iNBiCi magazine anno 10 – 09/ Settembre 2018

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PERIODICO IN DISTRIBUZIONE GRATUITA ANNO IX - N. 9 SETTEMBRE / 2018

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ACSI, Il ciclismo amatoriale è qui INBICI TOP CHALLENGE ECCO L’EDIZIONE 2019 Tre new-entry: Versilia, Merckx e Cinque Terre

PETACCHI SOGNA L’AMMIRAGLIA

“Sarebbe bello avere una squadra tutta mia”

DAVIDE MARTINELLI L’EX “FIGLIO DI PAPÀ” “Ancora oggi non conosco i miei limiti”




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SCATTO D’AUTORE TOUR DE FRANCE 2018 by Bettiniphoto

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MONDO ACSI

Settembre

sui pedali a cura della redazione

“La Teoria del Piacere” di Giacomo Leopardi parte da un’idea ben precisa: ogni uomo mira al piacere e al soddisfacimento della propria felicità, una tendenza che non conosce limiti. Il poeta, di tendenza inesorabilmente pessimista, vedeva una distanza incolmabile tra il desiderio del piacere e la possibilità di soddisfarlo ma… i concorrenti del Campionato Nazionale ACSI sembrano smentire questa teoria!

Il divertimento su due ruote sta infatti proseguendo e vedrà uno dei propri apici stagionali proprio nel mese di settembre, “avviato” dalla Granfondo Marco Pantani di Cesenatico in ricordo dello scomparso campione giusto a vent’anni dai trionfi al Giro d’Italia e al Tour de France. L’8 settembre a Follonica (GR) ecco invece la sfida al campione nell’allettante Chasing Cancellara, con Fabian attore protagonista di un nuovo evento ideato, proposto ed interpretato dallo stesso “Spartacus”, con l’obiettivo di incontrare, salutare e ringraziare

Da Follonica a Longiano, l’ente di promozione si appresta a vivere un altro mese ricco di appuntamenti i propri fan smaniosi di condividere un’avventura speciale, un’opportunità unica per potersi confrontare con la “Locomotiva di Berna”. ACSI Ciclismo sarà il main partner di questa scoppiettante iniziativa, pedalando davanti, accanto e – come il destino sembra pronosticare – all’inseguimento di un grande campione capace di collezionare titoli olimpici e mondiali, classiche monumento, maglie dei grandi giri dai


colori più prestigiosi come il giallo del Tour. Al termine della gara, Cancellara si fermerà con tutti gli appassionati ACSI per foto ricordo, chiacchierate a ruota libera e per ringraziare dell’affetto dimostratogli. Nessuna tregua, poiché nella giornata successiva ACSI Ciclismo sfoggerà la Granfondo Città di Torino, la Prosecco Cycling a Valdobbiadene (TV) e la Granfondo Città di Teramo (TE), con la competizione piemontese a scattare dal caratteristico Borgo Medievale nel Parco del Valentino per arrivare al cospetto della Basilica di Superga, un’attrazione che – per un arrivo di una sfida ciclistica – non potrebbe essere

più suggestiva. I percorsi della Granfondo Torino saranno due, un granfondo di 128 km e 2667 metri di dislivello e un mediofondo di 99 km e 2274 metri di dislivello, a disposizione dei pedalatori arditi e dei meno allenati, con tratti in piano da lasciar “respirare”. ACSI d’altronde propone prima di tutto tranquillità e benessere sui pedali, e l’invito principale è riservato innanzitutto a chi sa godere e comprendere questi precetti, senza eccessivi agonismi. Le colline del Prosecco offriranno invece la Prosecco Cycling, un nome un perché, lungo un tracciato di 96.4 chilometri e dislivello complessivo di 1550 metri, con il ristoro

sul Muro di Ca’ del Poggio, a San Pietro di Feletto, ad ergersi ancora una volta a chicca della manifestazione. Ai fini della classifica individuale saranno cronometrati quattro tratti in salita sul percorso di gara: Zuel (m 1400, pendenza media 10,4%, pendenza massima 18%); Muro di Ca’ del Poggio (m 850, pendenza media 13,4%, pendenza massima 18%) appunto; Via dei Colli (m 650, pendenza media 11,4%, pendenza massima 16%); Collalto (pendenza media 6,8%, pendenza massima 14%). Dall’agonismo alla beneficenza con la mitica 2xBene di Longiano (FC) del 16 settembre a proporre – a scopo solidale - “TuttixBene” in mattinata e la tradizionale “2xBene” nel pomeriggio, con numerosi ospiti illustri a partecipare per aiutare il prossimo assieme all’ente di promozione sportiva. E non è finita qui perché, a proposito di Giacomo Leopardi, nella medesima giornata ci sarà la Granfondo Leopardiana di Recanati (MC) intitolata al poeta di Recanati, con gli atleti a divertirsi lungo i percorsi di 86 km e 1450 metri di dislivello e 136 km e 2850 metri di dislivello, mentre il 23 settembre farà aprire il sipario sulla Granfondo Bike Division di Peschiera del Garda (VR) e sulla Granfondo di Casteggio (PV), con la Granfondo On Energy del 30 settembre a Loano (SV) a porre la ciliegina sulla torta ad un mese intenso e ricco d’iniziative per il mondo ACSI.

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Sommario Settembre 2018 // Numero 9

Il sogno di Petacchi

Paolo Coin

Davide Martinelli

Italian Bike Festival

Manuel Belletti

“Adesso sogno una squadra tutta mia”

Maurizio Fondriest Ricordi e progetti 30 anni dopo Renaix

04 12 20 26 28

MONDO ACSI

a cura della redazione

TRENTIN RE D’EUROPA di Carlo Gugliotta

INBICI TOP CHALLENGE a cura della redazione

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GRANDUCATO DI TOSCANA a cura della redazione

QUELLO CHE NON -HO MAI SCRITTO di Gianfranco Josti

ASPETTANDO INNSBRUCK di Carlo Gugliotta

GRANFONDO ROMA a cura della redazione

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“Vi spiego perché il Cosmobike a febbraio”

“Non sono più un figlio di papà”

La fiera delle due ruote entra in una nuova era

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GRANFONDO TORINO a cura della redazione

72 76 78 82 90 102

MENTE IN SELLA di Claudia Maffi GRANFONDO CHARLY GAUL a cura della redazione

FOCUS SUL PRODOTTO di Roberto Diani

SVIZZERA SUI PEDALI di Maurizio Coccia FOCUS SULLE AZIENDE a cura della redazione FOCUS SUL PRODOTTO di Maurizio Coccia

“Per vincere non è mai troppo tardi”

108 112 120 122 128 142 154

DONNA INBICI di Ilenia Lazzaro

IL PUNTO DI VISTA di Gianluca Giardini

TRENTINO MTB

a cura della redazione

LA VECIA FEROVIA a cura della redazione

FOCUS SU TAIWAN di Maurizio Coccia

COME NUTRIRSI

di Alexander Bertuccioli

IL PUNTO CRITICO di Maurizio Coccia



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GRUPPO EDITORIALE INBICI Direzione e Amministrazione Viale della Repubblica, 100 - 47923 Rimini (RN) Direttore Generale Maurizio Rocchi Direttore Responsabile Mario Pugliese Vice Direttore Carlo Gugliotta In Redazione Mario Pugliese, Dr. Roberto Sgalla, Riccardo Magrini, Wladimir Belli, Gian Luca Giardini, Silvano Antonelli, Prof. Fabrizio Fagioli (Equipe Velosystem), Paolo Mei, Claudia Maffi, Nicola Zama, Dr. Alexander Bertuccioli, Silvano Antonelli, Carlo Gugliotta, Ilenia Lazzaro, Eleonora Pomponi Coletti, Davide Pegurri In Redazione Tecnica Maurizio Coccia, Roberto Diani Fotografi Playfull, Bettini Photo, Newspower, Stefano Spalletta, Mariano Spinelli Archivio fotografico selezione fotografica a cura di Gianni Rocchi Distribuzione Italian Business Management LTD Progetto Grafico Roberta Piscaglia Responsabile Marketing Sara Falco Responsabile Facebook Gianni Rocchi Stampa La Pieve Poligrafica Editore Per la tua pubblicità Maurizio Rocchi +39 393.9838319 Giorgio Puppi +39 346.0823300 Ufficio Marketing 0541.395102 Website www.inbici.net E-mail info@inbici.net Diritti e proprietà GRUPPO EDITORIALE INBICI SRLS Sara Falco Editore Reg. imprese n° REA FO 323603 Iscrizione Registro Tribunale di Forlì nr. 3/2013 del 5 aprile 2013. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale di articoli, foto e disegni senza autorizzazioni del GRUPPO EDITORIALE INBICI.

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EDITORIALE

Tanta voglia di azzurro

E

L’imminente prova iridata di Insbruck, che InBici Magazine seguirà dal vivo con i suoi inviati, farà scorrere i titoli di coda sotto un’annata che per il nostro gruppo editoriale è stata, ancora una volta, esaltante. Fedeli alla nostra indole innovativa, anche nel 2018 abbiamo ampliato la nostra piattaforma di servizi, consolidando la presenza sul web e dando nuovo impulso alla comunicazione social.

Anche sul piano organizzativo abbiamo già ultimato l’allestimento di una nuova edizione dell’InBici Top Challenge, proponendo un circuito ricco di novità con dieci granfondo ed una prova jolly. In ogni caso, il calendario ufficiale verrà svelato il prossimo 3 novembre a Riccione dove è in programma il gran galà di InBici Magazine con le premiazioni del circuito 2018. L’estate, intanto, si è chiusa con una novità: la prima edizione dell’Italian Bike Festival di Rimini che ha rimodulato il format delle fiere ciclistiche disegnando un nuovo orizzonte per gli operatori della bike-economy. È stata un’edizione sperimentale che, tuttavia, sembra nata sotto i migliori auspici. La speranza è che la rassegna riminese diventi un appuntamento di riferimento. E a proposito di speranza, la passione vola in Austria, dove gli azzurri – seppur con qualche incognita – sognano di riportare il Mondiale in Italia. Siamo a digiuno da troppi anni. È ora che Mameli torni a cantare. Maurizio Rocchi 10

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Campionati Europei

Trentin, colpo di reni contro la sfortuna

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di Carlo Gugliotta


Dopo la rovinosa caduta alla Roubaix, la carriera dell’ex ciclocrossista svolta a Glasgow dove, supportato da una squadra perfetta, schianta la concorrenza, dimostrando a tutti che può essere molto più di un gregario Dalla sfortuna al tetto d’Europa il passo non è breve. Dietro al successo continentale di Matteo Trentin ci sono anni di lavoro e di sacrifici, chilometri e chilometri trascorsi con il vento in faccia, a lottare sulle pietre e contro i migliori velocisti del mondo. Il trionfo all’europeo di Glasgow raddoppia la festa azzurra: non solo Marta Bastianelli tra le ragazze e i successi su pista, ma anche un ragazzo cresciuto tra gli sterrati del ciclocross e durante i lunghi allenamenti su strada. Un corridore promettente, che in Gran Bretagna ha ottenuto quel successo che ti fa rimanere nella storia. Quando passa professionista, nel 2012, Matteo diventa fin da subito uno degli uomini di fiducia di Tom Boonen: il fuoriclasse belga lo vuole con sé in squadra per affrontare la Campagna del Nord. Questo ruolo di gregario così prestigioso ci fa capire fin da subito che l’ex ciclocrossista potrà davvero farne tanta di strada. La sua prima Campagna del Nord è un successo, in quanto prende parte sia al Giro delle Fiandre che alla Parigi-Roubaix e Boonen le vince entrambe. Ormai Matteo fa parte in tutto e per tutto di questo squadrone e, con il tempo, iniziano ad arrivare anche per lui dei successi molto importanti come le due vittorie al Tour de France, le due PariLIFESTYLE INBICI La volata vincente e la gioia di Matteo Trentin

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Davide Cimolai in azione

La volata finale a ranghi ridotti concretizza in tutto e per tutto il capolavoro azzurro, con Davide Cimolai che si conferma il più forte ultimo uomo al mondo

gi-Tours e i quattro successi di tappa alla Vuelta dello scorso anno, ottenuti come un velocista di razza. Le quattro vittorie, purtroppo, non si trasformano in un podio per il trentino, che chiude in quarta posizione il mondiale di Bergen. A inizio 2018 Matteo cambia squadra, decidendo di sposare il progetto della Mitchelton Scott. Non tutti sono d’accordo con questo suo cambio di squadra: soprattutto ora che Boonen si è ritirato, Trentin avrebbe potuto avere

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via libera come capitano della Quick Step, ma lui decide di avere ancora più spazio in una squadra diversa. La stagione 2018 inizia all’insegna della sfortuna, proprio sulle pietre che lui tanto ama: una caduta alla Parigi-Roubaix gli costa una frattura alla schiena. Matteo torna a correre all’Adriatica Ionica con la consapevolezza che la condizione non è ancora delle migliori, ma Cassani è cosciente del fatto che può puntare su di lui, in queste manifestazioni così importanti, e così per l’europeo decide di scommettere tutto su di lui. Avrebbe potuto fare ancora una volta il gregario, ma Trentin è capace di vincere come pochi sanno fare. E a Glasgow lo ha dimostrato ampiamente. Gli azzurri di Davide Cassani sono stati capaci di fare la gara perfetta nonostante il Belgio schierasse al via un “tridente d’attacco” molto pesante composto da Jasper Stuyven, Wout Van Aert e Greg Van Avermaet. È proprio dal forcing della nazionale belga che

la corsa si infiamma a più di 70 km dal traguardo, con Alexander Kristoff e Peter Sagan che sono costretti ad alzare bandiera bianca di fronte al ritmo indiavolato imposto dalla testa del plotone. La volata finale a ranghi ridotti concretizza in tutto e per tutto il capolavoro azzurro, con Davide Cimolai che si conferma il più forte ultimo uomo al mondo: negli ultimi anni il ruolo del gregario che lancia le volate si è un po’ perso, in quanto molti velocisti non si presentano più al via delle grandi corse con un vero e proprio treno che possa lavorare per loro, diversamente da come accadeva alla Saeco di Mario Cipollini o alla Fassa Bortolo di Alessandro Petacchi. Davide Cimolai interpreta alla perfezione il ruolo di ultimo uomo e lancia perfettamente Trentin, che con uno scatto fulmineo riesce a vincere. L’Italia è sul tetto d’Europa tra gli uomini e tra le donne. Il trionfo è pieno e completo: il cielo è azzurro sopra Glasgow.



L’INTERVISTA

NEL PERIODO D’ORO DEL RE LEONE, “ALE-JET” SI FECE STRADA CON LE SUE GRANDI QUALITÀ TECNICHE RIDISEGNANDO A SUON DI VOLATE IL PANORAMA DELLA VELOCITÀ MONDIALE DEL TERZO MILLENNIO di Eleonora Pomponi Coletti

PETACCHI progetta il suo futuro:

“Sarebbe bello avere una squadra tutta mia” Ale-Jet racconta i suoi nuovi sogni. E intanto, da spettatore, segue gli sprinter del terzo millennio:

“Viviani è un grande, ma nessuno oggi è veloce come Gaviria” 16

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Nella foto a sinistra Alessandro Petacchi, in alto Elia Viviani

Alessandro Petacchi, considerato – palmares alla mano - uno tra i 10 sprinter più forti di tutti I tempi, è stato l’ultimo grande rappresentante dell’eccellenza italiana nella velocità. Ha abbandonato i pedali nel 2015, dopo quasi 20 anni da professionista, con una bacheca stracolma di trofei. Per gli amanti della statistica si tratta del quarto italiano con più vittorie in carriera dietro solo a Francesco Moser, Giuseppe Saronni e Mario Cipollini. “Ale- Jet” che, nel periodo d’oro del Re Leone, si fece strada con le sue grandi qualità tecniche, ridisegnò a suon di volate il panorama della velocità mondiale del terzo millennio. Alessandro, quest’anno Giro e Tour hanno sparigliato le carte della velocità, proponendo sul palcoscenico mondiale anche un certo Elia Viviani. Il ciclismo italiano ha finalmente trovato il tuo erede?

“Prima di tutto ci tengo a sottolineare che Elia è davvero un bravo ragazzo e mi è anche molto simpatico. Quando era nel team Sky certamente non correva come adesso, ma probabilmente perchè alle spalle non aveva un team nè un ambiente che si addicevano alle sue caratteristiche” Prima di tutto ci tengo a sottolineare che Elia è davvero un bravo ragazzo e mi è anche molto simpatico. Quando era nel team Sky certamente non correva come adesso, ma probabilmente perchè alle spalle non aveva un team nè un ambiente che si addicevano alle sue caratteristiche. La Qickstep, al contrario, mi pare la squadra perfetta per uno come lui. È un team che conosco bene e conosco, soprattutto, la loro filosofia. È un ambiente dove si tende molto a “fare gruppo”, dove si lavora

come in una grande famiglia. Elia poi ha la fortuna di avere al suo fianco un uomo d’esperienza come Fabio Sabatini e questo sicuramente è un altro aspetto che gioca a suo favore. Lo ricordo in Liquigas, erano le sue prime gare su strada: lui, venendo dalla pista, aveva bisogno di lavorare soprattutto sulla resistenza; su assetto e aerodinamicità, invece, era avvantaggiato. Dallo scorsa stagione la sua posizione in sella è molto cambiata, si è schiacciato molto di più in avanti, ha fatto un lavoro

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notevole e, di conseguenza, i suoi miglioramenti non mi sorprendono. Rimanendo in tema velocisti, secondo lei quali sono I tre più forti sprinter del momento? In questo momento non c’è, a mio parere, il fuoriclasse che stravince su tutti. Cavendish e Greipel hanno avuto un calo significativo nelle prestazioni, ma un po’ c’era da aspettarselo, anche per una questione di anagrafe. Kittel è stata un po’ una delusione perchè in Shimano era partito davvero alla grande; anche Kristoff inizia a fare un po’ fatica ad imporsi nelle volate di gruppo, perciò se devo fare un nome dico Gaviria, l’unico che ha dimostrato in questo 2018 di avere una marcia in più. Parlando del prossimo ricambio generazionale, dei giovani quindi, secondo lei a chi passerà lo scettro di miglior velocista nei prossimi anni? Per quel che riguarda gli sprinter, il ricambio generazionale in buona parte c’è gia stato; per ora abbiamo Gaviria e tante promesse. Credo che per capire chi sarà in futuro il “Re dei velocisti” dovremo aspettare ancora un paio d’anni. C’è uno sprinter in cui ti riconosci o in cui rivedi alcune delle tue qualità? Domanda non semplice per un ex; oltretutto io non mi sono mai considerato un velocista puro e i velocisti puri non mi piacciono molto, almeno come spettatore. Mi appassionano corridori un po’ più completi, che riescono ad essere competitivi su terreni diversi. Non voglio essere ripetitivo, ma Gaviria per me ha delle caratteristiche simili a quelle che avevo io, con il vantaggio di avere qualche chilo in meno rispetto a me, che sicuramente lo rende molto più forte in certe situazioni. Veniamo al te e a cosa vorresti fare da grande: progetti per il futuro? Il ciclismo è la mia vera passione, l’ambiente a cui ho dedicato I migliori anni della mia vita, almeno fino a questo momento. Certamente il sogno è quello di rimanere nell’ambiente, ma non da direttore sportivo: vorrei provare a metter su una squadra, anche di giovani, da poter seguire e portare avanti. Per questo però ci vuole tempo, son cose che vanno progettate e studiate a tavolino nei minimi dettagli e naturalmente c’è bisogno di uno sponsor forte alle spalle; vedremo, l’intenzione c’è”. 18

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Fernando Gaviria

La carriera da opinionista televisivo, alla Cassani, non le interessa? Ogni tanto sono ospite a RaiSport, come in occasione del Giro e del Tour e devo dire che ogni volta è un’esperienza molto interessante e divertente”. E il ruolo da testimonial? Al momento sono l’uomo-immagine della T-RED: è un azienda giovane la cui filosofia mi piace molto, mi coinvolgono attivamente nella realizzazione dei modelli e questa è per me una cosa estremanente stimolante. Alexander Kristoff

Fortunato chi lo ha visto farsi strada tra I grandi, chi lo ha visto nei momenti bui, quelli che in una grande carriera capitano quasi sempre, e chi lo ha visto rialzarsi, rimettersi in gioco, sempre con la stessa grazia, quella che lo distingueva in sella come nella vita. Con la nostalgia che trasforma i miti in leggende, aspettiamo di vedere cosa il futuro ha in serbo per il “Jet” spezzino che ha fatto sognare una nazione, facendoli i nostri migliori auguri per il futuro.


Cinder Mips

Cinder Mips Highlight Yellow

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InBici Top Challenge 2019

a cura della redazione

Le dieci gemme

Svelato il calendario ufficiale della quarta edizione del circuito granfondistico. Si parte a febbraio da Laigueglia, gran finale a fine luglio a Torino. Tra le new-entry la Tarros-Montura Cinque Terre, la Versilia e Alé La Merckx. Confermata la prova jolly in Croazia. Maurizio Rocchi: “Per i nostri abbonati stessi standard di qualità, ma tante sfide nuove da scoprire”

Si riaccendono i riflettori sull’InBici Top Challenge che, nel 2019, celebrerà la sua quarta edizione con un calendario ricco di novità: 20

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“L’obiettivo – spiega il responsabile del circuito Maurizio Rocchi – è offrire ai nostri abbonati percorsi ed esperienze sempre nuove, portandoli a scoprire località diverse. La selezione delle

gare, infatti, viene sempre effettuata tenendo in grande considerazione il contesto ambientale in cui si svolgono perché noi, fedeli alla nostra mission, non ricerchiamo soltanto tracciati su cui pedalare, ma anche panorami da


ammirare, culture da assaporare, storie da scoprire”. Il ciak del circuito 2019 – che propone 10 prove in rappresentanza di sette regioni - è in programma il 24 febbraio con la Gran Fondo Laigueglia, classica d’apertura del calendario granfondistico nazionale. Una corsa di grandi tradizioni, organizzata – con l’abituale entusiasmo – dal Gs Alpi. La seconda tappa si svolgerà invece il 17 marzo a Faenza, teatro della Gran Fondo Davide Cassani, la corsa intitolata da 25 anni al commissario tecnico della nazionale italiana di ciclismo. Il 31 marzo si torna sulla costa ligure, precisamente a La Spezia, per la 24esima edizione della Gran Fondo Terros Montura – 5 Terre, una delle grandi novità di quest’anno che, su tracciati di rara bellezza, offre ai ciclisti l’impareggiabile emozione di pedalare sulla terrazza naturale delle Cinque Terre. Il 7 aprile un’altra conferma con la Gran Fondo Paolo Bettini che – in omaggio al Grillo - si disputerà nelle rigogliose campagne pisane di Pomarance. Il 5 maggio il circuito torna in Romagna con la celebre Via del Sale di Cervia, una delle corse più attese e prestigiose del calendario che nel 2019 festeggerà la sua 23esima edizione. Il 12 maggio si scende in Toscana ma si resta in Riviera con l’intrigante new-entry della Gran Fondo della Versilia in programma a Lido di Camaiore su un bellissimo tracciato che da Viareggio porta alle colline lucchesi. Dal 9 giugno l’InBici Top Challenge sale al nord Italia con un’altra prestigiosa novità: la Gran Fondo Alé La Merckx in programma nella romantica città di Verona. L’evento, organizzato dall’azienda, titolare del marchio Ale’ e intitolato al “Cannibale” Eddy Merckx, si svolge su un itinerario di 139 chilometri di storia affascinante e di verace campagna italiana. Il 23 giugno si sale ancora con la Gran Fondo Gavia Mortirolo all’Aprica, la grande classica riservata agli scalatori e agli amanti del ciclismo “in alta quota”. Il 14 luglio un altro evento clou del circuito 2019: la Leggendaria Charly Gaul. Disegnata tra la città di Trento, il Monte Bondone e la Valle dei Laghi, la Gran Fondo trentina santifica il ricordo del grimpeur lussemburghese che, dopo la sua memorabile impresa al Giro d’Italia del 1956, diventerà per tutti “L’Angelo della Montagna”.

Ciclisti impegnati alla Granfondo Via del Sale, sullo sfondo le Saline di Cervia

Il gran finale del circuito 2019 si svolgerà il 28 luglio in Piemonte con la Gran Fondo Internazionale di Torino, altra “gemma” del Gs Alpi che nell’antico Regno Sabaudo ha intrapreso una delle sue sfide organizzative più suggestive

A completare il calendario dell’InBici Top Challenge, lo ricordiamo, la tradizionale prova Jolly che, anche nel 2019, si disputerà sulla riviera di Medulin in Croazia con la Gran Fondo Nevio Valcic La partenza della Granfondo Alé La Merckx

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Panorami mozzafiato alla G.F. Versilia

A completare il calendario dell’InBici Top Challenge, lo ricordiamo, la tradizionale prova Jolly che, anche nel 2019, si disputerà sulla riviera di Medulin in Croazia con la Gran Fondo Nevio Valcic. La rassegna croata, in programma il 26 maggio, sarà

completamente gratuita per tutti gli abbonati del circuito. Le iscrizioni alla quarta edizione dell’InBici Top Challenge sono partite a fine settembre e prevedono quattro formule diverse: l’abbonamento a 4, 6, 8 o 10 prove.

Per tutte le informazioni su costi e modalità di iscrizione è sufficiente consultare il sito ufficiale inbicitopchallenge.net oppure scrivere una mail a info@inbicitopchallenge. net o a iscrizioni@dapiware.it o T. 393-9838319, 391-4917418.

Immagini della Granfondo Torino



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SCATTO D’AUTORE GIRO D’ITALIA 2018 by Bettiniphoto

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Giro del Granducato di Toscana Il 14 ottobre a Pomarance la prima edizione di un’originale cicloturistica che presenta alcuni tratti cronometrati

Gran finale con la f Domenica 14 ottobre si correrà l’ottava ed ultima prova del calendario 2018 del Giro del Granducato di Toscana: la Freccia Geotermica sarà l’importante novità di questo circuito, in quanto sarà la prima edizione di questa cicloturistica che presenta una formula originale con tratti cronometrati. L’organizzazione, a cura di Maurizio

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Maggi e dei soci del Velo Etruria Pomarance, intende proporre qualcosa di innovativo sia ai ciclisti che al territorio. La partenza è prevista da Pomarance, in piazza del Larderel alla francese, dalle 8,30 alle 9,30 dove sarà posto il foglio firma. I corridori che parteciperanno a questa gara potranno vedere con i propri occhi alcune delle aree dello sviluppo della geotermia tradizionale, che

in Italia ha sede solo in Toscana. Questa regione ha infatti due aree di sviluppo: quella storica, situata attorno a Larderello, dove l’attività geotermoelettrica è parte integrante del tessuto economico, produttivo, sociale e culturale di quei territori, e quella “nuova” dell’Amiata, il cui serbatoio geotermico presenza differenze sostanziali da quello tradizionale. Subito dopo la partenza, il gruppo si diri-


freccia geotermica gerà verso San Dalmazio per affrontare il tratto cronometrato di Montecastelli. Il percorso toccherà poi Monteguidi, Mensanello, Radicondoli per ritornare nel centro della Geotermia a Castelnuovo Di val di Cecina dove, oltre al secondo ristoro, ci saranno la divisione dei percorsi medio e lungo, con quest’ultimo che si dirigerà verso le putizze di Sasso Pisano, con i geyser della zona. I tratti cronome-

trati sono due, entrambi dedicati alle due vittorie iridate di Paolo Bettini: quella di Salisburgo 2006 e di Stoccarda 2007. I due tratti saranno interamente chiusi al traffico e presentano la strada in salita enza pendenze difficili.

Un’occasione imperdibile per conoscere il cuore della Toscana con percorsi ricchi di storia,

panorami suggestivi, strade libere dal traffico e bene asfaltate. Da non perdere anche il pranzo finale, a base di prelibatezze toscane, e i due ristori gestiti dalle comunità del cibo della zona in collaborazione con il COSVIG, principale sponsor della manifestazione. LIFESTYLE INBICI

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GIRO DEL ‘67

QUELLO CHE NON HO MAI SCRITTO DI GIANFRANCO JOSTI

scandalo spintarelle “Viaggio intorno all’uomo” è un libro che Sergio Zavoli ha scritto nel 1970 sotto forma di interviste ad alcuni grandi personaggi del mondo scientifico, religioso, culturale e sportivo. Nella parte in cui pone una serie di domande ai protagonisti del ciclismo (gli stessi che hanno contribuito allo straordinario successo del suo famoso “Processo alla tappa”) a mio giudizio hanno particolare rilievo le parole di Vincenzo Torriani. Zavoli al patron: “Tu vorresti un ciclismo esente da ogni 28

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colpa, mai sfiorato da sospetti. Perché, per esempio, ti preoccupi tanto quando si parla di spinte, di doping, di alleanze, cioè di tutti i ‘peccati originali’ di questo sport?” Risposta di Torriani: “Vedi, il Giro è un fatto di costume, oltre che sportivo, quindi vorrei che tutto, in ogni suo atto, fosse bello, pulito, esaltante, non solo in nome dello sport, ma dell’uomo in generale. Del resto, solo se il Giro è così so di soddisfare me stesso, la folla, la carovana”. Il fatto decisamente curioso è che Ser-

gio Zavoli è rimasto coinvolto tre anni prima, Giro ’67, in alcuni dei peccati originali che il grande organizzatore cercava di tenere lontano dalla sua corsa. Vediamo come. Con una delle sue geniali idee, Vincenzo Torriani aveva previsto a Milano un fastoso cerimoniale di presentazione del 50° Giro d’Italia in Galleria Vittorio Emanuele nell’anno del centenario della sua inaugurazione. A seguire un prologo in notturna (lo Sprint del Cinquantenario, 16 km) con partenza e arrivo in Piazza


Da sx Jacques Anquetil, Eddy Merckx e Felice Gimondi

del Duomo. Splendida idea rimasta nel cassetto perché il Giro offrì l’occasione a poche decine di manifestanti, soprattutto studenti, di inscenare una plateale protesta per la guerra in Vietnam. Per evitare eventuali scontri e salvaguardare l’incolumità dei corridori, gli organizzatori rinunciarono così al carosello nel cuore della metropoli lombarda. C’era molta attesa per il Giro numero cinquanta che schierava al via i vincitori delle ultime cinque edizioni, da Balmamion ad Anquetil, da Adorni a Motta ed i pronostici indicavano come favoriti Felice Gimondi, che l’anno precedente aveva perso il confronto con Gianni Motta, e Jacques Anquetil che inseguiva la sua terza maglia rosa dopo quelle conquistate nel ’60 e nel ’64. Per i corridori italiani l’inizio fu promettente, con le vittorie di Zancanaro, Zandegù e Dancelli che per tre giorni vestì la maglia di leader della classifica. Ma quando cominciò la risalita dalla Sicilia non solo la maglia rosa fu presa in ostaggio da un solido spagnolo, José Perez Frances, ma anche le tappe furono appannaggio di velocisti fiamminghi tra i quali figurava il nome di Eddy Merckx, che destò grande sorpresa quando

si aggiudicò il traguardo posto in cima all’inedito Block Haus. Dodici mesi dopo il ciclismo mondiale avrebbe cominciato a salutarlo come il più grande corridore di tutti i tempi. In quei giorni si cominciò a parlare di “santa alleanza” nel “Processo alla tappa” di Sergio Zavoli. Per una settimana intera si alternarono sul palco delle premiazioni corridori con passaporto diverso da quello italiano, lo stesso Perez Frances cominciava a preoccupare. Ecco allora che dal piccolo schermo si levavano, tappa dopo tappa, invocazioni sempre più pressanti perché i ciclisti italiani mettessero da parte il loro forte antagonismo per far causa comune contro lo strapotere sempre più massiccio degli stranieri. E soprattutto perché l’ingombrante ombra di Anquetil, diretto dall’ammiraglia da un grande stratega, Raphael Geminiani (romagnolo trapiantato in Francia) continuava ad aleggiare sul Giro. Nella cronometro di Verona il normanno aveva lasciato il successo di giornata al danese Ole Ritter, ma non si era lasciato sfuggire la conquista della maglia rosa, che ventiquattr’ore dopo aveva lasciato sulle spalle di Silvano Schiavon. Una delle

Sulle Tre Cime di Lavaredo – definita in quell’occasione “la montagna del disonore” – si consumò una delle pagine più controverse del ciclismo mondiale. Dal “Processo” di Zavoli alla resa di Torriani, ecco i clamorosi retroscena di quell’incredibile giornata.

Campionati del mondo Barcellona 1973, Felice Gimondi, Freddy Martens

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Il conduttore della trasmissione invitò anche Torriani e fu facile per lui convincere il patron ad assumere una drastica decisione: annullare la tappa, lasciando ai corridori i previsti premi di giornata. Bruno Raschi, responsabile della rubrica di ciclismo della Gazzetta dello Sport, sintetizzò l’accaduto definendo le Tre Cime “la montagna del disonore”. Eddy Merckx

tappe giudicate decisive era quella che si concludeva sull’inedito traguardo delle Tre Cime di Lavaredo. Ebbene, in una giornata dal clima rigidamente invernale i protagonisti del Giro affrontarono una delle salite più impervie tra due ali di gente di montagna che aveva combattuto il freddo con abbondanti bevute. Vista la fatica e le condizioni inclementi, i tifosi fecero a gara a chi spingeva di più i concorrenti lungo la salita. Felice Gimondi si aggiudicò la tappa precedendo Merckx (ma non era solo un velocista?) , Motta e un giovanissimo neoprofessionista, Miro Panizza centrando l’obiettivo fissato alla partenza da Udine, distanziare Anquetil e gettare solide basi per la conquista della maglia rosa finale. Ovviamente, dopo l’arrivo, lo scandalo delle spinte fu oggetto di 30

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moltissime discussioni che trovarono un formidabile palcoscenico proprio nel “Processo alla tappa”. Sergio Zavoli aveva intuito che era un argomento molto ghiotto e che occorreva prendere provvedimenti. Invitò Panizza che, con la voce rotta dai singhiozzi, sostenne che lui si riteneva l’unico dei corridori tra i primi classificati ad aver affrontato la salita con le proprie gambe, mentre “tutti gli altri erano stati spinti”, quindi il risultato di quella tappa era stato falsato. Il conduttore della trasmissione invitò anche Torriani e fu facile per lui convincere il patron ad assumere una drastica decisione: annullare la tappa, lasciando ai corridori i previsti premi di giornata. Bruno Raschi, responsabile della rubrica di ciclismo della Gazzetta dello Sport, sintetizzò

l’accaduto definendo le Tre Cime “la montagna del disonore”. Va detto che a quell’epoca la piaga delle spinte in salita contagiava tutte le grandi corse, dalla Vuelta al Tour, dove spesso c’erano stati episodi ritenuti scandalosi, ma mai si era arrivati all’annullamento di una tappa. La soluzione individuata da Zavoli ed adottata da Torriani non piacque a Giovanni Michelotti, prezioso collaboratore nell’organizzazione del Giro. A distanza di anni da quell’episodio mi confidò: “Zavoli, di cui ero molto amico, non ha avuto il coraggio di fare a me la proposta di annullare la tappa perché sapeva che mi sarei opposto o per lo meno avrei voluto una approfondita discussione per esaminare tutti gli aspetti e tutte le conseguenze. Tempo che Zavoli non aveva perché ‘il Proces-


Vincenzo Torriani

so’ era in diretta ed una decisione storica annunciata direttamente in tv avrebbe ulteriormente accresciuto la popolarità della sua trasmissione, così ha pensato di scavalcarmi. Con questa decisione, però, era stato penalizzato Gimondi che alle Tre Cime aveva distanziato Anquetil conquistando il vertice della classifica e ipotecando la vittoria finale. Lui aveva a cuore il suo ‘Processo’, a me interessavano le sorti del Giro. Per questo motivo, quando ho potuto, ho rimesso in parità il piatto della bilancia”. Due giorni dopo, nella Trento-Tirano con un nuovo percorso per l’impossibilità ad affrontare il Passo dello Stelvio chiuso per neve, dopo aver attaccato invano sul Tonale, poco

prima dell’Aprica, uno scatto di Gimondi sorprese Anquetil. Sotto una breve galleria, nella scia della vettura di Michelotti (senza che qualcuno potesse assistere alla scena) il vantaggio di qualche decina di metri si dilatò. Dopo di che il campione bergamasco effettuò la sua solitaria e straordinaria cavalcata che gli permise a Tirano di conquistare la maglia rosa ed il primo dei suoi tre Giri d’Italia.

Piccole storie di grandi uomini protagonisti di uno sport che resta affascinante con tutti i suoi limiti ed i suoi difetti.

Gianni Motta

Gimondi

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In vacanza con InBici

HOLIDAY

Clima ideale, strade lisce come biliardi e un’antica cultura bikefriendly. Nel mese di febbraio, a sud di Valencia, una settimana di vacanze a misura di ciclista

Tutti in Costa Blanca, l’Eldorado dei ciclisti Lo chiamano l’Eden dei ciclisti perché in questo lembo di Spagna - la Costa Blanca - la cultura della bicicletta è un retaggio antico, molto più antico di quella domenica di settembre del 1992 quando un certo Gianni Bugno sulle strade di Benidorm trionfò davanti a Jalabert nel 65° campionato del mondo di ciclismo. Se si parla di località bike-friendly, Albir - grazioso villaggio di pescatori incastonato nella provincia di Alicante, a sud di Valencia - non ha eguali nel mondo occidentale. Sconfinate distese di sabbia bianca, colline ricoperte di pini, campi di mandorli e aranci, strade lisce come biliardi dove, non a caso, si allenano in inverno le squadre World Tour: questa è la Costa Blanca, il paradiso di ogni ciclista. Qui, tra Benidorm e Calpe, undici mesi l’anno, domina un clima mite e gradevole, soprattutto nel mese di febbraio, quando in Italia, al contrario, il freddo raggiunge il suo apice e uscire in bici, 32

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anche se bardati con trapunte e giacche a vento, diventa un’impresa alla Charly Gaul. In Costa Blanca, invece, nel mese di febbraio ci sono condizioni ambientali che i tecnici dei grandi team professionistici definiscono “ideali”. In questo ambiente da sogno, lo staff di Inbici Magazine vi invita - dal 9 al 16 febbraio 2019 - per una vacanza indimenticabile sugli splendidi circuiti naturali della Comunità Valenciana, l’habitat perfetto per i ciclisti di mezzo mondo. Per le vostre vacanze sui pedali, i tour operator di InBici hanno selezionato un elegante hotel 4 stelle con piscina esterna e coperta e centro benessere. Un pacchetto all-inclusive dal costo di 850 euro (650 euro per gli accompagnatori). Dalla tariffa è escluso unicamente il volo aereo di andata e ritorno per Alicante (attuali tariffe Ryanair dal “Marconi” di Bologna attorno alle 70 euro A/R).

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a cura della redazione

PAOLO COIN

PROJECT MANAGER DI COSMOBIKE

Vi spiego perché il nostro bike-show si svolgerà a febbraio Paolo Coin, project manager della rassegna veronese, inaugura il new-deal delle fiere ciclistiche: “Il settore è in crisi, ma ci sono le condizioni per un rilancio” “Una fiera che voglia essere davvero efficace e che superi gli ‘umori’ ondivaghi del mercato deve riuscire a fare sintesi di tutte quelle necessità di relazione, visibilità e comunicazione che il settore 34

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fatica a coltivare e in particolare quello della promozione della bici ad un pubblico più ampio dei frequentatori di bike test”. Parola di Paolo Coin, project manager di Cosmobike, la rassegna veronese al centro di una radicale strategia di rinnovamento: “Il progetto per il 2019? Un BikeShow che sia un grande evento B2C spettacolare con caratteristiche fortemente attrattive per celebrare la bici

come passione”, replica Coin. Che per ridare slancio alla kermesse scaligera, ha deciso – in primis - di cambiare data. Ci ha pensato a lungo, valutando i “pro” e i “contro”, scorrendo con scrupolo le caselle del calendario alla ricerca della “data perfetta”. Al termine di un’analisi minuziosa e dopo una serrata consultazione con gli addetti ai lavori, Paolo Coin ha annunciato urbi et orbi la sua


decisione: la rassegna scaligera si svolgerà, sempre alla Fiera di Verona, il 16 e 17 febbraio 2019 e non più dunque nel mese di settembre. Un’edizione che nasce profondamente rinnovata, che guarda al consumatore e al target “passion driven”. Segmento, quest’ultimo, nel quale Veronafiere detiene alcune rassegne ed eventi di livello internazionale, come quelli delle moto custom, del modellismo e dell’equitazione. Una scelta sofferta e a lungo meditata, anche se alla fine assunta con grandissima convinzione, come spiega il projetc manger Paolo Coin: “La fiera deve essere prima di tutto un momento in cui si concentrano le energie e la voglia di comunicare di un settore e quest’anno, nonostante l’impegno e una serie di iniziative per migliorare il progetto, non si è creato il feeling giusto. Con le adesioni formalizzate a oggi avremmo anche potuto aprire una manifestazione nella data di settembre ma avremmo scontentato tutti e abbiamo deciso che era necessaria una riflessione seria”.

“Abbiamo preso atto – prosegue Coin - che in questo momento il concetto tradizionale di Fiera del ciclo è in crisi o è comunque messo in discussione da Taipei a Las Vegas passando per Friedrichshafen. I principali eventi hanno reagito con riposizionamenti temporali e con alcune modifiche progettuali, nel tentativo di recuperare un appeal usurato. In particolare la recente esperienza di Eurobike, impone una riflessione. Si era posizionata a luglio dichiarando un rigoroso B2B nella speranza di recuperare gli espositori big persi negli ultimi anni e invece è stata disertata anche da buona parte delle aziende leader tedesche. Per dimensioni resta sempre una gran fiera perché il mercato della bici in Germania vale cinque volte quello italiano e, a livello globale, la bici è un’industria che cresce e propone nuove aziende. Faccio però una domanda ai palati esigenti del pubblico italiano: una Eurobike senza Specialized, Trek, Cannondale, Canyon, Cervelo, Cube, Focus, Giant, Pinarello, Bianchi, Rose può essere considerata davvero una grande fiera? È evidente che serve ripensare a quello che deve essere una fiera oggi e che c’è la

necessità di una riprogettazione radicale che proponga un evento diverso, unico e non surrogabile. Per questo – conclude Coin - abbiamo deciso di cambiare”. Già, ma cosa è cambiato negli ultimi anni? “Fino a pochi anni fa – spiega il project manager di Cosmobike - alcune aziende italiane in settembre partecipavano anche a quattro fiere (Friedrichshafen, Milano o Verona, Padova, Las Vegas), oggi purtroppo molti trovano insensato farne una. L’idea di fiera B2B in settembre ha perso progressivamente senso quando alcune grandi aziende hanno rotto una sorta di tacito accordo che prevedeva la presentazione delle novità a Eurobike in settembre appunto. Essere in settembre era strategico per una fiera. Oggi le novità vengono presentate praticamente ogni qualvolta se ne ha l’occasione e i mesi di settembre e ottobre sono diventati il periodo dei test che viene sfruttato in modo capillare per questo obiettivo. Da qui l’esigenza di pensare a un progetto fieristico che non sia ancorato ai paradigmi del passato”. Ma nel mese di settembre sono previste altre manifestazioni di settore; quali sono allora le differenze? “Non è un momento esaltante per il mercato della bici – ammette Coin - e una fiera, pur restando di gran lunga il maggiore e più rappresentativo centro di aggregazione per il settore, presuppone un impegno economico significativo. Per il 2018 avevamo lavorato molto sul tema dei costi, ma un quartiere fieristico non è un giardino pubblico, un parcheggio o una strada e le aziende, avendo già largamente gestito la fase B2B, si con-

centrano su eventi low cost (o no cost). Non sono una novità e se ne conoscono pregi e difetti ma che si risolvono con investimenti molto contenuti e con un ROI, ritorno sull’investimento, legato all’”autocertificazione” degli organizzatori. Si tratta di iniziative dichiaratamente diverse da una manifestazione fieristica ed assolvono a funzioni precise per risultati e raggio d’azione”. E allora, cosa dobbiamo aspettarci da Cosmobike 2019 a febbraio? “Presenteremo l’evento alle aziende e alla stampa nel mese di settembre – replica Coin -. Quello che posso anticipare è che lo stiamo costruendo con partnership importanti e con l’obiettivo di fare qualcosa di molto diverso dalla semplice esibizione di prodotto. Diversamente dalle collocazioni temporali più tradizionali, che per le fiere hanno dimostrato dei limiti evidenti non solo a Verona, siamo convinti che una grande overture della stagione ciclistica, agonistica e ricreativa, nel mese di febbraio possa rappresenterà una novità importante. Chiaro che si tratta di un appuntamento nuovo e tutto da costruire ma abbiamo la volontà, le relazioni e le risorse per fare qualcosa che solo una fiera può fare in un momento che precede l’esplosione dell’attività, la bici rinasce con la primavera. Un evento sostenibile che presenti al grande pubblico e agli appassionati le bici, le e-bike, i prodotti, le aziende, gli sportivi, i team, le granfondo, il turismo, i servizi e gli eventi che saranno protagonisti della stagione ciclistica e che soprattutto – conclude - contribuisca a far uscire le bici dai negozi”.


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SCATTO D’AUTORE TOUR OF CROATIA 2018 by Bettiniphoto

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Domande a...

Davide Martinelli - Bettiniphoto

Davide Martinelli “Non sono più un figlio di papà”

Malgrado un padre celebre, il venticinquenne della Quick-Step Floors si è ormai ritagliato uno spazio importante nel ciclismo che conta: “Sto imparando molto e, ancora oggi, non conosco i miei limiti. Il sogno? Sanremo e Roubaix” Davide Martinelli, venticinquenne della Quick-Step Floors, è sicuramente uno dei fautori della stupenda annata del suo team. Sempre al servizio dei compagni, in particolare di Elia Viviani, ormai è diventato un elemento fondamentale del Wolfpack. 38

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Figlio di Giuseppe, attuale direttore sportivo del Team Astana, è cresciuto respirando in famiglia il grande ciclismo e riuscendo a fare il salto di qualità, nel gotha del professionismo, due anni fa. Nonostante la giovane età, il ciclista bresciano ha le idee molto chiare e si mostra consapevole del

percorso da seguire per il suo futuro. Come giudichi la tua stagione e quella della tua squadra? “Il bilancio è certamente molto positivo. Ormai siamo a settembre, mancano ancora alcune gare, ma in questa stagione tutti hanno visto che noi della Quick Step siamo stati


Davide Martinelli

ineguagliabili. Abbiamo ottenuto numerose vittorie, quasi il doppio rispetto alle squadre inseguitrici. Sono stato spesso di supporto alla squadra e, quando arrivano i successi, anche se non personali, è sempre una soddisfazione. Dal canto mio, io cerco di impegnarmi per farmi trovare pronto quando mi viene chiesto e il team lo apprezza. Mi rendo conto che a volte non è facile, con tanti campioni, trovare spazio ma penso di essere ancora giovane e di aver tempo per crescere”. Qual è il segreto che sta dietro a tutti questi successi? “Siamo come una ‘famiglia’ molto unita, non litighiamo mai e corriamo sempre per vincere. Certe volte noto delle squadre che corrono per la vittoria solo se hanno l’uomo di punta, noi invece, sia con i capitani che senza, ogni volta gareggiamo cercando di ottenere il massimo

risultato. Non a caso, quasi tutti i corridori giovani che sono passati professionisti alla Quick Step, tra i quali anche io, negli ultimi due anni hanno vinto. Inoltre curiamo moltissimo i vari dettagli e il fatto che i nostri leader vincano parecchio, invoglia anche noi a fare bene”. Con quali compagni, in particolare, condividi questa avventura? “In generale vado d’accordo con tutti, anche se, logicamente, per il fatto di parlare la stessa lingua, condivido molte cose con gli altri italiani, in particolare con Eros Capecchi, compagno di stanza al mio primo grande giro. A volte capita di dividersi in gruppi, ma quest’anno ho corso un po’ con tutti, forse quello che ho visto di meno è Fernando Gaviria. Spesso, come da accordi con il team, vengo assegnato alla squadra dei giovani ma a volte, considerando l’esperienza che ho maturato in questi anni, vengo

di Davide Pegurri

“Siamo come una ‘famiglia’ molto unita, non litighiamo mai e corriamo sempre per vincere” utilizzato anche in altri modi”. Personalmente, quale è stata la tua più grande soddisfazione? “La più grande soddisfazione che ho avuto dal ciclismo è stata quella di vedere, dopo anni di sacrifici, il mio sogno di diventare professionista realizzato. Ricordo soprattutto le primissime corse; pedalare accanto a campioni che fino a pochi mesi prima vedevo solo in televisione era molto emozionante e suggestivo.

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10 DOMANDE A DAVIDE MARTINELLI

Bettiniphoto

“Il ciclismo, per la verità, non ti lascia molto spazio per le altre passioni. Sono di buona forchetta, con Rebecca, la mia ragazza e ciclista pure lei, andiamo spesso a provare nuovi ristoranti e abbiamo creato una lista con i nostri preferiti” Poi quando mi rivedo, magari dopo un’azione importante, capisco di essermi guadagnato quel posto tra i migliori. Un altro riconoscimento che ho avuto è stato quando Gilbert, giunto alla Quick Step, ricordandosi della mia vittoria al Polonia, mi ha fatto i complimenti perché l’avevo staccato sullo strappo. Quella vittoria, essendo anche una gara W.T., è stato il mio momento migliore, fino ad ora”. Come riesci a gestire, considerando che si trova in una squadra avversaria, il rapporto con tuo papà? “Pensavo che il rapporto con mio papà, a livello ciclistico, potesse essere un po’ di contrasto, invece non è così. Lui mi dà a volte dei consigli, mentre la squadra ormai non dà peso a questa cosa. Ora vedo che molti, dopo anni in sella, non mi collegano direttamente all’essere ‘figlio di’, ma pensano alle mie prestazioni e ai risultati che ho ottenuto”. Hai un idolo o un modello al quale ti sei ispirato? “Sicuramente Fabian Cancellara. Quando era all’apice della sua carriera io mi cimentavo nelle prime cronometro e ovviamente guardavo a lui come modello. Anche se per poco, ho avuto la fortuna di correre in alcune corse accanto a lui e vederlo

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pedalare. Anche Tom Boonen mi ha impressionato, più quando ho iniziato a correrci assieme piuttosto che quando lo vedevo da fuori”. Nelle categorie minori anche cronoman e ora tra i professionisti? “La Quick Step cura molto le cronometro, soprattutto quelle di squadra, e questo mi aiuta a migliorare. Attualmente però non sono a livello dei primi, per cui, per ora, non mi sento pronto a diventare uno specialista delle corse contro il tempo. In futuro, aumentando la massa muscolare, non escludo di provare anche questa via”. Secondo alcuni potresti far bene anche in pista, non hai pensato a continuare questa disciplina? “Il vero problema è che abbiamo un calendario intenso e per correre anche nei velodromi bisognerebbe rinunciare a qualche corsa su strada. Oggi il livello inoltre si è alzato molto e credo che per essere competitivi bisogna far allenamenti specifici. Detto questo, la pista mi piace, l’ho praticata e mi ha regalato anche qualche soddisfazione, come le partecipazioni agli europei”. Quali hobby hai al di fuori del ciclismo? “Il ciclismo, per la verità, non ti lascia molto spazio per le altre passioni.

Sono di buona forchetta, con Rebecca, la mia ragazza e ciclista pure lei, andiamo spesso a provare nuovi ristoranti e abbiamo creato una lista con i nostri preferiti. Quando riesco a essere a casa mi piace uscire anche con gli amici, loro sanno bene che abbiamo poche occasioni ma mi sostengono sempre. Amo viaggiare, visitare nuovi posti, soprattutto quelli esotici. La prossima meta potrebbe essere l’India o la Thailandia”. Come vorresti la tua carriera e quale corsa ti piacerebbe vincere? “Essendo nella prima parte della carriera è difficile sapere dove posso arrivare. Mi piacerebbe diventare un corridore riconosciuto per il ruolo importante nel team, ma che sa anche togliersi delle soddisfazioni personali. Il mio sogno invece è conquistare la Milano Sanremo e la Parigi Roubaix. Quest’ultima l’ho corsa per la prima volta da Juniores con la maglia azzurra. Devo confessare che quella partecipazione non mi aveva lasciato una buona impressione, ma per fortuna ho partecipato anche da Under, ottenendo un sesto posto. Mi piace il pavè e penso di avere le caratteristiche giuste per poter puntare a far risultato. La Milano Sanremo invece perché è la classica italiana per eccellenza”.


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di Davide Pegurri

Maurizio Fondriest –Foto Bettiniphoto

MAURIZIO FONDRIEST

30 anni dopo Renaix

Nel 1988 conquistò, a soli 23 anni, il mondiale. Fu il preludio ad una carriera esaltante. Da campionissimo a talent scout, ecco i ricordi ed i progetti dell’ex ciclista trentino Un mondiale, una Milano-Sanremo e molti altri successi. Questo è il palmares sontuoso di Maurizio Fondriest, uno dei migliori interpreti del nostro movimento ciclistico a cavallo tra gli anni ottanta e novanta.

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Nonostante i problemi alla schiena che ne hanno condizionato il rendimento per buona parte della carriera, il ciclista di Cles ha saputo, al secondo anno nella massima categoria, conquistare la maglia iridata.Sono passati trent’anni da quella vittoria che lo ha lanciato

con grandi aspettative tra i migliori al mondo in questo sport. Ora, ancora a stretto contatto col mondo delle due ruote, assieme a tanti altri progetti, si impegna nell’aiutare giovani talenti a emergere nel professionismo. Con grande lucidità, attraverso le sue paro-


Sono passati trent’anni da quella vittoria che lo ha lanciato con grandi aspettative tra i migliori al mondo in questo sport. Ora, ancora a stretto contatto col mondo delle due ruote, assieme a tanti altri progetti, si impegna nell’aiutare giovani talenti a emergere nel professionismo

le, possiamo rivivere il suo cammino da Renaix a oggi. Nel 1988 la vittoria iridata, cosa ti ricordi di quel mondiale? “Il ricordo è indelebile. Avevo solo ventitré anni ed essere il più giovane campione del mondo della storia del ciclismo italiano è stato qualcosa di unico. Quella stagione andavo forte, secondo alla Sanremo e poi un paio di vittorie. Avevamo in squadra corridori affermati, come Gianni Bugno, ma il percorso si adattava perfettamente alle mie caratteristiche e già ad inizio anno ne avevo parlato con Alfredo Martini. L’edizione del 1988 viene ricordata, nel bene e nel male, soprattutto per la caduta di Claude Criquielion e Steve Bauer. Nei mesi successivi la domanda che mi ponevano spesso era se avessi potuto vincere anche senza quel fatto. Non si può sapere, tuttavia io rispondo sempre che, sia prima che dopo, non ho mai perso una volata contro entrambi i corridori e inoltre il leggero strappo finale, al 5-6%, sem-

brava disegnato apposta per me”. Cosa è successo nei momenti successivi, dopo aver tagliato il traguardo? “Sono successi due fatti in particolare, uno bello e uno un po’ meno. Subito dopo l’arrivo, andando verso il controllo medico, son stato costretto a tornare indietro, verso le tribune, perché dei tifosi belgi, vuoi per le birre di troppo, vuoi perché non sapevano bene cosa fosse successo al loro idolo Criquielion, sono riusciti a passare oltre le transenne e ai poliziotti di guardia. In tutto questo trambusto la mia bicicletta è sparita ma fortunatamente un appassionato belga, che aveva assistito alla scena, è riuscito a recuperarla e a riportarmela. Il secondo fatto, quello che tengo nel cuore, è successo all’albergo che la nazionale aveva affittato. Li è venuta a trovarmi, assieme ai genitori, la mia ragazza e, poiché il giorno dopo compiva gli anni, le ho dato in regalo un anello che avevo comprato per lei e che tenevo in valigia”. Quella vittoria, la prima di spessore, ti

ha dato una nuova consapevolezza? “Vincere una mondiale così giovane è stato stupendo, tuttavia la stagione seguente non è stata semplice. Con l’iride addosso ho vinto solo tre corse e ho fatto molti secondi posti. Si correva molto in Italia e c’era una elevata attenzione mediatica nei miei confronti, per certi versi quando non ho più indossato quella maglia è stata una liberazione”. Sei tornato a Renaix? “Ovviamente da ciclista sono passato tutte le volte che ho corso il Giro delle Fiandre. Sono tornato anche nel 2008, in occasione del ventennale del mondiale, e ho regalato una mia bicicletta al comune di Renaix. È ancora esposta al centro sportivo del paese”. A proposito di mondiale, come giudichi quello di quest’anno? “A mio giudizio, il percorso di Innsbruck è uno dei più duri da vent’anni a questa parte, forse quasi come quello vinto da Abraham Olano davanti a Miguel Indurain e Marco Pantani, LIFESTYLE INBICI

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a Duitama. Penso che sicuramente, dopo 5000 metri di dislivello, non arriverà un gruppetto in volata ma al massimo due o tre corridori assieme. I miei favoriti, se proprio dovessi fare tre nomi, sono: Alejandro Valverde, che forse avrà l’ultima occasione per vincere il mondiale che gli è sempre sfuggito, il francese Julian Alaphilippe e, se riuscirà a trovare una buona forma durante la Vuelta, il nostro Vincenzo Nibali”. Come sta lavorando, a tuo giudizio, la nostra nazionale? “Abbiamo Elia Viviani che quest’anno ha fatto un salto di qualità e Matteo Trentin che, nonostante l’inizio di stagione sfortunato, è riuscito a conquistare l’europeo ad agosto. Il c.t. Davide Cassani sta facendo un lavoro strepitoso, tuttavia occorre sempre il corridore capace di fare la differenza. Al mondiale speriamo di avere un Vincenzo Nibali in forma, come lo era alle Olimpiadi, dove solo la sfortuna l’ha fermato”. Torniamo al tuo passato. Nel 1993 la

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tua miglior stagione: Milano-Sanremo, Freccia Vallone e una ventina di altri successi. Come è stato quell’anno? “Il 1993 è stato stupendo! A causa di un problema alla schiena ho sempre faticato parecchio, non riuscendo, in molte occasioni, a esprimermi al massimo delle mie potenzialità. Quell’anno però ho fatto molte vittorie e ovviamente il trionfo che mi emoziona ancora oggi è quello della Sanremo. Quel giorno, alle quattro della mattina, nasceva la mia prima figlia e al pomeriggio salivo sul gradino più alto della Classicissima”. Hai qualche rimpianto? “Le Olimpiadi di Atlanta del 1996 sono il mio unico rimpianto. Ho avuto sfortuna, correndo la cronometro sul bagnato e giungendo quarto al traguardo, a pochi secondi dal podio. Non penso che sarei riuscito a conquistare l’oro, però, se avessi trovato strada asciutta, una medaglia probabilmente sì”. Come hai vissuto il momento del ritiro? “Da una parte ero sereno perché le ho

“Le Olimpiadi di Atlanta del 1996 sono il mio unico rimpianto. Ho avuto sfortuna, correndo la cronometro sul bagnato e giungendo quarto al traguardo, a pochi secondi dal podio” provate tutte, dall’altra invece ero rammaricato perché sono stato condizionato parecchio dal mio problema alla schiena. Penso che forse avrei potuto fare ancora risultati, anche se, mentalmente, appendere la bici al chiodo è stata una sorta di liberazione”. Con chi, tra i tuoi ex compagni o rivali, si è creato un rapporto di amicizia che dura ancora oggi? “Sicuramente con Marco Zen, compagno di stanza alle corse e per dieci anni nello stesso team, il rapporto di amicizia è continuato. Sento spesso anche Gianni Bugno, mio grande rivale quando correvo. Anche l’australiano Allan Piper è uno dei miei più grandi amici. Con molti altri ex professionisti poi ci troviamo ogni anno in Romagna a condividere qualcosa intorno a un tavolo”. Attualmente invece cosa fai? “Ho sempre seguito i corridori, dando una mano a passare al professionismo a molti, tra i quali Gianni Moscon. Però avevo il desiderio di fare qualcosa di diverso dalla semplice figura del procuratore. Un anno fa è iniziata la mia collaborazione con Paolo Alberati per proporre un servizio completo, a 360 gradi, ai ciclisti. Cerchiamo di dare la massima assistenza quando i nostri atleti vivono situazioni complicate, soprattutto se le squadre non riescono a dare il necessario supporto. Ci impegnamo a far vivere ai nostri ciclisti una clima familiare, creando le condizioni giuste perché possano esprimersi al massimo. Seguiamo molti sudamericani, come Ivan Sosa che il prossimo anno raggiungerà il nostro Nicola Conci alla Trek Segafredo. Spero che questo diventi il mio lavoro principale perché è quello che ho amo fare”.


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Sognando l’iride

Yes, we can! di Carlo Gugliotta Vincenzo Nibali

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Una speranza? Certo, ma anche un obiettivo realistico. Vi spieghiamo perché la nazionale italiana di ciclismo, dopo tanti anni di digiuno, può legittimamente aspirare a conquistare il mondiale di Innsbruck. E nella rassegna austriaca, InBici sarà come sempre in prima linea Mai come quest’anno il sogno può diventare realtà: portare in Italia la maglia iridata non è facile, ma gli azzurri di Davide Cassani sono pronti a regalare spettacolo su un percorso che potrebbe favorire i nostri portacolori. L’Italia arriva all’appuntamento iridato con il vento in poppa: i trionfi europei di Marta Bastianelli e di Matteo Trentin hanno caricato di fiducia e di serenità tutto l’ambiente, superando addirittura lo sconforto (lecito) che è subentrato dopo l’operazione che Vincenzo Nibali ha dovuto subire dopo la caduta sull’Alpe d’Huez al Tour de France.

Il vero punto fondamentale sarà la condizione con la quale Vincenzo Nibali si presenterà al via della rassegna iridata. Dopo l’intervento chirurgico alla schiena

UNA NAZIONALE COMPETITIVA - Partiamo da un presupposto: i nostri ragazzi sono senza dubbio pronti ad affrontare un percorso duro e selettivo come quello di Innsbruck. I nomi dei possibili convocati sono molti e ben diversi da quelli che hanno affrontato l’europeo di Glasgow, visto che i tracciati sono molto differenti. Per la trasferta austriaca servono uomini capaci di fare il lavoro sporco anche in salita. Anche se, al momento della chiusura di questo giornale, non abbiamo ancora i nomi ufficiali dei convocati, ecco spuntare fuori tantissimi nomi che potrebbero far parte della spedizione iridata, come quelli di Damiano Caruso e Alessandro De Marchi, due uomini che, per la loro affidabilità, hanno già preso parte ai giochi olimpici come gregari; non dobbiamo poi dimenticare Domenico Pozzovivo, che ha svolto un 2018 su alti livelli, così come Diego Ulissi e Franco Pellizotti, sempre bravi a farsi trovare pronti per gli appuntamenti più importanti. Questi sono solo alcuni dei nomi che ruotano intorno alle possibili scelte di Davide Cassani, che sicuramente saprà plasmare una formazione in grado di rendere la vita difficile a tutti. NIBALI, LA CONDIZIONE È UN’INCOGNITA - Il vero punto fondamentale sarà la condizione con la quale Vincenzo Nibali si presenterà al via della rassegna iridata. È fuori da ogni dubbio che Vincenzo stia attraversando una stagione spettacolare: la vittoria alla Milano-Sanremo e la bella prestazione al Giro delle Fiandre sono stati due fiori di primavera, mentre in estate le cose non sono andate bene per colpa della famosa caduta sull’Alpe d’Huez. L’intervento chirurgico alla schiena è stato necessario per accelerare i tempi di recupero, visto che senza di esso non sarebbe stato forse possibile nemmeno pensare di partecipare al mondiale. La condizione di Vincenzo è la grande incognita della nazionale azzurra: la decisione di prendere parte alla Vuelta senza fini di classifica generale, ma con la volontà di ritrovare la forma dei giorni migliori, è stata senza dubbio giusta. Chilometro dopo chilo-

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Fabio Aru con il Ct. Davide Cassani

metro, Nibali dovrà dimostrare a tutti che la condizione potrebbe anche non essere al 100%, ma il mondiale è una gara secca, e a volte le motivazioni sono anche più importanti e decisive della forma fisica. ARU, VOGLIA DI RISCATTO - Discorso diverso per quanto riguarda Fabio Aru: il corridore sardo può essere un’altra pedina importante nello schieramento azzurro e potrebbe essere una vera e propria importante alternativa a Vincenzo Nibali. Sicuramente il corridore della UAE Team Emirates ha voglia di riscatto dopo il pessimo Giro d’Italia, per il quale non ha cercato scuse: la cattiva preparazione è stata la causa delle sue prestazioni opache, ma la stagione non è ancora finita e c’è tempo per rifarsi. Aru non ha mai vinto delle classiche monumento, ma ha vinto il campionato italiano, quindi nelle corse di un giorno particolarmente dure è in grado di esprimersi al meglio. La speranza è che le tante batoste sportive che gli sono arrivate quest’anno lo abbiano aiutato a migliorare sotto ogni punto di vista.

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SAGAN, L’AVVERSARIO NUMERO UNO - Dopo tre mondiali consecutivi vinti, è impossibile non inserire Peter Sagan come favorito numero uno anche per il mondiale di Innsbruck. I percorsi dei mondiali vinti fino ad oggi dallo slovacco presentavano un percorso meno difficile di quello di Innsbruck, ma quest’anno Sagan ha voluto essere protagonista anche in corse più dure. Forse non è un caso che al Tour de France abbia provato ad andare in fuga in tappe nervose o di montagna. Peter è un fuoriclasse assoluto, e non è quindi a escludere che possa ottenere la quaterna: fin da inizio anno, i tecnici che lo seguono stanno lavorando per farlo arrivare al mondiale più magro rispetto al suo peso forma, al fine di poter affrontare meglio le salite che bisognerà affrontare. LE AZZURRE - Impossibile non citare anche le azzurre di Dino Salvoldi: le nostre ragazze sono sempre una garanzia, e il trionfo europeo di Marta Bastianelli ha spezzato un piccolo digiuno di trionfi su strada. La nazionale femminile ci ha sempre “viziati”, in

quanto i tanti trionfi iridati hanno fatto sì che le azzurre diventassero sempre un faro nelle corse di questo tipo. Agli europei le nostre ragazze hanno battuto l’Olanda: uno squadrone composto da Chantal Blaak, Marianne Vos e Anna Van Der Breggen. Senza dubbio le nostre atlete sono da considerare le favorite numero uno, con la nazionale dei Paesi Bassi che proverà ancora una volta a rompere le uova nel paniere. Resta però sempre da sottolineare che le olandesi hanno tante voci nel coro, mentre le ragazze di Salvoldi sono tutte unite verso un unico obiettivo, quello della vittoria. E probabilmente proprio questo fattore permetterà di fare la differenza su tutte le altre.

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SCATTO D’AUTORE TOUR OF CROATIA 2018 by Bettiniphoto

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ITALIAN BIKE FESTIVAL

La FIERA entra in una nuova era di Maurizio Coccia


A Rimini va in archivio la prima edizione di un originale expò “di strada” che ha catalizzato l’attenzione di prestigiosi marchi di settore e di un pubblico numeroso e mai così eterogeneo. Ecco in carrellata le novità più significative dei settori “road”, “off-road” e soprattutto “elettrico”

Il comunicato ufficiale dell’organizzazione parla di oltre 25.000 appassionati e 250 negozi specializzati che durante i tre giorni hanno animato gli stand allestiti all’interno del centralissimo Parco Fellini di Rimini

Se oltre confine - e anche a casa nostra - il formato “fiera ciclistica” è da qualche stagione in crisi di identità, ci hanno pensato i neonati soci della Taking Off a proporre una valida e apprezzabile alternativa. L’idea, studiata a tavolino e diventata poi realtà gli scorsi 31 agosto e 1 e 2 settembre, è stata quella di un evento legato alle due ruote di qualsiasi tipologia (strada, mtb ed “elettrico”) organizzato in una città di dimensioni medio-grandi come Rimini, posizionata nel “nevralgico” centro nord dello stivale, con una grande ricettività dal punto di vista alberghiero e con la possibilità di proporre tracciati sia da “road” che da “off-road” (tre circuiti in tutto, più uno trail allestito all’interno dell’area espositiva). Due dettagli fondamentali: il primo, l’evento era completamente gratuito, aperto a tutti e destinato principalmente al pubblico e - solo in seconda battuta - agli addetti ai lavori. Il secondo, l’Italian Bike Festival è nato come “fiera di strada”, ovvero una manifestazione allestita transennando parte di una zona centrale della città romagnola, destinando quello spazio a due passi dal mare agli oltre cento espositori che hanno aderito all’iniziativa. Il risultato? Oggettivamente un successo e questo non soltanto per il lusinghiero numero di brand (sia italiani che stranieri) che hanno partecipato, ma anche per il significativo riscontro di pubblico che ha sfidato anche il maltempo che ha imperversato a tratti su questo neonato festival delle due ruote. Il comunicato ufficiale dell’organizzazione parla di oltre 25.000 appassionati e 250 negozi specializzati che durante i tre giorni hanno animato gli stand allestiti all’interno del centralissimo Parco Fellini di Rimini. Chiaro, è impossibile dare veridicità assoluta a questo dato perché non c’erano biglietti da staccare, ma quel che è certo è che nei tre giorni del festival di gente per gli stand noi di “InBici” ne abbiamo vista davvero tanta e, quel che più conta, si è trattato di gente con uno spirito più “easy” di quel che abitualmente siamo abituati a vedere nelle fiere ciclistiche di stipo tradizionale (appunto, proprio quelle in crisi… ). «Un evento curato, rilassato e chic», il commento sull’evento che ha espresso uno degli espositori che siamo andati a visitare. Concordiamo in pieno anche noi: la prima edizione dell’Italian Bike Festival è stata una sorta di piacevole happening delle due ruote che ha sfruttato al meglio una serie di situazioni. In primis, la collocazione al termine delle italiche ferie d’agosto, il cambio di data della “classica” fiera di Eurobike (quest’anno anticipata a inizio luglio) e, non da ultimo, il venir meno di quella che sarebbe stata la fiera di settore più importante del nostro Paese, ovverosia la fiera di Cosmobike, che all’ultimo momento ha annullato la data settembrina per dare appuntamento a un evento nel prossimo febbraio con un formato - manco a dirlo - diverso da quello della fiera “classica”. Tant’è: se gli espositori del primo Italian Bike Festival sono stati centoventi in tutto e se c’è stato anche un ottimo riscontro anche degli addetti ai lavori (sia negozianti sia noi giornalisti di settore) il merito è anche di una concomitanza di fattori di cui gli organizzatori, guidati dal bravo Direttore Francesco Ferrario, hanno saputo beneficiare. Ma resta il fatto che il Festival è stato ideato, pianificato e poi allestito nel migliore dei modi,

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evitando il pericolo che una situazione espositiva “di strada” si trasformasse in un evento disordinato, caotico e senza un carattere ben delineato. Affatto: il carattere l’Italian Bike festival lo ha mostrato eccome. Non ambisce certo a diventare un evento di riferimento a portata internazionale, ma di sicuro un appuntamento espositivo clou per quel che riguarda il panorama nazionale, proponendo tra l’altro un format in parte nuovo, che può rappresentare una valida alternativa alle “classiche” fiere sempre più in affanno e in cerca di identità. COSA ABBIAMO VISTO A Rimini, noi “penne” della stampa ciclistica tecnica, non ci aspettavamo certo di vedere novità assolute, perché sappiamo che è l’inizio dell’estate il periodo in cui le maggiori aziende concentrano il “lancio” dei loro nuovi modelli e le loro proposte tecniche inedite. Molte di queste ultime, tra l’altro, quest’anno hanno trovato nella anticipata fiera di Eurobike la loro prima occasione di visibilità al pubblico e agli addetti ai lavori. Il neonato Italian Bike Festival ci ha però consentito di toccare con mano prodotti che fino a quel giorno avevamo solo visto dalle foto delle cartelle stampa ufficiali (perché no, anche da parte di tanti big della produzione telaistica che da anni disertano la fiera tedesca), oltre a rappresentare un’occasione per individuare le tendenze e le 54

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direzioni del mercato nazionale, capire cioè quali sono i segmenti che stanno crescendo e quali quelli che segnano un’inversione di rotta. L’Italian Bike Festival è stato ed è nato come evento trasversale, che ha visto rappresentati in maniera equa sia il mondo “strada” sia quello “mtb” e che non ci è sembrato avere una matrice più prettamente protesa verso l’uno o l’altro mondo. Quel che è certo, ma questo in fondo non fa più notizia, è che sia il segmento della bici da corsa che quello delle “ruote grasse” vedono nelle proposte elettriche la spinta più forte, andando a definire un mondo che sappiamo bene è impossibile ignorare e che - ad oggi - ha la stessa dignità (non solo commerciale) di quello delle tradizionali bici “muscolari”. Nelle pagine che seguono vedremo allora le proposte e gli spunti più interessanti visti durante la tre giorni riminese, rimandandovi inoltre al nostro sito internet www.inbici.net per scoprire ancora più foto e informazioni tecniche dettagliate sulle nuove proposte che abbiamo visto in riviera. LAZER, UN CASCO VERSATILE PER CELEBRARE CENT’ANNI Si chiama Century il casco con cui la belga Lazer celebra i cento anni di attività. È la novità principale della gamma 2019. Destinato al ciclismo su strada, utilizza una struttura che realizza un’ideale mediazione tra i caschi cosiddetti “aero” e quelli più ventilati, ovvero ric-


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del terreno. A migliorare è stata anche la rigidità, sia nella zona dello sterzo, sia in quella del movimento centrale. Il coefficiente di flessione è infatti migliorato, passando dai precedenti valori interno 04, 06 agli attuali 04, 02. I foderi posteriori sono stati rivisitati e modernizzati, mentre il tubo sterzo è stato posizionato leggermente più in alto, per avere una posizione più comoda. Nella gamma Basso la nuova Diamante si posiziona un pelo più in basso della Diamante SV, che rimane il top per quel che riguarda il segmento “aero”. I colori sono nuovissimi, cinque in tutto, compresa questa elegantissima blu opaco. La Diamante è proposta sia in versione rim-brake che disc brake.

chi di feritoie. Tra le altre cose il Century ha un coperchio superiore invertibile, la posizione del quale aumenta o diminuisce le proprietà di ventilazione vs aerodinamica. Per preservare la sicurezza il Century dispone inoltre di una luce posteriore a led, integrata. Oltre al Century, Lazer propone per il 2019 la versione 2.0 del Bullet, vero casco aero della Casa, che nella nuova variante è stato alleggerito ed è stata aggiunta una lente anteriore integrata per renderlo ancora più filante nei confronti dell’aria. BASSO, ECCO LA NUOVA DIAMANTE La novità principale della linea Basso 2019 si chiama Diamante. È la versione aggiornata di un modello già noto della Casa veneta, con soluzioni che la rendono ancor più accattivante dal punto di vista estetico e con implementazioni strutturali che l’hanno resa ancor più comoda ed ergonomica. Il reggisella adotta ora la tecnologia proprietaria 3D System, che consente di avere un elegante reggisella semi-integrato e soprattutto di assorbire le vibrazioni

BOTTECCHIA, TRA PROPOSTE SUPERLIGHT E NOVITÀ ELETTRICHE Punta al segmento del cross country e a quello delle marathon di alto livello (ed alta scorrevolezza) la nuova Aquila Rossa, hard tail 29er con telaio in carbonio dal peso record di 930 grammi. La versione presente all’Italian Bike Festival di Rimini non poteva che essere montata al top, con un gruppo trasmissione Shimano Xtr e una forcella Fox con steli da 32 mm. Passando dalle “ruote grasse” al bitume, la new entry più significativa del marchio veneto è la M4 Superlight che - come suggerisce il nome - si tratta della versione alleggerita della precedente M4. Rispetto a questa ultima si differenzia grazie ad un carro posteriore con foderi dal design minimale (ed elegante) e per una “cura dimagrante” che è stata apportata in tutte quelle porzioni di tubi dove l’asportazione di materiale non penalizzava le qualità strutturali del prodotto. Il peso del frame? 790 verniciato. Infine, anche Bottecchia si dota di una e-bike stradistica di alta gamma: la sua proposta in questo senso si chiama Pulsar. Il telaio in carbonio alloggia una motorizzazione centrale Fazua e prevede la possibilità di montare qualsiasi tipo di ruote e qualsiasi tipo di componentistica propria delle road bike “muscolari”. In pratica, nulla di diverso rispetto a ciò che altri marchi stradistici stanno facendo di questi tempi, proponendo le loro bici da corsa “elettriche”. LIFESTYLE INBICI

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nel segmento delle bici stradistiche a pedalata assistita: il telaio è mutuato dalla geometria della già nota 765 (carro lungo e sterzo alto per dare comodità di guida), ovvero la comfort bike della Look; la motorizzazione centrale è siglata Fazua e troviamo foderi posteriori con morfologia 3D Wave, che permettono anche essi di privilegiare il comfort. Infine, di elettrico e di assistito c’è anche la e765 Gravel che, come la e765, impiega un telaio in carbonio ed ha un passaggio ruota capace di alloggiare coperture fino alla 42 mm di sezione.

EDDY MERCKX, 525, UNA BICI EMOZIONALE Performance, ma anche maneggevolezza, eleganza e soprattutto comfort: questi i requisiti su cui punta il marchio intitolato al “Cannibale”, che dallo scorso anno è gestito dalla belga Race Production, società che è proprietaria anche del marchio Ridley. In particolare questo è il nuovo modello top di gamma, chiamato 525. Si tratta di una bici che esprime al meglio la filosofia Eddy Merckx: il produttore la definisce una bici “emozionale”, battezzata così per ricordare le 525 vittore che Merckx ha collezionato nella sua carriera da professionista. La bicicletta viene prodotta sia in versione performance che race, dove a cambiare è la geometria, più rilassata la prima più aggressiva la seconda versione. In entrambi i casi il telaio si può idealmente spezzare in due a livello strutturale: la zona anteriore, del tubo diagonale e dello sterzo sono molto rigidi, mentre il carro posteriore e il tubo verticale hanno un design più orientato alla ricerca del massimo comfort. Si tratta di un’ottima proposta per il granfondista evoluto. LOOK, DALLA STRADA AL GRAVEL PASSANDO PER L’ELETTRICO Nel segmento stradistico di alta gam-

ma la novità più significativa del 2019 di Look è la 795 Blade RS. Si tratta dell’evoluzione della precedente 795 Light RS. La 795 Blade RS, la nuova proposta aero della Casa francese, è offerta sia in configurazione disc brake che rim brake. In quest’ultimo caso il telaio si avvale di originali foderi posteriori obliqui che, grazie all’abolizione del tradizionale ponticello per l’innesto del freno (che ora si monta grazie ad un pivot che arriva dal nodo di sella), acquistano caratteristiche flettenti, in grado di inarcarsi lateralmente sotto il peso del ciclista ed assolvere così al compito di assorbire le vibrazioni senza però penalizzare la rigidità laterale Altri dettagli: il reggisella è sempre aerodinamico ma, a differenza della vecchie 795 Light RS, non è integrato, ma semi-integrato. Semi-integrato è anche l’attacco manubrio con linee tradizionali, mentre per la guarnitura viene abolita la possibilità di montare la guarnitura proprietaria Zed2 e si fa spazio invece a uno standard aperto, che può montare pedaliere press fit. La 795 Blade RS è una bici aero ma è anche molto leggera: 950 grammi di telaio ai quali vanno aggiunti i 300 della forcella dedicata. Spostandoci dalle bici muscolari alle elettriche, la e765 è il modello che segna l’ingresso di Look

LAPIERRE, UNA E-MTB FUORI DAGLI STANDARD Sulle sue mountain bike del segmento gravity (ovvero le bici da all mountain, enduro e free ride) la Casa francese introduce la tecnologia Fit: si gestisce attraverso una vite posta nella zona di infulcro delle bielle dell’ammortizzatore e consente di variare l’architettura elastica del carro per adattare così il telaio all’utilizzo di ruote da 27.5 o 29 pollici di diametro. Sempre nell’ambito delle “ruote grasse”, la new entry tecnicamente più significativa è la eZesty (della quale a seguire riportiamo anche una scheda tecnica più dettagliata). Più che bici a pedalata assistita è meglio chiamarla una all-mountain ibrida, perché se si toglie la batteria la bici è assimilabile a una all-mountain tra le più leggere sul mercato. Altre caratteristiche tecniche? Il telaio è in carbonio, il carro utilizza dimensionamenti boost e l’ammortizzatore è Trunion. La motorizzazione, invece, è Fazua. Con la eXelius passiamo invece dal fuoristrada all’asfalto: si tratta infatti della nuova bici stradistica a pedalata assistita di Lapierre. Rimanendo sull’asfalto, passiamo poi alla Xelius SL2, che è l’evoluzione della precedente Xelius SL. Il telaio è stato migliorato, diventa più filante e aerodinamico e acquisisce alcune caratteristiche morfologiche della air-code, che è l’aero bike della Casa francese. Il frame utilizza fibre di carbonio ad altissimo modulo di grado Ultimate: anche grazie a queste arriva a un peso finito di soli 800 grammi. Sarà proposta sia in versione rim brake che disc brake. .

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Italian Bike Festival

RIDLEY, NOAH FAST, UN CICLO CHE DURA DA DIECI ANNI Dieci anni fa le bici da strada aero non le conosceva nessuno, semplicemente perché non esistevano. Appunto, il primo a rompere il ghiaccio fu Ridley, che con la sua Noah inaugurò una tipologia di bicicletta stradistica che oggi va per la maggiore e che ha codificato un vero e proprio segmento chiamato aero-bike. È anche un po’ per celebrare questa ricorrenza che per il 2019 il marchio belga ha prodotto un significativo aggiornamento di quel modello celebre (che nel frattempo ha conosciuto differenti versioni). La variante “model year” 2019 si chiama Noah Fast ed è stata

sviluppata da Ridley realizzando una summa di tutto ciò che gli altri produttori sanno fare in questo segmento: proprio così, per sviluppare le forme più filanti Ridley ha portato nella galleria del vento di “casa”, ovvero quello che da qualche anno ha costruito nel suo stabilimento fiammingo, i modelli aero più famosi dei principali marchi concorrenti, individuandone i punti forti e quelli deboli. I risultati di questo studio sono stati poi trasposti sulla nuova Noah Fast, che estremizza il concetto di costruzione integrata in particolare sulla zona di accoppiamento tra telaio e forcella e su quello di telaio e set di guida. Entrambi garantiscono un’adesione delle forme

superiori con vantaggi aerodinamici quantificati misurando il vento da ogni angolazione possibile, sia frontale che laterale. Sempre sullo sterzo la bici presenta poi delle particolari canalizzazioni che permettono di “staccare” il flusso d’aria dalla superficie, per limitare così le turbolenze. Spostandoci sul carro posteriore va segnalato il lavoro “dimagrante” che ha riguardato i foderi obliqui, ora più esili e tra l’altro più confortevoli. Anche grazie a loro, il frame-set (telai, forcella e reggisella) pesa ora due etti di meno rispetto alla precedente versione La Noah Fast verrà prodotta sia in versione per freni tradizionali che a disco.

HANNO DETTO Francesco Ferrario, direttore della manifestazione: “Siamo molto soddisfatti dei risultati ottenuti dalla prima edizione di Italian Bike Festival”, sottolinea. “La partnership con il comune di Rimini è stata vincente. Numerosissimi gli appassionati e non che hanno potuto testare e vedere le biciclette esposte, oltre ai nuovi modelli bike 2019. A Rimini si sono viste anche le famiglie con i bambini che hanno potuto vivere una bella giornata all’insegna delle due ruote”. Gianluca Brasini, Assessore allo Sport della città di Rimini: “Ci siamo resi conto di avere portato sul territorio una manifestazione straordinariamente appetibile per il mondo della bicicletta. Pensata in piena sinergia con tutti gli altri eventi della nostra regione del settore. Questa è la prima edizione di quello che ci auguriamo essere un evento che si possa inserire a pieno titolo nel panorama nazionale e internazionale del settore bike e non solo.”

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a cura della redazione

GRAN FONDO CAMPAGNOLO

Roma caput mundi

Il 14 ottobre, nell’impareggiabile scenario dell’Urbe si rinnova l’appuntamento con una delle rassegne sportive più strabilianti dell’era moderna. L’AVVOCATO SANTILLI: “Sogno un’edizione memorabile” Per anni gli hanno dato del “visionario”, sostenendo che - nel traffico tentacolare dell’Urbe - non ci sarebbe mai stato spazio per organizzare una gara ciclistica. E invece, con ostinazione, competenza e creatività, l’avvocato Gianluca Santilli è andato avanti per la sua strada, costruendo, mattone dopo mattone, un vero miracolo italiano. 58

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Oggi, pochi anni dopo la sua genesi, la Granfondo Campagnolo di Roma - per l’ambizione del progetto ed il prestigio del contesto - dev’essere considerata una delle manifestazioni sportive più strabilianti dell’era moderna. “Il segreto è stato guardare subito ai grandi eventi planetari – spiega Santilli – come New York e Londra, coi quali abbiamo stretto partnership

e sinergie. Dalle loro esperienze abbiamo imparato tanto, ma oggi, lo dico con orgoglio, anche loro cominciano a copiare alcuni spunti del modello romano”. Un oceano di ciclisti in uno degli scenari più emozionanti del mondo, un viaggio a pedali nella storia dell’antico Impero. Basterebbe questo scenario per spiegare il successo di questo evento, perché non capita tutti


Tra le novità dell’edizione 2018 la nuova maglia ufficiale: “La maglia di quest’anno- spiega Santilli - richiama il VII perché festeggia la settima edizione si collega ai sette Re di Roma. i giorni di pedalare tra il Colosseo e i Fori Imperiali, attraversando i Castelli Romani e il lago di Albano e lambendo le Terme di Caracalla percorrendo strade totalmente sgombre di auto. La Gran Fondo di Roma è uno spot mirabolante alla mobilità sostenibile, alle politiche delle smart-city, è un evento “ad emissione zero” che ha dimostrato al mondo (diffidente) della politica romana che una città senza traffico, disegnata su misura per l’utenza debole, non è l’utopia di un visionario, ma un approdo doveroso per una città che, in futuro, non potrà più ignorare la questione ambientale. E così, in una cornice unica al mondo, oltre cinquemila appassionati ciclisti, in rappresentanza di una cinquantina di nazioni, prenderanno parte il prossimo 14 ottobre ad una nuova edizione della Gran Fondo Campagnolo Roma con la partenza dai Fori Imperiali ed il Colosseo sulla sfondo, il villaggio expò alle Terme di Caracalla ed un corollario di eventi collaterali che, per un fine settimana, faranno dell’Urbe la capita-

le mondiale della bicicletta. “L’obiettivo – spiega Santilli – è offrire un evento dal forte valore aggregante. Una corsa non solo per i ciclo-amatori ma anche per chi, magari per una sola giornata, vuole godersi l’opportunità di vivere Roma da una prospettiva diversa. Non ci stancheremo mai di precisare che, in questa manifestazione, l’elemento agonistico passa in secondo piano e che la mission primaria è la voglia di stare insieme e dimostrare che, con il lavoro e un po’ d’inventiva, anche Roma può diventare realmente una città bike-friendly”.Tra le novità dell’edizione 2018 la nuova maglia ufficiale: “La maglia di quest’anno- spiega Santilli - richiama il VII perché festeggia la settima edizione si collega ai sette Re di Roma. A mio avviso è innovativa, aggressiva ma anche storica. Perché il nostro è un evento che forse come nessun altro al mondo fa pedalare nella Storia. Già immagino l’impatto della maglia indossata da migliaia di ciclisti con il Colosseo alle spalle. Sarà da brividi e mi auguro farà emozio-

nare tutti”. Confermata la ‘tolleranza zero’ nei confronti del doping tra gli amatori, la Gran Fondo Campagnolo rappresenta anche un efficacissimo spot alla cosiddetta bike-economy, ovvero quel segmento che punta a valorizzare le politiche della eco-sostenibilità: “Sono aspetti – conclude Santilli - che, soprattutto in una città come Roma, devono essere considerati centrali. Questo evento può - e deve dimostrare, in primis al mondo della politica italiana, che sono le Smart City il futuro virtuoso di un Paese evoluto. Noi ci siamo resi conto che, promuovendo la ciclomobilità urbana e il cicloturismo, si attiva un circuito virtuoso di vita sana ed economia fiorente. La bike economy muove oggi in Europa qualcosa come 200 miliardi di euro fra produzione e vendita di biciclette, progetti di mobilità urbana ed investimenti connessi con lo sviluppo di questa cultura green. Roma, è il nostro pensiero, non può essere spettatrice di questi cambiamenti, ma ne deve diventare protagonista”.

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SCATTO D’AUTORE GIRO D’ITALIA 2018 by Bettiniphoto

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L’INTERVISTA

Manuel Belletti,

non è mai troppo tardi di Davide Pegurri

In Ungheria centra il suo primo successo a tappe da professionista: “Una bella impresa da condividere con tutta la squadra”

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Manuel Belletti - Bettiniphoto

Quest’anno agosto è stato sicuramente il mese magico di Manuel Belletti. Mentre la gente comune approfitta del caldo per recarsi in vacanza, per lo più al mare, il portacolori della Androni Giocattoli - Sidermec conquistava, in Ungheria, la sua prima corsa a tappe da professionista. Era da tanto che mancava la vittoria al velocista di Sant’Angelo di Gatteo che, oltre alla generale, riesce anche a portar a casa una frazione. Dopo più di dieci anni di carriera, Manuel conferma di poter ancora togliersi qualche soddisfazione e si prepara a dare il massimo anche nei prossimi impegni. Con semplicità e umiltà ci ha raccontato il suo percorso di crescita. Iniziamo dall’ultima affermazione, raccontaci come hai vissuto il Giro d’Ungheria: credevi di poter indossare la maglia fino alla fine?

“Avevamo pianificato bene la corsa con la squadra, dopo quasi due mesi di pausa per recuperare le energie in vista della seconda parte di stagione. La tappa che ho vinto mi ha dato fiducia, abbiamo fatto selezione in salita e ho preso la maglia, anche grazie agli abbuoni. Da lì in poi tutti i giorni sono riuscito a guadagnare sui diretti avversari e a conquistare infine la generale. Logicamente un pensiero l’avevo fatto già in partenza, perché avevo capito che era una occasione unica, dove un velocista come me poteva centrare il massimo risultato. La squadra mi ha sempre supportato ed è andato tutto alla grande”. Cosa rappresenta per te questa vittoria? “Innanzitutto sarà un bellissimo ricordo anche perché non avevo mai vinto una corsa a tappe da professionista. Questo successo però non cambia nulla dentro di me, io sono un corridore principalmente da gare di un giorno, ma se capiteranno occasioni simili di sicuro non mi tirerò indietro. Continuerò a dare il massimo come sempre”.

L’ottimo clima in squadra ha contribuito? “Il clima è stato fondamentale, siamo una squadra molto unita e lo stiamo dimostrando. Fin dall’inizio della stagione abbiamo trovato il giusto equilibrio e andiamo tutti d’accordo. A seconda delle corse, lavoriamo in armonia per chi può fare risultato. A Giovanni Ellena (attuale direttore sportivo della Androni Sidermec, ndr) ho regalato la maglia come gesto di riconoscenza. È una cosa che però sono solito fare, anche con gli altri membri dello staff, tutte le volte che raggiungo un successo importante”. Più di dieci anni di carriera, se ti volti e guardi al tuo percorso qual è stata la vittoria più emozionante? “Sicuramente la tappa al Giro d’Italia del 2010. Penso che nessun altro successo in futuro possa sostituirla perché quel giorno ho vissuto emozioni uniche. Ero sulle strade di casa e ancora oggi mi ricordo tutto di quella stupenda giornata. Sul percorso continuavo a sentire persone che mi incitavano e poi sul rettilineo finale, LIFESTYLE INBICI

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..Fortunatamente non ho rimpianti. Sarebbe semplice tornare indietro con la mente e ripensare agli errori o alle cose che non rifarei, ma alla fine tutto quello che ho fatto fa parte del mio percorso di crescita.. quando ho iniziato la volata, il pubblico, accorgendosi che avrei ottenuto la vittoria, è scoppiato in un boato fragoroso di gioia”. Da velocista, quale è stato l’avversario che ti ha fatto penare di più? “Non c’è uno avversario in particolare, perché il livello è molto alto e tutte le volate sono un terno al lotto. Ci sono poi squadre più organizzate di altre per lo sprint e io, che sono uno sprinter atipico, ho cercato un po di adattarmi. Negli ultimi anni il punto di riferimento in Italia, e non solo, è certamente Elia Viviani. In questo momento sta dimostrando di essere uno dei velocisti più forti al mondo”. Anche se sei ancora in attività, con dieci anni di carriera, posso chiederti cosa è cambiato nel ciclismo dai tuoi inizi ad oggi? “L’evoluzione c’è stata, soprattutto nelle biciclette e nei materiali. Mi ricordo che nei primi anni di professionismo avevo delle maglie normali, oggi invece abbiamo dei tessuti aereo-dinamici e studiati apposta per garantire la massima prestazione. Anche il modo di interpretare le corse è cambiato. Prima, in un certo senso, si correva 64

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più alla garibaldini, mentre ora è tutto più schematizzato e organizzato”. Guardando al tuo cammino da professionista, hai qualche rimpianto? “Fortunatamente non ho rimpianti. Sarebbe semplice tornare indietro con la mente e ripensare agli errori o alle cose che non rifarei, ma alla fine tutto quello che ho fatto fa parte del mio percorso di crescita. Ovviamente le delusioni, che sono più delle vittorie, ci sono, tuttavia non cambierei nulla del mio passato ciclistico”. Da anni condividi questo percorso anche con una persona in particolare. “Ho la fortuna di avere al mio fianco Dalia – ciclista professionista alla Valcar PBM e campionessa italiana nel 2013 – ci conosciamo da tanto. Lei è importante e mi è di supporto anche perché, correndo come me, conosce alla perfezione i sacrifici che dobbiamo fare. A volte capita di allenarsi assieme e condividere alcune pedalate in bicicletta”. Hai qualche hobby al di fuori del ciclismo? “Ho una forte passione, trasmessa da mio nonno, per la pesca. Appena

posso, compatibilmente con le corse, prendo la mia canna e vado a pescare nei fiumi o nei laghi, utilizzando la tecnica dello spinning. È un continuo lancio e recupero dell’esca che mi rilassa molto. Una volta ho pescato un siluro, dalle parti di Ferrara, di poco inferiore ai 50 kg. Per il resto mi ritengo un tipo molto tranquillo e nel tempo libero che mi rimane, mi piace frequentare anche i miei amici”. Prossimi impegni e progetti futuri? “A settembre parteciperò alle corse in Italia, per lo più di un giorno, importanti per la conquista dalla Ciclismo Cup. A ottobre poi avremo altre competizioni sul nostro territorio e probabilmente, anche se dobbiamo ancora definire bene il tutto, dovrei chiudere la stagione in Cina. Per il futuro, ho riservato un contratto anche per il 2019 con l’ Androni prima del Giro d’Italia e penso di poter correre a buoni livelli ancora per tre o quattro anni. Una volta finita la mia carriera non nascondo che mi piacerebbe rimanere nell’ambiente, anche se non ho pensato ancora in quale veste”.


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Grande spettacolo alla quarta edizione della manifestazione piemontese magistralmente organizzata dal Gs Alpi. Vittorio Mevio: “La cartolina più bella? La felicità di tutti i partecipanti”

Granfondo Internazionale Torino

Sorrisi & Gianduiotti Sono poche le città che riescono ad avere un fascino regale e discreto come il centro storico di Torino. Ed è da qui che i ciclo-amatori sono riusciti a godersi una bella giornata di cicloturismo e di agonismo, coniugati perfettamente secondo la maestrìa che il comitato organizzatore del Gs Alpi è capace di offrire. Cicloturismo, perchè i corridori sono partiti per affrontare i percorsi della 68

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Granfondo Internazionale Torino partendo dal Parco del Valentino, nel cuore del capoluogo piemontese, a due passi dalla Mole Antonelliana, e hanno tagliato il traguardo posizionato davanti alla Basilica di Superga. Sull’ascesa conclusiva, i partecipanti hanno potuto anche svolgere un vero e proprio test contro se stessi: affrontare una salita ripida, difficile e lunga circa 5 km. Circa 1200 sono stati gli amatori che hanno preso il via della gara che si è conclusa in cima alla mitica ascesa sulla quale si sono imposti campioni importanti del

ciclismo professionistico, come Alberto Contador, Vincenzo Nibali, Rigoberto Uran e tanti altri. Per tutti, è stato quindi uno stimolo per dare fondo alle proprie energie. Tagliare il traguardo davanti alla Basilica di Superga è stata una grande emozione per tutti i partecipanti. Ma, soprattutto, la cartolina più bella della quarta edizione della Granfondo Internazionale Torino sono stati i sorrisi di tutti gli amatori che hanno concluso la propria gara, come sottolinea Vittorio Mevio, presidente del Gs Alpi: “La cosa più importante è vedere il sorriso sulla


bocca di tutti i partecipanti. Una granfondo deve essere un’occasione per divertirsi e per conoscere tanti luoghi nuovi, oppure riscoprirli attraverso la bicicletta. L’alto gradimento riscontrato al termine di Granfondo Torino ci riempie di soddisfazione”. Il percorso medio di 94 km ha visto la vittoria in solitaria di Francesco Avanzo (Biemme Garda Sport), che ha sferrato l’attacco decisivo a circa 9 km dal traguardo, poco prima dell’inizio della salita di Superga. Il vincitore è riuscito a superare di 20 secondi Andrea Lanfranchi (Team Trapletti La Pace), mentre sul terzo gradino del podio assoluto sale Nicola Loda (Team Loda Millennium). Tra le ragazze detta legge Annalisa Prato (Team De Rosa Santini), unica donna capace di scendere sotto il tempo delle tre ore di gara. Sul podio con lei salgono Elena Pancari (Team Loda Millennium) e Roberta Pilotto (Team Barbero Bike). Anche sul percorso lungo di 124 km sono arrivate due vittorie in solitaria. Nella prova maFabio Cini vincitore della Granfondo Internazionale Torino Photo Stefano Spalletta

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Nel 2019 la Granfondo Internazionale Torino sarà il fiore all’occhiello degli European Master Games, che si svolgeranno a cavallo tra luglio e agosto nel capoluogo piemontese. schile un gruppo di 15 unità è arrivato compatto fin quasi ai piedi della salita di Superga, ma sull’ultima ascesa il più forte è stato Fabio Cini (Cicli Copparo), che è riuscito ad imporre un ritmo più alto rispetto agli avversari e ad evitare la volata. Wladimir Cuaz (Cicli Lucchini) e Niki Giussani (Team Marville) chiudono rispettivamente a 29 e 30 secondi di ritardo dal leader. Tra le donne è profeta in patria la torinese Olga Cappiello (Team De Rosa Santini), capace di rifilare un distacco superiore ai 10 minuti alle sue avversarie. Insieme alla torinese, sul podio assoluto salgono Lisa De Cesare (Team Passion Faentina) e Orietta Tosadori (Biemme Garda Sport). Nel 2019 la Granfondo Internazionale Torino sarà il fiore all’occhiello degli European Master Games, che si svolgeranno a cavallo tra luglio e agosto nel capoluogo piemontese. In virtù di questo, il prossimo anno la granfondo si

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svolgerà domenica 28 luglio e farà parte di una vera e propria tre giorni di festa organizzata dal Gs Alpi, in quanto, oltre alla gara regina, ci saranno anche un criterium e una prova a cronometro. Per tutti gli amatori sarà un’importante occasione per non mancare: avere la possibilità di pedalare insieme ad altri corridori provenienti da tutta Europa non capita tutti i giorni. La città di Torino, inoltre, ha dimostrato ampiamente di essere in grado di ospitare un evento di così grande importanza, che avrà un risalto molto importante sotto ogni punto di vista.“Per noi del Gs Alpi è un grande onore essere stati scelti per organizzare le prove di ciclismo degli European Master Games - afferma Vittorio Mevio, presidente del Gs Alpi - anche perchè la Granfondo Internazionale Torino ha dimostrato ancora una volta di essere una manifestazione bellissima, nella quale i partecipanti possono

trovare non solo spunti agonistici ma anche cicloturistici. Una partenza dal Parco del Valentino è semplicemente meravigliosa, così come l’arrivo davanti alla Basilica di Superga. Siamo già pronti a lavorare in vista del prossimo anno”. A margine della gara ciclistica c’è stata anche la prestazione degli ultra-maratoneti Domenico Galfione e Giancarla Agostini, i quali, partiti sabato nel tardo pomeriggio, hanno coperto a piedi i 124 km del percorso lungo. Chissà che i partecipanti a queste prove di ultramarathon, in futuro, non possano aumentare anche come numero: in questo caso, le granfondo potrebbero davvero aprirsi anche a chi vuole praticare un altro sport impegnativo come la corsa a piedi. Nel frattempo, il futuro della Granfondo Internazionale Torino si chiama European Master Games. Il comitato organizzatore è già al lavoro per offrire a tutti tre giorni di puro divertimento.



// MENTE IN SELLA

Cinque ingredienti per una motivazione da campione di Claudia Maffi

Condizione atletica smagliante, ma cali mentali imprevisti. È capitato a tutti, ma oggi, con un semplice training, la psicologia dello sport ti aiuta ad evitare le trappole fatali della demoralizzazione 72

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Pensaci. Ti è mai capitato di doverti allenare, ma di non avere voglia di farlo? Oppure, ti è mai capitato di arrivare la mattina della gara svogliato e demotivato? Quante volte, durante una gara, di fronte ad un paio d’imprevisti sul percorso, hai deciso di mollare? E quando, durante una competizione, ti rendi conto che il tuo obiettivo è ormai lontano, come reagisci? Ti auto-motivi o molli di testa?


Ciascuno di questi episodi è legato ad un calo di motivazione; capire quali sono i fattori che ostacolano la motivazione ed attivare le strategie più opportune per reagire è fondamentale per ottenere performance all’altezza delle proprie potenzialità. I “CIBI” PREFERITI DI CUI SI NUTRE LA MOTIVAZIONE La motivazione non nasce e non si mantiene da sola bensì dev’essere costantemente alimentata dal ciclista; a maggior ragione, nei momenti di difficoltà, quando lo stress e la fatica prendono il sopravvento, la capacità del ciclista di auto-motivarsi viene meno se non adeguatamente supportata. A tal proposito è bene ricordare che la MOTIVAZIONE si nutre di 5 ingredienti essenziali: • Obiettivi chiari, specifici, realistici e accessibili; • Fiducia nelle proprie capacità; • Un continuo monitoraggio dei progressi ottenuti;

• Ottimizzazione del dialogo interiore; • Analisi della gestione mentale nel pre e post gara. • Un ciclista può allenarsi con costan- za ed essere in splendida forma. Tuttavia, ciò non lo immunizza dai cali di motivazione e la storia dello sport è piena di casi che dimostrano questa affermazione. Ciclisti in condizioni smaglianti che, in gara, di fronte ad una foratura non prevista nel loro “piano mentale”, si demoralizzano perdendo posizioni; corridori che, per quanto preparati, mandano all’aria le gare perché non hanno creduto abbastanza nelle proprie capacità. Quando il ciclista crede di non farcela, infatti, azzera la sua motivazione. LA MOTIVAZIONE È UN FATTO DELLA MENTE Come fare quindi per fronteggiare i possibili cali di motivazione? Quando il ciclista sente che la motivazione vacilla è bene, innanzitutto, fare

un’auto-analisi per capire cosa sta ostacolando la propria motivazione. La prima cosa da fare è porsi qualche semplice domanda per capire quale/i dei 5 ingredienti fondamentali è venuto meno. Ho ben chiari i miei obiettivi? Sono realistici e accessibili per me in questo momento? Credo realmente di poter raggiungere l’obiettivo che mi sono posto? O non ci credo abbastanza? Durante gli allenamenti e le gare tendo a parlarmi in positivo oppure mi scopro spesso a pensare agli errori che potrei fare o alla paura di mancare l’obiettivo? Se anche solo una di queste domande ha trovato risposta affermativa significa che la tua MOTIVAZIONE è a rischio e necessita di essere rinforzata adottando delle tecniche di Mental training. A seconda delle cause che stanno alla base del calo motivazionale, infatti, esistono delle tecniche ad hoc messe a punto dagli psicologi dello sport per ritrovare la giusta motivazione alla performance.

Ti piacerebbe imparare ad auto-motivarti e a fronteggiare i cali di motivazione? Scrivimi una mail a info@claudiamaffi.it per avere maggiori informazioni sulle tecniche di Mental training. Seguimi anche sul sito www.claudiamaffi.it Dott.ssa Claudia Maffi - Psicologa dello Sport Laureata in Psicologia all’università Cattolica, specializzata in psicologia dello sport presso Psicosport di Milano. Conosciuta nel mondo sportivo come Psicologa dello sport e Mental Training per atleti.


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SCATTO D’AUTORE TOUR DE FRANCE 2018 - RUDY MOLARD (FRA - GROUPAMA - FDJ) by Bettiniphoto

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Granfondo Charly Gaul a cura della redazione

La Leggendaria, non si ferma mai

Con ancora negli occhi l’epica impresa di Fabio Cini sul Bondone, a Trento già si lavora per la 14esima edizione. Con tante novità e l’entusiasmo di sempre 76

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Granfondo Charly Gaul

Il destino dei grandi eventi è quello di non fermarsi mai. Perché la mission, ogni anno, è quella di alzare l’asticella, di allungare il passo e offrire al pubblico uno spettacolo sempre più bello e suggestivo. E così, dopo aver consolidato la sua struttura organizzativa, lo staff dell’APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi, in collaborazione con la ASD Charly Gaul Internazionale, sta già pensando ad una nuova edizione della Leggendaria. Con ancora negli occhi l’impresa “epica” di

Fabio Cini sul Monte Bondone ripercorrendo le orme leggendarie di Charly Gaul con altrettanta tenacia e ardimento, l’infaticabile Elda Verones sta già pensando alla quattordicesima edizione de “La Leggendaria Charly Gaul – UCI Gran Fondo World Series”, una delle chicche più apprezzate dai corridori di tutt’Italia. Le date da segnare in rosso sul proprio calendario sono quelle del 12, 13 e 14 luglio 2019, con il comitato trentino ad aver aperto ufficialmente le iscrizioni alle consuete tariffe super-convenienti. La manifestazione sarà ancora la prova regina dell’InBici Top Challenge, il circuito granfondistico che riunisce - sotto un’unica insegna - alcune delle più prestigiose granfondo internazionali. Trento sarà ancora una volta assoluta protagonista della “tre giorni” su due ruote, che vedrà dapprima i velocisti combattere per la cronometro di Cavedine, anch’essa tappa prestigiosa UCI Gran Fondo World Series, quindi gli affezionati del vintage divertirsi a “La Moserissima” in compagnia dei grandi del ciclismo e, infine, i granfondisti sfilare sul manto stradale de “La Leggendaria Charly Gaul” che giunge sino al Monte Bondone dove si concretizzò l’impresa del lussemburghese, nei percorsi mediofondo di 57 km e 2.000 metri di dislivello o granfondo di 141 km e 4.000 metri di dislivello. Luglio 2019 è lontano, ma le tariffe di partecipazione fanno gola e la quota d’iscrizione di 42 euro rimarrà invariata fino al 31 dicembre. 60 euro invece per abbinare alla mitica granfondo la competizione in Valle di Laghi dedicata ai cronomen e cronowomen. Il prezzo è riservato ad un massimo di 500 concorrenti e proprio i primi 500 potranno usufruire di pettorale personalizzato. Chi ha tempo non aspetti tempo perché… chi prima arriva meno spende! Info: www.laleggendariacharlygaul.it Immagini: foto newspower

La manifestazione sarà ancora la prova regina dell’InBici Top Challenge, il circuito granfondistico che a cura Eleonora Pomponi riunisce - sotto immagini Archivio Trentino Alto Adige un’unica insegna - alcune delle più prestigiose granfondo internazionali. LIFESTYLE INBICI

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// FOCUS SUL SULLE PRODOTTO AZIENDE

SHIMANO il comfort ai tuoi piedi a cura di Roberto Diani

TESTED

AM9

Abbiamo sperimentato per un’intera stagione (e su tutti i tracciati) alcune scarpe per Mtb del marchio nipponico e ora siamo in grado di raccontarvi le loro caratteristiche Le scarpe oggetto del nostro nuovo test sono le AM9, le GR7 e le MT7. Le prime sono dedicate alle competizioni enduro e downhill da abbinare a tacchette SPD; le GR7 sono scarpe da gravity da abbinare a pedali flat; mentre le MT7 sono pensate per il cicloturismo e il trekking per bici sia a trazione muscolare che ibrida. In comune hanno una sagoma che Shimano definisce col termine “Volume Tour” che sta ad indicare come il piede abbia a sua disposizione uno spazio maggiore in corrispondenza della pianta e, sopratutto, della punta del piede. 78

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Durante il nostro lungo e probante test ci è capitato più volte di calzare queste scarpe per un’intera giornata alternando lunghe fasi pedalate a camminate sia su sentieri off-road sia per la normale deambulazione, senza sentire la necessità di toglierle per far riposare i piedi.

AM9 è il modello che abbiamo utilizzato sistematica-

mente nelle nostre numerose uscite con bici da enduro/ all mountain. Il sistema di chiusura permette di distribuire omogeneamente la pressione sul dorso del piede e di proteggerlo da intrusioni di detriti. L’indice di rigidità pari a 5 è il compromesso ideale che assicura efficienza in fase di pedalata e comfort in fase di camminata. La suola, caratterizzata da una mescola morbida e da scolpiture differenziate,


assicura aderenza adeguata anche quando si deve spingere la mtb su salite non pedalabili. Utili si sono dimostrate anche le protezioni sulla punta e l’imbottitura nella parte interna della caviglia. Il peso, per la singola scarpa di taglia 42, è pari a 400 g. Il modello AM è declinato in tre versioni: AM9 (155,99€), AM7 (129,99) e AM5 (89,99€).

GR7 E GR7 Woman sono scarpe dedicate al gravity da

abbinare a pedali flat. L’indice di Rigidità, pari a 3, e la sagoma nella versione “Volume Tour” assicurano un comfort elevato in fase di camminata tanto da permettere di usarla non solo per usi specifici. Il puntale anatomico protegge le dita, mentre il collare in tessuto mesh elastico garantisce

una protezione aggiuntiva contro i detriti. La suola Michelin è perfetta per l’interfaccia con pedali flat. Il peso è pari a 366 g (taglia 42) e 320 g per la versione Donna (taglia 39). Il prezzo è fissato in 129,99€.

MT7 è una scarpa da cicloturismo e trekking e non solo,

che si fa apprezzare anche da e-Biker. Il sistema di chiusura BOA assicura una rapida e precisa microregolazione. L’Indice di Rigidità pari a 4 e la sagoma “Volume Tour” completano un quadro caratterizzato da grande versatilità. Il peso è pari a 376 g (taglia 42) ed il prezzo è fissato in 129,99€.

AM9 è il modello che abbiamo utilizzato sistematicamente nelle nostre numerose uscite con bici da enduro/all mountain. Il sistema di chiusura permette di distribuire omogeneamente la pressione sul dorso del piede e di proteggerlo da intrusioni di detriti GR7

MT7

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SCATTO D’AUTORE TOUR DE FRANCE 2018 ARRAS - ROUBAIX by Bettiniphoto

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Cicloturismo

Svizzera e il Cantone di Uri, un paradiso per cicloturisti e grimpeur di Maurizio Coccia

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Itinerari Svizzeri

Con la specialissima da corsa nel cuore delle Alpi svizzere alla scoperta di percorsi e panorami di rara bellezza


Non ce ne vogliano il Pordoi, il Sella o lo Stelvio, ma a due passi dai nostri confini gli amanti del cicloturismo italiani possono trovare anche altri paradisi per i grandi raid su strada asfaltata. Uno di questi lo abbiamo scoperto lo scorso luglio e – diciamo la verità – siamo stati colpiti anche noi da questo scenario in grado di fondere paesaggi di rara bellezza con contenuti tecnici seri, salite vere, salite lunghe e toste che si inerpicano su per le montagne. No, non eravamo sulle Dolomiti o sui grandi Passi alpini, eravamo in Svizzera, appena 80 kilometri più a nord del confine italo/elvetico di Chiasso, a scoprire una delle aree più belle di quelle che l’ente turistico svizzero ha chiamato Grand Tour of Switzerland, 1600 kilometri di strade perfette per la bicicletta, che in pratica compiono il periplo di tutta la nazione elvetica e che in estate brulicano di cicloturisti. In particolare, noi giornalisti di settore invitati a questo evento, abbiamo “sgambettato” per due giorni a cavallo dei Cantoni di Uri, del Gallese e del Ticino, inerpicandoci sul Passo Furka (Furkapass), sul Passo della Novena (Nufenen-Pass) e sulla Tremola (St. Gotthard pass). Fatica? Sì, tanta, ma abbiamo scoperto un vero e proprio paradiso per il cicloturismo. ORGANIZZAZIONE “ELVETICA” Il nostro Tour comincia da Andermatt, paesino di 1200 abitanti nel cuore del Cantone di Uri. Raggiungiamo il paese in treno, attraverso un convoglio a cremagliera che sale su di un binario ripidissimo in mezzo alle gole delle Shollenel, costeggiando l’arditissimo Ponte del Diavolo, riservato alle autovetture: ciò che vedi in quest’area così montagnosa e aspra ti sta sempre a ricordare quanto la mano dell’uomo sia stata caparbia, tenace e ostinata nella sfida ad antropizzare questo posto non facile, ma sia sempre stata rispettosa e corretta nei confronti della natura. A proposito di treno: tutti, ma davvero tutti, i convogli elvetici hanno uno scompartimento ampio dedicato alle biciclette, mentre nelle principali stazioni ferroviarie basta fare qualche metro oltre il predellino per trovare dei noleggi bici che hanno biciclette per tutti i gusti, di tutti i livelli e di qualsiasi tipologia (anche elettriche, ovviamente) e che sono attrezzati con personale efficientissimo in grado di informarti sul viaggio che hai intenzione di fare. Sempre a proposito di treno: l’altrettanto efficiente organizzazione di questo viaggio stampa ci aveva fornito lo Swiss travel Pass, un pass comodissimo che ti permette

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Itinerari Svizzeri

di viaggiare liberamente su tutti i trasporti pubblici in Svizzera, oltre ad entrare gratuitamente in numerosi musei e attrazioni cittadine. A pedalare siamo in cinque in tutto, scortati dall’efficientissimo e allenatissimo Flurin Riedil, direttore dell’ente del turismo di Andermatt. A fornirci le bici, invece, è la società locale Bikeundevent.ch, che per l’occasione ci equipaggia di supertecnologiche bici da corsa Bmc Team Machine di ultima generazione, ma, ovviamente, per chi lo cercasse, il noleggio è anche provvisto di bici a pedalata assistita, sia da mtb che da asfalto. I GIORNI MIGLIORI Si inizia a pedalare di buon mattino, alle sette e mezza, perché di kilometri

Non ce ne vogliano il Pordoi, il Sella o lo Stelvio, ma a due passi dai nostri confini gli amanti del cicloturismo italiani possono trovare anche altri paradisi per i grandi raid su strada asfaltata. in programma ne abbiamo tanti, oltre cento, con un bel po’ di salita che ci aspetta. Siamo in pieno luglio, che qui è il periodo migliore per effettuare questo tipo di cicloturismo, ma l’aria a quest’ora è decisamente frizzantina: immancabile portarsi dietro una buona mantellina antivento e antipioggia quando se si pedala da queste parti anche in piena estate. Il percorso che andiamo a compiere è quasi del tutto privo di piste ciclabili, il che significa che pedaleremo per la quasi totalità del percorso su strade aperte al traf-

fico. Ma il rispetto che qui in Svizzera hanno gli automobilisti verso i ciclisti da strada è totale: le autovetture rallentano, aspettano e, solo quando hanno la possibilità, mettono la freccia per superarti lasciandoti a debita distanza. Aggiungiamo poi, che il giorno del nostro giro è un lunedì, che non ha niente a che vedere con il traffico intenso che su queste bellissime strade si vede nei fine settimana estivi. VIA VERSO IL FURKA Il primo passo in programma è il

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Furkapass, il Passo Furka, che con i suoi 2429 metri di altitudine è il più elevato passo del Grand Tour of Switzerland. Prima di attaccare la salita c’è un piacevole tratto su un fondo valle aperto e panoramico che ci conduce prima a Hospental e poi a Realp. Solo da qui iniziano i tornanti e la pendenza vera. La salita è di quelle vere e toste, è una delizia per i veri grimpeur, ma, a parte il tratto iniziale, non ha pendenze severe, così da essere accessibile anche al ciclista di medio livello. Per quel che ci riguarda, a venirci incontro è anche una piacevole sosta, organizzata a metà salita presso la malga alpina della famiglia Meyer, che ci rifocilla di yoghurt, latte, formaggio e miele. Venti minuti di pausa e poi si riparte, per affrontare il tratto finale della salita, quello più dolce, quello più panoramico: se alzi lo sguardo cominci a vedere i ghiacciai del Gastherorner, se invece guardi giù, a fondo a valle, sulla sinistra scorgi il tracciato e la sagoma del trenino turistico d’epoca che conduce da una parte all’altra della valle. E per chi è a corto di allenamento il trenino può anche essere valido per caricarvi sopra la bicicletta e poi tornare più comodi al punto di partenza. Si può fare così per affrontare il passo Furka, ma in zona si può fare altrettanto se si decide di scalare l’Oberlapass, che conduce verso la vallata dei Grigioni. Tornando al nostro giro, da Realp, ovvero dalla base della salita, al passo, i chilometri che abbiamo affrontato sono 12.3, con un dislivello medio del 7.3 per cento. In cima al passo, classica foto di rito e poi giù in discesa verso Oberwald, non prima di aver fatto una breve sosta al panoramico Hotel Belvedere: da lì si può ammirare il ghiacciaio da dove trae origine il Rodano. È un ghiacciaio che negli ultimi decenni si è notevolmente ritirato a causa del riscaldamento globale. Oggi la lingua dei ghiacciaio si trova all’incirca all’altezza dell’albergo, cento anni fa arrivava cinquecento metri più in basso. DISCESE DA MERAVIGLIA Asfalto liscio, macchine rare a incontrarsi e piano stradale che solo in rarissimi casi ha qualche depressione: questo il panorama delle strade alpine che attraversiamo, il che significa che con la specialissima sei sempre invitato a “mollare” i freni, raggiungendo velocità elevate, ma sempre senza mai avvicinarti a situazioni di pericolo. È un autentico toccasana per il ciclista stradista! Terminata la lunga discesa ci aspetta il secondo, impegnativo passo, il Nufenen Pass o Passo della Novena, 13.3 kilometri con una pendenza media dell’8.5 per cento. Un po’ troppo per le condizioni generali di allenamento dei partecipanti a questo tour, un po’ troppo per il programma della giornata: per questo decidiamo di caricare le bici in furgone e andar su al passo “motorizzati”… Del resto, questo

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è anche uno dei servizi che effettua la nostra valida scorta tecnica del Bikeundevent. Oltrepassato il valico si passa dal Cantone Vallese al Canton Ticino. Risaliti in sella ci godiamo poi gli oltre venti chilometri di discesa che ci portano ai 1159 metri di Airolo, da dove inizia la più iconica e forse la più suggestiva, salita alpina in territorio elvetico. UN’ICONA ELVETICA: LA TREMOLA Quasi tredici kilometri in tutto, 932 metri di dislivello e pendenza media del 7.3 per cento: ma a parte i dati tecnici (tra l’altro non “impossibili”) ciò che più colpisce della salita della Tremola è la suggestione del fondo stradale in gran parte lastricato di cubetti di granito da dieci per dieci centimetri. Non a caso la Tremola è una strada abitualmente chiusa al traffico, è un

vero e proprio monumento viario che collega Ariolo al Passo del Gottardo; è una strada ottocentesca, poi restaurata nel 1951 e, prima della costruzione della galleria del Gottardo (prima ferroviaria, poi automobilistica), era vera e propria arteria che collegava Chiasso con Basilea. Oggi la salita della Tremola è una strada turistica, chiusa al traffico veicolare della automobili e con transito regolamentato per le moto. Per le bici, ovviamente, il transito è libero, e lungo i grandi tornati che conducono ai 2109 metri del passo di biciclette ne abbiamo viste tante, e di ogni tipo. La salita culmina al passo del San Gottardo, dove c’è un suggestivo laghetto e dove il museo nazionale del San Gottardo espone lo sviluppo del traffico e del transito in quei luoghi. Una foto da lassù è di rito: ti immortala all’interno della cor-

nice “Tour of Switerland”, con dietro stagliato il serpentone in granito che percorre il fianco della montagna. Dal passo scendiamo nuovamente verso il Cantone di Uri, dove una velocissima discesa (ma attenzione al vento laterale, che da queste parti è forte anche nelle giornate di sole pieno come quella che abbiamo trovato noi) riconduce ad Hospental e poi di lì, con qualche kilometro di pianura, ad Andermatt, dove con più di cento chilometri pedalati e oltre duemila metri di dislivello portiamo a termine un giro di quello che ti rimangono a lungo nella mente: affascinante, suggestivo e in fondo a due passi dai nostri confini. Per informazioni: www.andermatt.ch www.gemeinde-andermatt.ch

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SCATTO D’AUTORE TOUR DE FRANCE 2018 PRIMOZ ROGLIC - TOM DUMOULIN - GERAINT THOMAS - MIKEL LANDA by Bettiniphoto

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// FOCUS SULLE AZIENDE

SELLE SMP

svelate le nuove F30 e F30C I NUOVI MODELLI PRESENTATI A FRIEDRICHSHAFEN caratterizzati da un avveniristico design ergonomico brevettato per il miglior comfort possibile

Il nuovo design ergonomico brevettato di F30 e F30C è stato progettato per quella fascia di utenti che necessita di una sella predisposta alla massima libertà di movimento Le nostre selle SMP sono, da sempre, caratterizzate dalla particolare ergonomia che le ha rese uniche ed apprezzate in tutto il mondo. Siamo stati visionari e precursori di un nuovo modo di intendere la sella, un’idea innovativa oggi copiata dai principali marchi presenti sul mercato. La nostra esperienza - oltre 70 anni di storia e ben 70 brevetti di cui 5 internazionali ed il riconoscimento della comunità scientifica internazionale - sono i garanti dell’unicità del nostro prodotto che si mantiene intatta nel tempo. Il nuovo design ergonomico brevettato di F30 90

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e F30C è stato progettato per quella fascia di utenti che necessita di una sella predisposta alla massima libertà di movimento. Un nuovo design in linea con la filosofia ergonomica SMP, in cui tutte le peculiarità che hanno reso inimitabili le nostre selle sono rispettate: la punta a becco d’aquila per dare maggior comfort quando si pedala in posizione bassa, il canale centrale completamente aperto per eliminare qualsiasi compressione della zona perineale e prostatica e l’avvallamento posteriore per proteggere il coccige da contraccolpi causati dalle asperità del terreno. L’essere poi a fianco di prestigiosi team

professionistici come il Team Bardiani CSF (Protagonista al Giro d’Italia) e il Team femminile Valcar PBM (Fresco Campione d’Italia) e i Braidot Twins per l’Off Road, ci ha permesso di avvalerci di importanti consigli, feedback e test esperenziali “sul campo”. Sviluppare le nostre selle assieme a chi le utilizza spingendosi al limite della performance ci fornisce il know-how necessario per trasmettere, al mondo amatoriale e a tutte le discipline, il miglior prodotto tecnologicamente realizzabile. Pedalare su F30 e F30C è un’esperienza unica grazie al nuovo design ergonomico brevettato per un miglior controllo della bicicletta,


Un’esperienza tutta da provare. Abbinata alla conformazione affusolata della parte centrale ed anteriore, crea una situazione di comfort senza eguali ed evita qualsiasi sfregamento delle cosce contro la sella l’ampia possibilità di arretramento/ avanzamento, unitamente alla facilità di regolazione. Un’esperienza tutta da provare. Abbinata alla conformazione affusolata della parte centrale ed anteriore, crea una situazione di comfort senza eguali ed evita qualsiasi sfregamento delle cosce contro la sella. F30 C è la versione compatta di F30, rispetto a quest’ultima più corta di 46 mm. Entrambi i modelli sono disponibili con rivestimento in vera pelle nella versione nera e in speciale microfibra di altissima qualità in tutte le altre colorazioni. Il carrello è in lega AISI 304 per la versione standard, ma è disponibile anche la versione CRB con carrello ultra leggero in fibra di carbonio unidirezionale. F30 e F30C sono modelli unisex e consigliati per tutte le discipline su strada e off-road. Inoltre F30C è perfetta anche per il Triathlon, grazie al suo design compatto. Le nuove F30 e F30C sono state presentate ufficialmente alla Fiera Eurobike di Friedrichshafen lo scorso luglio.

Selle SMP SCHEDA TECNICA F30 Uso consigliato: Strada - MTB Livello imbottitura: Minima Materiale Imbottitura: Elastomero espanso Rivestimento: Vera pelle (colore nero) / Microfibra (colorati) Scafo: Nylon 12 caricato carbonio Telaio standard: Inox AISI 304 Ø 7.1 mm Telaio opzionale CRB: Carbonio unidirezionale 7,1 x 9,0mm Dimensioni: 295 x 149 mm Peso: 295 g / 245 g (versione CRB) Colori: nero, bianco SCHEDA TECNICA F30C Uso consigliato: Strada - MTB - Triathlon Livello imbottitura: Minima Materiale Imbottitura: Elastomero espanso Rivestimento: Vera pelle (colore nero) / Microfibra (colorati) Scafo: Nylon 12 caricato carbonio Telaio standard: Inox AISI 304 Ø 7.1 mm Telaio opzionale CRB: Carbonio unidirezionale 7.1 x 9.0 mm Dimensioni: 249 x 150 mm Peso: 280 g / 230 g (versione CRB) Colori: nero, bianco LIFESTYLE INBICI

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SCATTO D’AUTORE CHRISTOPHER FROOME TOUR OF THE ALPS 2018 by Bettiniphoto

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Focus su... Pissei

Izoard, il top della collezione autunno/ inverno Eleganti, tecnici e con uno stile ricercato. Ecco le novità della linea maschile del marchio toscano

1978-2018: proprio quest’anno la toscana Pissei celebra i quaranta anni di attività. Quaranta anni durante i quali l’azienda di Pistoia ha sempre puntato a distinguersi nel ricco panorama dei produttori di abbigliamento per il ciclismo.Tutti gli articoli siglati “Pissei” utilizzano materiali tecnicamente perfetti, specificamente mirati alla funzione che dovranno svolgere sulle varie parti del capo. Tutti sono progettati per ottenere il massimo in termini di ergonomia, performance e vestibilità sul corpo. Rispettano perfettamente questi requisiti i capi del nuovo completo Izoard, inseriti nella collezione autunno/inverno 2018/2019 che andiamo a scoprire. Ci teniamo a sottolineare che stiamo parlando di “collezione”, visto che Pissei è specializzata anche nella produzione di abbigliamento personalizzato per i team, che realizza sempre avendo in mente gli standard elevati di cui dicevamo. In entrambi i casi, sia che si tratti di capi della collezione sia di completi del segmento “custom”, l’intera filiera produttiva di Pissei è al 100 per cento Made in Italy, perché, si legge nel sito aziendale “vogliamo rispettare le nostre radici e proseguire la tradizione. Sulla strada vogliamo portare uno stile in grado di catturare gli sguardi. È per questo che alla funzionalità e alla tecnologia leghiamo indissolubilmente lo stile unico dei materiali”. E i capi della linea Izoard testimoniano alla perfezione questo ambizioso claim. Li andiamo a scoprire nel dettaglio.

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IZOARD HEAVY, LA GIACCA A MANICA LUNGA È una giacca tecnicamente perfetta la Izoard Heavy: unisce la cura del dettaglio, l’attenzione per ogni particolare e la ricerca della perfezione. Si addice all’atleta preparato che cerca protezione e traspirazione. Il tessuto che la confeziona è accoppiato ad una membrana al 100 per cento antivento e pioggia per adattarsi in questo modo sia alle mezze stagioni che all’inverno più rigido, assicurando leggerezza, protezione e traspirazione.

CARATTERISTICHE TECNICHE Realizzata con membrana Event DV Stretch Zip sul polsino per una migliore maneggevolezza 100 per cento impermeabile e antivento Coda posteriore paraschizzi pieghevole, a scomparsa Zip Carbon impermeabile con tecnologia Camlock Prezzo indicativo: 228,90 euro

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IZOARD HEAVY, LA CALZAMAGLIA Per affrontare i rigori del “vero” inverno il ciclista non può fare a meno di alcuni capi unici per le loro caratteristiche di termicità e protezione. La calzamaglia è uno di questi. In questo senso Pissei propone la sua salopette a gamba lunga Izoard che, grazie alle caratteristiche sia termiche sia idrorepellenti, è l’alleato migliore nelle giornate fredde e piovose. Il fondello Izoard, studiato appositamente per questo capo, espelle l’acqua grazie alla sua struttura a forma di alveoli evitando di compromettere comfort e prestazioni.

CARATTERISTICHE TECNICHE Bretelle a taglio vivo Fondello Izoard drenante Tessuto idrorepellente Costruzione anatomica sul ginocchio per una mobilità perfetta Elastico in neoprene su caviglia per un maggior isolamento dall’acqua Prezzo indicativo: 169,90 euro

IZOARD, IL GAMBALE Opzione più soft rispetto alla calzamaglia, il gambale rappresenta una soluzione perfetta quando il tempo non è dei migliori e l’aria particolarmente fresca. I gambali Izoard sono in questo caso la soluzione ottimale: impiegano un tessuto idrorepellente, in modo da garantire anche la migliore protezione dalla pioggia.

CARATTERISTICHE TECNICHE Elastico anatomico in silicone Tessuto idrorepellente Logo reflex Zip posteriore reflex Prezzo indicativo: 65,90 euro

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IZOARD, IL MANICOTTO Complemento immancabile ed obbligato dei gambali sono i manicotti omonimi, Izoard: anche questi impiegano il medesimo tessuto idrorepellente che confeziona i primi. Si tratta di un accessorio immancabile nel guardaroba autunnale o di inizio primavera del ciclista esigente.

CARATTERISTICHE TECNICHE Tessuto in neoprene a lavorazione 3d Termico ed antiacqua Prezzo indicativo: 45,90 euro

CARATTERISTICHE TECNICHE Caratteristiche tecniche: Elastico anatomico in silicone Tessuto idrorepellente Logo reflex Prezzo indicativo: 40,90 euro

IZOARD, IL GUANTO IN NEOPRENE Per proteggere le mani dai rigori dell’invero Pissei propone un guanto che, oltre ad essere termico, è anche impermeabile.

IZOARD, IL COPRISCARPA Lavorazione tridimensionale per il neoprene che realizza i copriscarpe pronti a sfidare anche le condizioni più severe.

CARATTERISTICHE TECNICHE Tessuto in neoprene a lavorazione 3d Termico ed antiacqua Prezzo indicativo: 54,90 euro

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SCATTO D’AUTORE CLASICA CYCLIST SAN SEBASTIAN 2018 by Bettiniphoto

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// FOCUS SUL PRODOTTO

SHIMANO WH-RS770 a cura di Maurizio Coccia

Si amplia l’offerta di ruote “disc” del marchio giapponese con un modello tubeless versatile e polivalente, che si posiziona al di sotto delle ruote di vertice di classe Dura-Ace e che fa del rapporto qualità/prezzo il suo punto di forza. Dopo un test accurato, ecco le nostre impressioni

Parallelamente alla progressiva diffusione di bici stradistiche con freni a disco, a crescere è anche l’offerta di ruote compatibili con questo standard. Non stupisce dunque che uno dei brand più attivi in questo senso sia Shimano, dato che il colosso giapponese è già da qualche anno tra i più attivi nel sostenere l’adozione di questo standard frenante sulle bici destinate alla corsa strada. Una delle proposte più inte-

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ressanti della collezione Shimano 2018 è appunto la WH-RS770, che noi di “In Bici Magazine” abbiamo avuto il modo di provare a lungo.

Nell’ordine di gamma del marchio nipponico, e in particolare all’interno del segmento “ruote per freni a disco”, le WH-RS770 si posizionano immediatamente dietro i due modelli di vertice di classe Dura-Ace, le WH-R9170-C60 e le WH-R9170-C40, che rappresentano il non plus ultra destinato ai corridori professionisti che corrono con bici “disc” e che rispettivamente propon-

gono un cerchio ad alto e uno a medio profilo declinati sulla stessa architettura di ruota. Le WH-RS770 sotto i nostri riflettori, invece, sono ruote che a livello di prezzo sono collocate decisamente più in basso, che per essere sintetici sono assimilabili alla componentistica di classe Ultegra (pur non avendo nessun legame nominale con il secondo reparto della Shimano) e che a giudicare da quel che abbiamo percepito in prova sono caratterizzate da un ottimo rapporto qualità/prezzo.


I mozzi utilizzano una struttura in alluminio lavorata dal pieno al cnc; l’accurata lavorazione delle falde consegna sei punti di ingaggio dei raggi a testa dritta dedicati ad ogni emisfero. L’architettura di raggiata è in crociata sia sul posteriore che sull’anteriore, come si conviene a un paio di ruote “disc”.

WH-RS770 Una delle proposte più interessanti della collezione Shimano 2018 Cerchio tubeless Le WH-RS770 si avvalgono di un cerchio di nuova generazione: è realizzato in alluminio, ha una larghezza di 22.5 millimetri e una gola interna da 17 millimetri, atta quindi ad ospitare le coperture di sezione “generosa” che vanno per la maggiore oggi. Adeguato ai trend tecnici che caratterizzano i nostri tempi è anche la predisposizione nativa per lo standard tubeless. Significa che le WH-RS770 trovano nei tubeless la copertura più congeniale, ma ovviamente nulla vieta a nessuno di utilizzare questo set montando i tradizionali copertoncini, semplicemente rimuovendo la valvola ermetica che si confà allo standard tubeless. La parte interna dei fianchi è infatti strutturata per ospitare le coperture che non necessitano di camera d’aria e, approfittiamo del momento per segnalarlo,

I rotori trovati montati sono i nuovi SM-RT800, inseriti nella componentistica di classe Ultegra: l’anima in alluminio rende leggero il componente (1008 grammi in questa variante da 140 mm di diametro) e consente una dispersione rapida delle alte temperature

sono provvisti sul bordo esterno di una fascia con finitura riflettente che rappresenta un valido presidio per la sicurezza delle pedalate in penombra o in genere in condizioni di scarsa visibilità. Il cerchio ha un’altezza per così dire variabile: sì perché il profilo da noi rilevato misura 28 millimetri nella sezione intermedia tra un foro e l’altro destinato ai raggi, per salire poi a 30 millimetri in corrispondenza del nipple. Questa costruzione non è nuova per le ruote di marca Shimano ed è finalizzata ad ottenere il migliore rapporto possibile tra resistenza strutturale, peso, e, perché no?, manovrabilità in condizioni “difficili” come ad esempio quelle in cui c’è vento laterale. LIFESTYLE INBICI

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Le WH-RS770 utilizzano 24 raggi in acciaio sull’anteriore e 24 sulla posteriore, tutti quanti con architettura di montaggio incrociata secondo la tecnologia Optbal che, per ottimizzare le tensioni di raggiata, sul posteriore propone il raddoppio dei raggi sul lato cassetta

Ancora dettagli su questo nuovo set di ruote per freni a disco della gamma medio-alta Shimano: i cerchi con struttura mista, alluminiocarbonio, hanno una gola nativa per lo standard tubeless. L’installazione delle coperture senza camera d’aria è agevole e per chi lo desidera nulla vieta di utilizzare questo set con le coperture di tipo copertoncino. Infine lo standard di fissaggio sul telaio: troviamo fori compatibili con perni passanti da diametro di 12 millimetri, praticamente lo standard che tutti i produttori stanno sposando

Raggi e mozzi Le WH-RS770 utilizzano 24 raggi in acciaio sull’anteriore e 24 sulla posteriore, tutti quanti con architettura di montaggio incrociata secondo la tecnologia Optbal che, per ottimizzare le tensioni di raggiata, sul posteriore propone il raddoppio dei raggi sul lato cassetta. Tutti i raggi hanno nipple posizionate esternamente al dorso del cerchio come del resto non può non essere su una ruota 104

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tubeless. Passando ai mozzi, il corpo in alluminio è pazientemente lavorato con macchine a controllo numerico, che danno forma a sei eleganti e resistenti punti di ingaggio sui quali i raggi con testa dritta si innestano a coppie e con una direzione contrapposta. La stessa architettura contraddistingue sia la ruota anteriore che la posteriore. Immancabile su una ruota “disc” è anche l’adozione da parte dei mozzi di fori atti

ad ospitare perni passanti, con lo standard di montaggio 12 mm E-Thru che è una costante per tutte le ruote per freno a disco della Shimano. Le ruote richiedono quindi perni passanti dal diametro di 12 millimetri e hanno una battuta anteriore da 100 mm e da 142 mm sul posteriore. Lo standard di fissaggio del rotore, e anche questo era immancabile, è il Center Lock, che è appunto il sistema proprietario di Shimano.


IN PROVA Abbiamo provato le WH-RS770 su una Argon18 Gallium Pro Disc, equipaggiata per l’occasione con un paio di rotori da 140 millimetri e gommata con delle coperture tubeless Schwalbe One da 25 millimetri, che abbiamo messo in opera non prima di aver inserito attraverso il foro della valvola tubeless del liquido sigillante (si tratta di una prassi obbligata quando si utilizzano i tubeless). A proposito di messa in opera: il canale ampio del cerchio, da 17 millimetri, è un valido alleato anche per facilitare il corretto e veloce ancoraggio dei talloni tubeless, che generalmente sono più duri e meno malleabili rispetto ai talloni dei copertoncini. Passiamo alle impressioni d’uso, prima di tutto cominciando dalla scorrevolezza: come tutte le ruote d’alta gamma Shimano anche le WH-RS770 utilizzano scorrimenti su coni e sfere, che diversamente dai cuscinetti sigillati hanno il grande vantaggio di ridurre al minimo la resistenza al rotolamento a prescindere dall’angolo di incidenza al suolo in cui la ruota si trova in quel momento. Significa che le WH-RS770, e in genere tutte le ruote di alta gamma Shimano, hanno la stessa scorrevolezza sia che si proceda rettilinei, sia che ci si trovi in curva o che si faccia ondeggiare la bicicletta pedalando in fuorisella. Capitolo “maneggevolezza”: il cerchio dal profilo alto meno di 3 centimetri soffre davvero poco, anzi nulla, il vento laterale, e lo stesso si può dire per i raggi, il cui design tradizionale oppone la minima resistenza possibile al vento. Impressioni positive anche per la rigidità laterale; e del resto non potevamo aspettarci diversamente da una ruota con una valida architettura di raggiata e con mozzi dalla struttura robusta, “muscolare”. La robustezza generale si traduce anche in una buona reattività, una discreta capacità di rispondere in maniera repentina alle variazioni di ritmo imposte da chi pedala. Il peso? No, le WH-RS770 non sono certo ruote superlight, ma i 1639 grammi dichiarati per la coppia “nuda” non sono tanti se si considera l’appartenenza al segmento “ruote per freni a disco”, se si pensa al fatto che siamo in presenza di un cerchio tubeless e soprattutto se si rapporta tutto quanto con il prezzo di 930 euro, che è il vero fiore all’occhiello di questo set.

SCHEDA TECNICA Materiale cerchio: alluminio Larghezza cerchio: 22.5 mm Larghezza gola: 17 mm Altezza cerchio: 30-28 mm Compatibilità cerchio: tubeless e copertoncino Colore cerchio: grigio opaco Raggi: 24 ant./post, in acciaio Innesto rotore: Center Lock Asse mozzo: perno passante, ant. 100x12 mm, post 142x12 mm Scorrimenti: coni e sfere Peso dichiarato: 735 grammi anteriore, 904 grammi posteriore Prezzo ind. al pubblico: 929,99 euro

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Tessitura Fratelli Gelmi

Tessitura

Fratelli Gelmii Tecnologia in digitale sublimatica ad alta definizione e capacità di soddisfare tutte le esigenze del cliente. A Leffe, in provincia di Bergamo, una storica azienda conferma, anno dopo anno, il suo ruolo di leader sul mercato Quasi duemila clienti, cinquemila ordini evasi nel 2017 ed un milione di metri cubi di tessuto stampati mediamente in un anno. Questi i numeri della Tessitura Fratelli Gelmi, storica azienda di Leffe, in provincia di Bergamo, leader nella stampa digitale su tessuto e nel confezionamento di ban106

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diere e striscioni. Su una superficie di 3.000 metri quadrati, l’azienda dispone di quindici plotter per stampa continua, cinque calandre di fissaggio ed un’officina meccanica per la lavorazione di strutture e alluminio. Inoltre, tra i sui servizi, è prevista la confezione sartoriale per realizzazioni su misura. Al grido di “100% prodotto italiano”, la Gelmi si distingue sul mercato per la garanzia di qualità e disponibilità nei tempi richiesti dal cliente. Per accorciare la filiera produttiva, infatti, tutte le stampe vengono realizzate all’interno degli stabilimenti aziendali con l’ausilio dei macchinari tecnologicamente più evoluti. Con processi produttivi di altissima qualità, la Gelmi confeziona tessuti Jacquard filigranato, striscioni, bandiere, gagliardetti e gonfaloni, stampa in grande formato, nastri in Tnt segna-percorso e copri-pallet, stendardi, poster, espositori rollup, gonfiabili, pettorine, tappeti, gadgets e

qualsiasi altro articoli da stampare. Il suo “core business” è la stampa digitale da carta transfer ad altissima risoluzione in quadricomia, un sistema all’avanguardia che offre i massimi standard di definizione. A differenza delle normali stampe, infatti, in cui l’inchiostro non penetra nel tessuto e quindi crea una scarsa definizione della stampa ed una pessima resistenza del colore, con la stampa in digitale sublimatica ad alta definizione da carta transfer, l’inchiostro stampato, per effetto della sublimazione, si trasforma in gas e la grafica si trasferisce in modo permanente ed indelebile nella fibra sintetica del tessuto, conferendo al prodotto finale un aspetto inimitabile. Tessitura F.lli Gelmi propone una vasta gamma di tessuti concepiti ed ingegnerizzati nei propri stabilimenti per garantire, attraverso processi ormai collaudati, la miglior durata e qualità di stampa su ogni tessuto.



DONNA INBICI

Le ragazze

di Ilenia Lazzaro

d’oro del ciclismo Il mese di agosto ci ha regalato una pioggia di medaglie “rosa”: le nostre ragazze, ancora una volta, si sono superate e abbiamo primeggiato su pista, strada e in mtb. Delle varie

atlete che hanno portato in alto il nome dell’Italia ai recenti campionati Europei Elite di Glasgow, abbiamo scelto di intervistare Maria Giulia Confalonieri e Marta Bastianelli. La prima perché da anni è l’emblema della multidisciplinarietà, la seconda perché ben rappresenta lo spirito di questa rubrica, essendo rientrata alle competizioni (vincendo) dopo una maternità. Non ci siamo dimenticati delle altre: da Marta Cavalli ad Elisa Balsamo, passando per Letizia Paternoster, Silvia Valsecchi, Rachele Barbieri, Marika Tovo, Chiara Teocchi e le junior terribili capitanate da Vittoria Guazzini siamo state davvero protagoniste ovunque! Maria Giulia Confalonieri - L’oro su pista nella Corsa a punti parte da molto lontano... La giovane Maria Giulia Confalonieri regala all’Italia un oro importante ai Campionati Europei Elite di Glasgow. L’azzurra riesce a conquistare il titolo europeo nella corsa a punti, rappresentando così la continuità dei talenti femminili italiani in questa specialità,

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dopo Vera Carrara e Giorgia Bronzini, per citarne solo alcune. Tatticamente abile e naturalmente veloce e resistente, fino a 29 giri dei 100 in programma Confalonieri aveva raccolto pochi punti. A guidare la testa della classifica provvisoria era la biellorussa Ina Savenka che, insieme a altre sei atlete, avevano guadagnato il giro e i 20 punti preziosi. Maria Giulia sorprende tutte con la sua classe e tattica e la gara esplode: sui 29 giri dal termine, l’azzurra insieme alla belga Lotte Kopecky, va all’attacco e conquista il giro. Gli ultimi due laps la vedono gestire al meglio le risorse e il punto che la separa dalla vittoria. Lo sprint finale, chiuso al quarto posto, raccoglie i due punti utili per conquistare il titolo continentale. L’oro al collo di Maria Giulia Confalonieri (33 p.) è meritatissimo per tattica e sangue freddo: alle sue spalle la bielorussa Savenka (32 p.), bronzo alla russa Badykova Gulnaz. Maria Giulia, sei vincente in strada e su pista: quale delle due discipline preferisci e, soprattutto, la poliedricità sperimentata in gioventù ti ha giovato? Mi è sempre piaciuto correre sia su strada che su pista anche se per allenarmi preferisco la strada. Diciamo che mi son sempre divertita in tutte le discipline fin da quando ho iniziato e penso che tutti i ragazzi dovrebbero

provare a fare un po’ di multidisciplinarietà nelle categorie giovanili. Può una pistard, a tuo avviso, vivere oggi di solo anello? Ed è conciliabile questa stagione con quella su strada? Penso che, al momento, sia impossibile vivere di sola pista. Le gare hanno ancora premi molto bassi (comprese le gare.1 e le Coppe del mondo). L’unica possibilità in Italia per sviluppare una carriera in pista è l’aiuto dei gruppi sportivi dei corpi dello stato. La stagione è in gran parte conciliabile con quella su strada anche se le gare per fare punti per qualificarsi alle Coppe del mondo sono in maggior parte in primavera/estate. A che punto vedi il movimento femminile italiano (teams) nei confronti delle realtà straniere? Un tempo le squadre più forti erano in Italia, cosa ci manca per fare nuovamente il salto di qualità? Il movimento femminile italiano è in crescita anche se all’estero ci sono realtà meglio strutturate. Penso che il futuro sarà un avvicinamento, sia a livello societario che in quello di organizzazione, delle gare tra il world tour maschile e quello femminile. La crisi del ciclismo maschile italiano, per quanto riguarda i teams, pensi influisca direttamente sullo sviluppo del ciclismo femminile?


Non vedo una grande relazione. Anzi negli ultimi anni vedo un interesse sempre maggiore degli sponsor per il mondo femminile. Quanto è difficile preparare un appuntamento senza avere un velodromo coperto agibile? Per quest’estate non è stato un grande problema (eccetto per l’inseguimento a squadre), mentre per quest’inverno la situazione sarà più penalizzante perché la nazionale dovrà spostarsi in un velodromo straniero con tutti i problemi logistici e soprattutto di costi che questo comporta (una probabile conseguenza sarà la diminuzione degli atleti convocati per i ritiri). Come ti vedi da qui a Tokyo 2020? Impegnata sia su strada che su pista. L’olimpiade rimane un obiettivo, il percorso su strada è molto impegnativo e probabilmente non molto adatto alle mie caratteristiche, mentre in pista voglio provare a guadagnarmi un posto nella Madison, ma per ottenerlo dovrò anche ricominciare a partecipare agli inseguimenti a squadre visto che per i giochi olimpici c’è una forte limitazione nel numero dei partecipanti (5 atlete totali per quartetto+madison+omnium). Marta Bastianelli: la mamma campionessa I titoli continentali di Glasgow èlite sono stati una grande opportunità mediatica, visto che per 10 giorni ci siamo potuti gustare in tv una “mini olimpiade” europea con 8 sport diversi e una buona copertura giornalistica (anche se per la mtb qualche tirata d’orecchie la vogliamo dare… leggete l’articolo dedicato in questo numero della rivista). Nel ciclismo sono molteplici le medaglie conquistate dal team Italia: su strada spicca il bellissimo oro di Marta Bastianelli che, dopo il mondiale 2007, rivince un titolo importante. Una maglia europea che suona come una rinascita, il sigillo di una nuova Marta, diventata mamma nel 2014 e rientrata alle corse in tempo record. Come dire... volere è potere. Ritornare a gareggiare ad alti livelli dopo la maternità: quale è stata la cosa più difficile? Dopo la maternità sicuramente la cosa più difficile è stata la gestione in generale del tutto, ovvero allenamenti e bambina. Ma direi che me la sono cavata bene grazie all’aiuto della mia grande famiglia. Sei cambiata anche fisicamente, oggi sembri molto più potente. Hai lavorato molto per migliorare questo aspetto o - come è successo ad altre atlete - è stato un cambiamento naturale del post gravidanza? Diciamo che mi sono sentita più forte dopo la gravidanza: ho lavorato duramente per tornare al peso forma, ma tutto con estrema normalità e tranquillità. A che punto pensi sia il ciclismo femminile

Maria Giulia Confalonieri

attuale in termini di tutela delle atlete? Stipendi? Maternità ecc.? C’è differenza a tuo avviso tra Italia e estero? Il ciclismo è cambiato e migliorato da un po’ di anni a questa parte, ma si può e si deve fare ancora molto sotto diversi punti di vista. In tutto ciò credo però che il futuro sia roseo per cui mi auguro che le giovani possano avere molta più tutela; sicuramente tra Italia ed estero c’è un po’ di differenza. Che differenza c’è tra il titolo mondiale che vinsi da giovanissima e questo Europeo? Il mondiale l’ho vinto in un periodo “molto giovane”, dunque per me è stato un po’ come un tuffo nel vuoto. Ci sono state molte situazioni difficili da gestire… questa è una vittoria più matura che spero di riuscire a gestire nel migliore dei modi. Quanto ha contato secondo te la pista nella tua crescita come atleta?

Io purtroppo ho fatto poca pista, ma credo che questa serva molto per un atleta. In generale la multidisciplina penso possa essere il futuro del ciclismo sia nel maschile che nel femminile, basta guardare l’ordine d’arrivo dei campionati europei maschili. Ci illustri una tua giornata tipo? La mia giornata tipo prevede la sveglia molto presto, preparare la bambina per portarla all’asilo, esco in bicicletta, poi torno e preparo il pranzo per la mia famiglia. Nel pomeriggio bado alla casa, gioco con la bimba e vado a dormire tardi... Che consiglio dai alle donne sportive che si trovano un po’ scombussolate dopo la nascita di un figlio? Dico alle future donne sportive/mamme che tutto si può fare basta avere molta forza di volontà, pazienza e una buona famiglia dietro le spalle.

Marta Bastianelli

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a cura della redazione

FOCUS SUI TEAM

Coppa Cycling il cuore dello sport Il sodalizio anconetano ha festeggiato il suo terzo anno di attività. Maurizio Coppa: “Un grazie sincero agli sponsor” 110

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In uno splendido e soleggiato sabato anconetano di fine luglio, si è svolta la tradizionale festa annuale dell’associazione sportiva dilettantistica A.S.D. Coppa Cycling Team, un sodalizio nato nel 2015 nel sacro vincolo della passione per le due ruote. Lo location prescelta è – per storia e cultura - una tra le più spettacolari di Ancona: l’antica cattedrale di San Ciriaco. Qui, alla presenza di nuovi e vecchi sponsor, gli atleti hanno potuto mostrare al pubblico la nuova divisa ufficiale. Dal


2015 ad oggi – come ha sottolineato il presidente Maurizio Coppa - il gruppo ciclistico è cresciuto anno dopo anno, portando avanti – oltre all’attività agonistica - quei sani principi che, da sempre, hanno innervato la cultura sportiva di questa realtà: l’amicizia, la lealtà ed il rispetto, “valori – ha spiegato Coppa - che hanno consentito, in questi anni, di creare un ambiente familiare”. Non a caso, il team accoglie indistintamente il cicloturista, l’amatore ed i bikers, insomma tutte le tipologie di ciclisti che, sotto le insegne del Coppa Cycling, sono sempre ben accolti e coccolati. “Ma per alimentare la grande macchina organizzativa – ha sottolineato nel suo intervento Maurizio Coppa - non dobbiamo dimenticare l’importanza degli sponsor che, con il loro prezioso supporto, hanno reso possibile la crescita ed il consolidamento di questo progetto. Inutile dire che, senza di loro, il Coppa Cycling non sarebbe neppure nato”. Tre anni fa, sei amici, durante una trasferta, condivisero un sogno: quello di costituire una società sportiva ciclistica. Dopo appena qualche mese, il sogno è diventato realtà grazie alla caparbietà del Presidente Maurizio Coppa, titolare della PROMOPUBBLICITÀ LEONARDO S.r.l. nonché main sponsor del team a cui, negli anni, si sono poi affiancati altri sponsor selezionati con cura ed estrema attenzione: “Il modo più semplice

per ringraziare pubblicamente gli sponsor che ci consentono di portare avanti questo splendido progetto – ha spiegato Coppa - è quello di indossare le divise su cui sono stampati i loro nomi. In questo progetto di marketing itinerante, i marchi vengono mostrati in tutta Italia, là dove i nostri tesserati gareggiano nelle Granfondo più prestigiose e rinomate”. E così, a fianco del brand PROMOPUBBLICITÀ LEONARDO S.r.l., è doveroso ricordare anche gli altri sponsor, ovvero ALLIANZ (Agenzia di Ancona, Riccitelli Carbonari Corneli), F.LLI BURATTINI, SATEC GAS, GRAZIA TRADING, GIORGIO CORPODURO PRIVATE BANKER FIDEURAM e SIFIM. Ma un ringraziamento particolare va rivolto anche agli attori principali, ovvero agli atleti che macinano chilometri su chilometri nel segno del divertimento. Si tratta di COPPA MAURIZIO, ROLDANO MASSACESI, GIANLUCA PORCARELLI, EMANUELE RICCETTI, MATTEO LUCESOLI, GABRIELE SPADONI, DAVIDE BARCHIESI, SERGIO CARDELLINI, GIACOMO PAVANI, SILVIO IMPICCI, MASSIMILIANO PALOMBI, WIEBE VENEMA, PIER PAOLO FIORI, MARIO MICUCCI, ALESSANDRO VACCARINI, ALDO SUARDI, PAOLO GIOVANNETTI, ANGELO BURATTINI, PAOLO LAVORATORNOVO, MARCELLO CECCHETTI, MASSIMO GAMBELLA E MASSIMO TACCALITI.

Lo location prescelta è – per storia e cultura - una tra le più spettacolari di Ancona: l’antica cattedrale di San Ciriaco. Qui, alla presenza di nuovi e vecchi sponsor, gli atleti hanno potuto mostrare al pubblico la nuova divisa ufficiale LIFESTYLE INBICI

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IL PUNTO DI VISTA

L’Italia, un paese di Ct di Gian Luca Giardini

Troppe volte diamo importanza solo alle classifiche, ignorando il prezioso lavoro che si svolge “alla base”. E così anche gli ultimi prestigiosi successi ottenuti dal movimento azzurro rischiano di passare in sordina... Come accade nel calcio, anche nel ciclismo il nostro paese è estremamente prolifico nello sfornare commissari tecnici ed allenatori. Mentre nel calcio le qualità del Mister sono riconosciute anche quando si vince, nel ciclismo lo si fa solo quando si perde. Infatti, in caso di vittoria, il merito lo attribuiamo puntualmente al corridore e praticamente mai al direttore sportivo. Evidentemente un fondo di verità esi112

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ste anche in questo luogo comune. Però nel ciclismo il compito del C.T. è profondamente diverso. Ha infatti la possibilità ed il potere di gettare le basi per una politica sportiva che parte dai settori giovanili ed arriva ai vertici dell’attività. Lavoro avvincente, ma evidentemente complesso. Infatti si deve scontrare con antichi retaggi presenti nelle società di base e con forti interessi economici nei confronti di quelle del vertice professionistico. Il commissario tecnico ha in qualche modo la responsabilità della crescita dei nostri giovani in tutti i settori e le discipline, dalla pista al fuoristrada, passando per la cronometro. Sicuramente affascinante come lavoro, ma se ci pensate con un carico enorme di responsabilità. Quattro anni di questa gestione impostata male possono distruggere un intero movimento, mentre noi siamo tutti concentrati a notare il piazzamento del primo italiano al Campionato del Mondo su strada dei professionisti. In questi anni il nostro movimento è cresciuto moltissimo a partire dai praticanti in costante aumento, per pas-

sare ai risultati eccezionali ottenuti a livello giovanile in pista, nel ciclo cross, nella mountain-bike ed ora anche su strada. Il risultato più eclatante è stato il Campionato Europeo professionisti conquistato da Matteo Trentin, che ha ridato molta fiducia alla nazionale azzurra. Risultato importantissimo per l’opinione pubblica, ma per il nostro movimento è stato più importante ricreare un solido tessuto nelle categorie giovanili nelle varie discipline, la rinascita del Giro d’Italia Under 23 è l’esempio più eclatante. Da troppo tempo i nostri giovani non si confrontavano ad alto livello internazionale ed i risultati lo testimoniavano in maniera spietata. Credo che in un futuro a medio-breve termine ci godremo tutti i frutti di questo lavoro. Se però vogliamo imitare il calcio, in caso di sconfitta ad Innsbruck, come ho ironizzato in una recente intervista, sarà sufficiente ingaggiare il commissario tecnico della Slovacchia. Sinceramente non lo conosco, ma uno che vince tre mondiali gli ultimi tre anni, in ammiraglia deve essere un fenomeno!


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SCATTO D’AUTORE LA VECIA FEROVIA DELA VAL DE FIEMME DELA VAL(TN) DE FIEMME (TN) by Newspower Bettiniphoto

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CAMBIO E COMANDI

Il cambio è disponibile in tre versioni per ora solo meccanico. I comandi e le leve freno sono ampiamente regolabili, in modo da poter calibrare la posizione preferita.

SHIMANO NEW XTR benvenuti nella nuova generazione a cura di Roberto Diani

L’XTR della serie M9100, proposto in diverse versioni e dedicate alle competizioni xc, marathon e enduro, si caratterizza per il peso ridotto e per la versatilità della trasmissione in grado di soddisfare qualsiasi tipo di esigenza L’evoluzione XTR parte da una trasmissione all’insegna della versatilità, in grado di fornire ad ogni corridore la soluzione più congeniale alle sue specifiche esigenze. 116

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PACCO PIGNONI

Tre le opzioni per il pacco pignoni: 10/51 o 10/45 a 12 velocità e 10/45 a 11 velocità. La prima soluzione, con dentature di 10/12/14/16/18/21/24/2 8/33/39/45/51, è dedicata a quei Biker che intendono usufruire di un’ampia gamma di rapporti con trasmissione 1x12. Coloro che sono alla ricerca di spaziature più ravvicinate opteranno per la seconda opzione che dispone di 12 pignoni da 10/12/14/ 16/18/21/24/28/32/36/40/45 T. Rinunciando al 12° pignone da 51, denti della prima cassetta, si ottiene la versione a 11 pignoni che, riducendo il suo ingombro, permette di realizzare una ruota più rigida e leggera. Le cassette sono assemblate con pignoni di metalli diversi: lega leggera per i più grandi, titanio per i centrali e acciaio per i pignoni con dentature minori. Naturalmente, le cassette a 12 pignoni richiedono una catena dedicata.

MOZZI

I mozzi sono disponibili con perno passante da 15x100 o 15x110 anteriore e 12x142 o 12x148 mm posteriore. La ruota libera è stata ridisegnata in funzione dell’abbinamento con pacco da 12 pignoni con il primo da 10 denti. Grazie ai design Micro Spline e Scylence la ruota libera risulta più scorrevole e silenziosa.

GUARNITURE

Il nuovo XTR dispone di guarnitura con moltiplica singola o doppia. La singola moltiplica, a fissaggio diretto, può essere scelta con dentature da 30 a 38 T; per gli enduristi sono disponibili tre soluzioni per il tendicatena: E mount, D mount e ISCG05.Chi è alla ricerca del massimo range di rapporti può optare per la doppia corona da 28/38 T da abbinare alla cassetta a 12 pignoni da 10/45 T.

FRENI

Le nuove pinze sono a scelta tra 2 o 4 pistoncini con leve freno dedicate: più leggera per la pinza a 2 pistoncini e più rigida per la pinza da 4. I dischi sono disponibili nei diametri di 140, 160, 180 e 203 mm e sono più leggeri e in grado di dissipare in modo più efficace il calore.

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SCATTO D’AUTORE PASSO BUOLE XTREME MTB RACE 2018 by Newspower

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TRENTINO MTB

Spettacolo

in Valsugana Andrea Righettini vincitore della 3TBIKE a Telve -Newspower

a cura della redazione

L’undicesima edizione della “3TBIKE” ha chiuso il calendario del circuito trentino. L’ultimo brindisi è di Andrea Righettini e Maria Cristina Nisi Trentino MTB si è concluso con la bella “3TBIKE” in Valsugana, una delle prove più tecniche e spettacolari, non a caso scelta come ciliegina sulla torta dell’intero challenge. I leader assoluti nel pre-gara erano l’esperta Sandra Lever e Francesco Vaia, con la prima insidiata da Chiara Burato e Simona Mazzucotelli per il titolo della stagione. A farla da padroni a Telve sono stati Andrea Righettini, finalmente brillante quest’anno nel circuito, e Maria Cristina Nisi, una vittoria che fa il paio con “La Vecia Ferovia”, tante vittorie per l’ex campionessa italiana ma anche

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qualche assenza di troppo, una presenza più costante infatti le avrebbe probabilmente consegnato il titolo assoluto. L’11.a edizione della 3TBIKE XXL di Telve Valsugana, settima e ultima tappa, proponeva una distanza di 42,5 km e 1785 metri di dislivello, con un terreno leggermente appesantito dalla pioggia nella notte, svariati single track nel bosco e ben tre GPM. Tanti nomi illustri al via, come l’ex campione del mondo marathon Roel Paulissen, ma anche Martino Fruet e appunto Righettini, velocissimo. In testa la corsa è un continuo punzecchiarsi, Righettini però sembra avere quella marcia in più

che gli consente di tenere a distanza di sicurezza il biker Tronconi, mentre Fruet tenta di mettere il sale sulla coda al toscano. Il corridore della Trek Selle San Marco monopolizza così la testa della corsa. Il suo finale è ineccepibile ed è lui a transitare per primo, con la classica impennata, sotto l’arco d’arrivo fermando il cronometro a 1h53’53”. Fruet è secondo (1h54’09”) e Tronconi, appena sceso dall’altura dove ha preparato il mondiale marathon, si accontenta del terzo posto. La gara femminile non lascia invece spazio a dubbi di sorta. Maria Cristina Nisi si gode la vittoria alla sua prima partecipazione,


Chiara Burato getta il cuore oltre l’ostacolo, il suo obbiettivo oltre al secondo posto era la leadership di Trentino MTB. Basterà? Il terzo posto, meritato, di Anna Oberparleiter la aiuta, ma in quarta posizione si staglia proprio Simona Mazzucotelli che sul traguardo ritrova il sorriso quando apprende che è lei la vincitrice finale di Trentino MTB, e per la seconda annata consecutiva. La vetta del circuito viene condivisa dalla bergamasca con Giacomo Antonello, entrambi indossano la maglia oro svettando anche nella Open. Le maglie definitive nelle rispettive categorie di appartenenza sono invece per Enrico Marietti (junior), Marco Rosati (elite sport), Andrea Clauser (M1), Andrea Zamboni (M2), Mauro Giovannetti (M3), Stefan Ludwig (M4), Daniele Magagnotti (M5) e Piergiorgio Dellagiacoma (M6), con il Vertical Sport ad affermarsi tra le squadre. I migliori scalatori risultano essere Andrea Leonardi e Sandra Lever, un buon premio di consolazione per quest’ultima dopo aver perso la testa del challenge. Un’altra bella annata è finita agli archivi per tutti, organizzatori ed appassionati di Trentino MTB, ricca di novità dal punto di vista delle gare proposte, con nuovi percorsi allestiti appositamente per gli escursionisti e modifiche lungo i tracciati per poterli rendere più avvincenti.

I vincitori finali di Trentino MTB Simona Mazzucotelli e Giacomo Antonello - Newspower

Trentino MTB è un circuito che si propone di non far mancar nulla ai propri appassionati, esaltando semplicemente la passione di ognuno per lo sport, la competizione, il benessere all’aria aperta. La regione d’altronde offre tutto ciò che un biker desidera, la primavera nonesa ha regalato la scenografica “ValdiNon Bike”, tappa numero due in territorio alense per la “Passo Buole Xtreme” fra i sentieri delle “Termopili d’Italia”, non c’è due senza tre e sull’Alpe Cimbra la “100 Km dei Forti” ha dato spettacolo, arricchita anche dal 1000Grobbe Bike Challenge. Il mese di luglio è stato “dolomitico” grazie alla “Dolomitica Brenta Bike” al cospetto delle Dolomiti di Brenta, con la “Val di Sole Marathon” prova unica ed avvincente. Tra “La Vecia Ferovia” e la “3TBIKE” le pedalate conclusive di un challenge che, ancora una volta, non ha disatteso le aspettative. Arrivederci dunque a sabato 13 ottobre con le premiazioni e al prossimo anno per un’altra stagione nel segno di Trentino MTB e delle ruote artigliate.

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La Vecia Ferovia dela Val de Fiemme

Tutti dietro al “treno�

Kerschbaumer a cura della redazione

Il fresco tricolore si impone davanti a Rabensteiner e Medvedev. Tra le donne Maria Cristina Nisi brinda al tris davanti alla sempre ostica Elena Gaddoni 122

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Gerhard Kerschbaumer tira il gruppo di testa


Maria Cristina Nisi vittoriosa taglia il traguardo - foto Newspower

A “La Vecia Ferovia dela Val de Fiemme” di Trentino MTB i primi classificati sono andati letteralmente “come treni” lo scorso 5 agosto e il podio - costituito da Kerschbaumer, Rabensteiner e Medvedev - ha fatto arrancare i concorrenti del circuito, costretti a limitare i danni cercando di posizionarsi il più vicino possibile ai fuoriclasse che viaggiavano a 25,11 Km/h. Successo così per il fresco tri-

colore Gerhard Kerschbaumer, iscrittosi all’ultimo secondo, e per l’ex tricolore Maria Cristina Nisi, a festeggiare il tris consecutivo davanti ad Elena Gaddoni, avversaria tosta per chiunque. Trentino MTB ha regalato, come da tradizione, una sfida spettacolare e rinnovata, con le varianti in partenza e nel finale che sono piaciute proprio a tutti. Il circuito - quest’anno più che mai - era vicino anche ad escursionisti ed e-bikers, e sul tracciato di 36 km

si sono distinti Georg Baumgartner, omonimo del Felix paracadutista e base jumper austriaco, e Stefano Ongari in e-bike a staccare sui 47 km un significativo 1h43’40”. Non c’è che dire, Gerhard Kerschbaumer non si è schierato solo per fare un po’ di allenamento, ma per misurarsi davvero contro un bel nugolo di atleti. Nuova partenza ad Ora (BZ), grazie al sindaco che l’ha voluta portare sulla statale in pieno centro, così da festeggiare il 70° della Polisportiva Molina che ha proposto un evento rinnovato ed impeccabile, verso la sfilata conclusiva in direzione Molina di Fiemme. Partenza con un vialone

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molto lungo che ha sgranato subito il gruppo e con Kerschbaumer che, dopo l’acuto di Pallaoro subito davanti nei primi metri, si è messo a menar le danze, più da “Freccia Rossa” che da vecchio Mallet, il trenino che fino agli anni ’60 saliva appunto dalla località altoatesina fino in Val di Fiemme. Sull’affascinante viadotto di Gleno l’atleta della Torpado era davanti a Medvedev e a Schweiggl, con Rabensteiner sempre a ruota, solo in prossimità del GPM di San Lugano si sono fatti sfilare da quel “buongustaio” di Tiziano Carraro, che ai 3 km è partito a razzo per conquistare l’ambito premio, una forma di formaggio Lagorai, che di questi tempi non guasta. Alla stazione di Castello il traguardo volante “Segheria Berti” ha invece ispirato lo scatto di Rabensteiner, che ha appesantito il portafoglio con 150 euro, è sua la volata vincente davanti a Medvedev, Kerschbaumer e Failli, presi in contropiede dall’altoatesino che lo scorso anno ha fatto en plein. Il Muro della Pala come sempre ha messo a dura prova scalatori e passisti, ma è stato nella successiva discesa che Kerschbaumer ha inserito il... Kers, come in Formula 1, e addio compagni! In una manciata di chilometri ha portato il suo vantaggio prima ad un minuto, all’inizio della nuova salita di Arodolo, poi addirittura a 2’, e nel single track in discesa che portava sul fondovalle ‘Gerri’ ha dato spicco delle sue qualità di downhiller, ma ormai il gioco era fatto. È arrivato sorridente e soddisfatto sul traguardo di Piazzol (1h52’17”) e per scorgere Rabensteiner sulla linea d’arrivo si sono dovuti attendere 1’30”, e poco dopo (31”) il podio è stato completato da Medvedev. “Non c’è due senza tre e la quarta vien da sé” raccontava ridendo all’arrivo Maria Cristina Nisi. La ligure, ma sangue toscano nelle vene, cercava il tris consecutivo e l’ha centrato alla grande (2h13’41”) ma nel finale lungo il single track in discesa la Gaddoni ha tirato fuori le unghie e si è avvicinata alla leader. Troppo corto per lei il tratto di downhill, ha affermato a fine gara la romagnola, finendo seconda (2h14’06”), poi sul podio è salita anche l’altoatesina Greta Seiwald.

Il comitato fiemmese ha dunque festeggiato il proprio anniversario in maniera sontuosa, con i responsabili Mauro Dezulian e Alberto Di Lorenzo a poter già pensare serenamente ad allestire la prossima edizione che sarà, sicuramente ed ancora una volta, ricca di sorprese LIFESTYLE INBICI

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SCATTO D’AUTORE PASSO BUOLE XTREME MTB RACE 2018 by Newspower.it

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// REPORTAGE FOCUS SULLE AZIENDE

TAIWAN, la qualità vince sui luoghi comuni a cura di Maurizio Coccia

Il nostro viaggio in Estremo Oriente alla scoperta del “polmone” della produzione ciclistica mondiale. Se una volta i “Made in Taiwan” erano i prodotti di fascia bassa oggi il panorama è decisamente cambiato. Sull’isola si realizza l’alta e altissima gamma e già da tempo molte aziende hanno iniziato a delocalizzare Impiccate dall’aumento del costo del lavoro e dalle normative sempre più rigide cui deve sottostare la forza lavoro, tante aziende sono state costrette a delocalizzare, ad 128

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emigrare oltre i confini nazionali, dove un operaio costa meno. Molto meno. In più, nell’ultimo anno, il volume totale delle esportazioni si è abbassato sensibilmente, così il pezzo forte dell’industria manifatturiera di questo paese ha cominciato a fare i conti con

la concorrenza estera. Dite la verità, pensate che stiamo parlando dell’Italia, vero? Tutt’altro, forse rimarrete sopresi a sentire che il Paese cui ci riferiamo è Taiwan, esattamente quello che sigla la maggior parte delle etichette appiccicate sulle biciclette che comperiamo qui in Occidente, sulle ruote, sulle selle e in genere su tantissimi prodotti della filiera


“ciclo” che appunto vengono prodotti in gran numero nell’isola stato dell’Oceano Pacifico. Quel che sarà ancor più sorprendente sapere è che il trend appena menzionato – delocalizzazione e calo delle esportazioni - non è affatto da leggere come un dato negativo, ma viceversa è espressione di un’economia in continua crescita. Questo, almeno, è quel che abbiamo capito durante un interessante viaggio stampa che Taitra, cioè l’organizzazione per la promozione del commercio estero di Taiwan, ha organizzato lo scorso maggio per i giornalisti tecnici del ciclismo presso i principali siti produttivi dell’isola a sud del Giappone e ad est della Cina.

Se dici “Made in Taiwan”...

Non riguarda solo la produzione ciclistica, ma in generale anche molti altri articoli: se qui da noi dici “Made In Taiwan” tante, anzi troppe persone hanno una percezione immediata di prodotto di bassa qualità, di articolo realizzato in maniera seriale ed economica, magari anche sfruttando lavoratori sottopagati. È una percezione che affonda le sue radici in luoghi comuni o, al massimo, che rimanda ad un passato che effettivamente non è così remoto, ma che

Delocalizzazione e calo delle esportazioni - non è affatto da leggere come un dato negativo, ma viceversa è espressione di un’economia in continua crescita

è invece lontanissimo se si pensa a quanto veloci siano oggi l’evoluzione e lo sviluppo delle strategie industriali (anche di questo in Italia ancora troppi non si sono accorti). Cominciamo con il dire che, anche se a livello statuale i Paesi dell’Unione Europea non la riconoscano come tale, Taiwan è effettivamente uno stato a sé, che a livello industriale, finanziario ed economico ha norme e standard tutti diversi da quelli che, ad esempio, regolamentano il colosso cinese o, per citare altre economie orientali emergenti (in particolare nel settore dalla bicicletta) come la Cambogia e a seguire il Vietnam. A proposito di questi Paesi appena menzionati: la maggior parte delle grandi aziende taiwanesi già da una diecina di anni ha iniziato ad aprire filiali produttive a occidente, ovvero prima in Cina e poi appunto in Cambogia e in Vietnam, evidentemente perché in quei posti il costo del lavoro è più basso (ci basti dire che a Taiwan il salario mensile di un operaio semplice è di circa 700 dollari, in Cina circa 200 dollari in meno). In particolare sono Vietnam e Cambogia a rappresentare oggi la principale area produttiva delle biciclette di bassa gamma: lì molti marchi (sia occidentali, ma appunto anche di Taiwan) realizzano le loro linee prodotto entry level, lì vengono prodotte le bici da bam-

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bino, le bici destinate alla rete di vendita dei centri commerciali oltre a tutta la serie di componenti e accessoristica dedicata. È dalla Cina, invece, che continua ad arrivare una considerevole parte della produzione in carbonio di fascia media o anche medio alta, visto che anche qui il know-how a disposizione delle fabbriche è migliorato moltissimo negli ultimi anni.

Un modello industriale

Cosa si produce a Taiwan? Prima di tutto a Taiwan non è raro trovare aziende che i telai li verniciano e li assemblano solamente, demandando all’estero la parte produttiva: è ad esempio questo il caso di Axman, che in oriente è un marchio molto noto, ma che da noi in Occidente pochi conoscono, perché manca la rete distributiva. Axman ha una sua linea prodotto proprietaria con dei telai che portano la sua sigla, ma in realtà il suo core business è la verniciatura e il montaggio di telai di famosi marchi occidentali, che vengono lavorati nello stabilimento nei pressi di Taichung, seconda città dell’Isola (dopo Taipei) e principale area produttiva ciclistica di Taiwan. Lo stabilimento Axman è tra quelli che abbiamo visitato, ma nei grossi capannoni industriali ci è stato impedito di far foto per motivi di riservatezza: lungo i corridoi che corrispondono alle varie linee di montaggio abbiamo però visto mountain bike siglate “Rocky Mountain”, “Salsa” e “Surly”, solo per citare le più famose, ossia biciclette appartenenti a brand statunitensi che il suolo a stelle e strisce non lo toccheranno mai, salvo il caso in cui vengano vendute proprio negli Stati Uniti… Quello di Axman è un modello industriale molto frequente a Taiwan: rappresenta in pratica su grande scala quel che da noi in Italia talvolta capita per diversi costruttori, che i loro telai costruiti in Oriente li verniciano e poi li montano. La differenza è che quello di Axman è un business di proporzioni decisamente diverse: l’azienda ha un fatturato totale di 60 milioni di dollari l’anno e dal suo stabilimento escono dalle ottanta alle novantamila biciclette l’anno!

Produzione di alta gamma

Purtroppo non abbiamo potuto visitarlo, ma nei pressi di Taichung ha sede anche lo stabilimento storico della Giant, che a tutti gli effetti è il principale brand taiwanese: la fabbrica Giant è situata nel distretto di Dajia, vi lavorano ben 3000 persone, ma anche in questo caso – ci dicono – qui prende corpo solo la media e l’alta gamma della linea prodotto, perché tutto il resto viene da fuori. Lo stesso discorso vale per Merida che, 130

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Made in Taiwan

«La nostra ambizione? Far diventare la nostra azienda un’industria smart» ci spiega il project manager della Marwi dopo Giant, è l’altro grande “big” di matrice taiwanese e, a modo suo, vale per Specialized, che anche se è un marchio statunitense ha stabilito qui a Taiwan la fetta principale della sua produzione di telai di alta e altissima gamma. Le competenze di chi lavora nelle fabbriche taiwanesi sono tutt’altro che scadenti e le condizioni di lavoro sono più che decorose. Ciò che più colpisce sono però gli standard tecnici impiegati e i macchinari usati nelle linee di lavoro. Sempre nel distretto di Dajia c’è ad esempio Marwi, che è un altro colosso taiwanese che nel tempo ha esteso i suoi stabilimenti un po’ in tutta l’Asia del pacifico e che nella sua sede storica - a Taiwan - ha anche una linea di lavoro completamente automatica per realizzare parte dei suoi prodotti (pedali prima di tutto). Completamente automatica significa

che, al posto dei classici operai, tutto il lavoro viene svolto dai robot. Per carità, non una novità strabiliante se si parla di procedure di produzione moderne, ma un fatto sicuramente degno di nota per l’industria ciclistica.

«La nostra ambizione è diventare una industria smart – ci spiega il project manager Marwi James Luo -. È per questo che nel corso degli ultimi anni abbiamo iniziato a trasformare la nostra linea di produzione da manuale a semiautomatica, e poi da semiautomatica ad automatica. Industria smart significa industria dove la necessità del personale è minima, anzi è pari a zero. Ma industria Smart significa anche riduzione degli spazi necessari per l’installazione di un im-

pianto e poi significa possibilità di controllare quell’impianto anche a distanza. Chissà, magari nel futuro Marwi potrà aprire le sue industrie smart anche in Brasile, in Russia, in America… ». La qualità che raccontano i numeri In valori assoluti Taiwan è uno dei principali Paesi esportatori al mondo. La sua economia si regge prima di tutto sulla produzione e la vendita all’estero di materiale elettronico, ma anche la filiera della bicicletta ha una voce importante per il suo export. L’industria ciclistica taiwanese è nata circa cinquanta anni fa: sì, a quell’epoca l’isola era essenzialmente un fornitore di accessori e componenti di fascia media o economica per i grandi marchi. Fu poi negli anni Ottanta e Novanta - che a Taiwan hanno rappresentato LIFESTYLE INBICI

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Il valore unitario delle biciclette esportate era di 454 dollari nel primo trimestre 2017, mentre nello stesso periodo 2018 è passato a 588 dollari, con un aumento di ben 29.35 punti percentuali. È la prova inconfutabile della continua crescita qualitativa del “Made in Taiwan” una fase di boom un po’ come furono per noi gli anni Sessanta - che la filiera bike dell’isola fece un incredibile passo avanti, gettando le basi per il contesto che vi abbiamo appena raccontato e che da anni produce numeri importanti e significativi. I report di produzione ed esportazione vengono puntualmente e costantemente monitorati dalla locale Amministrazione delle Dogane e dal Ministero delle Finanze locali. Tra quelli più “freschi” i dati più interessanti sono in particolare quelli relativi alla produzione taiwanese di eBike, che già da qualche anno ha fatto registrare una crescita esponenziale. Ad esempio, da gennaio ad aprile del 2018, l’esportazione di eBike di Taiwan ha raggiunto le 82000 unità, per un fatturato totale di 113 milioni di dollari. Rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente la crescita percentuale è stata rispettivamente del 34,35 e del 55,51 per cento. Altri numeri interessanti: nello stesso intervallo il volume delle esportazioni di parti e componenti di biciclette ha totalizzato 16 milioni di chilogrammi, per un valore totale di 424 milioni di dol-

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lari, con un aumento rispettivamente del 10,3 e del 20,1 per cento. Qualche segno “meno” in questo trionfo espansivo? È uno solo, ma è da leggere con estrema attenzione. È quello relativo all’esportazione di biciclette complete “muscolari”, ossia non eBike, che nello stesso periodo di riferimento ha raggiunto le 740000 unità, scendendo dell’11,75 per cento. Questo è appunto il dato in calo cui ci riferivamo all’inizio dell’articolo; in realtà, alla diminuzione del valore unitario delle biciclette esportate è corrisposto un aumento significativo del fatturato totale prodotto, che ha registrato 435 milioni di dollari e un incremento del 14.16 per cento. Equivale esattamente a dire che, più che nelle quantità, l’esportazione taiwanese cresce nella qualità e nel valore degli articoli venduti. Il valore unitario delle biciclette esportate era infatti di 454 dollari nel primo trimestre 2017, mentre nello stesso periodo 2018 è passato a 588 dollari, con un aumento di ben 29.35 punti percentuali. Quanto basta per non storcere più il naso se sulla vostra bici leggerete “Made in Taiwan”.


Made in Taiwan

TAIPEI CYCLE SHOW,

A FINE OTTOBRE IL PRINCIPALE SALONE ASIATICO Gli organizzatori del viaggio stampa presso Taiwan erano anche gli organizzatori del Taipei Cycle Show, che per chi non lo sapesse è la fiera ciclistica più importante del continente asiatico e una delle fiere di settore più importanti al mondo. La fiera si svolge appunto a Taipei, capitale di quell’isola di Taiwan che è ormai da anni fulcro della produzione ciclistica di alta e altissima gamma. Dal 30 ottobre al 3 novembre prossimi, tra gli stand del Nangang Exhibition Center di Taipei, di quest’anno ci saranno di sicuro le eBike, poi le immancabili full carbon da migliaia e migliaia di euro, «ma vedremo anche numerose aziende dell’industria digitale, che in misura diretta o collaterale si occupano di ciclismo». Parola di Walter Yeah, presidente e Ceo di Taitra, che è appunto la società che organizza la fiera di Taipei e che a fine maggio 2018 ha aperto la conferenza stampa di presentazione della prossima edizione di inizio autunno. «L’area espositiva presso destinata alla fiera – prosegue Yeah – quest’anno è aumentata del 5 per cento. Avremo 3700 stand, dei quali il 30 per cento provenienti dall’estero e ci sarà spazio anche per tante start up del settore, molte delle quali concentrate nel area dell’Ict (tecnologia dell’informazione e della comunicazione, ndr). Le aziende presenti saranno la testimonianza della trasformazione dell’industria di settore, un’industria di massa che da un’impostazione tradizionale sta progressivamente evolvendo verso un era digitale e smart ». PICCOLA NOTA PER L’INDUSTRIA DI CASA NOSTRA: TRA LE AZIENDE STRANIERE MENZIONATE, YEAH CI TIENE È A RIMARCARE CHE TRA I BRAND PRESENTI A TAIPEI CI SARANNO ANCHE COLOSSI COME SHIMANO, MA ANCHE ALTRE IMPORTANTI AZIENDE DELL’INDUSTRIA ATTUALE, COME AD ESEMPIO QUELLE ITALIANE DI COLNAGO E GIOS, «LA CUI PRESENZA CI RENDE ORGOGLIOSI». RICORDIAMOCELO BENE, QUANTO APPEAL ABBIANO I MARCHI STORICI DI CASA NOSTRA OLTRECONFINE…

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SCATTO D’AUTORE VAL DISOLE MARATHON 2018 Newspower.it

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// FOCUS SULLE AZIENDE

SHIMANO STEPS MOTORE E

BATTERIA SHIMANO E8000 a cura di Roberto Diani

Abbiamo testato una serie di mountain-bike assistite da motore e batteria Shimano E8000 utilizzando l’app “e-Tube Project” per modificare i livelli di assistenza in funzione dei percorsi e delle personali preferenze e stili di guida.

Ecco le nostre impressioni... La Drive Unit E8000 di Shimano, grazie alla sua compattezza e leggerezza (2,88 kg), permette di realizzare e-mtb dotate di geometrie molto simili 136

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a quelle tipiche delle muscolari. In particolare, è la quota di carro posteriore a risultare molto più contenuta rispetto a quella possibile con i motori dei competitor.

Il progetto di una e-bike motorizzata Shimano potrà, pertanto, usufruire di un baricentro equilibrato e di geometrie in grado di trovare l’ideale compromesso tra agilità e stabilità. Per quanto riguarda l’accumulatore, il marchio giapponese mette a disposizione dei costruttori due alternative: la classica batteria di tipo esterno, da applicare al tubo obli-


LA BATTERIA INTEGRATA PUÒ ESSERE RICARICATA DIRETTAMENTE DA MONTATA SUL TELAIO COLLEGANDO IL CARICABATTERIA ALL’APPOSITA PRESA COLLOCATA NELLA PARTE SUPERIORE DELLA BATTERIA STESSA, OPPURE PREVIA ASPORTAZIONE DAL TELAIO UTILIZZANDO LA CHIAVE IN DOTAZIONE DI SERIE

quo o la batteria integrata da inserire all’interno del tubo obliquo. La prima soluzione è sicuramente più pratica in quanto facilita le operazioni di montaggio/smontaggio; la batteria integrata è, invece, più protetta all’interno del tubone che l’avvolge con la massima precisione. Entrambe le batterie dispongono di 504 Wh. Il sistema E8000 è completato dal ciclocomputer e dal comando remoto che gestisce il livello di assistenza. Il ciclocomputer, di dimensioni contenute, è montato tra attacco e manubrio in posizione protetta che non lo espone a impatti rovinosi in caso di cadute. Nonostante le dimensioni ridotte è di facile lettura. Il comando remoto è intuitivo e permette di passare dalla modalità “Off” alla “Eco” alla “Trail” alla “Boost” e alla “Walk” e viceversa con precisione e rapidità.

“Il sistema E8000 è completato dal ciclocomputer e dal comando remoto che gestisce il livello di assistenza”


IL TEST

Abbiamo provato il sistema E8000 su e-mtb marchiate Cannondale, Mondraker, Scott, Ghost, Canyon e Rock Machine, tutte hanno in comune quote di carro posteriore contenutissime: Canyon, nonostante la ruota posteriore da 27,5x2,80”, dispone di una quota pari a soli 430 mm, 20/30 mm più corta della media dei concorrenti! Pedalando una e-mtb motorizzata E8000 si hanno sensazioni molto simili a quelle che si riscontrano su mtb muscolari: dai comandi al manubrio alla geometria del telaio al fattore “Q”, tutto facilita l’approccio naturale dell’e-Biker

A SINISTRA: IL CAMBIO ELETTRONICO DI2 XT SOPRA: LA BATTERIA INTEGRATA BT-E8020 INSERITA NEL TUBO OBLIQUO, CHE SI DIFFERENZIA PER FORMA E DIMENSIONI DALLA BATTERIA ESTERNA BT-E8010

con il suo nuovo mezzo di divertimento. L’accensione del motore deve avvenire senza premere sui pedali. Dopo pochi secondi è possibile passare dalla modalità “Off” a “Eco”, “Trail”, “Boost” o “Walk”, rispettivamente riconoscibili dai colori bianco, azzurro, verde, giallo e blu che risaltano chiaramente sul display indicando istantaneamente il livello di assistenza selezionato, anche quando si è impegnati nella guida. Già a partire dalla modalità “Eco”, il

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motore evidenzia la sua esuberanza. Il livello di assistenza assicurato dalla modalità “Trail” è di poco superiore, mentre passando al “Boost” si percepisce un aumento molto più sensibile. Questo vale per l’impostazione di serie (Dynamic), ampiamente modificabile scaricando l’app e-tube project dal sito www.e-tubeproject.shimano.com grazie alla quale potremo anche aggiornare il firmware, verificare gli errori e cambiare le impostazione del cambio

elettronico Di2. Passando dalla versione Dynamic alla “Explorer” otterremo aumenti di assistenza più equilibrati: “Trail” passa dal livello Low al livello Medium mentre “Boost” scende dal livello High al livello Medium. Questa impostazione ci ha molto soddisfatti, in particolare perché il “Boost” risulta meno esplosivo, permettendo di pennellare con maggiore precisione le traiettorie nelle salite off-road più trialistiche. Grazie a questa impostazione, chi ha una buona gamba riesce anche ad aumentare l’autonomia assicurata dai 504 Wh della batteria riducendo al minimo l’utilizzo del “Boost” e sfruttando in modo massiccio i livelli inferiori. La seconda opzione denominata “Customize” permette, invece, di mixare a piacere i livelli di assistenza di “Trail” e “Boost” scegliendo tra Low, Medium e High, in funzione del tipo di percorso da affrontare. La modalità “Walk” si seleziona in modo intuitivo e funziona in modo esemplare; terminato il suo utilizzo, basta una singola pressione sul comando per tornare alla modalità precedente.


A DESTRA: IL COMANDO CAMBIO ELETTRONICO XT SW-M8050-R PRECISO ED ERGONOMICO SOTTO: IL COMANDO REMOTO DEL LIVELLO DI ASSISTENZA SW-E8000-L INTUITIVO ED ERGONOMICO

MESSAGGI DI AVVERTIMENTO O DI ERRORE Può capitare che sul ciclocomputer compaiano messaggi di avvertimento W010, W011, W013 e W032. Il primo indica che la temperatura dell’unità di trasmissione ha superato il livello di guardia, in questo caso bisogna interrompere l’uso dell’assistenza del motore. W013 è il messaggio più frequente che appare sul display quando si accende il motore tenendo il piede sul pedale. Spegnendo e riaccendendo il motore togliendo il piede dal pedale si risolve il problema. Ben più gravi i messaggi di errore che vengono visualizzati a schermo intero preceduti dalla lettera “E”: E010, E011, E013, E014, E020, E021, E022 ed E043. A volte il problema si risolve premendo il pulsante di accensione della batteria o rimuovendo la batteria dal supporto ma, più spesso, è necessario rivolgersi al rivenditore che, disponendo del kit E-TUBE PROJECT che contiene il cavo di collegamento USB al computer SM-PCE1, potrà ripristinare la funzionalità del sistema.

Pedalando una e-mtb motorizzata E8000 si hanno sensazioni molto simili a quelle che si riscontrano su mtb muscolari: dai comandi al manubrio alla geometria del telaio al fattore “Q”, tutto facilita l’approccio naturale dell’e-Biker con il suo nuovo mezzo di divertimento

LA NOSTRA ROCK MACHINE E-BLIZZARD INT E-90, OLTRE AL SISTEMA E8000 MONTA ANCHE IL CAMBIO ELETTRONICO XT DI2 DEL MARCHIO GIAPPONESE. Il suo utilizzo su terreni off-road e, in particolare, quando montato su e-mtb, risulta particolarmente funzionale: la cambiata è sempre precisa e, anche nelle situazioni più ostiche, si può optare senza indecisioni tra la cambiata singola e la multipla. La prima si adatta perfettamente alle necessità delle e-mtb mentre la cambiata multipla, che si ottiene tendo premuto più a lungo la leva del comando, determina lo spostamento della catena di tre posizioni sulla cassetta pignoni, con tutta la gradualità necessaria. Nel caso in cui si dovessero verificare problemi di regolazione della cambiata si deve selezionare il 5° rapporto e riposizionare il cambio utilizzando il comando remoto che, ad ogni pressione, determina uno spostamento pari a 1/16 dell’intervallo tra il 5° e il 6° rapporto. La regolazione del cambio funziona alla stregua del cambio meccanico dove la regolazione avviene ruotando il registro del cavo e viene finalizzata quando la catena sale sul pignone superiore, similarmente a quanto avviene con il cambio elettronico dove, sedicesimo dopo sedicesimo, si determina il salto della catena sul 6° pignone. LIFESTYLE INBICI 139


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SCATTO D’AUTORE VAL DI SOLE MARATHON 2017 by newspower.it

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// COME NUTRIRSI

Prepararsi (per tempo) agli allenamenti invernali a cura del dott. Alexander Bertuccioli

Per ottemperare alla diminuzione delle ore di luce c’è l’attività indoor, per il freddo esistono capi tecnici sempre più affidabili. E per prevenire le malattie da raffreddamento? La medicina mette a disposizione rimedi sempre più efficaci...

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a stagione invernale viene definita da tutti gli amanti delle attività di endurance outdoor come il periodo dell’anno in cui si riducono gli allenamenti e le competizioni all’aperto a causa di almeno tre importanti fattori:

1) Diminuzione delle ore di luce 2) Comparsa di fattori climatici sfavorevoli 3) Incrementata frequenza di fenomeni infettivi e/o da raffreddamento 142

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Bettiniphoto

Mentre per la diminuzione delle ore di luce possiamo ricorrere agli allenamenti indoor e per la gestione della maggior parte dei fattori climatici sono disponibili indumenti tecnici e presidi sempre più efficaci, per far fronte all’incremento delle patologie infettive, gli strumenti efficaci ancora non sono tantissimi. Inoltre tali strumenti devono essere rivolti alla prevenzione in quanto per l’atleta non è sufficiente essere curato; ammalarsi implica comunque diversi giorni di astensione dagli allenamenti e almeno un periodo equivalente per ritornare

Dr Alexander Bertuccioli Biologo nutrizionista Perfezionato in Nutrizione in Condizioni Fisiologiche DISB - Scuola di Scienze Biomediche, Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo” Comitato scientifico Associazione Italiana Fitness e Medicina – Comitato scientifico Federazione Italiana Fitness

ad allenarsi a cui si somma tutto il periodo necessario per il ritorno alla condizione iniziale. Questi strumenti appunto ancora non sono tantissimi ma ci sono e tra quelli con effetti documentati in letteratura scientifica di particolare interesse si dimostra il Bifidobacterium Lactis Bl-04, probiotico dagli effetti correlati a una riduzione nella frequenza e nell’intensità delle URTI (Upper Respiratory tract Infection) negli atleti, con effetti di stimolo prevalentemente a livello dell’immunità innata.


Quali manifestazioni includono le URTI? Capirlo spiega già di per sé la potenziale importanza di questo strumento probiotico negli atleti di endurance:

• Tosse • Starnuti • Secrezione nasale • Congestione nasale • Febbre • Gola irritata e/o infiammata Compresi questi aspetti è possibile esaminare i dati per quantificare l’efficacia di questa tipologia di applicazione. Uno studio in doppio cieco su 226 soggetti (117 sesso maschile -109 sesso femminile) che ha previsto l’assunzione per 150 giorni di Bifidobacterium Lactis Bl-04 o placebo a cavallo tra il periodo autunnale, invernale e primaverile ha dimostrato una significativa riduzione generale nella frequenza delle URTI della durata di 5, 7 o più giorni. L’incidenza di URTI della durata di 5 giorni e 7 giorni è stata rispettivamente ridotta del 35% e del 46%, mentre la riduzione negli episodi superiori ai 7 giorni è stata del 45%. In armonia con questi effetti anche l’uso di farmaci nel periodo osservato è nettamente diminuito con un -45% nelle infezioni di durata

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d 5 giorni in su, con una riduzione del carico totale per malattia (dato dalla gravità x la durata) del 27%. Un successivo studio in doppio cieco contro placebo, di dimensioni superiori effettuato su 465 soggetti (241 sesso maschile , 224 sesso femminile), ha confrontato gli effetti derivanti dalla somministrazione di Bifidobacterium Lactis Bl-04, altra miscela probiotica o placebo, confermando i risultati osservati nel precedente studio. I risultati ottenuti confermano l’efficacia di Bifidobacterium Lactis Bl-04 nella prevenzione delle infezioni delle vie

respiratorie superiori, costituendo un valido supporto preventivo nel sostegno dell’atleta di endurance per gli allenamenti outdoor a cavallo della stagione invernale. S Lahtinen , NP West , DB Pyne , P Horn , AW Cripps , WG Hopkins, M Brun , HS Warren ,F Wu and P Fricker Bifidobacterium lactis Bl-04™ supplementation results in beneficial clinical effects in healthy physically active individuals: a randomised controlled trial West NP, Horn PL, Pyne DB, Gebski VJ, Lahtinen SJ, Fricker PA, Cripps AW. Probiotic supplementation for respiratory and gastrointestinal illness symptoms in healthy physically active individuals. Clin Nutr. 2014 Aug;33(4):581-7. doi: 10.1016/j.clnu.2013.10.002. Epub 2013 Oct 10.

..ammalarsi implica comunque diversi giorni di astensione dagli allenamenti e almeno un periodo equivalente per ritornare ad allenarsi a cui si somma tutto il periodo necessario per il ritorno alla condizione iniziale

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// FOCUS SUL SULLE PRODOTTO AZIENDE

LOOK X-TRACK XC/marathon-novità 2018 a cura di Roberto Diani

Il marchio giapponese ha realizzato il suo terzo motore centrale: dopo E6000 (dedicato al montaggio su City e Trekking Bike) ed E8000 (il motore per e-mtb più aggressive) è ora la volta di E7000 pensato per un uso off-road più ricreativo A livello formale è difficile distinguere il nuovo E7000 dal fratello maggiore E8000, anche se l’ultimo nato di casa Shimano ha dimensioni più contenute ed è più leggero. Naturalmente, i tre punti di fissaggio al telaio sono identici per entrambe le Drive Unit, ciò che le rende intercambiabili. Dal punto di vista delle prestazioni siamo sempre a 250 W 144

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di potenza nominale con picchi fino a 500 W, assistenza fino a 25 km/h, batteria a 504 Wh, cambia il valore massimo di coppia che passa da 70 Nm del E8000 ai 60 Nm del nostro E7000. Un’altra differenza, questa volta facilmente individuabile, è rappresentata dal comando remoto del livello di assistenza e dal comando cambio che, nella versione precedente, erano e continuano ad essere costituiti da due leve sotto il manubrio in tutto e per tutto identiche a quelle dei comandi Di2, mentre sul 7000 hanno una forma ad anello con due pulsanti da azionare con il pollice, sinistro per modificare il livello di assistenza e, simmetricamente, con il destro per azionare il cambio. In questo modo si lascia tutto lo spazio necessario alla leva del comando remoto del reggisella telescopico. I livelli di assistenza rimango invariati:

A livello formale è difficile distinguere il nuovo E7000 dal fratello maggiore E8000, anche se l’ultimo nato di casa Shimano ha dimensioni più contenute ed è più leggero

“Eco” contraddistinto dal colore azzurro, “Trail” che si colora di verde, “Boost” di Giallo e “Walk” di blu. Oltre alla configurazione “Explorer”, di serie, possiamo optare, utilizzando la app gratuita E-TUBE RIDE, per le configurazioni “Dynamic” o “Custom”. Altra differenza è rappresentata da display, di forma simile al precedente e di dimensioni leggermente inferiori, visualizza solo i dati essenziali. Utilizzando il nuovo connettore EW-EN100 è possibile collegare il GPS o lo smart phone. Al pari del fratello maggiore, anche il nuovo motore permette di usufruire di un fattore “Q” contenuto; inoltre, le due D.U. permettono ai progettisti di e-mtb di realizzare geometrie identiche a quelle tipiche delle muscolari, con particolare riferimento alla quota di carro posteriore che, in alcuni casi, si ferma a 430 mm nonostante l’utilizzo di ruote posteriori da 27,5x2,80”. LIFESTYLE INBICI

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SCATTO D’AUTORE VAL DISOLE MARATHON 2018 Newspower.it

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Cicli Matteoni a cura della redazione

MONDAINI

donna copertina Stravince la categoria D2 e trascina la Squadra Corse al terzo posto assoluto nella classifica per team dell’InBici Top Challenge Manca ancora qualche corsa nel calendario 2018 ma, risultati alla mano, si può già parlare di “grande stagione” per la Squadra Corse del Gruppo Sportivo Cicli Matteoni – Bianchi che, nelle otto tappe dell’InBici Top Challenge, ha

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sempre recitato un ruolo da protagonista, piazzando diversi atleti ai vertici delle classifiche di categoria. Un brillante risultato di squadra documentato anche dal terzo posto assoluto conquistato nella graduatoria per team che garantirà al gruppo sportivo di Morena Matteoni la passerella finale alle premiazioni del circuito in programma a Riccione il prossimo 3 novembre. Nel settore Granfondo, la donna copertina della stagione 2018 è stata, ancora una volta, la bravissima Maria Teresa Mondaini, che ha stravinto la categoria D2, confermando una

superiorità tecnica che, nel corso della stagione, non è mai stata in discussione. Podio prestigioso anche per Matteo Cappelli, che ha chiuso al terzo posto nella categoria M1. Sempre tra gli uomini, ottima la stagione di Daniel Rocchi, che ha chiuso al quarto posto nella categoria M2. Podio sfiorato anche per Claudio Abbondanza, che ha concluso l’InBici Top Challenge al quarto posto nella categoria M7. Il Team Matteoni si è difeso molto bene anche nel Mediofondo con il terzo posto di Manola Tassinari nella categoria D3 ed il secondo tra gli Elite di Alex Merlari.



// FOCUS SULLE AZIENDE

SHIMANO PRO DROPS

A un anno dal lancio del Koryak 120, il primo reggisella telescopico della linea PRO, Shimano propone quattro nuovi modelli che coprono un range di utilizzo che va dall’enduro all’xc race. Senza dimenticare il gravel a cura di Roberto Diani

P

er soddisfare le esigenze sempre più specifiche di bikers con esigenze diverse, a partire dall’autunno 2018, saranno disponibili nuovi Koryak dotati di escursioni pari a 170 mm, 150 mm e 70 mm. Nel primo, nella sola versione per cavi interni, l’escursione da 150 mm è proposta nella doppia versione per il montaggio all’interno o all’esterno del telaio; infine lo short travel dedicato solo al passaggio esterno al telaio del cavo che collega la leva di controllo remoto al reggisella.

Koryak 170 e Koryak 150 sono disponibili, così come per il Koryak 120, con sezioni a scelta tra 30,9 mm e 31,6 mm. Koryak 70 è disponibile con una sezione di 27,2 mm, per una più semplice interfaccia con telai da xc o gravel.

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www.bike.shimano.com





// Tecnica

il punto critico

L’osservatorio sul mondo delle due ruote. Le novità, le tendenze e le nostre considerazioni su ciò che propone il mercato a cura di Maurizio Coccia

Come ti vesto il campione

Riflettori puntati sul vestiario dei professionisti: qualche numero, qualche curiosità e qualche interessante retroscena sul “pret-à-porter” super-tecnico dei grandi team del World Tour 154

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Quarantuno capi di diverso tipo per ognuno dei 28 corridori, completi estivi e invernali tutti realizzati su misura, forniti in numero di 30 kit estivi per ogni atleta e circa 20 invernali, sempre ciascuno. Questi alcuni numeri che ci ha fornito la brianzola Rosti a proposito del big-team del World Tour che sponsorizza dallo scorso gennaio, la Ag2R di Gallopin e Bardet. Proprio sul fortissimo grimpeur dell’Alta Loira l’azienda italiana specializzata nell’abbigliamento ci ha svelato dati antropometrici unici nel loro genere: a inizio del Tour de France il “girocoscia” di Bardet, ovvero il perimetro del quadricipite, che è valore con il quale i produttori di abbigliamento definiscono la loro gamma misure, era di soli 28 centimetri. È un valore incredibile, se solo si considera che i pantaloncini di taglia S prodotti di serie dalla


Rosti si adattano a un giro coscia di 36 centimetri circa… I compagni di Bardet non sono da meno: quasi per tutti quanti il completo fornito è assimilabile a una taglia S; soltanto per qualcuno, in particolare i (pochi) velocisti e i passisti della compagine transalpina, indossano maglia e pantaloncini equiparabili a una taglia M. Dati ancor più interessanti riguardano ancora la fornitura completa messa a disposizione del team e rendono chiara l’idea di quanto sia impegnativo vestire un team del World Tour: la maggior parte del materiale viene fornito a inizio stagione, ma è anche durante il corso dell’anno che Rosti rifornisce i corridori mettendo a loro disposizione tutto l’equipaggiamento necessario nei vari periodi. Dunque, tutti gli atleti in maglia bianco/celeste/marrone hanno cinque diversi tipi di maglie estive, differenziate per la grammatura del tessuto che le confeziona, secondo una logica per cui le maglie più leggere sono adatte alle giornate di caldo torrido, mentre quelle più pesanti si addicono alle giornate più fresche. A tal proposito è interessante segnalare che la maglia più leggera in dotazione alla Ag2r ha un

peso complessivo di soli 70 grammi! Tutti i corridori hanno poi a disposizione due tipi diversi di maglia estiva a maniche lunghe, due tipi di pantaloncini estivi a gamba corta, quattro tipi di giubbetto che coprono le esigenze di giornate di freddo intenso o clima più mite; e ancora, per tutti ci sono tre diversi tipi di maglia intima, cinque tipi di guanti (sia estivi che invernali), sei tipologie di copri-scarpe, alcuni dei quali con funzione termica altri aerodinamica, da utilizzare nelle cronometro. Non dimentichiamo poi i manicotti, i gambali, una speciale maglia da gara con caratteristiche anti-pioggia e un body da cronometro. Di ognuno degli articoli menzionati lo sponsor tecnico Rosti fornisce in dotazione almeno due esemplari ed ovviamente il computo si alza proporzionalmente alla “caratura” del corridore in esame. Tutto questo per un totale di completi che, da inizio dell’anno ad oggi, Rosti

ha conteggiato in 1200! E la stagione non è ancora finita…

UN BODY UNICO PER IL TEAM MOVISTAR

Si chiama Drag2Zero (proprio a ricordare che il coefficiente di resistenza aerodinamica è stato quasi annullato), lo produce la Endura e - dall’inizio di stagione - lo sta utilizzando nella cronometro il team Movistar di Valverde e Quintana. Aggiungiamo che, se volesse, potrebbe utilizzarlo anche un normale cicloamatore, sempre che sia disposto a sborsare 530 euro per acquistarlo… Di cosa parliamo? Del nuovo avveniristico body da cronometro prodotto dall’azienda scozzese realizzato con materiali e tecnologie all’avanguardia, prima tra tutte la peculiare finitura siliconata presente sulle spalle e sulla parte laterale del busto, che consente di “staccare” l’aria del corpo per limitare le turbolenze aerodinami-

La maggior parte del materiale viene fornito a inizio stagione, ma è anche durante il corso dell’anno che Rosti rifornisce i corridori mettendo a loro disposizione tutto l’equipaggiamento necessario nei vari periodi

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Il capitano della Ag2r, Romain Bardet, ha caratteristiche antropometriche fuori dal comune: i quadricipiti filiformi hanno una circonferenza di otto cm inferiore a quella di un pantaloncino in taglia S…

Il nuovissimo body da cronometro Endura Drag2Zero ha le porzioni laterali e delle spalle siliconate. Questa particolare finitura permette di “staccare” l’aria dal corpo, limitando le turbolenze ad alte velocità.

Ancora un dettaglio sul body Drag2Zero: la tasca posteriore portanumero è studiata per migliorare il coefficiente aerodinamico. È una soluzione brevettata, conforme alla normative Uci.

che. Ma l’aspetto a nostro avviso più curioso e innovativo questo body lo nasconde nella parte posteriore, dove abitualmente i corridori “spillano” il numero dorsale. Per evitare turbolenze dovute al numero dorsale che svolazza per via dell’aria che lo colpisce, il Drag2Zero è infatti provvisto di un’originale tasca dove alloggiare proprio il numero di gara. Il numero si inserisce nella tasca preventiva-

mente, prima che il corridore indossi il body; la tasca è realizzata con un tessuto sintetico trasparente che lascia perfettamente alla vista il numero di gara. Prima di commercializzarla Endura ha pensato bene di brevettare questa soluzione e, cosa ancor più importante per l’utilizzo in corsa, l’Uci poi l’ha codificata, giudicandola conforme al suo complesso regolamento tecnico delle corse World Tour.

MANICHINI AERO PER FROOME E KWIATKOWSKI Oggi per sviluppare i capi che un’azienda fornisce ad un grande team del World Tour si può arrivare anche a realizzare dei manichini con dimensioni e posture reali e con le caratteristiche morfologiche specifiche dell’atleta cui è destinato quel capo. L’azienda dell’abbigliamento in questione è la Castelli, il corridore – o me-

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glio i corridori - interessati sono Chris Froome e Michał Kwiatkowski, che da due anni sono “vestiti” dall’azienda italiana assieme a tutto il team Sky. Castelli ha infatti investito in una tecnologia unica nel suo genere: prima per Froome e poi per Kwiatkowski (il manichino del quale è stato utilizzato per esporre l’abbigliamento Sky all’ultimo salone di Eurobike) il marchio italiano ha fatto realizzare da un’azienda svizzera dei manichini in plastica con fattezze e dimensioni che corrispondono esattamente alle caratteristiche anatomiche dei due corridori in oggetto. Per “Kwiato”, ad esempio, anche la forma delle orecchie - piccole e leggermente curve - è identica a quella che il polacco ha in carne ed ossa. In particolare i manichini, due per ogni corridore, sono stati realizzati scegliendo le posizioni più importanti ai fini degli studi aerodinamici di Castelli. Un manichino ha la forma del corridore in posizione con presa alta sui comandi, perché questo è statisticamente l’assetto che il corridore mantiene per circa il settanta per cento del tempo di gara. Il secondo manichino è invece quello del corridore in posizione schiacciata, destinato agli studi sui capi destinati alle situazioni di alta velocità e alle cronometro. Nei test in galleria del vento i manichini tridimensionali riescono dunque a fornire indicazioni puntuali e personali su come realmente l’aria si stacchi dalla superficie colpita, come lo faccia in funzione del capo o del tessuto che di volta in volta viene testato e, soprattutto, come lo faccia in funzione dell’anatomia di quello specifico corridore. UNA FORCELLA COME NON L’AVETE MAI VISTA Il produttore la definisce forcella con “angolo della testa inversa” ed è ciò che completa il frame-set della Urgestalt2, nuovissimo telaio full carbon della tedesca Lightweight, che per chi non lo sapesse, da circa un anno, oltre alle ruote realizza anche telai stradistici di altissima gamma. In particolare, la Urgestalt2 è l’evoluzione più aggiornata del modello omonimo realizzato lo scorso anno e si caratterizza appunto per l’adozione di una forcella

unica nel suo genere, con morfologia e struttura che si discosta nettamente dal modo di concepire questo componente fondamentale per una bici da corsa. In pratica, anziché seguire la linea coassiale al tubo di sterzo, la parte alta degli steli forcella curva nettamente in senso anteriore, per poi seguire subito dopo una curva in direzione opposta e permettere alla restante parte rettilinea degli steli di raggiungere punte forcella configurate con un rake consono agli abituali standard di concepire una forcella stradistica. Il motivo di questo design? Anche estetico ci mancherebbe, ma la motivazione principale risponde ad un’interpretazione innovativa della ciclistica.

“Un telaio configurato in questo modo – ci ha detto Lightweight per bocca del suo responsabile italiano Andrea Rovarsi – produce un’angolazione di sterzo molto neutra, con ripercussioni positive facilmente percepibili sulla strada. La bici riesce in questo modo ad essere sia maneggevole e allo stesso tempo precisa nella guida». Tra l’altro la nuova Urgestalt2 si distingue per un particolare tecnico di estremo pregio, l’impiego del nuovo attacco manubrio, anche questo siglato “Lightweight”, con struttura interamente in carbonio, per un peso “da urlo” di 10 grammi al centimetro, che significa che l’estensione da 90 mm pesa 90 grammi, quella da 100, 100 grammi e così via...

La Lightweight Urgestalt2 è una full carbon con una forcella dal design fuori dal comune: gli steli si connettono al cannotto con un design inverso rispetto agli standard, per migliorare in questo modo stabilità e precisione di guida

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SCHWALBE RACING RAY & RACING RALPH L’ACCOPPIATA VINCENTE PER LE COMPETIZIONI XC a cura di Roberto Diani RACING RALPH ASSICURA VELOCITÀ MENTRE RACING RAY PIÙ TRAZIONE E TRAZIONE. IL DISEGNO DEI BATTISTRADA - COSÌ DIVERSI - E LA MESCOLA - PIÙ SCORREVOLE SUL POSTERIORE E PIÙ MORBIDA ALL’ANTERIORE - SONO GLI ASPETTI PIÙ EVIDENTI CHE CARATTERIZZANO I “FRATELLI DA CROSSCOUNTRY”

Markus Hachmeyer, il Product Manager per il settore mountainbike di Schwalbe, ha le idee chiare: solo la combinazione tra due pneumatici con caratteristiche differenziate può determinare un progresso sensibile delle performance.

Negli ultimi anni i percorsi di gara si sono evoluti inserendo difficoltà tecniche che richiedono attrezzi adeguati e doti di guida che vanno ben oltre l’aspetto atletico. In questo nuovo contesto le gomme diventano ancora più determinanti e richiedono un adeguamento che ne migliorino le prestazioni.

Racing Ray è uno pneumatico dalle eccellenti doti di guida, mentre il nuovo Racing Ralph assicura velocità e trazione. Il disegno dei battistrada - così diversi - e la mescola - più scorrevole sul posteriore e più morbida all’anteriore - sono gli aspetti più evidenti che caratterizzano i “fratelli da crosscountry”. RACING RAY Per questo pneumatico anteriore è stato ricercato il miglior compromesso tra aderenza e scorrevolezza tale da assicurare un grip che ispira fiducia anche nelle curve più impegnative e permette frenate in totale controllo in ogni condizione, senza pregiudicare la resistenza al rotolamento. Racin Ray è disponibile con mescola Addix Speedgrip. RACING RALPH Il battistrada del nuovo Racin Ralph è stato completamente ridisegnato ed è caratterizzato da solidi tasselli arrotondati al centro abbinati a quelli di transizione più distanziati che assicurano un eccellente effetto autopulente. Montato sulla ruota posteriore assicura trazione e velocità, ma può essere montato anche anteriormente su terreni secchi dove ci si avvantaggia della mescola Addix Speed. Entrambi i pneumatici saranno disponibili a partire da luglio al prezzo di 57,90€ nelle versioni con diametri e sezioni pari a: 26x2,25” (565 g), 27,5x2,25” (590 g), 29x2,10” (595 g) e 29x2,25” (625 g).


DOING IS LIKE WANTING. JUST BETTER.

NUOVO: RACING RAY E RACING RALPH Forza a volontà. Progettati per le sfide degli attuali percorsi da XC. Racing Ray all‘anteriore - preciso nel comportamento di guida. Affidabile in curva quando si guida al limite. Al posteriore, il nuovo Racing Ralph convince per la trazione perfetta, l‘eccellente accelerazione e l‘ottima scorrevolezza. www.schwalbe.com/racingbros SPEEDGRIP

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! NEW RACING RALPH

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SCATTO D’AUTORE LA VECIA FEROVIA DELA VAL DE FIEMME (TN) Newspower.it

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Cervia

perla della costa Alla scoperta delle meraviglie della riviera romagnola tra antiche rievocazioni, pinete secolari, wellness, notti di divertimento ed eccellenze a tavola a cura della redazione

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CITATA GIÀ DA DANTE ALIGHIERI NELLA DIVINA COMMEDIA (INFERNO, CANTO XXVII), CERVIA NASCE COME CENTRO DI PRODUZIONE DEL SALE PER POI TRASFORMARSI COL TEMPO IN UNA DELLE LOCALITÀ TURISTICHE PIÙ APPREZZATE D’ITALIA, IN VIRTÙ DI UNA RARA ALCHIMIA PROPOSITIVA CHE ALL’AMPIA GAMMA DI SERVIZI UNISCE UN TERRITORIO UNICO, UNA PREZIOSA DIMENSIONE A MISURA D’UOMO E LA POSSIBILITÀ DI SPOSTARSI AGILMENTE TRA LE LOCALITÀ – MILANO MARITTIMA, PINARELLA E TAGLIATA – CHE NE COMPLETANO L’ESCLUSIVA VARIETÀ.

LA MAGIA DI UNA FULL IMMERSION NELLA NATURA Fin dalle sue origini il legame di Cervia con la natura è forte e inscindibile. Si narra infatti che quando la città era interamente circondata dai boschi e dalle foreste, uno dei maggiori frequentatori di questi spazi verdi fosse il vescovo di Lodi, il quale un giorno, mentre passeggiava in pineta, si imbatté in un cervo, che, riconosciutolo come funzionario di Dio, gli si inginocchiò davanti in segno di devozione. Da quel giorno risultò naturale chiamare la città Cervia, non solo per ricordare lo straordinario avvenimento, ma anche considerando che nelle pinete limitrofe i cervi erano particolarmente numerosi. A tutt’oggi Cervia vanta un importantissimo patrimonio di aree verdi e uno sviluppo turistico in totale armonia con l’ambiente la cui attenta salvaguardia e valorizzazione ha assicurato alla città dal 2007 la garanzia del marchio “EMAS”. Cervia è stato il primo comune romagnolo e della costa regionale ad essere certificato e tra i pochissimi in Italia ed in Europa. Il suo enorme patrimonio è caratterizzato dalla secolare pineta di Milano Marittima, che si estende per circa 260 ettari. Negli anni ’60 in 23 ettari di bosco è stato realizzato il Parco Naturale, dove si possono osservare mucche cavalli caprette, conigli, cigni, pavoni e cervi, simbolo della città. Una fascia di pineta costituisce un importante polmone verde tra l’arenile e le località di Pinarella e Tagliata. 827 ettari sono invece l’estensione delle saline, scrigno naturalistico di rara bellezza fruibile attraverso visite guidate a piedi o in barca organizzate dal Centro visite Saline. Varie le specie di avifauna osservabili fra cui pittime reali, aironi, cavalieri d’Italia, martin pescatore e naturalmente le colonie di fenicotteri rosa che superano i 2000 esemplari. Nel periodo estivo sono possibili anche escursioni in notturna, dedicate all’osservazione delle stelle. Davvero di grande fascino è l’area di produzione artigianale del sale “dolce”, il pregiato sale integrale dal gusto morbido e delicato. Da giugno a settembre vengono organizzate visite gratuite per mostrare il lavoro dei salinari con gli antichi attrezzi in legno e si può raccogliere il sale assieme a loro. Questo avviene nella salina Camillone, l’unica rimasta intatta delle 150 esistenti prima della trasformazione e passaggio al sistema di produzione industriale. I fanghi e le acque madri delle saline – dalle importanti proprietà terapeutiche sono utilizzate nei trattamenti delle Terme di Cervia.
Estremamente suggestivo inoltre il tramonto, quando i colori accesi nel cielo sfumano dall’arancio al viola e si riflettono sulle acque dei bacini salanti. Per il più fedele amico dell’uomo invece sono riservate delle aree di “sgambamento” che permettono di lasciare liberi gli animali per correre in sicurezza e sempre nel verde. Cervia e le sue località sono inoltre caratterizzate dalla lunga spiaggia di sabbia fine, da servizi di prim’ordine offerti negli oltre 200 stabilimenti balneari e dal prestigioso servizio di salvataggio che vigila ogni giorno sul mare. La spiaggia di Pinarella e Tagliata, anche per la naturale fascia di pineta che la costeggia, offrendo ombra, zone attrezzate per pic-nic e giochi per bambini, è stata definita dalla Guida Blu di Legambiente e Touring Club “perla naturale” della riviera. Cervia ogni anno dal 1999 espongono con orgoglio la Bandiera Blu, riconoscimento rilasciato ad attestazione della qualità del mare e dei servizi dalla Foundation for Environmental Education. E ancora, per gli amanti del mondo faunistico, le località offrono la Casa delle Farfalle e degli Insetti: una grande serra di 500 mq che accoglie centinaia di farfalle libere, in un caratteristico ambiente tropicale appositamente creato e altri 500 mq che ricalcano gli habitat ideali per vari tipi di insetti. E

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se poi vogliamo vivere la natura anche in modo audace, ecco CerviAvventura, parco di tarzaning con tanti percorsi spericolati che si snodano in sospensione fra gli alberi del Parco Naturale. Il tutto in assoluta sicurezza con caschi di protezione e imbragature. IL FASCINO DELLA TRADIZIONE CULTURALE Tutte le località cervesi sono caratterizzate da una particolare vitalità in campo culturale e da una grande cura nel rispetto delle tradizioni. A dimostrazione di ciò, una serie incredibile di eventi che durante tutto l’anno spaziano dalla letteratura all’arte figurativa, dalla musica al teatro, fino alla filosofia, alla storia. Tra Milano Marittima e Tagliata si possono anche visitare numerose strutture museali, alcune davvero particolari. Il MUSA, ad esempio, il Museo del Sale di Cervia, che in un accattivante percorso etnologico mostra le attività nella salina, spiega i complessi equilibri idrici del territorio ed espone documenti e attrezzi dell’antica attività salinara. Non dimentichiamo inoltre i grandi nomi di scrittori, poeti e cantautori che alla città di Cervia hanno legato il proprio nome talmente stretto da diventarne cittadini onorari, come Grazia Deledda, Giuseppe Ungaretti, Mario Luzi e Roberto Vecchioni o, comunque grandi amici, come Giovannino Guareschi e Giosuè Carducci. Passeggiando sul piazzale dei salinari possiamo farci sedurre dal fascino di un passato importante fra gli imponenti magazzini del sale e la torre San Michele, gli antichi guardiani dell’ “oro bianco”. E ancora il centro storico cervese, costruito a fine seicento su un progetto pianificato che fa di Cervia una delle rare città di fondazione italiane, incanta il visitatore con le caratteristiche case dei salinari che fungevano anche da cinta muraria della città. Caratteristico anche il teatro comunale, raccolto e dall’acustica perfetta, mostra affreschi del Canepa ed un sipario a soggetto marinaro in cui compare anche un salinaro con la tipica imbarcazione: la burchiella. L’INCANTO DI SENTIRSI BENE Il benessere, fisico e mentale, è probabilmente il maggior valore aggiunto che si può guadagnare dalla permanenza nelle località cervesi. Tutto qui sembra concepito – dalla natura prima, dall’uomo poi – apposta per restituire all’idea di vacanza il suo significato più genuino e intrinseco, ossia quello di un tempo rigenerativo per lo spirito, il corpo o, ancora meglio, entrambi. Ecco allora l’opportunità di sconfiggere qualsiasi tipo di noia o di stress con tanti chilometri di piste ciclabili per piacevoli pedalate in aree verdi, romantiche passeggiate lungo il porto-canale di Cervia o lungo le stradine dell’antico centro storico. Aperte da maggio a dicembre Le Terme di Cervia propongono trattamenti al fango della salina dalle proprietà eccellenti, una piscina con acqua ad alta salinità ed aggiungono trattamenti estetici e rilassanti di alta qualità e alcune piacevolissime novità quali peeling al sale, massaggi Watsu o massaggi super-rilassanti con pietre calde. A completare l’offerta wellness, nel 2007 è nata una Spa anche sulla spiaggia. Una insolita combinazione che propone novità e servizi particolari che vanno dalla cromo-aromo-terapia al trattamento al sale, completati da una vasta gamma di massaggi e trattamenti estetici. Numerosi i centri benessere che accolgono gli ospiti nelle innumerevoli strutture alberghiere all’avanguardia. Sono però le due ruote le grandi protagoniste del territorio cervese. Alle piste ciclabili presenti in tutte le località di Cervia – vera occasione di movimento, anche per chi ha da poco familiarizzato con la bicicletta – si aggiungono infatti i tanti percorsi attraverso la pineta, con grande gioia soprattutto degli appassionati della mountain bike. 164

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Proprio per questo già da anni gli operatori hanno sviluppato una particolare attenzione per i cicloturisti, offrendo loro un’attenta accoglienza. E se proprio acqua e terra non ci bastano e vogliamo un po’ di brivido, abbiamo l’aria a disposizione. È possibile infatti prendere parte a voli turistici per apprezzare dall’alto le località del territorio in tutta la loro bellezza, e frequentare corsi di paracadutismo anche per dilettanti assoluti. Un’ebbrezza unica per rendere la vacanza ancor più indimenticabile. IL PIACERE DELLO SVAGO Non siamo tipi sportivi e preferiamo divertimenti più classici? Tra le quattro località del territorio cervese c’è solo l’imbarazzo della scelta. Un’opzione che mette sempre d’accordo grandi e più piccoli è quella di Mirabilandia, il grande Parco delle Meraviglie a pochi minuti da Cervia che ogni anno si conferma un gioiello che coniuga l’inventiva dei più bravi artisti del divertimento alle innovazioni della tecnologia, offrendo divertimento e relax a 360 gradi. I bambini poi sono protagonisti in tantissime occasioni, ad esempio a Natale, quando una grande pista di pattinaggio su ghiaccio viene allestita nella piazza principale di Cervia, oppure in spiaggia, con i tanti giochi a loro dedicati e con la possibilità di usufruire di laboratori artistici, di lavorazione del mosaico e di costruzione aquiloni, per non parlare degli spettacoli di animazione e teatro di figura proposti in tantissime occasioni. Durante il periodo estivo hanno persino un mercatino tutto loro, in cui scambiare vendere e acquistare giochi, figurine e tantissimi altri oggetti, dove testare il loro senso degli affari. E di sera le occasioni di intrattenimento e divertimento si fanno praticamente infinite per tutti, con le centinaia di ristoranti, pub e street bar disseminati su tutto il territorio. Ma la regina della notte è sicuramente Milano Marittima, la raffinatissima località della moda e dello shopping che ama vivere la notte. Il centro dell’elegante cittadina – completamente rinnovato negli arredi urbani – di sera si trasforma infatti nel punto di ritrovo dei ragazzi da tutta Italia. Ognuno può scegliere il proprio ambiente, gli street bar che dettano mode e tendenze, un calice di vino in una delle moderne enoteche, musica soft e due chiacchiere per incontrare nuovi amici, magari prima di provare una delle discoteche più famose e glam del Paese. LA SEDUZIONE DEI PRODOTTI DEL TERRITORIO La posizione stessa di Cervia e delle località limitrofe sembra studiata appositamente per poter godere di quanto di meglio questo scorcio di Romagna può offrire: da una parte il mare, con una tradizione peschereccia secolare, dall’altra il vicino entroterra collinare, ricco di particolarità e borghi suggestivi. E poi le eccellenze tipiche ed esclusive della città di Cervia. Una su tutti la fa da padrone, sua maestà il sale. Il sale “dolce” di Cervia, conosciuto in tutto il mondo e dal 2004 anche presidio Slow Food, caratterizza in modo davvero speciale la gastronomia locale, offrendo agli ospiti una vasta scelta di gustosissimi piatti di carne e pesce, e proponendo anche prodotti unici come il cioccolato al sale, piadina al sale, il torrone al sale. L’unicità di alcuni prodotti locali viene sottolineata da alcuni prodotti come il Prugnolino, liquore lavorato dalle bacche del prugnolo, cespuglio tipico delle saline, o il sale aromatizzato alla salicornia, erba aromatica tipica dei bacini salanti. Tutti i prodotti – da non dimenticare i vini di sabbia – si possono trovare nei tanti mercatini all’aperto che durante tutto l’anno cadenzano l’arrivo delle prelibatezze stagionali. E tra Cervia, Milano Marittima, Pinarella e Tagliata, centinaia di ristoranti propongono una infinita scelta di pietanze che vanno dalla cucina tradizionale con piatti semplici quali cappelletti, tagliatelle, strozzapreti, pesce e carne alla griglia, ai più raffinati menu con piatti elaborati e innovativi ma sempre rigorosamente attenti ai palati più raffinati. LIFESTYLE INBICI

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SCATTO D’AUTORE 100 KM DEI FORTI 2018 LAVARONE (TN) Newspower.it

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Emilia Romagna

L’Emilia a ritmi “slow” di Gianluca Comandini

Un suggestivo itinerario da Bologna a Parma, partendo dalla Rocca dei Bentivoglio per arrivare - tra vecchie ferrovie e le vestigia degli antichi manieri - nel ridente borgo di Quattro Pastella Il tempo è un lusso in un’epoca in cui la rincorsa alla lancetta dei secondi è un “must”. Nella pianificazione di un viaggio da Bologna a Parma, perciò, il dubbio ricorrente è se optare per la veloce e noiosa autostrada o scegliere la direttrice della via Emilia, più lenta ma che, guadando le città, rende meno monotono il tragitto. Ma se la lentezza è una ricchezza di cui potete godere il consiglio è quello di montare in sella alla vostra bici e scegliere una terza opzione quella che, una volta abbandonato il caos della metropoli emiliana, vi porterà ai piedi dei primi contrafforti appenninici ad attraversare una pianura fatta di frutteti e castelli, vigneti e graziose cittadine a misura d’uomo, in un territorio dove l’agricoltura è molto più che una vocazione e si traduce in una cucina che, per tradizione, sa trasformare in sapore il saper fare di chi lavora la terra e alleva gli animali. Una volta abbandonato il capoluogo bastano poco più di venti chilometri per raggiungere Bazzano. La Rocca dei Bentivoglio che domina l’abitato è stata nei secoli oggetto di contesa fra signorie e comuni della zona,

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oggi è una delle mete dei turisti curiosi che si avventurano fuori dai percorsi consueti. Proseguendo verso ovest il rosso delle ciliegie sugli alberi lungo la strada preannuncia l’arrivo a Vignola, la capitale italiana di questo gustosissimo frutto. Una volta giunti in città l’attenzione viene forzatamente attratta dal massiccio castello che negli ultimi anni ha subito un ottimo intervento di restauro ed è completamente visitabile, dalle segrete fino alle torri. Dopo una breve deviazione per apprezzare il recupero della vecchia ferrovia trasformata in una pista ciclabile che arriva fino a Modena, si svolta verso Maranello, la città della “rossa”, con gli stabilimenti Ferrari e il museo che raccoglie le auto che hanno fatto sognare generazioni di appassionati di tutto il mondo. Superato Fiorano, il paese che ospita l’autodromo in cui vengono verificate le prestazioni dei bolidi del cavallino, in pochi minuti si entra a Sassuolo, cittadina nota per il maestoso palazzo che i duchi di Modena utilizzavano come residenza estiva. Si continua a pedalare in un territorio pianeggiante, ma mai uguale

a se stesso, fra casolari di campagna che testimoniano l’antica vocazione agricola di queste zone e caseifici che producono il pregiato parmigiano-reggiano, con le prime colline all’orizzonte a fermare lo sguardo. Attraversando il fiume Secchia si entra nella provincia di Reggio Emilia e ci si dirige verso la Rocca dei Boiardo nella cittadina di Scandiano. Il capoluogo è a pochi chilometri, ma rimanendo sulle strade di campagna si raggiunge il borgo di Quattro Castella con le fortificazioni che lo sorvegliano dai colli circostanti. Gli ultimi chilometri scorrono tranquilli fra i campi, Parma è ormai vicina, lo si avverte dall’accento delle persone che sempre più spesso parlano con la tipica inflessione della città che fu di Maria Luigia d’Austria, e per raggiungerla si pedala piacevolmente lungo il torrente che attraversa la città e ne condivide il nome. Il grande polmone verde del parco ducale sull’altro lato dell’argine rappresenta un ottimo punto di arrivo per ritemprarsi all’ombra dei grandi alberi prima di concedersi una visita a questa città modello.



TRENTO MONTE BONDONE VALLE DEI LAGHI

Foto Trentino Marketing

LA TERRA DEI BONGUSTAI

Dai vini ai formaggi, dallo speck ai canederli, ecco una prelibata carrellata dei tesori gastronomici del Trentino Le eccellenze enogastronomiche trentine sono talmente tante che sarebbe un’impresa racchiuderle in un solo menù. La sola scelta dei vini può porci di fronte a dei dubbi difficilmente risolvibili. Aperitivo con un Pinot grigio o una Nosiola? Teroldego o Marzemino per accompagnare la polenta? E non sentitevi neppure in colpa se non riuscirete a decidere di fronte alla sconfinata lista dei formaggi. Non è affatto scontata la scelta fra lo squisito “Puzzone di Moena” (che deve il suo nome all’intenso aroma che emana) o il delizioso “Casolet” della Val di Sole cucinato alla piastra. La secolare tradizione casearia di queste zone è in grado di mettere in difficoltà i più navigati buongustai. Tuttavia esiste una certezza: non potrete mai dire di aver provato la vera cucina trentina se non avrete assaggiato, almeno una volta nella vita, i mitici canederli, i tradizionali gnocchi fatti di pane, latte

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uova, formaggio e speck. Che siano serviti nel loro brodo di cottura o che vi vengano proposti nella loro variante “asciutta” ricoperti di burro fuso, questa golosissima pietanza conferma il più classico degli adagi popolari: le cose più semplici sono anche le più buone. Lo speck, che qui è molto meno affumicato rispetto alla variante altoatesina, è il principe dei salumi del territorio, ma non vanno assolutamente trascurate specialità come la “carne salada”, un particolare prodotto che si ottiene dalla fesa di bovino, o la “luganega” stagiona-

ta o affumicata. E a fine pasto? Ancora una volta è la saggezza popolare a venirci in aiuto. “Una mela al giorno toglie il medico di torno” dice il proverbio e qui le mele sono di casa da sempre come protagoniste degli strudel o degli altri dolci tipici. Che altro resta da dire? Buon appetito. Per approfondire la conoscenza del’enogastronomia locale vi consigliamo di consultare il sito di Palazzo Roccabruna, la casa dei prodotti tipici trentini: www.palazzoroccabruna.it


THE LAND OF GOURMETS

From the wines to the cheeses, from speck to canederli, here is a delicious overview of the gastronomic treasures of Trentino The food and wine excellences of Trentino are so many that it would be a challenge to enclose them in a single menu. The only choice of wines can pose us with doubts that are difficult to solve. Would you like an aperitif with a Pinot Grigio or a Nosiola? Teroldego or Marzemino with polenta? And do not even feel guilty if you cannot decide in front of the endless list of cheeses. The choice between the delicious “Puzzone di Moena” (which owes its name to its intense aroma) or the delicious “Casolet” of Val di Sole (Valley of the Sun) cooked on the plate is not at all obvious. The centuries-old dairy tradition of these areas can put the

Foto R. Kiaulehn

most seasoned gourmets in trouble. However, there is a certainty: you can never say that you have tried the real Trentino cuisine if you have not tasted, at least once in your life, the legendary “Canederli”, the traditional dumplings made of bread, milk eggs, cheese and bacon. Whether they are served in their cooking broth or proposed in their “dry” version covered with melted butter, this delicious dish confirms the most classic of popular proverb: the simplest things are also the best. The speck, which here is much less smoky than the South Tyrolean variant, is the prince of local meats, but should not be overlooked specialties such as “carne

salada” (special seasoned beef), a particular product that is obtained from the rump of beef, or the “luganega “ (a special sausage) seasoned or smoked. And at the end of the meal? Once again it is the popular wisdom to help us. “An apple a day keeps the doctor away” says the proverb and here the apples have always been at home as stars of strudel or other typical sweets. What’s left to say? Enjoy! To deepen your knowledge of local food and wine we suggest you visit the web- site of Palazzo Roccabruna, the home of typical Trentino products: www.palazzoroccabruna.it

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// CICLOTURISMO

Trentino Alto Adige

La precedenza

ai ciclisti a cura della redazione

Il Trentino è la capitale del turismo eco-sostenibile, dove i bikers sono sempre i benvenuti Dalle Dolomiti al Lago di Garda, alla scoperta di quattrocento chilometri di pista ciclabile naturale Il Trentino è la capitale del turismo eco-sostenibile, dove i bikers sono sempre i benvenuti. Dalle Dolomiti al Lago di Garda, alla scoperta di quattrocento chilometri di pista ciclabile naturale Una cultura bike-friendly, dove il ciclo-turista si sente sempre a suo agio. Un territorio da sempre accogliente per la cosiddetta “utenza debole” in virtù di una segnaletica ben curata, percorsi adatti anche alle famiglie con bambini e “bicigrill” disseminati lungo la strada 172

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dove sorseggiare un caffè, gustarsi uno snack o controllare la pressione delle gomme. E ovviamente dei paesaggi da cartolina dovunque si posi lo sguardo. Sono questi gli ingredienti della via trentina al turismo eco-sostenibile, un percorso riservato ai turisti su due ruote che si snoda per oltre quattrocento chilometri e che permette di attraversare tutta la regione sui pedali, dalla città di Trento a quella di Rovereto, dalle Dolomiti di Brenta Patrimonio Unesco al Lago di Garda. Gli itinerari sono studiati per assecondare tutte le esigenze. Dalla salita

mitica percorribile con bici da strada o mountain bike che si inerpica sulle pendici del Monte Bondone dedicata alla memoria di Charly Gaul alla pista ciclabile che attraversa la Valle dei Laghi qui trovano il loro “habitat naturale” sia il ciclista esperto che cerca la salita impegnativa sia il neofita che vuole semplicemente godersi una corroborante passeggiata con il vento fra i capelli. Si pedala fra i campi di mele o fra i vigneti, nei centri urbani o lungo i boschi, in riva ai laghi o costeggiando l’Adige, su percorsi il cui grado di difficoltà è ben segnalato dai cartelli che aiutano il ciclista ad orientarsi e a capire se le difficoltà da affrontare sono eccessive o adeguate. Tanti tracciati, con mille caratteristiche differenti, ma accomunati da un’unica peculiarità: permettono di vivere questa esperienza in totale sicurezza. E se la stanchezza accumulata dovesse essere eccessiva tornare al punto di partenza non sarà un problema grazie alla fitta rete di trasporti pubblici che consente, ovunque vi troviate, di trasportare le biciclette con facilità.


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