Il Calderone - Lughnasadh 2015

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04/2015. Lughnasadh Magazine curato da membri dell’OBOD


LUGH Il luminoso Dio delle mille Arti

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di Daniela Ferraro Pozzer

I LUOGHI DEL TEMPO Idee e proposte per ospitare il cammino dell’Anno.

INDICE

p. 06

di Monica Zunica

LA VIA DI GAIA L’uomo tra ambiente ed ecologia.

p. 08

di Gemma Gioia

IL POTERE

DELLE STORIE Miti, Leggende e Divinità.

p. 12

di Daniela Ferraro Pozzer

LA MUSICA

DEGLI AINUR Un libro e un disco da portare nel Bosco Sacro.

p. 16

di Cristina Pedrocco

IL CANTO

DELLE MUSE Attraverso la Storia della Creatività.

p. 18

di Alessia Mosca Proietti

L’anIma

Delle pIante di Markus Juniper

La MAdIA Dell’OVATE di Ilaria Pege

TRIADI

p. 28

p. 32

Il calderone

p. 38

p. 35

In copertina, indice ed editoriale Foto di Laura Villa 02

p. 21

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EISTEDDFOD Giacomo Calanni Rindina Paola Elena Ferri Emiliano Savoia

IL LIBRO Morgana

Donna, fata, strega, dea di Federico Gasparotti

p. 36

L’ INTERVISTA PENNY BILLINGTON di Markus Juniper


EDITORIALE

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lla luce abbagliante delle ‘mille arti’ di Lugh, figlio del Sole, questo nuovo numero de Il Calderone, si riveste di un nuovo abito.

Vogliamo iniziare con gioia un percorso che, nascendo dalle nostre radici, sappia mutare ed evolversi seguendo il flusso del Tempo e dei sempre nuovi colori della Creatività. Nuovo è quindi il nostro sguardo nella sua ampiezza: tenteremo di condividere tutto ciò che riveli ed evidenzi lo Spirito del Luogo ed il nostro comune sentire il Druidismo come un Modo di Essere e di Vivere, cercando di unificare, anche se solo in un’occhiata, le varie realtà italiane ad esso interessate, nel rispetto dei singoli aspetti che le caratterizzano. Naturalmente i nostri articoli rappresenteranno un minimo spunto per più approfonditi pensieri, un modo per condividere eventi e conoscenza, un modo per sentirci vicini e uniti, nella nostra varietà, in quel grande Cerchio che è L’Ordine dei Bardi, Ovati e Druidi, in Italia e nel mondo.

Daniela Ferraro Pozzer

La partecipazione a questo Magazine dell’OBOD è sempre aperta a chiunque voglia condividere una propria, preziosa… scintilla di Awen! Scriveteci a ilcalderoneredazione@gmail.com

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LUGH L Il luminoso Dio delle mille arti. di Daniela Ferraro Pozzer

ugh "figlio del Sole", "il luminoso" o Lewy "dalla lunga mano (Làmfata)" o Lugu. Dio della luce .

Lugh il Samildanach "simpolitecnico" , "dio delle mille arti" che risplende in questo solare tempo di Lughnasadh a lui dedicato. L’Illuminazione attribuita a Lugh è quindi anche quella legata all’Intelligenza, alle capacità della mente umana ed alla sua supremazia sui problemi che si rivela come capacità pratica di risolverli. Così, mentre Brighit è colei che dona l’energia creativa del fare, Lugh è colui che la materializza. Un dio fortemente ‘maschile’, come il sole che lancia il suo raggio nella terra riscaldandola e donandole Energia, come il guizzo della Capacità risolutiva; un ‘dio’ di cui la leggenda racconta due storie diverse ma ricche di comuni elementi di base: l’eccellenza in ogni tecnica, la potenza guerresca del suo ‘lancio’, e le ‘oscure’ radici materne ( elemento questo che meriterebbe un lungo approfondimento) .

Nella storia gallese del Quarto libro del Mabinogin il Dio è presentato infatti come Lleu, mano ferma (Llaw Gyffes ), figlio di Arianrhod. Nella storia irlandese egli è invece Lugh, Figlio di Cian e di Ethniu, a sua volta figlia del Fomoriano Balor (signore delle isole Ebridi, considerato un malvagio incantatore e invasore d’Irlanda). In questa versione Lugh è il possessore dell'invincibile lancia (Slèabua), uno dei quattro tesori dei Tuatha De Danann. La Lancia ne rappresenta immediatamente la dimensione verticale del maschile, rafforzata anche dal collegamento fra il basso malvagio-e-oscuro (radici fomoriane della madre o, nel caso di Lleu, la sua origine da Arianrhod “Ruota d’Argento”, descritta nel Mabinogin soprattutto come vendicativa Signora della Morte ) e l’alto dell’eroe. Lugh è appunto, in entrambe le versioni della leggenda, l'Eroe, colui che porta comunque il lieto fine e, come Odino, è legato all’uccello rapace, corvo o aquila, che si alza in volo verso il cielo.

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Nella versione Irlandese della storia Balor, secondo la profezia, sarebbe stato ucciso dal proprio nipote e per questo aveva tentato di eliminarlo da bambino; Lugh invece, salvatosi miracolosamente, una volta adulto mostrò le sue infinite capacità al re dei Tuatha De Danann, Nuada, superando Tre Prove , una per ogni manifestazione dell’Awen, ovvero Skiant ( conoscenza e saggezza), Nertz (forza e potere), Karantez (amore e produttività) la cui materializzazione nella società, sia umana che divina, erano i Druidi, i Guerrieri e gli Artigiani. Si unì così ai popoli della dea Dana, di cui in seguito divenne re, per aiutarli proprio nella guerra contro i Fomori e Balor. Costui si narrava avesse un occhio maligno* in grado di uccidere chiunque lo guardasse: Lugh gli ‘lanciò’ una palla magica proprio in quell’occhio e, come aveva predetto la profezia… lo uccise. Il Lancio, come raggio che colpisce e risolve, simbolo di un Dio maschile che ci accompagna nella Luce del tempo di Lughnasadh. Anche l’Occhio, altro simbolo estremamente efficace, ed in questo caso portatore di una oppressiva e mortale ‘visione’ del mondo, viene colpito ed eliminato dalla praticità risolutiva di Lugh: un’immagine archetipale molto forte che evoca liberazione, novità, azione, sviluppo… …e tutto quello che, nella sua luce e nella ricchezza di un raccolto ottenuto grazie alla ‘capacità artistica, intellettiva e materiale’, Lugh ci invita a sperimentare: dalla solidità delle unioni alla pienezza della realizzazione di un altro Giro di Ruota che si avvia verso la conclusione con un sorridente (ed, in termini lati, ‘eroico’) ‘lieto fine’! *Il Cath Maige Tuired così descrive l'origine di tale potere: « Ecco da dove veniva quel potere venefico: una volta i druidi di suo padre stavano cuocendo qualcosa di magico e velenoso; Balor andò a guardare dalla finestra: il fumo della cottura raggiunse il suo occhio e il potere venefico della pozione si fissò nell'occhio. »


COSÌ, MENTRE BRIGHIT È COLEI CHE DONA L’ENERGIA CREATIVA DEL FARE, LUGH È COLUI CHE LA MATERIALIZZA. 04/2015. Lughnasadh

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I LUOGHI DEL TEMPO IDEE E PROPOSTE PER OSPITARE IL CAMMINO DELL’ANNO

di Monica Zunica

In foto: oggetto creato da Cristina Fernández Cid

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uesta volta più che raccontare di un luogo preciso vorrei soffermarmi sul Luogo inteso come Spazio in cui poter celebrare il Tempo che prosegue nel suo percorso. Le stagioni si susseguono e noi riempiamo i nostri occhi del bianco invernale, del verde primaverile, dei mille colori estivi e del meraviglioso rosso autunnale. Certo, questi cambiamenti non passano inosservati ma sentirli dentro l’anima e festeggiarli con il cuore è tutta un’altra storia. Il Druidismo, inteso come sentimento, emozione e rispetto davanti alle meraviglie della Natura, è qualcosa che si nasconde del cuore di tutti. Difficilmente però, nei tempi frenetici in cui viviamo, riesce ad emergere. Per questo diventa fondamentale onorare i momenti di passaggio, sentire

“L’Iperico” Seed Group celebrezioni all’aperto

oltre che comprendere i movimenti sapienti e potenti che la Natura compie dentro e fuori di noi in modalità accessibili a tutti. Questi, per molti di noi, sono pensieri chiari. Sono sentimenti a cui abbiamo lasciato campo libero nelle nostre anime. Ma per altri non è così. Ed è in questa non completezza di sentimenti e predisposizioni che entrano in gioco quei luoghi che desideriamo trasformare in Spazi in cui ospitare lo scorrere del Tempo. Ovvero, detto in parole semplici, come possiamo festeggiare i solstizi, gli equinozi e altro in luoghi in cui questi momenti non sono sentiti o riconosciuti come parte integrante della vita? Mi sono fatta questa domanda parecchie volte ultimamente in quanto nel luogo in cui vivo questa unione, diciamo pure spirituale con la Natura, non viene sentita o quanto meno non riconosciuta per quello che è. Certo non è detto che tutti debbano partecipare a questi momenti ma, e su questo credo non ci siano dubbi, è bello essere in tanti per festeggiare il sole nella sua massima potenza durante Alban Hefin, onorare e ricordare coloro che sono venuti prima di noi nel tempo di Samhain e così via. Cosa serve dunque per creare armonia tra chi pratica il druidismo e chi ne è completamente a digiuno, in questi momenti dell’anno? Cosa serve per poter stare insieme e sentire il cammino della Natura nella maniera più semplice? Mi piacerebbe se per questa rubrica qualcuno volesse raccontare il modo in cui vengono organizzati questi momenti.

Le iniziative, le idee e la reazione dei partecipanti. Noi, come Seed Group, siamo sia in Molise che in Puglia. Organizzare e celebrare le otto feste non è facilissimo soprattutto tra i meravigliosi boschi del Molise. Patrizia, in Puglia, invece ha trovato una modalità bella e coinvolgente, festeggia accorpando le otto feste con la Danza Sacra in Cerchio con il sostegno di un’istruttrice ufficiale. Una danza che attraverso coreografie molto semplici tenta il collegamento alla ciclicità della vita. Noi invece tentiamo un riavvicinamento alla Natura studiando e raccogliendo le erbe spontanee, raccontando antiche leggende celtiche e provando a stabilire un contatto con le querce secolari della zona. L’anno scorso, inoltre, in un laboratorio dedicato ai bambini abbiamo elaborato e raccontato storie che aiutassero i loro cuori così puri a sentire e comprendere i momenti di passaggio. Sarebbe bello se ognuno di voi potesse mettere nel Calderone idee ed esperienze in modo tale che anche gli altri possano trarne ispirazione. In fondo bastano tre gocce. Considerate questo intervento come un seme che chiede di crescere fino a diventare una ricerca tesa a indagare su come noi, in Italia, celebriamo e festeggiamo il cammino della Natura durante l’anno. Se avete desiderio di raccontare e proporre le vostre idee scrivete a

ilcalderoneredazione@gmail.com

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LA VIA DI

GAIA

L’uomo tra ambiente ed ecologia

di Gemma Gioia

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ccompagnata dalla calda luce di Lugh attraverso le meraviglie del verdissimo Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise mi ritrovo a percorrere con immensa gioia le Gole del Sagittario.

Frastornata dalla pace di un percorso incantevole, con occhi stupiti, arrivo in quella che viene chiamata “La perla d’Abruzzo”. Scanno, un piccolo paese di 2.000 abitanti adagiata all’interno dei Monti Marsicani. Un luogo dove la tradizione è ancora viva, un luogo a sé dove regna la tranquillità e l’amore per le cose semplici. Tra donne di un’altra epoca che ancora vestono il costume tradizionale del luogo, tra viuzze, scalinate a gradoni, piazzette, le case strette l’una a l’altra, tra porte e portali non è difficile immaginare perché Scanno sia stata fonte d’ispirazione per molti artisti. M. C. Escher realizzò una litografia su carta raffigurando una tipica strada del paese mentre fotografi illustri come Cartier-Bresson, Scianna e Giacomelli immortalarono i suoi scorci e personaggi facendone conoscere lo splendore in tutto il mondo (“Il bambino di Scanno” di Giacomelli è entrato a far parte della prestigiosa collezione fotografica al Museum of Modern Art di New York). Ma la bellezza di questo paese non risiede solo nel suo caratteristico abitato, è la culla dove giace che lo rende oltremodo affascinante. I Monti Marsicani ne fanno da cornice e ai suoi piedi si estende il lago omonimo di origine naturale. Ed è qui che il mio interesse si è soffermato, capire la vita dell’uomo a così stretto contatto con un ambiente dall’equilibrio delicato.

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Folaga Uccello acquatico ed onnivoro. Ha un carattere vivace e turbolento, spesso le folaghe si affrontano in scontri rumorosi ma senza conseguenze. 10

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Lago di Scanno E’ il maggior lago naturale abruzzese, originatosi da una frana staccatasi dal Monte Genzana e situato tra quest’ultimo e la Montagna Grande. E’ il lago romantico, il lago dell’amore poiché da alcune visuali, come il belvedere di Frattura Nuova, presenta una singolare forma di cuore. E’ un piccolo lago che si estende per circa 1 kmq, nelle sue acque, profonde al massimo 32 metri, vengono ospitati persici, trote, tinche e lucci. Lungo le sue rive, tra libellule iridescenti, ti aspettano pazienti anatre, germani reali e folaghe. Da solo, perlomeno così sembra, al centro del lago nuota fiero uno svasso maggiore. Piccoli gruppi di pescatori, sulle loro barchette di legno, trascorrono la giornata nella quiete di un angolo di paradiso e al giungere della sera ritornano a casa con un modesto bottino. Bottino che, se superiore alle loro necessità, verrà venduto o regalato ai ristoranti locali. In passato, grazie anche alla collaborazione dei cittadini, il Lago di Scanno ricevette per diversi anni la bandiera blu della FEE ( Fondazione per l’Educazione Ambientale). L’obiettivo di questo programma è quello di promuovere nei Comuni una conduzione sostenibile con particolare attenzione e cura dell’ambiente. Per ottenere tale riconoscimento è necessario soddisfare una lunga serie di requisiti, tra questi la qualità delle acque di balneazione, le iniziative ambientali, la gestione dei rifiuti, il turismo e molto altro.

Svasso Maggiore pochi decenni fa era raro e perseguito per il suo piumino, oggi è più presente soprattutto in laghi con canneti dove nuotano nella parte centrale e si dilettano in lunghe immersioni.

Purtroppo, a causa del disinteresse di chi dovrebbe inviare l’autocandidatura a tale progetto e a causa della mancanza di finanziamenti, il Lago di Scanno ha perso l’assegnazione di tale prestigio. Nonostante la qualità ottima delle sue acque e l’impegno di chi conduce un’attività commerciale lungo le sue rive è possibile notare come effettivamente la cura di questo luogo da incanto sia lasciato allo sbando. La buona notizia, fortunatamente, sono riuscita a vederla negli occhi delle persone che si sentono parte integrante di questo ecosistema. Giovani e anziani sono intenti a collaborare per riportare il loro lago all’antico splendore ed è con questa speranza nel cuore che mi auguro, il più presto possibile, di poter nuotare nelle sue acque dolci mentre in alto, sulla riva, danza trasportata dal vento una bandiera fiera e sgargiante.


IL POTERE DELLE

STORIE MITI, LEGGENDE E DIVINITÀ

di Daniela Ferraro Pozzer

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IL MABINOGIN U n mondo antico ed ammaliante, sospeso fra leggende e storia. Il Mabinogin racchiude in sé lo Spirito di quello che l’attuale immaginario “druidico” ritiene una delle proprie fonti principali: il Mito, come racconto creativo, conoscenza, legame con le ‘radici’e simbolico esempio di Vita. La parola stessa mabinogin ha un significato alquanto oscuro, sebbene sia abbastanza acclarata la sua connessione al gallese mab ("figlio"). Parliamo infatti di un gruppo di testi in prosa provenienti da manoscritti medievali gallesi, contenenti sia molti eventi storici dell'Alto Medioevo che numerose reminiscenze mitologiche e antichissime tradizioni risalenti all'Età del Ferro. Il Mabinogin è composto da quattro parti principali, definite rami, ciascuna delle quali riguarda uno specifico argomento ed ha quindi il nome del protagonista principale degli eventi di cui ci “racconta”. Abbiamo così, raccolti in due manoscritti* quattro racconti separati, il quarto dei quali narra la storia di Math, un potentissimo Re-Druido e dei suoi tre nipoti, ed è estremamente ricco di interessanti trasformazioni magiche, particolarmente vicine al mondo animale. Per quel che riguarda la presenza di questi continui

mutamenti dobbiamo considerare che anche la ben nota storia di Taliesin, con tutta la sua ricchezza simbolica, fa parte del Mabinogin ( così come alcune leggende di base sviluppate anche nel Ciclo Arturiano). Questo che segue, per ragioni di spazio, è solo il riassunto dei “fatti” narrati nella quarta parte, ma sentiamo già dal suo esordio che ciascun passaggio narrativo ha in sé una tale potenza evocativa da far nascere spontaneamente associazioni di significato e… la voglia di approfondirne metafore e immagini. Meditare quindi sul senso simbolico di questa leggenda, focalizzandoci sulle parti di essa che ci colpiscono soggettivamente con più forza, potrebbe aiutare il nostro dialogo interiore con le rappresentazioni che il nostro immaginario crea seguendo la ‘magia’ delle parole e la potenza del racconto.

In ultima analisi, lasciarsi trascinare dalla corrente di questo antico fiume, vivere da dentro l’esperienza di essere ‘altro’, mutare perfino il proprio corpo e il proprio sentire trasformandosi in un essere diverso, ci può donare la più grande delle ricchezze: una maggiore conoscenza di sé .

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IL QUARTO RAMO: IL MABINOGIN DI MATH

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ella mitologia gallese Math ( etimologia matu: proto-celtico…sopportare ) era Re e Druido di Gwynedd, regione principale del nord-ovest del Galles, affacciata sulla baia di Liverpool. Narra la leggenda che fosse saggio e potentissimo ma che, per non morire, dovesse tenere i suoi piedi sul grembo di una vergine a meno che non fosse in guerra. ( Il ‘grembo di una vergine’ assicura fertilità e ricchezza alla terra, la cui cura deve essere il primo dovere di un Re, nei tempi di pace.) Nel Quarto Ramo del Mabinogin uno dei tre nipoti di Math, Gilvaethwy (fratello di Gwydion e di Arianrhod dea della Morte che comandava il destino degli uomini e la Luna) , si innamora di Goewin, la vergine che sostiene i piedi di Math. Il mago Gwydion preoccupato per il fratello Gilvaethwy che si sta “ammalando per amore”, lo aiuta a rapire Goewin con uno stratagemma: tornato da un giro per il Regno porta al Re la notizia che un nuovo tipo di animale, utile e docile, era stato introdotto in Galles nelle terre di Pryderi, suo vicino, il maiale. Gwidion, astuto mago ingannatore, si propone di andare a chiederne qualche esemplare per il Regno, ma alla fine usa questo stratagemma solo per far scoppiare una guerra di confine alla quale il Re è costretto a partecipare, lasciando così sola ed indifesa la vergine. Gilvaethwy riesce in questo modo a prendere Goewin con la violenza ed al suo ritorno il Re, non trovando più beneficio dalla donna, e compreso immediatamente l’accaduto, la sposa…per assicurarsi una discendenza e per restituirle l’onore che le era stato strappato. A seguito di questo atto di violenza Math punisce i due colpevoli con tre ‘trasformazioni’ di cui sarebbe interessante esaminare tutti gli aspetti ma che, anche solo per la loro potenza evocativa, possono essere spunto di soggettivi approfondimenti personali: i due colpevoli saranno infatti banditi dalla ‘civiltà’ per un anno e, grazie alla magica bacchetta da Druido del Re, mutati in due cervi,

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una femmina ed un maschio; al loro ritorno alla reggia, dovranno portare un figlio, prova vivente del loro vivere in tutti i sensi ‘naturali’ la propria animalità. L’anno seguente Math li trasformerà in maiali e poi, il successivo, in lupi. I giovani cuccioli nati da queste unioni saranno ben accolti dal Re e trasformati in umani a cui verrà dato il nome degli animali da cui derivano. Dare-un-nome significava riconoscere una persona come tale ed il gesto nei confronti di tre ‘innocenti’ sottolinea anche quel senso di Giustizia esistenziale che permea tutto il quarto libro del Mabinogin . Il seguito, sempre fra trasformazioni, inganni magici, e passioni d’amore ( un’altra “forza” estremamente presente in questa antica raccolta di leggende… che spesso muove gli eventi, come anche accade nel Ciclo Arturiano, in molti altri racconti di epoche e tradizioni diverse, e nella vita!) i due fratelli proporranno la propria sorella Arianrhod ( Signora della luna splendente) come nuova vergine per sostenere i piedi del Re, ma la donna non riusciurà a sorpassare la prova che lo stesso Re le richiede. Infatti, scavalcando la bacchetta da Druido di Math, partorirà due figli, il primo in forma di meraviglioso bambino biondo, che immediatamente avrà un nome (Dylan, figlio dell’onda) e si tufferà felice nel mare, ed un altro, non ancora formato, che sarà rifiutato dalla madre, raccolto da Gwidyon e da lui allevato. La storia da questo punto in poi segue le disavventure del bambino, la sua crescita rapida, e le maledizioni che sua madre, odiandolo, scaglia contro di lui sotto forma di incantesimi detti tynged. Non avrà nome finché non sarà stata lei a dargliene uno; Non porterà armi finché non sarà lei a consegnargliele; Non avrà moglie umana.


Per ognuno di questi Tynged il furbo Gwidyon troverà un inganno risolutivo ed alla fine, per donargli una moglie ed una discendenza, con l’aiuto del potente Math, da nove fiori ( di quercia , di ginestra e di prato) “costruirà” una donna bellissima Blodeuwedd (Viso di fiore), destinata a sposare il ragazzo ormai chiamato Lleu (brillante/luminoso, abile di mano). Narra la leggenda, però, che essi non “vissero affatto felici e contenti” come i due maghi speravano che accadesse , ma che anzi… la donna, dopo appena un anno di matrimono, si innamorò di un cacciatore ed, insieme a lui, decise di uccidere il povero Lleu. Così, con l’inganno, riuscì a farsi rivelare dal marito le strane condizioni*** in cui la sua morte sarebbe stata possibile, condizioni stabilite da Gwidyon e Math proprio per proteggere la sua vita, le ricreò e lo fece trafiggere dal proprio amante con una lancia. L’uomo non morì, ma trafitto al cuore, sofferente ed addolorato, si trasformò in aquila e volò via. Gwidyon non si arrese e, dopo una lunga e faticosa ricerca lo ritrovò sul ramo alto di una quercia, inseguendo una scrofa che si precipitava nel bosco per nutrirsi dei vermi caduti dalla sua povera carne putrefatta. Il mago allora esercitò tutta la sua arte e compose un englyn, un verso magico (poi noto come englyn Gwydion) invocando la quercia affinché lo spingesse ad avvicinarsi a lui per trasformarlo di nuovo in essere umano e per curarlo. E così fu: di ramo in ramo l’aquila scese ed il mago riabbracciò il proprio figlio.

sempre in un uccello che può farsi vedere solo di notte: Il Gufo. Tornato in possesso delle sue terre, Lleu diventò il saggio successore di Math al trono di tutta Gwynedd.

Leggende e simboli, questo è solo il riassunto di una lunga storia: la Storia che parla a ciascuno di noi nel frusciare di un albero, nel grido di un uccello, nel suono del fiume che da sempre scorre nei boschi rigogliosi del nostro immaginario.

* (il "Libro rosso di Hergest" Llyfr Coch Hergest risalente al periodo tra il 1382 e il 1410, e il "Libro bianco di Rhydderch" Llyfr Gwyn Rhydderch, scritto nel1350 circa) ** Il Mabinogi di Pwyll, principe di Dyfed narra dei genitori di Pryderi, la sua nascita, la sua scomparsa e il suo ritorno. Il Mabinogi di Branwen, figlia di Llyr è quasi tutto incentrato sul matrimonio di Branwen con Matholwch, re d'Irlanda. C'è anche Pryderi, ma ha un ruolo minore. Il Mabinogi di Manawydan, figlio di Llyr narra del ritorno a casa di Pryderi, insieme a Manawyddan, fratello di Branwen, e delle disavventure che accadono loro. Il Mabinogi di Math fab Mathonwy è quasi tutto incentrato su Math e Gwydion, che entra in conflitto con Pryderi. *** "né di giorno né di notte, né all'aperto né al chiuso, né cavalcando né andando a piedi, né vestito né nudo, né per una qualsiasi arma forgiata normalmentein meno di un anno".

Un altro intero giro di Ruota trascorse prima che Lleu potesse però riprendersi e sfidare il proprio assassino trafiggendo lui e la roccia dietro alla quale aveva chiesto di potersi proteggere in quanto “spinto da una donna a fare questo, non di sua volontà” ( ennesimo interessante spunto di approfondimento). Math affrontò invece la donna magica trasformandola per

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LA MUSICA DEGLI AINUR UN LIBRO ED UN DISCO DA PORTARE NEL BOSCO SACRO

di Cristina Pedrocco

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sa che in estate c'è più tempo per se stessi, per riflettere, per assaporare momenti di puro ozio. C'è anche più tempo per leggere, per riflettere, per tirare le somme dell'anno. Siamo nel tempo del secondo raccolto, siamo a Lughnassad. Questa rubrica, per chi non lo sapesse, vi propone in ogni numero de Il Calderone, un libro e un disco. Da assaporare durante la stagione o da portare nella memoria. Ho scelto per voi quindi un libro e un disco che parlano del viaggio e del raccolto.

IL LIBRO

“Il Cerchio Celtico” dello svedese Björn Larsson

Vi stupirà forse sapere che non è un libro sul celtismo e che la cultura celtica è marginale alla vicenda. E' un bel romanzo giallo, carico di mistero e suspance, ambientato nei tempestosi mari del nord europa a bordo di una barca a vela. Protagonista della bizzarra vicenda è lo skipper svedese Ulf, che vive a bordo della sua barca, il Rustica. Durante una fredda serata in un porto svedese viene avvicinato da Mc Duff, uno scozzese strano e burbero, che è in cerca di un uomo finlandese in compagnia di una donna. Pekka, questo il nome del finlandese, navigherebbe in quelle acque a bordo di un catamarano. Traspare la solitudine di questi porti del nord durante l'inverno, dove pochi sono i marinai che si spingono a traversate in quelle acque così tempestose. Qualche giorno dopo Ulf incontra proprio Pekka, impaurito da qualcosa o qualcuno, stanco e stremato dalla navigazione, ormai disperato, negli occhi l'orlo degli abissi appena navigati, consegna al protagonista il suo diario di bordo. Sarà proprio quel diario che spingerà Ulf ad intraprendere un viaggio per mare, in un inverno senza fine, dalla Svezia alla Scozia, una rotta di mari in burrasca che nel diario di bordo di Pekka è descritta come “Il Cerchio Celtico”. Alla ricerca di non si sa cosa, senza una reale motivazione, una forza interiore lo spinge, quella stessa forza che lega l'uomo alla sua barca e alla sfida del mare,al totale assoggettamento della natura, che sa essere a volte così terribile e spietata. Un libro appassionante, che vi consiglio in questa torrida estate. Se rimarrete ammaliati dallo stile di scrittura di Larsson, un vero lupo di mare nordico, non perdetevi neppure il Suo “La vera storia del pirata Long John Silver”, che non ha di certo bisogno di descrizioni.

IL DISCO

“Harvest” Neil Young

Arriviamo quindi al disco, direi estremamente azzeccato per il periodo. Pubblicato nel 1972, è al 78° posto della classifica stilata da Rolling Stone dei 500 album migliori della storia della musica.

Stavo parlando con il predicatore, diceva che Dio è dalla mia parte. Poi ho incrociato il boia, che diceva "è ora di morire"

Vi piace il folk? Vi piace il country? Vi piace la psichedelia degli anni '70 e il blues statunitense degli anni '50? La musica di Neil Young è tutto questo e anche di più. In questo album sono raccolti i suoi più grandi successi, primo tra tutti quell'indiscusso capolavoro che è Heart of Gold. Sonorità che nascono da una mente per certi versi un po' malata, un cuore duro, una mentalità da contadino canadese, che non si piega e che preferisce “bruciare in fretta che spegnersi lentamente” (frase passata tristemente alla storia per essere stata riportata da Kurt Cobain nella sua ultima lettera), questa è la sua chitarra, che è acustica ma che diventa roca e indomabile come quelle voci femminili del sud. Harvest è un capolavoro indiscusso e sinceramente non ci sono tante cose da dire.E' da ascoltare. Magari in auto, durante un viaggio, fuori dal finestrino pianure di grano tagliato di fresco.

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dell'uomo ed in grado di mutare aspetto e consistenza, ma di tornare sempre se stessa: elemento fondamentale della creazione, immaginario del parto e della vita stessa!

LE VOCI DEI QUATTRO:

L’ACQUA

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nche Lughnassadh è arrivato... ricco di messi e spighe che, con gioia e gratitudine, ci fermiamo a raccogliere e festeggiare. Tutto ciò che abbiamo portato avanti durante l'anno torna a donare i frutti della fatica,dell'impegno e della costanza, in un giro di danza che si completa in un campo di grano dorato, come nel ciclo dell'acqua nel quale tutto ritorna, arricchito dal tempo e dall'esperienza, alla fonte. Ed è proprio all'ovest e all'acqua che questo mese volgiamo lo sguardo. Un magico elemento, femminile per eccellenza, del quale noi stessi siamo in grande parte composti: l'acqua che da vita, il ventre fluido e sempre in movimento dal quale sorgono divinità e leggende! L'acqua dalle mille forme che, con la capacità di adattarsi a tracciati e contenitori, ci parla di profonda saggezza, di cicli, delle leggi della natura. Un bene prezioso alla sopravvivenza

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La venerazione ed il controllo dell'elemento acqua è comune, sin dalla preistoria, a tutte le popolazioni del mondo, siano esse residenti sulle coste africane o sugli altopiani delle impervie regioni del Tetto del Mondo. Era molto consueto trovare nelle varie etnie rituali propiziatori o celebrativi destinati all'agire sulle acque e, quasi sempre, per renderli più potenti ed incisivi si utilizzava, e si usa tutt'oggi, la...

TROMBA DI CONCHIGLIA Si tratta di uno strumento regalato da madre natura e di indiscusso fascino, anche se risulta troppo complicato tentare di stabilire chi e quando sia stato il primo a trarre suoni dalle grandi conchiglie marine ritorte.

“Mettete nel vostro acquario una conchiglia perché i pesci possano almeno sentire il rumore del mare.” Guido Clericetti

Chiarito il problema della dubbia datazione e provenienza, bisogna altresì specificare che non tutte le conchiglie posso essere efficacemente destinate all'uso di

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tromba: impossibile, ovviamente, per le bivalvi, solo le conchiglie di alcuni gasteropodi di notevoli dimensioni in forma di torciglione e costituite da un unico pezzo possono essere “suonate”. I gusci in questione sono prodotti, in carbonato di calcio, dagli animali invertebrati che li abitano e possiamo citare alcune delle specie elettive come la Charonia tritonis e Charonia nodifera, lo Strombus goliath e lo Strombus gigas, la Syrinx aruanus e ancora la Cassis cornuta. Questi gasteropodi hanno la capacità di produrre conchiglie molto grandi, di forme e colori molto vari in base alla specie di appartenenza. Ma come nasce una tromba di conchiglia? La conchiglia può essere utilizzata sia come crepitacolo, cioè uno strumento idiofono che produce suono attraverso lo scuotimento di piccoli semi o sassi posti all'interno della stessa, che come mezzo aerofono, ovvero che produce suono tramite la vibrazione della colonna d'aria che racchiude nel corpo. Una tromba è costituita, in breve, da tre elementi essenziali: un bocchino nel quale insufflare l’aria, un tubo in grado di vibrare ed un padiglione che determina la caratteristica del suono. Il corpo a torciglione della conchiglie funge, così, da tubo mentre l’apertura naturale assolve la funzione del padiglione. Il bocchino, che rappresenta la parte più “critica” dello strumento, nasce grazie ad una resezione dell'apice della conchiglia o, in epoca precristiana, ad un foro praticato lateralmente sul fusto del guscio. Ho identificato il bocchino come parte critica dello strumento poiché non è possibile tagliare l'apice casualmente dato che la larghezza dell'imboccatura deve necessariamente essere proporzionata alla grandezza dello strumento: inoltre si deve creare un'apertura priva di bordi taglienti, che non sia troppo piccola, poiché si suonerebbe con troppa fatica, ne troppo grande perché si otterrebbero


IL CANTO DELLE MUSE ATTRAVERSO LA STORIA DELLA CREATIVITÀ

di Alessia Mosca Proietti 04/2015. Lughnasadh

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Trombe di Conchiglia Charonia Tritonis suonate durante una processione rituale. fonte: www.aloha.hawaii.com

suoni deboli. Se dal bocchino viene insufflata una quantità d’aria adeguata a produrre vibrazioni analoghe, la colonna dell’aria contenuta nello strumento vibrerà per effetto di risonanza producendo un suono ben distinto nelle caratteristiche, in relazione alle dimensioni del guscio. Alcun tribù, anticamente, avevano anche trovato un terzo utilizzo per le grandi conchiglie: le portavano davanti alla bocca e parlavano o cantavano modulando suoni che ne uscivano amplificati e cavernosi.

Come già detto, la colonna d’aria contenuta all’interno della conchiglia viene messa in vibrazione dalle labbra del suonatore, dando vita una suono pieno e profondo, del quale la tonalità è determinata dalla posizione del foro e dalle dimensioni della conchiglia stessa: tuttavia non si ottengono mai note troppo acute e la cupezza del tono rendeva la tromba conchiglia ideale per segnalazioni sul mare, per richiamo e per rituali di vario genere. Il suonatore stesso è fisicamente molto coinvolto perché utilizzare la tromba di conchiglia

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provoca una vibrazione delle casse di risonanza libere pettorali, di gola e di testa... lo stesso fenomeno che avviene quando si canta! Il suono delle conchiglie è strettamente connesso a rituali e cicli del mare per tutti i popoli marinari e viene usato ancora oggi in occasione di sacre celebrazioni e riti tradizionali in molte parti del mondo: nel Mediterraneo, in India, in Africa, in Sudamerica, in Oceania. Come molte religioni raccontano, alla tromba è attribuita una valenza rituale e possente che non manca di certo alla tromba di conchiglia: il potere magico dello strumento, infatti, può essere amplificato recitando una formula nella bocca della conchiglia, la quale avrà il compito di gridarla e renderla ancora più grande. A molto può servire il suono della conchiglia: funerali, sacrifici, matrimoni, incantesimi, rituali del raccolto, danze della pioggia, lotte e segnalazioni sul mare o via terra e, dato che il guscio appartiene ad un animale marino, la tromba di conchiglia può donare a chi la suona la capacità di agire direttamente

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sulle acque, sulla luna e sul ciclo mestruale delle donne. Proprio le divinità legate alla luna erano rappresentate sempre con l'attributo della conchiglia, basti pensare al dio indiano Visnu. Data la forte relazione che la conchiglia ha con la luna e l'elemento acqua è interessante considerare che alcuni gruppi etnici che abitano sperdute isole dell'oceano Pacifico vietano l'utilizzo dello strumento nelle danze cerimoniali maschili e di guerra, lasciando alle donne la compagnia potente della tromba che, come dono della dea Luna, viene dal mare e benedice le prime gravidanze e l'arrivo sulla terra di tutti i nuovi magici esseri!

La voce dell'acqua chiude i nostri canti!


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PAOLA ELENA FERRI

VERSIONE IN LINGUA

LAKOTA

Traduzione a cura di Scott Reade

VIENI LUGH

di Paola Elena Ferri Vieni, Lugh Figlio del Sole. Vieni e celebra il tuo matrimonio. Proteggi la tua tribù. Proteggi la tua assemblea. Proteggi il raccolto. Proteggi il grano. Vieni, Lugh, Figlio del Sole. Vieni e celebra la tua morte. Fai rivivere la tua gente. Nutri chi ha fame. Condividi il tuo tesoro. L'assemblea è qui per te. Vieni, Lugh, Figlio del Sole. Vieni e celebra le tue nozze.

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ATMOSPHERE Music by Paola Elena Ferri

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Osservo la luce infiltrarsi con forza Tutto si accende di un caldo furore. La diafana valle tremola lontana Trucchi e dispetti di strega maligna Trame ed incanti di fata Morgana Il regno reale è filtrato dal velo Qualcosa si vede ma può esser preso? Chi danza e si muove sul torrido suolo? Chi viaggia e chi dorme al confine dei mondi? La pietra è crepata nel giorno promesso C'è ancora speranza nel condividere il tempo? Il rito è antico ma giovani i cuori Le mani unite da fili dorati Si snoda un pensiero che scivola via Gruppi di voci inneggiano alla vita Urla e risate aprono la strada Il sentiero è segnato La notte mai più tornerà... 04/2015. Lughnasadh

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CARMELO GIACOMO CALANNI RINDINA

In occasione dell'undicesima edizione di "Monterenzio Celtica 2015”, si è svolto il Bardic Eisteddfod, organizzato dall' Collegio Druidico Nazionale, altra realtà druidica in Italia, oltre all'OBOD. Il vincitore a sedere sullo scranno dei Bardi per il secondo anno di fila, è Carmelo Giacomo Calanni Rindina, con la poesia "Nascondino".

Giacomo Calanni Rindina sullo scranno bardico a “Monterenzio Celtica 2015” 26

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di Markus Juniper

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La festa di Lugnasad è f o r s e l’occasione più importante per festeggiare il fuoco.

In tanti regioni si accendevano fuochi sulle colline, nella tradizione celtica e nordica questi simbolizzano il rogo di Bel che si trasforma in Lug. Tradizionalmente si celebra intorno alla prima luna piena di agosto. È un periodo di grande raccolta e il regno di Annona o Rosmerta, divinità celtiche. In questo momento tante piante sono nella fase della maturazione di frutti e semi. Una specie in piena fioritura invece è l' Assenzio. Sotto il forte sole del pieno dell’estate esalano i suoi oli essenziali e senza neanche toccarlo sentiamo la sua presenza fortemente. Vorrei avvicinarvi a questa pianta interessante e di uso antico.

Anche per la sua usanza varia e storica, i suoi nomi sono tanti. Il suo nome generico, Artemisia, potrebbe derivare dalla dea greca della caccia, da un re greco che si chiamava Artemisio o dalla parola 'artemes' , che significa: sano. Il nome della specie absinthium viene dal greco absinthion e poi è stato latinizzato. Si riferisce al forte amaro di questa pianta. Anche i celti conoscevano già questa pianta e la chiamavono Barramòtar o Lus an tSeanduine (pianta del vecchio uomo o uomo vecchio forte). Il nome inglese 'Wormwood' si riferisce alle sue proprietà antielmintiche mentre i nomi tedeschi (Wermut) e francesi (Absinthe) indicano la bevanda che contiene un estratto dell Assenzio. Botanicamente l' Assenzio vero o maggiore (Artemis absinthium L.) è una pianta erbacea o poco legnosa alla sua base e appartiene alla famiglia delle Asteraceae (Compositae). Cresce fino a una altezza di 150 cm in posti asciutti e soleggiati, in collina e bassa montagna. Spesso si

trova vicino a ruderi lasciati o abitazioni attuali. Originaria del medioriente, l'Assenzio venne introdotto in Europa già prima del Medioevo, probabilmente in epoca preromana e oggi cresce fino al sud della Scandinavia in posti più o meno caldi o miti. La parte erbacea della pianta è coperta da una peluria felpata grigia e argentea. Le foglie basali nello stadio sterile sono stellate e incise profondamente, mentre sulle piante nello stadio fertile le foglie sono sessili e con la crescita in altezza diventano lanceolate intere. Sulla superficie superiore il colore è grigio-verdastro e sulla parte inferiore bianco. I fiori gialli sono capolini di 2-4 mm di diametro e contengono solo fiori tubolosi. L'Assenzio fiorisce da Agosto a Settembre e produce semi in forma di acheni che vengono distribuiti dal vento. Le radici crescono in forma secondaria dalla rizoma. Tutta la pianta ha un odore molto aromatico e un sapore fortemente amaro e aromatico.

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L'uso dell Assenzio è molto vario ma quello più conosciuto è forse il distillato di erba, che fu inventato dal medico francese Pierre Ordinaire nell’ Ottocento. In seguito costui lo sperimentò con l’ aggiunta di alcune altre erbe, come melissa, isoppo, anice e dittamo. Con il tempo l’usanza si allargò per tutto l'Europa e alla fine del Novecento diventò una moda tra gli intellettuali a Parigi e in altre città grandi del continente. Questo distillato con una percentuale di alcol fino a 60 gradi si distribuiva sotto il nome di Fèe Verte (Fata Verde) e la ricetta doveva rimanere segreta. Dopo la morte del medico Ordinaire, le sue sorelle continuavano la produzione. Il consumo salì fino alla fine del XIX secolo ed artisti e musicisti nell’ Europa centrale credevano che potesse aiutarli ad ottenere

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maggiore ispirazione artistica e creativa. Si svilluppò quindi una cultura di celebrazione dell’Assenzio e si trovarono tanti modi di prepararlo, che si osservano anche in vari dipinti, oggi famosi, di Manet, Degas ed altri. Al inizio del XX secolo rapidamente il consumo dell'Assenzio terminò a causa di studi che individuavano la pericolosità del tujone, che si trova in piccola concentrazione nell'Assenzio. Fino a pochi anni fa la produzione ed il consumo del distillato rimase quindi vietato. Ultimi studi scientifici evidenziano però che, probabilmente, fossero più l’altra gradazione di alcol e alcune sostanze aggiunte a creare gravi effetti al cervello ed al metabolismo. Oggi ci sono infatti nuovamente alcune preparazioni dell'Assenzio in commercio.

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A parte il distillato la pianta veniva usato anche da più di duemila anni in fitoterapia. Tra greci e romani e poi a altri popoli europei si svilluppò un commercio di preparazioni ed erba secca. I principi attivi di questa pianta sono il tujone, diverse forme di absintina, resine, tannine, acidi e nitrati. Le sue proprietà sono: stimolante, toniche, vermifughe, antielmintiche, antipiretiche e emmanogoghe (stimolazione dell'aflusso del sangue, specialmente nella mestruazione delle donne). Il tujone si trova anche in altre piante come nella Tuja, Thuja spec.; Salvia, Salvia officinalis e nel Tanaceto, Tanacetum vulgare. Ultimi studi hanno evidenziato che estratti dell'Assenzio hanno proprietà anche nella protezione e cura del fegato, specialmente dopo intossicazioni.


I sintomi dopo un’ intossicazine con l'Assenzio invece possono essere: gastroenterite, crampi, danni renali e sanguinazione del muscolo cardiaco. Un’ uso curativo di quest'erba deve sempre essere seguito di un medico esperto! Anche nella omeopatia questa pianta ha un posto importante, viene consigliato a persone confuse, in panico, terrificate da diverse paure e nervose in genere. Nel giardino e nell’orto un estratto dell'Assenzio può aiutare contro afidi, altri insetti e lumache. Per i vari usi fitoterapeutici si usa tutta l'erba, sia la foglia che i fiori. Nella credenza popolare l'Assenzio domina la protezione contro il diavolo ed il male in genere. Era conosciuto infatti come Mater Herbarum, Madre delle Erbe, e veniva usato in tante preparazioni e anche come incenso per purificare gli ambienti e per inalazioni. Questi ultimi dovevano anche provocare una attività maggiore nell’amore (afrodisiaco). Alcune persone in Prussia intrecciavano corone di questa pianta per le mucche e altri animali, come protezione contro le streghe malvagie. Sulla isola di Man, in Inghilterra, i parlamentari usano ancora oggi quest'erba per la loro cerimonia di apertura il 5 luglio. Si credeva che catalizzasse varie forze magiche contro la stanchezza (perfino la chiesa ci credeva! „lus an tseanduine“, scozzese, erba delle persone anziane), il colpo di sole. In oltre si pensava che l'assenzio fosse magnetico e si rivolgesse sempre verso il nord. “L’ASSENZIO” Edgar Germain Hilaire Degas

A me questa pianta fa sempre pensare al pieno dell’Estate e infatti, il suo splendore si sviluppa nel periodo più caldo dell'anno. Raccoglie la forte energia del sole nelle sue foglie e la conserva nel rizoma. Cosi l'anno successivo, con i primi giorni caldi, a marzo ed aprile, spunta di nuovo e fa uscire il suo profumo intenso. E a mio parere di Ispirazione ne da tanta… anche solo standole vicino! Bibiliografia Brandolin Chiarababba, S. (Editrice) (1984): Dizionario di Botanica. Milano (I) Buff, W. , Von der Dunk, K. (1981): Giftpflanzen in Natur und Garten. Augsburg (D) Cotterell, A., Storm, R. (2007): The ultimate encyclopedia of mythology. London (GB) Gottwald F.-T. & Rätsch, Ch. (2000): Rituale des Heilens. Aarau (CH) Macchi, V. (1995): Langenscheidts Taschenwörterbuch. Italienisch-Deutsch, Deutsch-Italienisch. Berlin (D) MacCoitir, N. (2008): Irish wild plants. Cork. (IR) Rätsch, Ch. (2005): Der Heilige Hain. Aarau (CH) Rätsch, Ch. (1995): Pflanzen der Liebe. Aarau (CH) Schmeil, O. (1988): Flora von Deutschland und seinen angrenzenden Gebieten. Heidelberg (D) Spohn, M.+R., Aichle, D. (2011): Che fiore e questo? Roma (I) Storl, W.-D. (2000): Pflanzen der Kelten. Aarau (CH)

Anche i galli facevano un 'vinum absinthes' che era un vino aromatizzato all'Assenzio e dolcificato con il miele.

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la madIA dell’ ovate Pensieri e riflessioni, per stili di vita piÚ sani e consapevoli. Nuovi e antichi strumenti per il benessere, da usare con buonsenso e quando serve. Una vera dispensa di nutrimenti per il profondo.

di Ilaria Pege 32

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Il Sole può guarire? Quante volte mi sono arrostita al sole, come un Drago di Comodo. Memorabile una foto in un vecchio album dei miei, in cui sono spalmata su uno scoglio della fu Yogoslavia, con una maglietta di Dharma, la tigre di Sandokan, bianca ed uno slip blu, da cui risalta la mia pelle, normalmente color mozzarella, di un bel rosso Ferrari. Dovevo avere otto anni e all'epoca scottarsi non era un dramma, anzi, scongiurati i colpi di sole, con terribili cappelli di cotone che nemmeno i tedeschi portavano nelle campagne coloniali africane di fine ottocento, la pelle screpolata era un fantastico gioco di società. Ed oggi? Oggi abbiamo il sole malato ma fortunatamente, la protezione solare contro i raggi UV, quelli cattivi! Schermi spaziali, abiti rifrangenti, ma soprattutto freschissimi centri commerciali illuminati al neon, dove nasconderci per tutta l'estate e poterci abbronzare a pagamento, con una comoda, ventilata e sicurissima “doccia di sole". Cosa di cui siamo sprovvisti invece, a quanto pare è il buon senso. Perché basterebbe una riflessione di natura intuitiva, per spingerci a fare scelte più moderate in fatto di esposizione solare, senza passare dalla modalità polli alla brace, a quella di sponsor della pasta di zinco, con la velocità di un'auto ad alte prestazioni. Come sempre abbiamo bisogno di investire milioni di euro o dollari nella ricerca, perché lo scienziato di turno ci confermi un'ovvia verità, che comunque prenderemo in considerazione solo dopo 50 anni almeno. Che adorabili creature che siamo!

Il primo studio condotti sull'argomento risale al 1970 ad opera dei dottori Feldman e Maibach, dell'Università di California ( Absorption of some organic compounds through the skin in man Feldmann RJ, Maibach HI ). Questo dimostrò che oltre il 35% delle sostanze chimiche di cui sono composte le creme solari, entrano nel flusso sanguigno; ed ovviamente più permangono a contatto con la pelle e maggiore è l'assorbimento nell'organismo.

Questo può essere uno dei fattori determinanti, evidenziato da una ricerca pubblicata sull’American Journal of Public Health nel 1992 ( Changing knowledge and attitudes about skin cancer risk factors in adolescents di Mermelstein, Robin J. Riesenberg, Lee A ) del grande aumento di tumori alla pelle ( ma anche al polmone, utero, colon e prostata) osservato in regioni quali il nord Australia e Nord America, dopo che l’uso di creme solari protettive è stato fortemente promosso da medici, dermatologi, aziende produttrici e dai governi locali, partendo dalla solita presunta pericolosità del Sole e dei raggi ultravioletti. La cosa paradossale è che l’incidenza di tumori della pelle a livello mondiale è aumentata in misura direttamente proporzionale all’impiego di filtri solari nelle aree geografiche dove ne è stato promosso l’uso. Nel 1993 il Dott. John Knowland dell’Università di Oxford, ha pubblicato uno studio ( Sunlight-induced mutagenicity of a common sunscreen ingredient di John Knowland Edward A McKenziePeter J McHughNigel A Cridland,5 April 1993 ) che ha evidenziato come certi filtri solari contenenti PABA, Padimate-O e suoi derivati

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possono danneggiare il DNA provocando conseguentemente tumori. Infatti alcuni componenti che bloccano i raggi ultravioletti, trasformano la loro energia fisica in energia chimica che viene rilasciata nella forma di radicali liberi. Molti sono efficaci solo nel bloccare gli UVA, sbilanciando lo spettro di frequenze che raggiunge la pelle a favore degli UVB ed impedendo alla pelle di adattarsi. Il Dott. Gordon Ainsleigh, in uno studio pubblicato su Preventive Medicine dal titolo ”Effetti benefici dell’esposizione al sole sulla mortalità per cancro”, è arrivato alla conclusione che l’uso di filtri solari causa più tumori e morti di quelli che dovrebbe teoricamente prevenire. Ha stimato che il 17% dei tumori al polmone osservati tra il 1981 e il 1992 può essere correlato con l’impiego massivo di filtri solari nei dieci anni precedenti . Ma anche sul Journal of the National Cancer Institute e sull’International Journal of Alternative & Complementary Medicine nel 1994 sono stati pubblicati lavori che portano alla conclusione di una maggiore incidenza di melanoma e carcinoma associato all’uso massivo di creme e lozioni con filtri solari . Per spiegare l'argomento in modo semplice, posso dire che la scottatura serve al corpo per dare un segnale incisivo all'individuo di essere arrivato al limite della sua sopportazione in fatto di surriscaldamento ed esposizione solare, sia della pelle che degli organi interni. In quanto, i raggi solari sono capaci di penetrare il nostro corpo e sono l'indispensabile fattore fisico e chimico per cui avvengono certe funzioni fisiologiche, legate non solo alla produzione della Vitamina D, ma anche al metabolismo di altri nutrienti, alla regolazione del ciclo della melatonina e al conseguente ritmo di sonno e veglia, per citarne alcuni. Già con un fattore protettivo SP 10 o 15, oggi comune in molte creme viso e corpo, fondotinta e protezioni solari, si attua un'inibizione parziale del processo fisiologico di termoregolazione. La pelle non si scalda come di consueto e potenzialmente rimaniamo esposti al sole per un tempo maggiore senza sentire effetti collaterali immediati, generando un surriscaldamento interno, dannoso per organi e sistema in generale. Oggi sappiamo che per stimolare le benefiche influenze del sole, basta abituarsi gradualmente con un'esposizione ai raggi solari, da 5 minuti un paio di volte al giorno, fino ad un massimo di un'ora consecutiva. E non solo la pelle non si scotterà, ma anzi, si attiveranno una serie di processi virtuosi a favore della salute del corpo, della mente e delle emozioni. Questi irradiamenti vengono chiamati Bagni di Sole, e non sono consigliati a tutti indiscriminatamente, infatti alle persone che soffrono di patologie cardiache e

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particolari malattie degenerative quali il Diabete, ad esempio, viene proposto, il Bagno di Luce. Pratica molto delicata che si svolge con la medesima tempistica, ma sotto l'ombra di un folto fogliame. La luce passando attraverso queste barriere diminuisce molto l'effetto dei raggi calorici ( rosso, arancio e raggi infrarossi ) e risulta arricchita dalle qualità della Clorofilla. Non è quindi una scelta coreografica, quella dei Druidi contemporanei, passare del tempo nei boschi ed in natura, oggi sappiamo che è indispensabile, per stare bene.

Al di là della tipologia personale, sportivi o meno, sani o malati, la luce del sole ha reali effetti curativi; che siano sulla psiche, per effetto dello stimolo alla produzione di Serotonina ( uno degli ormoni del "benessere" ) o sul corpo come battericida, fonte di energia per le cellule nervose e per la dilatazione dei vasi sanguigni e linfatici, con conseguente detossinazione tramite la sudorazione. Il potenziale di questa visione pagana contemporanea è unificante; mette d'accordo la pancia con la testa, un'antica saggezza con una moderna metodologia di ricerca. Il Sole dal Solstizio d'Inverno, porta il suo dono di fecondità fino al Solstizio d'Estate, ma anche l'antica visione che al massimo dell'espressione di una forza, si manifestano già gli effetti del suo eccesso, e proprio questo è rappresentato dal ciclo solstiziale decrescente, importante in ottica druidica come il precedente. Lughnasad potrebbe rappresentare per noi umani in genere, ma italiani in primis, che negli eccessi ci sguazziamo come girini nelle pozzanghere a Maggio, una grande opportunità. Potremmo iniziare a farci delle domande e a darci delle risposte, davvero le azioni che diamo per consuete, come la spalmatina di crema mattutina, è utile? Lugh porta la sua abilità a trovare questa risposta dentro di noi, ma anche e soprattutto ispira azioni intelligenti a favore di una cerchia vitale più grande e di un tempo più lungo, del nostro, come singoli individui.

La Rubrica sulla salute e sul benessere non intende fornire diagnosi e prescrizioni su casi specifici, né può sostituire la consultazione medica o veterinaria. I rimedi contenuti nel testo devono essere considerati solo come indicativi. L’autore e l’editore declinano ogni responsabilità per un uso indiscriminato di questi rimedi quando non avallato da prescrizione medica o veterinaria.


Comunione Vicinanza di cuore Legame con la Natura

Cos’é per te il druidismo?

TRIADE di Lisa du Fresne

Acquisitions Editor per Aontacht ( http://www.druidicdawn.org/aontacht )

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INTERVISTA

SULLA VIA DI MATH I Luoghi dell’immaginario a Cae Mabon

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di Daniela Ferraro Pozzer

n tempo incantato e immaginario, fuori dal quotidiano. Un luogo bellissimo, in Galles, fra quelle stesse colline di ardesia e boschi di betulle, larici e querce, in cui si svolse la leggendaria storia di Math e dei suoi nipoti nella quarta parte del Mabinogin. Abbiamo vissuto un viaggio “fluente” che, di volta in volta, è scorso e si è sviluppato proprio nei luoghi reali narrati nella leggenda. Erik, bardo onorario dell’OBOD, ci ha ospitati ancora nella meravigliosa Cae Mabon e ci ha raccontato, con la maestria del vero bardo, con la sua voce mutevole e suggestiva e la sua mimica meravigliosamente teatrale, le vicende dell’antico druido Math, e tutta la serie di eventi e di trasformazioni simboliche generate dalle diverse scelte effettuate dai protagonisti, che creano il “magico” dipanarsi di questa antica storia. In cinque giorni, seguendo gli spunti nati dallo stesso svolgersi del racconto, abbiamo ‘vissuto’ tematiche interessantissime, condotte con intelligente entusiasmo della scintillante Penny Billington ( editor di Touchstone, famoso magazine inglese dell’OBOD). Abbiamo cercato di sentire la Vita come-se fossimo nei diversi corpi degli animali in cui i personaggi della storia venivano man mano trasformati: cambiamento dei punti di vista, spinte forti create da istinti vari e nuovi, o estremizzazioni di parti del sé che, in quanto ‘umani’, di regola bilanciamo ed equilibriamo. La presenza costante e la guida di Stephanie e Philip Carr Gomm hanno reso questo Tempo ’immaginario’, veramente indimenticabile, sollevandoci da ogni possibile quotidianità per accompagnarci nel fertile e rilassante ambito della meditazione e della creatività. L’approfondimento di alcuni temi,creativi e personali, è quindi avvenuto naturalmente, in maniera gioiosa e serena, ed i legami di affetto e di vicinanza, nati nel

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gruppo, sono il risultato spontaneo e tangibile della magia che la vera Armonia sa produrre. Lungo la Via di Math, lungo la saggia ed avventurosa Via di Math, lungo la magica Via di Math… che è la nostra Vita, con le sue trasformazioni, i suoi bivi e le sue scelte.

BREVE INTERVISTA A

PENNY BILLINGTON di Markus Juniper

R: Ciao, Penny! Dopo questi giorni così intensi, che ci hanno portato a scoprire e a vivere alcuni episodi del quarto libro della storia del Mabinogin, ti vorremmo chiedere perché hai scelto proprio questa parte della leggenda… P: La storia del Mabinogin è molto complessa, così ho scelto di concentrare la nostra attenzione su una parte correlata alla nostra relazione con gli animali e con le piante: questo è molto importante per un Druido. Gli animali, oltretutto, sono molto importanti nei miti celtici: essi donano aiuto e consiglio e noi possiamo imparare molto da loro (anche attraverso l’Oracolo dei Druidi: The Druid Animal Oracle ). R: Secondo te qual è la principale connessione, presente in questa parte del Mabinogin, con la vita di oggi?


INTERVISTA

P: Il personaggio più vicino al presente è Gwydion e tu puoi ritrovarlo nei banchieri, nei politici, e nelle altre persone ‘astute’ che vogliono essere più intelligenti del mondo naturale. Gwydion deve comprendere questo da suo zio Math. Anche la differenza di genere è una questione molto ‘moderna’: la storia di un uomo che ha un travolgente amore per il figlio e alla fine usa la vera magia per salvarlo R: Abbiamo saputo che hai scritto un libro su questi argomenti che ci avvicinano al mondo naturale.

problemi con una persona puoi prendere in considerazione l’aiuto proveniente da una quercia o da una betulla. Cosa penserebbe quell’albero del tuo problema? Come troverebbe una soluzione? La Betulla ti guiderebbe verso nuovi progetti, la Quercia ti inviterebbe a non essere timido e timoroso nei ‘tuoi spazi’e il Tasso ti parlerebbe dei confini, e di chi o di cosa tu lasci che acceda al tuo mondo. Lezioni dagli alberi .... è lo studio che dura una vita. R: Grazie Penny, questi tre alberi infatti simbolizzano parti del nostro mondo e studiandoli, e ‘parlando’ con loro, noi riusciremo a raggiungere una maggiore consapevolezza di noi e delle nostre vite.

P: Si, infatti. Si intitola “La saggezza della Betulla, della Quercia e del Tasso”. Questo libro nasce con l’intento di aiutarci a connettere noi stessi alla Magia degli alberi per trovare guida e trasformazione. Per esempio: se tu hai Per approfondire l’argomento: The wisdom of Birch, Oak and Yew. -by Penny Billington (2015)- Llewellyn Publications, Woodbury The Path of Druidry: Walking the Ancient Green Way-by Penny Billington ( 2011) - Llewellyn Publications Druid Animal Oracle - by Philip & Stephanie Carr-Gomm, Bill Worthington (Illustrator) ( 1995) The Mabinogion (Oxford World's Classics) – by Sioned Davies (2008)

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IL LIBRO

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MORGANA DONNA FATA STREGA DEA Federico Gasparotti *** 38

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n libro veramente molto interessante, pieno di spunti di pensiero tanto storici quanto perfettamente attuali, uscito di recente e che ci ha molto affascinati.

Abbiamo voluto chiedere all’autore di presentare anche qui questo suo lavoro per arricchire Il Calderone del sapore, intelligente e profondo, dell’analisi di una figura ‘nota’ ma mutevole e controversa perché essenzialmente indefinibile. Questo è infatti l’ambito sfuggente in cui si muove “Morgana, donna, fata, strega, dea” di Federico Gasparotti. Allo stesso Federico, il compito di spiegare il perché di questa scelta… Perché Morgana?

La parola a Federico Gasparotti Sono sempre stato affascinato, sin dall’infanzia, dal Ciclo Arturiano, ma più che le gesta eroiche dei cavalieri in particolare mi ha sempre colpito la potenza di quelle figure femminili che si muovevano fra le quinte della scienza, nell’ombra dei corridoi di Camelot, sotto il pelo dell’acqua e sfiorando in volo le nuvole. Queste figure, amiche e nemiche di Merlino, non hanno mai ricevuto la giusta attenzione: mi è sempre sembrato che il lettore medio, così come i critici arturiani, non notassero quanto il “gentil sesso” fosse in realtà chi tesseva la tela degli eventi. Mano a mano che approfondivo i miei studi sulla mitologia celtica, diventava sempre più lampante come Morgana fosse – fra tutti i personaggi – la più adatta alla riscoperta della più profonda spiritualità europea precristiana: su di lei gli autori che si sono susseguiti nei secoli hanno caricato il fardello del paganesimo, cercando contemporaneamente di “ripulire” da oscure origini druidiche le altre figure dell’epopea arturiana. Così Morgana si è ritrovata ad essere l’erede peccaminosa di una Antica Tradizione. Se la mia passione per celtismo e druidismo sono maturati lentamente negli anni, la decisione di dedicare un libro a Morgana è invece nata improvvisamente, nell’arco di pochi

minuti, nell’istante stesso in cui mi sono reso conto che non esiste in Italia nulla su Morgana, se non alcuni romanzi stranieri tradotti. Ed anche all’estero la situazione è desertica. Mi è sembrato veramente stranissimo non trovare un testo italiano a lei dedicato, tanto più alla luce del fatto che in ambiente pagano di lei si parli come se la si conoscesse approfonditamente, evocandola come archetipo femminile e simbolo della magia, ma magari rifacendosi solamente a romanzi di 30 anni fa. Per me è stata sinceramente una sorpresa, ma allo stesso tempo un’opportunità per omaggiarla di uno studio il più possibile serio e documentato. Non mi interessava offrire un trattato di magia o un’apologia del femminismo, ma fare chiarezza sulle vere origini e sul genuino ruolo di questo seducente e sfuggente personaggio, cercando di spiegare come la vera forza di Morgana sia proprio il non avere una forma definita. Scrivere questo libro è stato innanzi tutto un regalo fatto a me stesso: ho scritto il libro su Morgana che avrei voluto trovare già scritto, e questa è di per sé una grande soddisfazione. Quando scrivo non mi interessa convincere il lettore di alcunché: mi limito a lasciargli gli strumenti per costruirsi un’opinione o per ristrutturare (o rafforzare) le proprie convinzioni. Il mio ruolo (in questo caso credo davvero “druidico”), è quello di fare ricerca e dare il mio modesto contributo a chi vuole affrontare seriamente un cammino che non sia fatto solo di improvvisazione e istinto.

Morgana è sempre stato “materiale scomodo” per gli scrittori cristiani, ma si è altresì rivelato “materiale frainteso” da moltissimi autori pagani. L’errore fatto da entrambe le fazioni è stato quello di volerla incasellare, di volerle assegnare una divisa, di volerla rendere portatrice di un vessillo. Ma Morgana, nella migliore tradizione celtica, non è né buona né cattiva, né santa né prostituta, né donna né dea: è tutto questo, e molto altro. E soprattutto è libera. Trovarmi ad essere il primo a scrivere di lei è stato impegnativo, non solo sul fronte della raccolta di informazioni, ma soprattutto dal punto di vista del carico di responsabilità: descrivere senza catalogare è certamente non semplice. La mia speranza è che dopo aver letto questo libro, paradossalmente Morgana torni ad assumere i suoi contorni indefiniti, e che i lettori possano dirsi soddisfatti delle informazioni che ho raccolto e dei concetti che ho intessuto. Per me il non sentirla citata fuori luogo sarebbe già una grande soddisfazione.

MorganaLibro

Nell’estrema difficoltà di scegliere un brano maggiormente rappresentativo di altri, abbiamo aperto il libro a caso e ‘rubato’ questo esordio (segue).

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IL LIBRO

Se dovessimo immaginare un Altromondo popolato da tutti i personaggi mitici creati dall’immaginazione dell’uomo e dalla sua volontà di personificare le forze e le leggi della natura, troveremmo Morgana in un posto di primissimo piano: seduta sul trono dell’ambiguità, con la corona della sapienza sul capo e con lo scettro della mutevolezza in mano. Un “primissimo piano” solo nell’Altromondo però, perché in questo lei si muove, come ho già detto, nell’ombra. Del resto Morgana è la Fata per antonomasia, e come tale abita un Mondo Altro dove il tempo è un capriccio e lo spazio un sogno, dove ciò che appare non esiste e ciò che è celato è la vera realtà delle cose; un Altromondo che permette fugaci visite in Questo Mondo, giusto il tempo per rivoluzionare l’andamento degli eventi e per divellere le certezze dei comuni mortali.

da Federico Gasparotti - “Morgana: donna, fata, strega, dea”, pag. 42.

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IL LIBRO

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EVENTI

7째 DRUID CAMP INTERNAZIONALE

9-10-11-12 GIUGNO 2016 Winterswijk - the Netherlands ulteriori informazioni in autunno

www.obod.nl/dryade/camp

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FACCE DA

DRUIDO Hanno lavorato alla realizzazione di questo numero...

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