Il Segno maggio 2015

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il

Segno

...quello che gli altri non scrivono...

In fuga dalle Calcare

quindicinale indipendente Anno XIV, n. 5 - 1/31 maggio 2015

LA LETTERA

Il mio saluto a Rocca di Papa

Egregio Direttore, con questa mia lettera ritengo giusto rendere partecipe la cittadinanza di Rocca di Papa della mia scelta di accettare un incarico lavorativo differente da quello che svolgo attualmente. Dal prossimo 1° giugno cesserò l’incarico di Comandante della Stazione Carabinieri di Rocca di Papa per assumerne uno nuovo alle dipendenze del Reparto Operativo - Nucleo Informativo del Comando Provinciale Carabinieri di Roma.

Segue a pagina 10

C U LT U RA Le vicende che portarono alla nascita del Duomo

Alessia Ulisse a pagina 19

Il talento di Emilio Guidi in arte Uruk. La mostra

R. Sinibaldi a pagina 21

www.ilsegnoroccadipapa.blogspot.it Il Segno di Rocca di Papa

Il giornalismo, quando è temuto è autorevole, quando è indipendente si fa rispettare. Nel momento in cui accetti una mediazione o un compromesso, è la linea dalla quale non torni più indietro. Ferruccio De Bortoli

Alcuni residenti che hanno acquistato la loro casa in località Calcare stanno cercando di rivenderla perché l’agglomerato urbano, che ha visto la nascita di decine di palazzine, privo di servizi e negozi sta diventando invivibile. Sporcizia, rifiuti, aree invase dalle erbe infestanti, furti e nessuna socialità. Questi neo roccheggiani, attratti da promesse mai realizzate, hanno intrapreso la loro battaglia. Li abbiamo intervistati. Alle pagine 6 e 7

160 anni fa la Repubblica di Rocca di Papa AL CENTRO DEL GIORNALE UNO SPECIALE DI 4 PAGINE

Revisori dei Conti

Bilancio disastrato

A pagina 5

Servizioportaaporta

Lo scempio di via Alberobello

Alle pagine 16 e 17

Bici e Via Sacra

Burocrazia e illogicità

A pagina 12

Parcheggio multipiano Ai Campi inizio difficile rischio ricorsi e denunce A pagina 8

Ringraziamo i nostri sostenitori e collaboratori: Marta, Annarita, Alessandro, Rossana, Maurizio, Bruno, Paola, Roberto, Paolo&Aberto, Luigi, Orofino, Enzo, Omero, Bruna, Anna, Diego&Pino, Giuseppina, Jessica&Davide, Milvia, Fiammetta, Nicola, Italia, Gianfranco, Rosa, Sonia, Renato, Mario, Cristina, Orlando, Maurizio, Elisa, Antonello, Tiziana, Francesca&Bernardo, Angela, Loredana, Maria Pia, Anna, Bruna, Laura, Vincenzo, Nadia, Patrizio, Gabriele, Camilla, Andrea, Francesca, Florentina, Gianfranco, Enea, Amedeo, Emanuela, Alfredo, Mauro, Ermanno, Franco, Fabrizio, Patricia e Claudio.

La RDP Parking ha scritto all’amministrazione

A pagina 9

Orario Continuato Lune d chiu ì so

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Noi stiamo dalla parte dello scrittore

Erri De Luca

sotto processo per le sue parole sul progetto TAV

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Segno

organo quindicinale dell’associazione culturale “Editoriale il Segno” C.F. 92028150586 P.IVA 12706861007 Registrazione Tribunale di Velletri n. 5/02 del 19/02/2002

DIREZIONE Via dei Monti, 24 - Rocca di Papa DIRETTORE RESPONSABILE Andrea Sebastianelli

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REDAZIONE Mauro Artibani, Bruna Benelli, Federico De Angelis, Giulia De Giorgi, Daniela Di Rosa, Laura Fico, Mario Gabbi, Paola Gatta, Mauro Giovanelli, Anna Giovanetti, Toshi Kameda, Marcello Loisi, Camilla Lombardozzi, Loredana Massaro, Noga (Gabriele Novelli), Massimo Onesti, Florentina D. Pagnejer, Sergio Rasetti, Annarita Rossi, Vincenzo Rufini, Maria Pia Santangeli, Luigi Serafini, Roberto Sinibaldi, Sandro Tabellione, Francesca Torino ILLUSTRAZIONI Franco Carfagna, Ermanno Gatta

Stampa: Arti Grafiche Ciampino Via Firenze, 21 Ciampino (Rm) Tel. 06-7960205

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ATTUALITÀ

il Segno - maggio 2015

«Governare l’Italia non è difficile. È inutile» Da Mussolini a Renzi... un Paese ingovernabile?

di Mauro Giovanelli Quando nel 1932 il giornalista tedesco Emilio Ludwig, dopo sei mesi di permanenza in Italia per scrivere un libro sul nostro Paese e il popolo, andò ad intervistare Mussolini, gli chiese: “Ma deve essere ben difficile governare gente così individualista ed anarchica come gli italiani!”. Mussolini rispose: “Difficile? Ma per nulla. È semplicemente inutile!” (Colloqui con Mussolini di Emilio Ludwig - Milano - A. Mondadori - 1932). La frase fu attribuita allo statista Giovanni Giolitti forse in virtù del discorso che tenne alla Camera dei Deputati il 4 febbraio 1901: “La ragione principale per cui si osteggiano le Camere del Lavoro è questa: che l’opera loro tende a far crescere i salari. Il tenere i salari bassi comprendo che sia un interesse degli industriali, ma che vantaggio ha lo Stato? Il governo quando interviene per tener bassi i salari commette un’ingiustizia, un errore economico e un errore politico. Commette un’ingiustizia perché manca al suo dovere di assoluta imparzialità tra i cittadini, prendendo parte alla lotta contro una classe. Commette un errore economico perché turba il funzionamento economico della legge della domanda e dell’offerta, la quale è la sola legittima regolatrice della misura delle retribuzioni come del prezzo di qualsiasi altra merce. Il Governo commette infine un errore politico perché rende nemiche dello stato quelle classi le quali costituiscono in realtà la maggioranza del Paese. Il moto ascendente delle classi popolari si accelera ogni giorno di più ed è un moto invincibile perché comune a tutti i Paesi civili e perché poggiato sul principio dell’uguaglianza fra gli uomini”. Che fa il paio con l’intervento parlamentare di Leonardo Sciascia del 5 agosto 1979: “In realtà questo Paese è invece il più governabile che esista al mondo: le sue capacità di adattamento e di assuefazione, di pazienza e persino di rassegnazione sono inesauribili. Basta viaggiare in treno o in aereo, entrare in un ospedale, in un qualsiasi ufficio pubblico, avere insomma bisogno di qualcosa che abbia a che fare con il

governo dello Stato, con la sua amministrazione, per accorgersi fino a che punto del peggio l’Italia sia governabile, e quanto invece siano ingovernabili coloro che nei governi lo reggono: ingovernabili e ingovernati non dico soltanto nel senso dell’efficienza; intendo soprattutto nel senso di un’idea del governare, di una vita morale del governare”. Quindi gli italiani non bisognano di una forma di governo ma di una sorta di classe clientelare politica che distribuisca favori. Ed in effetti è la forma mentis perfetta per creare habitat ideali per fenomeni umani come Berlusconi e la sua congrega o per un’opposizione senza nerbo e senza ideali come quella attuale. Se rivisitiamo i personaggi che si sono succeduti, dal 1992 ad oggi, nei vari Governi, a parte Berlusconi che, come detto, rappresenta un fenomeno a sé, ci ritroviamo a fasi alterne De Mita, Ciampi, Amato, D’Alema, per arrivare a colui che è stato definito “un loden pieno di niente”, mi riferisco a Monti, è ovvio, che tramite la piagnona Fornero ha varato la più laida delle riforme sulle pensioni oggi dichiarata incostituzionale. E dopo? Il Letta, nipote naturalmente, che tutto quello che riuscì a fare fu dichiarare continuamente di non essere Babbo Natale, neppure di possedere la bacchetta magica e, sorpresa, di non aver scritto in fronte “Jo Condor”. Così siamo approdati alla guida scout Renzi Matteo saltato piè pari dalla bicicletta all’auto blu blindata corredata di scorta, che non ha minimamente toccato gli stipendi dei parlamentari, i più alti e scandalosi del mondo, che si è

circondato di elementi del calibro di un Angelino Alfano e Maurizio Lupi e una pletora di donne che sembrano i cloni delle Gelmini e Santanchè. L’uomo che dagli atteggiamenti paternalistici prima maniera è ultimamente passato ad una condotta supponente e autoritaria nel procedere a varare riforme inutili, se non dannose, a colpi di fiducia che perfino la sua opposizione interna alla fine approva per paura di finire “dietro la lavagna”. Un leader che continua a parlare di ripresa quando dal suo Jobs Act sono emersi 138 mila disoccupati in più. E come reagiscono gli italiani? Continuano a fare i conti con i sempre più miseri stipendi e le vergognose pensioni che percepiscono tanto, alla sera, dopo i brevi talk show ormai trasformati in conviviali salotti, si consolano con programmi del tipo “Chi l’ha visto”, “Quarto grado”, ecc. seguendo morbosamente i casi Elena Ceste, padre Graziano, Bossetti. Ci avete fatto caso? In giro non si sente parlare d’altro. Il problema vero, vorrei sbagliarmi, è che sembrerebbe interessare a pochissimi il fatto di essere governati da gente che non ha la minima idea del significato di Stato, politica, democrazia, solidarietà e neppure delle leggi di mercato che regolano i rapporti economici (a parte gli interessi personali e quelli dei loro parenti). Anche in questo caso, mi dispiace per i nostalgici, Mussolini si era sbagliato, per fortuna, altrimenti chissà, potrebbe essere che oggi ci potremmo ritrovare con Alessandra a Palazzo Chigi e noi a scrivere in una stamperia, clandestina naturalmente.


ATTUALITÀ

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Messi da parte i terroni adesso tocca ai migranti Il nuovo leader della Lega Nord dalla memoria corta

di Daniela Di Rosa Sfoglio il quotidiano e senza stupirmi leggo che in questi mesi per salvaguardare Salvini sono stati impiegati all’incirca 8.500 poliziotti. Ad ogni sua uscita pubblica numerose persone, giovani e meno giovani, donne e uomini, si riversano nei luoghi deputati per il suo intervento e protestano, pacatamente o aggressivamente, oltre al lancio di verdura varia (molto spesso marcia), c’è anche chi vorrebbe prenderlo a calci nel culo. Qualcuno grida allo scandalo! Io trovo scandaloso che si faccia parlare un uomo che istiga all’odio razziale, e lo istiga solo per motivi elettorali. Si dirà: l’ha sempre fatto! Prima coi “terroni” (il suo odio per gli italiani del sud era ed è noto), ora che ha capito che per avere più voti e uscire dall’ambito regionale ed entrare in quello nazionale il sud è fondamentale, il suo odio si è spostato su rom e immigrati. Le frasi ad effetto che grida sono le stesse che gridava contro i meridionali, ha solo cambiato l’oggetto dei suoi strali, punta sui nostalgici del ventennio (Casa Pound fa da cornice ai suoi comizi), punta sul razzismo latente di tantissimi italiani, sulla paura e sulla

diffidenza, sulla disinformazione, sull’ignoranza ormai consolidata e non solo nelle fasce più povere della società. Sono sorpresa di quanta gente, preparata, istruita, soprattutto di destra ma anche di sinistra (anzi, non proprio di sinistra, diciamo del Pd), che su Facebook si trasforma nel più intollerante degli uomini. Postano false notizie, crocefissi che arabi vorrebbero far togliere! I crocefissi nelle scuole non ci sono per una legge italiana di più di mezzo secolo fa, vengono tollerati nelle elementari e negli asili solo perché atei, agnostici e appartenenti ad altre religioni sono molto più tolleranti di loro.

Ma soprattutto Salvini conta sulla “cattiveria” innata in una parte consistente degli italiani e questa non manca né al nord né al sud, l’essere umano (non tutti per fortuna) è istintivamente cattivo, per sentirsi felice deve costruire confini, fisici e mentali, barriere, muri che lo separino dagli altri, dai vicini, dagli intrusi, ma essenzialmente dagli stranieri. Negri, arabi e zingari per loro sono i nemici, i diversi. Ricordo un donna che mi disse: “Non sono io razzista, sono loro ad essere neri!”. C’è in queste persone un ego smisurato, ripetono con ossessione “la nostra patria, la nostra cultura, la nostra religione, il nostro Dio, la nostra cucina, il

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nostro…”, nessuno può criticare o avere un’opinione diversa. Se osi dire “Io mi sento figlia del mondo, credo nelle società multietniche, penso che le altre culture interagendo con la mia non farebbero che migliorare il mio bagaglio di conoscenza”. Apriti cielo! Vieni subito tacciata di essere “una di loro” cioè una radical-chic, una zecca rossa, comunista e buonista (da quando in qua essere buoni è un’offesa?) una che sostiene che tutti gli uomini sono uguali, pure i musulmani che ci considerano infedeli, che sostiene che in ogni società c’è il bene e c’è il male, compreso nella nostra, che non siamo superiori a nessuno e nessun uomo sulla terra è clandestino… Tralascio i commenti volgari, non meritano di essere presi in considerazione, infine arrivano all’abusato: “Questa è casa nostra, se non ti piace vattene!” e tu rispondi: “Veramente l’Italia è anche casa mia”. In quell’attimo arriva il solito imbecille che ti dice: “Se ti piacciono tanto gli immigrati, portateli tutti a casa tua!”. Poi scopri che in Italia c’è chi l’ha fatto, chi ha donato la propria casa ai rifugiati, e sono parecchi… allora la loro rabbia cresce a dismisura, odiano chi ama ciò che loro odiano, ciò che loro non sopportano, e cominciano un’altra guerra, quella contro i non patrioti. Se non è cattiveria questa!? Giorni fa, all’ennesimo “Tu non ami il tuo Paese”, ho risposto “Appena vedete le armate dell’Isis a Squarciarelli, chiamatemi, imbraccerò il fucile e difenderò Rocca”. Vedere nemici dappertutto è una patologia che dovrebbe essere curata.

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tempi moderni

di Roberto Sinibaldi

Il land grabbing è una pratica di cui si parla oramai da diversi anni; nonostante questo non sempre è ben chiaro cosa si intenda e a cosa esattamente ci si riferisca. To grab in inglese non sta semplicemente per “prendere”, ma significa “afferrare”, “agguantare”, “accaparrarsi”, con un’accezione del termine che descrive un’azione accompagnata dalla prepotenza. Land è la terra. Il land grabbing comporta l’acquisto o l’affitto, in genere a prezzi bassissimi o addirittura insignificanti, di ampie porzioni di territorio situate perlopiù in paesi in via di sviluppo (quelli da sempre “in via di sviluppo”, che in altri termini significa poverissimi) da parte di compagnie private. In genere di paesi occidentali, India, o Cina, o paesi medio-orientali, signori del petrolio. L’accezione negativa del termine land grabbing sottolinea gli aspetti di “conquista” della terra, di “espropriazione” di territori da parte di società multinazionali a danno di paesi deboli, e in particolare a danno delle comunità locali autoctone, a cui gli accordi sono imposti con metodi coercitivi, non sempre legali, e mai condivisi con le comunità stesse. Si utilizzano milioni di ettari quasi sempre per coltivazioni intensive che nulla hanno a

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Si scrive “land grabbing”, ma significa “prendersi” la terra. Con la forza dei soldi, più che della ragione

che fare con le specie e i metodi di coltivazione locale. Si deviano fiumi e si privatizza l’acqua, cosicché gli abitanti perdono le loro tradizionali fonti di sostentamento e sono ridotti in una condizione si semischiavitù dalle multinazionali con le quali i loro governi hanno stipulato accordi. L’allontanamento coercitivo delle comunità locali dalle proprie terre, con la conse-

guente perdita dei propri mezzi di sussistenza, implica danni irreversibili al territorio, all’ambiente e alla biodiversità (basta pensare a quello che succede per la coltivazione della palma da olio, quello che sta dentro la nostra nutella, per esempio). In altre parole si disperde il patrimonio ambientale e sociale di interi territori, spesso estesi come una nostra regione.

chiuso il lunedì

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Censimento della flora di Colle Pardo ad Ariccia il 30 maggio

L’associazione A.N.F.E. (Associazione Nazionale Farmacisti Erboristi) e l’associazione Colle Pardo Onlus, con il patrocinio del Parco dei Castelli Romani, del Comune di Ariccia e del Comune di Genzano di Roma, invitano alla conferenza-dibattito sulla “Biodiversità di Colle Pardo di Ariccia, valutazione e risultati del secondo anno di raccolta, riconoscimento e classificazione della flora di Colle Pardo”. Si tratta del bilancio e dell’analisi delle prospettive alla luce delle nuove specie trovate e mai censite nel Lazio, grazie ad esperti botanici e docenti universitari dell’università Roma1. L’iniziativa si terrà presso Palazzo Chigi di Ariccia sabato 30 maggio 2015 alle ore 18.00. “Sarà una serata determinante per il futuro della nostra amata area verde -dicono gli organizzatori- per questo riteniamo indispensabile la presenza dei cittadini per sensibilizzare le istituzioni e stimolare il decollo dei progetti del parco polifunzionale naturale di Colle Pardo di Ariccia come l’orto botanico naturale e l’apicoltura, progetti non più rimandabili”. Nella stessa serata si parlerà dell’affidamento a laureati o laureandi di tesi sperimentali con borse di Studio. “A nome di Colle Pardo ringraziano anticipatamente tutti gli amanti del territorio che parteciperanno all’evento o che lo diffonderanno”. (F.T.)

di Elisa Gabrielli

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INDOVINA QUANTI SIAMO?

Al 31 marzo 2015 i residenti censiti nel Comune di Rocca di Papa erano 16.910 (maschi 8.346; femmine 8.564). Alla stessa data i nuclei familiari erano 6.387.*

ROCCA DI PAPA notizie, informazione, attualità

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NUMERI UTILI

Clinica San Raffaele: 06-9428601 Comando Carabinieri: 06-94749007 Polizia Municipale: 06-94286134 Centralino Municipio: 06-942861 TAXI Mario: 346-3684911 06-9499151 (casa)

La relazione dei revisori contabili certifica il disastro del Bilancio *dati forniti dall’Ufficio d’Anagrafe

di Luigi Serafini Sono cose tecniche, complicate, qualche volta astruse, sembrano fatte apposta per non far capire niente ai non addetti ai lavori. Stiamo parlando del bilancio comunale, per cui l’amministrazione è stata sottoposta al fuoco di fila delle critiche di molti cittadini, specialmente sui social network. I consiglieri di opposizione Enrico Fondi, Emanuele Crestini e Danilo Romei hanno inviato una lettera al prefetto di Roma per richiedere il commissariamento del Comune. In pratica, ritenendo che l’amministrazione comunale non si sia dimostrata in grado di redigere entro le scadenze di legge il bilancio comunale, chiedono un intervento della prefettura per risolvere il problema. Oltre alle notizie ricorrenti sui forti debiti del comune e dei mutui accesi con la Cassa Depositi e Prestiti (una banca specializzata nel finanziare le pubbliche amministrazioni) la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il rinvio dell’approvazione del bilancio in Consiglio Comunale. Nella seduta del 29 aprile l’assessore al bilancio, Maurizio Querini, ha candidamente ammesso che le carte non erano pronte. In-

somma il bilancio Emanuele Crestini non era stato com- e Danilo Romei pletato. Leggendo la relazione dei Revisori dei Conti, che per legge controllano il bilancio comunale e lavorano presso l’amministrazione – non sono quindi una voce di opposizione – si trovano giudizi sconcertanti, che non lasciano certo tranquilli i cittadini: “Lo scostamento fra le previsioni e condo i Revisori dei Conti – le risultanze del rendiconto è porta a un “depauperamento delle disponibilità finanziarie rilevante. Una serie di entrate non si dell’Amministrazione [ovvero sono realizzate, sintomo che la di tutti noi cittadini] e quindi capacità programmatoria del- una ancor minore capacità di l’Ente non risulta sufficiente- poter far fronte con puntualità mente incisiva.” In altre parole alle obbligazioni contrattuali il bilancio è stato fatto gon- (pagamenti di forniture e serfiando le previsioni di entrata vizi indispensabili).” In altre rispetto a quello che poi effet- parole, il comune è amminitivamente è entrato nella casse strato così male che non ci comunali. Insomma, al co- sono soldi per pagare i servizi, mune non sanno programmare sono a rischio anche quelli inle spese pubbliche. Un’analisi dispensabili. Più chiaro di che da sola consiglierebbe di così! fare un altro lavoro a chi ha la Scorrendo le pagine delle relaresponsabilità politica del bi- zione tecnica dei Revisori dei Conti, sul consuntivo del bilancio. Ma la relazione continua pun- lancio 2014, alla voce residui, tando il dito sul modo di ope- si scopre che per la Tarsu (oggi rare dell’amministrazione Tari), ossia la tassa sui rifiuti, comunale, che – sempre se- il comune sta sotto di 6 milioni

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di euro! Una cifra notevole per un comune di medie dimensioni come quello di Rocca di Papa. Accanto a queste mancate riscossioni, che il comune ha lasciato tranquillamente crescere negli anni (basta dare un’occhiata alle tabelle dei vari anni), ci sono poi coloro che non stanno proprio nei ruoli. Potremmo definirli evasori totali. I loro mancati pagamenti non preoccupano l’assessore perché sono ripartiti tra chi la tassa sui rifiuti la paga. Il comune però una parte dei debiti l’ha pagata, come ha fatto? “Ha sostituito una parte dei debiti con un debito trentennale” che sarà pagato dai nostri figli. Lo dicono sempre i Revisori. Tra i più critici rispetto a questo modo di amministrare c’è il consigliere Emanuele Crestini: “Paghi debiti facendo altri debiti. Se invece di un comune amministravano una bocciofila i nostri amministratori stavano già in bancarotta! Nella sostanza a Rocca di Papa ci siamo vicini, ma il sindaco e l’assessore al bilancio dicono che va tutto bene. Forse per loro, che lavorano al comune e contemporaneamente alla Regione Lazio, per i cittadini un po’ meno.”

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Doveva essere il quartiere-giardino ai piedi di Rocca di Papa e invece si è

di Andrea Sebastianelli Ti affacci da Rocca di Papa e, in basso, vedi un nuovo quartiere: le Calcare. Una quantità di case che era l’attuazione del piano della grande Rocca di Papa di qualche anno fa, che prevedeva espansioni edilizie con tanti nuovi abitanti e moltissime nuove case. Idea iniziata con Enrico Fondi e proseguita con Carlo Ponzo e Pasquale Boccia. Nel frattempo il centro storico è stato progressivamente abbandonato. Far costruire un intero quartiere ha moltiplicato i costi di gestione dei servizi (strade, luce, gas…), che paghiamo tutti noi, e ha contribuito al disastro duplice di perdere abitanti nel centro storico e confinare in un “non luogo”, senza anima, senza qualità e senza servizi, gli abitanti delle Calcare. Sindaci e amministrazioni che si sono succedute a Rocca di Papa hanno tutte perseguito un’idea di sviluppo basata sul cemento, invece di valorizzare il paesaggio, i boschi e la storia millenaria di questo territorio. Un errore di strategia enorme, che al di là della scarsa consapevolezza culturale dei politici che l’hanno commesso, ha prodotto anche gravi problemi sociali e perdite di tipo economico, come ci illustrano alcuni abitanti del quartiere delle Calcare, che abbiamo incontrato. Naturalmente chi ci governa non si ritiene responsabile di questi disastri, che ora Aurea Cash è certificata e autorizzata dalla Banca d’Italia - Iscriz. n. VIF 500369

Panoramica di una parte del Piano Particolaregiato Calcare-Valle San Lorenzo

sono un fardello per i cittadini di Rocca e in particolare delle Calcare. Un quartiere che nel frattempo, invece di realizzarsi come città compiuta, è diventato un cantiere abbandonato. Ecco che cosa dicono alcuni cittadini, nuovi roccheggiani, che qui vivono.

Enza Potestà. C’era stata venduta la casa in un contesto in via di sistemazione, di verde ecc. Invece poi tutto è rimasto fermo, non si è mosso niente, i servizi non ci sono, il quartiere non è vivibile. Le case sono state vendute tutte, o quasi. Adesso cominciano a rivendere, però anche il valore delle case si è deprezzato. Oltre a non avere i servizi c’è anche il danno economico. Qui senza automobile non ci si muove. Nel 2008, quando abbiamo ac-

quistato, era tutto un cantiere. C’era fermento… Poi si è fermato tutto. Ci dicevano sempre, riprenderemo… ma non si è mosso più nulla. Lo abbiamo fatto presente tante volte, abbiamo mandato diverse mail. All’inizio ci hanno fatto promesse e dopo, con la seconda amministrazione Boccia (quella attuale), più niente! Proprio il vuoto. Siamo circondati da degrado, rifiuti, discariche. Gli stessi costruttori vengono a scaricare detriti di altri cantieri. Oggi noi cerchiamo di vendere la casa che abbiamo acquistato. Non ricompreremmo la casa né qui, né in questo paese. Rocca di Papa è un paese che muore! Non c’è proprio niente. Non so come nascono questi progetti, segue a pag. 7

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ROCCA DI PAPA

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trasformato in un cantiere infinito con ruderi di edifici e servizi inesistenti

segue da pag. 6

penso che ci sia solo un fine speculativo. Però l’amministrazione deve fare qualche cosa, non può abbandonare completamente tutto. Ma insomma, di che cosa si deve occupare un’amministrazione comunale, se non dei problemi del comune? Facciamo parte del comune oppure siamo corpi estranei? Mio marito ed io ci siamo ritirati qui perché volevamo vivere in un contesto sereno e invece che cosa abbiamo vissuto? L’isolamento totale! Non c’è un punto di riferimento, un punto di ritrovo. Non ci sono persone che passeggiano, bambini che giocano, non si vede niente, niente! Perché è un quartiere che non vive. Questa è una cosa bruttissima. Non c’è neanche un’idea per il futuro. Non so più che cosa aspettarmi.

Roberto Grasso. I cantieri sono rimasti cantieri, anzi negli ultimi anni sono diventati delle discariche. C’è sporcizia dappertutto.

Enza. Alcuni lotti di terreno, abbandonati e pieni di immondizia, dovrebbero essere del comune, quelli adibiti a verde pubblico. Le opere di interesse pubblico non sono mai state fatte. Noi non abbiamo rapporti con

il paese, se non per il medico. Inizialmente siamo venuti qui con l’intenzione di vivere il paese, avere l’accesso ai servizi sociali più facilmente, perché una piccola struttura è diversa da una grande città. Noi siamo venuti dalla provincia di Milano, da un paese simile a Rocca di Papa per dimensioni. Lì c’era tutto, si stava benissimo. Rocca di Papa al contrario non è un paese accogliente, non ci andiamo né per passeggiare, né a cercare negozi… è un peccato perché in questo caso perde pure la sua economia.

Laura. Nei boschi qui vicino non si può fare neanche una passeggiata, perché i percorsi sono diventati impraticabili, non si passa più, non c’è alcuna manutenzione. Indegno. Con le tasse che paghiamo è veramente vergognoso stare in queste condizioni.

Tommaso. Qui i furti sono continui, ogni notte c’è un furto. Queste case sono state quasi tutte visitate dai ladri. Noi ci siamo barricati. Per vivere dentro casa devi fare una fortificazione. Non credo che sia una cosa bella. Di notte devi stare attento a chiudere tutto, mettere l’antifurto. Enza. Questi sono i problemi tipici delle periferie delle

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grandi città. Quando abbiamo scelto di venire ad abitare qui abbiamo escluso Roma e scelto una comune piccolo, strutturato, con l’amministrazione, con i servizi (pensavamo ci fossero) e invece abbiamo trovato la desolazione più completa. E con tutto che lo stiamo dicendo da sei anni, non c’è nessuno che ci dà risposte. Tommaso. Abbiamo fatto richiesta dei normali servizi ai cittadini: nessuna risposta.

Enza. E se i costruttori non vogliono finire quello che hanno cominciato noi che facciamo? Continuiamo a vivere eternamente in un pezzo di città non finita? Dobbiamo stare in queste condizioni ancora quanti anni? NUOVA GESTIONE

Laura. Io vorrei vendere. Ma che vendo? Se uno viene qui che cosa vede? I costruttori stessi che ancora devono vendere che cosa vendono se neanche puliscono? Noi abbiamo acquistato in un quartiere che era in costruzione, dopo sei anni è ancora così, anzi peggio perché ora è tutto abbandonato.

Enza. Quando ho mandato le mail prima della rielezione il sindaco ha risposto, siamo stati ricevuti in comune, abbiamo parlato; dopo, più niente. Quindi qui c’è malafede. Volevano ottenere il nostro consenso, ma quando ottieni una carica devi essere anche responsabile della carica che hai. Mi sembrano persone che si trovano nel posto sbagliato nel momento giusto.

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ROCCA DI PAPA

il Segno - maggio 2015

Prende avvio il “porta a porta” ma alcuni cittadini se ne fregano È finalmente partita la raccolta differenziata anche ai Campi e al Vivaro

di Daniela Di Rosa Dopo tanti annunci alla fine di aprile è finalmente partita anche ai Campi d’Annibale e al Vivaro la raccolta differenziata con il sistema del “porta a porta”. Dopo le prime settimane bisogna dire che i problemi non mancano visto che molti cittadini, soprattutto del quartiere dei Campi, faticano a rispettare le nuove regole che servono per differenziare le varie tipologie di rifiuti. In vari punti della zona, infatti, ancora si notano piccoli cumuli di buste che periodicamente vengono rimosse dagli operatori e che, altrettanto sistematicamente, si ripresentano il giorno dopo. Il nuovo servizio darà i suoi risultati se ciascuno farà la sua parte. Certo, differenziare significa dedicare un po’ di tempo in più alla gestione dei rifiuti che tutti i giorni produciamo in abbondanza, ma a trarne i maggiori benefici sarà soprattutto l’ambiente e, tra qualche anno, forse anche le nostre tasche. “In via Rocca Priora -ci dice la signora Eleonora Gatta- tutti i giorni si vedono buste nel punto in cui c’erano i cassonetti. Anche nella mia strada mi capita spesso di vedere delle buste abbandonate che nessuno raccoglie. Gli operatori non sono autorizzati a prelevarle, noi non possiamo

prenderle perché dentro c’è di tutto, e allora che cosa bisogna fare?”. Piccoli cumuli di rifiuti si notano in varie zone dei Campi e la tendenza non sembra destinata a finire rapidamente. In questi casi è necessario attuare dei controlli serrati punendo con multe salate chi non rispetta le regole. A rimetterci è anche il decoro cittadino, vedere buste e rifiuti sparsi dappertutto non è un bel biglietto da visita. Intanto il Comitato di Quartiere dei Campi d’Annibale, tramite il suo presidente G i a n franco Silvestrini, lo scorso 7 maggio ha Silvestrini scritto al sindaco e all’assessore all’ambiente per chiedere quante famiglie pagano la nettezza urbana perché, stando anche alla relazione dei revisori contabili del comune, l’evasione sarebbe piuttosto alta e alla fine quelli che hanno sempre pagato pagano anche per gli altri. “Si suggerisce al signor sindaco e alla giunta tutta - si legge nella nota - di mettere in campo una vera e propria lotta all’evasione che è tanta, perché coloro che non pagano la

tassa rubano a chi la paga più del dovuto”. Una considerazione condivisibile visto che i Campi d’Annibale sono il quartiere più popoloso di Rocca di Papa. “Questo Comitato - conclude Silvestrini ha più volte suggerito a codesta amministrazione comunale di confrontare con l’anagrafe le utenze interessate al pagamento della tassa in questione.

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È ora di dire basta a queste ingiustizie”. Nell’attesa che l’amministrazione risponda alle sollecitazioni del Comitato, noi speriamo che tutti i roccheggiani nel frattempo imparino a rispettare le poche regole del “porta a porta” perché, a questo punto, ogni cittadino deve diventare “vigile” osservando il proprio vicino. Ne va del rispetto reciproco.


il Segno - maggio 2015

di Paola Gatta Sono ancora fermi i lavori al cantiere del parcheggio multipiano del Carpino in piazza Valeriano Gatta mentre, con l’estate alle porte, sarebbe invece importante che l’opera pubblica fosse portata a conclusione. Dopo le indagini condotte dalla locale stazione dei Carabinieri, che hanno determinato la stesura di alcuni verbali, il problema adesso sembrerebbe essere rappresentato dai lavori da effettuare lungo la scarpata sottostante che, in base all’idea iniziale, dovrebbe lasciare spazio a una sorta di giardino con una serie di alberature con il compito di rendere meno impattante l’immagine del palazzone. Interventi il cui costo si aggirerebbe intorno ai 400 mila euro, e il problema, per quel che me sappiamo, sarebbe sorto su chi debba mettere sul piatto tale cifra. Recentemente la società RDP parking, che sta eseguendo l’opera, ha anche scritto all’amministrazione comunale lamentando una serie di ritardi che potrebbero creare pregiudizi all’opera stessa. Il tono della lettera (datata 10 marzo 2015) è molto duro: “Facciamo seguito alle nostre

Carpino, la Rdp parking  minaccia denunce peralcuneinadempienze ROCCA DI PAPA

note n. 2 dell’11 febbraio 2015 e n. 3 del 5 marzo 2015 e vi segnaliamo che il persistere delle situazioni ivi denunciate oltre a comportare maggiori costi realizzativi e a compromettere gli aspetti commerciali relativi alla vendita e alla gestione degli spazi in concessione, sta ingenerando richieste di disdetta e restituzione della caparra”. La società RDP parking mette in allarme il comune di Rocca di Papa sul fatto che a causa dei ritardi “tutte le trattative in corso per la locazione dei locali commerciali sono saltate a causa dello stato di fermo dei lavori e della indeterminatezza della loro consegna definitiva”. Parole come “stato di fermo dei lavori” e “indeterminatezza della consegna definitiva” non fanno sperare in niente di buono. Di chi le responsabilità? Secondo la so-

La mega opera al Carpino

cietà è palese “il ritardo e l’inadempienza di codesto spettabile comune in merito agli impegni assunti nella convenzione e nei successivi atti modificativi ed integrativi”. La lettera termina con un avvertimento chiaro, cioè che la RDP  parking si “riserva di quantificare nelle opportune

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sedi i danni subiti e subendi”. Ricapitoliamo: tempi di consegna dell’opera incerti; contratti di locazione dei negozi in bilico; richieste di restituire la caparra per gli spazi in concessione; inadempimenti contrattuali. Tutto questo ci dice che i tempi di consegna potrebbero essere molto lunghi.


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il Segno - maggio 2015

Il saluto del Comandante dei Carabinieri di Rocca, Ottavio Atripaldi

«Sono stati 23 anni indimenticabili sempre al servizio delle Istituzioni» segue dalla prima pagina

Non è stata una decisione facile ma, al contrario, molto travagliata, che ha richiesto una attenta valutazione ed un lungo periodo di maturazione; dopo ventitre anni di intensa attività operativa sul territorio, che ha richiesto una presenza diuturna con momenti anche di grande sacrificio personale e familiare, ho ritenuto giusto che fosse arrivato il momento di guardare verso scenari lavorativi alternativi, consapevole che tale scelta avrebbe, comunque, provocato (cosa che sta avvenendo), in me la sofferenza del distacco, non solo per l’affetto che mi lega ormai da anni ai miei colleghi, ma anche dalla Città stessa e dai suoi cittadini. In questi lunghi anni di attività lavorativa incentrati soprattutto sulla prevenzione e repressione di reati di varia entità ho comunque avuto modo di venire a contatto, quotidianamente, anche con la parte più bella della Città e delle tante persone per bene che ne fanno parte. Per ottenere ciò ho dovuto sacrificare il mio tempo, togliendo spazio alla mia vita personale e soprattutto ai miei adoratissimi figli. Confido che questa mia nuova scelta lavorativa mi darà modo anche di poter recuperare in parte il tempo perso così da dedicarmi maggiormente a loro ed a tutti i miei affetti più cari. Avevo solo 27 anni, nel 1992, quando assunsi il Comando della Stazione Carabinieri di Rocca di Papa, provenendo da esperienze di quartieri molto difficili di Roma come quelle dell’Alessandrino e di Centocelle; ho subito trovato un ambiente che mi ha saputo accogliere ed integrare nella sua realtà. Credo e spero di essere stato in questo lungo periodo un punto di riferimento per molti cittadini, per averli aiutati ad affrontare sia i piccoli che i grandi problemi, cercando, con umiltà e disponibilità, di ascoltarli tutti. Ho sempre agito, sia nel lavoro che al di fuori, nel rispetto delle Istituzioni, delle re-

Il luogotenente Ottavio Atripaldi

Le Autorità e la cittadinanza saluteranno il comandante Atripaldi in una cerimonia pubblica che si terrà martedì 26 maggio alle ore 17,30 presso l’aula consiliare

gole e soprattutto delle persone. Posso dire con fierezza di lasciare una Stazione che ha saputo raggiungere obiettivi importanti in termini di sicurezza e di controllo del territorio, malgrado l’intensificarsi di alcuni fenomeni delinquenziali dovuti alla grave crisi economico-sociale degli ultimi anni. La mia più grande soddisfazione è quella di essere riuscito a lavorare in sinergia con tutte le Istituzioni presenti sul territorio e di aver ottenuto dalle stesse sempre un fattivo contributo. A tutti loro va il mio più sincero ringraziamento. Malgrado il mio imminente trasferimento lavorativo ho deciso di continuare a vivere a Rocca di Papa, scelta anche come dimora per i miei figli, i

quali, ormai grandi, sono cresciuti forti e ricchi di valori anche grazie all’ambiente dove hanno vissuto fin dalla nascita; infatti, ritengo che Rocca di Papa sia una Città ancora ricca di valori e di aspetti qualificanti e genuini che hanno saputo conquistarmi e che non bisogna mai smettere di valorizzare. Non nego che ho avuto modo di appurare la presenza di alcuni aspetti negativi ed oscuri che danneggiano la Città ed i suoi abitanti ed è per questo che tutti, dalle Istituzioni ai semplici cittadini, ognuno con il proprio ruolo, debbano, con coraggio e responsabilità, continuare a combattere per evitare che possa essere distrutto quello che di bello questa Città sa offrire. Sono certo che chi

Un Comando autorevole e pronto

Questa lettera con cui il Luogotenente Ottavio Atripaldi annuncia il suo addio in qualità di comandante della Stazione dei Carabinieri di Rocca di Papa, ci rammarica perché nel corso di questi anni abbiamo imparato ad apprezzare non solo il suo modo di operare nel nostro paese ma anche il suo lato umano, sempre discreto e affabile. Di una cosa siamo convinti, Ottavio è riuscito a dare al comando dei Carabinieri un’ulteriore autorevolezza e struttura capace di affrontare con competenza e professionalità anche i cambiamenti sociali che soprattutto negli ultimi anni hanno caratterizzato una cittadina complessa come Rocca di Papa. Allo stesso modo siamo certi che anche nel suo nuovo incarico saprà farsi valere. Andrea Sebastianelli

prenderà il mio posto sarà in grado di svolgere un ottimo lavoro in tal senso. A questi, non ancora ufficialmente nominato, auguro un buon lavoro. Il mio legame con questa Città e con tutti i suoi cittadini continuerà lo stesso, anche se in modo differente. Resterò, per chiunque ne dovesse ravvisare la necessità o il semplice bisogno, sempre disponibile ad ascoltare e cercare la soluzione ad ogni loro problematica. A tutti voglio dire grazie per quanto mi è stato dato come umanità ed affetto. In questi giorni che la notizia della mia scelta ha iniziato a girare, ho avuto modo di constatare, con orgoglio e gioia, che le persone che mi chiedevano se effettivamente la stessa fosse vera esprimessero, nel contempo, anche il loro sincero dispiacere, segno, forse, che nel loro ricordo un posticino per me ci sarà sempre. Grazie a Te Direttore per la disponibilità, la correttezza e la vicinanza che mi hai attestato in ogni occasione nella quale abbiamo cercato di evidenziare l’attività della Stazione Carabinieri di Rocca di Papa. Voglio concludere rivolgendo un grazie speciale, grandissimo, dal profondo del mio cuore e con sconfinato affetto, a tutti i miei Carabinieri perché mi sono stati sempre vicini e perché se sono stati ottenuti certi risultati è grazie al contributo che ognuno di loro ha saputo fornire. Siamo stati, e pretendo, questo è un ordine, che continuate ad essere una grande famiglia. In tutti questi anni, in silenzio, abbiamo lavorato, lottato, gioito, sofferto sempre insieme… mi mancherete. Sono sicuro, per il bene della città e della Nostra amata e rispettata Istituzione, che continuerete a lavorare, anche più di prima, con la stessa abnegazione, discrezione, educazione e professionalità che vi hanno contraddistinto sino ad ora. Il Luogotenente Ottavio Atripaldi


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Controlli a tappeto dei Vigili l’abusivismo ora è sotto controllo

Dopo le azioni di tutela e denuncia è necessario un intervento di prevenzione

di Daniela Di Rosa La notizia di un sequestro avvenuto durante la realizzazione di alcune strutture abusive al Vivaro da parte della Polizia Locale di Rocca di Papa fa capire che il clima nella lotta all’abusivismo edilizio sta cambiando seriamente. Da mesi assistiamo a interventi tesi a ridimensionare tali problematiche che spesso rappresentano anche un danno dal punto di vista ambientale. Il sequestro del Vivaro, avvenuto lo scorso 9 maggio, ha fermato la realizzazione di un vero e proprio villaggio con una piazzola in cemento armato già predisposta e altre struttre in legno già montate. Senza il pronto intervento degli uomini diretti da Sergio Ierace oggi in quel punto avremmo già un insediamento bello e pronto e magari con una decina di residenti. La prevenzione è fondametale perché con essa si fa strada anche l’idea che a Rocca di Papa la musica è cambiata. Il paese ha superato la soglia dei 17 mila abitanti, ci sono migliaia di abitazioni chiuse, villette in vendita, scheletri di cemento che aspettano di essere ultimati e che forse non lo saranno mai. Aggiungere altre case, abusive o autorizzate, non ha più senso.

La Proloco al rinnovo delle cariche

Sergio Ierace

Basta farsi un giro ai Campi d’Annibale, o lungo via delle Barozze, più in generale a Le Vigne, o anche nel cuore del centro storico: si viene soffocati da cartelli colorati “vendesi”, “affittasi”, “occasione”, ecc. mentre in altre zone si continua ad edificare senza un progetto generale preciso. Da questo punto di vista l’azione intrapresa da Ierace va nella direzione giusta, ma anche l’amministrazione comunale deve comprendere che tale cambio di passo non servirà a niente se insieme all’azione preventiva e di

denuncia non seguirà un messaggio forte di tipo culturale, e questo è compito primario che può svolgere solo l’amministrazione attraverso una gestione trasparente del proprio territorio.  Continuare a lottizzare aree nei nostri quartieri ormai saturi di cemento ci porterà solo a non vedere più confini di verde tra Rocca di Papa e i paesi circostanti, Marino e Grottaferrata in primis. Il turismo potrà tornare a far capolino, risollevando economia e commercio, solo se si comprenderà che la natura e i boschi devono essere salvaguardati e tutelati e non ristretti a particelle semi-abbandonate circondate da strade asfaltate e palazzoni di cemento. Speriamo che l’esempio arrivato dagli ultimi interventi messi in campo dalla Polizia Locale favorisca questo atteso cambio di passo.

Il direttivo della Pro Loco Città di Rocca di Papa, essendo in scadenza di mandato, ha deciso all’unanimità di anticipare le elezioni del nuovo ciclo al mese di maggio. Questo al fine di consentire al nuovo direttivo di poter programmare al meglio gli eventi estivi e la prossima sagra delle Castagne. Le elezioni avverranno alle ore 18:30 del 28 maggio 2015, presumibilmente presso l’aula consiliare del comune di Rocca di Papa, e potranno votare tutte le persone che risulteranno iscritte alla suddetta Pro Loco entro il 15 maggio 2015, ed è possibile presentare la propria candidatura entro le ore 18:30 del 28 maggio. La Pro Loco invita i cittadini a partecipare e ricorda che le iscrizioni possono avvenire con il modulo che potete trovare nella pagina Facebook oppure scrivere a segretario@viviroccadipapa.it con le modalità seguenti: scaricarlo, compilarlo e consegnarlo presso il Bar Casina dei Pini (piazza della Repubblica) o presso il negozio di alimentari Almar (viale Spaventa), oppure presso la sede della Pro Loco sita presso la ex scuola elementare Colle delle Fate in viale Europa. Il costo della tessera è di euro 25 per i nuovi iscritti e di euro 1,00 per i rinnovi.

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ROCCA DI PAPA La Soprintendenza concede il nulla-osta per piccoli gruppi ma gli iscritti sono 950 12

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Autorizzazioni contraddittorie per la corsa di bici sulla Via Sacra di Andrea Sebastianelli Il prossimo 30 agosto si terrà la diciottesima edizione della “Colli Albani-La Via Sacra”, la corsa di mountain-bike che richiama ogni anno circa mille partecipanti. Un evento che richiede diversi permessi autorizzativi (Comune, Parco dei Castelli e Soprintendenza Archeologica) tenuto conto che la gara interessa un tracciato viario basolato di epoca romana risalente a circa 2100 anni fa. Insomma, un bene archeologico da proteggere, come in effetti è, visto che il tracciato è tutelato da una legge dello Stato che non ammette alcun tipo di intervento che possa anche solo rischiare di creare danni all’antica via. Eppure, pare proprio che i permessi sono stati concessi senza troppe difficoltà, ma a leggerli bene emergono molti dubbi e non si comprende come la Soprintendenza ai beni archeologici del Lazio, lo scorso 22 gennaio 2015, abbia così superficialmente detto di sì. Usiamo il termine “superficialmente” perché le contraddizioni emergono se mettiamo a confronto il “parere nonostativo” della Soprintendenza e la comunicazione del Comune di Rocca di Papa (prot. n. 10364 del 28 aprile 2015). Sappiamo infatti che la gara vedrà la partecipazione di circa mille iscritti (come d’altronde è stato nelle edizioni precedenti, almeno per quelle dal 2009 al 2014. I dati sono reperibili sul sito Internet degli organizzatori) eppure sul nulla-osta firmato dalla Soprintendente si dice chiaramente che tale permesso viene concesso in via straordinaria “a condizione che il

promettere. Chi conosce la Via Sacra di monte Cavo sa che questa strada, in diversi tratti, presenta una pavimentazione dissestata in cui le basole, non più presenti, hanno lasciato spazio alla terra. La resistenza al tempo e agli eventi imprevisti di una strada basolata antica è rappresentata dall’attaccatura delle pietre che permette di scaricare senza conseguenze le spinte energiche che vi arrivano. Ma nei tratti in cui le ultime basole ancora in situ (cioè posizionate come alle origini) non hanno più la vicinanza di altre basole, e sono quindi tenute solo dal poco terriccio esistente, si corre La Via Sacra di monte Cavo il serio rischio di provocare un loro ulteriore scivolamento passaggio dei ciclisti sul tratto di strada verso valle, fino al completo distacco. [...] dovrà essere fatto per piccolissimi Questo significherebbe perdere definitivagruppi di partecipanti, [...] soltanto in mente un altro pezzetto di strada. Negli ulascesa e comunque a lenta andatura” (cara timi decenni, pezzetto dopo pezzetto, Soprintendenza sveglia! Si tratta di una abbiamo perduto altri metri di basole, rogara e non di una gita fuori porta!). Infatti, tolate nel bosco. Però spesso i burocrati, per tranquillizare la Soprintendenza ar- che riescono sempre a trovare la scappacheologica, il comune scrive che i parte- toia consapevoli che potrebbero aver comcipanti saranno in totale 950. Alla faccia messo un errore, scrivono la fatidica frase dei “piccoli gruppi di partecipanti” invo- che serve loro a tutelarsi. Nella fattispecie, cati dalla dottoressa Elena Calandra! la Soprintendenza archeologica, conclude Tutta questa vicenda fa emergere soltanto così: “Resta inteso che questa Soprintenla goffaggine e l’inutilità di una burocrazia denza è sollevata da qualsiasi responsabiche per tutelare un bene storico pubblico lità per danni a cose o persone che la mette in moto una macchina inutile fatta manifestazione dovesse causare”. E no, di responsabili del procedimento, funzio- cara Soprintendente Calandra e caro funnari responsabili, dirigenti e altre decine zionario responsabile Nicosia, avete autodi figure più o meno competenti, che la rizzato “in via straordinaria” l’ennesima sola strada che cercano è quella di aggi- manifestazione sulla Via Sacra, e dovete rare in qualche modo le norme che tute- assumervene in pieno la responsabilità. lano effettivamente un monumento da Anche perché questa “straordinarietà” si interventi esterni che lo potrebbero com- ripete regolarmente da troppi anni.

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Il 6 e 7 giugno si terrà il congresso dei democratici Consigli comunali di mattina

IlcircolodelPdannuncia il congresso cittadino Il Circolo Pd di Rocca di Papa, secondo le regole dello Statuto del Partito Democratico, annuncia il proprio congresso che si terrà nei giorni del 6 e 7 giugno. La segreteria, rispondendo alle esigenze interne ed esterne, si impegna ufficializzando il passaggio congressuale, che designerà la dirigenza, che affronterà l’impegno elettorale del 2016 col fine assoluto di rispondere al meglio alle esigenze sovrane della nostra comunità ritenendole più importanti di qualsiasi questione. L’intento è anche quello di mettersi in gioco come donne e uomini, in maniera trasparente ed onesta ma decisa, nel segno della segreteria nazionale, troppe volte cavalcata ad oggi, di cui la segreteria di Rocca è espressione e rappresentante fin dall’inizio del “fenomeno renziano”. Al contempo, nel rispetto assoluto di tutte le espressioni del Partito, il direttivo

uscente si fa garante di un nuovo corso unitario e proficuo, dove le correnti si trasformino in sensibilità rispettose e rispettate. In questo momento così importante, fondamentale è la partecipazione di tutti i cittadini. Con l’occasione, quindi, comunichiamo che qualunque iscritto volesse auto candidarsi è il benvenuto, purché vengano rispettati i criteri fondamentali: buona volontà e costanza. La segreteria del Pd di Rocca di Papa

Tutti convocati alle 8,30 o alle 10 Protesta Crestini

Consigli Comunali di mattina. Rocca di Papa pare aver avviato una regola non scritta ma ormai ufficiale: quella di convocare le sedute dei consigli comunali solo la mattina, quando cioè gran parte dei cittadini sono impossibilitati a parteciparvi. E questo avviene anche per temi importanti, come per esempio l’approvazione del bilancio. L’ultima convocazione, firmata dal presidente Luigi Ferazzoli e datata 15 maggio 2015, informa che i consiglieri “sono invitati a partecipare alla seduta straordinaria ed urgente del Consiglio Comunale che si terrà in prima convocazione il giorno 25 maggio 2015 alle ore 8:30, e in seconda convocazione il giorno 26 maggio alle ore 10:00”. Cosa che ha provocato le ulteriori proteste del consigliere comunale d’opposizione Emanuele Crestini, secondo cui “l’amministrazione comunale ha paura di affrontare temi importanti per Rocca di Papa davanti ai cittadini”. Difficile dargli torto visto che la partecipazione popolare viene invocata da tutti, sindaco in testa, salvo poi fare esattamente il contrario per evitare che ci sia.


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Pericolo sulla statale via Frascati

L’intervento della Polizia Stradale ha evitato il peggio

A via Frascati, all’altezza dell’incrocio con la via per l’ospedale di Marino, da quasi due mesi vanno avanti dei lavori che creano lunghe code, specialmente nelle ore di maggior traffico. Ma ai disagi bisogna sommare la grave pericolosità dei due cantieri, che sono in corso senza rispettare molte delle più elementari norme di sicurezza. Nella notte tra il 17 e il 18 maggio è addirittura dovuta intervenite la Polizia Stradale di Albano Laziale poiché, a causa di lavori non terminati rimasti a cielo aperto e privi di segnalazioni idonee, la carreggiata si era ridotta notevolmente mettendo a rischio la vita di automobilisti e motociclisti. Arrivati sul posto i poliziotti non hanno potuto fare altro che riscontrare una serie di irregolarità, tra cui appunto l’assenza di segnaletica idonea ad avvisare le auto da e per Rocca di Papa. Non solo. In questo tratto, oltre alla chiusura di metà carreggiata, dalla parte opposta è stata anche lasciata posteggiata una gru che ha ulteriormente creato problemi di sicurezza. Se si è evitato il peg-

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gio è solo grazie al pronto intervento della Stradale. Il punto in cui via Frascati è diventata un’unica corsia La vicenda per la verità non è nuova visto che il problema era stato già sollevato dal consigliere di opposizione Emanuele Crestini, che alla fine di marzo aveva mandato una lettera molto circostanziata, praticamente a tutti: dall’assessore ai lavori pubblici di Rocca di Papa, fino al sindaco e alla Polizia locale. La volante della Stradale di Albano posizionata sul luogo “Dopo un mese e mezzo dalla segnalazione, e dopo aver columità dei cittadini”. constatato che in tanto tempo nulla era Il grado di pericolo è stato reputato così migliorato rispetto alla pericolosità dei elevato che la pattuglia è rimasta sul posto cantieri -dice Crestini- mi sono rivolto alla tutta la notte, proprio per prevenire evenPolizia Stradale di Albano non sapendo tuali problemi alla sicurezza degli auto(P.G.) più a chi santo votarmi per tutelare l’in- mobilisti.

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160 anni fa il

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la Repubblica di Rocca di Papa

di Andrea Sebastianelli Centosessanta anni fa, la notte fra il 31 aprile e il 1° maggio del 1855, avveniva la rivolta roccheggiana con cui un gruppo di rivoltosi sancì, per pochi giorni, la nascita de “La Repubblica di Rocca di Papa”. Una ricorrenza importante che l’amministrazione comunale ha voluto ricordare con un convegno tenuto dal dott. Carlo Cofini (autore del libro del 2001 che descrive proprio gli avvenimenti di quei giorni) e finalmente con il restauro della targa affissa nel 1955 in occasione del centenario. Nelle pagine che seguono pubblichiamo uno scritto che Tito Basili, figura di spicco del nostro paese (ne fu anche sindaco tra il 1964 e il 1965), pubblicò nel 1976 sul libro “Rocca di Papa (Albalonga)”, con il titolo eloquente: “La Repubblica di Rocca di Papa. I boschi sono nostri e nostri i terreni”. Questo gruppo di rivoltosi, i cui nomi non sono noti (ma non è escluso che nuove ricerche possano in futuro far emergere le loro identità) con la loro azione di libertà e di emancipazione sociale, proseguirono la strada percorsa pochi decenni prima dal medico condotto cesenate Leonida Montanari, uno

dei padri del pre-Risorgimento italiano, che proprio a Rocca di Papa svolse la sua attività a servizio della popolazione, soprattutto di quella più povera. Un filo comune che lega il Montanari, poi ghigliottinato a piazza del Popolo, ai rivoltosi del 1855, incarcerati e torturati, e a quell’Andrea Costa, fondatore del movimento anarchico e poi del partito socialista italiano, che prima di

morire volle trascorrere le sue ultime ore proprio a Rocca di Papa per non dimenticare il clima di libertà che ancora evidentemente si respirava nel nostro paese. La Repubblica di Rocca di Papa venne così annotata da Agostini Chigi nei suoi diari (“Il tempo del papa-re, diario del principe don Agostino Chigi dall’anno 1830 al 1855”, testo che può essere

scaricato gratuitamente su Internet): «MERCOLEDÌ 9 maggio Giorni fa a Rocca di Papa col pretesto d’impossessarsi (per quanto si dice) delle macchie della Casa Colonna, si suscitò un movimento rivoluzionario; si eresse un albero con un berretto rosso in cima, si pretese di creare un governo indipendente, si emanarono varie risoluzioni, condanne e cose simili. Una cinquantina di carabinieri, colà spediti, pose fine al disordine ed arrestò un certo numero di persone». Che cosa resta oggi di quell’avvenimento rivoluzionario? Rimane l’esempio di un gruppo di persone non più disposte a subire ingiustizie e soprusi da parte del potere di turno, ma invece consapevoli dei propri diritti e pronti a morire pur di farli rispettare. La rivolta durò pochi giorni, venne subito sedata con i rivoltosi arrestati e la cui fine resta nell’oscurità della storia: forse tonarono a casa, o forse morirono in carcere. Non lo sappiamo. Non sarebbe però sbagliato ricordare il loro sacrificio e il loro coraggio deponendo ogni primo maggio una corona d’alloro a piazza Garibaldi, il luogo dove avvennero i tragici avvenimenti di quel 1855 e dove l’albero della libertà venne da loro innalzato.


II

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di Tito Basili Rocca di Papa, con la rivolta del suo popolo contro il baronaggio la Casa Colonna dominava dal 1400 - nel maggio del 1855 segnò una data decisiva di progresso e scrisse la sua più alta e significativa pagina di storia. Se molte cose sono mutate d’allora, costò sudore e sacrifici alle passate generazioni. L’istrumento di vendita del Castello di Rocca di Papa da parte degli Annibaldi ai Colonna porta la data del 7 dicembre 1426. L’atto è una fredda descrizione di beni naturali, «terre e sudditi», disinvoltamente scambiati tra «padroni» a peso d’oro. Dalla forza e dall’usurpazione dei beni naturali proveniva l’investitura baronale e il diritto di decidere sulla vita degli umili. Martino V (Oddone Colonna) con Bolla del 1° febbraio 1427 ripartì i beni di Casa Colonna ai nipoti, assegnando Rocca di Papa a Prospero, che subitamente nominò Cardinale di S. Romana Chiesa. Con i Colonna Rocca di Papa, per secoli, conobbe solo miseria e schiavitù. Grave e più preoccupante si fece la situazione all’inizio del 1800. I segni dell’insofferenza erano allo scoperto per l’atteggiamento ostile del principe alle giuste richieste dei «terrazzani». Tra le famiglie romane «di libro d’oro» c’era Casa Colonna, la più ricca, con una rendita superiore a tutte le altre casate aristocratiche, intente solo a mungere i sudditi «con vocazione all’ozio forzato e avvilente» come la aveva descritte Massimo D’Azeglio. Il principe Colonna conosceva «i problemi e le questioni» di Rocca di Papa dai suoi confidenti, che lo derubavano. A provocare l’imprevedibile fu «una nuova cioccatura» nella macchia della Faiola, ordinata dal principe nel marzo del 1855. Più volte il popolo aveva invocato la solidarietà del Priore e del Consiglio comunale alle proprie rivebdicazioni.

A P P R O F O N D I M E N T O

Non valsero le raccomandazioni, i dispacci del Governatore di Frascati, gli ordini e le minacce della Presidenza di Roma e Comarca, né le esortazioni del parroco Don Girolamo Sciamplicotti. I roccheggiani diffidavano del clero, perché sapevano, come ha scritto Aquilino Anna che «terre e sudditila Chiesa, il clero erano legati ai baroni tanto da far spesso causa di fronte alle rivendicazioni non certo infondate, da una popolazione molto povera, formata soprattutto da boscaioli, contadini e carbonari... La vicenda di Rocac di Papa si rivela assai indicativa se consideriamo che assieme al priore e alla municipalità dovette prendere la fuga lo stesso curato del luogo: egli non estraneo alla vita sociale ed economica del paese, aveva cercato di far opera di persuasione presso il popolo, schierandosi dalla parte dei Colonna». I soprusi del principe erano al limite della sopportazione. Il priore della Comunità Giacomo Botti, soltanto nella seduta consigliare del 19 aprile del 1855 concesse al popolo la più alta «invocata solidarietà» e la delibera di convertire il principe in giudizio». Ma la ferma protesta dell’intero Consiglio comunale contro l’operato del principe e le deliberazioni prese in ordine ai problemi agitati dalla popolazione in quella seduta del 29, non allontanò il pericolo della rivolta popolare, in precedenza preparata nai boschi, e in silenzio, ma non al punto da non essere avvertita.

Troppo tardi in verità s’era mosso il priore Botti con le sue diffide; il suo temporeggiare aveva preparato con l’insonne notte del 31 aprile l’alba di un nuovo giorno, annunciato dalle camoane suonate a martello e a festa. Troppo tardi, perciò, giungeva l’unanime presa di posizione degli amministratori, tardi per l’esasperazione che già stringeva la gola a tanti e la morte civile stava per soffocare l’anima. E fu un suono lungo, rombante, squillante e di festa: festa della libertà; e l’udirono i paesi vicini annunciante con il 1° maggio (coincidenza della storia; Rocca di Papa con il suo 1° maggio 1855 anticipava la festa dei lavoratori) «La Repubblica di Rocca di Papa». «Duecento contadini, procedevano per vie di fatto occuparono i terreni di Casa Colonna» (da una lettera del principe Colonna al parroco di Rocca di Papa, Archivio parrocchiale). «I boschi sono nostri e nostri i terreni». Poi, senza barricate, sulla piazza della «Barcaccia» (piazza Garibaldi, n.d.d.), aperta su Roma, venne eretto l’albero dell’indipendenza con su la cima un berretto rosso, e sostituito lo stemma dello Stato pontificio con l’insegna «Dio e Popolo». Con questo rito Rocca di Papa proclamava la sua Repubblica. Fatti, necessità e occasioni avevano reso inevitabile la rivolta (Nell’archivio Comunale di Rocca di Papa non risultano verbali, atti, relazioni, o note concernenti «la Repubblica di Rocca di Papa» né altri docu-

Tito Basili

menti precedenti o successivi all’episodio, probabilmente sottratti più che dispersi dagli eventi della guerra). Troppo occhi e mani interessate hanno frugato, «rovistato» e asportato, in passato, dall’Archivio Comunale di Rocca di Papa e da quello della Parrocchia di S. Maria Assunta: corrispondenza, atti e documenti interessantissimi sulla vicenda. Ciò lo afferma per averlo constatato, anche il Ceccarius nel suo articolo «La Repubblica di un giorno», (Roma, A. VII1929 - Ed. Palombi). La disperazione era salita a poco a poco, come la nebbia quando viene dalle vigne e avanza avvolgendo il paese e Monte Cavo. Per lunghi anni, giorno dietro giorno, era maturata con la tristezza e i morsi della miseria. Era stato il trauma della fame e dell’ingiustizia a risvegliare gli istinti a quegli uomini per rifarli tali e più vivi. Lo stile e il tenore del manifesegue a pag. III


segue da pag. II

160 anni fa

la Repubblica di Rocca di Papa

mancò poco che il papa, arrivando quella volta a Castello si trovasse, per così dire, a tu per tu col governo repubblicano di Rocca di Papa» (E. Bonomelli). L’allarme al Vaticano, a Pio IX che dovette sospendere la partenza per Castello, era stato dato dal Governatorato di Albano, il quale, con azione combinata dal Capo della Polizia di Roma, e insieme, alla testa di 52 gendarmi a cavallo e di un certo «nerbo di fanti» mossero su Rocca di Papa. Tutti i giornali d’Europa parlarono di questa Repubblica. Senza interviste e servizi giornalustici sul posto, la notizia dell’avvenimento riferita a distanza, non poteva obiettivamente presentare le conseguenze dei fatti. La cronaca non aveva uno sfondo preciso per collocare l’episodio, e cioè, quella realtà che l’aveva determinato. Il perché di quell’avvenimento, era dovuto a secolari sofferenze e speranze. Il Conte Augusto Liedekerchè del Beaufort, ministro dei Paesi Bassi, per giorni ospite a Rocca di Papa del priore Botti e, perciò, testimone oculare, nel suo rapporto (31-5-‘55) inquadrava la rivolta nei contrasti tesi tra il principe Colonna e il Comune di Rocca di Papa e nel contesto storico del momento, quale sintomo della precisa situazione politica. «... Rocca di papa ha proclamato la Repubblica, sostituita un’insegna con Dio e il Popolo allo stemma pontificio. È un grande avvenimento che da vari giorni occupa il mondo politico mentre per emanciparsi dalla soggezione del suo principe si è fatta imitatrice della Repubblica di S. Marino». Con molto rilievo il 31 maggio del 1855 il «Journal dés Debats» pubblicava: «Queste novità sono un grande avvenimento politico: Rocca di Papa per affrancarsi dal suo principe, diventa l’emulazione di San Marino». Anche George Sand, partita da Rocca di Papa il giorno prima della rivolta, commentava agli amici francesi questa novità. La sommossa di Rocca di Papa, vista a distanza e senza conoscerne i motivi parve «un fuoco di paglia», «una rissa di

paese», «una velleità insurrezionale», «una Repubblica tenebrosa, effimera», per Gioacchino Belli «La pazzia dei roccheggiani». Il poeta conosceva Rocca di Papa; vi aveva condotto la nuora Cristina Ferretti e la nipotina in villeggiatura nel 1854, l’anno precedente alla sommossa, ma doveva averla in antipatia per chiamarla «Roccaccia e Rockenpapen». I suoi giudizi sprezzanti sull’avvenimento si trovano nei carteggi privati del poeta, resi noti, in parte, dal suo discendente Guglielmo Ianni nell’articolo: «La Repubblica di Rocca di Papa», nel Giornale d’Italia del 20 giugno 1948. La nuora Cristina, trovandosi a Fiumicino a respirare aria marina, il 10 maggio 1855 chiedeva notizie al suocero poeta «del grande avvenimento della proclamazione della Repubblica e innalzamento dell’albero della libertà in Rocca di Papa». Il bilioso Belli così rispondeva la sera stessa: «La causa della pazzia de’ Roccheggiani deriva da certe lor vane pretenzioni contro il principe Colonna sul diritto di pescare (in luogo di «pascere») e di legnare nel territorio, diritto che negli scorsi anni in virtù dell’emancipazione repubblicana avevano essi portato agli ultimi estremi della licenza. Il principe ha voluto ricondurre que’ villanzoni ai limiti del dovere secondo le vecchie stipulazioni e consuetudini; ed essi “Morte a Colonna, Via la Repubblica”, e fuori una bandiera tricolore, e su un albero della libertà, e balli e grida, e il malanno se li colga. Ne sono stati carcerati 17. Io per me, dopo date loro una buona stirata d’orecchio e una zeccata sul naso, li rimanderei a casa a dormire sotto quattro coperte trapuntate, perché dopo una sudata copiosa si rialzassero di letto col cervello alleggerito». È ben vero che, se ogni modesta contesa locale dovesse sfociare in una Repubblica, oggi l’Italia avrebbe una strana fisionomia. Ma bisogna considerare che da Rocca di Papa era partito, trent’anni prima, il medico cospiratore Leonida Montanari, verso il «romano suolo

che gli fu bara». Senza dire che alla mente di tutti era ancor vivo il ricordo della gloriosa Repubblica Romana del 1849. Solo così possiamo comprendere e giustificare l’insurrezione della popolazione roccheggiana, scesa in piazza al fascinoso grido mazziniano di «Dio e Popolo». [...] In quella sommossa c’era la somma di tutte le ingiustizie patite e sofferte; il popolo si scrollava, scaricava il dolore, l’angoscia, l’offesa, l’oppressione di secoli. Dalle angustie e dai soprusi del baronaggio era, perciò, insorta la coscienza dei roccheggiani, latinamente simili agli altri dei vicini Castelli «i quali, come ha scritto Silvio Negro, da sempre hanno avuto fama di gente poco disposta a subire soprusi e dispostissimi a menar le mani» (S. Negro Roma non basta un giorno - Venezia 1962). Nulla avvenne di quanto era stato annunciato nel manifesto. Non ci furono nè morti nè feriti (in verità risultò un morto, un soldato dello stato pontificio, ma le cause di tale morte non furono mai accertate del tutto, n.d.d.). La frase minacciosa del manifesto «bisogna ammazzare la forza pubblica e il guardiano Miraculo»... «il priore e il curato» non era un ordine ma una condanna morale e quel «bisogna» stava per «bisognerebbe» e ciò si spiega dal finale dell’avvertimento «a fuggire». «Il tranquillo arresto dei rivoltosi» come scriveva il Roncalli non fu certo dovuto alla bravura della polizia accorsa per ristabilire l’ordine. Non si dettero alla macchia, potevano volendo: si lasciarono invece, re-

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sto, letto in piazza e affisso in paese, rispecchiava questo stato d’animo; minaccioso, tracotante, volgare, come si vuole, ma stilato da gente schietta e con il sangue agli occhi. Il Roncalli riporta il testo integrale, che il Ceccarius prima e il Bonomelli poi (I Papi in campagna - Edit. Casini, Roma 1953), riproducono in parte «per ragioni di decenza, ma che è documento originale e insieme comico»: «Avviso di Notte Repubblica di Rocac di Papa Viva l’Aquila sullodata Repubblica. Si avvertono i signori infami che nel giorno del 1° maggio si farà il Consiglio nel Palazzo delle Cinque Ischie. E bisogna ammazzare la pubblica Forza e pure il guardiano Miraculo. E poi (qui un esplicito ordine ad usar violenza... carnale sul Priore e sul Curato)... dare nel cosidetto preterito al Priore e al Curato sotto pena della fucilazione di notte a chi stacca il presente affissato. Senza altri affari da liquidarsi in avvenire di notte. Si avverte la Forza pubblica a fuggire a basta così. Viviamo felici - Dio - il Popolo tutto». La schietta azione di piazza perseguiva un obiettivo: l’affrancazione; ed era una coraggiosa denuncia e un disperato richiamo alle autorità. Seri e fondati motivi stavano alla base della rivendicazione popolare: comunitari diritti di legittimità, consacrati dalla consuetudine, da atti, decisoni e sentenze della sacra Rota. Tutto il popolo era sceso compatto contro l’egoismo del padrone e dei suoi fiduciari e confidenti. La sollevazoine di massa promanava dal bisogno di rinnovarsi, da un’istanza etico-economica e politica, ed esprimeva, con il desiderio di uscire dall’abiezione e dal sevilismo, un principio sociale di bene. I carbonari, i boscaioli di Rocca di Papa si ispiravano al pensiero di Mazzini, «nato più che a cospirare, a ispirare», come lo disse il Tommaseo. Il grido e il programma di Mazzini del 1849 «Dio e Popolo», [...] riecheggiava così a Rocca di Papa. La notizia di questa «singolare rivoluzione» si sparse all’istante, raggiungendo i Castelli, Roma, le agenzie di stampa e «Pio IX, mentre si disponeva a raggiungere Castelgandolfo per quel suo primo soggiorno primaverile... e

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sponsabilmente arrestare e ammanettare per il carcere». Non si conoscono i nomi dei rivoltosi, neppure di quelli che vennero in seguito improgionati; questa lacuna dà un più alto significato e valore allo storico episodio. I rivoltosi roccheggiani sono, quindi, per il Ceccarius, i «precursori ignorati di successivi movimenti sociali». Rocca di papa, allora, unn paese di tremila abitanti, per essere alle porte di Roma e per aver agitato problemi umani e di giustizia apriva nuove spinte, provocava nuove tensioni politiche e sociali per inserirsi nel filone risorgimentale della storia italiana. Dopo un secolo dal glorioso avvenimento una bella epigrafe, [venne] posta nel maggio del 1955 dall’Amministrazione Comunale in piazza Garibaldi. Ecco l’epigrafe: «Nel maggio radioso L’anima popolare dei Roccheggiani nel nome di Dio e Popolo, insorse per sei giorni agitando contro l’oppressione feudale la bandiera

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Sotto: Il manifesto affisso in occasione del 1° maggio 1981 e, sopra, una foto dell’omaggio reso in quell’occasione alla Repubblica di Rocca di Papa dalle forze politiche e sociali del paese.

della libertà repubblicana e della giustizia sociale. Per volontà del Popolo il Co-

mune libero pose a retaggio spirituale». Tito Basili

La lunga storia dell’albero della libertà

Il berretto frigio rosso, nel corso del XVIII secolo, divenne simbolo di libertà. L’occasione fu la guerra di Indipendenza degli Stati Uniti d’America (1775) che vide porre il berretto in testa all’albero della libertà. Tradizione adottata anche durante la Rivoluzione francese (1789). Ancora oggi tale simbolo fa parte dell’emblema nazionale della Francia e quindi dell’idea repubblicana. Gli alberi della libertà vennero successivamente piantati in ogni municipio di Francia e anche in Svizzera e in Italia. Generalmente erano piantati nella piazza principale della città. Molti di questi alberi furono sradicati una volta passato il periodo rivoluzionario. Un decreto della Convenzione del 1792 ne regolava l’uso e l’addobbo. Veniva usato per cerimonie civili: giuramento dei magistrati, falò di diplomi nobiliari e anche per festeggiare eventi rivoluzionari.


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di Paola Gatta A Rocca di Papa ci sono rimasti solo i tramonti! Me li ricordo da sempre, con colori belli, a volte intensi, altre soffusi, qualche volta irreali, quasi incredibili. Incredibili proprio come il baratro verso cui la politica miserevole di chi ci governa ci sospinge ogni giorno sempre di più. Anche se non abiti più a Rocca, per affetto continui a interessarti, a seguire, a leggere… Si scopre così che allo sconforto di una situazione generale molto difficile, a Rocca di Papa si aggiunge la sciagura quotidiana che ci fa avere uno dei centri storici più disastrati dei Castelli; la funicolare finita (evviva!) ma che non potrà funzionare per i prossimi anni perché nessuno ha pensato di fare la strada per far arrivare gli autobus alla stazione di valle; il rudere dell’ex hotel Europa, a piazza della Repubblica, che fa bella mostra di quella che fu Rocca di Papa; il parcheggio del Carpino, chiuso perché nessuno compra posti auto così costosi; il parco Landsberg (il parco cittadino vicino ad Alberobello) chiuso da un anno, con lavori di risistemazione neanche cominciati e gli alberi di alto fusto rubati; il quartiere delle Calcare abbandonato a se stesso; i 1600 ettari di boschi comunali che, non si capisce perché, per il comune non producono ricavi paragonabili a quelli dei boschi dei privati; le attività commerciali in fuga dal paese; un turismo che non è neanche l’ombra di quello che c’era solo qualche decina di anni fa; un bilancio con debiti pubblici spaventosi (si parla di 10 o 20 milioni di euro)… La politica locale pare concentrata su altro. Il sindaco e gli assessori non possono certo pensare di risolvere una situa-

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ROCCA DI PAPA

A Rocca di Papa ci sono rimasti solo i tramonti Riflettendo sulla realtà che viviamo quotidianamente

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Concorso fotografico dell’Università Popolare di Rocca di Papa

zione così complicata, anche perché loro stessi ne sono in gran parte gli artefici. Non possono, forse vorrebbero, ma proprio non hanno i mezzi, non hanno competenze specifiche dei temi di cui si dovrebbero occupare, non propongono progetti che possano almeno invertire la rotta, vogliono “cambiare verso” (pare siano tutti renziani), ma senza sapere da che parte andare. Al di là dei trionfalismi di facciata e delle barocche interpretazioni del proprio ruolo da

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parte di un affaticato primo cittadino, non c’è altro. La macchina amministrativa cammina per inerzia, lungo i binari di una consuetudine che non annuncia cambiamenti. Il disastro c’è, e sarà difficile rimetterci in carreggiata. Siamo una comunità destinata a pagare, sul piano sociale ed economico, per gli avventurieri che ci hanno condotto qui. Ci rimangono i tramonti, ma non siamo neanche capaci di offrirli ai potenziali turisti.

Nello scorso mese di aprile l’Università popolare di Rocca di Papa diretta dal professor Bob Salmi, lanciò un concorso fotografico dedicato al nostro paese. L’iniziativa, curata da Fabio Luciani, ebbe un buon successo e furono molti i cittadini roccheggiani a partecipare armati di macchina fotografica. Dopo circa due mesi siamo arrivati alla fase finale: domenica 31 maggio si terrà l’esposizione di tutte quelle fotografie con relativa premiazione. “Le fotografie di Rocca che avranno ricevuto il maggior numero di voti online -scrive Bob Salmisaranno usate con lo scopo di rigenerare l’immagine del paese per contribuire al rinnovamento di cartoline, calendari e souvenirs”. Una bella idea dell’Università popolare di Rocca di Papa diventata ormai un punto di riferimento di tanti cittadini. Per avere ulteriori informazioni si può scrivere a: unipop.rdp@gmail.com.

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«Per tale scarpata su un tratto di50 metri non ci sono più alberi»

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Dopo il taglio degli alberi d’alto fusto (secolari?) all’interno della proprietà del civico n.10 di via Alberobello (la salita che porta ai Campi D'Annibale), i proprietari della villetta forse non ancora soddisfatti della scarsa visibilità su Roma e sul lago hanno pensato bene di commissionare un ulteriore taglio di castagni situati nello scosceso terreno proprio di fronte alla villa. Tale terreno risulta delimitato dal marciapiede, da un muretto in pietra e da una recinzione di rete poste in essere dal Comune. Su tale scarpata per un tratto di 50 metri non ci sono più alberi e inoltre, per eseguire il taglio, è stato abbattuto anche un lampione artistico del Comune e quindi anche nostro. Ma è possibile che a Rocca di papa non esistono regole e che per l’interesse di una persona si calpestano i diritti di tutti? A seguito del primo taglio non autorizzato, la Forestale aveva già elevato un verbale. In que-

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legittimità di tali lavori? Nessuno sa, nessuno vede, nessuno interviene. Il paese ideale per chi è allergico alle regole! Lettera Firmata

sto nuovo episodio la Forestale è stata allertata ma non sono a conoscenza se sia stato elevato un ulteriore verbale. Il taglio è stato effettuato nei giorni tra il 27 ed il 31 marzo 2015 e, durante le operazioni, la Polizia Municipale è stata avvertita mentre era impegnata in piazza di Vittorio al primo mercatino artigianale ma, per quello che ne so, non è

stato effettuato nessun intervento per bloccare lo scempio. Mi domando: è mai possibile che nessuno salendo in auto su quel tratto di strada si sia accorto di quello che stava succedendo? I camioncini sono stati fermi con i cartelli di lavori in corso sulla strada per circa 3 giorni. A nessuno viene in mente di avviare un controllo sulla

Il nostro lettore pone una questione molto seria: la gestione della alberature presenti nel paese. Dopo lo scempio al parco Landsberg, ai margini della stessa strada se ne è compiuto un altro, il taglio di decine di castagni. Il problema delle autorizzazioni è, a questo punto, secondario. Una città che si definisce “Città del castagno” non può consentire tagli e potature vergognose, fatte senza alcun criterio ed eseguite da ditte incompetenti, perdipiù effettuate lungo le strade di accesso al paese. L’altra domanda, che si aggiunge alle sue, è: ma il Parco dei Castelli ha concesso il nulla-osta per questi tagli oppure no? Andrea Sebastianelli


Rocca “Città del castagno” ecco le immagini di uno scempio ROCCA DI PAPA

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Quello che vedete è un vero e proprio scempio avvenuto lungo la strada che conduce ai Campi d’Annibale che, per destino della sorte, si chiama via Alberobello. Da oggi gli si potrà cambiare nome in “via degli Alberi Capitozzati e Abbattuti”. Se ne contano a decine sia al di sotto della strada sia nella parte superiore, all’interno di una villetta. Sembra proprio che sia stata presa di mira una fascia specifica di territorio e sarebbe interessante capire perché e come tutto questo sia stato possibile. “Rocca di Papa città del castagno” è il cartello che si legge all’ingresso del paese ma, a questo punto, visto quello che è successo, sarebbe più giusto toglierlo.

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ROCCA DI PAPA

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9 DOMANDE AL SINDACO DI ROCCA DI PAPA

VICENDA GALLI Signor sindaco, nel consiglio comunale del 29 agosto 2013 la sua amministrazione ha sostenuto la regolarità dei capannoni realizzati dalla Edilmostra Galli in base alla legge 160/2010 che permette di demolire e ricostruire volumi realizzati prima del 1995. Analizzando le foto aeree, però, si è visto che alcuni di questi volumi furono edificati dopo tale data, addirittura a partire dal 2005. Come mai quelle dichiarazioni che tutto era perfettamente regolare?

da 573 giorni

Che attendono una risposta

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EX ALBERGO EUROPA 2 Signor sindaco, la Fam Sr, la società incaricata di realizzare il nuovo municipio in piazza della Repubblica, ha citato il comune di Rocca di Papa per una serie di mancati pagamenti che avrebbero provocato l’interruzione dei lavori. L’opera doveva essere consegnata il 1° aprile 2009. Sono trascorsi 6 anni da questa data. Come mai? Di chi sono le responsabilità?

ATTRAZIONE  PER IL MATTONE Signor sindaco, abbiamo dimostrato che il suo ex vicesindaco-geometra Barbante, mentre ricopriva i diversi incarichi pubblici (assessore lavori pubblici, ambiente, ecc.), ha messo in piedi anche diverse società immobiliari, realizzando opere e strutture a Rocca di Papa, in alcuni casi in affari con un esponente dell’opposizione consiliare, Mario Gatta. Come mai su queste vicende non ha chiesto alcun chiarimento al suo ex vicesindaco? E come mai non ha ritenuto di dover affrontare l’argomento in consiglio comunale?

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IN AFFARI CON CARNEVALI Signor sindaco, il 6 agosto 2003, lei ha acquistato un terreno di 1.500 mq, ricadente nell’area del Piano Particolareggiato Calcare-Valle S. Lorenzo, insieme all’imprenditore Bruno Carnevali. Terreno poi rivenduto al doppio del prezzo alla Cooperativa edilizia Lorenzo I per 160mila euro. Vista la vicenda della sospetta sanatoria edilizia concessa dal comune a Carnevali nel 2009, non crede di dover chiarire pubblicamente i suoi rapporti con il noto imprenditore del legname?

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TERRENO CEDUTO  3 A CARNEVALI Signor sindaco, lei nel 1993 ha ceLA QUADRIFAMILIARE 6 Signor sindaco, a proposito del terduto all’imprenditore del legname Carnevali un terreno boscato di 1.616 mq in loreno acquistato con Carnevali, calità Tre Colli (uscita su via Barozze) alla come mai lei ha chiesto al suo vicesindaco cifra incredibile di 250mila lire (cioè 125 di realizzare il progetto di una quadrifamieuro). Può spiegare questo fatto? liare su tre livelli di cui uno interrato? Non crede di aver fatto una leggerezza affidanVICENDA CARNEVALI dolo al suo vicesindaco? E come mai, ot4 Signor sindaco, l’imprenditore del tenuta l’approvazione da parte dell’ufficio legname, Carnevali, ha presentato comunale (31 agosto 2008) ha chiesto una richiesta di sanatoria edilizia in base sempre a Barbante di realizzare una nuova IA alla legge n. 47/1985 che di sanare perizia estimativa? Esistono rapporti tra ORpermette T A A volumi realizzati entro l’ottobre del 1983. lei, Barbante e i dirigenti e tecnici della soT N 4! volumi cietà Lorenzo I, a cui ha ceduto il terreno? CA che01tali SA siVO Dalle foto aeree è visto 2 REsoloRaIpartire LE dal 2002, 19 furono realizzati P A TERRENO SCAMBIATO anni dopo il 1limite imposto dalla legge. 6 7 CON CARNEVALI Come maiIL la sua amministrazione il 5 agoSignor sindaco, dopo la ristrutturasto 2009 ha concesso tale sanatoria che ora andrebbe revocata? Come e quando intende zione dell’ex colonia di via Cavour, doprocedere in tal senso visto che sono pas- vendo realizzare una strada di collegasati circa sei mesi da quando il consigliere mento con via delle Barozze, la sua amministrazione, invece di adottare la Crestini ha portato alla luce la vicenda?

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norma dell’esproprio, ha sottoscritto un accordo con l’imprenditore Carnevali basato su uno scambio di aree: un terreno pubblico fronte-vista su via dei Laghi per una scarpata di via della Ruccia. Visto che tale strada non è stata mai realizzata non possiamo riportare alla proprietà pubblica il terreno di 3.500 mq ceduto a Carnevali?

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VICENDA MORZILLI DETTO UMBERTINO Signor sindaco, nel marzo 2008 venne assassinato a Roma Umberto Morzilli, ritenuto dagli inquirenti un personaggio vicino alla “Banda della Magliana”. Morzilli, attraverso alcune operazioni speculative, aveva acquisito dei terreni in via delle Barozze (ricadenti nel Piano Particolareggiato) per circa 350mila euro, rivenduti, a distanza di pochi anni, a 5,5 milioni di euro, terreni poi sequestrati dalla magistratura. Come mai il consiglio comunale non si è mai occupato della vicenda?

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PRATICA SEBASTIANELLI

10 Signor sindaco, come mai la pra-

tica edilizia riferita all’abitazione del nostro direttore, Andrea Sebastianelli, è stata tirata fuori subito dopo che Il Segno aveva portato alla luce le note vicende (vedi le altre 9 domande)? Chi ha ordinato al suo ufficio tecnico di visionare tale pratica? E con quale scopo?

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Cultura e

... dintorni

La bellezza del Duomo di Rocca di Papa

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Nel 1664 inizia la lunga storia della chiesa dell’Assunta di Alessia Ulisse Nel XVII secolo la chiesa del Crocifisso non fu più in grado di accogliere la popolazione che era in continuo aumento. Questo uno dei fattori che diede l’impulso per la costruzione del Duomo di Santa Maria Assunta in Cielo. Finanziatore dell’opera fu Girolamo Colonna, vescovo di Frascati, che affidò i lavori ad Antonio del Grande, collaboratore di Carlo Rainaldi alla borrominiana Sant’Agnese in Agone a Roma. Dalla posa della prima pietra, 3 maggio 1664, i lavori andarono avanti per soli due anni, a causa della morte del cardinale Colonna. Si riprese soltanto nel 1731, quando la scala ed il terrapieno della chiesa del Crocifisso crollarono, rendendo necessario ed urgente l’avanzamento dei lavori. A tale proposito Papa Clemente XII (già vescovo di Frascati) fece un’offerta di mille scudi ed il pubblico consiglio il 6 maggio 1734 deliberò l’imposizione di nuove tasse. Per ovviare alla mancanza di denaro si utilizzarono anche altri metodi: nella visita pastorale del 1732 si racconta che tutti i fedeli che avessero partecipato gratuitamente allo spostamento di materiale dalla vecchia chiesa alla fabbrica della nuova sarebbero stati ricompensati con cento giorni di indulgenza; altro aiuto derivò da un famoso predicatore San Leonardo da Porto Maurizio, che portò i fedeli in processione alla cava delle pietre (situata alle “prata”, attuale zona dei Campi d’Annibale) e caricandone una sulle proprie spalle li invitò a fare lo stesso. La chiesa fu terminata nel 1754 dall’architetto Domenico Gregorini, noto per il restauro della facciata di Santa Croce in Gerusalemme a Roma. L'edificio settecentesco era più corto di quello attuale, con una pianta ovale e sei cappelle. Sotto l’altare maggiore si trovava una cripta a cui era annesso un cimitero, infatti fino all’editto di Napoleone (editto di Saint Cloud del 12 giugno 1804) i morti venivano sepolti nella chiesa, o nell’annesso camposanto. Il 26 agosto 1806 una scossa di terremoto lesionò fortemente la facciata, che tuttavia resistette per circa otto anni, crollando soltanto il 14 ottobre 1814, fortunatamente senza fare vittime. Per la ricostruzione della chiesa furono imposte nuove tasse e la Congregazione del Buon Governo diede l’incarico all’architetto Domenico Palmucci. Dopo un’interruzione nel 1822 per mancanza di fondi i lavori furono portati a termine da Pietro Bracci nel 1829. L’edificio attuale ha sostanzialmente l’aspetto della chiesa inaugurata nel 1845, salvo la decorazione interna e la disposizione delle opere d’arte. Lo spostamento più rilevante riguarda

l’Assunzione di Corrado Giaquinto che dall’altare maggiore fu trasferita nel transetto per far posto alla Madonna della Pietà di Tommaso Pietro Labruzzi, ritrovato intatto sotto le macerie e interpretato come segnale divino. Per l’occasione fu progettata anche la gloria dorata, una decorazione lignea, che la incornicia, poiché un quadro così piccolo non era adatto alla grande parete curva dell’abside. La chiesa venne dedicata alla Vergine e a San Carlo Borromeo, patrono di Rocca di Papa dal 1613, infatti ai lati del transetto si trovano due tele volte a celebrarli, l’Assunzione di Maria, di Giaquinto (quarto decennio del 1700), e San Carlo Borromeo cura gli appestati (1854) di Domenico Tojetti. Le sventure della chiesa non sono, però, ancora finite, infatti il 14 febbraio 1944 Rocca di Papa venne bombardata, fu colpita anche la cupola e a causa dell’esplosione crollò la sagrestia, poco dopo venne centrato anche il campanile, ricostruito soltanto nel 1946. Al 1949 risale il restauro della facciata caratterizzata da quattro grandi colonne doriche e affiancata da due torri di cui quella di sinistra dal 1891 adibita a campanile. Nel 1966, a causa degli effetti dei bombardamenti, cadde il contrafforte occidentale. Tra il 1975 ed il 1976 don Giuseppe Gianfranceschi, parroco della chiesa, commissionò a quattro pittori roccheggiani, Miro Fondi, Franco Carfagna, Piero Gentilini e Amedeo Santangeli, la realizzazione di alcune opere destinate a riempire i nicchioni della facciata, ma la loro collocazione fu impedita, secondo le testimonianze dei pittori, dalle Belle Arti. Ogni cappella è ornata da affreschi e dipinti, alcuni dei quali provengono dalla vecchia chiesa del Crocifisso. Tra questi si annoverano nella prima cappella a sinistra un’immagine trecentesca su tavola della Madonna con il Bambino, il fonte battesimale in marmo su cui è apposta la data 1420, probabilmente utilizzato precedentemente come acquasantiera e

Il Segno, per domenica 7 giugno, ha organizzato una visita guidata presso il Duomo di Rocca di Papa. L’appuntamento è alle ore 11.30 davanti al Duomo

Il Duomo di Rocca di Papa

una tavola che risulta essere l’opera più pregiata del duomo, il dipinto del Redentore attribuito a Perino del Vaga, oggi inserita in una nicchia protetta da una grata in ferro battuto che reca il simbolo dei Servi di Maria. Nella prima cappella a destra campeggia, invece, un gesso raffigurante la Pietà di W. Achtermann, copia di un originale dello stesso scultore andato distrutto durante i bombardamenti al duomo di Münster (Germania). Tale gruppo scultoreo fu realizzato per il Crocifisso e portato nel Duomo per volere dello stesso Achtermann, preoccupato per la conservazione dell'opera. Un ultimo approfondimento merita la tela del Giaquinto, l’Assunzione di Maria, che Ricci di “un colorito coraggioso e armonico, d’uno slancio nelle figure che saremmo per dire correggesco” (C. RICCI, G. L. CERCHIARI 1930). Il quadro fu inviato a Roma in occasione di due mostre, la prima nel 1959 dal titolo “Il Settecento a Roma” e poi nel 1970 a Palazzo Venezia per una monografia su Corrado Giaquinto, inoltre recentemente il dipinto è stato citato da Vittorio Sgarbi in un articolo sul pittore pugliese .


LA STORIA

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La storia rivive a monte Cavo Successo per la rievocazione delle Ferie Latine dell’Archeoclub dei Castelli

La strada basolata romana è stata recentemente ripulita dal Gal roccheggiano

di Luigi Serafini Il 17 maggio si è svolta la rievocazione in costume delle Feriae Latinae, la più importante festività latina che fa perdere le sue tracce in un passato indefinito, quando la base economica del Latium vetus era quasi esclusivamente la pastorizia. Il luogo per celebrare gli antichi riti in chiave moderna è stato ovviamente monte Cavo, il mons Albanus dei latini, e in particolare la Via Sacra, la strada basolata che dall’Appia conduceva fin dentro l’area templare collocata sulla vetta del monte dedicato a Juppiter (Giove) i cui resti sono ancora disseminati lungo le pendici del monte. L’iniziativa, giunta alla terza edizione, è stata organizzata dall’Archeoclub d’Italia Aricino-Nemorense, unitamente alla Legio Secunda Parthica Severiana e all’associazione Tyrrhenum, ed è ormai una tradizione nell’ambito delle rievocazioni storiche dei Castelli Romani, con il patrocinio del Parco regionale e di alcuni comuni (Rocca di Papa, Ariccia e Pomezia). Le ferie latine avevano come scopo prin-

Un momento della manifestazione

cipale quello di evidenziare l’originaria appartenenza dei vari popoli di stirpe latina (l’ethnos) e infatti durante il loro svolgimento, se vi erano guerre in corso, queste dovevano essere subito interrotte. Nella cerimonia era prevista la divisione in parti uguali del pasto, in quegli anni rappresentato dalle carni di un toro bianco sacrificato a Juppiter Latialis, il Giove dei Latini. Nei giorni delle ferie, il monte e le aree circostanti erano prese d’assalto da migliaia di persone che arrivavano da tutto il Lazio, e dopo aver partecipato alle cerimonie ufficiali, si prendeva parte ai banchetti e ai giochi.

In ricordo dei nostri cari amici roccheggiani Da tempo stiamo pensando di dedicare una pagina del nostro giornale ai roccheggiani che non ci sono più e che hanno lasciato un ricordo indelebile, non solo tra i loro familiari, ma anche tra i loro concittadini. La prematura scomparsa di un caro amico, Sergio Calcagni, avvenuta in modo improvviso e inaspettato, ci permette di ricordarlo attraverso le parole di un suo amico medico. “Sono ancora sconvolto e incredulo per quello che è accaduto. La mia stima per

Sergio era infinita, essendo una persona sempre educata e rispettosa di tutto e di tutti. Era amato anche per la sua bontà. Io gli volevo davvero bene e ora sento un grande vuoto. Era una persona buona, positiva, lavoratore, capace solo di amare come solo pochi uomini sanno fare. Era sempre premuroso con i propri figli. Certamente, come tutti noi, anche lui non era privo di difetti ma era una persona con un cuore grande e questo rimarrà in tutti noi per

La Via Sacra

La manifestazione è stata ancora più suggestiva per lo spettacolo offerto dalla Via Sacra che recentemente è stata di nuovo oggetto di ripulitura da parte del Gruppo Archeologico Latino di Rocca di Papa che da qualche anno ha ripreso la strada già battuta dal GAL dei tempi di Bruno Martellotta e di Carlo Cofini. L’appuntamento è per il prossimo anno con una rievocazione speriamo ancora più entusiasmante e ricca di quella a cui abbiamo assistito.

sempre. So che voi, figli di Sergio, a v e t e dentro di voi tutto il meglio di vostro padre. Un caro abbraccio a tutta la famiglia”.

Ci associamo con sincerità a queste parole e le facciamo nostre. Il mistero della morte, che porta con se tristezza e dolore, appartiene all’uomo come quello della

nascita e ricordare chi in vita si distinse per la sua bontà e la sua benevolenza, come Sergio, è un dovere che ciascuno deve sentire proprio.

I lettori che desiderassero scrivere i propri ricordi, possono inviarli alla mail: ilpiccolosegno@libero.it


ARTE L’artista roccheggiano Emilio Guidi (in arte Uruk) si racconta in questa intervista

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L’amore per l’arte e l’incontro con Federico Zeri. Ecco Uruk

di Roberto Sinibaldi Siamo andati a trovare Emilio Guidi, nella sua casa di Rocca di Papa. È una persona riservata, quasi gelosa dei suoi lavori. Ci ha mostrato i suoi quadri, raccontato il suo percorso di formazione… gli inizi, dai ritagli (così Emilio chiama i suoi collage) dei primi anni di scuola, alle tecniche miste dei lavori degli anni successivi. Gli incontri che hanno segnato il suo pensiero, che si sintetizza in una frase di Federico Zeri, uno dei più grandi critici d’arte del mondo (scomparso nel 1998) che Emilio sottoscrive: “l’arte deve essere una cosa spontanea”. Così ci appaiono i suoi quadri: dal contenuto a volte quasi immateriale, con una visione onirica, fantastica, in cui i pensieri si delineano in un distillato di sogni, aperto all’immaginazione. Emilio Guidi, in arte Uruk, lavora preferibilmente su supporti di materiali riciclati, con tecniche miste. Ha esposto poco e lavorato molto e venduto quasi zero, così ci dice scherzando. “Ho cominciato da bambino a fare piccoli collage. Poi ho avuto l’incontro con l’arte, alle scuole medie. Ho visto i quadri degli impressionisti, in particolare Van Gogh. Mi ha impressionato la sua enorme dedizione per l’arte. Allora, intorno a 15 anni, ho comprato tele, olio e ho iniziato a dipingere. Poi in seguito mi sono iscritto al liceo artistico, ma non sono stato mai un grande allievo. Invece di andare a scuola tante volte andavo in giro per mostre… finché un giorno ho visto alcuni quadri di Giorgio De Chirico, e lì ho avuto un’altra svolta. Mi si è aperto proprio un altro mondo, sono entrato dentro la metafisica, il surrealismo, e quindi sono anche cambiate le cose da leggere. Il nome Uruk viene proprio da questo incontro: una mattina invece di andare a scuola sono andato a trovare Giorgio De Chirico al caffè Greco, che usava frequentare abitualmente. E lui mi ha detto: “Sembri un personaggio che viene da un altro paese, da Uruk. E quindi per questo ho cominciato a mettere la sigla “Uruk” ai miei quadri. Poi negli anni ho continuato a lavorare, finché c’è stato un altro grandissimo incontro che mi ha segnato ancora di più, quello con Federico Zeri. Avevo letto un suo libro e gli ho scritto. Lui mi ha risposto, era molto incuriosito, lui, di avere un incontro con me. Ero giovane, stiamo parlando dell’84. Dopo vari anni in cui ci

Il 31 maggio le opere di Uruk in mostra lungo la Via Sacra L’iniziativa promossa dal Segno e patrocinata dal comune

Domenica 31 maggio una selezione delle opere di Uruk-Emilio Guidi sarà in mostra lungo la Via Sacra, la strada basolata di epoca romana, perfettamente conservata, che si arrampica fino a monte Cavo. L’esposizione, dal titolo “Picnic dell’Arte”, si terrà nel tratto compreso tra la cappelletta dedicata a S. Rita e la loggetta, il punto panoramico per eccellenza in cui si possono mirare insieme il lago di Nemi e il lago Albano. L’iniziativa, promossa dall’associazione culturale “Editoriale il Segno” che da alcuni anni è impegnata anche in attività ambientali e culturali, ha ricevuto il patrocinio gratuito del comune di Rocca di Papa, che ringraziamo. Le opere di Uruk si potranno ammirare dalle ore 10:30 fino al tramonto. L’inaugurazione dell’evento si terrà alle ore 11:30.

siamo scritti delle lettere, nell’87 sono andato a casa sua, a Mentana, con circa 30 quadri. Sono andato a farli vedere. È rimasto subito molto colpito. Poi gli incon-

tri sono continuati fino al ‘98. Andavo a casa sua una volta al mese, a far vedere le opere nuove. Aveva in mente di fare una bella mostra, infatti ogni volta segnava i quadri più interessanti. Indubbiamente era una grande carica per me, infatti credo che quello sia stato il periodo più intenso: ero molto stimolato dagli incontri con il grande professore. Un’altra grande soddisfazione è venuta dal critico d’arte inglese Ernst Gombrich. Anche lui ha scritto bene del mio lavoro, e ci siamo scritti per un po’ di mesi. Di mostre ne ho fatte poche e senza l’aiuto di nessuno, solo per la voglia di far vedere. In sintesi, ho lavorato tanto, ho esposto molto poco, ho venduto quasi zero. Ho realizzato delle cose proprio perché c’era tanta passione e tanta voglia di fare. Le mostre le ho fatte nei luoghi più disparati: nelle piazze pubbliche, nei giardini. Una volta l’ho fatta dentro un Tir. Insomma, anche delle cose un po’ originali. Lavoro sempre combinando varie tecniche. Qualsiasi supporto è buono per realizzare quello che sento di fare”.


SCIENZA

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RUBRICA MEDICA Spunti Nuovi rimedi contro la Parodontite di psicologia Risponde la Dott.ssa Bruna Benelli

Cyberbullismo

Si concluderà a fine mese il laboratorio di cinematografia dal titolo “Cinema e realtà”, che sto tenendo presso l’Istituto per il turismo “Via della Stella” ad Albano Laziale. Il mezzo cinematografico ha il grande merito di coinvolgere gli spettatori e, attraverso il meccanismo della identificazione, permette loro di affrontare dinamiche personali che altrimenti non avrebbero mai incontrato. Infatti, l’identificazione consente di aggirare le resistenze, ci si trova coinvolti così nei drammi dei vari personaggi, che alla fin fine interpretano ruoli paradigmatici e vivono esperienze ed emozioni verosimili, che potrebbero accadere a chiunque. Un laboratorio di questo tipo che si svolge in una scuola secondaria superiore deve avere uno scopo educativo valido, per trasmettere valori e insegnamenti che devono essere acquisiti in una fase vulnerabile come quella adolescenziale. Ho scelto di trattare il tema della violenza che si può esprimere sotto forma di bullismo e di cyberbullismo. È specialmente il secondo tipo di vessazioni quello più insidioso e preoccupante, perché anche se può trarre origine da una persona sola, il cyberbullo, che prende di mira la vittima, spesso per motivi futili che hanno a che vedere con delle presunte “debolezze” caratteriali o dei difetti fisici, si allarga a macchia d’olio con velocità impressionante, sfruttando il mezzo comunicativo virtuale. Molti social network vengono utilizzati a questo scopo per deridere, perseguitare e addirittura minacciare di morte il povero bullizzato e ad un solo persecutore se ne aggiungono tanti altri. Ci sono stati anche molti casi, specie negli USA, di adolescenti che hanno reagito suicidandosi. Diventa quindi importante stabilire un buon rapporto comunicativo genitori-figli e anche insegnanti-alunni, così che i ragazzi abbiano almeno una figura di riferimento adulta che li possa adeguatamente consigliare sul da farsi.

A cura dei dottori Paolo Di Martino e Alberto Di Paolo*

Gengive color rosa chiaro, assenza di placca e di tartaro, denti ben stabili, nessun sanguinamento gengivale: questi sono alcuni dei canoni per una bocca sana. La piorrea, invece, è una malattia parodontale, una volta incurabile, che riguarda la caduta dei denti. Ma chi ne soffre, oggi, non deve più disperare, infatti i progressi fatti nel campo della diagnosi e della cura della parodontite cronica (questo il nome scientifico), permettono il successo anche nei casi più difficili. Si tratta di una battaglia sostenuta dalla prevenzione, da rivolgere contro la placca batterica che tende a depositarsi lungo il colletto dei denti, la zona di passaggio tra corona e radice, protetta e “sigillata” dalla gengiva. Piorrea è un termine medico che deriva dal greco e significa “fuoriuscita di essudato purulento cioè di pus”. All’origine delle gravi forme della malat-

tia c’è quasi sempre una gengivite trascurata, causata della placca batterica mal rimossa. La malattia si manifesta con un’alterazione della consistenza della gengiva e della sua architettura, sanguinamento più o meno abbondante, mobilità dentale più o meno marcata, sensibilità freddo/caldo, cattivo odore. Questi ultimi segni corrispondono allo stadio già molto avanzato della malattia ma quando le gengive si distaccano dalla radice del dente e la placca batterica si annida in profondità, non è più eliminabile neppure con diligenti manovre quotidiane di spazzolamento. Il più aggiornato approccio alla terapia eziologica della parodontite è denominato “Full Mouth Disinfection” (in italiano: Disinfezione Totale della Bocca) ed ha portato ad apprezzabili risultati. Questa procedura è basata sulla riduzione in toto, nell’arco di un tempo estremamente breve,

Occhio alla Nutrizione Sì al cioccolato!

di Laura Fico* Sono certa che questo titolo avrà attratto la vostra attenzione, chi può resistere al cioccolato? Strano ma vero: anche se a dieta ci sono delle sane motivazioni per mangiarlo… vediamole insieme! Ma attenzione, purché sia fondente! Uno studio promosso dall’Inran(1) ha confermato che il cioccolato fondente aumenta notevolmente la concentrazione di antiossidanti nel sangue mentre, ahimè, quello al latte non ha alcun effetto. Da ora in poi farò riferimento solo al cioccolato con una concentrazione di cacao maggiore del 70%. Il “cibo degli dei” rappresenta una delle più generose fonti

alimentari di flavonoidi, importanti antiossidanti che proteggono le nostre cellule dai danni causati dai radicali liberi. Il cioccolato sembra quindi in grado di modulare la pressione sistolica, la risposta insulemica e i valori di LDL riducendo così i fattori di rischio cardiovascolari. Contiene anche importanti sali minerali quali calcio, ferro e

della carica batterica presente in tutto il cavo orale. Nei casi più gravi sono necessari dei piccoli interventi chirurgici sulle gengive, associati a terapie antibiotiche mirate ad eliminare le tasche parodontali residue. "La piorrea" insomma è curabile, anche nelle forme più avanzate, quasi nel 100% dei casi, purché s’intervenga prima che diventi “espulsiva” e che si porti via per sempre il nostro sorriso.

*Studio odontoiatrico associato Dental AP (Rocca di Papa - Via Frascati, 292/A) www.dentalap.it

magnesio; non dimentichiamo inoltre che è un buon antidepressivo grazie alla teobromina, alla feniletilamina e al triptofano. Ma attenzione alla teobromina perché molti animali, tra cui il cane, non sono in grado di metabolizzarla e quindi, per loro, è tossica e può essere addirittura, in grandi dosi, mortale. Il mio consiglio è di consumarlo la mattina sia per il suo alto indice glicemico e sia per le sue proprietà eccitanti. Sembrerebbe tutto fantastico se non fosse la sua alta densità calorica:100 gr di cioccolato fondente contengono quasi 500 chilocalorie! Per rendere quindi la nostra giornata salutare e felice ne bastano appena 20 gr! (1)

Inran: Istituto Nazionale per gli Alimenti e la Nutrizione *Biologa Nutrizionista


il Segno - maggio 2015

L’angolo della storia

Il primo conflitto mondiale

di Vincenzo Rufini La crisi della società liberale ebbe a generare, negli anni dieci del ventesimo secolo, una conflagrazione terrificante che prese il nome di “Grande Guerra”, che scoppiò nel 1914. L’Italia in questo eccidio di popoli entrò a farne parte integrante il 24 maggio 1915, giustappunto un secolo fa. Il suo intervento fu cagione di una sostanziale ambiguità e di una decisione non univoca, che vide la contrapposizione di due schieramenti avversi: gli interventisti e i neutralisti. Il nostro Paese aveva, sin dal 1882, sottoscritto un trattato di alleanza militare (la Triplice Alleanza), con l’Austria e la Germania per volere dell’allora uomo forte: Francesco Crispi. Allo scoppio delle ostilità l’Italia proclama la sua neutralità interpretando in modo difensivo i termini dell’alleanza. Nel periodo di tempo che va dal giugno 1914 (attentato di Sarajevo) e il maggio 1915 (il maggio radioso, come si dirà in seguito), avviene un continuo intrecciarsi di trattative, più o meno segrete, tra il governo italiano e le due Triplici (La Triplice Alleanza contrapposta alla Triplice Intesa degli inglesi, francesi e russi). I membri della nomenklatura politica del tempo rispecchiano in modo proporzionale i due schieramenti: una minoranza interventista (facente capo a D’Annunzio, Mussolini e ai futuristi), la quale propugna un intervento a favore della Intesa e una stragrande maggioranza (socialisti, cattolici, liberali) neutralista con punto di riferimento nel vecchio statista Giovanni Giolitti, neutralista ad oltranza. L’uomo politico Giolitti asseriva che “Parecchio” (come scrisse in una missiva ad un suo collaboratore) si poteva ottenere dalle parti in lotta conservando una posizione neutrale. Anche il Vaticano era contrario ad una partecipazione italiana nel conflitto, anche se aveva perso quella sua influenza sulla penisola a causa della Questione Romana apertasi con la breccia di porta Pia nel 1870. Il partito socialista, dissentendo con gli altri partiti socialisti europei che avevano fatto la scelta di campo nazionale, per bocca del

CULTURA

suo più autorevole rappresentante, Filippo Turati, decide per la neutralità con la formula “Né aderire, né sabotare”. Nel frattempo la Francia si adopera onde influenzare l’opinione pubblica italiana portandola a manifestare la propria simpatia per un intervento a favore dell’Intesa, per far ciò coinvolge il Vate D’Annunzio, rifugiatosi in terra di Francia per sfuggire ai suoi molteplici creditori. Saldati i suoi debiti, Gabriele D’Annunzio rientra in patria e comincia la sua opera dando il meglio della sua arte retorica anti-tedesca riversata sul piatto della Francia e della Gran Bretagna, attuando una specie di rivoluzione strisciante che persuade sempre più larghe fasce della popolazione e che induce il capo del governo dell’epoca, Antonio Salandra, e il suo ministro degli Esteri, Giorgio Sidney Sonnino, a stipulare in modo segreto il Patto di Londra, che porta l’Italia a far parte della Triplice Intesa e ad entrare in guerra. La stipulazione di questo Patto, che verrà reso pubblico solo nel 1917 dal periodico russo Izvestia, è un tipico esempio della frenesia con cui si svolsero gli avvenimenti di quel particolare maggio,

l’Italia entrava in guerra per ottenere dei benefici territoriali (il Trentino in primis), ma i suoi plenipotenziari si dimenticavano di mettere per iscritto che nell’eventuale bottino di guerra si doveva includere anche la città di Fiume per la sua preponderante italianità. Ciò causerà alla fine della guerra una forte rivendicazione della città da parte di D’Annunzio che la occuperà con i suoi legionari dando vita al primo esperimento di una società libera, con connotati anarchicheggianti, socialisteggianti e di nazionalismo esasperato. Fiume assurgerà ad esempio della “Vittoria Mutilata”, come venne chiamata la vittoria italiana nella guerra. Il conflitto si conclude nel 1918 con la vittoria delle forze dell’Intesa, che nel 1917 aveva perso la Russia degli zar travolta dalla Rivoluzione bolscevica; ed aveva sanzionato il definitivo ingresso delle masse nella storia. Quelle masse contadine sradicate dai loro campi e portate a combattere in condizioni drammatiche una lunga guerra di trincea e che ora nel momento della smobilizzazione e del reinserimento nella vita sociale reclamavano i loro legittimi diritti.

La poesia del mese U tiempu fa da sì

di Anna Giovanetti

Gni se capisce niente co’ ste’ staggioni matte non se conosce più né inverno o primavera. A Natale stà o sole e a Pasqua piove forte u tiempu n’étè più come ‘na vota etera!

I viecchi se recordanu tanta neve e tantu freddu e se faceanu ‘a remessa pe passà l’invernata ma doppo pe tre mesi o sole so’ godeanu tuttu e ‘a gente pe ‘a via giréa mezza spoiata.

Mo’ l’inverno piove tantu e o freddu ne fa pocu l’Italia crolla tutta e se ‘llaganu e città l’estate dura solu pochi giorni de focu e ‘a giacchetta appriessu ta tiè sempre da porta’. N’somma non se pou fa più tante previsioni e purtroppo ci tenemo da rassegna’ non se pou spetta’ più come ‘na vota e staggioni mo’ u tiempu fa da sì non gni stà niente da fa!

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L’era dei robot inizia dagli alberghi

Se progettavate di andare in Giappone questa estate, non potete non alloggiare all’hotel Huis Ten Bosch (Casa nel verde) nella città di Sasemo, vicino Nagasaki, che dal 17 luglio aprirà la sua prima gestione affidata al 90% a robot. Infatti, questo albergo è caratterizzato dal personale fatto non di uomini di robot dalle fattezze umane che accolgono rispettosamente gli ospiti, parlano la loro lingua, augurano il buongiorno, aprono la porta della camera (le chiavi non sono più necessarie, dal momento che i robot possono registrare i lineamenti dei clienti). Insomma, un servizio degno di nota e senza che sia necessario dare neanche uno yen di mancia. Inoltre, affittare una camera non è poi così costoso come ci si aspetterebbe, anzi la si può avere per 100 euro a notte. Il costo del pernottamento, forse, si deve alla diminuzione della spesa per il personale umano. Il Giappone non è nuovo nel campo della robotica, anzi è uno dei Paesi più all’avanguardia nel settore tecnologico, come sappiamo. Già da qualche anno sono state sperimentate macchine dotate di intelligenza artificiale in grado di comprendere le emozioni degli uomini oppure di parlare durante fiere e convegni, come Aiko Chihira, l’androide della Toshiba, costruita in simil pelle umana e che riproduce perfettamente le fattezze di una donna vera. Un futuro che forse si credeva troppo lontano o addirittura fantascientifico nella sua realizzazione, quando invece non è mai stato più vicino di così. Molti scienziati e futurologi hanno ipotizzato questa forma di fusione nelle macchine che sembrano uomini, alcuni in modo positivo, altri (Hawkings, Gates e Musk) ipotizzando scenari apocalittici alla Terminator. Quanto cambierà della nostra vita con l’entrata in scena di macchine che svolgeranno il nostro lavoro senza stipendio, 24 ore su 24 e 365 giorni l’anno? Che ci diagnosticheranno malattie e ci cureranno? Che ci prepareranno il caffè al bar la mattina? Tra non molti anni, forse, lo scopriremo. Francesca Torino


STORIE

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IL RACCONTO DEL MESE

G

ino, a quel tempo, lo chiamavano Ginetto perchè era bassino e mingherlino. Aveva circa sedici anni ed ormai, da almeno sei, conduceva di Noga al pascolo le poche pecore della famiglia. Al ritorno a casa, appena dopo il tramonto, si metteva seduto al suo solito posto attorno alla tavola, insieme agli altri quattro fratelli più grandi. La madre contava le patate lesse, le fette di pane e scopriva il pezzo di lardo che pendeva dal soffitto e sul quale avrebbero, a turno, ingrassato la fetta di pane per mangiarla poi insieme alle patate. Il padre non era presente spesso: si recava all’osteria a bere il pessimo vino rosso dello Zoppo, detto anche il Ramaio. La distribuzione avveniva velocemente ed altrettanto velocemente il cibo spariva dalla tavola, ingollato tutto d’un fiato. Per il padre non avanzava quasi mai niente: tornava ubriaco, si sdraiava sul letto e si addormentava di schianto. Le cose erano a questo punto quando giunse in paese il cugino maggiore che propose di prendere sotto la propria tutela Ginetto ed emigrare insieme a lui clandestinamente in Francia o in Svizzera. I genitori, vista la possibilità di sgravarsi almeno di un peso, furono d’accordo ed affidarono Ginetto al cugino maggiore, con mile raccomandazioni. I due partirono dopo qualche giorno, di notte e a piedi, come fossero dei ladri fuggiaschi. Attraversarono la vecchia faggeta, i campi di grano turco e raggiunsero il fiumiciattolo sassoso dove si fermarono. Qui arrivarono altri emigranti, una decina in tutto e all’alba giunse un camion vecchio e sgangherato con un grande telone grigiastro svolazzante.

P

artirono traballando da tutte le parti. Si addormentarono e Ginetto sognò le sue pecorelle, la sua fetta di pane e il lardo penzolante dal soffitto. Non seppe mai quanto durò quel viaggio: aveva dormito tutto il tempo. Lo svegliò il cugino maggiore con uno strattone violento: “Sveglia! Dobbiamo scendere”. Scesero: era quasi l’alba. Ginetto guardò in giro: pini, abeti, prati, rumore di acqua corrente nelle forre, echi lontani di richiami,

Ginetto e la Svizzera

forse boscaioli o pastori. Una luce traslucida pioveva dall’alto degli alberi. Era un’alba nuova, diversa, come Ginetto non aveva mai visto. Un uomo con un grosso bastone ed un cappello nero parlottava con il capogruppo indicando una direzione e facendo continuamente di no con la testa. Infine si avviarono, a piedi, verso un punto indefinito della montagna che chiudendo l’orizzonte verso oriente impediva ancora alla luce mattutina del sole di illuminare tutta la valle. Camminarono molto e molto velocemente. Ginetto era spossato, affamato, intimorito e teneva la mano del cugino maggiore senza abbandonarla mai. Infine giunsero vicino ad un fontanile dove si stavano abbeverando dei pacifici vitelli pezzati. Il cugino maggiore prese in disparte Ginetto e gli disse: “Adesso invece delle pecore porterai alla stalla quei vitelli e starai sempre zitto e muto come quegli alberi laggiù”. Ginetto si avvicinò ad uno dei vitelli, prese la cavezza, gli accarezzò il muso e trascinandolo via seguito dagli altri si avviò verso la stalla indicatagli da un grasso uomo con delle grandi mani pelose, un caseggiato rosso verniciato di fresco con gli infissi bianchi. Accanto sorgeva un’abitazione in pietra e legno: bellissima! Il cugino maggiore entrò insieme a Ginetto ed ai vitelli nella stalla. Era un luogo incantato pulitissimo e ordinatissimo. Lo prese in disparte e gli disse: “Gino, siamo in Svizzera e questa è la stalla dove, da ora in poi, farai il guardiano dei vitelli ed io sarò per te come un padrone.

WÉààAáát UÜâÇt UxÇxÄÄ|

Psicologa-Psicoterapeuta Svolge attività terapeutica con bambini, adolescenti e adulti presso il suo studio sito in Via Ascanio, 3 - Albano Laziale (Roma) Contatti: 331.6171362 dottoressabenellibruna@virgilio.it

M

a non devi mai parlare con nessuno. Domani mattina inizieremo il nostro lavoro”. 1/Continua

il Segno - maggio 2015

L’albero degli alberi: la quercia

di Francesca Torino Esistono alberi talmente maestosi, imponenti, ancestrali che l’uomo non può far altro che ammirare con devozione e rispetto. Uno di questi è la quercia, una volta principe indiscusso dei boschi dei Castelli Romani. Molti sono i miti e i simboli che ci raccontano la storia di quest’albero e l’importanza che avuto, e ha tuttora, nella vita degli uomini. Nell’antica Grecia si credeva che la quercia più vecchia si trovasse nella città di Dodona e, in virtù della sua vetustà, era considerata sacra a Zeus poiché fungeva da mediatore tra il dio e il genere umano. Era un oracolo, quindi, che proferiva il messaggio divino attraverso le sacerdotesse della città. Molte le testimonianze di questo mito, seppur con delle differenze, nella letteratura greca classica, da Omero a Erodoto. L’associazione con il padre degli dei è un’iconografia molto diffusa in tutto il Mediterraneo e che fa della quercia un sovrano tra tutti gli alberi, un tramite tra il divino, il terreno e gli inferi grazie ai suoi numerosi rami e alle sue profonde radici. Anche nell’antica Roma, l’albero è legato alla figura di Giove. Ci racconta Tito Livio, infatti, che Romolo, dopo aver sconfitto i Sabini, portò ai piedi di una quercia venerata dai pastori, le armi del capo nemico ucciso e fece costruire un tempio dedicato al dio. L’albero, però, simboleggiava anche la sovranità. Questo ci viene testimoniato dalla raffigurazione di una corona di foglie di quercia, assieme ai re di Alba Longa e ai loro successori, i sette, che li identifica come rappresentanti di Giove sul mondo terreno. Una leggenda sarda riconosce nella quercia l’emblema della protezione del padre. Si narra che il diavolo, recandosi dal Signore, gli chiese di concedergli una parte del creato, accontentandosi di avere potere sul bosco. Dio acconsente, ma soltanto quando ogni singola foglia sia caduta da tutti gli alberi del bosco. In inverno, dunque. Non appena gli alberi seppero di questo patto, si allarmarono e chiesero consiglio alla quercia, il più saggio. Questo li rassicurò promettendogli che le sue foglie sarebbero cadute solamente quando le loro sarebbero rinate. E così fu, non permettendo al diavolo di regnare sul bosco. Molti e curiosi i miti e i simboli legati a questo maestoso albero che forse oggi meriterebbe più rispetto da parte nostra, lui che ha visto più albe e tramonti di noi.


Un grazie ai volontari dell’Avis donare il sangue è donare la vita il Segno - maggio 2015

TERRITORIO

“Mi commuovo ancora pensando con quanta generosità mi aiutarono”

di Florentina J. Pagnajer Scivolo sull’onda di un sentimento, trovo equilibro nel pensare che, sulla bilancia della vita, c’è chi è più fortunato e chi meno... c’è chi sa dare di più e chi sa ricevere. Mi commuovo facilmente davanti alla fragilità e alla sofferenza, vorrei vivere in un mondo con meno dolore, meno egoismo. Amare se stessi, a volte fino all’idolatria, è un narcisismo sprecato tra le righe che spalmiamo sui nostri sguardi, come un rimmel che si scioglie sul viso bagnato dalla pioggia... vorrei che fossimo un po’ di più degni dell’Essere in genere e capire che la vita altrui è anche un po’ la nostra, vorrei salire su quel palcoscenico della nostra esistenza e gridare al mondo che ognuno di noi è un pezzo minuscolo della catena del rullo che traina l’evoluzione, vorrei dare con le mie parole un senso di nobiltà a chi, tra il coraggio e la volontà, si offre per una ragione che è nobile in se: il dono del sangue! Un gesto semplice ma che ha una profondità enorme... può ridare luce agli occhi spenti dalla sofferenza, può dare la vita in se, quando la vita di un altro scorre su un filo di rasoio.. Le mie parole, a volte in un senso metaforico, vogliono essere semplicemente un omaggio per tutte quelle persone che donano il sangue con una normalità che gli fa onore. Le mie parole vogliono essere un invito a donare il sangue a tutti quelli che possono farlo, ma soprattutto vorrei coinvolgere i cittadini romeni, con regolare residenza a Rocca di Papa, a diventare donatori. Qualcuno già lo è, qualcuno non sa nulla

sull’argomento. Ho tradotto recentemente in romeno il regolamento che l’AVIS di Rocca di Papa mi ha consegnato e ringrazio il presidente Bruno Eleuteri e il suo staff per l’accoglienza offerta nell’abbracciare la mia iniziativa. Infine ringrazio Padre Gabriel per la disponibilità nell’aiu-

tarmi in questo percorso. Invito quindi, per tutte le informazioni, a recarsi presso l’AVIS Rocca di Papa. Offro come esempio le magiche parole lette su un opuscolo dell’Avis: “Quello che tu puoi fare per gli altri, è una goccia nell’oceano della vita. Ma è quella goccia che dà senso e

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significato alla tua vita”. M Teresa di Calcutta Ed offro come esempio la mia esperienza personale: nel lontano 2013 mio padre, residente all’estero, venne da me per un triste evento, e purtroppo in seguito avrebbe dovuto subire d’urgenza un intervento chirurgico per cui necessitava una donazione di sangue; provata già da un dolore profondo, trovai la forza di chiedere aiuto proprio all’AVIS di Rocca di Papa. Mi commuovo ancora pensando con quanta generosità mi aiutarono... Il mio ringraziamento tardivo e anche un mio dovere morale per coinvolgere ed incoraggiare nel diventare donatori... siatene certi, ci sarà sempre qualcuno che a distanza di tempo vi dirà semplicemente “grazie” ma dietro quella magica parola rimarrà sempre una marea di sentimenti.

Anche quest’anno al via il test del Psa

L’adenocarcinoma della pro- Il calendario delle donazioni plasia prostatica benistata è diventata la neoplasia gna o dopo metodiche più frequente nei soggetti di Maggio diagnostiche, come Ven. 29-Dom. 31 età superiore ai 45-50 anni, l’esplorazione rettale e Dom.14-Ven.26-Dom.28 l’ecografia trans-rettale. ed è la terza causa di morte Giugno per cancro, dopo i tumori del Luglio Quando la malattia si Ven.10-Dom.12-Ven.31 polmone e del colon-retto. chiama cancro, nessuna La diagnosi precoce del can- Agosto chemioterapia, radioteDom.9-Ven.28 cro della prostata, sta assurapia è più efficace della Dom.13-Ven.25-Dom.31 diagnosi precoce; forse, mendo un ruolo sempre più Settembre rilevante, grazie soprattutto eseguendo “a tappeto” Ven.19-Dom.11-Ven.30 alla determinazione sierica Ottobre il dosaggio del PSA del PSA (Antigene Prostanella popolazione matico Specifico); per questo motivo, l’Associa- schile, potremmo vedere ridurre il rischio di zione Americana di Urologia (AUA) e morte per carcinoma prostatico, così come è l’Associazione Americana per il Cancro (ACS) avvenuto per il cancro della mammella. consigliano che tutti gli individui di sesso ma- Vista la sua semplicità ed importanza, l’Avis schile, al di sopra dei 45-50 anni di età, ven- di Rocca di Papa, ha deciso anche per quegano sottoposti, almeno una volta l’anno, al st’anno d’inserire, tra gli altri esami ematochidosaggio dei livelli ematici del PSA, attraverso mici di routine che vengono eseguiti sui un semplice prelievo del sangue. donatori, anche il dosaggio del PSA per tutto Normalmente, solo minime quantità di PSA il periodo estivo, ritenendo che il donatore, sotcircolano nel sangue perciò, livelli elevati di toposto ad un esame non richiesto dalla legge, tale proteina possono indicare la presenza di prenda coscienza dell’importanza della donaun tumore in fase iniziale. zione, non solo come atto di solidarietà verso Ma non sempre elevati livelli di PSA sono si- gli altri, ma anche come momento di controllo nonimo di carcinoma prostatico. Valori di PSA preventivo della propria salute. superiori a 4 μg/ml sono l’indicazione di qual- Per qualsiasi chiarimento, informazione o precosa che non va, ma non è obbligatoriamente il notazione per eseguire il test, potrai contattarci cancro ad esserne la causa. Il PSA, infatti, s’in- telefonicamente presso la nostra sede di via nalza anche in caso di infiammazione della Campi d’Annibale 135B, tel. 06-94286108, o prostata (prostatite), infarto prostatico, iper- visitando il sito www.avisroccadipapa.it.


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Spunti di cinema

Marigold Hotel, il ritorno

di Camilla Lombardozzi Mai cast fu così azzeccato come quello del Ritorno al Marigold Hotel, diretto da John Madden (Shakespeare in love) e sequel del già molto apprezzato Marigold Hotel. È proprio il caso di dire che Madden è riuscito a bissare (almeno dal punto di vista della critica), presentando di fatto un altro piccolo capolavoro. Sarà che squadra che vince non si cambia, ma il nostro regista è riuscito a ripetere l’impresa del 2012, mostrandoci nuovamente un gioiello di humor britannico, amore e un po’ di nostalgia. La trama è semplice e lineare: ora che il Marigold Hotel è pieno di clienti che si trattengono per periodi prolungati, i due co-direttori, Muriel Donnelly (Maggie Smith) e Sonny Kapoor (Dev Patel), sognano di ingrandirsi e hanno appena trovato il posto ideale per farlo: il secondo Marigold Hotel. Tra nuovi ospiti che si aggirano nelle stanze, matrimoni in stile indiano e complicazioni inattese il Marigold Hotel torna a farci sognare. Nonostante in Italia la prima pellicola non abbia ottenuto un enorme successo, incassò circa un milione di euro, nel resto del mondo ha invece fatto faville incassando ben 46 milioni di dollari, contro i dieci spesi per produrlo. Era chiaro fin da subito, perciò, che la casa di produzione Fox Searchlight Pictures volesse ripetere l’enorme successo. L’atmosfera è resa ancor più coinvolgente dal cast stellare, da Judy Dench a Bill Nighy, da Maggie Smith a Ronald Pickup, da Penolope Wilton a Richard Gere, da David Strathairn a Celia Imrie e al già citato Dev Patel. Sublimi, simpatici, irriverenti, sensazionali, capaci di infondere al film quella delicatezza e spensieratezza tipica delle pellicole vecchio stampo. Ritorno al Marigold Hotel è un film mai banale, riuscendo a non cadere nei cliché visti e rivisti nelle drama-comedy britanniche. Nelle sale cinematografiche italiane è sbarcato lo scorso 30 aprile.

VAGABONDANDO

In giro per musei...

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Chiostro del Bramante

Marc Chagal, il primo avanguardista del ‘900 di Francesca Torino Il Chiostro del Bramante, nel cuore di Roma, ospita fino al 26 luglio una mostra sull’artista russoebreo Marc Chagall (18871985), di nuovo in Italia dopo un’assenza durata quattro anni. L’esposizione artistica “Chagall. Love and Life”, in collaborazione con l’Israel Museum, presenta 140 opere dell’artista avanguardista del Novecento. L’obiettivo è mostrare e raccontare, attraverso i suoi lavori, il percorso artistico di Chagall nel corso di quasi tutto il Novecento, nonché la sua influenza e il suo grande amore per la moglie Bella, sua musa ispiratrice, la cui prematura morte nel 1944 lasciò in lui un profondo dolore tanto da non permettergli di continuare a lavorare per un anno. Le tematiche affrontate nelle bellissime sale del Chiostro vanno dalle radici nella città bielorussa Vitebsk, alla sua descrizione nel ciclo di opere che prendono il nome di Ma Vie (“La mia vita”); dall’incontro con l’amata

Bella Rosenfeld, della quale illustra i suoi libri Burning Lights e First Encounter; alle rappresentazioni della Bibbia, in particolare le fasi dell’Antico testamento che vedono protagonisti Dio e l’uomo. Importanti anche i lavori di incisione e litografia, tecniche che affascinano l’artista. Non a caso, infatti, nella terza sala è stato riprodotto l’ambiente della stamperia Mourlot di Parigi, frequentata da molti artisti, quali Matisse, Picasso, Braque e Giacometti, e dove Chagall lavorava. Di straordinario fascino anche le 18 illustrazioni delle favole di La Fontaine e le 15 tavole sull’opera letteraria dello scrittore russo Nikolaj Gogol, “Le anime Morte”. L’esposizione è arricchita

Marc Chagal

dalla proiezione in sala di alcune opere dell’artista, le quali sembrano comparire e svanire come fossero tratti di pennello tinti di acquarello, creando un effetto molto suggestivo. Un’arte, quella di Chagall, che entra nell’intimo per parlare di vita e di storia, di arte e di letteratura, di bellezza e amore. Chiostro del Bramante fino al 26 luglio 2015 via Arco della Pace 5 Roma

Secondo posto per Lavinia Casciotti ai campionati italiani di kick boxing

La quindicenne di Rocca di Papa Lavinia Casciotti con il suo preparatore Manfredi Lavinia Casciotti si è classificata al secondo posto ai Campionati italiani di kick boxing organizzati dalla FIKBMS, la Federazione Italiana KickBoxing Muay Thai Savate e Shoot Boxe. Un bellissimo risultato per la giovane atleta roccheggiana, che ricade nella categoria cadetti femminile 13-15 anni (meno di 50 kg) e per il suo preparatore, il maestro Alessandro Manfredi. I campionati si sono svolti a Desio nei giorni 1, 2 e 3 maggio. Per Lavinia questo sport si sta dimo- anno che lo affronta dal punto di vista strando ricco di soddisfazioni conside- agonistico. Lavinia ha conseguito la cinrando che è il terzo anno che lo pratica tura verde. Complimenti! con passione e sacrifici, ed è il secondo Noi continueremo a seguirla.


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di Annarita Rossi Tutti gli animali sono uguali ma alcuni sono più uguali degli altri. Così scriveva George Orwell nel suo romanzo satirico “La fattoria degli animali”. La letteratura è fitta di animali dove nella recita del mondo ne sono attori protagonisti. Nelle fiabe gli animali da sempre sono stati umanizzati allo scopo di mettere in scena un’eterna commedia umana iniziata con la tradizione greco latina. Nel Medioevo le descrizioni di animali vengono generalmente interpretate come simboli di verità religiose. Agli albori del 700 “Il gatto con gli stivali”, di cui la versione celebre di Charles Perrault, risulta archetipale per affrontare serenamente l’avventura della vita e anche per amare ed avere rispetto degli animali. Successivamente, ai primi dell’800, con i fratelli Grimm, gli animali nella narrazione conducono il lettore al meraviglioso, al magico ma anche al pauroso. Tante sono comunque le fiabe dove gli animali sono visti come esseri buoni. Ne “I viaggi

La vita nei modi di dire

TEMI D’OGGI

Animali fiabe e realtà

di Gulliver” di Jonathan Swift, gli animali incarnano la semplicità e la virtù, di contro alla brutalità tutta umana. Nella seconda metà dell’800 le fiabe non sono più esclusivamente per bambini ma anche per adulti, esempi ne sono “Alice nel paese delle meraviglie” di Lewis Carroll e “Pinocchio” di Carlo Collodi. In seguito però gli animali con “I racconti di Edgar Allan Poe” e con “Moby Dick” di Herman Melville, diventano modelli di un soprannaturale negativo e terrificante. Agli inizi del 900 con “Il richiamo della foresta” e con “Zanna Bianca” di Jack London, l’animale è buono e salvifico, riprendendo quel filone precedentemente iniziato da Rousseau dove la natura è buona e innocente. Seguiranno altre

di Enea Trinca

Un politico ha tante di quelle idde stupide in testa che la notte soffre d’insonnia.

Se nei momenti più bui non trovi la strada, sforzati di vedere ciò che splende dietro le nuvole più nere.

Non dimentico mai una faccia, ma nel tuo caso farò un’eccezione.

Scegliere gli amici troppo in fretta si rischia di rimanere solo.

Quando sento un politico dire che è diventato ricco dopo un duro lavoro, io mi chiedo: il lavoro di chi?

Se nella vita vuoi essere il primo, fai in modo che non ci sia né il secondo nè il terzo, né il...

Vi siete mai domandati perché la Luna non viene mai fuori nelle notti più buie?

il T o c c o

di Ermanno Gatta

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di belle storie dove collettività di animali combattono per la giustizia, la libertà e una vita migliore come ne “La collina dei conigli” di Richard Adams. Infine, per arrivare ai giorni nostri ne “La storia della gabbianella e del gatto che le insegnò a volare” di Luis Sepùlveda, ritroviamo un bellissimo messaggio ecologico oltre che di amore. E proprio come asseriva Orwell, nella realtà, alcuni animali sono più uguali di altri, infatti, taluni sono amati e rispettati, altri sono erroneamente umanizzati e purtroppo non pochi vengono maltrattati mentre altri ancora sono a serio rischio estinzione a causa della deforestazione ma non solo, che sta portando alla distruzione del Pianeta. Le fiabe hanno insegnato e continueranno a farlo dando messaggi più o meno condivisibili ma sarebbe opportuno educare i bambini sempre più al rispetto della natura. Nel 2016 diventerà finalmente obbligatoria l’educazione ambientale nelle scuole mentre l’educazione animalista, viene impartita ancora soltanto da alcune associazioni. Nel Nord Europa diversamente, già da alcuni anni, vengono praticate le lezioni scolastiche all’interno dei boschi. Insegnare ai bambini che il pianeta e le sue creature sono fragili e che vanno salvaguardate, dovrebbe essere prioritario per un futuro che possa far sembrare anche un po’ reali persino le fiabe.

Pillole ECONOMIA di Mauro Artibani

Teoria e pratica

Che non funzioni più quel vecchio anchilosato paradigma che recita: “le imprese generano ricchezza ecc.” mi fregio di dirlo da tempo. Quando sta pure nel dire del Ministro Padoan, è tutto un altro dire. Lo dice a proposito del come usare quel “tesoretto” che quelli del Governo sembra abbiano scoperto: “Le opzioni possibili sono diverse: la crescita, il risanamento, l’inclusione e, dunque, il sostegno ai redditi più bassi”. Così la mette il Ministro dell’Economia in un’intervista a La Stampa sulla destinazione del bonus da 1,5 miliardi. “La logica di un intervento contro le povertà - spiega - sarebbe la stessa che ci ha portato a introdurre il bonus degli ottanta euro”. Toh, il Ministro sta dicendo che la ricchezza generata dal sistema produttivo non arriva a tutti! Non pago, rincara la dose: “L’evidenza empirica dice che dove la distribuzione della ricchezza è più equa anche la crescita è migliore”. Eggià, “l’evidenza empirica” soccorre il Ministro là dove la teoria economica non riesce ad interpretare il reale, ancor meno ad orientarlo. Mi scusi Ministro, ma quell’evidenza dice pure che quando tutto il prodotto dal sistema delle imprese non viene interamente acquistato, sono cacchi, per tutti: non vi sarà alcunché da distribuire! Di evidenza in evidenza, si rende ancor più evidente quanto, insomma, sia il valore del produrre e quello del consumare per la generazione della ricchezza. Anzi, giacché ci sono, le propongo di fare dell’evidenza empirica del valore, contenuto nell’esercizio di consumazione, il paradigma nuovo e risoluto per andare oltre la crisi: “La crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera”. Eggià, non è questione di redistribuire degli spiccioli finendo magari con limitare l’altra spesa - quella pubblica - che seppur mal fatta fa il 20% di quella ricchezza. Ministro, se rialloca invece l’impresa, abbassando i prezzi, rifocilla quel potere d’acquisto per fare proprio quella spesa che fa fare utili all’impresa.


il Segno dei tempi

Ultima pagina

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nei disegni del Maestro Franco Carfagna

La strada delle stalle

Questo vecchio portone ci permette di ricostruire la storia delle stalle di via San Sebastiano, dove oggi sorge il Teatro Civico (ex mattatoio). In quegli anni, quando il quartiere Bavarese era costituito da poche casupole e il cimitero di Rocca di Papa stava “a balle dai frati”, i roccheggiani cominciarono a costruire delle piccole stalle per gli animali (soprattutto somari, capre, pecore, maiali e vacche). Alcuni le fecero a mattoni, altri con il legno e altri ancora utilizzando delle semplici scopìe. Anche tra gli animali (come avviene per gli uomini) c’erano quelli fortunati e quelli meno. Quando il cimitero venne trasferito in via San Sebastiano, una strana coincidenza volle che anche il mattatoio di piazza Garibaldi venisse spostato a ridosso delle stalle, sopra le quali cominciarono a costruire anche i fienili. D’estate questa strada era caratterizzata da un continuo rumorìo di funi e carrucole per tirare le balle di fieno... ma poi (nei primi anni Cinquanta), i fienili scomparvero per fare posto alle abitazioni. Poco dopo (intorno al 1962) a causa dell’odore e dei latriti degli animali, l’allora amatissimo Sindaco Nestore Vitali, non potendone più di sentire le lamentele dei nuovi residenti, ordinò anche il trasferimento delle stalle concedendo ai padroni, dei terreni ai Campi d’Annibale (Valle Pantano e zona del campo sportivo), e anche il mattatoio cominciò il suo declino. Ma i poveri animali continuarono a non trovare pace! Infatti, dopo molti anni, per gli stessi motivi dovettero abbandonare anche le nuove stalle essendo arrivati altri uomini con le loro case e maxi-ville. Dove siano finiti quegli animali non lo sappiamo, però ai proprietari del rudere con questo vecchio portone, vorremmo chiedere, qualora lo ristrutturassero, di non gettare via questa porta da museo!

Lettere, Proposte, Proteste e Reclami ilpiccolosegno@libero.it - www.ilsegnoroccadipapa.blogspot.it

Le lettere non superiori alle 13 righe devono presentare in modo chiaro nome, cognome, mail o numero telefonico

TASSA SUI RIFIUTI Scrivo a voi per quanto riguarda la tassa sui rifiuti. Il costo è così alto anche perché molte persone residenti a Rocca di Papa non risultano negli elenchi. Questo secondo me accade perché quando

una persona va all’anagrafe per ottenere un permesso di soggiorno, l’ufficio dà il permesso richiesto invitando la persona a presentarsi per pagare la tassa sui rifiuti. Ma la maggior parte delle persone se ne va senza iscriversi

Farmacia D’Apolito

Via Roma, 23 - 00040 Rocca di Papa (Rm) Telefono 06.94.966.21

negli elenchi Tari. Bisognerebbe invece verificare tutti i documenti necessari per la residenza, far iscrivere la persona negli elenchi dei rifiuti e, solo dopo aver verificato quest’ultimo aspetto, si dovrebbe concedere la

residenza. Un semplice cambiamento nel modo di gestire la concessione della residenza risolverebbe subito il problema: tutti pagherebbero e quindi tutti pagheremmo di meno. Grazie. Mail firmata

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da Lunedì a Venerdì 8:30-19:30 Sabato 8:30-13:00 / 16:00-19:30


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