Antimafie di Roma e Provincia N. 10 - ottobre 2010

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supplemento al n. 10 - Ottobre 2010 de “il Segno”

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Con 3,3 miliardi di euro ogni anno l’usuraimbavaglia un’intera regione “Nel Lazio operano clan dei Casalesi nel pontino mentre la ‘ndrangheta si occupa maggiormente di riciclo di denaro sporco nei grandi locali del centro della Capitale. Le cosche sono spesso in contatto con ciò che rimane della Banda della Magliana, senza dimenticare l’ingerenza di famiglie nomadi quali i Casamonica o i Di Silvio”. ALL’INTERNO

L’avvocato Finirà la antiSaviano Mafia? L’arresto di Michele Santonastaso, l’avvocato anti-Saviano, difensore del boss Francesco Bidognetti del clan dei Casalesi, dimostra che la mafia dei colletti bianchi è un pericolo sempre in agguato

DI ROSA in VII pagina

In VII pagina

Bianca La Rocca di SOS Impresa

“Il gioco è fatto”

Undici arresti e decine di perquisizioni a Roma per l’indagine denominata ‘Il gioco è fatto’, che ha svelato un sodalizio criminale dedito all’usura, al riciclaggio, all’estorsione e alla truffa

In VI pagina

il Segno

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RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE di ROMA e PROVINCIA

di Andrea Sebastianelli Lo scorso 21 settembre è stata la giornata contro l’usura promossa da SOS Impresa di Confesercenti, che ha messo in evidenza un giro di affari che raggiunge 20 miliardi di euro. E la regione Lazio figura tra i primi posti in questa drammatica e sconcertante classifica. In questo numero della nostra “Rete Antimafie” troverete quindi un approfondimento per comprendere la diffusione e la radicalità di quelli che un tempo venivano chiamati strozzini o cravattari e che spesso oggi fanno capo a gruppi criminali organizzati con strutture capillari ben distribuite nel vasto territorio laziale. Troverete anche la triste storia di un usurato che grazie alla sua tenacia, all’amore della propria famiglia, al supporto delle forze dell’ordine e di SOS Impresa, ha saputo denunciare gli aguzzini iniziando una nuova vita dopo aver subito minacce d’ogni tipo al limite della sopportazione umana. Un atto di coraggio prima di decidere di farla finita. Nel Lazio sono circa 28 mila i commercianti finiti in questa ragnatela da cui appare difficile potersi liberare. Ma rivolgendosi alla rete capillare messa in piedi da SOS Impresa, uscire dal tunnel dell’usura non è più impossibile. Buon approfondimento.

PADRE PUGLISI

La storia di Padre Pino Puglisi, ucciso dalla Mafia perchè le sue parole facevano più paura delle pallottole. ETTORE ZANCA in II e III pagina


Il prete coraggioso che faceva paura alla Mafia

Ritratti d’autore,

PADRE PUGLISI di ETTORE ZANCA Intro “C’è una linea sottile tra il tuo bene e il tuo male, tra tacere e subire. Una linea sottile tra aspettare e scoppiare, una linea sottile tra star fermi e subire. Cosa pensi di fare? Da che parte vuoi stare?” Ligabue – la linea sottile, da: arrivederci mostro!, 2010. Raccontiamo una favola, nessun buonismo, non una di quelle che terminano “e vissero tutti..”, prendiamo in braccio i nostri figli e mandiamoli a letto un po’ più tardi. Magari domani non andranno a scuola. Ogni tanto fa bene annusarsi un po’ di più. Capire che odore hanno i membri della tribù casalinga. Sforziamo l’inventiva niente libri di Andersen e fratelli Grimm.

ALLA SCOPERTA DI ZUPI’ NELLA SUA PALERMO

Stasera si narra di un personaggio eroico che chiameremo Zupì. Nome curioso, quasi buffo. Ma solo per chi non conosce i poteri recidenti dell’affetto a Palermo. Per amore si possono scalare vette e tranciare nomi. Il nome in origine è Giuseppe, che già per pigrizia indolente è troppo lungo. Il clima caldo della città, per troppi mesi all’anno fa riparare al fresco di un nome più breve, come quello di un albero ombroso e profumato. Pino. Per affetto si scalano monti, e ci si riposa sotto un Pino. Ma l’amore che si prova in questa città è caldo e sincero. Tanto da volere a tutti i costi che l’amato, il concupito o il voluto bene debba essere parente, almeno averne la qualifica. In questa città se

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vieni presentato ai genitori della fidanzata, anche se ci stai da nemmeno un mese, li chiami papà e mamma. Abbiamo fretta di affetto, a qualunque prezzo. Pino era “zio”. Zio Pino. Ma fa caldo, troppo caldo. Meglio tagliare il Pino, il nome, non l’albero e anche lo “zio”.

PINO PUGLISI UOMO MANDATO DA DIO

Giuseppe Puglisi, per molti era Zupì. In dialetto. Tutto attaccato. Zupì non aveva un mestiere, aveva consacrato la sua vita al suo padrone. Un padrone importante, come lo è Dio per un prete. Lo adorava e ne diffondeva le parole. Ma Zupì non faceva solo il prete. Troppo facile. Zupì era un crociato. Combatteva contro gli infedeli. Per gli antichi crociati, i fanatici religiosi e i papi ansiosi di cancellare ogni traccia di fedi diverse, le crociate erano contro

“Sa che non tutti i bimbi sono fortunati, alcuni non hanno giardini e parchi giochi, cominciano a giocare per la strada e imparano le regole del quartiere. Lui cercava di farli stare al riparo, di farli giocare in spazi sicuri e farli parlare di loro, dei loro pensieri” i musulmani. Zupì sembrava avere i cromosomi di Federico Secondo. Il più illuminato governatore di sempre, in Sicilia sicuramente, ebbe la bella pensata di ubbidire a modo suo all’ordine di Gregorio IX. “fai una crociata a Gerusalemme” gli dice il Pontefice. Federico però non versa una goccia di sangue e esporta il modello multirazziale Siculo. Si accorda con il sultano e torna senza tributi cruenti. Zupì era un crociato come Federico, aveva i suoi “infedeli” da combattere ma non erano Musulmani. Zupì era un prete, ma questa era l’ultima cosa. Lui credeva in Dio, perché prima di tutto credeva che gli uomini potessero sbagliare, ma essere perdonati, che ognuno poteva farsi il suo Dio come meglio lo credeva, ma se il Dio che si immaginava gli diceva di rispettare e amare il

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prossimo, quel Dio poteva chiamarsi pure Calogero a lui andava bene. La gente spesso sbaglia. A volte la portano a sbagliare. Gli “infedeli” ci sono, esistono e a volte pregano lo stesso Dio dei Cristiani. Sono quelli che non vogliono bene al prossimo, quelli che vogliono quello che hai perché sono prepotenti, prendono tutto e non lasciano niente. Zupì combatteva questi “infedeli”. Ma lo faceva parlando, convincendo la gente con la forza delle parole. Zupì si arma di nulla se non di amore e parole e combatte disarmato, ma fa molto per la sua gente. Sa che non tutti i bimbi sono fortunati, alcuni non hanno giardini e parchi giochi, cominciano a giocare per la strada e imparano le regole del quartiere. Lui cercava di farli stare al riparo, di farli giocare in spazi sicuri e farli

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II

La fiaccolata per Don Pino del 15 settembre 2009. A sinistra: Gaspare Spatuzza, l’assassino di Pino puglisi, oggi collaboratore di giustizia.


Ritratti d’autore,

PINO PUGLISI

parlare di loro, dei loro pensieri. Zupì parlava quando c’era da parlare, ma sapeva anche stare zitto e ascoltare tanto. Gli infedeli che combatte Zupì hanno un nome. Si chiama mafia, non la vedi se cammini per strada, ma c’è, c’è se guadagni soldi, lei ne vuole un po’, c’è se vuoi fare le cose onestamente, lei prende tutto. Quando qualcuno la infastidisce allora si fa vedere, qualcuno che l’ha studiata molto da vicino la descrive come una piovra con tanti tentacoli. La piovra infedele prima prende con educazione e circospezione, ma se non dai e non ti pieghi si arrabbia, siccome ha tanti tentacoli, è importante che ci siano tante persone a proteggere chi può essere colpito.

FU COSI’ CHE ZUPI’ INCONTRO’ I TENTACOLI DELLA MAFIA

Zupì è solo quando incontra i tentacoli della piovra che è molto arrabbiata con lui, ha parlato tanto, ha creato un posto dove si può pregare e giocare lontano dalle strade; una volta mentre diceva la messa, si presentarono delle persone importanti, per vederlo pregare e per fasi vedere, a Palermo farsi vedere in tanti posti è più importante che fare qualcosa di concreto per chi ha bisogno, purtroppo. Quando li vide Zupì gli disse “con che faccia vi presentate qui, dopo che non avete fatto nulla per questa gente?”. Il giorno in cui la piovra si presentò a Zupì, invece che fargli male, gli fece qualcosa di strano. Forse perché il Dio di Zupì era con lui davanti al suo portone di casa, forse perché non c’era solo il Dio di Zupì, ma anche il Dio musulmano, ogni Dio con un nome proprio, anche il Dio chiamato Calogero, forse perché anche gli “infedeli” hanno un Dio, o forse perché non capita a tutti di morire il giorno in cui si è nati, però successe una cosa bella e brutta insieme. Due tentacoli della piovra si avvicinarono a Zupì, uno davanti e uno di spalle, gli dissero una cosa, i tentacoli uccidono e avvertono, spesso parlano prima di stringere. Gli dissero “padre, questa è una rapina”. Zupì Sorrise, disse “me l‘aspettavo” e si lasciò accompagnare. Al corpo di Zupì fecero male, tanto male, ma il Dio di Zupì e quelli di tanti altri, Dio Calogero compreso, avevano deciso che tutto si chiudeva quel giorno, Quando i due uomini stavano per ucciderlo, lui li aveva già perdonati, forse con le stesse parole di Gesù, “non sanno quello che

Una breve biografia

Parroco al quartiere Brancaccio ucciso il 15 settembre 1993 Padre Giuseppe Puglisi è stato parroco del suo quartiere natio a Palermo, Brancaccio. Ordinato parroco nel 1960 da Ernesto Ruffini, Cardinale di Palermo convinto fautore della teoria che la mafia fosse una invenzione dei comunisti che volevano la rovina della Sicilia. Nel 1970 Padre Puglisi diventa parroco di Godrano, un paesino alle porte di Palermo a forte contaminazione criminale, riuscirà nella enorme imporesa di mettere d’accordo due famiglie in lotta e a far finire di fatto una faida in corso. Fino al 1990 è un attivo fautore di diverse iniziative ricoprendo numerosi incarichi, presso l’azione cattolica e come insegnante in varie scuole di Palermo. Proprio nel 90 viene ordinato parroco a Brancaccio, un quartiere difficile, in cui Padre Puglisi si mette alacremente al lavoro. Le sue numerose iniziative e l’apertura di un centro giovanile gli costano numerose minacce da parte dei capimafia della zona, i fratelli Graviano, irritati soprattutto

fanno”, per una cosa assurda e per un momento un piccolo istante solo, due persone cattive erano diventate una compagnia, due che lo aiutavano a salire in cielo, dove Zupì merita di stare, dove sicuramente ha visto due uomini con i baffi, due giudici che lo avevano preceduto. Dove il suo padrone, Dio, tanti altri, lo aspettavano a braccia aperte grati per tutto quello che aveva fatto per gli uomini. I tentacoli non ci dormirono la notte, non pensavano che Zupì quasi li aspettava con amore, tanto da sorridere, qualche giorno dopo si pentirono, cominciarono a raccontare tutto quello che sapevano della piovra, forse furono i primi a pentirsi nel vero senso spirituale della pa-

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Padre Pino Puglisi

motivi risiedevano nella sua crociata contro la mafia, che spesso aveva presa sui parrocchiani, tanto da suscitare le ire dei boss. Salvo Palazzolo, giornalista di repubblica e autore di libri molto ben documentati, non ultimo “i pezzi mancanti” ed. Laterza, si spinge oltre, sostenendo che Pino Puglisi per le sue capacità di ascoltatore e per la sua sensibilità, spingeva a parlare e ad aprirsi anche persone vicine a Cosa Nostra. Creava quindi pericoli molto seri. A lui sono dedicati numerosi libri, due film e un processo di beatificazione.

rola. Forse al mondo, qualcuno chiamerà il proprio Dio con un nome quasi tribale, Zupì, o forse lo chiamerà Calogero. In qualunque modo lo invochi, deve essere un Dio che insegna onestà. E rispetto del prossimo. Come di sé stessi. chiusura “Io penso che a questo mondo esista solo una grande chiesa, che passa da Che Guevara e arriva fino a Madre Teresa, andando da Malcolm X attraverso Gandhi e San Patrignano, arriva da un prete in periferia che va avanti nonostante il Vaticano”. Jovanotti – penso positivo, da: Lorenzo 1994, edita un anno dopo la morte di Padre Puglisi.

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III RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE

di ROMA e PROVINCIA

dal suo continuo parlare contro. Il 15 settembre 1993, due killer lo attendono sotto casa, sono Salvatore Grigoli e Gaspare Spatuzza, il primo racconterà ai magistrati dopo essersi pentito che Spatuzza lo prese per un braccio sussurrando “padre, questa è una rapina” a cui Don Puglisi risponderà con un sorriso e un enigmatico “me lo aspettavo”, mentre Grigoli, a quanto pare non visto, gli sparò alla nuca. La vicenda di Padre Puglisi lascerà particolarmente sconvolto Grigoli, che intraprenderà un vero e proprio profondo pentimento, ma anche Spatuzza non restò immune dall’episodio. Parliamo di killer che avevano all’attivo una quarantina di omicidi. Le sue dichiarazioni e quelle di Spatuzza sono costate a entrambi l’ergastolo, come anche ai fratelli Graviano e altri ideatori dell’omicidio. Alcune teorie girano intorno al vero motivo dell’uccisione. Tolta la diffamazione che dsi provò a imbastire facendo passare Padre Puglisi per un prete Pedofilo e chiacchierato, i veri


IV

di Marzia Pitirra* Il 21 settembre ha avuto luogo a Roma il “No Usura Day”, organizzato da SOS Impresa - Confesercenti, in occasione del quale sono stati presentati i dati dell’usura in Italia e nelle singole regioni. Un giro d’affari che ruota intorno ai 20 miliardi di euro e che ha fatto cadere nella propria rete centinaia di migliaia di vittime, di cui un terzo commercianti. Il Lazio si conferma, insieme a Campania e Sicilia tra le regioni maggiormente colpite dal fenomeno. Appena il giorno successivo al “No Usura Day”, la squadra mobile romana arrestava 11 uomini vicini agli ambienti della Banda della Magliana per usura, estorsione e riciclaggio di denaro, nell’ambito dell’operazione “Il Gioco è Fatto” . Il 6 ottobre altri 4 arresti ad opera dei Carabinieri del gruppo di Frascati. Hanno sventato un’organizzazione che da gennaio aveva messo in piedi, grazie a commercialisti compiacenti, una Srl finanziaria che erogava prestiti che venivano poi estinti con pratiche di usura. Per capire quanto sia vasto il fenomeno abbiamo chiesto a Bianca La Rocca, responsabile dell’Ufficio Stampa di SOS Impresa, un quadro generale della situazione italiana con un focus particolare sul Lazio. SOS Impresa ha dedicato a questa regione un rapporto dal titolo inequivocabile, Lazio e Roma: Capitale dell’Usura, com’è la situazione attuale e quali sono i dati? Gli arresti di ieri e delle passate settimane confermano che in questo territorio il fe-

R E T E

A N T I M A F I E

“Il Lazio e l’usura, un’emergenza troppo spesso dimenticata”

INTERVISTA A BIANCA LA ROCCA DI SOS IMPRESA, LA RETE DI CONFESERCENTI CHE DA ANNI LOTTA A FIANCO DI COMMERCIANTI E ARTIGIANI CADUTI NELLE MANI DEGLI STROZZINI

nomeno dell’usura è altamente radicato. I protagonisti delle ultime vicende fanno parte di organizzazioni strutturate, per ogni nucleo malavitoso ci sono sempre almeno una trentina di vittime di strozzinaggio e beni sequestrati da milioni e milioni di euro. Le denunce sono ancora poche e spesso si arriva a risolvere questi casi collegandosi ad inchieste già in corso. Per quanto riguarda i dati possiamo dire che nel Lazio abbiamo un giro di affari intorno ai 3,3 miliardi di euro, e sono 28.000 i commercianti coinvolti. Per il reato di usura è seconda solo alla Campania. Quali sono le aree maggiormente colpite? L’usura è trasversale, può radicarsi in tutte le zone, il “cra-

vattaro” opera nei quartieri popolari mentre le grandi organizzazioni toccano categorie imprenditoriali di zone d’elite. Nel Lazio, tra le località maggiormente “strozzate” troviamo il Sud Pontino, i Castelli e il Litorale romano, dove fino a pochi mesi addietro faceva i suoi affari la famiglia dei Fasciani, storicamente attivi a Ostia tra usura e traffico di stupefacenti. Quali sono le principali realtà criminali e come agiscono sul territorio? A Roma non ci facciamo mancare nulla, andiamo dal cravattaro, il piccolo usuraio di quartiere, figura sempre esistita, fino alle grandi organizzazioni mafiose, passando per le famiglie di nomadi. E diverse sono anche le regole

con cui praticano usura. Per alcuni l’obiettivo è la moltiplicazione del denaro, per altri quello di impossessarsi delle aziende delle vittime, altri ancora puntano alla spoliazione dei patrimoni. Nel Lazio operano clan dei Casalesi nel pontino mentre la ‘ndrangheta si occupa maggiormente di riciclo di denaro sporco nei grandi locali del centro della Capitale. Le cosche sono spesso in contatto con ciò che rimane della Banda della Magliana, senza dimenticare l’ingerenza di famiglie nomadi quali i Casamonica o i Di Silvio. Non è raro che queste realtà criminali siano in contatto fra loro e si spartiscano gli affari. Sono nate nuove categorie di usurati o nuove pratiche

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Bianca La Rocca durante il “No Usura day”


La storia di un usurato...

“TRATTATO COME UN MORTO DI FAME, HO TROVATO LA FORZA DI DENUNCIARE”

Lello cerca di pagare, ristruttura case degli usurai gratis, fa un mutuo sulla sua casa, svende tra le lacrime la casa paterna della moglie, lasciatale dal padre. Paga anche l'assistente del notaio perché aspetti a far arrivare quell'assegno almeno di un giorno, per allontanare lo spettro del protesto continuando senza sosta a cercare soldi per pagare. Anche la moglie di Lello è costretta a firmare quelle cambiali perché "la firma di Lello non vale più nulla". "Non so più cosa firmavo - racconta - spuntavano assegni e cambiali dovunque e non riuscivo più a contarle. Minacciavano: se non paghi domani tuo figlio che studia tanto sarà buttato fuori dalla Bocconi, tu non lavorerai più, sappiamo dove trovare tua figlia... non capivo più nulla, era talmente tanta la paura che qualsiasi cosa mi mettevano davanti io firmavo, persino una cambiale senza cifra". Il primo, l'usuraio '0', persino dal letto di morte, in ospedale per tu-

more terminale, non molla di fronte alle lacrime di Lello che è andato ad implorarlo di lasciarlo andare: "Anche se sto morendo tu devi pagare tutto. C'è già chi viene dopo di me". Ed è così: Lello "conosce" l'usuraio di Terni, quelli di Roma, Napoli, si ritrova assegni da pagare persino in Calabria. Ventiquattro usurai in tutto che assediano un uomo solo. E alla fine anche le minacce dei Casamonica, chiamati a riscuotere. Dal 2004 al 2008, l'anno della denuncia, per un fido negato di 5mila euro ad un'impresa sana Lello arriva ad avere un debito da un milione euro. Ha trovato la forza di denunciare, ma era stanco: ha tentato di uccidersi, è stato salvato dai finanzieri che seguivano il suo caso. S.o.s impresa lo ha aiutato ma racconta: "Sono stanco. Loro non ti tolgono solo casa e soldi, ti tolgono il sorriso. Io prima ero sempre allegro, ora tutti in famiglia piangono. Nessuno mi dà più lavoro, sono il

morto di fame, sono io il delinquente. Sono tagliato fuori. Mi hanno stroncato, non ho la forza di andare avanti. Loro non vogliono solo i soldi vogliono portarti alla pazzia, a fare delle pazzie. Dopo la denuncia ricevevo telefonate ogni minuto giorno e notte, minacce. Ho cercato di uccidermi. Mi hanno salvato. Sono andato in cura da uno psichiatra. Ma sono stanco. Provo a ripartire - prosegue - ma è difficile non mi fanno lavorare. Esco alla sette di casa, mia moglie mi chiede dove vai, io mento: vado a lavorare, invece lavoro non ce l'ho. Vago per le campagne e mi nascondo come un vigliacco. Ho incontrato uno di quelli che ho denunciato, era su una Bmw, si è fermato e mi ha detto 'tu hai denunciato e sei un morto di fame, guarda me, come sto'. Ora voglio solo guardarli tutti in faccia al processo. Ma ogni giorno prego di andare a dormire e non svegliarmi più".

“Nel Lazio sono 28 mila i commercianti coinvolti” di estorsione, può farci degli esempi? L’ usura di tipo mafioso è un fenomeno relativamente nuovo, prima la mafia non lo praticava, per lo più chiedeva il pizzo all’usuraio. Adesso le cosche puntano a prelevare gli esercizi degli imprenditori, mandarli sul lastrico per farsi cedere l’attività e riciclare denaro sporco. Il titolare rimane solo come prestanome. Le mafie hanno una mole di denaro tale che in questo momento di crisi economica sono gli unici a cui si rivolgono gli imprenditori disperati. Un nuovo tipo di strozzinaggio è l’usura di giornata, un prestito che si copre nel giro di 24 ore, con un massimo di 2.000 euro e che può arrivare al 20% di interesse. Una modalità che

riguarda piccoli commercianti, ma anche titolari di attività di media dimensione che, per resistere alle perdite e pagare i fornitori, si rivolgono agli usurai. Spesso la vittima di strozzinaggio diventa carnefice, come è accaduto anche negli ultimi arresti di Frascati. L’ usurato, per pagare i suoi debiti, cerca a sua volta altri imprenditori che necessitano prestiti di denaro. I commercianti come reagiscono, c’è ancora la paura di denunciare? Ricevete molte chiamate al numero verde? Lo sportello SOS Impresa di Roma e del Lazio, attivo da oltre un anno e mezzo ha gestito migliaia di segnalazioni. La maggior parte delle chiamate risultano però una richiesta di infor-

Bianca La Rocca

mazioni, un centinaio fanno sospettare che ci sia dietro l’usura e di questi se riusciamo a convincerne dieci a denunciare è un grande passo. Spesso si vergognano di denunciare, non è tanto la paura quanto il dover ammettere di aver fallito. Le intimidazioni e le violenze avvengono prima della denuncia, perché dopo l’usuraio non vuole ri-

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RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE di ROMA e PROVINCIA

schiare di aggravare la situazione processuale. Dal 2010, alla questura risultano solo 7-8 denunce. C’è una sproporzione enorme tra questo numero e la reale portata del fenomeno, se pensiamo che con una sola indagine si scoprono in media trenta o quaranta persone vittime di usura. Sulla prevenzione e l’informazione stiamo molto indietro. Le vittime dell’usura hanno una scarsissima conoscenza del fenomeno e quindi anche dei loro diritti. È un reato dilagante e questo risulta evidente dai dati che raccogliamo ogni anno, a dimostrazione che c’è una falla nella macchina legislativa e nelle soluzioni prese fino ad ora. * Intervista apparsa su Libera Informazione

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Le famiglie chiedono aiuto, ecco come fare per ottenerlo

Lo sportello di Sos impresa, 'l'amico giusto', è un gruppo di persone che ascoltano e aiutano le vittime di usura ma anche famiglie e imprese che si ritrovano schiacciate tra rate del mutuo, credito al consumo e carte revolving. Un pool di volontari che rispondono al numero verde 800.900.767 (per il centro e nord Italia, per il sud 800.636.692) dove la persona che ha bisogno chiama, ma funziona anche il passaparola. A volte è solo una richiesta di informazioni, spesso è qualcosa di più, una richiesta di aiuto. E allora si incontrano le persone: un appuntamento allo sportello o a casa, dove i volontari, tra cui molte le ex vittime di usura, un avvocato, un commercialista, uno psicologo, ascoltano e spiegano, danno una via d'uscita.

Gli sportelli sono in tutta Italia. I volontari indirizzano verso le fondazioni che lavorano per la prevenzione dell'usura, che erogano i fondi previsti dalla legge 108 del 96, o verso Confidi, danno i consigli per cercare di risolvere il sovraindebitamento. "Con la crisi economica, al numero verde arrivano chiamate di tutti i tipi - spiega Fausto Bernardini, membro del coordinamento nazionale di Sos impresa, volontario a Roma e con un passato di vittima di usura non solo imprenditori, ma negozi, ristoranti, commercianti a cui è stato negato o ristretto un fido, ma soprattutto famiglie sovra indebitate, che hanno fatto un piccolo prestito e non riescono più a pagare, spesso accumulati con le normali spese di credito al consumo.

Persone che hanno in mano una lettera-ultimatum di un avvocato o società recupero crediti che non lascia scelta: pagare. Sono tutte persone a rischio

usura: per avere soldi subito per evitare il protesto, la morte civile dell'azienda, o finire nella lista nera del cattivo pagatore".

“Il gioco è fatto”, ed usura, estorsione e riciclaggio sono di casa anche ai Castelli Undici arresti e decine di perquisizioni per l’indagine denominata ‘Il gioco è fatto’, che ha svelato un sodalizio criminale dedito all’usura, al riciclaggio, all’estorsione e alla truffa gestito da esponenti della malavita romana, vicini a personaggi appartenenti alla così detta Banda della Magliana, da esponenti di spicco della camorra e da insospettabili colletti bianchi della Capitale. Sono infatti finiti in manette fra gli altri, due noti professionisti, un avvocato ed un commercialista, accusati di millantato credito l’uno, riciclaggio l’altro. L’associazione a delinquere avvicinava le vittime promettendo loro affari d’oro nel settore immobiliare e societario: l’acquisto dell’ex villa del giocatore Cafù e di partecipazioni societarie della COIN sono un esempio. Molte delle vittime, per non farsi sfuggire l’affare, ottenevano dagli stessi proponenti le cifre necessarie da versare come anticipo, la ‘caparra’, rendendosi conto troppo tardi di essere finiti in un giro d’usura senza aver acquistato

nulla. A decine sono stati costretti a pagare cifre da capogiro pistola alla mano. Fra gli arrestati, Francesco Mario Dimino, di origini siciliane, proprietario del ristorante ‘I Sapori di Sicilia’ di Grottaferrata e considerato l’organizzatore del giro; il suo stretto collaboratore nell’affare criminale, Simone Scorcelletti, noto pr ed organizzatore di eventi, che si occupava di rimediare il ‘pollo’ di turno; Stefano Laconte, assicuratore, era l’intestatario degli assegni consegnati dalle vittime; Gabriele Carbone, assicuratore e corriere delle somme di denaro raccolte dall’organizzazione che andavano riciclate; Fabrizio Testaguzza, commercialista che riciclava le somme raccolte; Ernesto Rampini, avvocato penalista, faceva da garante durante le false proposte d’affari. Gli altri indagati sono tutti in stretti rap-

il Segno

di ROMA e PROVINCIA

porti con il ristoratore di Grottaferrata, Dimino: Armando Rinolfi, proprietario di una gioielleria al Tuscolano; Massimo Carbone, proprietario di una società di servizi; Guerino Casamonica, del clan omonimo; Giuseppe Barbagallo, immobiliarista e Alessandro Carbone, agente immobiliare. Andrea Rasetti

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VI RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE

Il Municipio di Grottaferrata


il libro del mese

Basta l’autocritica per sconfiggere le mafie?

Il libro di Ugo Di Girolamo, “Mafie, politica, pubblica amministrazione”, seppure uscito nel 2009, resta ancora un’analisi valida per comprendere il fenomeno mafioso rispetto alla sua capacità di infiltrarsi nelle pieghe più importanti della società. Soprattutto la domanda (scritta come sottotitolo) che l’autore pone, “è possibile sradicare il fenomeno mafioso dall’Italia?”, resta l’elemento centrale con cui fare i conti anche alla luce dei fatti accaduti a distanza di circa un anno dalla stesura del libro. In 150 anni di storia unitaria si sono succedute diverse ondate repressive contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso. Le due più importanti sono state quella condotta dal lombardo Cesare Mori, nel 26-28, e l’altra avviata dal giudice Giovanni Falcone negli anni ottanta. Ma nessuna di queste ondate repressive è riuscita a sradi-

L’Avvocato anti Saviano

I «contatti stabili» tra l’avvocato Michele Santonastaso e «personaggi di elevato spessore criminale», unita alla «fiducia» nutrita nei suoi confronti dai «vertici camorristici» inducono i magistrati a ritenere che il penalista sia «verosimilmente ancora oggi depositario di preziose informazioni su strategie criminali e sui soggetti coinvolti». A scriverlo è il Gip (Giudice per le indagini preliminari), Pia Diani, nell’ordinanza di custodia cautelare per l’Avv. Michele Santonastaso, difensore del boss Francesco Bidognetti del clan dei Casalesi. Per lui l’accusa è di corruzione aggravata, falsa perizia e falsa

care il fenomeno mafioso dal nostro Paese. Che cosa si nasconde dunque dietro questa apparente imbattibilità delle mafie? Come e perché i clan si riproducono a dispetto di ogni repressione? Quali sono le responsabilità della politica nella sopravvivenza di questo fenomeno? Bisogna arrendersi all’evidenza della prassi storica, come sembrano sostenere alcuni autorevoli esponenti dell’antimafia, oppure è possibile individuare nuove strategie di lotta che siano risolutive? A questi interrogativi Ugo Di Girolamo ha tentato di dare una risposta utilizzando, per la prima volta, un approccio unitario nell’analisi delle organizzazioni mafiose, come suggerito dallo storico prof. Nicola Tranfaglia nel 1990. Tale metodo ha consentito di evidenziare le responsabilità della politica nella continua riproduzione dei clan e di individuare

di DANIELA DI ROSA

Stiamo perdendo la guerra contro la mafia perché il governo italiano vuole combattere la criminalità organizzata solo sul piano militare. Ma nessuno perviene mai alle collusioni politiche ed economiche delle mafie. Enrico Fierro

testimonianza. L’Avv. Santonastaso è noto anche come l’avvocato antiSaviano, lo scrittore antimafie di Gomorra. Infatti il 13 marzo 2008, come difensore del boss Francesco Bidognetti, l’indagato aveva letto

nell’aula della Corte d’Assise d’Appello un’istanza contenente affermazioni offensive nei confronti non solo di Roberto Saviano ma anche della giornalista Rosaria Capacchione e del giudice Raffaele Cantone. L’avvocato aveva avanzato anche un’istanza di ricusazione del Collegio giudicante leggendo una lettera, a nome dei suoi assistiti, capi del clan dei Casalesi e imputati nel processo, secondo la quale la Corte si lasciava influenzare dalle opinioni di Saviano, Capacchione e Catone. La lettera fu interpretata e per questo motivo vennero intensificate le misure a tutela dei tre. Questo significa anche che i tentacoli delle mafie riguardano in modo sempre più diffuso anche professionisti ed esperti che da

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Roberto Saviano

anni hanno trasformato le varie organizzazioni criminali in società per azioni dell’illegalità, garantendo avvocati, tecnici e mezzi tra i più sofisticati e costosi per proteggere questi consigli di amministrazione dagli attacchi dei soliti magistrati. Quindi, mai abbassare la guardia perché le mafie sono intorno a noi e ci guardano... amche se tutt’intorno ci sembra un paradiso.

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VII RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE

di ROMA e PROVINCIA

una strategia unitaria di contrasto, delineando delle proposte per il movimento antimafia che possano indurre il ceto politico a riconoscere le proprie responsabilità. Solo partendo da questo riconoscimento sarà possibile spezzare l’intreccio mafie-apparati dello Stato, ponendo fine al fenomeno mafioso. Ma il percorso verso un’autocritica di tipo gramsciano sembra ancora molto lungo e tortuoso. (A.S.)


NEWS da

D.L.V. detto ‘il siciliano’ è stato arrestato dagli agenti del commissariato Prenestino con l’accusa di usura. A denunciare

Andrea Rasetti all’interno

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L’omicidio del Boss Rocco Molè

IL LIBRO DI JOHN DICKIE, “COSA NOSTRA”, SARA’ MOTIVO DI APPROFONDIMENTO PER CONOSCERE GLI AVVENIMENTI E GLI UOMINI CHE SI SONO AVVICINATI ALLE VERITA’ PIU’ SCOTTANTI. A PRESENTARE QUESTO LIBRO PUBBLICATO NEL 2006 SARA’ ETTORE ZANCA, COLLABORATORE DEL MENSILE “IL SEGNO”. UN APPUNTAMENTO LETTERARIO DA NON PERDERE.

In IV pagina

RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE di ROMA e PROVINCIA

supplemento al n. 5 - Maggio 2010 de “il Segno”

n.

Minori a rischio nel Lazio, dalla pedofilia alla prostiuzione

Sos Impresa Alessandro Lettera ai e l’usura Mancuso Castelli Il Presidente di “Sos Impresa”, Lino Busà, ascoltato dalla Commissione Parlamentare Antimafia, ha chiesto una maggiore efficacia della legge contro l’usura, proponendo la costituzione di un Consorzio Nazionale a sostegno delle imprese italiane sequestrate alle mafie.

Abbiamo incontrato il cantautore palermitano Alessandro Mancuso, impegnato con i suoi testi a diffondere il senso della legalità a cominciare dalle giovani generazioni. Ne esce un ritratto incoraggiante del mondo artistico italiano rispetto ai fenommeni illegali diventati tanto diffusi.

L’Associazione “Antonino Caponnetto” della Regione Lazio ha scritto una lettera aperta ai cittadini dei Castelli Romani, chiedendo un impegno concreto di tutti contro le infiltrazioni criminali che stanno diventando una piaga sempre più diffusa in tutta la provincia di Roma.

di Andrea Sebastianelli Pedofilia e sfruttamento dei minori sono due temi scottanti… anche nella nostra regione. Temi importanti che però rimangono troppo spesso ai margini delle discussioni. Ad aprire la riflessione su questi aspetti sono due recenti ricerche dal titolo “Il fenomeno dello sfruttamento dei minori nell’accattonaggio nel Lazio” e “Il minore come vittima del reato: un’indagine sociale nelle realtà del Lazio”, promossi dall’Anci (Ass.ne Nazionale Comuni Italiani) e dall’Osservatorio Tecnico Scientifico per la Sicurezza e la Legalità della Regione Lazio presieduto dal prof. Enzo Ciconte. I dati emersi dalle ricerche mettono a nudo una realtà dai tratti sconcertanti. Nel Lazio la forma di vittimizzazione minorile più evidente è il maltrattamento che quasi sempre avviene in ambito familiare. Sono quasi 500, ogni anno, i minori laziali che subiscono violenze accertate e denunciate da parte di adulti, a cominciare dall’abuso fisico. Il maggior numero di casi si riscontra proprio nella provincia di Roma (soprattutto per la maggiore popolazione residente), mentre l’intensità del fenomeno è maggiore nel sud della nostra regione, in particolare nella provincia di Latina. Ciò che differenzia il Lazio dalle altre regioni italiane, anche qui a dirlo sono i dati emersi, è una maggiore propensione verso gli abusi di tipo sessuale, l’accattonaggio e la delinquenza minorile. Continua in IV

NINNI CASSARA’

Ettore Zanca presenta un altro dei suoi “Ritratti d’autore”. Questa volta dedica il suo articolo alla figura di Ninni Cassarà, che con le sue indagini sulla Mafia cominciò a scoperchiare gli intrecci con alcuni apparati della politica e delle istituzioni. ETTORE ZANCA in II e III pagina

Continua in VII pagina

il Segno

I furbetti della

‘Maglianella’,

il ritorno?

Le dichiarazioni di “Nino l’accattone” riaccendono i riflettori sulla Banda della Magliana. Ma oggi la Banda esiste ancora o si tratta di altro?

135 MILIARDI DI EURO PER LA MAFIA SPA

IL XII RAPPORTO DI “SOS IMPRESA” HA SCOPERCHIATO GLI INTERESSI DIFFUSI DELLE MAFIE IN ITALIA, CHE REALIZZANO OGNI ANNO AFFARI PER 135 MILIARDI DI EURO, LA PIU’ GRANDE AZIENDA DEL PAESE. DROGA, RACKET, ESTORSIONI, INVESTIMENTI FINANZIARI E CONTROLLO DEGLI APPALTI PUBBLICI. ECCO I SETTORI IN CUI LE MAFIE SONO PADRONE. E NEL LAZIO NON C’E’ DA STARE ALLEGRI.

PARTE DA VILLAROSA IL NOSTRO TRENO SEGUENDO LA SCIA DELLA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA CHE PERCORRE IN LUNGO E IN LARGO L’INTERA PENISOLA ITALIANA, DANDOCI L’IDEA CHE “L’ITALIA E’ UNA REPUBBLICA DEMOCRATICA FONDATA SULLE ILLEGALITA’ DIFFUSE”. UN VIAGGIO INASPETTATO CHE COINVOLGE TUTTI. NESSUNO PUO’ RITENERSI ESCLUSO.

Andrea Rasetti in IV e V pagina

6

Il Treno del Risveglio, un viaggio criminale

supplemento al n. 6 - Giugno 2010 de “il Segno”

n.

ABOLIRE le intercettazioni per SALVARE la criminalità organizzata NO ALLA LEGGE CHE VORREBBE IMBAVAGLIARE I GIORNALISTI

di Andrea Sebastianelli Quello che si sta per approvare è un decreto legge a tutto vantaggio della criminalità organizzata. Le recenti parole di Alberto Cisterna, Sostituto Procuratore presso la Direzione Nazionale Antimafia di Reggio Calabria (cioè in una delle zone più difficili e pericolose d’Italia), sono pesanti come un macigno: “Il testo sulle intercettazioni approvato al Senato intacca l’efficienza delle indagini” poiché non si può “ignorare che la nozione di criminalità organizzata il disegno di legge l’ha semplicemente cancellata”. Risultato: diventeremo un Paese a basso tasso di criminalità poiché la criminalità organizzata verrà semplicemente abolita... per legge. I criminali diventeranno di colpo trasparenti pur continuando a delinquere. Quello che troverete al centro di questo periodico è il disegno di legge così come è stato approvato dal Senato della Repubblica. Leggendolo vi renderete conto che l’intento palese non è quello di regolamentare le intercettazioni telefoniche e ambientali ma semplicemente quello di vietare. La parola “vietato” campeggia su molti articoli. Vietare, vietare, semplicemente e solo vietare così da rendere praticamente impossibile garantire il diritto dei cittadini ad essere informati e il do-

vere di noi giornalisti ad informare. Alla base di questo disegno vi è un’incredibile falsità, secondo cui in Italia sarebbero milioni (addirittura 7) i cittadini messi sotto controllo telefonico e informatico. Una falsità che, ripetuta mille volte, ha finito per diventare verità agli occhi di molti. Ecco che cosa ha scritto un altro magistrato antimafia, Nicola Gratteri, Procuratore Aggiunto di Reggio Calabria, a proposito del tentativo di abolire le intercettazioni: “Si sta eliminando uno dei sistemi più garantisti e meno costosi per l’acquisizione della prova. E lo si sta facendo in modo strumentale, citando statistiche che non stanno nè in cielo nè in terra. Ho appena finito di indagare 50 persone coinvolte in un traffico di droga. Per seguirle -scrive ancora Gratteri- ho dovuto mettere sotto controllo 10 mila schede telefoniche. Se chi analizza i risultati dell’indagine è onesto, dirà che sono state intercettate 50 persone, se è disonesto dirà che Gratteri ha intercettato 10 mila persone. La realtà è che i trafficanti di droga cambiano una scheda ogni 48 ore, ma gli indagati, nonostante il numero esorbitante, restano sempre 50”. Più chiaro di così! Il testo approvato al Senato stabilisce che per intercettare un indagato sono necessari “gravi indizi di colpevolezza”. Un paradosso senza precedenti, poichè se sussistono gravi indizi di colpevolezza l’indagato può subito essere arrestato senza

bisogno di intercettarlo. Infatti sono proprio i “gravi indizi di colpevolezza” che danno al pubblico ministero la possibilità di chiederne l’arresto. Il Ddl vorrebbe indicare anche i luoghi dove è possibile intercettare, cioè soltanto dove sta avvenendo l’attività criminosa. Infatti ai magistrati sarà fornita una palla di vetro in cui vedere in anticipo dove verrà perpetrata l’azione delinquenziale. Ci sarebbe da ridere se non fosse per l’argomento che stiamo affrontando. Altro aspetto: quello del “budget prefissato”. Le Procure dovranno stabilire preventivamente i fondi da destinare alle intercettazioni telefoniche e ambientali. Finiti i soldi, finite le intercettazioni. Infine c’è un altro articolo che merita un’attenta riflessione, quello secondo cui il Presidente del Consiglio deve essere informato (entro 5 giorni) dell’avvio delle operazioni di intercettazione se queste riguardano membri dei servizi segreti. E se un Presidente del Consiglio entrasse in combutta con i servizi per sovvertire lo Stato? Chi scoperchierebbe il piano criminale? “Contro i clandestini vengono impiegati esercito, flotta e ronde -ha scritto ancora Gratteri-, contro i mafiosi viene smantellato uno dei pochi strumenti investigativi ancora in mano ai magistrati”. Uno strumento che costa anche poco: per intercettare una persona 24 ore al giorno si spendono 11 euro più Iva.

supplemento al n. 3, Marzo 2010 de “il Segno”

n.

di ANDREA SEBASTIANELLI Nelle prime ore dell’alba del 18 febbraio scorso è scattata a Roma e in alcuni centri dei Castelli Romani, tra cui Rocca di Papa, un’operazione anticrimine tesa a smantellare una fitta rete di racket, usura e riciclaggio di denaro sporco. A coordinare l’operazione “Franky”, che ha visto il coinvolgimento della Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Roma, dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Viterbo e della Polizia Municipale VIII Gruppo di Roma, è stato il Procuratore Aggiunto Leonardo Frisani della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Roma. Alla fine dell’operazione sono state denunciate 11 persone (di cui due donne) e sequestrati beni per circa 5 milioni di euro, tra cui conti correnti, automobili di lusso e quattro società operanti nel settore dell’edilizia e della ristorazione (una di queste gestiva fino ad alcuni mesi fa il complesso alberghiero di via Frascati a Rocca di Papa, “La Regina del Bosco”, prima che la struttura venisse ceduta agli attuali gestori che da questa vicenda hanno avuto soltanto danni d’immagine).

Un territorio preda degli strozzini

Continua in IV pagina

Lo scorso 18 febbraio l’operazione “Franky” ha smascherato un vasto giro di usura e riciclaggio, mettendo in luce il ruolo del clan dei Casamonica, che conta oltre 400 affiliati tra Roma e Provincia, e che ora ha esteso il suo controllo sull’intera regione. Sullo sfondo un “accordo inedito” stipulato con la ‘ndrangheta.

212 omicidi in due anni nella Palermo dimenticata

Le attività illecite nei nostri Comuni

ETTORE ZANCA RIPERCORRE PER NOI LE TAPPE PIU’ SIGNIFICATIVE DEI DELITTI DI MAFIA CHE IMPERVERSARONO A PALERMO TRA GLI ANNI SETTANTA E OTTANTA. MEMORIE RIAFFIORATE CHE RAPPRESENTANO UN MONITO PER CIO’ CHE E’ ACCADUTO E PER CIO’ CHE ANCORA POTREBBE ACCADERE. PERCHE’ PERDERE LA MEMORIA EQUIVALE A PERDERE UN PO’ DI NOI STESSI E DELLA NOSTRA STORIA.

RIEPILOGO DEI DATI DEL 2007 E DEL 2008 SUI REATI COMMESSI NEI COMUNI DELLA PROVINCIA DI ROMA. ROCCA DI PAPA E SEGNI LE PIU’ VIRTUOSE MENTRE IN ALTRI CENTRI, COME ARTENA, CIAMPINO, COLLEFERRO, VALMONTONE E VELLETRI, I REATI IN UN SOLO ANNO SONO AUMENTATI DI MOLTO.

Ettore Zanca in II e III pagina

Ettore Zanca in II e III pagina

RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE di ROMA e PROVINCIA

3

RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE di ROMA e PROVINCIA

7-8

Tabella riepilogativa in VI pagina

RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE di ROMA e PROVINCIA

suppl.to al n. 7-8 - Luglio-Agosto 2010 de “il Segno”

n.

ECOMAFIE 2010 Nel Lazio cresce l’allarme per i reati ambientali

Legambiente ha presentato il “Rapporto 2010 (riferito al 2009)” in cui il dato più eclatante riguarda la Regione Lazio che ha conquistato il secondo posto nella classifica dei reati contro l’ambiente (nel 2008 era in quinta posizione). Quasi 3.500 le infrazioni accertate. In VII pagina

Il libro del mese

Cuore di Cactus

La nostra recensione è dedicata al libro di Antonio Calabrò, “Cuore di cactus”, un vero e proprio viaggio nelle vicende che tra Palermo e Milano hanno caratterizzato la sua vita di giornalista, scrittore e manager. Un libro che ci fa guardare alcune vicende italiane sotto una luce nuova.

L’Italia e la News da mafiosità Mafiopoli

Contro il clan Casamonica la Provincia è parte civile

In V pagina

Zoomafie, smascherati i reati contro gli animali

In VI pagina

Chiude lo sportello antiusura dei Castelli?

In VI pagina

Ritratti d’autore

CARLO ALBERTO DALLA CHIESA

4

RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE di ROMA e PROVINCIA

supplemento al n. 4 - Aprile 2010 de “il Segno”

n.

‘Ndrangheta ai Castelli, il pentito che fa paura anche alla politica L’hotel Villa Vecchia a Monte Porzio

Rocco Molè

Elemosine Aziende e minori criminali

Nel Lazio il fenomeno del- Sequestrate 15 aziende e quote riferite a ben 21 società, 170 conti correnti, automobili di lusso, oltre a ville ed appartamenti. Questi sono i numeri di una vasta operazione che ha scoperchiato il filo di collegamento fra la ‘ndrangheta e il clan dei Casamonica a Roma e nella provincia.

l’accattonaggio passa attraverso lo sfruttamento di centinaia di minori. A rivelarlo è il rapporto presendall’Osservatorio tato Regionale sulla Legalità e la Sicurezza. Un quadro che fa luce su molti aspetti inquietanti, a cominciare dall’acquisto dei bambini.

In VII pagina

9

In VI pagina

di ANDREA SEBASTIANELLI Il 22 dicembre scorso l’«Operazione Maestro», avviata dalla Dda (Direzione Distrettuale Antimafia) di Reggio Calabria, irrompe nei Castelli Romani e precisamente a Monte Porzio Catone dove viene posto sotto sequestro l’hotel di lusso “Villa Vecchia” (che ora ha ripreso le sue attività sotto la guida di un Commissario), ritenuto base della ‘ndrina dei temutissimi Molè. La mega struttura alberghiera alle porte di Roma, secondo gli inquirenti, serviva a riciclare il denaro derivato dalle attività illecite condotte nel porto di Gioia Tauro. Nell’operazione sono state arrestate 26 persone, tra cui Cosimo Virgiglio, considerato il principale referente amministrativo della cosca Molè, nonché amministratore di una società di import-export con la Cina operante proprio nel porto di Gioia Tauro. Lo stesso Virgiglio che, per conto della cosca, seguì le trattative per acquisire “Villa Vecchia”. Infatti, l’acquisizione del complesso alberghiero, da parte della ‘ndrangheta, avvenne nel 2007 attraverso intimidazioni e minacce nei confronti di un’imprenditrice di Sabaudia che, pur avendo un contratto di gestione della durata di dieci anni, fu costretta a lasciare la struttura.

Continua in IV

ROCCO CHINNICI Allarme Expo 2015 In un libro due giornalisti svelano il “mistero” delle infiltrazioni criminali nella capitale morale d’Italia, Milano. Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e Camorra sono già pronte ad entrare nel gioco degli appalti per spartirsi i 20 miliardi di euro stanziati per l’Expo del 2015.

In VII pagina

Chi era Rocco Chinnici, il giudice assassinato a Palermo il 29 luglio 1983? Scopritelo in questo “ritratto d’autore”.

ETTORE ZANCA in II e III pagina

RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE di ROMA e PROVINCIA

supplemento al n. 9 - Settembre 2010 de “il Segno”

n.

Sugli affari della ‘ndrangheta le rivelazioni del super-pentito

Inizierà il prossimo 30 settembre il processo contro i 16 esponenti della ‘ndrangheta finiti nell’inchiesta “Maestro” che il 22 dicembre del 2009 scoperchiò i vasti interessi della criminalità organizzata nelle attività di importexport nel porto di Gioia Tauro. Grande attesa per ciò che dirà Cosimo Virgiglio, l’imprenditore che ai Castelli Romani gestiva l’hotel di lusso “Villa Vecchia” a Monte Porzio Catone. Oltre a lui sul banco degli imputati ci sarà anche Angelo Boccardelli, ritenuto uomo di collegamento con le cosche calabresi

Il Clan dei La sfida Casamonica di Ardea Roma e provincia sono ormai il territorio del clan dei Casamonica che conta oltre 500 affiliati specializzati nel racket e nell’usura. Contro di loro le forse dell’ordine stanno vincendo molte battaglie ma come finirà questa guerra non è ancora chiaro.

Il Consiglio Comunale della cittadina laziale ha approvato una mozione che per la prima volta stabilisce regole chiare da parte delle istituzioni circa la costituzione di parte civile e la confisca dei beni alla criminalità organizzata. Un esempio che molte città dovrebbero seguire.

Cosimo Virgiglio

Articolo in IV pagina

il Segno

SOTTOSCRIVI PER IL SEGNO Banca Credito Cooperativo Castelli Romani IBAN:IT11B0709239230000000103028

L’INCHIESTA DI ANDREA RASETTI HA PRESO AVVIO DAL SEQUESTRO DEL LUSSUOSO ALBERGO DI MONTE PORZIO, “HOTEL VILLA VECCHIA”, SOTTOPOSTO A SEQUESTRO DAI CARABINIERI DEL ROS PERCHE’ APPARTENENTE A UN POTENTE CLAN DELLA ‘NDRANGHETA, QUELLO FACENTE CAPO AL BOSS ROCCO MOLE’. UN’INCHIESTA CHE FA EMERGERE I DIFFUSI INTRECCI ESISTENTI TRA LA CRIMINALITA’ E I CASTELLI ROMANI.

Falcone e Borsellino

Il 18/02 a Colleferro si parla di Cosa Nostra

di ANDREA SEBASTIANELLI «Io non sono uno che farfuglia. Non do opinioni. Dico che quella storia non è finita perché lo so. Basta andare a cercare chi ne è uscito alla grande quindici anni fa». Con queste parole l’ex componente della Banda della Magliana, Antonio Mancini (chiamato negli ambienti criminali romani “Nino l’accattone”), ha lasciato intendere che quella banda non ha mai smesso di operare ma è tutt’ora attiva. «La Banda della Magliana ha usato e continua ad usare i soldi di chi è morto e di chi è finito in galera. E non ha più bisogno di sparare. O almeno, di sparare troppo spesso». Queste dichiarazioni Antonio Mancini le ha rilasciate al giornalista di Repubblica Carlo Bonini che lo scorso 4 febbraio ha presentato un’inchiesta esclusiva basata, oltre che sulle dichiarazioni di “Nino l’accattone”, sui convincimenti di Lucia Lotti, il magistrato che per 15 anni si è occupato delle vicende della Banda della Magliana arrestando il presunto boss Nicoletti, e sulle indagini del Comandante del Nucleo Provinciale dei Carabinieri di Roma, Vittorio Tomasone. In realtà dichiarazioni di questo tipo Antonio Mancini le rilasciò anche nel 2008.

supplemento al n. 2 - Febbraio 2010 de “il Segno”

il Segno

Il Segno non usufruisce di alcun finanziamento pubblico, nè comunale, nè provinciale, nè regionale, nè statale, nè europeo.

Da Gioia Tauro ai Castelli Romani passando per San Marino

n.

il Segno

Stampato in proprio

Non si può non sapere, non si può non dirlo

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RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE di ROMA e PROVINCIA

il Segno

RESPONSABILE Andrea Sebastianelli

di Andrea Sebastianelli Sul numero scorso del Segno ci siamo occupati delle infiltrazioni criminali a Roma e nella Provincia. Quanto emerso ci ha fatto comprendere come le mafie non siano qualcosa distante da noi, riguardante solo le regioni meridionali (Sicilia, Calabria, Puglia e Campania), ma come ormai siano una presenza consistente del nostro territorio. La vicenda di “Villa Vecchia”, l’hotel della ‘Ndrangheta sequestrato nella vicina Monte Porzio poche settimane fa, rappresenta non un allarme ma una certezza che deve far riflettere tutti, cittadini e politici, amministrazioni pubbliche e aziende private. Ma anche noi che scriviamo sui periodici a diffusione locale. Ogni lotta alle mafie ha sempre visto anche l’impegno, di pari passo con quello delle forze dell’ordine e della magistratura, di giornalisti e scrittori locali, che più da vicino riescono ad annusare dove c’è puzza di infiltrazione criminale. Contro queste infiltrazioni le amministrazioni comunali devono iniziare a contrapporre la politica della legalità, soprattutto nell’espletamento delle gare d’appalto delle grandi opere che, come ha dimostrato l’Osservatorio regionale sulla criminalità e la sicurezza, sono uno degli ingressi degli interessi mafiosi nei nostri Comuni. Continua in IV

il Segno

Manoscritti e foto anche se non pubbliil Segno cati non si restituiscono. Il contenuto organo dell’associazione culturale degli articoli, dei servizi, le foto ed i “Terre Sommerse Castelli” loghi, rispecchia esclusivamente il Registrazione Tribunale di pensiero degli artefici e non vincola Velletri n. 5/02 del 19/02/2002 mai in nessun modo il Segno, la direzione e la proprietà. Le inserzioni sono DIREZIONE riservate ai soli associati e simpatizVia dei Monti, 24 - Rocca di Papa zanti ed hanno carattere divulgativopromozionale nel loro stesso ambito. DIRETTORE

supplemento al n. 1 - Gennaio 2010 de “il Segno”

il Segno

ilpiccolosegno@libero.it

1 n.

il Segno

supplemento al n. 10 (ottobre 2010) del mensile indipendente

www.issuu.com/ilpiccolosegno

RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE di ROMA e PROVINCIA

il Segno

RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE di ROMA e PROVINCIA

il Segno

ARRESTATO IL SICILIANO PER UN GIRO DI USURA

Otto milioni di euro il valore dei beni mobili ed immobili sequestrati dalla DIA di Roma su richiesta del tribunale di Latina, riconducibili al capo cosca ‘ndranghetista Antonio Venanzio Tripodo ed ad un suo prestanome, l’imprenditore calabrese Franco Peppe. Tripodo, rimasto già coinvolto nell’operazione Damasco 2, è indicato dagli inquirenti come appartenente alla cosca detta ‘La Minore’ ed operante da anni nel sud pontino dove spartirebbe con le famiglie camorriste gli affari del Mercato Ortofrutticolo di Fondi, uno dei più grandi centri agroalimentari all’ingrosso d’Europa. Il sequestro comprende aziende, numerosi terreni, quote societarie, conti correnti e la villa ‘Ranch Jr’, villa da sogno a Fondi, abitata da Franco Peppe. (A cura di Andrea Rasetti)

il Segno

20 settembre, Roma

28 settembre, Fondi

SEQUESTRO PATRIMONIALE ALLA ‘NDRANGHETA

il Segno

Sono ventisei le ordinanze di custodia cautelare emesse nei confronti degli appartenenti ad un importante gruppo malavitoso dedito al traffico internazionale di stupefacenti. Le persone coinvolte nell’indagine sono accusate di aver organizzato centrali di spaccio di eroina, cocaina, hashish e marijuana a Roma, Napoli, Latina, Taranto, Cosenza, Frosinone, Palermo, Vibo Valenzia e Terni. Le sostanze stupefacenti venivano importate da Tanzania, Nigeria, Turchia, Cina e Brasile.

Eseguite dalla Polizia di Stato di Palermo diciotto ordinanze di custodia cautelare tra Palermo, Siracusa, Mazara del Vallo e Roma. I provvedimenti sono stati emessi dal Gip del tribunale di Palermo su richiesta del procuratore aggiunto e dai pm che hanno coordinato l’inchiesta denominata ‘Building 8’, che ha permesso di ricostruire l’organigramma del gruppo criminale, accusato di spaccio internazionale di droga e detenzione a fini di spaccio. Fra gli arrestati esponenti di Cosa Nostra e insospettabili che avevano il compito di ‘corrieri’ fra la Sicilia, Napoli e Roma. Dei diciotto accusati, quattro risultano latitanti. Fra questi Marco Torello Rollero, che lavorava sulla piazza romana e per il quale è stata richiesta l’estradizione dal Marocco, paese nel quale si trova attualmente. Roberto Pannunzi, broker della ‘ndrangheta, arrestato in Spagna nel 2004, già detenuto nel centro clinico del carcere di Parma, con il regime della sorveglianza

il Segno

MAXI OPERAZIONE ANTIDROGA

22 settembre, Roma

il Segno

9 settembre, Roma

speciale, fugge dalla clinica romana, dove si trovava ricoverato per gravi motivi di salute. La fuga del Pannunzi viene scoperta dalle Forze dell’Ordine dopo una quindicina di giorni dall’avvenimento, tempo sicuramente più che sufficiente per consentire al boss un trasferimento all’estero. Gli investigatori ritengono che Roberto Pannunzi possa essere considerato “la più alta espressione del narcotraffico” della ‘ndrangheta ed interlocutore privilegiato dei produttori di cocaina colombiani; avrebbe dovuto scontare una pena definitiva di 16 anni e mezzo di reclusione per associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti.

OPERAZIONE ANTIDROGA FRA PALERMO E ROMA

il Segno

I Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Frascati nella notte tra l’8 e il 9 settembre, in un blitz condotto sulla Prenestina, hanno arrestato una banda di malviventi composta da tre romeni. La banda, armata di taglierino, stava rapinando alcune prostitute. Le lucciole, tratte in salvo dagli uomini dell’Arma, sono state comunque multate in base all’Ordinanza del Comune di Roma mentre i tre arrestati saranno processati con rito direttissimo con l’accusa di tentata rapina aggravata.

il siciliano, un suo amico di infanzia, un quarantenne al quale il siciliano concesse un prestito di poche migliaia di euro. Il debito è salito in poco tempo fino a 200.000 euro che il quarantenne ha sborsato sotto pressioni, insulti e minacce anche di morte rivolti ai familiari della vittima. Con la denuncia, la polizia è riuscita a raccogliere prove sull’attività del siciliano e quindi a permettere il suo arresto. Si è accertato che il siciliano ha potuto contare dal suo giro d’affari rendite per 10.000 euro a settimana.

il Segno

PRESA LA BANDA CHE RAPINAVA LE PROSTITUTE

il Segno

9 settembre, Roma

MAFIOPOLI

Sicurezza e legalità devono impegnare la Regione Lazio

di Luisa Laurelli* Tra le Commissioni consiliari istituite di recente dal Consiglio Regionale, manca la Commissione Speciale Sicurezza e Lotta alla Criminalità, da me presieduta fino a pochi mesi fa, che ha prodotto un lavoro quasi sempre unitario divenuto importante punto di riferimento per l’intera comunità del Lazio. La Presidente Polverini si è resa conto che in questo settore è stato cancellato tutto quanto è stato fatto di buono dalle precedenti amministrazioni di centrodestra e di centrosinistra? A parte le deleghe all’Assessore alla sicurezza a cui spero nella recente manovra di bilancio siano stati almeno confermati i fondi dello scorso anno, oltre alla mancata istituzione della Commissione Consiliare, mancano le nomine degli esperti dell’Osservatorio Regionale sulla Sicurezza, quelle relative alla Agenzia Regionale sui Beni Confiscati alle Mafie istituita con legge regionale approContinua in VI

IL TRENO Il partito del cemento DEL RISVEGLIO Ospitiamo l’intervento del Comitato Antimafia di Latina che lancia l’allarme sul ruolo giocano nella nostra regione da società edili legate alla criminalità organizzata capaci di infiltrarsi nella politica locale per aggiudicarsi appalti milionari.

Hai perso qualche numero del Segno? Vuoi ritrovare un articolo che avevi letto? Da oggi puoi consultare tutti i numeri del nostro mensile collegandoti al sito internet: www.issuu.com/ilpiccolosegno. Buona lettura! In V pagina

In VI pagina

In III pagina

In VII pagina

In VII pagina

In ultima pagina

In II e III pagina

In V pagina

In VII pagina

In VI pagina

ETTORE ZANCA in II e III pagina


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