano il giorno della gara carichi di aspettative e intimoriti dall’idea di deluderle: atteggiamento mentale che, frequentemente, favorisce un livello di attivazione più alto di quello ottimale con il rischio di sviluppare tensione psico-fisica eccessiva. Se il corridore non si è MENTALMENTE PREPARATO ad affrontare possibili imprevisti ed evoluzioni inedite della gara, il rischio è che - alle prime difficoltà - inizierà

ben presto ad utilizzare un dialogo interiore negativo perdendo concentrazione e sincronia. Se manca un lavoro di potenziamento sulla percezione di auto-efficacia, il biker sarà più soggetto a perdere fiducia nelle proprie capacità, interpretando così ogni suo errore in gara come la conseguenza di una preparazione fisica inadeguata. Pensaci. Quanto tempo dedichi, nel corso della stagione, alla tua preparazione fisica e tecnica e quanto tempo dedichi all’allenamento mentale? Ricorda: il primo passo per “spostare il limite” parte sempre dalla testa.

Ti piacerebbe imparare delle tecniche di Mental Training per ottimizzare la tua performance in gara? Contattami all’indirizzo mail info@claudiamaffi.it Visita il mio sito www.claudiamaffi.it

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SCATTO D’AUTORE CRITERIUM DU DAUPHINE 2017 by Bettiniphoto

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3EPIC CYCLING ROAD

Il sogno

dei grimpeur a cura della redazione

Alla scoperta di tutte le salite cronometrate in programma il prossimo 10 giugno ad Auronzo di Cadore Tutto ebbe inizio nel 2015 quando qualcuno pensò che la straordinaria bellezza delle Tre Cime di Lavaredo, la salita leggendaria del ciclismo, non poteva non avere una sua Granfondo anzi, una sua Grandonnèe, così è stata infatti coniata, fin dalla prima edizione, la 3Epic Road. La formula della Granfondo, del pronti via, era del tutto inadeguata alla bellezza di tali luoghi, 76

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sarebbe stato un vero e proprio affronto a questo patrimonio che la natura ci ha regalato per essere assaporato lentamente ed educatamente. Nasce così il format delle salite cronometrate che, nella prima edizione, non ha suscitato molto interesse (i partecipanti sono stati poco più di 600) come tutte le novità del resto. Ma già alla seconda edizione il numero dei partecipanti era più che raddoppiato.Questa formula particolare è molto apprezzata dagli atleti stranieri e meno dagli italiani. Ma crediamo sia solo questione di tempo, perchè la vera natura di questi eventi sta nel puro piacere di pedalare in luoghi incantevoli e in totale sicurezza. La sicurezza, appunto, un aspetto a volte trascurato da chi partecipa e organizza le Granfondo quando invece deve stare al di sopra di tutto. Il cambio di rotta però è già iniziato: dopo la 3Epic è arrivata la Santini Stelvio e ancora la San Gottardo, che ha da sempre adottato questa formula delle

salite cronometrate e la Granfondo di Roma anche se, in questo caso, è un po’ improprio parlare di salite vere e proprie. Ma esaminiamo, nel dettaglio, tutte le salite cronometrate della 3Epic Cyclong Road 2018 PASSO DI SANT’ANTONIO DANTA DI CADORE Partenza Auronzo di Cadore Lunghezza 10,5 km Quota di partenza 844 msm Quota di arrivo 1377 msm Dislivello 533 m Pendenza media 5,0 % L’ascesa verso questo passo che mette in comunicazione la Valle dell’Ansiei con il Comelico, dopo un breve e facile tratto iniziale, si fa aspra superando nei successivi 5 km quasi l’intero dislivello, con una pendenza media del 9,1%. La strada sale nella stretta e boscosa valle del torrente Diebba, superando ben 14 tornanti e - man mano che si sale - il panorama si apre vero il


sottostante Lago di Auronzo. Il trasferimento verso Danta di Cadore è una distensiva passeggiata che consente di riprendere il fiato e di ammirare i panorami verso il Comelico e le Dolomiti di Sesto. La carreggiata è larga e con un asfalto in buone condizioni. VAL VISDENDE – FORCELLA ZOVO Partenza Ponte sul Piave - Presenaio Lunghezza 10,3 km Quota di partenza 1013 msm Quota di arrivo 1602 msm Dislivello 589 m Pendenza media 5,7% L’amena conca della Val Visdende, nel cuore del Comelico, è celebre per l’ambiente incontaminato e la grandiosità dei suoi spazi: l’isolamento garantito dalla stretta e impervia gola del Piave di Visdende, principale via d’accesso alla valle, ha preservato questo luogo dal turismo di massa mantenendone intatta la bellezza originaria, talmente apprezzata da guadagnarsi l’appellativo di “Tempio di Dio, inno al Creatore”. Dal Ponte sul Piave la strada si inerpica per circa un chilometro per poi proseguire in discesa ed affrontare circa due chilometri di severa salita, giungendo al parcheggio di Cimacanale. Qui ha inizio un falsopiano di un paio di chilometri che ci conduce al bivio per Pra Marino. Da qui ampi panorami ci accompagnano per tutta la parte centrale dell’itinerario, che continua in piana La Fitta dove la strada è resa impegnativa da alcune difficili rampe che ci porteranno a Forcella Zovo, affrontando l’ultimo chilometro su sterrato ben battuto. COSTALISSOIO Partenza Campitello Lunghezza 2,8 km Quota di partenza 978 msm Quota di arrivo 1227 msm Dislivello 249 m Pendenza media 8,8% La salita prende il nome dall’omonimo paese, sede di arrivo, che si sviluppa sulla costa sud est del Monte Zovo, circondato dalle Alpi Carniche. È il classico “muro”, relativamente breve, ma con pendenza media che sfiora il 10% con punte del 15/16%. Un’arrampicata per scalatori puri in un contesto am-

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bientale unico. Si parte da Campitello, salendo per una buona strada che ci fa attraversare il bel borgo di Casada. Alzando lo sguardo di fronte a noi si stagliano a Sud i Brentoni e il gruppo della Terza, mentre a nord le Dolomiti di Sesto. Verso Ovest, in posizione panoramica e soleggiata, il paesino di Danta, già attraversato dopo il passo Sant’Antonio. La strada, in buono stato di manutenzione, è immersa in un pendio erboso contraddistinto da 8 tornanti. PASSO DI SANT’ANTONIO Partenza Padola Lunghezza 3,8 km Quota di partenza 1229 msm Quota di arrivo 1487 msm Dislivello 258 m Pendenza media 6,7% Una salita breve ma aspra e irregolare, da non sottovalutare. Il passo di Sant’Antonio, fino agli anni della Grande Guerra, era di fondamentale importanza per le valli comelicesi, in quanto prima della strada carrabile (costruita nella valle del Piave) era l’unico sbocco verso sud per queste zone. Si snoda in un ambiente silenzioso, lontano dai flussi turistici più importanti, circondato da densi boschi e verdissimi prati. La parte finale della salita è un dolce preludio per l’altopiano, dove i prati utilizzati dai pastori per l’alpeggio e un insieme di stalle e rustici creano un ambiente suggestivo e affascinante. La salita si svolge prevalentemente all’ombra su fondo asfaltato in discrete condizioni. MISURINA Partenza Reane - Auronzo Lunghezza 22,5 km Quota di partenza 867 msm Quota di arrivo 1747 msm Dislivello 880 m Pendenza media 3,9% Una salita lunga, inizialmente dolce, da passisti, in lieve salita fino a Palus, poi diventa aspra per l’impegno fisico che richiede e affascinante per gli scenari imponenti che propone. Il primo tratto di salita è facile e si snoda nel foltissimo bosco fino alla Foresta di Somadida. Quella successiva, che conduce

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all’Albergo Cristallo a Federa Vecchia, risulterà essere la più impegnativa, con una media del 10% e punte nettamente superiori. Successivamente, una serie di tornanti porteranno al bivio di Dogana Vecchia in un conteso ambientale straordinario con l’anfiteatro del Sorapis e la sagoma del Cristallo, ricca di campanili e guglie. Le pendenze, pur non essendo trascurabili, si fanno un po’ meno impegnative. Al bivio la strada gira a destra e, dopo un paio di chilometri abbastanza impegnativi e dopo aver percorso il pianeggiante lungolago, si giunge a Misurina. TRE CIME DI LAVAREDO RIF. AURONZO Partenza Misurina Lunghezza 6,8 km Quota di partenza 1752 msm Quota di arrivo 2320 msm Dislivello 568 m Pendenza media 8,3% Un’ascesa ai confini del cielo, una di quelle che restano nei ricordi di tutti i ciclisti che l’affrontano, perché risulterà essere un’impresa… Epica! Come tutte le imprese è dura e faticosa, ma anche impareggiabilmente

bella ma, soprattutto, indimenticabile. Si parte dal Lago di Misurina per affrontare, dopo un breve tratto semplice, la ripidissima rampa che conduce al Lago d’Antorno, forse la più dura di tutta la salita con una pendenza media del 12,5%. La visione delle Tre Cime di Lavaredo che si specchiano sul lago sarà un’immagine da ricordare. Per circa 1700 metri la strada prosegue in leggera discesa, fino ad oltrepassare il casello per il pedaggio dei mezzi a motore. Da Malga Rimbianco la strada sale improvvisamente e bruscamente: da qui al rifugio Auronzo, 4 lunghissimi chilometri con una pendenza media del l’11,7 e punte del 16%. La salita è tutta al sole, la sede stradale è molto larga e in ottimo stato. Lo scenario che si apre - una volta raggiunta la meta - è semplicemente fantastico. Ci troviamo ai piedi della Cima Ovest e lo sguardo può spaziare dal Paterno alle Marmarole, dal lago di Auronzo ai Cadini e al Sorapis, dal Cristallo alla Marmolada… un giro d’orizzonte degno di un Patrimonio dell’Umanità!

foto credit ©nicolabombassei


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// L’INTERVISTA

IL PUNTO DI VISTA

L’altra metà del cielo a cura di Gian Luca Giardini

Sono più determinate, più tenaci, mentalmente più solide e sanno organizzarsi con i tempi. Per queste - ed altre mille ragioni anche nel ciclismo… il futuro è donna!

A dare una spinta fortissima all’aumento dei praticanti del nostro sport preferito concorrono, in maniera determinante ed ora più che mai, le donne! In linea teorica sono il 50% della base e già questo dato, all’apparenza trascurabile, è un indizio interessante da cui partire. Ormai il ciclismo non è più lo sport del “ciao Mama”, ma un vero e proprio fenomeno di costume. Con le sue mode, le sue tendenze e, diciamolo pure, con un appeal crescente anche in ambienti apparentemente più snob ed elittari. E quando uno sport ed un ambiente diventano fashion, immancabilmente le donne ne vengono attratte. La grande differenza rispetto ad altri ambienti è che ne diventano velocemente parte integrante, a volte con passione molto superiore ai maschi. Ne vengono letteralmente travolte. Trascinando così altre cicliste e conseguente-

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Chi è Gian Luca Giardini Giornalista sportivo esperto di ciclismo, Conduttore televisivo del programma “Inbici passione sui pedali”.

mente altri uomini… Per l’altra metà del cielo non esistono problemi di distanza, di meteo o d’orario! Loro, a differenza di noi uomini, sono già allenate a fare molte cose contemporaneamente, figuriamoci cosa ci vuole ad organizzare un’uscita in bicicletta! La scusa che non vogliono sentire è: non ho tempo! Non è contemplato nel loro vocabolario, e ci sono dimostrazioni palesi. Nella convulsa Milano, ad esempio, vive Alberta, avvenente ultra cinquantenne, creativo pubblicitario e mamma di una ventenne e che è divenuta ciclista proprio in occasione del parto. Gli fu regalata una bicicletta da corsa che velocemente gli ha fatto dimenticare i suoi trascorsi giovanili nel basket, per passare gradatamente da brevi passeggiate lungo il Naviglio a gite in collina, per sfociare nella Maratona delle Dolomiti. Si allena 3-4 volte a settimana percorrendo 6-8000 km l’anno. Quando può con il suo gruppo “Turbolento” oppure in solitaria, con la sola compagnia di una fiammante Cinelli Superstar con freni a disco! Molto esperta di gite autogestite, amerebbe poter partecipare ad un viaggio organizzato in luoghi accattivanti... e prima o poi lo farà, vedrete! Sulla stessa lunghezza d’onda Katia, 47enne di Torino, sposata e customer service di un’importante azienda. Nel 2000 ha iniziato con lo spinning tre volte a settimana, poi è passata alla MTB, quattro anni fa l’approccio con la “più elegante” bici da strada! È partita subito forte; una Bianchi, poi una Pinarello ed ora una BMC con cambio elettronico e freni a disco. Praticamente il top dell’equipaggiamento! Esce spesso da sola o con un amico, non partecipa a gare ma preferisce godersi il paesaggio improvvisando i percorsi. E comunque, i capi rari e molto tecnici, con gli abbinamenti curati, non gli impediscono di percorrere 8000

km l’anno. Bello anche l’esempio di Beatrice, graziosa 32enne albergatrice veronese con un breve passato nelle categorie giovanili. Dopo qualche anno di assopimento, il regalo della Taurus del nonno le ha riacceso la passione. In sella alla sua De Rosa Protos percorre 7/8000 km l’anno e partecipa ad una decina di gran fondo, gli piace prender parte a vacanze ciclistiche organizzate, questo anche per motivi professionali (e come motivazione non è affatto male!). Naturalmente anche lei ritiene l’importanza del look in bicicletta fondamentale! La più ruspante e pragmatica Cristina, romagnola purosangue, sostiene che la frase “non ho tempo per allenarmi non deve esistere”. E dobbiamo dire che lei ne è la prova vivente: 47enne con un marito, due figlie adolescenti ed una casa da seguire, lavora part-time in una gelateria e nel tempo libero dà una mano

nell’agenzia assicurativa del marito. Da oltre 25 anni pratica il cicloturismo, partecipa ad una decina di gran fondo tra le più belle ed impegnative, percorre sulla sua Bianchi fiammante almeno 20.000 km l’anno. Rigorosamente con la sua divisa completa degli “Aquilotti Cervia”. Un mito! Ma come fa? Semplice: “mi alzo un’ora prima…”. Intervistando queste ragazze mi ha colpito una affermazione di Katia che sintetizza benissimo i sentimenti di tutte quante: “Quando esco in bici mi sento benissimo, appagata! Dopo una salita, la discesa è tutta un sorriso. È la mia valvola di sfogo!”. Noi uomini sosteniamo spesso di non aver tempo per allenarci e quelli che vanno più forte lo fanno esclusivamente perché sono più liberi... Invece, tante volte, i limiti sono unicamente dentro di noi.

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SCATTO D’AUTORE TOUR DOWN UNDER 2018 by Bettiniphoto

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// COME NUTRIRSI

Gel Idroelettrolitici: gli alleati dell’idratazione a cura del dott. Alexander Bertuccioli

Carenza di acqua e di sali minerali durante una gara? La ricerca ci offre una soluzione in più L’importanza della corretta idratazione per chi esegue attività fisica, soprattutto per l’atleta, rappresenta un elemento d’importanza ormai consolidata. Infatti, considerando che l’intero organismo di un adulto è composto per almeno il 60% da acqua e il tessuto muscolare addirittura per un 75%, 84

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risulta di facile comprensione come alterazioni nel contenuto di fluidi o di elettroliti (volgarmente conosciuti a livello generale come Sali minerali) rappresenti una chiara criticità. Basti pensare che una riduzione dell’idratazione intorno al 2-3% è correlata ad una riduzione della forza contrattile fino al 10% e della velocità di contrazione fino all’8% circa. Nel tentativo di evitare queste situazioni, da anni l’utilizzo di bevande idro-elettrolitiche - contenenti cioè, oltre ad acqua, anche i sali minerali normalmente persi nel processo di sudorazione in proporzioni idonee a

favorirne l’assorbimento - rappresenta un elemento fondamentale a sostegno della performance. L’utilizzo di questi prodotti tecnici, soprattutto nelle prestazioni di lunga durata, viene preferibilmente alternato all’utilizzo di sola acqua, in quanto più favorevole nell’evitare fenomeni avversi dal punto di vista gastro-intestinale. Spesso e volentieri quindi l’idratazione deve essere un elemento programmato nel corso della gara, valutando a priori quelle che potrebbero essere - in linea di massima - le necessità in termini di acqua e di bevanda tecnica. Questa pianificazione non sempre


Chi è Dr Alexander Bertuccioli Biologo nutrizionista Perfezionato in Nutrizione in Condizioni Fisiologiche DISB - Scuola di Scienze Biomediche, Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo” Comitato scientifico Associazione Italiana Fitness e Medicina – Comitato scientifico Federazione Italiana Fitness.

riesce in modo ottimale e quindi non è raro trovarsi nel bel mezzo di una prestazione o, peggio che mai, nelle fasi finali della contesa sprovvisti del necessario apporto idrico e costretti dunque a dover surrogare “con mezzi di fortuna” tamponando la situazione con “quello che si trova”. Recentemente l’industria del nutraceutico ha messo a disposizione una nuova soluzione che può, nel caso del ciclismo, rappresentare un’ottima soluzione di emergenza per una reidratazione veloce, eventualmente integrabile con il solo consumo di semplice acqua: i gel idro-elettroliti. Questi prodotti si affiancano ai già consolidati gel glucidici (ovvero a base di carboidrati) e sono composti essenzialmente da una matrice costituita da acqua gelificata a cui sono aggiunti i principali elettroliti consumati in corso di attività fisica:

L’utilizzo di questi prodotti tecnici, soprattutto nelle prestazioni di lunga durata, viene preferibilmente alternato all’utilizzo di sola acqua, in quanto più favorevole nell’evitare fenomeni avversi dal punto di vista gastro-intestinale.

SODIO: componente fondamentale nel bilancio idrico e , in equilibrio con il potassio, degli scambi si sostanze a livello cellulare, funzionale al mantenimento e all’ottenimento di un corretto stato di idratazione POTASSIO: complementare al sodio nella gestione del bilancio idrico e negli scambi cellulari di sostanze e di fluidi CLORURO: Dagli effetti simili a quelli del sodio, svolge ruoli sovrapponibili e complementari, in natura spesso si ritrovano associati CALCIO: Essenziale insieme al magnesio nella modulazione di una corretta dinamica di contrazione muscolare, la sua carenza potrebbe essere associata ad una riduzione nell’efficacia contrattile e nella trasmissione nervosa FOSFATO: Complementare al calcio, funzionale ad un suo corretto assorbimento e metabolismo

MAGNESIO: Essenziale insieme al calcio nella modulazione di una corretta dinamica di contrazione muscolare, la sua carenza potrebbe essere associata ad una riduzione nell’efficacia contrattile e nella trasmissione nervosa

Questa nuova tipologia di prodotto, sia per la particolare composizione (che potrebbe variare a seconda dell’azienda produttrice) che per il significativo vantaggio costituito dal formato, rappresenta una grande opportunità nel supporto dell’idratazione e nella gestione di eventuali “emergenze” dovute ad un’inadeguata pianificazione della strategia di gara, permettendo con pesi e ingombri molto contenuti di avere un alleato in più per la gestione di eventuali criticità idriche.


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// FOCUS SULLE AZIENDE

Basso Diamante SV Disc Aero-bike tutta italiana a cura di Maurizio Coccia

Il top di gamma tra le bici da velocità dell’azienda vicentina ora viene proposto anche con i freni a disco. È nato così un connubio perfetto tra funzionalità, aerodinamica e stile “Per sostenere la concorrenza orientale è necessario puntare sulla qualità, l’altissima qualità dei processi produttivi. E poi a tutto questo serve aggiungere 88

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un’attenzione verso l’estetica che renda la bicicletta ancora più appetibile rispetto a quanto di buono sanno fare oggi le grandi aziende che producono in Asia”.

Dal vangelo secondo Alcide Basso, uno che la sua azienda di biciclette l’ha fondata nel 1977, quando in Cina si coltivava solo il riso. A quei tempi fu tra i primi ad esportare i suoi prodotti oltre confine (in particolare in Germania) e oggi, a distanza di 41 anni, ancora produce tutto “in casa”, anche


BASSO CI HA DATO L’OCCASIONE DI TESTARE LA NUOVA DIAMANTE SV DISC SULLE STRADE DI CASA SUA, SULLE COLLINE CIRCOSTANTI LO SPAZIOSO SHOWROOM CHE DA UN ANNO L’AZIENDA VENETA HA APERTO A SAN ROMANO DEGLI EZZELINI (VI).

se quello estero resta - numeri alla mano - il mercato principale delle biciclette che portano il suo cognome. Fino a venti anni fa la produzione Basso era tutta in acciaio e in minima parte in alluminio ma, con la transizione dalle leghe metalliche al carbonio, Alcide Basso è stato capace di convertire la sua produzione verso il composito: lo ha fatto aprendo un polo di lavorazione e produzione che ha sede nei pressi di Vicenza e che, oltre ai telai di altissima gamma delle biciclette da corsa, costruisce parti o componenti destinati al settore aeronautico, alla Formula Uno e al settore aerospaziale. Così come accade per tutti i manufatti in composito cosiddetti “monoscocca”, anche in

Il peso della bici testata: 7.3 chili

questo caso i prodotti sono realizzati da stampo, ma qui gli stampi usati sono essi stessi costruiti in carbonio, al fine di conferire loro un’omogeneità e una resistenza superficiale superiori, che appunto li rendano concorrenziali rispetto ai migliori prodotti in carbonio che provengono dai mastodontici e prolifici poli produttivi orientali del composito. In ambito di telai per biciclette, la prova più “fresca” di quanto abbiamo appena detto è la Diamante SV: è un telaio in materiale composito progettato nella sede di Basso Bikes presso Romano degli Ezzellini e poi costruito e verniciato nel polo produttivo di Vicenza.

“Questa bici – ci spiega ancora orgoglioso Alcide Basso tenendo in mano la sua ‘creatura’ – è un esercizio tecnico e poi estetico messo assieme. È un prodotto che sintetizza anni ed anni di esperienza, è una bici che ha già riscosso unanimi consensi tra i nostri clienti storici sparsi per il mondo”. Prima di tutto clienti tedeschi e giapponesi, che vanno pazzi per le bici Basso come questa, la stessa che l’a-

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Come tutte le bici Basso anche la Diamante SV Disc ha una geometria equilibrata, che ben bilancia i pesi tra carro posteriore ed avantreno. A beneficiarne è la sicurezza di guida, elemento ancor più importante quando una bici è provvista di impianto frenante “disc” come in questo caso.

zienda vicentina ci ha dato l’occasione di provare proprio a casa sua, lo scorso mese, sulle colline che che circondano l’asolano e che fanno da proscenio dolce ad un monte Grappa in quel momento ancora imbiancato di neve. Noi di InBici abbiamo testato la versione più aggiornata della Diamante SV, la Diamante SV Disc, che ovviamente è quella per freni a disco. In realtà la “Disc” è identica alla sua progenitrice per quel che riguarda le geometrie, le forme dei tubi e l’appartenenza al segmento “aero”. La bici è predisposta sia per il montaggio con trasmissioni meccaniche che elettromeccaniche. In entrambi i casi tutti i cavi e le guaine scorrono internamente al telaio, veicolati attraverso apposite guide che garantiscono massima efficienza nel funzionamento.

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BICI “DISCO” SUPERVELOCE “SV” sta per Superveloce: è una sigla battezzata da Basso due anni fa, quando introdusse in gamma la sua prima


Comfort Kit è una tecnologia proprietaria di Basso; è l’insieme costituito dal tubo sterzo, dalla serie sterzo (dedicata) e dallo speciale coperchio superiore corredato da specifici spessori distanziali. Coniugati assieme realizzano un trinomio perfetto tra rigidità della zona sterzo, adattabilità antropometrica e non ultimo gradevolezza estetica del mezzo.

aero-bike, appunto la Diamante SV, che a sua volta era la versione aerodinamica della Diamante, che è bici tuttora presente in gamma ma che - rispetto alla prima - è più adatta per gli scalatori. Dal settembre dello scorso anno la Diamante SV è proposta anche in versione Disc, costruita sempre con o stesso mix di fibra di carbonio ad alto modulo della variante standard (principalmente la T800 e la T1000) e sempre realizzata a Vicenza, utilizzando un procedimento di costruzione che si avvale di stampi in carbonio. Differente tra i due modelli è soltanto la stratificazione del carbonio utilizzata sugli steli e sui foderi posteriori bassi che, in previsione di stress meccanici maggiori determinati dal rotore, sulla versione “Disc” ricorre a laminazioni e spessori interni differenti. Non cambiano invece le forme dei tubi, tutti progettati per ridurre il più possibile la resistenza frontale all’aria e per ottenere un risultato estetico e di design oggettivamente molto accattivante. Perseguono questo obiettivo i foderi “a coltello” della forcella e allo stesso modo ricerca la massima penetrazione all’aria il bel tubo verticale che va a “copiare” i limiti della ruota posteriore. Ci sono però ulteriori piccoli dettagli in grado di rendere la Diamente SV Disc ancor più filante, ancor più accattivante e ancor più esclusiva rispetto a quanto oggi siamo abituati a vedere nell’affollato panorama delle bici aero. Reggisella 3B, sterzo Comfort Kit Così come accade su tutte le bici di altissima gamma Basso, anche il tubo verticale della Diamante SV Disc impiega uno standard proprietario e brevettato, che ottiene il duplice obiettivo di migliorare la resa pratica e la resa estetica di questo comparto. Ci riferiamo al sistema di bloccaggio chiamato 3B Basso, che consente di ottenere

Esattamente come sulla variante standard, cioè senza freni a disco, anche sulla Diamante SV Disc il tubo verticale si sagoma in modo aerodinamico sui limiti della ruota posteriore. Questo accorgimento consente non solo di migliorare l’aerodinamica, ma anche di compattare il carro posteriore, che sulla misura testata aveva una lunghezza di 400 mm: compatto e reattivo.

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un accoppiamento semi-integrato tra tubo verticale e reggisella attraverso un’architettura di funzionamento che non provoca stress sul materiale composito soggetto al serraggio. Il tutto è esteticamente molto “pulito” e inoltre ha un’implicazione positiva relativa al comfort per chi è in sella: quel che accade, infatti, è che al posto del più comune vite con expander interno, qui a bloccare il tubo reggisella dedicato provvede un perno in gomma che serra posteriormente il reggisella. La porzione interna del tubo verticale è inoltre corredata da una sorta di collare in gomma che interfaccia le due superfici e che svolge la funzione di assorbire le vibrazioni ad alta frequenza trasmesse dall’asfalto. Dal nodo di sella ci spostiamo poi all’avantreno per parlare del secondo sistema proprietario che rende le bici Basso come questa esclusive ed inimitabili: in questo caso la sigla usata è Comfort Kit ed anche qui la funzione è sia estetica che, in primo luogo, funzionale, pratica ed aerodinamica. Comfort Kit indica le fattezze e la componentistica utilizzata nella zona superiore del tubo di sterzo, sulla quale è possibile utilizzare o meno una cover specifica e degli adattatori ad-hoc per personalizzare la posizione del set di guida in base alle proprie esigenze ergonomiche e tutto questo senza compromettere le caratteristiche di rigidità laterale di una zona di sterzo in cui tutti i componenti rimangono solidali tra loro. Da parte sua il look, a prescindere da come si vorrà montare il Comfort Kit, risulterà sempre “pulito” e filante rispetto all’aria che lo colpisce frontalmente. I PARTICOLARI DELLA VERSIONE “DISC” Stesse forme dei tubi della Diamante SV standard, stesse geometrie e stesso family-feeling di aero-bike: in realtà, rispetto alla sua progenitrice senza freni a disco, questa Diamante SV Disc adotta un accorgimento peculiare che ne ottimizza le caratteristiche e la differenzia rispetto alla prima: i foderi della forcella e i foderi posteriori bassi sono strutturalmente progettati per sostenere gli stress elevati che questo tipo di impianto frenante determina sulle tubazioni. Questo dettaglio significa che il telaio Disc impone una laminazione specifica, in parte diversa da quella del telaio standard.

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MONTAGGI, PREZZI, OPZIONI La Diamante SV Disc è prodotta in cinque taglie, 45, 48, 51, 53, 56, 58 e 61 centimetri, tutti relativi all’altezza del tubo verticale misurato “centro/fine”. Sei i montaggi previsti “alla carta”. Con lo Shimano Ultegra Di2 e ruote Microtech Carbon 38 mm (7893 euro), Campagnolo Record e ruote Bora One (9406 Euro), Campagnolo Record e ruote Microtech Carbon 38 mm (8160 euro), Campagnolo Record e ruote


COME USUALE SULLE ODIERNE BICI DA CORSA CON FRENI A DISCO, IL FISSAGGIO DELLE RUOTE È ASSICURATO DA ASSALI PASSANTI DEI MOZZI, CON GENEROSO DIAMETRO DI 12 MM SIA SULLA RUOTA ANTERIORE CHE SULLA POSTERIORE. LA BATTUTA - ANCHE QUESTA UN “MUST” SULLE ATTUALI ROAD-BIKE DISC - È DI 100 MM SULL’ANTERIORE E 142 MM SUL POSTERIORE.

Microtech Alu 38 mm (7110 euro) e infine con lo Shimano Ultegra Di2 e ruote Microtech Alu 38 mm (6843 euro). I colori disponibili prevedono la colorazione Italia che abbiamo testato oltre alla Blue /Fluo Orange, Black/Anthracite, Pastel White e MAAP. IN PROVA Abbiamo testato una Diamante SV Disc in taglia 51, montata con un gruppo Campagnolo Super Record completato con il nuovo impianto frenante idraulico disc della Casa veneta che, per l’occasione, montava due rotori da 160 millimetri. Campagnolo forniva anche le ruote delle Bora One “gommate” con copertoncini Michelin Pro4 da 28 millimetri, mentre alla sella provvedeva Astute, con il modello Skylite Carbon. L’attacco manubrio Basso in alluminio e la curva Microtech Quantium in carbonio completavano il montaggio, il tutto per un peso complessivo di 7.3 chili, da considerarsi di tutto rispetto se si considera che abbiamo a che fare con una bici “disc” e inoltre

se si pensa che le coperture da 28 mm pesano quasi 2 etti in più rispetto ai più usuali pneumatici da 25 mm. Il percorso di prova prevedeva terreni di tipologia differente: porzioni pianeggianti dove mettere alla prova la bici in velocità, salite corte e conseguenti discese corte (e in certi casi anche ripide) dove saggiare lo stile di guida di questa full-carbon interamente Made in Italy. La sensazione che emerge immediata è che, nonostante la sua essenza di bici aero, la Diamante SV Disc è una bici incredibilmente comoda e confortevole: che poi quanto di questo comfort sia ascrivibile agli pneumatici da 28 millimetri (gonfiati a 6 atmosfere) e quanto invece al comfort kit ci è stato impossibile distinguerlo con esattezza; fatto sta che, in questo caso, le forme affusolate, taglienti e in certi casi “cattive” che mostra il frame non si traducono affatto in un telaio granitico e “spacca schiena”. Tutt’altro. Del resto, che il modello testato sia risultato comodo è stato anche per merito dei tre spessori distanziali che

abbiamo lasciato montati sul Cmfort Kit, che hanno incrementato non poco il comfort nella stazione di guida. Resta il fatto che se siete agonisti sfegatati, se siete di quelli che ricercano uno stile di guida il più possibile schiacciato vero il suolo, questa bici ha altri tre centimetri in meno per abbassare il “cockpit” di quel che invece abbiamo utilizzato noi. Capitolo feeling nella condizione del mezzo: la geometria è molto equilibrata, l’avantreno si percepisce solido e sicuro sull’asfalto. Nulla di meglio per incrementare ancor più la sicurezza di guida rispetto a quel che già di per sé ti trasmette un impianto valido ed efficiente come è il nuovo impianto a disco della Campagnolo (unico dettaglio è che chi scrive preferisce il rotore da 140 millimetri, non 160 come quelli trovati perché, nel primo caso, la risposta nella frenata è ancor più modulabile ed è meno secca, soprattutto quando il peso di chi è alla guida non è elevato, 65 chili). Discorso reattività: i 400 millimetri di lunghezza del carro posteriore ti fanno sentire bene la ruota “sotto”; in realtà, la prontezza allo scatto di questo modello non è certo da record, ma se questo accade, ne siamo sicuri, è per via di un peso complessivo non certo al livello delle top bike da corsa con freni tradizionali. Ad esempio siamo certi che, semplicemente sostituendo le coperture da “28” con più minimali pneumatici da 23 mm, la Diamante SV Disc può cambiare volto e diventare un mezzo affidabile e prestazionale anche in contesti competitivi, rispetto ai quali il set-up trovato montato non era certo dei più indicati. Contatti: Basso Bikes tel. 0423/923019 info@bassobikes.com www.bassobikes.com

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SCATTO D’AUTORE LA VECIA FEROVIA DELLA VAL DE FIEMME by Newspower.it

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DONNA INBICI

a cura di Ilenia Lazzaro

LO “SGARRO”

settimanale

Perché concedersi qualche vizio a tavola (ogni tanto) fa bene. Ne parliamo con due esperti 96

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Chi è Ilenia Lazzaro Giornalista sportiva ed addetta stampa, commenta da circa 15 anni il ciclismo fuoristrada. Specializzata nel ciclocross, lo pratica da quasi 20 anni, prima come elite ora come master. Conduce con Nicola Argesi “Scratch”, programma tv nazionale su Canale Italia.

“Qualcuno ha scritto che in Italia lo stomaco ha una valenza metafisica, come l’erba del prato in Inghilterra. Vero. Ma la nostra ossessione è più vitale: gli inglesi l’erba non la mangiano. Noi parliamo del cibo prima di mangiarlo, quando lo mangiamo e dopo averlo mangiato”. Ho pensato di aprire questo articolo con una citazione di Beppe Severgnini perché riflette in toto un’indole tipicamente italiana: che si parli di vita, lavoro o sport, il cibo resta uno dei punti d’incontro universalmente riconosciuti.

Nello sport è convivialità quando ci si trova a tavola con gli amici e le compagne di squadra, è il premio dopo un allenamento impegnativo o dopo una gara tanto agognata, è il nutrimento per i nostri muscoli e il nostro motore di atlete. A volte, però, è anche una croce: quante donne cominciano ad andare in bici per buttare giù qualche chilo? Prima che il cibo diventi nostro nemico (rischio molto alto secondo gli ultimi sondaggi nel mondo amatoriale femminile), facciamo un po’ di chiarezza assieme ad alcuni professionisti del settore. Premesso che la maggior parte delle ragazze che va in bicicletta, lo fa per star bene, stando attenta a tavola e privilegiando la classica “dieta dello sportivo” che altro non è che un regime alimentare sano, basato sull’utilizzo di frutta e verdura fresca, cereali integrali e materie prime di alta qualità (riscopriamo, quando possibile, i mercatini a “km zero”, la coltivazione in casa e i prodotti stagionali), lo “sgarrare” una volta ogni tanto fa bene al corpo, allo

spirito e anche ai nostri obiettivi. Per chi segue un regime alimentare mirato alla perdita di peso, un “pasto più libero” nella settimana può essere utile, ovviamente se fatto con buonsenso. Dottor Zonza, quando potrebbe essere utile il cosiddetto “pasto di sgarro”? “Quando sono alla ricerca di un calo ponderale importante, molte persone utilizzano schemi o diete che vanno molto al di sotto del loro basale, scendendo anche troppo con l’apporto calorico settimanale. Questo può determinare alcune variazioni a livello del nostro metabolismo e della situazione ormonale generale, situazione tutt’altro che vantaggiosa. La mia alimentazione dovrebbe essere in grado di sostenermi durante tutti gli allenamenti intensi, se questo non avviene, se faccio i classici errori come, ad esempio, quello di togliere completamente i carboidrati, si finisce col far calare il metabolismo e col perdere ciò che non si dovrebbe, ossia anche quella massa muscolare tanto agognata. Morale della favola?

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Non posso stare perennemente in restrizione calorica. In questi casi un pasto di sgarro o Refeed può aiutare a riportare un po’ di equilibrio facendo estrema attenzione e lasciando così più spazio ai tanto amati carboidrati. Il pasto di Refeed o sgarro va impostato come la dieta e deve essere personalizzato per ogni atleta. Può dipendere dalla nostra composizione corporea, dai nostri obiettivi, da quanto vogliamo essere specifici, da come mangiamo di solito nella quotidianità, ecc. Chi segue ad esempio regimi alimentari con molti carboidrati, diciamo indicativamente il 50-60% delle calorie e con un apporto calorico sostanzioso, è un buon ‘ossidatore di zuccheri’ e molto probabilmente tollera meglio uno sgarro glucidico, come ad esempio un piattone di pasta. Chi normalmente si alimenta con molti grassi e pochi carboidrati, probabilmente tollera meglio uno sgarro lipidico (le classiche patatine fritte). Quando è meglio sgarrare dunque? “È importante programmare la settimana. Se sono consapevole che la domenica sera sforerò di 1500 kcal, queste vanno ridistribuite durante gli altri giorni. Dopo l’allenamento, quando le scorte di glicogeno sono depletate, abbiamo una finestra d’opportunità in cui i carboi-

drati saranno diretti al muscolo. Diversi studi scientifici hanno dimostrato che ricariche glucidiche anche di 600-700g non facevano ingrassare, ma l’eccesso veniva trasformato in calore dal corpo. Sgarrare così coi carboidrati è la scelta migliore che si possa fare. Ma i grassi devono rimanere bassi. Se si mischiano i due macro-nutrienti, come avviene col cenone di Natale, l’insulina farà subito depositare i grassi. Dopo una deplezione di glicogeno, se sappiamo scegliere gli alimenti, possiamo avere un forte surplus glucidico per 48h, prima che la sen-

sibilità all’insulina ne risenta. Insomma, è risaputo che il vero sgarro è mangiare di tutto incondizionatamente, ma un buon compromesso potrebbe essere quello di prediligere dolci non grassi ma zuccherini.” Dott.ssa Faè, per una ciclista che gareggia, cosa può rappresentare “uno sgarro”? “La vita attiva, gli allenamenti tutti i giorni, più volte al giorno o tre volte a settimana non devono portare l’atleta ha dire ‘ho consumato, adesso mangio quello che voglio e fino a scoppiarè. L’attività fisica non serve per pulire la coscienza, ma per farci stare meglio e mantenerci in salute o per raggiungere obiettivi e traguardi che ci siamo prefissati. Il fatto di aver consumato calorie non significa rimpiazzarle con cibi fritti, con zuccheri raffinati, caramelle, gelati, patatine fritte e alcool; questi alimenti sono molto calorici, ma di pessima qualità. Il pasto sgarro ha una sua funzionalità che è sicuramente il relax mentale! Mangiare quello che ci piace, ma non tutto in un momento, l’importante è non esagerare. Una volta apprese le sane abitudini, un’infrazione ci sta, ma non deve poi farci sentire in colpa oppure non dobbiamo mangiare tutto in un giorno. Si parla di 90/10… 90% dei pasti è sano, il 10% no e possibilmente lontano dagli allenamenti, facciamo uno sgarro 24 ore dopo una gara, permettiamo al nostro corpo di recuperare tutto quello di cui necessita in maniera corretta e poi aggiungiamo quello di cui abbiamo voglia dopo che il recupero è andato a buon fine”. * hanno collaborato il Dott. Andrea Zonza (biologo nutrizionista) e la Dott.ssa Annalisa Faè (R&D ProAction).

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// FOCUS SUL SULLE PRODOTTO AZIENDE

LOOK X-TRACK XC/marathon-Novità 2018 a cura di Maurizio Coccia

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Rinnovata completamente la piattaforma pedali della Casa francese. Quattro modelli in tutto, accomunati da una piattaforma di aggancio ampia, da una struttura resistente e durevole e dall’adesione allo standard di aggancio più diffuso al mondo. 100

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X-TRACK-RACE-CARBON

X-TRACK-RACE

X-TRACK DARK-GREY

X-TRACK RED

Presentato lo scorso settembre nel corso delle principali fiere di settore l’X-Track è un pedale - anzi una famiglia di pedali visto che è declinato in quattro versioni – che segna l’adesione di Look allo standard di fissaggio più diffuso al mondo tra i pedali a sgancio rapido per il ciclismo in fuoristrada, l’Spd della Shimano. Non era così fino al 2017, cioè quando sui suoi pedali destinati alle “ruote grasse” (ma, non lo dimentichiamo, anche al ciclocross e al gravel biking) Look utilizzava uno standard di fissaggio con le scarpe proprietario, con tacchette che funzionavano solo ed esclusivamente sui suoi modelli. Tutto questo ormai rappresenta il passato, la vec-

chia piattaforma di pedali S-Track è uscita di gamma e con la nuova famiglia X-Track il marchio transalpino ha voltato pagina, andando in questo modo ad allargare la sua potenziale clientela sposando lo standard di fissaggio pedali da fuoristrada più diffuso e più conosciuto al mondo, lo standard di fissaggio utilizzato da molte altri produttori di pedali oltre a Shimano. In pratica, tutti i biker – e sono davvero parecchi - che sotto la suola delle loro scarpe da mtb hanno delle tacchette Spd potranno tranquillamente continuare ad utilizzare queste per agganciare il nuovo X-Track. Oppure, ed è di sicuro il caso più frequente, chi dispone di due paia di scarpe da mtb di cui una con tacchette Spd


potrà lasciare queste ultime attaccate e magari montare sull’altro paio le tacchette di serie previste nella confezione degli X-Track, che appunto sono identiche alle tacchette dei pedali Shimano. LE CARATTERISTICHE TECNICHE L’X-Track è un pedale perfetto per la destinazione d’uso del cross-country e delle marathon. A detta del produttore si tratta del pedale con il migliore rapporto peso/ superficie di appoggio presente sul mercato. La superficie di appoggio - e chi va in mountain bike lo sa bene - è un aspetto fondamentale per facilitare e velocizzare l’ingaggio della tacchetta in tutte quelle situazioni in cui l’equilibrio sulla bicicletta è reso precario e instabile dalle mille problematiche cui obbliga la guida in fuoristrada. In questo caso parlano allora

Come spesso accade su pedali di questo tipo, e come spesso accade su quelli che utilizzano lo standard di aggancio Spd, lo “scarico” del fango è in questo caso agevolato dalla forma con cui il corpo del pedale si interfaccia con l’architettura di aggancio, ovvero dai generosi varchi lasciati liberi tra queste due parti. chiaro i 515 millimetri di superficie della piattaforma di appoggio, che si sviluppano grazie a due voluminose aree laterali con superficie puntinata, quanto di meglio per dare alla suola in gomma della scarpa un sostegno valido per agevolare il “clic” tra scarpa e pedale. La piattaforma di appoggio generosa si sposa poi con un altro requisito tecnico peculiare sui pedali da fuoristrada: la capacità di evacuare nel modo migliore

possibile il fango. Come spesso accade su pedali di questo tipo, e come spesso accade su quelli che utilizzano lo standard di aggancio Spd, lo “scarico” del fango è in questo caso agevolato dalla forma con cui il corpo del pedale si interfaccia con l’architettura di aggancio, ovvero dai generosi varchi lasciati liberi tra queste due parti. Queste aperture sono ben visibili sia che si osservi il pedale frontalmente, sia che lo si


veda da una prospettiva di osservazione verticale. Inoltre, come tutti i pedali compatibili con lo standard Spd, anche qui è possibile intervenire sulla tensione di regolazione della molla di precarico dello sgancio, in modo da customizzare le caratteristiche dell’ingaggio in base alle preferenze personali. In quanto all’escursione angolare, cioè alla possibilità che avrà lo scarpino di ruotare rispetto al fulcro dell’aggancio, l’X-Track consente 6 gradi di libertà al piede, da considerare un valore molto elevato rispetto alla media dei pedali da fuoristrada. Altro dato importante è quello relativo allo stack, cioè alla distanza che separa la porzione esterna dell’assale interno rispetto alla suola della scarpa su cui si andranno a montare le tacchette: il valore degli S-Track è in questo senso di soli 16,8 millimetri, risultanti dai 10,7 millimetri rilevati sul pedale più i 6,1 millimetri di altezza della tacchetta. Tradotto in pratica, significa avere il minimo di dispersione di forza trasmessa tra scarpa e pedale e il massimo in termini di trasmissione di potenza. Liquidiamo la descrizione tecnica parlando dei ruotismi: come è usuale nella storia dei pedali Look (anche quelli da strada) il corpo degli X-Track ruota grazie a due cuscinetti sigillati ad aghi, che garantiscono la massima tenuta rispetto all’acqua e alla polvere. LA FAMIGLIA X-TRACK L’X-Track è declinato in quattro versioni, praticamente identiche per caratteristiche dimensionali e per architettura di funzionamento, ma diverse per i materiali usati sull’assale e sul corpo del pedale. Questo in ragione della classica logica per cui più il peso si abbassa, più cresce il prezzo; e viceversa. Dunque, partendo dal top la variante di punta è quella identificata dalla sigla Race Carbon Ti, dove l’assale interno è in titanio e il corpo del pedale in carbonio. Il peso è di 300 grammi riferito alla coppia dei pedali, ai quali vanno aggiunti i 104 grammi delle due tacchette previste di serie (comuni a tutte le versioni dell’X-Track). Comune a tutte le versioni è anche la piattaforma di aggancio, realizzata in acciaio Chromoly. Il prezzo al pubblico è

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di 199,90 euro. Segue poi la versione Race Carbon, con perno in Chromoly+ e corpo del pedale in carbonio. Il peso è di 340 grammi la coppia (sempre senza tacchette). Il costo è di 99,90 euro. A seguire viene la versione Race, con assale in Chromoly+ e corpo del pedale in materiale composito. Peso di 360 grammi la coppia e costo – davvero appetibile - di 59,90 euro. Per finire la variante entry-level, chiamata semplicemente X-Track, che con soli 46.90 euro offre un assale in Chromoly e un corpo in alluminio. In questo caso il peso la coppia è di 390 grammi e soltanto in questo caso i colori disponibili son il grigio scuro e il rosso, a differenza di tutte le altre versioni, proposte solo nella colorazione nera. Inoltre, soltanto per la versione di primo prezzo X-Track, le fattezze in alluminio del corpo riducono la superficie di appoggio a 350 mm2 (a differenza dei 515 mm2 di tutte le altre versioni) e sempre e solo per questa versione la larghezza della superficie di appoggio è di 55 mm (a differenza dei 60 mm delle altre tre). Tutti i pedali X-Track sono coperti da una garanzia di due anni. Contatti Produttore: Look, www.lookcycle.com Riferimenti per l’Italia: Look Italia, tel. 02/96705309


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SPEED

SPEEDGRIP

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ULTRA SOFT


a cura di Raffaele Biondi – LabVelò Cesenatico

La Biomeccanica nel Ciclismo

Granfondo: accorgimenti per una migliore ergonomìa degli appoggi 104

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La stagione delle granfondo è appena cominciata e per molti ciclisti l’ottimizzazione della posizione in sella è ancora in corso. A inizio stagione le novità da mettere a punto possono essere diverse, dalla semplice sostituzione delle scarpe con relative tacchette, ad uno o più nuovi componenti (pedale, sella, manubrio) o addirittura alla nuova completa bicicletta.

Il numero di chilometri, la presenza di salite impegnative, il fondo stradale non sempre ottimale e in qualche caso le condizioni meteorologiche non sempre favorevoli sono gli elementi che determinano una sollecitazione e uno stress meccanico e fisiologico elevato per chi affronta questa specialità. Gli obiettivi che ogni gran fondista deve perseguire con una buona calibrazione dell’assetto si possono sintetizzare in tre ambiti:

1) ERGONOMIA E COMFORT 2) EFFICIENZA DI PEDALATA 3) EFFICIENZA AERODINAMICA L’ergonomia e il comfort della posizione sono fondamentali per resistere agli stress meccanici ripetuti e pro-

lungati che in qualche caso possono sfociare in vere e proprie tensioni o dolori da sovraccarico. Gli elementi strettamente legati a questo obiettivo sono i tre componenti che permettono al corpo del ciclista di interfacciarsi con la bicicletta: scarpa-tacchetta, sella e manubrio. La loro scelta deve essere anzitutto personalizzata e rispettosa dell’anatomia in termini di forma e dimensioni. La scarpa deve essere ben dimensionata in larghezza e lunghezza e dotata di un sistema di chiusura in grado di offrire la massima avvolgenza e fermezza del piede. Non solo. Soprattutto nei casi in cui si è in presenza di una alterazione della struttura del piede, diventa fondamentale introdurre una soletta ergonomica con specifiche proprietà di riequilibrio dell’appoggio del piede e di stabilizzazione della caviglia. A seguire, la tacchetta della

scarpa deve consentire all’azione di spinta della gamba di confluire sul pedale minimizzando le dispersioni e nel rispetto delle strutture articolari di caviglia e ginocchio. La sella deve anzitutto essere dimensionata in termini di larghezza e, al contrario di quel che si potrebbe pensare, la sua imbottitura deve essere ad alta densità e non eccessivamente morbida al fine della riduzione degli attriti da sfregamento. Il foro centrale può rappresentare un vantaggio aggiuntivo ma non prioritario per l’uomo. Nel caso della donna gran fondista, al contrario, il foro centrale assume importanza simile alla larghezza in quanto permette di limitare sfregamento dei tessuti delle parti intime femminili. Il manubrio della bici da granfondo deve essere dimensionato sulla larghezza delle spalle. La distanza delle due impugnature misurate al centro del tubo

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deve coincidere con la larghezza centro centro delle due articolazioni della spalla. In questo modo le linee di forza del peso del tronco e delle sollecitazioni meccaniche del manubrio si incontrano sulla stezza linea perpendicolare facilitando l’azione ammortizzante del gomito. Allo stesso tempo la dimensione della figura frontale ai fini aerodinamici risulta proporzionata alla struttura corporea del ciclista. Altra caratteristica importante del manubrio del granfondista è rappresentata dalla forma della curva. La diffusione del manubri cosiddetti “compatti” con una caduta o “drop” della curva contenuta, trova nella bicicletta da granfondo una delle migliori destinazioni. La facilità e l’ergonomia dell’impugnatura inferiore e del comodo passaggio dalla parte bassa a quella alta offerta da questa tipologia di manubrio, ne suggeriscono l’utilizzo da parte di ogni ciclista che di cimenta sulle distanze. La regolazione delle leve freno-cambio deve sempre rispettare la regola che vede la parte iniziale della guaina di gomma sullo stesso piano orizzontale della superficie superiore della parte orizzontale del manubrio; ciò consente un atteggiamento corretto dell’articolazione del polso in appoggio.

Questi dettagli sull’ergonomia degli appoggi, come già sanno molti praticanti di questa specialità, rivestono un’importanza di pari livello rispetto alla scelta del telaio e alle regolazioni di assetto.

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// Tecnica

il punto critico

L’osservatorio sul mondo delle due ruote. Le novità, le tendenze e le nostre considerazioni su ciò che propone il mercato a cura di Maurizio Coccia

Freni a disco e nuove leghe

Le prime gare di stagione hanno riproposto vecchi pregiudizi e intriganti novità. Ecco i nuovi orientamenti dei professionisti 108

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FRENI A DISCO ANCORA LONTANI Strada sterrata, pioggia, discesa: era un menu perfetto per le bici da corsa con i freni a disco che, in queste condizioni, mettono in campo tutta la loro potenza nonostante il bagnato che, nonostante la terra, assicurano una modulabilità che i rim-brake neanche sognano e che, nonostante i rotori fradici, consumano meno le pastiglie di quanto invece accade ai classici pattini freno che agiscono su una pista frenante bagnata. Eppure, nonostante le condizioni meteo pessime che hanno caratterizzato l’ultima edizione della Strade Bianche del 3 marzo, quasi


nessuno tra i pro-rider al via ha utilizzato bici con freni a disco. Quello della “miniclassica” toscana, insomma, potrebbe sembrare un duro colpo per tutti coloro che da anni sponsorizzano l’utilizzo dei freni a disco tra i professionisti, freni che in realtà non riescono ancora a “sfondare”. Ma a detta di chi scrive le cose non stanno esattamente così: a dirimere definitivamente la querelle tra fautori e detrattori dei freni a disco tra i pro non sarà certo una giornata di gara da tregenda come quella dell’ultima Strade Bianche. Quel che serve è che il solido e corposo “partito” che all’interno del mondo del professionismo rema contro l’introduzione di questo

standard cambi atteggiamento e sposi davvero un’innovazione che orami tutti riconoscono essere evoluzione tecnica, non certo involuzione. Già, perché tutti i professionisti sanno bene che, a livello assoluto, i freni a disco sono meglio dei freni rim-brake a livello prestazionale e di sicurezza; tutti i corridori, oramai, hanno avuto occasione di testare almeno una volta bici con freni a disco; ma finché non ci saranno condizioni tecniche uguali per tutti, finché tutti non si schiereranno in corsa consapevoli di condividere con tutto il gruppo le stesse procedure e le stesse tempistiche in caso di cambio ruota; bene, fino a quel momento nessuno tra i big penserà di

equipaggiare la sua bici con un sistema frenante che oggettivamente pesa almeno 4 etti in più rispetto a quello tradizionale, nessuno tra i big partirà con una bici “disc” sapendo che, in caso di cambio ruota, potrà perdere almeno il doppio del tempo rispetto al suo avversario che si trova nella stessa situazione ma con bici rim-brake. Infine, questa fase di stallo che viviamo da oltre un anno dimostra che, diversamente da quanto dicono alcuni, le pressioni delle aziende che producono sistemi “disc” evidentemente non sono così forti e influenti, o quantomeno sono meno forti delle tante resistenze che vengono principalmente dall’interno del “circo” dei pro-rider.

Dura ormai da tre anni la querelle che separa fautori e detrattori dei freni a disco nelle corse professionistiche. Nonostante il via libera che L’Uci ha concesso dal 1 gennaio 2017 a tutti coloro che vogliono utilizzare bici “disc”, sono pochi i corridori che decidono davvero di utilizzare in corsa questo standard. La reticenza verso questo tipo di impianto frenante permane anche in caso di gare in condizioni metereologiche pessime, come ad esempio è stata l’ultima Strade Bianche. In queste condizioni un freno a disco è di sicuro più efficiente del classico “rim-brake”.

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Il passaggio concreto a massivo alle bici con freni a disco ci sarà solo in caso di imposizione “dall’alto a tutti” di questo standard. Le corse dimostrano che l’assetto normativo attuale, dove chiunque può scegliere che tipo di freno utilizzare, crea una situazione ibrida che allo stato dei fatti penalizza la strada dei “dischi”.

Un diffuso malinteso nelle scelte tecniche porta molte ragazze ad optare per la taglia piccola di un modello da uomo nel momento in cui si apprestano a comperare un nuovo telaio. In realtà, i telai progettati specificamente per le donne hanno caratteristiche angolari e dimensionali che la semplice riproposizione di un telaio maschile ma in taglia “S” non può assolutamente avere.

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Le curve manubrio da donna hanno un valore di reach, cioè di profondità delle due parti laterali, meno pronunciato rispetto a quel che accade sulle curve standard, genericamente riservate agli uomini. Questo consente di adattarsi meglio alle caratteristiche anatomiche del pubblico femminile. Per lo stesso motivo anche il valore di drop, cioè di altezza delle “code” basse, è più compatto.

LE CARATTERISTICHE DI UN TELAIO DA DONNA Il mercato ciclistico odierno propone un’offerta sempre più ricca e variegata dedicata al pubblico femminile. Sempre più numerose, infatti, sono le aziende che hanno in catalogo telai progettati specificamente per le ragazze, grazie ad una geometria ad-hoc, con quote angolari e dimensionali adatte alla peculiare anatomia delle donne. A chi non lo sapesse ricordiamo allora che i telai da donna hanno caratteristiche dimensionali e angolari che di certo non si possono trovare andando semplicemente ad utilizzare per la taglia piccola della gamma misure di un telaio da uomo. No, a parità di misura, un telaio da donna rispetto ad uno da uomo ha una diversa angolazione del tubo sella, più inclinato rispetto al secondo al fine di venire incontro alla maggiore estensione del tratto femorale femminile e al minore piegamento che le donne riescono a sostenere con il bacino. Nel confronto con un omologo telaio da uomo un telaio da donna avrà per questo una porzione del tubo superiore più lunga che poi, in realtà, deve essere accoppiata ad un attacco manubrio e ad una curva anche questi realizzato con caratteristiche ad-hoc, sempre per adeguarsi alle caratteristiche anatomiche del pubblico femminile. Gli attacchi manubrio delle bici da donna sono generalmente corti, proprio per adeguarsi ad un segmento degli arti superiori è che nelle ragazze è in proporzione più corto rispetto all’uomo. Per lo stesso motivo, anche per il fatto che le donne hanno mani più piccole, la curva manubrio da donna dovrà avere un reach, cioè una profondità minore, così come anche il drop, cioè l’altezza della piega, dovrà essetenuto.

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dell’acciaio per l’effettiva messa in produzione. Il confronto tra la nuova lega e il carbonio in un’ottica di impiego nel ciclismo? È ancora presto per parlare; quel che intuiamo è però che il nuovo composto sia più che altro destinato a far concorrenza al “vecchio” alluminio, appunto per andare a realizzare su scala massiva bici a basso costo o telai di bici a pedalata assistita.

La nuova lega risulta da un amalgama di acciaio, alluminio, carbonio, manganese e nichel ed apre nuove frontiere per l’industria ciclistica, visto che le caratteristiche del nuovo materiale sono ideali proprio per la realizzazione di tubazioni ciclistiche.

UNA NUOVA LEGA PER LE BICI? Nel futuro dei telai delle biciclette c’è solo il carbonio? Non si direbbe, a giudicare dal fatto che la stragrande maggioranza dei telai prodotti annualmente nel mondo sono in lega leggera, non certo in composito. Ci riferiamo evidentemente a prodotti di fascia bassa o “entry-level” che dir si vogliano, che si rivolgono ad un pubblico diverso rispetto a quello che cerca i leggerissimi (e costosissimi) telai full-carbon. In realtà, anche nel segmento delle leghe metalliche, la ricerca sta facendo dei progressi, che fanno considerare questi materiali tutt’altro che antiquati o passati per l’industria ciclistica. Un esempio? Da quasi due anni i ricercatori della Ferrous Technology, presso l’Università Pohang, in Corea del Sud, hanno sviluppato una nuova lega metallica a basso costo, che promette di avere la resistenza dell’acciaio e la leggerezza del titanio. La nuova lega risulta da un amalgama di acciaio, alluminio, carbonio, manganese e nichel ed apre nuove frontiere per l’industria ciclistica, visto che le caratteristiche del nuovo materiale sono ideali proprio per la realizzazione di tubazioni ciclistiche. La qualità che differenzia la nuova lega rispetto alle precedenti leghe metalliche utilizzate in ambito ciclistico è la sua grande duttilità nella lavorazione, che in questo senso la assimila all’acciaio, ma diver112

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samente da questo è moltopiù leggero. È in effetti proprio per ridurre il peso specifico delle tubazioni metalliche che l’industria ciclistica ha cercato in passato di variare la miscelazione dei materiali presenti nella lega, ma il risultato è stato spesso quello di penalizzare le qualità di resistenza a trazione, del carico di rottura e, appunto, di ridurne la duttilità nella lavorazione. Grazie all’impiego di speciali composti intermetallici di dimensioni nanometriche e di nichel, la nuova lega sviluppata in Corea promette di superare brillantemente tali limiti. Ad oggi siamo ancora a uno stadio di ricerca e sperimentazione, ma i tecnici coreani hanno intenzione di collaborare presto con un’azienda

PEDELEC, LE PROIEZIONI IN NORDAMERICA Anche questo mese chiudiamo la nostra rubrica tecnica con un report sulla situazione del mercato e-bike oltre i nostri confini, proprio perché il raffronto con l’estero possa in qualche modo far riflettere quel che accade a casa nostra. Dunque, secondo un rapporto di ricerca pubblicato da Persistence Market Research nel mercato nordamericano il business generato da tutte le tipologie di motori disponibili per biciclette elettriche e a pedalata assistita segneranno un tasso di crescita del 6.7 per cento negli otto anni che ci separano dal 2025, passando dagli attuali 5200 agli 8500 milioni di dollari. L’incremento atteso è generato dall’aumento progressivo dei costi del carburante, che stanno progressivamente implementando la bici come mezzo di mobilità urbana. Negli stati nordamericani la figura del ciclista urbano su pedalec è in aumento anche perché molti Stati stanno investendo nelle infrastrutture per questo tipo di bicicletta, prima di tutto sotto forma di piste ciclabili realizzate ad-hoc.



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SCATTO D’AUTORE 100 KM DEI FORTI by newspower.it

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// FOCUS SUL SULLE PRODOTTO AZIENDE

SCHWALBE TIRE BOOSTER a cura di Roberto Diani

Il marchio tedesco ha messo sul mercato un dispositivo in grado di effettuare correttamente il montaggio di copertoni tubeless, anche quando non si ha a disposizione un compressore. Si tratta di una bottiglia in lega leggera che, dopo essere stata gonfiata con una normale pompa, può essere collegata alla valvola della ruota per scaricare la pressione in essa contenuta provocando lo spanciamento dello pneumatico all’interno del cerchio 116

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Montare uno pneumatico senza camera d’aria non è un’operazione semplicissima. Il punto di partenza è disporre di gomme, cerchi e valvole adeguati. Il passaggio cruciale del montaggio prevede di insufflare l’aria ad una pressione elevata, tale da spingere lo pneumatico contro le pareti laterali del cerchio; a questo punto il più è fatto, si tratta solo di completare lo spanciamento della gomma continuando ad insufflare aria fino a provocare il rumore inconfondibile che indica il completamento dell’operazione. Di norma, questa operazione prevede l’utilizzo di un compressore che, dato l’ingombro ed il peso, non è facilmente trasportabile. Da qui la necessità di disporre di una soluzione alternativa, in grado di risolvere situazioni che richiedono un intervento lontano dal proprio garage.

Il Tire Booster di Schwalbe risponde proprio a questa esigenza essendo strutturato in modo da poter utilizzare una normale pompa attraverso la quale possiamo introdurre aria, fino ad una pressione massima di 11 Bar (160 PSI), al suo interno; a questo punto possiamo trasferire l’aria dalla nostra “bomboletta” alla ruota, aprendo l’apposita levetta blu collocata nella parte superiore del Tire Booster. L’operazione può essere facilitata asportando la parte superiore della valvola inserita nel cerchio. Una volta terminata l’operazione, se necessario, si può aggiungere, sempre attraverso la valvola priva della sua parte superiore, la quantità opportuna di liquido sigillante. Rimontata la valvolina si procede, da ultimo, al gonfiaggio alla pressione voluta della gomma. La nostra esperienza ci insegna

che, non sempre, anche utilizzando un compressore, è garantita la buona riuscita dell’operazione: la forma del canale del cerchio e la sua interfacciabilità con lo pneumatico prescelto possono, infatti, complicare le operazioni. Pulire accuratamente cerchio e cerchietti dello pneumatico e, eventualmente, cospargerli con un liquido adatto (noi abbiamo usato Easy Fit di Schwalbe) sono operazioni facilitanti che possono risultare fondamentali anche quando l’accoppiamento tra cerchio e gomma non è ideale. Abbiamo testato il nostro Tire Booster inserendo uno pneumatico Schwalbe Hans Dampf da 27,5x2,35” su una ruota DT Swiss Hybrid 1.501 Spline One con canale interno largo 30 mm.

TIRE BOOSTER

Dopo aver ruotato la levetta della valvola azzurra in posizione “Close” abbiamo collegato alla valvola della ruota il tubo proveniente dal Tire Booster. Inserito il terminale della pompa sulla valvola posta nella parte superiore della bomboletta, abbiamo cominciato a pompare fino a raggiungere pressioni intorno agli 8/10 Bar e, a questo punto, abbiamo aperto la valvola blu ruotandola sulla posizione “Open”, portando a termine correttamente la nostra operazione. Il prezzo di listino è fissato a 59,90€.

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// FOCUS SUL SULLE PRODOTTO AZIENDE

Ceramic Speed UFO DRIP

Un lubrificante speciale che penetra maglie e piolini ma, una volta applicato, indurisce e garantisce una scorrevolezza e una durata della lubrificazione senza pari Come noto, una catena ben lubrificata influisce tantissimo nella scorrevolezza e, quindi, nelle prestazioni della bicicletta. Forse però non tutti sanno che i comuni prodotti lubrificanti per catene di biciclette tendono a perdere velocemente le loro caratteristiche quando - esposti all’acqua, al fango e anche al vento - i liquidi depositati su maglie e piolini svaniscono, slavano la catena che torna rapidamente ad essere “secca” perdendo così tutte le proprietà di scorrevolezza di quando appena lubrificata. Da qui è partita Ceramic Speed

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per formulare il suo Ufo Drip, che più che chiamare lubrificante è più corretto definire un “trattamento per catene”. Costa tanto sì, costa tanto questo Ufo Drip (70 euro per 180 millilitri di prodotto), ma una volta conosciute le caratteristiche e la modalità di applicazione vedrete che la spesa è più che sensata. FORMULAZIONE SPECIALE Ufo Drip è adatto sia alle mtb che alle biciclette da corsa. Il prodotto, in forma liquida, è la sintesi di dieci componenti tra i quali sono incluse cere di base e modificatori di attrito con formulazione proprietaria. Il trattamento possibile con Ufo Drip è unico, in quanto il prodotto si applica sulla catena in forma liquida, attraverso il beccuccio del flacone, così da penetrare in profondità negli angusti interstizi che si creano tra maglie e piolini, proprio quelli che penalizzano la trasmissione quando la catena non è lubrificata. Una volta penetrato in profondità, Ufo Drip si indurisce rapida-

a cura di Maurizio Coccia

mente raggiungendo una consistenza tale che gli assicura un’elevatissima resistenza agli agenti esterni, proteggendo nel contempo la catena dallo sporco e da ogni forma di contaminazione che ne può compromettere performance e durata nel tempo. A detta del produttore Ceramic Speed (che, lo ricordiamo, è azienda specializzata nella componentistica di altissima gamma che utilizza sistemi rotanti ad altissima scorrevolezza) la qualità di Ufo Drip non è solo quantificabile nella riduzione di attriti rilevabili appena effettuato il trattamento, ma più che altro nella capacità di conservare nel tempo e nella distanza l’elevato livello di scorrevolezza, identico a quello di quando la catena è stata appena trattata. Inoltre, il produttore parla di una riduzione del 46% nell’usura della trasmissione rispetto ai lubrificanti tradizionali applicati sulle catene e di un 20% di riduzione dell’attrito iniziale rilevato alla prima applicazione. Sempre in termini comparativi, la riduzione dell’attrito o, se preferite, il miglioramento della scorrevolezza rispetto ai concorrenti, sale all’83% nel caso in cui la misurazione viene fatta successivamente al primo utilizzo. DURATA, FORMATO, COSTO Ufo Drip assicura la sua efficacia per 200 chilometri, in qualsiasi condizione meteo. È disponibile in formato flacone da 180 millilitri. Il prezzo indicativo al pubblico è di 70 euro.



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SCATTO D’AUTORE LA VECIA FEROVIA DELA VAL DE FIEMME by newspower.it

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a cura di Paolo Mei

Nino Schurter

il punto sul fuoristrada

MTB, l’anno che verra’

La stagione riparte a metà del quadriennio olimpico. Scopriamo i protagonisti più attesi a livello maschile nel cross-country olimpico. Dietro alla solidità di Nino Schurter, scalpita il talento del crossista Mathieu Van Der Poel. E gli italiani? Sognano in grande 122

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Chi è Paolo Mei Paolo Mei, Giornalista sportivo e Speaker ufficiale nel Giro d’Italia

L’inverno è passato, anche abbastanza in fretta, nonostante gli ultimi giorni di febbraio siano stati caratterizzati da temperature molto rigide. Il mondo del fuoristrada è in fermento, quanto quello delle ruote strette. Proviamo allora ad anticipare quali saranno i possibili protagonisti sugli sterrati, partendo dalla categoria maschile. Le ultime annate, non solo quella passata, hanno evidenziato lo strapotere di un personaggio su tutti: Nino Schurter. L’allievo (forse sarebbe meglio parlare di… alieno) di Thomas Frischknecht nel 2017, subito dopo i cerchi olimpici conquistati nel 2016, si è accaparrato il mondiale e la coppa del mondo, andando a vincere tutte le prove e stabilendo così un record difficilmente eguagliabile. È sin troppo facile prevedere un 2018 roseo per Nino, ma proviamo a capire chi potrebbe impensierire lo svizzero della Sram Scott. Guardando alla classifica di coppa o

Jaroslav Kulhavy - credit Cerveny

all’esito degli ultimi mondiali, l’uomo più pericoloso potrebbe essere ancora una volta Jaroslav Kulhavy. Il ceco della Specialized, oro olimpico 2012 e già campione del mondo nel 2011, sembra essere abbonato ai secondi posti (nelle ultime edizioni dei mondiali e ai Giochi di Rio). Se le vittorie sembrano latitare, va detto che quando “Jaro” azzecca la giornata diventa pericoloso. Non è sembrato in grado di battere Schurter, ma ha trascorso un inverno ricco di uscite in bici anche sulla neve e con temperature proibitive. Tokio 2020 potrebbe essere l’ultima occasione per uno dei biker più bravi a programmare i grandi eventi. Alle spalle di questi due lo scenario è particolare: da una parte la vecchia generazione guidata dal vecchio Julien Absalon, pluricampione del mondo, plurivincitore della Coppa e ovviamente anche campione olimpico, per ben 2 volte. Il francese è alla sua ultima stagione e, francamente, non

sembra sul livello dei due precedenti, nonostante abbia nelle gambe un ultimo giro che forse nessun altro ha. Il campione d’Europa Florian Vogel, dopo un inverno non semplice a causa di un contratto che Focus gli ha rinnovato solo a febbraio, si annuncia come un osso duro ma certamente non così capace di sbancare negli eventi più importanti. Maxime Marotte rappresenta la certezza del buon risultato ma, oltre al podio in coppa in classifica generale, all’esponente della Cannondale mancano ancora gli acuti per la definitiva consacrazione. Il suo compagno di team, Manuel Fumic, pare essere proiettato verso il finale di carriera, con ancora ottime possibilità di ben figurare tra i big, ma onestamente non lo vediamo in grado di vincere in coppa o ai mondiali. C’è grande attesa per la stagione di Thomas Litscher: lo svizzero, dopo essere stato iridato junior, aveva deluso le aspettative, ma il terzo posto ai

Andrea Tiberi - foto mtbcult.it

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Marco Aurelio Fontana bettiniphoto

Dotato di grande carisma, classe e tecnica, Marco ha attraversato un biennio molto complicato, condizionato da malanni fisici e da una forma difficile da ritrovare. È l’anno della verità per lui che ormai non ha le attenuanti che alcuni giovani potrebbero accampare. mondiali australiani fa decisamente ben sperare: potrebbe essere una delle sorprese. Tra gli altri personaggi di alta classifica, occhio al francese targato Bianchi Stephane Tempier. Ottima persona, coi piedi per terra e uno stile particolare che lo porta spesso all’uso del fuori sella, Tempier è stato il migliore, dopo Nino, nella seconda parte di coppa nel 2017, per fallire clamorosamente l’Europeo (che sembrava alla sua portata) e il mondiale. Potrebbe stupire. Tra i giovani attenzione a Jordan Sarrou, 3° nella generale di coppa, la cui continuità ad alti livelli pare essere molto promettente. Viktor Koretzky, francese come Sarrou e forse più tecnico, è atteso ad alti livelli ma deve fare il risultato per crederci. Gli spagnoli potrebbero fare bene con David Valero che ha sfiorato l’Europeo, mentre a tenere alto il livello dei carioca, ci penserà 124

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il brasiliano Enrique Avancini, che va considerato come outsider. Ma tutti i succitati big dovranno fare attenzione, Shurter compreso, alla stella del ciclocross: Mathieu Van Der Poel. Nipote di Raymond Poulidour, figlio del grande Adrie, fratello di David, ha la bici nel sangue. Se ad oggi, Kulhavy escluso, pare difficile trovare l’antagonista dello svizzero, questo olandesino classe 1995 - vincitore in ogni luogo nel cross (tranne che al mondiale vinto da Van Aert) - merita una particolare attenzione. Campione europeo e protagonista della stagione, non ha usato mezzi termini per dichiarare che il suo obiettivo sarà la medaglia olimpica a Tokyo nella MTB. A giudicare da quanto dimostrato ad aprile e maggio 2017 in coppa, potrebbe essere proprio lui il vero “contender” di Nino. I numeri, tecnici e fisiologici sono dalla sua parte,

così come l’età. La tecnica che ha sulla bici è sublime, la capacità di guida sul fango non ha eguali, tuttavia ha un problema: quello mentale. Nonostante tutto, pare subire troppo la pressione (di Van Aert in particolare, ma comunque di chi lo precede in corsa) quando le cose non vanno nel verso giusto. Dovrà lavorare e parecchio sulla componente psicologica, ma noi ci sentiamo di dire che sarà lui la vera sorpresa dell’anno. Dietro questi big, si sta concretizzando la nuova generazione, con la Specialized guidata dal neozelandese e campione del mondo Under 23 Samuel Gaze, un singolare oceanico dalla classe innata e il giovanissimo, classe 1997, Simon Andreassen: il danese sembra però essere ultimamente più attento ai social e ai media che alle corse, nonostante abbia grandi numeri. Tra i giovani del futuro c’è chi


scommetterebbe sul figlio di Frischi, Andri Frischknecht, quasi pronto a sbarcare tra i big. Gli italiani li abbiamo lasciati per ultimi, volutamente. Allo stato attuale, l’uomo che sembra poter fare il colpaccio a livello internazionale è Gerhard Kerschbaumer. Seppur discontinuo, l’altoatesino ha dimostrato nel team Torpado di essere tornato ai massimi livelli. Già campione del mondo Under 23 e prima ancora anche Junior, nel 2017 ha vinto il titolo nazionale XCO e soprattutto ha centrato il podio a Mont Sainte Anne in Canada. Ha nelle gambe, come Absalon, un finale di gara da fuoriclasse. Gioele Bertolini, dopo una buona stagione nel cross, ha vinto subito a fine febbraio in maglia Focus l’internazionale di Verona MTB, candidandosi al ruolo di protagonista. Tecnico, tattico, capace e spregiudicato, il valtellinese potrebbe magari accusare la stanchezza del cross, ma è pur vero che nel 2017 ha vinto l’europeo Under 23 e anche in inverno aveva corso i cross. Diciamo che potrebbe provare l’assalto a un podio in coppa

del mondo. I gemelli Braidot, Luca e Daniele, saranno certamente due personaggi da non sottovalutare, sia per continuità che per affiatamento e tenacia. Molto bravi tecnicamente, molto vicini anche nei risultati, possono con Luca soprattutto puntare anche a qualche podio in coppa (dopo il settimo posto a Rio 2016). Attenzione a Daniele, al quale i risultati importanti non sono mai mancati. La top 10 in coppa, almeno nelle prove singole, potrebbe starci. Andrea Tiberi, 20° a Rio e campione italiano qualche stagione fa, pare essere rientrato, a 32 anni, ai suoi livelli abituali, sfiorando la vittoria a Verona. È uno che conosce i quartieri alti della classifica di coppa e potremmo sperare di rivederlo combattivo per una top 10, forse top 5. Nadir Colledani, passato dalla Torpado alla Bianchi, ma soprattutto dagli Under agli Elite, rappresenta una delle speranze italiane. Capace di vincere due prove di coppa a livello Under nel 2017, è anche vice campione europeo alle spalle proprio di Bertolini, a differenza del quale pare

al momento più acerbo. Il suo nuovo team, la Bianchi di Gimondi e Ghirotto, servirà proprio a farlo maturare. Lasciamo per ultimo, volutamente, Marco Aurelio Fontana. Bronzo a Londra 2012, bronzo ai mondiali 2014, il milanese di origine calabrese e residente in Emilia Romagna, sembra essere arrivato a un bivio. Dentro o fuori. Dotato di grande carisma, classe e tecnica, Marco ha attraversato un biennio molto complicato, condizionato da malanni fisici e da una forma difficile da ritrovare. È l’anno della verità per lui che ormai non ha le attenuanti che alcuni giovani potrebbero accampare. Se tornasse agli antichi fasti, potrebbe stupire davvero. A 34 anni, uomo immagine Bianchi, Fontana deve vincere e convincere. Se non vincerà, poco importa poiché questo ex ragazzo, oggi padre di famiglia, ha il merito di aver portato l’Italia maschile sul podio olimpico, unico nella storia azzurra al maschile. Nel prossimo numero analizzeremo il settore femminile.

Mathiev Van der Poel - bettiniphoto


// LOCALITÀ BIKE-FRIENDLY

Laigueglia,

una perla sospesa tra il cielo e il mare a cura della redazione

Meno mondana di altre località della costa, ha saputo mantenere intatta, nel corso degli anni, la sua identità verace di antico borgo di mare I 7.500 chilometri di coste che perimetrano il nostro paese sono un patrimonio dal valore inestimabile. Da nord a sud il continuo susseguirsi di pinete, spiagge e graziose cittadine che si specchiano sul mare, rende quasi impossibile stilare una classifica delle località più attraenti d’Italia. Ma c’è una piccola parte di questo litorale che, per condizioni climatiche e bellezze paesaggistiche, può ritenersi davvero particolarmente fortunata. Un giardino che profuma di ulivi e limoni, 126

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dove l’estate cede il passo a un inverno che sa di primavera: il ponente ligure. Percorrere le strade che da Genova portano verso il tramonto è un’esperienza che emoziona sempre. Qui la sensazione è quella di essere sospesi fra il mare e il cielo e soltanto l’incontro con i piccoli paesi che punteggiano la costa riporta piacevolmente... con i piedi per terra. Quando si viaggia utilizzando come bussola il profilo delle spiagge poco dopo Savona ci si imbatte in Laigueglia, il più piccolo comune della provincia, uno dei paesi che in questo lembo di Liguria ha saputo conservare meglio la sua bellezza, senza cedere alle lusinghe del turismo di massa. Laigueglia è uno di quei luoghi in cui la natura e le opere della gente che li ha abitati, hanno saputo sposarsi alla perfezione nel corso dei secoli. Meno mondana e chiassosa di altre famose località della zona, offre ai visitatori molteplici possibilità: si può passare la giornata sulla spiaggia di sabbia finissima su cui da anni sventola la Bandiera Blu europea, oppure raggiungere la vicina Alassio, passeggiando sullo splendido lungomare, o fare shopping nei

negozi del “budello”, il “corridoio” creato dalle case che si sviluppa parallelo al mare. Quando si cammina fra le case a due passi dal mare, con i loro colori tenui e le barche tirate in secca, non ci si stupisce affatto che questo piccolo gioiello della riviera ligure sia entrato a far parte del ristretto club dei “Borghi più belli d’Italia” e si rimane stupiti quando si oltrepassa il portone della chiesa parrocchiale di San Matteo, un vero capolavoro del barocco. E per chi ama la storia è d’obbligo un’escursione a Colla Micheri, un piccolo villaggio medievale in cui il famoso esploratore norvegese Thor Heyerdal scelse di passare i suoi ultimi anni. Gli odori e gli indimenticabili scorci sul mare che regala il sentiero che si snoda sulle colline, sono il miglior aperitivo prima di passeggiare fra le strade lastricate e gli edifici in pietra del piccolo nucleo in cui sembra che il tempo si sia fermato. Il pre-dinner ideale prima di tornare in città a sorseggiare un profumatissimo bicchiere di vino bianco e assaggiare le specialità di pesce tipiche della cucina ligure.


SIXER

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EDIZIONE LIMITATA


// FOCUS SUL SULLE PRODOTTO AZIENDE

VULKOR la sella senza imbottitura Base d’appoggio più ampia, perfetta per ogni disciplina, garantisce una sensibilità ottimale tra corridore e mezzo VULKOR – La novità SMP SENZA IMBOTTITURA ma estremamente comoda

Vulkor – l’ultima avveniristica sella nata nei laboratori della storica azienda padovana - è stata sviluppata partendo dal modello Composit, ereditandone scafo ed ergonomia, ma si differenzia da quest’ultima per una più ampia base di appoggio posteriore. Priva di qualsiasi imbottitura, permette di “sentire” maggiormente le reazioni della propria bici. Consigliata per ciclisti con bacino medio-largo, come tutti i modelli della linea SMP$BIKE Professional, è perfetta per qualsiasi disciplina e si adatta alle esigenze tanto degli uomini quanto delle donne. Scheda tecnica Vulkor Uso consigliato Livello imbottitura Materiale Imbottitura Rivestimento Scafo Telaio standard Telaio opzionale Dimensioni Peso

Strada, MTB, Triathlon Vera pelle (colore nero), Microfibra (colorati) Nylon 12 caricato carbonio Inox AISI 304 Ø 7,1 mm Carbonio unidirezionale 7,1 x 9.6 mm 266 x 136 mm 235 g (versione standard), 175 g (versione CRB)

NYMBER – Per chi ama

UNA LEGGERA IMBOTTITURA

Affine alla Vulkor, dalla quale eredita forme e larghezza, si caratterizza per una leggera imbottitura uniformemente distribuita su tutta la sella. Questo aspetto la rende molto versatile e adatta agli utenti che non amano le sedute eccessivamente rigide. Studiata per Road e Off-road, garantisce il massimo comfort ed elevate prestazioni anche alle donne. Scheda tecnica Nymber Uso consigliato Livello imbottitura Materiale Imbottitura Rivestimento Scafo Telaio standard Telaio opzionale Dimensioni Peso

Strada, MTB, Triathlon Minima Elastomero espanso Vera pelle (colore nero), Microfibra (colorati) Nylon 12 caricato carbonio Inox AISI 304 Ø 7,1 mm Carbonio unidirezionale 7,1 x 9.6 mm 267 x 139 mm 285 g (versione standard), 230 g (versione CRB)

Entrambi i modelli saranno disponibili a breve presso i test point autorizzati Selle SMP. Per maggiori informazioni consultare lo store locator: http://www.sellesmp.com/it/trova-rivenditore.html

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SUPER DH

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EDIZIONE LIMITATA


// INTERNAZIONALI D’ITALIA SERIES

Il gotha del cross country a cura della redazione

Importanti novità per il più importante circuito italiano: diretta web per i quattro appuntamenti del calendario 2018. Si parte il 15 aprile da Nalles Dopo il debutto della stagione del cross country, Internazionali d’Italia Series – il più importante circuito italiano della disciplina olimpica della mountain bike – ha presentato a Milano un’edizione 2018 caratterizzata da importanti novità. L’evento si è tenuto lo scorso 26 febbraio al Palazzo del CONI, alla presenza – fra gli altri – del Presidente del Comitato Lombardo della Federazione Ciclistica Italiana

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Cordiano Dagnoni, del Consigliere Federale Paolo Fantoni e del Commissario Tecnico della Nazionale Italiana di Mountain Bike, Mirko Celestino. Il circuito gestito da CM Outdoor Events, con il patrocinio di Federazione Ciclistica Italiana e Unione Ciclistica Internazionale, può contare quest’anno su quattro appuntamenti. Si comincia domenica 15 aprile da Nalles (BZ), con il tradizionale appuntamento del Marlene Südtirol Sunshine Race, quest’anno tornato alla categoria HC, seguito da due appuntamenti al debutto nel circuito. Il 22 aprile lo spettacolo approderà a San Marino per il Titano XCO, mentre la tappa dell’Aprutium Race a Pineto (TE) del 10 giugno rappresenta l’importante ritorno di Internazionali d’Italia Series nel Centro Italia. Chiusura affidata ad un altro appuntamento classico,

l’Alpago MTB Trophy di sabato 30 giugno a Lamosano di Chies d’Alpago (BL), dove nello stesso weekend si terranno i Campionati Italiani giovanili e quelli di Cross Country Eliminator. In palio ci sono le corone conquistate nelle categorie Open nel 2017 da Marco Aurelio Fontana (Bianchi Countervail) e dalla Campionessa tricolore Serena Calvetti (Damil GT Trevisan), e le nuove maglie di leader realizzate da Northwave, presentate proprio nell’ouverture di Milano. Come nella scorsa stagione, le classifiche di Internazionali d’Italia Series interesseranno sei categorie: oltre alle Open maschile e femminile, andranno a caccia delle maglie di leader anche Under 23 e Juniores, uomini e donne. Per Chiara Teocchi (Bianchi Countervail) ci sarà una nuova occasione di difendere la sua corona Under 23,


Da sinistra, Dario Acquaroli, Product Promoter di Vittoria Industries, Marco Cittadini, PR & Communication Manager di Shimano Italy, e Mauro Baldini, Marketing & Communication Manager di Northwave, con le maglie di leader dell’edizione 2018 di Internazionali d’Italia Series disegnate dal Northwave Custom Project – foto: Michele Mondini)

mentre è certo il passaggio di mano delle restanti maglie, visto il salto di categoria che ha interessato tanto Nadir Colledani (Bianchi Countervail), primo della categoria Under 23 uomini nel 2017, quanto gli ex junior Juri Zanotti (Torpado Gabogas) e Marika Tovo (Rudy Project). Sul piano organizzativo, l’obiettivo dichiarato di CM Outdoor Events è quello di confermare gli ottimi riscontri ottenuti nel 2017 da parte di atleti, team e sponsor, proponendo anche in questa stagione un elevato livello di partecipazione – sul piano qualitativo e quantitativo – e operando un ulteriore salto di qualità sul piano della rilevanza e della visibilità del circuito. Ed è proprio questo aspetto che riguarda la più importante novità presentata nel vernissage di Milano. Per la prima volta nel 2018, gli eventi di Internazionali d’Italia Series

saranno trasmessi in diretta streaming web. Tutti gli appassionati, in Italia e non solo, potranno seguire su tutti i devices la diretta integrale della prova Open maschile ed ampi highlights delle gare Open Donne e Junior Maschile e Femminile, per un livello di visibilità e fruibilità mai raggiunto dalla mountain bike italiana al di fuori delle prove di Coppa del Mondo. “Quello della diretta web è un obiettivo che abbiamo inseguito e voluto con forza – ha spiegato Luca Carton di CM Outdoor Events – e al quale ci eravamo avvicinati negli anni, fino alla proposta di un’ampia fascia di highlights in streaming web nella scorsa stagione, in collaborazione con PMG. Quest’anno riusciremo finalmente a portare la grande Mountain Bike nelle case di tutti gli appassionati, un’opportunità che dà valore al tanto lavoro

svolto in questi anni e che testimonia le grandi ambizioni del circuito anche in prospettiva futura.” L’impegno e la crescita di Internazionali d’Italia Series ha trovato un riscontro significativo anche sul fronte delle partnership, con gli importanti accordi di sponsorizzazione con realtà al vertice dell’industria ciclistica: alle conferme di Northwave e Shimano, già presenti al fianco del circuito nella stagione 2017, si è aggiunto l’arrivo di un altro importante marchio italiano, Vittoria.

Stanno arrivando in queste settimane le conferme di partecipazione delle più importanti formazioni italiane ed internazionali, che accenderanno l’entusiasmo dei tifosi sul percorso o collegati in diretta. Non resta che attendere che lo spettacolo inizi. LIFESTYLE INBICI

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SCATTO D’AUTORE DOLOMITICA BRENTA BIKE - PINZOLO (TN) by newspower.it

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// INTERNAZIONALI D’ITALIA SERIES

CACCIA AL TRONO

di Fontana e Calvetti a cura di Roberto Diani

Edoardo Bonetto - Elios SR Suntour Factory Racing in azione

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Nalles, San Marino, Pineto e Lamosano di Chies d’Alpago. Quattro tappe e tanti favoriti: a chi gli oscar Open del 2018? Sono quattro, nel settore delle competizioni XCO, gli appuntamenti del calendario 2018 degli Internazionali d’Italia Series. Patrocinati dalla Federazione Ciclistica Italiana e dall’Unione Ciclistica Internazionale, da questo poker di manifestazioni usciranno i nomi dei successori di Aurelio Fontana e Serena Calvetti che hanno primeggiato, nella scorsa stagione, nelle rispettive categorie Open. Il principale circuito nazionale dedicato alla specialità olim-

pica prenderà il via il 15 aprile nella località di Nalles (BZ) teatro del Marlene Sudtirol Sunshine Race. La domenica successiva (22 aprile) gli atleti si trasferiranno a San Marino per il Titan XCO. Per la terza tappa la carovana si sposta a sud e, più precisamente, a Pineto (TE), dove il 10 giugno si svolgerà l’Aprutium Race. Quarto e ultimo appuntamento il 30 giugno a Lamosano di Chies d’Alpago (BL) per l’Alpago MTB Trophy. Per quanto riguarda i pronostici, gli aspiranti più accreditati ai successi di tappa e all’intero circuito dovrebbero uscire da una ristretta cerchia di biker che sono essenzialmente raggruppati in cinque Team: TORPADO CABOGAS con Gherard Kerschbaumer (Elite), Juri Zanotti (U 23) e Nicola Taffarel (U 23); FOCUS SELLE ITALIA con Andrea Tiberi (Elite), Gioele Bertolini (Elite) ed Elisa Rabensteiner (Elite Donne); OLIMPIA VITTORIA con Daniele Braidot (Elite), Luca Braidot (Elite) e Mirco Tabacchi (Elite); ELIOS SR SUNTOUR FACTORY con Edoardo Bonetto (Elite) e Francesco Bonetto (U 23); BIANCHI COUNTERVAIL con Marco Aurelio Fontana (Elite), Stephane Tempier (Elite), Nadir Colledani (Elite) e Chiara Teocchi (U 23 Donne). I cinque Team hanno in comune l’utilizzo di componenti trasmissione Shimano XTR in virtù dei quali potranno usufruire, sui campi di gara e durante la stagione, dell’assistenza dei tecnici del marchio nipponico.

Juri Zanotti vincitore del circuito Internazionali d’Italia 2017 nella categoria Junior


// L’ATLETA DEL MESE

Dominique Sitta

L’OUTSIDER a cura di Paolo Mei

Appassionato delle ruote grasse, ambizioso e maniaco dell’allenamento, il giovane valdostano promette battaglia dopo il podio sfiorato ai Campionati Italiani Under 23 dello scorso anno

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Dominique, scorrendo il suo curriculum svetta un buon quarto posto ai campionati italiani 2017. È più grande la felicità per il buon risultato o la delusione per non essere salito sul podio tricolore? In realtà sono sia felice che rammaricato perché, con il senno di poi, posso dire che il podio era fattibile. Mi è sfuggito per soli 9 secondi, però al contempo sono anche molto felice di aver fatto una prestazione del genere. Il futuro sembra essere dalla sua parte. Alcuni dei migliori Under 23 sono passati tra gli elite, lei invece ha ancora buone prospettive nella categoria: quali sono i suoi obiettivi e le sue aspettative per il 2018? I miei obiettivi per questa stagione sono molteplici. Nella prima parte dell’anno mi piacerebbe centrare un buon piazzamento nella coppa del mondo di Stellenbosch (Sud Africa) il 12 di marzo, poi ovviamente mi piace-

rebbe salire sul podio dell’Italiano che mi è sfuggito l’anno scorso. Tra l’altro, quest’anno questa gara si disputerà nella mia regione, pertanto ho una motivazione in più. E poi come obbiettivo finale mi piacerebbe essere convocato al mondiale ed europeo con la nazionale italiana. Abitare in Valle d’Aosta da un lato è ottima cosa per gli allenamenti estivi, un po’ meno per la preparazione nella stagione fredda. Come si è preparato quest’inverno? In inverno mi dedico, in particolare, allo sci alpinismo, poi vado anche in palestra e ovviamente pedalo. Nelle fasi più rigide dell’inverno mi sposto anche in Liguria, dove il clima, essendo più mite, mi permette di pedalare meglio. Il 2018 sancisce anche il passaggio in un team piemontese, la Silmax, che per la prima volta ha licenza U.C.I. Com’è stato l’impatto con la squadra?

I miei obiettivi per questa stagione sono molteplici. Nella prima parte dell’anno mi piacerebbe centrare un buon piazzamento nella coppa del mondo di Stellenbosch (Sud Africa) il 12 di marzo, poi ovviamente mi piacerebbe salire sul podio dell’Italiano che mi è sfuggito l’anno scorso.

Il direttore sportivo lo conoscevo già. Il Dottor Giuseppe Giordano è molto serio e ci tiene molto ai suoi atleti, cerca di metterli sempre nelle condizioni migliori possibili. Nella squadra mi trovo benissimo, i compagni li conoscevo già tutti. Nuovo team, nuova bici. E lei ha voluto espressamente una full suspended. Perchè? Perché, ad oggi, i percorsi di World Cup sono davvero tecnici ed impegnativi, dunque una bici biammortizzata è essenziale per cercare di fare bene.

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Dominique Sitta in azione

C’è un biker, o comunque un atleta da cui trae ispirazione? Il mio idolo di sempre è Nino Schurter, l’atleta più completo, a mio avviso. Nonostante siamo ad inizio stagione, il suo 2018 si è aperto con una discreta esperienza, molto lontana dall’Italia in una corsa a tappe. Com’è andata? Ho corso una gara a tappe a Lamzarote nelle isole Canarie. È andata abbastanza bene, peccato solo per la prima tappa dove vari inconvenienti hanno fatto sì che chiudessi solo al 44° posto. Poi però, dalla seconda tappa, le cose hanno iniziato ad andare per il verso giusto e in classifica generale sono riuscito a risalite fino al 21° posto generale tra gli Elite. 138

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Ha già provato il ciclocross? No, mai provato anche se mi piacerebbe. E la strada? Con la bici da strada mi alleno molto, però gare non ne ho mai fatte. Tornando al suo passato, lei ha corso in Coppa del mondo in alcune tappe europee. Che esperienza è stata? Non dimenticherò mai la mia prima volta in coppa. Esperienza bellissima, percorso e pubblico fantastico, sono emozioni difficili da spiegare. In ogni caso, l’atmosfera di coppa del mondo è completamente diversa da tutte le altre gare. Ci sarà modo di vederla all’opera in Coppa quest’anno? Si, quest’anno parteciperò a tutte le prove di coppa del mondo. Inizierò l’ 11

marzo in Sud Africa a Stellenbosch. Sbilanciamoci sulla corsa dei sogni: quale sceglierebbe? Ovviamente la gara a cui tutti gli atleti ambiscono a partecipare penso sia un Olimpiade. Il mio più grande sogno però non è quello di parteciparvi ma di fare un risultato di rilievo. Qualcuno da ringraziare? Dovrei ringraziare un sacco di persone, da Enrico Martello che mi fa da allenatore e fratello maggiore, ai miei genitori. Senza dimenticare la mia seconda famiglia, il velo club Courmayeur Mont blancla, squadra in cui sono stato per 14 anni. Senza di loro non sarei qui a sognare di diventare un campione.



// LUOGHI INTORNO A NOI

Nel regno degli specchi In the realm of mirrors a cura della Redazione / By the Editorial staff

credit photo - R. Kiaulehn

Viaggio nella Valle dei Laghi, dove i vigneti profumati fanno da cornice agli antichi borghi medioevali. Trip to the Lakes Valley, where ancient medieval villages are immersed in fragrant vineyards LA VALLE DEI LAGHI, NEL REGNO DEGLI SPECCHI INCANTATI Quasi una dozzina di fiabeschi laghetti alpini, vigneti rigogliosi che regalano aromi e sapori unici, antichi borghi suggestivi e incantevoli manieri medievali. Venite a trovarci, la Valle dei Laghi vi stupirà. IN SELLA TRA CITTÀ, MONTAGNA E LAGHI Una full-immersion in bicicletta nel cuo140

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re del Trentino. Corroboranti pedalate nei dintorni di Trento, salite leggendarie, panorami mozzafiato. Itinerari e piste ciclabili per famiglie e a prova di biker per vivere un’esperienza meravigliosa sulle due ruote alla scoperta di natura e cultura. UNA PALESTRA ALL’ARIA APERTA Uno spettacolo davvero unico tra paesaggi alpini e panorami lacustri, meta ideale per famiglie che cercano una vacanza nella natura e per gli sportivi

che intendono godere di una palestra all’aria aperta. DOVE L’AMORE FA NASCERE GRANDI VINI Potremmo raccontarvi come nasce il sapore unico di un vino come il Nosiola, spiegarvi l’origine del Vino Santo, dilungarci nel descrivervi la procedura di distillazione delle nostre grappe, ma vi mancherebbe sempre una cosa: la degustazione. Vi aspettiamo!


VACANZA RURALE: ESPERIENZA VERA Trascorrere una vacanza tra rifugi e malghe, immersi nella natura più autentica per assaporare tradizione e gastronomia, incontrare i protagonisti dei luoghi, venire a contatto con gli animali per poter seguire la trasformazione dei prodotti . IDEE VACANZA Approfitta delle nostre offerte last minute proposte tutto l’anno per prenderti finalmente una pausa dallo stess quotidiano a prezzi contenuti. Scopri il meglio del Trentino: immergiti nella natura del Monte Bondone, assapora le migliori proposte enogastronomiche della Valle dei Laghi e visita Trento, città dove arte, cultura e divertimento si coniugano per farti vivere una vacanza indimenticabile! Non esitare a contattarci, saremo lieti di creare un pacchetto su misura per te e la tua famiglia. About a dozen enchanting little mountains lakes, vineyards producing wines with unique scents and flavors, beautiful villages and Medieval castles.

Come and visit us. Valle dei Laghi will not disappoint you. ON THE SADDLE ROUND CITY, MOUNTAIN AND LAKES Complete bike immersion in the heart of Trentino: lovely rides around Trento, legendary climbs, breathtaking sceneries. Ideal bike routes and cycle paths for families and mountain bikers to experience marvelous rides on the two wheels through nature and culture. AN OUTDOOR GYM Just stonès throw from the city the sorroundings offer everything a sport lover could ask for: biking trails, climbing ways, trekking and mountain bike tracks, paragliding and hang gliding. Give it a go, you won’t regret. WHERE LOVE PRODUCES GREAT WINES We could tell you how the unique bouquet of a wine such as Nosiola is obtained, explain the origins of Vino Santo, describe the lenght the distillation procedure used to create our grappas, but one thing would always be missing: the tasting. Visit us.

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Info: APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi Tourist Board Booking Center - Tel. +39 0461 216000 booking@discovertrento.it - www.discovertrento.it

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Trentino Mtb

BRIVIDI DA STERRATO a cura della redazione

Sette appuntamenti per gli amanti delle ruote grasse, sette località naturalistiche di grande fascino. Si parte il 6 maggio con la “ValdiNon Bike” di Cavareno

Il circuito Trentino MTB rappresenta una delle cavalcate più sontuose che un atleta sulle ruote grasse possa effettuare, un challenge fra gli scenari naturalistici più spettacolari dello stivale che allieterà i bikers dal 6 maggio, data del primo contest, al 26 agosto, giornata clou che chiuderà una nuova stagione in mountain bike sugli sterrati del Trentino.

Valutare quale itinerario scegliere per inforcare la bici in questa regione è davvero difficile per la varietà degli stessi, ma Trentino MTB permette di sciogliere ogni dubbio offrendo sette tappe nelle località più spettacolari e

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degne di essere percorse e vissute, attraverso l’impegno e la dedizione, spesso gratuita, di altrettanti comitati organizzatori che si spendono affinché i bikers possano avere a disposizione tutto il necessario per concedersi competizioni abbinate a qualche giorno di relax, da soli o in compagnia dei propri cari. Giri in assoluta rilassatezza godendo di panorami mozzafiato, o vere e proprie ‘spedizioni’ con salite difficoltose e discese a perdifiato, Trentino MTB pensa all’agonista come al semplice appassionato, senza dimenticare i concorrenti in e-bike e i cicloturisti che potranno far parte degli eventi in maniera non competitiva. Premiata anche l’affezione, con i concorrenti che

avranno effettuato tutte e sette le gare ad aver diritto ad un bonus di 600 punti e chi ne avrà portate a termine sei un bonus di 300 punti, ricordando che i due bonus sono cumulabili e spesso risultano determinanti nel definire il campione e la campionessa del challenge, accaparrandosi ben 900 punti nel caso in cui si riuscisse ad effettuare l’en plein. A termini di regolamento, nei casi di parità, si terrà conto della migliore prestazione conseguita nelle tappe disputate, ricordando che per concorrere alla classifica finale sarà obbligatorio partecipare ad almeno quattro prove. Ogni anno, inoltre, a rotazione vengono individuate due gare del circuito definite “jolly”, per le quali


il punteggio assegnato verrà valorizzato con l’aumento del 20% e, per la stagione 2018, sono state scelte “Val di Sole Marathon” e “3TBIKE”, parte del rush finale dove bisognerà proprio non mancare! Ed ora veniamo agli appuntamenti di Trentino MTB 2018: la gara d’apertura sarà la “ValdiNon Bike” di Cavareno il 6 maggio, la seconda la gradita conferma della “Passo Buole Xtreme” del 20 maggio ad Ala, la terza la prova più longeva del lotto, la “100 Km dei Forti” del 10 giugno a Lavarone, poker alla “Dolomitica Brenta Bike” del 1° luglio a Pinzolo, prima del trittico finale fra “Val di Sole Marathon”

come quinta prova il 15 luglio a Malè, la mitica “La Vecia Ferovia dela Val de Fiemme” da Ora a Molina di Fiemme il 5 agosto e la “3TBIKE” conclusiva il 26 agosto in Valsugana, accompagnate dalle rispettive prove “mini” dedicate ai piccoli delle ruote artigliate. Le iscrizioni sono a disposizione dei bikers alle cifre cumulative (e comprensive di prima griglia di partenza) di 180 euro anziché 215 euro per le sette gare, 160 euro anziché 194 euro per competere in sei tappe, e 140 euro anziché 154 euro per cinque delle sette prove, tutte tariffe comprensive di gadget. La “ValdiNon Bike” si svolge a primavera nella

“terra delle mele” e richiama all’ordine i bikers rimasti “in sospeso” dopo l’inverno, ad Ala i “40 km del Soldà” ricordano gli scontri della prima guerra mondiale, mentre sull’Alpe Cimbra ci si potrà gustare anche Lavarone Bike e Nosellari Bike, previste nelle due giornate precedenti la sfida domenicale fra le fortificazioni di Folgaria, Lavarone e Lusern. Dolomitica Brenta Bike e Val di Sole Marathon ricche di novità, con quest’ultima proposta anche in staffetta nel percorso ‘World Cup’, “Vecia Ferovia” rinnovata sull’ultimo tratto e gran finale confermato in Valsugana, dove non mancheranno i colpi di scena.

Trentino MTB non fa mancare nulla ai bikers, ed ora non resta che questi ultimi si facciano sentire, salendo in sella verso una nuova e ricca stagione di sfide sulle ruote artigliate.

Immagine Trentino Mtb 2017 foto Newspower.it

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// CICLOTURISMO

PORTOFINO

tradizioni d’élite a cura della redazione

Incastonata nel cuore delle Cinque Terre, l’elegante località ligure è un meraviglioso affresco dai colori pastello. Da non perdere la piazzetta che declina verso il mare ed il Castello Brown avvolto dalla rigogliosa natura mediterranea

Di lei Maupassant disse: “Un piccolo villaggio che si allarga come un arco di luna attorno a questo calmo bacino”. Di origini romane, anche Plinio il Vecchio parlò delle straordinarie bellezze di Portofino, definendola “Portus Delphini” in relazione alle tante specie di delfini che popolavano le sue acque. 144

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Benché meta da anni del turismo d’élite, con porticcioli e baie affollati da lussuosi yacht, oggi le tradizioni marinare e artigianali sono ancor vive a Portofino, località ligure delle Cinque Terre dagli inconfondibili colori pastello. Almeno quattro le cose “da vedere assolutamente”. In primis, la celebre Piazzetta che declina e termina nell’acqua del porticciolo. Qui da sempre - e ancora oggi - i marinai portano le barche a secco. Fanno da cornice a questo affresco fuori dal tempo, i portici con i negozi, i ristoranti e gli

american bar. Molto suggestivo anche il Castello Brown, avvolto da un parco mediterraneo con tutto intorno lo scenario affascinante del golfo. Chiamato anche Castello di San Giorgio, risale probabilmente al XIV secolo. Recentemente sono stati trovati i resti di un’antica torre di avvistamento romana in corrispondenza del castello. Riportata alla luce grazie gli scavi dell’ultimo dopoguerra, la Chiesa di San Giorgio risale invece al 1154. Vi si conservano i resti sacri del Santo patrono di Portofino, trasportate dai marinai ritornati dalle Crociate. Infine il Teatrino, salotto intellettuale e cuore di incontri tra genti di risonanza internazionale.Portofino è anche una meta molto ricercata dai cicloturisti. Da non perdere, in particolare, il classico giro panoramico che segue la costa Ligure nell’area del Tigullio, offrendo scorci da cartolina. Si parte da Chiavari andando ad immettersi sulla Aurelia in direzione Genova. La strada alterna tratti in salita in falsopiano e in discesa. Da Chiavari si sale subito e si incomincia a vedere la parte sud del golfo del Tigullio verso Sestri Levante.


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