Il Calderone - Imbolc 2015

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n 02 Imbolc 2015


Il Calderone Questo è il secondo numero del Calderone, Magazine dell’OBOD in italiano. il nostro viaggio scorre lungo la Ruota dell”Anno, dalle accoglienti profondità della Terra, della notte e di noi stessi, verso la prima luce di Imbolc, l’Inizio, il manifestarsi della potenzialità... quella luminosa scintilla che è, in sé, anche l’Awen. In questo numero abbiamo istintivamente avvicinato i temi della ‘ purificazione, della ‘rigenerazione’, dei ‘propositi’, carichi dell’energia della nuova Luce, che si esplicano nell’attenzione consapevole al benessere, del nostro corpo, dal respiro al nutrimento, e della Terra di cui siamo parte e nella sensazione gioiosa di un nuovo inizio, che accompagna da sempre questo momento, illuminato dal riverbero del triplice fuoco di Brighit. Come elemento più rappresentativo dello ‘Spirito del Luogo’, unito a quel-

lo del Tempo, abbiamo anche avuto occasione di osservare, più da vicino, un rituale interessantissimo ma poco noto, che si svolge ogni anno a Castelnuovo al Volturno, espressione di antiche pratiche pagane e naturali sopravvissute nell’animo di quelle terre. Anche l’osservazione della Natura locale e del suo primo rinascere ci ha regalato l’immagine di una fioritura imprevista, quella dell’Elleboro nell’Italia centrale, una pianta dalla storia ricca e controversa. Nell’emergere alla nuova Luce abbiamo trascinato con noi i ricordi di questo viaggio appena concluso che ci ha portato da Samhain ad Imbolc da ‘dentro’ a ‘fuori’. Un viaggio profondo che, nel suo esprimersi si è spesso lasciato guidare dall’Awen nei brani che abbiamo raccolto nel nostro Eisteddfod… accompagnati dalla musica dell’Aria. Aria , respiro, suono, armonia : il

Calderone è il luogo dove le personali e diverse forme dell’Awen si mischiano arricchendosi e questa ricchezza cresce con la partecipazione di tutti. Lo spazio a nostra disposizione è ampio perché abbiamo scelto come caratteristica l’approfondimento dei temi che ci interessano e la libera espressione della Creatività, ci permettiamo quindi una ‘comoda’ lunghezza: un Calderone che si riempie di tre mesi in tre mesi. Per pubblicare qualcosa insieme a noi basta scrivere alla Redazione: ilcalderoneredazione@gmail.com Seguiteci su: https://issuu.com/ilcalderone

Benedizioni e gioia Daniela F.P.


interviste


Intervista a Shaun William Hayes Ciao Shaun, è un vero piacere per noi italiani leggere un tuo intervento su “Il Calderone” Ciao Paolo, grazie per questa intervista, sono felice di poter contribuire a questa bella iniziativa Per prima cosa desidero chiederti come ti sei avvicinato al Druidismo, cosa questo rappresenta per te e come lo vivi nella tua quotidianità Come mi sono avvicinato al Druidismo? Per prima cosa, io sono nato in un villaggio di campagna vicino alla New Forest. Questo mi ha facilitato, sin dalla più tenera età, a vivere in armonia con la natura, circondato dai boschi e dai campi vicino a casa mia. La natura mi ha sempre inspirato. I miei genitori erano entrambi cattolici irlandesi e sono cresciuto seguendo questa tradizione. Mia madre mi ha dato un profondo senso di spiritualità che non mi ha mai lasciato. Quando avevo undici anni sono diventato un chierichetto e aiutavo il parroco nelle varie cerimonie oltre a servire la messa ogni Domenica. Così fin da giovane ho imparato a vestire con abiti liturgici. Ho lasciato la chiesa nella quale ero stato formato all’ età di diciotto anni circa, perché questa, per molti motivi mi aveva disilluso. All’età di vent’anni ho iniziato la mia formazione presso un sensitivo e guaritore. Era una bella signora in pensione, si chiamava Grace. Lei mi ha insegnato molte cose, il suo lavoro era principalmente in-

centrato sulla guarigione spirituale. Ho studiato con lei per cinque anni, partecipando ogni due settimane alle attività di un piccolo gruppo.

Dopo qualche tempo sono diventato leader del gruppo di guarigione nella mia chiesa spiritualista locale. Ho seguito questo percorso per


quasi dieci anni, ma poi ho sentito dentro di me un impulso che mi spingeva ad andare avanti e oltre. Verso i 35 anni, mi sono concentrato principalmente sul lavoro e ho cresciuto i miei tre figli. Ho cominciato ad interessarmi di counselling e di ipnosi e mi sono addestrato come terapeuta, ho lavorato in un ospedale di salute mentale e poi come manager di una casa privata per adulti autistici con difficoltà di apprendimento. Dopo il mio divorzio sono andato a vivere da solo e ho trovato il tempo e lo spazio per praticare la meditazione analitica e altre tecniche interiori.. Spinto dalla mia voglia di approfondimento ho comprato vari libri incentrati soprattutto sui cerchi di pietra e sulla magia degli alberi. Molti di questi libri menzionavano spesso l’ OBOD , così all età di 45 anni ho contattato l’ufficio OBOD e, ad Imbolc del 2000, mi sono iscritto. Sin da subito ho avuto la netta sensazione di essere tornato a casa, e soprattutto ho

capito che tutto il mio passato, speso a studiare e ad approfondire vari argomenti, mi aveva portato ad essere e a sentirmi un Druido. Dopo circa quattro anni come membro di un Grove ho contribuito a formare il Sylvan Grove con Marion Sibbons e Anne Coleman. Abbiamo recentemente festeggiato dieci anni dalla fondazione del nostro Grove che conta una trentina di persone. Il mio modo di intendere il Druidismo è una cosa molto personale. Il suo significato più profondo è sempre dentro di me , quindi mi sento Druido in ogni momento della mia vita. Attualmente non pratico quotidianamente metodi di guarigione, ma lo faccio a volte quando mi viene richiesto l’invio di energia di guarigione. Faccio questo accendendo una piccola candela e meditando per un po ‘. Per me ci sono tre livelli di Druidismo; c’è il mio bosco interiore, che è il mio spazio personale e privato, c’è il Grove esterno, e poi c’è l’Ordine. Sento dentro di

me che ognuno di questi livelli deve essere curato e servito.Per questa ragione, in primo luogo riconosco che per essere realmente al servizio devo continuare a sviluppare e mettere in pratica il mio lavoro interiore, per continuare a crescere come Druido. In secondo luogo do e ricevo molto in cambio del mio Grove e dai suoi membri. Offriamo seminari e anche un un Camp nel weekend di settembre per i nostri membri. Naturalmente, celebriamo anche le otto festività stagionali. Ci occupiamo inoltre di iniziazioni e, talvolta, ci viene richiesto di celebrare funerali, battesimi e hand-fasting. Grazie Shaun, puoi descriverci il tuo lavoro all’ interno del OBOD? Ho iniziato rappresentando Philip in uno o due comitati e presso la Tavola Rotonda di Stonehenge (che coordina i tempi di accesso, le aperture ai solstizi, ecc ecc). Un paio di anni fa, Philip mi ha chiesto di essere il Groves e Seed Groups Coordinator. Questo significa soprattutto guidare i nuovi gruppi e curare la registrazione nella directory e sul sito web OBOD. A volte, in caso di problemi posso anche offrire consigli. Trovo questo lavoro molto gratificante in quanto aiuta a portare all’ esterno l’ immagine dell’ OBOD come una comunità in crescita e non solo come un corso di formazione. Che consiglio puoi dare ai tanti gruppi nuovi nati in italia? Su questo argomento ho due opinioni molto forti e radicate. In primo luogo è essenziale che i leader continuano i loro studi personali e non smettano mai di sviluppare il loro spirito di Druidi. Per servire ap-


pieno è necessario ricevere tutti e tre le iniziazioni e conquistare di conseguenza la saggezza dentro di noi. In secondo luogo vorrei consigliare che le tradizioni e gli obbiettivi del gruppo siano perseguiti lentamente, senza fretta. Non è necessario cercare di ottenere tutto troppo in fretta ed è importante lasciare ai membri la possibilità di influenzare il carattere del gruppo stesso. Con il tempo il gruppo assumerà il proprio carattere e farà sentire la sua voce e il suo spirito. Io, chiamo questa fase “il bambino d’oro”. Per farti un esempio io amo ricordare spesso ai membri del mio Grove che siamo tutti sullo stesso sentiero, ognuno a livelli differenti, ma quando ci troviamo in cerchio siamo alla pari. Questo è fondamentale per riuscire a far capire lo spirito stesso del Grove e del Druidismo. L’ uguaglianza di spirito permette alla luce di fluire liberamente nel cerchio durante il rituale e di non essere bloccata. Si potrebbe provare una semplice meditazione di gruppo, durante un cerchio, per sviluppare questa idea. Quello che io faccio a volte è chiedere ad ogni persona di chiudere gli occhi e trovare la loro luce interiore, di sentirla crescere, e poi di prendersi per mano e lasciare che la luce fluisca da voi alla persona alla vostra sinistra, per rendersi di conseguenza conto che stiamo nel frattempo ricevendo questa luce dalla mano destra di chi ci sta a fianco. Sentite poi questa luce accelerare e diventare un cerchio potente di luce nel quale si

può sentire ancora la propria stessa personale energia che contribuisce a questa armonizzazione. Vorrei concludere dicendo che siamo tutti, indistintamente sacerdoti e sacerdotesse di noi stessi, siamo responsabili per i nostri percorsi e dobbiamo essere sempre consapevoli di questo. Questo è il motivo principale per cui, secondo me, noi non siamo una religione, non siamo governati e vincolati dalle regole degli altri. Noi agiamo con libertà di scelta e questo è unico ed irripetibile per ognuno di noi. Ti ringrazio per le belle parole e per la profondità di quanto ci hai detto. Vorrei chiederti di lasciarci con uno dei tuoi bellissimi poemi. Eccone uno per te. Pochi mesi dopo che mi sono iscritto all’OBOD ho fatto un viaggio speciale a cavallo della mia moto, con una tenda legata sulla schiena. Sono andato a Stonehenge, Glastonbury e Chalice Well, poi alla foresta di Dean, poi Preseli, e in Irlanda per visitare i miei genitori che vivono li. Ne ho approfittato per andare a visitare Tara e New Grange. Per me, questo è stato come una sorta di pellegrinaggio di due settimane e, quando sono tornato a Southampton, ho scritto questo: Bran Paolo Veneziani

Il Sentiero Druidico Quest’anno ti ho calpestato Glaeston Hill Ho visto le Pianure di Avalon Ho guardato attraverso le pietre di Stonehenge e attraversato le montagne di Preseli Poi Tara - piccola collina Eppure abbastanza alta per permettermi di vedere. Ho sentito il bisogno di guardare All’interno di me Per visualizzare il paesaggio interiore Contrassegnato con pietre speciali Il viaggio della vita non è un percorso rettilineo Ma una spirale nella quale ho volato Ho resistito a punti di impulso della natura Sentendo gli echi del cuore E ho trovato li dentro la mia strada Questo è la base del percorso Druidico Shaun William Hayes agosto 2000


divinita ‘ - leggende


Brigit L‘ANTICHISSIMA Leggende e racconti

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rigit l’Altissima, Brigit Dea del Triplice Fuoco, colei che accoglie il primo raggio della Nuova Luce, un simbolo tuttora vivissimo e pieno di potenti contenuti. La forza dell’archetipo che è dentro il suo essere, nella sua forma e nei suoi significati, si confonde e si armonizza con il nostro ‘naturale’ stato d’animo di questo periodo della Ruota dell’Anno, creando una ‘emozione’ vera e viva, colma di istintiva progettualità. Cominciamo dall’inizio... Il nome Brigit sembra derivare da due radici: “brig” (altezza - che appare spesso nella forma “brigâ” collegata a colline e montagne* ) ed

anche “breo” (fuoco - il fuoco della fucina, unito a quello dell’ispirazione artistica e dell’energia guaritrice. Nelle rappresentazioni dei tre fuochi questi erano spesso rappresentati dall’immagine della dea insieme alle sue ‘due sorelle dallo stesso nome’). Brigit, anche nota come Brighid, Bricta, Briga, Bride, in Britannia Brigantia e Brigindu per i Galli orientali, era figlia di Dagda, il “dio buono” , una divinità celtica associata alla guerra, signore della folgore e signore degli elementi. In questa sua ultima forma Dagda era considerato ‘buono’ perché proteggeva i raccolti badando al tempo. ** Queste due ipotetiche radici del suo nome, in fondo, non sono in antitesi fra di loro in quanto Brigit era la dea di tutte le cose percepite come

‘elevate’: da quelle fisiche (come le fiamme alte, le colline e le zone di montagna) a quelle spirituali e psicologiche, come gli stati d’animo nobili e le conoscenze ‘superiori’(ad esempio la saggezza, l’eccellenza, la perfezione, la grande intelligenza, la conoscenza medica e la capacità poetica) ed in questo era assimilabile ad Athena /Minerva. Nel suo aspetto, apparentemente tripartito, la dea era considerata la patrona dei fabbri, dei poeti e dei guaritori, lasciando convergere e manifestare in sé una serie di caratteristiche, provenienti dal proprio nome ma anche dalla propria ‘discendenza’, che tutt’ora risuonano potenti ed energetiche.


La scintilla del fare Brigit è stata considerata quindi la protettrice dei poeti, dei guaritori, delle levatrici, delle forze femminili, dei fabbri, del fuoco. Il nucleo centrale, il cuore, di questa Dea apparentemente multiforme è però uno: la potenzialità del ‘fare’, dalla Creatività alla Consapevolezza. Ogni cosa che riguarda Brigit sembra infatti essere l’inizio di un processo che poi si svilupperà e darà i suoi frutti durante l’anno… Il Fare è l’agire nel modo materiale e spirituale, è il movimento prima inconsapevole e poi cosciente che nasce dalla scintilla della Dea: fare è l’Awen che si manifesta come Creatività espressa dall’artista che da essa creerà la propria opera, fare è generare nuove vite, cominciare un processo di guarigione, fare è forgiare dal metallo le armi (strumenti) per rendere fisico un concetto, un’idea, per attuare una volontà, fare è trasformazione ( come la folgore di Dagda, che agisce nel mondo materiale con il fuoco, fuoco che trasforma e che ‘purifica’, creando continuamente lo spazio per un nuovo fare…) Una delle caratteristiche attribuite al fuoco, e con esso a questa dea del Triplice Fuoco, è infatti proprio quella di purificare: il rendere ‘puro’, che può intendersi sia come libero da qualcosa di ormai inutile (erroneo, fastidioso, ingombrante..o ‘inquinante’ per esempio in metallurgia) sia come rendere ‘chiaro’, cioè ‘visibile, comprensibile’ ( anche

illuminato dalla luce e quindi ben osservabile)… ed anche sotto tutti questi aspetti Brigit è il cuore del tempo di Imbolc. Al sentore della prima Luce infatti, la dea, simbolo della Potenzialità, sorge gloriosa. La sua energia si riflette nelle candele che, come icona della prima luce del sole, ne rappresentano una scintilla. La sua forza si sente nei fuochi, nelle nascite, nello scor-

rere delle acque ( del parto e delle fonti), nell’ispirazione che spingerà il poeta a cantare, nella chiarezza dei nostri scopi, finalmente liberati dalle impurità che li soffocano ed aiutati dagli strumenti del fare ‘pratico e … magico’*** del fabbro, a divenire poi ‘raccolto’.


Imbolc Imbolc era la festa in onore di Brigit, una festa della Primavera, o meglio, dell’inizio di quella che poi sarebbe stata la Primavera, del suo annuncio: le condizioni atmosferiche non erano ancora tra le più favorevoli per festeggiare all’aperto, perciò la sua sacralità veniva vissuta particolarmente in famiglia, intonando canzoni e preghiere alla dea . Era anche la festa delle nascite, non solo degli agnelli, ma anche tra gli umani, in quanto nove mesi prima, tra gli eccitanti fuochi di Beltane, molte unioni avevano dato i loro frutti e la Dea era di aiuto alle parto-

rienti dei cosiddetti ‘figli del fuoco’ . Proprio quelle nascite erano l’espressione massima del ‘fare e dell’iniziare’ allo stesso tempo ( ‘fare’ un figlio, per la madre ed ‘iniziare’ a vivere per il neonato) ed anche,la manifestazione materiale del ‘purificare (‘ il corpo della madre , liberandolo da quello che ormai, dopo il parto, non serviva più). Per onorare la dea, soprattutto in questo tempo, si accendevano allora fuochi, luci, candele. La Candelora ha sostituito nella visione cristiana, la festa di Imbolc, dedicata alla dea… così come le diciannove

monache a Kildare (da “Cill-Dara” = Eremitaggio delle Querce) in Irlanda, tennero per lungo tempo accesa continuamente una fiamma perpetua per Santa Brigida, stessa pratica pre-cristiana e femminile, tenuta precedentemente in onore di Brigit.****. Tutt’ora una tradizione vuole che si ricompongano nuove candele con la cera di vecchie candele già usate, colandole dentro la terra, come segno della potenzialità del futuro e, nello stesso tempo, della continuità con il passato.

Tradizione e previsioni Signora dei Poeti, Brigit ( di nuovo come controparte celtica di Athena-Minerva) é colei che protegge e conserva la Tradizione che vive nella poesia, tradizione orale, memoria ancestrale delle popolazioni: il ‘fare del passato’ che diventa ‘fare del futuro’ attraverso di lei. Così in questo passaggio fra il buio e la luce, affollato di nuove speranze e nuove chiarezze, che è il tempo di Brigit si pensava anche che le previsioni, illuminate dalla Dea, potessero essere più chiare. Dice un’antichissima poesia:

Thig un nathair come un pedaggio Là donn Sposa, Ged robh Tri troighean dhen t-sneachd Leac aria una tana. Il serpente uscirà dal foro In occasione della Giornata marrone della sposa, Anche se ci dovesse essere un metro di neve


I simboli della Dea A Brigit, come a tutte le divinità celtiche, si attribuiscono certe piante e animali. La dea è accompagnata spesso da una mucca bianca. Il fiore a lei dedicato è il tarassaco. Il suo uccello messaggero è l’ostricaio, un uccello marino. Il suo animale divinatorio è il serpente (la biscia di campo) che la collega ai poteri della terra. La celebrazione antica esprime due temi: il ritorno della fertilità della terra e l’inizio di un nuovo ciclo di attività agricole nella vita della tribù. La Dèa unisce terra e tribù ed è invitata a benedire l’unione, a garantire protezione dal male e a far crescere le energie. In Irlanda, fra i più noti oggetti simbolici che garantiscono la protezione di Brigit c’è la “cros-Bríde” (la croce di Brigit), che può essere costruita ad Imbolc con giunchi e rametti e di cui la forma più nota è quella che riproduce le quattro braccia, simbolo del ciclo perpetuo delle stagioni e dell’eterno ritorno della luce e del sole; le croci preparate l’anno prima e conservate, vengono bruciate e sostituite con quelle appena intrecciate. La fabbricazione delle croci di Brigit deriva forse da un’antica usanza precristiana collegata alla preparazione dei semi di grano per la semina, esse ci ricordano la vegetazione che si rinnova in continuazione, anno dopo anno. Anche le spighe di avena (o grano,

orzo, ecc.) usate per fabbricare le bambole di Brigit, altro oggetto simbolico caro alla Dea, provengono infatti dall’ultimo covone del raccolto dell’anno precedente. Questo ultimo covone, in molte tradizioni europee è chiamato la Madre del Grano (o dell’Orzo, dell’Avena, ecc.) e la bambola propiziatoria confezionata con le sue spighe è la Fanciulla del Grano (o dell’Orzo, dell’Avena, ecc.).Si credeva cioè che lo spirito del cereale o la stessa Dea del Grano risiedesse nell’ultimo covone mietuto: come le spighe del vecchio raccolto sono il seme di quello successivo, così la vecchia divinità dell’autunno e dell’inverno si trasformava nella giovane Dea della primavera, in quella infinita catena di immortalità che è il ciclo di nascita, morte e rinascita. E Brigit rappresenta appunto la giovane Dea della primavera. Un altro simbolo importante era il “brat Bríde” (il mantello di Brigit): una striscia di stoffa che si lasciava esposta alla finestra nella notte della festa, perché assorbisse il potere della dea. Il mantello di Brigit veniva utilizzato come protezione oppure impiegato in rituali di guarigione, e la sua potenza poteva rinnovarsi di anno in anno. Ancora oggi, ai rami degli alberi che sorgono nelle loro vicinanze, i contadini appendono strisce di stoffa o nastri a indicare le malattie da cui vogliono essere guariti.

Sacri a Brigit erano la ruota del filatoio, la coppa e lo specchio. Lo specchio è strumento di divinazione e simboleggia l’immagine dell’Altro Mondo cui hanno accesso eroi e iniziati , ma è anche il guardarsi ‘veramente’, la caduta dell’illusione che copre la vista e… quindi l’inizio della vere possiblità oltre l’illusione. L’inizio della Consapevolezza delle proprie possibilità. La ruota del filatoio è il centro ruotante del cosmo, il volgere della Ruota dell’Anno e anche la ruota che fila i fili delle nostre vite. La coppa è il grembo della Dea da cui tutte le cose nascono. Mi fa piacere concludere questo pensiero a Brigit con un pezzo tratto dal libro ‘Feste Pagane’ di Roberto Fattore, molto interessante e molto … italiano: Un antico codice irlandese, il Libro di Lisrnore, riporta una curiosa leggenda. Si narra che a Roma i ragazzi usavano giocare ad un gioco da tavolo in cui una vecchia megera liberava un drago mentre dall’altra parte una giovane fanciulla lasciava libero un agnello che sconfiggeva il drago. La megera allora scagliava un leone contro la fanciulla, la quale però provocava a sua volta una grandine che abbatteva il leone. Papa Bonifacio, dopo aver interrogato i ragazzi e aver saputo che il gioco era stato in-


segnato loro dalla Sibilla, lo proibì. La megera non è altro che la Vecchia Dea dell’Inverno sconfitta dalla Giovane Dea della Primavera. Essendo questa leggenda stata raccolta in un ambito culturale celtico, si può supporre che la Vecchia altri non fosse che la Cailleach a cui si contrappone Brigit. Il riferimento all’agnello è un altro simbolo del periodo di Imbolc, anche se i commentatori medievali lo considerarono l’emblema di Gesù Cristo. In realtà è la Vecchia Dea che si rinnova trasformandosi in Giovane Dea, così come il Vecchio Grano diviene il nuovo raccolto. I Carmina Gadelica, una raccolta di miti, proverbi e poemi gaelici di Scozia, raccolti e trascritti alla fine dell’800 dal folklorista scozzese Alexander Carmichael, riportano la seguente filastrocca:

“La mattina del Giorno di Bride Il serpente uscirà fuori dalla tana Non molesterò il serpente Né il serpente molesterà me”

Note: * In Italia Brescia, l’antica Brixia, sorge proprio su un colle e sembra derivi da qui il proprio nome,

espressione tradizionale di questa concezione sacra della metallurgia.

**Dagda era rappresentato con una clava in mano, arma magica che, oltre ad essere strumento di offesa, aveva il potere di rendere la vita. Spesso suonava un’arpa dai poteri straordinari, in grado di causare tristezza in chi l’ascoltava e di calmare chi era colto da ira. Altro suo attributo era il Calderone della resurrezione. ***La capacità di lavorare i metalli era ritenuta anche essa una professione magica e le figure di fabbri semidivini si stagliano nelle mitologie non solo europee ma anche extra-europee; l’alchimia medievale fu l’ultima

Il serpente appare come uno degli animali-totem di Brigit. In molte culture il serpente o drago è simbolo dello spirito della terra e delle forze naturali di crescita, decadimento e rinnovamento. Nel giorno di Bride il serpente si risveglia dal suo sonno invernale e i contadini ne traevano il presagio della fine imminente della cattiva stagione. Il serpente è uno dei molti aspetti dell’antica Dea della terra: la muta della sua pelle simboleggia il rinnovamento della Natura e anche la sua dualità Infatti in gaelico “neamh” (cielo) è simile a “naimh” (veleno), provenendo entrambi dalla radice “nem”. (N.D.R.: si ricollegherebbe anche al Serpente

**** La fiamma sacra a Kildare : Giraldus Cambrensis e altri cronisti affermarono che quel luogo fosse circondato da una siepe, che nessun uomo poteva attraversare. Gli uomini che avessero tentato di attraversare la siepe si diceva sarebbero stati maledetti con la pazzia o sarebbero rimasti uccisi o paralizzati nel tentativo.La tradizione di sacerdotesse donne che tengono luoghi sacri, in cui siano presenti fiamme eterne è una caratteristica di antica spiritualità pre-cristiana indo-europea. Altri esempi sono la dea romana Vesta , e altre dee del focolare come Hestia .

Cosmico, Uroboros… ma questa è un’altra storia!). Così, come nelle fiabe l’eroe che coraggiosamente bacia una vecchia megera si ritrova di fronte una bellissima fanciulla...la Vecchia Dea e la Giovane Dea sono la stessa persona! ------------------------------------------E ‘con’ loro e ‘fra’ loro siede Brighit, l’Inizio, il Presente, la Dea della Potenzialità che ci accompagnerà, sorridente e benevola, verso la prima luce di questo nuovo Giro della Ruota. Daniela F.P.

Bibliografia Fra le altre fonti: Enciclopedia delle religioni. Volume 12 Religioni dell’Eurasia, Milano, Jaca Book, 2009. Berger, Pamela (1985). The Goddess Obscured: Transformation of the Grain Protectress from Goddess to Saint. “Saint Brigid: St Brigid’s Fire”. Cill Dara Historical Society. Retrieved 28 December 2012. Cambrensis, Giraldus. “The Topography of Ireland”. York University. pp. 54, 59 Feste Pagane di Roberto fattore


salute e benessere


Imbolc e le acque di guarigione.

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uando sento parlare di acque miracolose, in particolar modo sotto Imbolc, il nano agnostico razionalista, che vive in un angolo del mio cervello ha un brivido. È difficile per lui convivere con il resto delle mie personalità, che munite di vestiti a fioroni e gilè di frange se ne vanno in giro a dipingere il mondo di rosa e glitter iridescenti, cercando Anguane in tutti i buchi nel terreno da cui sgorga uno schizzetto d’acqua. Che fatica mettere insieme al tavolo delle trattative tutta sta gente, ma alla fine la vecchina saggia che siede a capotavola invita tutti ad avere più pazienza e ad attendere che la realtà, manifesti i suoi misteri all’umanità. Il legame tra le fiamme riaccese di Imbolc/Candelora e le fonti sacre, m’è diventato più chiaro, visitandone in Irlanda alcune dedicate alla Dea/Santa Brighit. Adiacenti a queste sorgono cimiteri e spesso i fedeli, portano alla fonte oggetti di persone morte o morenti, con preghiere per l’intervento del divino. A vederle va detto che non sono luoghi per nulla bucolici, anzi, si respira l’aria pesante del feticcio e dello psicodramma, ma se si riesce a mantenere l’atten-

zione verso il centro del sacrario, ossia allo scorrere dell’acqua, si può assaggiare qualcosa di notevolmente meraviglioso. Per spiegarmi meglio, torniamo al simbolo della fiamma perenne di Brighit, e alle sue fontane. Acqua che a gennaio/febbraio ha la forma del gelo, della neve e del ghiaccio. Un ghiaccio però, che scricchiola sotto il peso dei miei passi. Un ghiaccio che sotto la dura superficie, facilita la decomposizione del fogliame autunnale e che porta in profondità, un’umidità ed un freddo, che come dicono i contadini delle mie parti, “ nèta á tèra “ ossia pulisce la terra. È un momento post-mortem se volete, in cui la decomposizione ci mostra il lato brutto della morte. Il “make off” della vita in realtà. Si capisce che l’animo umano a contatto con questo stato un po’ si ritira e cerca supporto nel divino, proprio il portatore della fiamma, vista umanamente come speranza nel qualcosa dopo la vita. Questa è una bella eredità celtica, perché non è un qualcosa di così indefinito, in Irlanda si respira proprio la sensazione, che il paradiso sia un luogo reale, concreto, come se Brighit fosse una traghettatrice, verso un altro mondo. La custode della vita oltre la vita. L’acqua che scorre, seminata lì in mezzo alla morte, mi da da pensare

che il segreto sia talmente semplice da risultare invisibile. E se la luce di Brighit illuminasse proprio questo, cioè che la morte è un cambio di stato, come l’acqua è in grado di fare? E se la guarigione dalla morte ( Nano, stai buono...ora scrivo il resto) fosse proprio lasciar scorrere la vita, senza aggrapparsi alla forma?


Sono cosciente che quest’ultima frase è un tripudio di hippitudine, ma in essenza è ciò che sento come una profonda eredità druidica e non sarei fedele a me stessa se non la scrivessi, ma soprattutto ho sperimentato, nel mio lavoro di Naturopata, come il cambio di forma, o il cambio di stato, sia foriero di grandi ed inimmaginabili guarigioni. Questo è senza dubbio un campo delicato, e vorrei soffermarmici un poco. La medium Dion Fortune, per esempio, nella raccolta di scritti “ Guarigione Esoterica “ la definisce così: “un processo di guarigione consiste nel riportare in equilibrio i fattori in lotta e disarmonia, di modo che le forze dello spirito possano fluire liberamente nell’essere umano”. Cosa saranno mai le forze dello spirito che fluiscono liberamente, producendo guarigione? Ed ancora Edward Bach, nel suo “ Guarisci te stesso “ scrive: “ fino a quando Anima e persona sono in pace, si realizza la felicità e la salute. Quando invece la persona si allontana dal cammino tracciato dall’Anima o per i nostri esclusivi desideri o per condizionamento da parte degli altri, lì nasce il conflitto”. La guarigione a cui si fa riferimento in questo caso è anche fisica, ma non solo, perché guarire nella sua etimologia, significa riparare. Rimettere insieme due lembi strappati e rinsaldare un sistema. Come se stessimo parlando di giunture, ma soprattutto come se stessimo parlando di relazioni. Bellissima immagine, che mi fa pen-

sare ai viaggi di Mael Duinn, attraverso le Isole Misteriose. Mael è un giovane in cerca di vendetta, si imbarca su un coracle, una barchetta di vimini e pelle, in seguito alla morte violenta del padre e al consiglio del Druido di Corcomroe. Viaggia con i fratelli e mano a mano che l’avventura prosegue vede ed incontra molte meraviglie, tocca molte terre ed in alcune, soprattutto all’inizio del viaggio incontra mostri, alcuni orribili, che sono proprio lo specchio dei sui demoni interiori. La rabbia soprattutto. Alla fine un grande prodigio, la lotta delle due aquile, dove quella ferita si getta nel lago e ne riemerge risanata, gli rivela una grande comprensione. Decide di non vendicare il padre e proprio un falco, lo riporta per mare fino alle coste d’Irlanda, conducendolo infine a casa. Ecco che l’acqua che conduce, e rigenera, rimane sullo sfondo anche di questa storia, come una grande palla di vetro, in cui al posto delle gondole e la cattedrale di San Marco, ci sono le isole, le aquile e Mael Duinn, a scuotersi nella tempesta di neve e brillantini. Se avessi un’oggetto del genere in mano in questo momento, sussurrerei il mio Incanto d’acqua preferito...

acqua che cura, acqua che guarisce, acqua che scorre rigenera e fluisce. Peccato che nessuno lo abbia ancora proposto tra le cineserie celtiche che si trovano in rete, diventerebbe un must di Imbolc. Briga delle Colline


Il Respiro, il Nwyfre e la Consapevolezza “La vita é il mondo del respiro” Shakespeare nel Riccardo III

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uona parte del nostro cammino nel Druidismo comprende lavori nei piani interiori dell’essere, lavori che mirano a portarci in contatto con la nostra parte più intima, cosi da poter agire da una prospettiva più profonda. Ascolto, Comprensione ed Espressione rappresentano le mete a cui tendere in questo lungo viaggio. La parte più importante di tutti questi lavori è data dalla predisposizione all’Ascolto di noi stessi. La chiave principale per l’ascolto di noi stessi, risiede nel Respiro. Il respiro è ciò che ci permette di essere nel qui e ora…. Iniziamo la vita con un inspirazione e la finiamo con un espirazione concludendo il nostro ciclo vitale. Il respiro è vita!! Potremmo vivere per settimane senza mangiare e per alcuni giorni senza bere, ma è impossibile vivere senza respirare! Tutti quanti respiriamo, ma farlo in modo consapevole e corretto è un’altra cosa! Questo perché rientra in quella categoria di processi automatici del nostro organismo,

che funzionano anche senza l’intervento della nostra volontà. Essere consapevoli del nostro respiro ci trasporta nel nostro corpo, nel momento presente, nell’adesso… le chiavi per tutte le trasformazioni interiori.

Ma…da dove partire? - Il primo passo per entrare in contatto con il nostro respiro consiste nel rendere ogni atto respiratorio, composto da una fase d’inspirazione (INS) ed una fase d’espirazione (ESP), più pieno e profondo di quanto lo è normalmente, allungando la loro durata coscientemente. Erroneamente si crede che la fase più importante della respirazione sia l’introduzione dell’aria dentro di noi, cioè l’inspirazione, mentre è vero l’esatto contrario: più aria “consumata” si riesce ad espellere, maggiore sarà la quantità d’aria fresca che i polmoni potranno ricevere. Quindi la tecnica base prevede un raddoppiamento del tempo d’espirazione (ESP) rispetto a quello d’inspirazione (INS). Già applicando questa semplice indicazione, sarà facile notare un netto miglioramento nella

qualità d’attenzione e percezione del nostro flusso mentale. - Nel secondo passo portiamo la nostra attenzione alla muscolatura responsabile dei nostri atti respiratori (per motivi di spazio e fluidità non mi soffermerò sulla parte anatomica/ fisiologica della respirazione; invito comunque tutti a fare qualche studio e approfondimento in merito). Di solito si tende a respirare con superficialità, utilizzando prevalentemente la muscolatura toracica senza far intervenire il diaframma, il muscolo principale del processo respiratorio. Questa superficialità porta una minore quantità d’ossigeno all’interno dei polmoni, i quali vengono fatti lavorare solo nella loro parte più alta. Un grande maestro di Yoga dei nostri tempi, Sri Desikachar, nel suo libro “il cuore dello Yoga” suggerisce una semplice tecnica per rendere la respirazione nutriente ed efficace: “ Inspirando, riempiamo prima il torace e poi l’addome. Espirando, iniziamo a svuotarci dall’addome e finiamo svuotando la parte superiore del torace”


Un dettaglio anatomico importante, che è bene curare fin da subito in questa fase, è il controllo della cintura addominale; ovvero bisogna tenere in tono (leggermente) la parte degli addominali che si trova al di sotto dell’ombelico, per evitare che nel tempo questa parete si dilati causando un cedimento e un rigonfiamento del ventre. Respirare dall’addome non significa gonfiare d’aria la pancia (“spanciare”). Una volta stabilito il ritmo respiratorio (la durata delle fasi INS e ESP) e messo in moto correttamente la muscolatura coinvolta nell’ intero processo. - Terzo passo: la consapevolezza del respiro. Essere consapevoli dell’intero processo respiratorio significa rimanere coscienti sul nostro respiro, stabilendo così un forte legame

d’attenzione con la nostra mente. Respirando consapevolmente il velo che ricopre la mente viene sollevato poco a poco, portando cosi chiarezza, pace e silenzio. La mente diviene pronta per la meditazione, o per altri tipi di lavoro interiore nella nostra Radura Sacra.

“ Quando il respiro è agitato la mente è instabile ma quando si acquieta, anche la mente è in pace” Hatha Pradipika

Esistono alcuni semplici suggerimenti pratici per sviluppare e mantenere questa consapevolezza costan-

te; e la tradizione yogica ci consiglia di sperimentarli tutti quanti a rotazione e di non soffermarsi mai su uno soltanto, in quanto il semplice fatto di cambiare metodo continuamente, permette alla mente di restare sempre vigile e consapevole: 1. Seguire il movimento del respiro in tutto il corpo sia in inspirazione che nell’espirazione 2. Concentrasi nel punto del corpo dove sentiamo il respiro o dove vogliamo indirizzare il respiro 3. Concentrare l’attenzione nelle narici, ascoltando il punto in cui l’aria fresca entra e l’aria calda esce Questi tre passi uniti insieme rappresentano la base per tutti i tipi di tecniche di respirazione che nello Yoga prendono il nome di Pranayama (Prana è l’energia vitale, Yama è il controllo) che consiste in una serie


di tecniche di respirazione la cui pratica mira al ripristino e al potenziamento dell’energia vitale nel nostro organismo. Il Prana, di cui parla nello Yoga e nelle altre discipline orientali , è quell’Energia Vitale presente nell’aria che nella tradizione Druidica prende il nome di Nwyfre. Respirando profondamente e consapevolmente attingiamo al Nwyfre presente nell’aria e lo combiniamo al Nwyfre presente già in noi stessi, contribuendo ad aumentarne il suo livello. La quantità di Nwyfre presente nel nostro corpo cambia costantemente nel corso del giorno, dei mesi, degli anni in relazione stretta alle nostre emozioni, alle stagioni e allo stato di salute del nostro organismo. Quando siamo agitati, preoccupati, arrabbiati, inquieti, ansiosi è facile riscontrare come disperdiamo energia all’esterno anziché trattenerla dentro di noi. La scarsità di energia vitale si può manifestare come un senso di costrizione, di blocco, mancanza di motivazione, svogliatezza, depressione e , talvolta, può causare malattie fisiche. Al contrario, più siamo sereni ed equilibrati più energia sarà presente dentro di noi. Il nostro stato mentale è strettamente collegato alla qualità del Nwyfre interno, e poiché siamo in grado di influenzare il suo flusso attraverso la consapevolezza del respiro, la qualità della respirazione influenzerà inevitabilmente il nostro stato mentale. Appare così evidente come sia importante per noi sviluppare e mante-

nere un profondo stato di coscienza sul nostro respiro, non solo quando ci apprestiamo ai lavori interiori ma, in ogni momento della nostra giornata. Ma non basta respirare affinché il Nwyfre affluisca dentro di noi e produca i suoi effetti benefici. I miglior effetti si producono quando si mettono in atto cambiamenti positivi nella nostro modo di pensare e vivere. Così nelle nostre Radure mentre ci predisponiamo ad un lavoro nei piani interiori, possiamo iniziare dal respiro per calmare la mente e ampliare lo stato di coscienza. Questo lavoro, combinato al nostro personale cammino, ci porterà nel tempo alla rimozione dei blocchi, a migliorare il nostro comportamento, la fiducia in se stessi, ridurre lo stress e potenziare l’apprendimento. La sua influenza può estendersi ad effetti benefici su patologie fisiche quali l’asma, le malattie da raffreddamento, i problemi digestivi e i disturbi cardio-circolatori. Trovo sia meraviglioso come un semplice respiro, che ripetiamo mediamente 16-20 volte al minuto (23040/28800 volte in una singola giornata!!!!!), possa diventare una vera e propria terapia globale per il nostro essere, se fatto con consapevolezza. Respirando in modo non consapevole ci priviamo della più importante (e gratuita) fonte d’energia di cui disponiamo, privandoci anche del tempo per noi stessi e della nostra salute. E benché siano stati scritti moltissimi libri e sviluppate moltissime tec-

niche di respirazione, credo fermamente che essendo per noi l’azione vitale principale innata, non occorra praticare complesse tecniche per beneficiare dei suoi effetti. Credo sia più importante soffermarsi sull’atto respiratorio in se stesso, prendendone consapevolezza, assaporandolo, vivendolo e sentendolo mentre ci porta i doni più importanti per noi: la Vita e la nostra Consapevolezza di vivere! Stefano Alessi Aeothin /|\


Purificazione dei cristalli

E

d eccoci giunti ad Imbolc. Imbolc ha luogo quando il sole è nel segno dell’ Acquario, simboleggiato da un uomo che tiene in grembo un anfora traboccante d’acqua. Per gli antichi egizi, questa figura era abbinata alle piene del Nilo, il loro fiume sacro. Questa è forse la festività che maggiormente è legata agli aspetti dell’ acqua e del fuoco, non per niente è considerata un occasione favorevole per “ lavare” e purificare noi stessi, il nostro Se più profondo e gli oggetti che ci circondano. In questo numero, per le ragioni sopra riportate non parleremo di un cristallo in particolare, ma daremo spazio all’aspetto importante relativo alla purificazione e al “lavaggio energetico” dei nostri alleati del mondo minerale. Esiste sfortunatamente un po’ di confusione riguardo a questo argomento. Partiamo con il dire che un cristallo, qualsiasi cristallo, tende a trattenere le energie con le quali viene a contatto.

Vi sono tre fasi riguardanti la pulizia di un cristallo. Facciamo tre esempi pratici. 1)Quando sono a contatto con il corpo, molte pietre tendono ad accumulare elettricità statica. Questo accumulo può trovare una facile soluzione ponendo il cristallo sotto un getto di acqua corrente. 2) Malgrado questo semplice procedimento il cristallo avrà perso la carica di energia statica ma, per sua stessa natura, conserverà nella memoria le informazioni trasmesse dal soggetto con il quale è venuto a contatto. Per cancellare questa memoria è necessario, intervenire utilizzando dei metodi diversi. Collocarlo all’interno di una drusa d’ametista è, a mio parere, il metodo che meglio si adatta al nostro scopo. L’ ametista infatti, grazie alla sua elevata concentrazione energetica, cancellerà le “memorie negative” delle pietre da essa irradiate. Basteranno poche ore di esposizione per avere in mano una bella e scintillante pietra come nuova. Un altro procedimento di purificazione è quello di immergere la pietra nel sale. Questo

metodo però è altamente sconsigliato soprattutto per alcuni tipi di cristalli, quale ad esempio, l’ opale, che, verrebbe irreparabilmente danneggiato, trasformandosi, a causa dell’ azione disidratante operata dal sale in calcedonio. Nel caso non si possieda una drusa di ametista si può utilizzare il metodo del sale ma con un semplice accorgimento. Invece di immergere direttamente il cristallo nel sale, ci si premurerà di infilarlo in un barattolo di vetro a chiusura ermetica che, impedirà al sale di danneggiare il minerale, permettendogli nel contempo, di svolgere la sua azione purificatrice. 3) Infine vi è la ricarica vera e propria del cristallo. L’ emissione aurica di una pietra è direttamente proporzionale alla sua carica energetica. Ne consegue quindi che, più il cristallo è carico, più questo agirà in maniera profonda. anche in questo caso vi sono vari metodi di ricarica. Per brevità, in questo numero ve ne riassumo uno in particolare. Il metodo consiste nel esporre la pietra alla luce del sole, all’ alba o al tramonto in quanto questi sono gli unici momenti durante la giornata in cui il sole possiede la sua massima capacità di ricarica energetica. Ovviamente si può tentare lo stesso approccio esponendo il cristallo alla luce della luna, meglio, in questo caso, se essa è piena. Per concludere termino consigliando per questa festività legata alla rinascita e alla purificazione un cristallo che mi sembra adatto e in tema con l’ argomento. Il cristallo di rocca. A livello spirituale questo potente alleato ci aiuterà a risvegliare la luce sopita dentro di noi, portandoci a riaffermare la nostra natura più autentica e profonda. Tuo nella pace rigenerante della Radura Bran Paolo Veneziani


Zuppa di fagioli e lenticchie nere con cuore di luce

L

a ricetta che vi presento per questa festività non è salata per una scelta casuale, ma per invitarvi a connettervi con l’energia di questo momento. Stagionalità non vuol dire soltanto scegliere consapevolmente i prodotti che in questo momento sono prodotti dalla Terra, ma anche porre attenzione alle tecniche di cucina utilizzate e ai gusti predominanti dei nostri piatti. Ad esempio,

per alcune tradizioni antiche, come per la medicina tradizionale cinese, il gusto che “domina” l’inverno è il salato, ovviamente non inteso come uso smodato di sale! Otre alla stagionalità, un’altro aspetto con il quale possiamo lavorare in cucina per connetterci con le energie della ruota dell’anno sono i colori. La terra ci dona una tavolozza infinita di sfumature che cambia ad ogni stagione. Anche la tecnica di cucina gioca un ruolo determinante: una

zuppa, un piatto che porta calore al nostro corpo che deve affrontare il freddo dell’inverno. Come mangiare pomodori tutto l’anno può non essere una scelta saggia, lo stesso vale nel momento in cui consumiamo grandi quantitativi di insalate fredde proprio nel momento in cui il clima si fa più rigido. Un occhio anche al come cuciniamo il nostro cibo ci fa comprendere che ogni nostra azione possiede una sua natura energetica.


a fare la spesa Gli ingredienti di questa ricetta sono sicuramente un po’ insoliti, ma sono di facile reperibilità in qualsiasi ne-

gozio di prodotti biologici. Abituarci anche ad utilizzare ingredienti che magari non conosciamo benissimo

ci aiuta ad essere elastici e a variare la nostra alimentazione, si spera ovviamente in meglio!!

Preparazione dose Per 4 persone

hi li neri secc io g a f i d r - 250 g cromatica a lt e c s la (neri per

ta) della ricet nere secie h c ic t n le i - 250 gr d matiscelta cro la r e p e r che (ne etta) ca della ric za ia grandez d e m i d e - 2 carot uil colore sc r e (p a s s o r - 1 cipolla un’alo anche di im s is n e b ro, va ) tro colore u alga Komb - 15 cm di u ari o Shoy m a T i d i - 2 cucchia oia) (salsa di s e itagine di oliv r e v a r t x - olio e liane q.b.

ordo ere in acc n a im r r e p pasta, che a piacere e di grano bbe esser e r t o p o ic romat al tema c ero. ure riso n p p o , o n e c sara

Le zuppe, se realizzate anche con i legumi, sono un ottimo piatto completo invernale e una buona scelta sostitutiva ad una preparazione a base di carne. Inoltre i legumi, come i fagioli e le lenticchie utilizzati in questa ricetta, risuonano bene con le energie del freddo inverno. Semi rinchiusi nella terra e pronti a raccogliere le prime energie del sole per esplodere in verdi germogli. Se aveste difficoltà nel recuperare le varietà nere potete tranquillamente utilizzare i Cannellini o i Borlotti per i fagioli e le lenticchie classiche, ovviamente l’effetto cromatico andrà perso, ma il gusto rimarrà ugualmente! In questa ricetta come potete vedere non ho utilizzato sale; l’ho sostituito con due sostanze che per le antiche medicine sono salate senza averne gli effetti negativi: il Tamari o la salassa di soia e l’alga. Ovviamente possono essere sostituiti con il sale integrale marino, e con l’aggiunta di qualche erba aromatica mediterranea come la salvia e il rosmarino, visto che l’alga Kombu oltre a salare rende più digeribili i legumi. La scelta di questi due prodotti è dettata anche da una questione energetica. La salsa di soia o il Tamari è nera, un “sale” scuro, che ben si armonizza con il colore del piatto, mentre l’alga è un prodotto del mare che porta con sé la sua energia.


Come per ogni zuppa che si rispetti, la sua preparazione inizia il giorno prima mettendo le lenticchie e i fagioli a bagno con acqua fredda in un contenitore coperto per tutta la notte. Preparate un trito con le carote e la cipolla e fatelo soffriggere con un poco di olio extra vergine di oliva e il Tamari in un tegame dal fondo pesante. Se utilizzate carote biologiche non avrete bisogno di sbucciarle, basterà spazzolarle bene sotto l’acqua, riducendo così anche gli sprechi. Aggiungete poi i fagioli e le lenticchie precedentemente scolati dalla loro acqua di ammollo. Coprite con acqua e aggiungete l’alga che avrete precedentemente messo a bagno in acqua tiepida per una decina di minuti. Coprite e lasciate bollire a fuoco basso per un’ora e mezza,

controllando che l’acqua sia sempre Per l a sal sa “c sufficiente. Qualora usaste il sale è uore di luc bene aggiungerlo a cottura quasi e” - 2 c u cchia ultimata. i ras i n i di c p olver Nel frattempo potete preparare ucrum e a 1 cucc da parte la salsa “di luce”. Stemhiaio colmo na perate con cura, in un piccolo di fa ripentolino, la curcuma insieme - 1/2 bicch iere alla farina con il latte di soia. di lat soia te d Ho usato la curcuma per il i - 1 cu c chiain suo forte potere colorante e o di sena per le sue ottime proprietà, pe ma in caso potete sostituirla con dello zafferano. Mettete poi sul fuoco a fiamma basa continuando a mescolare in attesa che si addensi. Qualora la crema risultasse troppo densa potete aggiungere, con attenzione, ancora del latte di soia. Una volta pronta la salsa toglietela dal fuoco e aggiungete la senape a piacere a seconda di quanto intenso volete che sia il suo sapore. Una volta che la zuppa sarà cotta passatela con cura con un frullatore ad immersione, fino ad ottenere una consistenza vellutata. Servitela nelle ciotole aggiungendo, se di vostro gradimento della pasta precedentemente cotta a parte. Al centro di ogni piatto ponete un cucchiaio della crema di luce per guarnire il piatto. Ogni coppa sarà come la notte oscura nella quale inizia a risplendere la luce di Imbolc!! Alessio Cotena


luoghi


Cornovaglia Insolita

E

Eccoci ancora lungo il percorso del nostro affascinante viaggio nei luoghi leggendari e pieni di mistero della Cornova-

glia. Questo viaggio è iniziato solo un giorno fa con l’arrivo a Londra e la prima notte a Glastonbury, con sosta inevitabile a Stonehenge lungo il percorso. Vi ricordate…? Ora, dopo l’abbondante colazione inglese

(non dimenticatevi del bar in piazza all’angolo, Eh?) e la sosta a Nectan’ s Glen, circondati dalla bellezza naturale del bosco, via di nuovo in macchina per il nostro secondo giorno di viaggio alla volta di Tintagel….


2. Giorno

Arrivo a Tintagel nel primo pomeriggio, dove ci si fermerà 2 notti (consiglio l’Ostello YHA Tintagel, meraviglioso a picco sul mare) http://www.yha.org.uk/hostel/tintagel TINTAGEL – nella Cornovaglia settentrionale, con le sue scogliere selvagge a picco sul mare, si trova Tintagel, villaggio famoso perché, secondo la leggenda, il suo castello sarebbe stata la dimora di Re Artu e forse anche il suo luogo di nascita. Semplici credenze? Di certo c’è che le rovine del King’s Arthur Castle, fatto costruire probabilmente dal figlio illegittimo di Enrico I, sono ormai ridotte a cumuli di macerie e qualche muretto, ma sembrano appartenere all’epoca arturiana. E’ un luogo fantastico, un luogo magico…le rovine sono lassù, su un promontorio praticamente inaccessibile, raggiungibile con una di quelle salite che, una volta conquistate, ti lasciano ammirare una vista mozzafiato, ti fanno respirare un ritrovato senso di pace, ti lasciano sognare. E scrutando tra le scogliere si intravede una grotta, accessibile solo per poche ore per via delle maree, dove si dice che Merlino studiasse e praticasse le sue arti magiche.

Inoltre Tintagel viene citata ripetutamente negli antichi testi legati alla mitologia dell’epoca, i quali sostengono che un tempo qui sorgesse un castello incantato capace di scomparire due volte all’anno. Teoria che viene tuttora confermata dagli abitanti stessi del luogo, i quali assicurano che il castello non è visibile in due momenti, una volta in inverno e una volta d’estate, per via della nebbia o delle nuvole. Una cosa è comunque certa: visitando il luogo ci si sente quasi stregati….sarà la bellezza del paesaggio o qualche incantesimo di Merlino che aleggia nell’aria? C’è anche un’altra leggenda molto famosa legata al castello e a Merlino….che parla di due draghi nascosti sotto terra, che combattevano in continuazione fra di loro e, proprio per questo motivo, il castello crollava sempre. Merlino fu chiamato per risolvere la situazione … ***** (se siete curiosi vi rimando

alla fine dell’articolo per maggiori dettagli) … La visita alle rovine del castello puo’ essere effettuata tutti i giorni dalle ore 09.00 alle ore 17.00 e si svolge tra bassi muretti, che un tempo segnavano la divisione in stanze, arroccati su ripide coste affacciate sull’oceano quasi sempre mosso e minaccioso, con la costante musica del canto dei gabbiani….. Un edificio che, invece, esula dalla leggenda locale ma di grande interesse architettonico, è l’Old Post Office, una vecchia casa padronale del XIV secolo con un caratteristico tetto di ardesia e stance d’epoca in quercia originale bellissima. Nel periodo vittoriano una parte dell’edifico fu usata come ufficio postale, da cui il nome. Dal 1901 è un monumento protetto dalla National Trust


3. giorno

Dopo la solita, abbondante e squisita, colazione inglese consumata in uno dei tanti pub del villaggio, e dopo essersi immersi nei misteri di Re Artu’ e Merlino, consiglio vivamente una passeggiata a Boscaslte

BOSCASTLE: è’ un piccolo villaggio di pescatori nel sud - ovest dell’Inghilterra . Il villaggio è situato sulla costa settentrionale della Cornovaglia . Questo piccolo centro sorge in una fenditura tra le scogliere ed ha un bellissimo porto. Non si era quasi mai sentito parlare di Boscastle fino al mese di agosto 2004, quando questo piccolo paese è stato testimone di alcuni dei peggiori alluvioni mai avute in Gran Bretagna e molte persone persero le loro case . Quando la tempesta passò tutto l’acqua piovana si precipitò giù per la ripida valle causando l’inondazione della città . 91 persone furono soccorse in elicottero in quello che è stato descritto come il più grande

salvataggio del genere in Gran Bretagna. Dopo il diluvio gran parte del paese fu ricostruito adottando le misure necessarie affinché tragedie del genere non potessero capitare mai più. Una grande attrazione di Boscastle è il Museo della Stregoneria (Museum of Witchcraft), probabilmente uno dei musei più bizzarri e interessante mai visti, sicuramente uno dei piu’ popolari della Cornovaglia, che ospita la più grande collezione al mondo di reperti relativi alla stregoneria e ai riti magici. Un tempo il museo era collocato altrove, sull’Isola di Man, a Castletown, nel mare d’Irlanda. Qui vi era un castello nel quale furono torturate e assassinate centinaia di ‘cosiddette’ streghe. Accanto ad esso era presente un mulino, che fu acquistato da un appassionato di stregoneria e di magia, il quale decise di aprire un museo dedicato interamente alle streghe. Raccolse dunque diversi cimeli in tutto il mondo, tra cui arnesi di tortura, libri magici, oggetti

di culto delle congreghe, amuleti, ossa, unguenti, erbe, scope, pietre e documenti dell’Inquisizione. In seguito a minacce di incendi, il museo fu spostato a Boscastle, dov’è situato ancora oggi. La sorte tuttavia ha voluto che anche qui subisse la tremenda alluvione, in seguito alla quale riportò ingenti danni al materiale conservato nella struttura. Fortunatamente uscirono indenni dalla catastrofe tutti i volumi contenuti nella biblioteca del piano superiore, contenente antichi libri di stregoneria di inestimabile valore. Al suo interno è possibile trovare anche una collezione comprendente artefatti, oggetti magici e libri per gli appassionati. Bellissime le erbe, i barattoli, le formule, i feticci e le storie che si trovano qui racchiuse, a ricordarci un’e-


3. giorno poca in cui il rapporto degli uomini con la natura e il soprannaturale era completamente diverso e come streghe e alchimisti, per secoli messi al rogo e perseguitati, siano stati veicolo per la trasmissione della conoscenza e di un sapere basto sull’esperienza. Il museo annovera tra i suoi reperti ben tremila libri, numerose bambole per i riti woodoo, tazzine per la divinazione con le foglie di té, una raccolta di radici di mandragola, pozioni ed erbe varie per scopi medicamentosi.

Di ritorno dalla magia, un salutare sonno sempre in quel di Tintagel per essere pronti a proseguire il nostro viaggio... Buonanotte, e a ‘domani’ per il nostro 4° giorno di avventura... Luisa

***** Questa è una delle tante versioni della leggenda in cui si narra, fra l’altro, della nascita di re Artù. La cito così come l’ho ‘trovata’: “ Un tempo, in Britannia, il re Vortigerno era molto preoccupato perché, avendo usurpato il trono, temeva sempre che il legittimo successore, il giovane Uter Pandragone, ossia Testa di drago, venisse a reclamarlo. Per questo aveva deciso di edificare una fortezza così alta e solida che nessuno potesse espugnarla. Ma l’edificio già per quattro volte era franato non appena giunto ad una certa altezza. Vortigerno consultò i suoi maghi, ed essi gli risposero che la fortezza sarebbe rimasta in piedi solo se alla calcina si fosse mischiato il sangue di un fanciullo di sette anni il cui padre fosse misteriosamente scomparso. Immediatamente dodici guerrieri partirono in tutte le direzioni alla ricerca di questo fanciullo. Un giorno ad uno di loro che passava per la piazza di un paese venne incontro un bambino che gli disse: “Quel ragazzino che cerchi sono io, andiamo dal re Vortigerno. Tu cerchi un bambino di sette anni il cui padre sia scomparso misteriosamente, per mischiare il suo sangue alla calcina di una fortezza che frana ogni volta che cercate di costruirla. Non è forse vero? Ebbene portami dal re e saprò dire cose ancor più interessanti.” Quel fanciullo era Merlino….

Giunto davanti al re, Merlino disse: “Re Vortigerno, i tuoi indovini ti hanno ingannato. La tua fortezza frana perché sotto di essa ci sono due draghi addormentati e, quando il peso si fa sentire, essi si scuotono e fanno rovinare tutto.” Il re fece scavare sotto la fortezza, e apparvero appunto i due draghi, uno bianco e uno rosso, i quali, appena si svegliarono, cominciarono a lottare fra loro finché il bianco uccise il rosso. Dopo di che anch’esso si abbatté senza vita. “Questo significa,” disse Merlino al re, “che il drago rosso sei tu e il drago bianco Uter Pandragone a cui hai rubato il trono. Ma Uter sarà presto qui e ti sconfiggerà.” E ciò accadde, infatti, non più tardi di tre anni dopo. Merlino fu molto amico di Uter, una volta che egli ebbe ripreso il trono dei suoi padri, e lo aiutò nelle sue guerre contro i Sassoni, facendolo diventare molto potente. Un giorno, ad un’adunanza a corte di duchi e baroni, venne anche il duca di Tintagel con sua moglie Igerna. Uter s’innamorò subito della bella duchessa e il duca, accorgendosene, pensò bene di abbandonare con lei la corte e di tornare nelle sue terre. “Questa è un’offesa che il duca ha fatto al suo signore,” esclamò allora re Uter. “Io ammiro molto la duchessa di Tintagel, ma non le ho mai mancato

di rispetto.” Pieno di sdegno, chiamò i suoi guerrieri e andò a portare guerra nel territorio di Tintagel, assediando il duca nel suo castello, finché questi, cercando di spezzare l’assedio, uscì alla testa dei suoi armati, ma fu accerchiato e cadde ucciso, sebbene Uter cercasse di salvarlo perché la sua colpa non meritava la morte. Il mago Merlino, divenuto un bel giovane, si recò da Igerna e le disse: “Ora tu sei vedova e devi pensare al tuo avvenire; il re Uter si è innamorato di te, ed io ti consiglio di divenire sua sposa. È bene però che il vostro matrimonio rimanga segreto per ora, affinché non sembri che il re abbia fatto uccidere tuo marito per farti sua moglie.” Uter e Igernia si sposarono segretamente ed ebbero un figlio che fu affidato al buon cavaliere Antor, perché lo educasse insieme al proprio, facendo credere a tutti che fosse figlio suo. E il bambino venne battezzato con il nome di Artù. Più tardi Uter dichiarò che Igernia era sua moglie e quindi legittima regina, e regnò con lei ancora per sedici anni. Ma Artù rimase presso Antor, il suo padre adottivo.” Tratto da Enciclopedia garzanti 1968


divinazione


Una Runa e un Tarocco per Imbolc

“Ogni Runa è vibrazione, è canto, è Vita! una Via da percorrere, sentire e cantare”

Ogni Arcano Maggiore è un personaggio, un incontro, un dialogo, una sosta sulla via dei Tarocchi: la Vita

Ogni Runa e ogni Tarocco possono parlare mille lingue e risuonare con una vibrazione del tutto uniche e personali in ognuno di noi. In ogni anima riposa il seme di una canzone, la propria chiave d’interpretazione per questo misterioso e affascinante mondo. Per questo motivo non troverete una lista di concetti o parole chiave per l’interpretazione della Runa e del Tarocco, né una descrizione dei miti e delle leggende legati ad essi; per questo ci sono tanti bellissimi libri. Troverete un Canto, ed un Dialogo che racchiude un sentire, con la speranza che inneschi in ognuno di voi la scintilla dell’Awen…. Un seme di riflessione in questo tempo di Imbolc.


BJARKA, LA RUNA DELLA MADRE “ Io rappresento il

principio femminile

sono l’anima che nutre la fertilità della terra l’anima che custodisce la scintilla della Vita. In me racchiudo i

segreti della nascita

Io sono il parto e l’accoglienza sono l’arrivo e la crescita di ogni seme.. Io sono il mistero, il rito di passaggio Sono nascita, rinascita e trasformazione la carezza che porta il profumo della Terra Sono colei che sorregge…la portatrice di nuovi respiri Io sono la Betulla la madre fertile della foresta sono la strada del viaggiatore e sono la Madre che nutre i suoi figli. Con seni colmi e abbondanti infondo il potere della crescita.. Sono il calice che contiene L’espressione creativa dell’essere e canto per Te…Nuovi inizi ed orizzonti!” Stefano Alessi Aeothin /|\


La Papessa

Io sono la Papessa, il secondo arcano sulla lunga via verso il Mondo. Due l’unione di uno e uno. Io sono la sosta, la fermata, l’accumulo, la raccolta delle energie. Io sono la contrazione prima del salto. Il mio corpo è bianco come la neve. Io sono purezza, il mio cuore è consacrato al Divino che è in ogni cosa. Io sono l’alta sacerdotessa e sto aspettando proprio te! Chino il libro per guardare chi giunge al mio cospetto. Non è nelle parole che affonda le radici il mio sapere ma nel confronto con il cuore dei viandanti che sono giunti a me. Mi sono ritirata dal mondo per covare il mio uovo. Prima che si possa schiudere ha bisogno di tempo e del calore che solo io posso dargli. Io sono la Madre e attendo che il fuoco vivifichi il mio animo. Se mi hai compreso solleva il velo alle mie spalle e continua il tuo viaggio lungo la via dei Tarocchi. Alessio Cotena

Immagine tratta dai “Tarocchi di Marsiglia di Camoin e Jodorowsky”


Urano l sole entra nel segno del segno dell’acquario il 21 gennaio , segno governato da Urano associato alle divinità celtiche Brigantia, Brigid. L’albero corrispondente è il sorbo “Luis” ed ha come simbolo celtico il drago verde. Il sorbo nella mitologia celtica era un albero magico , le cui bacche , si pensava fossero cibo degli Dei, ed erano custodite dal drago verde, simbolo di crescita spirituale e come tutti i draghi associato dai Celti alle linee energetiche della terra o ley line. Il nome celtico del sorbo è Luis che significa fiamma e lo connette alla festa della Candelora ( la versione cristiana della festa del fuoco di Brigantia), nella quale si evoca lo spirito della luce nel tempo dell’ oscurità invernale. Il primo spiraglio di luce spirituale associato a Brigantia, corrisponde al brillante flash dell’ispirazione uraniana. Urano come fonte di rivelazione associata alla luce spirituale dell’ Awen , che si riferisce alle facoltà della ragione trasmesse direttamente dagli Dei. Urano è visto come “ colui che risveglia”, che simbolizza una forma evoluta di pensare una sorta di genio creativo, che la mente umana stà incominciando solo ora a comprendere. Rappresenta l’abilità di sviluppare indipendenza e originalità nell’esprimere sè stessi Urano è il mago, l’alchimista,l’artista creatore, l’astrologo. Il termine” trascendente” è quello che descrive in modo più conciso la natura di questo pianeta.. Trascende la possessività di cose

I

e persone in ogni forma già che la sua vibrazione rende possibile questo tipo di coscienza che riconosce il potere dell’anima come unica reale possessione. L’acquario ha come simbolo il portatore d’acqua , colui che versa il sapere sull’umanità. Riferito al percorso druidico, dopo un cammino di conoscenza e crescita personale, ciò che è stato acquisito viene condiviso con spirito di servizio , come un vaso che dopo essere stato riempito di conoscenze ed esperienze, viene versato ed il contenuto messo a disposizione della collettività in modo paritario e non gerarchico. L’utopia

dell’uguaglianza tra gli esseri umani porta all’ideale di umanità : una comunità umana i cui membri si appartengono mutuamente, in forma inseparabile come gli organi di un corpo umano, con il senso di amore e gratitudine che ne deriva ed il senso di appartenenza. Tutto questo in linea con i principi dell’ OBOD, e chi ha avuto la fortuna di partecipare ad eventi, camp, rituali, in cui i membri dell’ordine trascendono il proprio ego ed accolgono l’altro con amore , ha potuto trascendere la separazione puramente materiale per fondersi nel regno dell’anima . Tanet Mirella Porcelli


alberi e piante


L‘Elleboro, un piccolo viaggio tra scienze e leggenda. Voglio raccontare brevemente la storia affascinante di una pianta che per me rappresenta questo periodo della Ruota dell’Anno: l’Elleboro Le specie del genere Helleborus variano a seconda delle regioni perche hanno esigenze varie a clima e suolo: Helleborus foetidus (Elleboro puzzolente), Helleborus viridis (Elleboro falso o verde) e nelle zone montane anche Helleborus niger (Elleboro bianco, Rosa di natale). La caratteristica comune a tutte queste specie è che fioriscono nel tardo inverno o ad inizio primavera. Ecco perché per me l’Elleboro è diventato anche un simbolo del periodo di Imbolc, perche nella mia zona, quella dell’appeninno toscano-umbro, all’inizio di febbraio spesso la sua fioritura è in pieno svilluppo: ne’ le temperature sotto zero ne’ la neve la danneggiano e perfino in queste avverse condizioni climatiche ci sono insetti specializzati che impollinano i fiori. Un piccolo miracolo della natura. L’elleboro appartiene alla famiglia delle Ranunculaceae che in genere è un gruppo di piante arcaiche più o meno velenose. Le specie europee

sono erbacee perenni. I fiori, che variano molto in forma e colore, sono composti da petali veri e foglie trasformate. Le foglie sono in genere palmato divise ed in alcune specie si sviluppano dopo i fiori. La radice è un rizoma più o meno carnoso. Intorno agli usi di questa pianta del sottobosco sono cresciute tante storie e miti. Alcuni sono stati confermati dagli scienziati e dall’ esperienza di farmacisti e fitoterapeuti. Già gli antichi grechi conoscevano gli effetti di questa pianta, infatti, il nome scientifico deriva dal greco: Helein – uccidere e Bora – cibo. Anche nell’Europa centrale l’elleboro ha preso nella cultura celtica e nel medioevo un posto importante in fitoterapia e nei riti spirituali. Nella medicina popolare e antica veniva principalmente usata la radice come emetico, come sostanza lassativa e nella cura contro i vermi intestinali. La grande fitoterapeuta e studiosa universale tedesca Hildegard von Bingen (1089-1179) usava la pianta contro la pazzia. La radice polverizzata di questa pianta induce lo starnuto e da que-

sto effetto deriva il nome tedesco ‘Nieswurz’. Greci, Romani e altri popoli credevano in un suo effetto afrodisiaco e ne aggiungevano piccole quantità di semi polverizzati al vino e altre bevande. La famosa pomata delle streghe contiene tra altre erbe anche l’elleboro. I celti irlandesi usavano l’alta velenosità della pianta per preparare un estratto in cui intingere le punte delle frecce per il combattimento e credevano che i rospi prendessero il loro veleno dall’elleboro. Questa credenza è stata infatti confermata dalla scienza che ha trovato una grande somiglianza chimica nelle due sostanze. Oggi la pianta non viene più usata nella fitoterapia per i suoi gravi effetti collaterali. L’analisi chimica ha scoperto che soprattutto la radice contiene protoanemonin, helleborin (saponina) e acido aconito.Gli effetti nel contatto esterno possono essere irritazioni della pelle, disturbi del sistema nervoso, vomito, diarrea e gravi irritazioni del sistema intestinale mentre la somministrazione può anche provocare la progressiva paralisi del cuore fino al decesso. L’uso dell’elleboro continua comunque ancora nella omeopatia (disturbi renali, avvelenamento dell’urina e ritenzione idrica). La scienza ha confermato quindi alcuni effetti dell’ usanza tradizionale di queste specie. Possiamo ricordarci dell’importante e lunga storia dell’elleboro quando l’incontriamo durante le nostre passeggiate nel bosco o in montagna. Markus Juniper


il calderone


Un Antico Rito I

Il buio è un luogo in cui ogni cosa può prendere forme inaspettate. E’un tempo in cui i pensieri più segreti rischiano di restare per sempre prigionieri. E’ uno spazio che costringe allo sbarramento dell’anima e all’allontanamento dal calore della vita. Eppure è nel buio del grembo materno che la vita nasce, è nelle viscere della Madre Terra che i semi attecchiscono e spingono verso la luce. E’ nei meandri più oscuri dell’anima che l’immaginazione prende forma trasformandosi lentamente in opere meravigliose. Anticamente, quando il buio dell’inverno era sentito in un modo che noi non potremmo neanche immaginare, il sogno era la luce. Un flebile segno di luce era considerato la speranza nascente, il desiderio vincente. Forse è per questo che, in quel passato mai troppo lontano, quando l’in-

foto di Aldorindo Tartagliaone

verno incombeva sulla vita di tutti i giorni e le scorte di cibo iniziavano a scarseggiare, un segno, un qualunque segno poteva aiutare il cuore degli uomini a resistere e a sognare la luce vincente della primavera. Quel periodo, che può essere immaginato come quello dell’attesa, cadeva proprio nel freddo e inospitale mese di febbraio. Il segno della speranza che io voglio raccontare è legato a una storia, un racconto antico che, nonostante tutto è arrivato fino ai nostri giorni. Nell’oscurità dell’inverno, quando il silenzio regna incontrastato sul cuore di ogni essere vivente, è custodito il riposo della Terra. In questa storia la promessa del risveglio è nei passi incerti e curiosi di due animali. Sono una coppia di cervi, un maschio e una femmina. La neve ha messo a dura prova la sopravvivenza delle creature del bosco ma loro sanno, nel modo misterioso in cui gli

animali sanno le cose, che la Madre Terra proprio in quel momento era pronta a muovere i suoi primi passi. Lentamente ogni creatura si sarebbe fatta spazio liberandosi dall’oscurità per inseguire una piccola ma tenace luce nascente. I cervi camminano con prudenza mentre le loro esili e agili zampe affondano nella neve bianca. Sono in cerca di cibo e luce. Spinti probabilmente dall’odore rassicurante del fieno custodito nelle stalle, si dirigono verso un villaggio. Sul confine che separa le abitazioni degli uomini da quelle del bosco esitano ma il desiderio di sopravvivenza è più forte. Così, sul crepuscolo del tramonto, si inoltrano tra le stradine deserte osservando attentamente tutto quello che li circonda. Si avvicinano al vetro di qualche finestra e vedendo gli uomini, così temuti, raccolti davanti al focolare, con le loro femmine e i loro piccoli, restano incantati. Presto il loro respiro diventa un tutt’uno con la trasparenza del vetro. Anch’essi in quella visione provano a essere invisibili e silenziosi perché sanno che ogni tana deve essere rispettata. Una bambina però si accorge della loro presenza. Normalmente li avrebbero uccisi ma quella vicinanza resa così pura dalla trasparenza aveva trasformato il vetro in cristalli, la fame in vicinanza e il buio in luce. Sì, la presenza dei due animali venne considerata la prima luce nascente. La piccola fiamma dalla quale presto il sole primaveri-


le sarebbe divampato. Per questo di anno in anno, di generazione in generazione, in quel villaggio la prima luce dopo l’inverno viene festeggiata così, con l’arrivo della coppia sacra, il cervo e la cerva. Molti anni sono passati da allora e molte cose sono accadute. Di quel giorno lontano sono state perse le tracce e nessuno sarebbe in grado di provare che queste mie parole sono vere. Del resto cosa importa? Una storia è una storia e per essere raccontata non ha bisogno della nefanda verità. Quella lasciamola a coloro che pretendono di conoscere cose che non sono in grado di immaginare, a chi non è più capace di sognare e resta eternamente intrappolato nel buio delle proprie certezze. Per coloro che desiderano ancora fantasticare come solo i bambini i poeti e i pazzi sono in grado di fare io propongo questa storia come l’origine di un rito che ancora oggi, l’ultima domenica di carnevale, viene celebrato in un piccolo paese del Molise. Accade poco dopo Imbolc, quando la fioca e promettente luce della primavera è già accesa. Oggi di quella festa così intrisa di Natura e spirito

si sa poco e niente ma questo rito ha tutta l’aria di essere quello che resta di un’antica e preziosa sapienza. Una sapienza che non ha niente a che vedere con il sapere come viene inteso oggi. Questa storia proviene da una saggezza che ancora teneva uniti uomini e animali, anima e Terra. Nel paesino oggi, come un tempo accadeva nell’antico villaggio, arrivano, interpretati da due attori, un cervo e una cerva. Sono ancora intorpiditi dal freddo ma sanno che la nuova luce è già nata. Come allora gli abitanti del paese li aspettano e li onorano con una festa. Gli animali, che con i loro palchi un tempo considerati simbolo di rinascita, sono diventati nel tempo e soprattutto dopo l’arrivo del Cristianesimo portatori di male, scompiglio e terrore. Ed è proprio per questo che nella storia che viene rappresentata oggi i due animali incarnano una natura ambivalente. Dolce e amorevole in segno di un tempo passato in cui gli uomini e la Natura godevano di una preziosa sintonia e terrificante e pericolosa in segno del tempo presente in cui le città tracciano confini invalicabili tra l’armonia perduta e l’arroganza umana. La Natura selvaggia non viene compresa dagli uomini dei nostri giorni, questo è vero, ma i cervi sono ancora lì. Ancora oggi un uomo e una donna indossano le loro maschere e si comportano come anime sapienti in cerca della luce. Ancora oggi, nel rito che nel frattempo è divenuto spettacolo carnevalesco, c’è uno sciamano che uccide i due animali ma poi, in memoria di quell’antica saggezza di cui nessuno può sapere niente, ridona loro la vita con un semplice soffio

nelle orecchie. A quel punto gli animali riprendono la strada del bosco pronti a vivere una nuova primavera. Tra l’uomo e la Natura ritorna una pace che si spera possa non risolversi soltanto come finzione scenica. Al termine della rappresentazione il paese viene invaso da un gruppo di ianare, antiche e spaventose streghe che danzano intorno a un enorme cumulo di fascine in fiamme. La nuova luce è definitivamente entrata nella vita di uomini e animali illuminando e riscaldando il mondo visibile e quello immaginabile. L’antico rito dell’uomo cervo viene celebrato ogni anno, l’ultima domenica di Carnevale a Castelnuovo al Volturno, Molise. Nel 2015 l’evento è fissato per il 15 di febbraio. Monica Zunica


La via di Anu T

hea Worthington e La Via di Anu: Un Viaggio Inaspettato…

Tutto ebbe inizio qualche anno fa quando una compagnia di avventurieri italiani si recò in Inghilterra per incontrare e lavorare con Philip Carr-Gomm. Durante quell’esperienza avemmo il piacere di conoscere l’allora Modron dell’Ordine, Thea Worthington che collaborava con Philip nella conduzione dei seminari. A volte succede che non ci si renda conta di come un incontro, casuale tra l’altro e non pianificato,

possa essere solamente l’inizio di un’avventura ancora più grande e sconvolgente di quella che si sta vivendo….infatti, da questo primo incontro è nata la collaborazione con Thea e la decisione di intraprendere e sostenere il suo lavoro chiamato “La Via di Anu” e diffonderlo qui in Italia. Da oltre vent’anni Thea lavora sul mandala della ruota dell’anno e ha dato vita ad un lavoro alchemico, che contiene al suo interno il processo di trasformazione dell’unione degli opposti interpretato nei cicli Solare e Lunare e le otto Festività ce-

lebrate nel Druidismo. Thea, per quanto riguarda il femminile, lavora sui quattro aspetti della Dea: la Fanciulla, la Madre, la Donna Saggia e la Crona, collegandole alle quattro feste del fuoco della tradizione druidica (Imbolc, Beltane, Lughnasadh e Samhain); per il maschile lavora sulle quattro figure archetipiche maschili: il Mabon, il Guerriero, il Re e il Mago, creando il collegamento con i solstizi e gli equinozi. Questo lavoro diventa uno specchio di ciò che succede interiormente in ogni individuo, sia esso uomo o donna. Qui non si tratta di genere


La via di Anu sessuale ma di essere umano, nel più completo senso del termine: prendere consapevolezza delle energie che sono fuori e dentro di noi e connetterle con il ritmo ciclico della natura che ci circonda. Seguendo la ruota dell’anno nella tradizione druidica (e non solo in questa) troviamo ogni sei settimane circa una festività; seguire questo ciclo percorrendo semplicemente la circonferenza della ruota ci riporta ad un percorso comunque “unidirezionale”; il lavoro della Ruota di Anu ci insegna a vedere il cerchio come un tutto, come una sfera con collegamenti e livelli infiniti, un Mandala appunto. Ora, vorrei raccontare la mia esperienza nel camminare la ruota seguendo questo percorso di Figlia del Fuoco. Sarebbe molto facile e diretto dire: un lavoro fantastico! Spesso accade (anzi direi sempre) che dopo i vari seminari a cui si partecipa ci si auto-esalti nei complimenti e nel-

la celebrazione dell’organizzazione, del conduttore o facilitatore del seminario, negli altri celebranti...ed è assolutamente comprensibile poiché questi momenti sono veramente “bolle” o spazi protetti in cui ci immergiamo in una realtà altra e ci confrontiamo a più livelli sotto più aspetti. Ebbene la mia esperienza, sia in Italia sia in Olanda, mi ha portato, inaspettatamente, a percorrere con gioia, dolore, lacrime e risate, un processo di presa di consapevolezza e trasformazione strettamente legato al reclamare la saggezza femminile che è stata sepolta in profondità oscure a lungo inesplorate. Mi sono ritrovata con altre donne, ognuna con la propria storia, il proprio fagotto di vissuto, che con leggera naturalezza hanno saputo mettersi in gioco e accettare la sfida. Thea ci ha sapientemente guidato e preso per mano, con leggerezza e

mano salda al tempo stesso; cogliendo in ogni battito di ciglia, in ogni parola non detta, risata o lacrima, movimento o pausa le difficoltà e le paure, il coraggio e il limite di ognuna di noi. La sensazione è stata profonda di immersione nel calderone e di rinascita. Un passaggio o trasformazione, uno squarcio nel velo. E, come non avrei mai pensato in un gruppo di sole donne, abbiamo saputo lavorare in sintonia e abbiamo dimostrato coraggio, tenacia, rispetto, apertura, condivisione e compassione, sostegno e tolleranza. In un certo senso il termine fantastico potrebbe rivelarsi “riduttivo”… Ora l’avventura continua e la bellezza sta proprio qui: tutto inizia quando hai finito il lavoro…anche perché la ruota di Anu non smette mai di girare… Isabella Amosso

La ruota di anu esplora anche la via maschile, con i suoi archetipi, simboli ed energie. Guidati e condotti in questo viaggio da Adrian Rooke, gli uomini della ruota ci racconteranno il loro cammino nel prossimo numero del calderone.....


LE VOCI DEI QUATTRO II un breve viaggio fra antichi strumenti musicali

I

mbolc: tempo di lievi risvegli nel ventre della madre terra, di impercettibili cambiamenti verso la rinascita primaverile e tempo di luce che, giorno dopo giorno, ci illumina sempre di più permettendo il ritorno alla gioia! Imbolc ci fa guardare ad est ed è associata all’elemento Aria: un elemento incorporeo, mutevole, dolce o distruttore, un elemento vitale

per l’uomo poiché, penetrando nei polmoni col primo respiro dopo la nascita, porta ossigeno per nutrire le cellule fino all’ultimo, fino a quando il corpo cessa di respirare al momento della morte: con l’ultimo “pneuma”(respiro - in greco) insieme all’aria contenuta nel corpo usciva anche l’anima, che si allontanava librandosi nel cielo sotto forma di farfalla. L’aria divide i piani terrestre e celeste e le preghiere, gli incensi, le invocazioni, raggiungono le sfere

della spiritualità utilizzandola come mezzo di propagazione: l’AWEN, l’OM orientale, la musica... nulla di tutto ciò potrebbe esistere senza aria. E cos’è la musica, a livello puramente fisico, se non propagazione e ricezione di onde di pressione aerea? Perciò, anche questa volta, diamo una voce all’elemento della festività di Imbolc e possiamo immaginare che l’aria parli con la voce del....


Rombo volante

uno dei simboli sonori archetipi ed è classificato come uno strumento musicale aerofono a sferzamento d’aria. Costruito in osso, legno o corno, ha una forma aerodinamica che ne permette l’utilizzo: è composto da un corpo ellittico, appiattito e allungato, che mostra lati lisci o dentellati che aumentano l’attrito con l’aria e presenta un foro ad una delle estremità, al quale si aggancia una lunga corda sottile che ricorda vagamente la struttura di un aquilone. Spesso, all’altro lato della corda, viene fissato un bastoncino di legno che facilita la presa per il musicista. Il suonatore di rombo deve afferrare il capo della corda ed imprimere un doppio movimento allo strumento per produrre il suono: deve girare sul proprio asse e, contemporaneamente, deve far roteare il rombo sulla propria testa, creando una perturbazione che permette la vibrazione dell’aria circostante a frequenze minime udibili dall’orecchio umano. Il suono caratteristico del rombo, infatti, è cupo e violento, come una lunga R, come un tuono in lontananza. Variando la velocità di rotazione è possibile ottenere diversi ritmi e frequenze. Proprio per il suono prodotto, il rombo veniva utilizzato a scopo rituale di iniziazione presso tutti i popoli primitivi del mondo a causa degli effetti psicologici capace di im-

E

primere nell’intimo di chi lo ascolta: in effetti, coloro che sentono per la prima volta la voce del rombo, riferiscono di reagire al tipo di suono con stupore e inquietudine. Inoltre il movimento circolare, che si produce suonando, genera effetti ottici e sinestetici eccellenti ad indurre stati meditativi. Proprio per aumentare quest’effetto si tendeva a decorare le due facce del rombo con pitture rituali legate agli scopi cerimoniali o alla personalità del suonatore. Come già detto, compare in tutte le culture preistoriche e antiche: veniva suonato a scopi magici in Grecia durante i rituali dionisiaci e fino a pochi secoli fa, in Europa (in particolare in Ucraina) era alla base dei rituali di magia popolare attuati per provocare desideri amorosi. Attualmente,

solo alcuni gruppi etnici come gli aborigeni australiani utilizzano il rombo come strumento rituale, destinato principalmente alla celebrazione dei rituali nel culto dei morti e molti studiosi stanno lavorando affinché l’alto valore di patrimonio dell’umanità rappresentato da questo strumento non venga perduto: il suo potere affonda saldamente le radici nella percezione dell’etereo. Una percezione che il mondo odierno tende a cancellare, ma che non deve essere dimenticata perché è l’altra faccia dell’uomo, la faccia dell’istinto e della sopravvivenza alle dure stagioni. La voce dell’Aria ha parlato... … al prossimo canto /|\ Alessia Mosca Proietti


Il cerchio magico

Entra nel mio cerchio magico Dove lo spirito è libero Dove ogni senso ritorna Dalla tua anima alla tua storia

Così perfetta è l’attesa E’ un’empatia a sorpresa Tracce d’eterno cammino Fiamme che segnano il nostro destino

Resta nel mio spazio in musica Di mille favole e lirica Regno della melodia Ogni vagito nel grembo è magia

Pioggia di notte che celebra Questo mio canto per Brigida L’arte dei mille disegni Vola già verso la Terra dei Sogni

Resta nel mio cerchio magico Dove ogni spirito è libero Dove conosci il segreto Di questo cielo così stellato Paola Elena Ferri


Un proposito di Imbolc per il prossimo Natale’…

I

Con il ritorno della Prima luce di Imbolc gli esseri umani si radunano, si confortano e festeggiano la certezza del ritorno del Sole. Seminando i nostri giardini, una ghianda nel bosco e il seme della consapevolezza ambientalista nella nostra coscienza rivolgo uno sguardo alla festa passata. Le luci, i regali, gli alberi addobbati. L’amore, la gioia, la speranza e i buoni propositi. Ma quant’è costato

tutto questo in termini ambientali? Purtroppo non sempre riusciamo a riconoscere come un nostro piccolo gesto o pensiero sia complice di un disastro ambientale in qualche luogo più o meno lontano, purtroppo è difficile saper individuare tutto ciò che è nemico della nostra amata Terra. Tuttavia cercheremo di analizzare qualche dettaglio per migliorare le nostre abitudini e con il tempo pretendere un ‘Natale’ ecosostenibile. Tra le preoccupazioni principali fa sicuramente capolino l’aumento

dell’uso di energia elettrica. Energia che in Italia viene prodotta in grande quantità (72%) utilizzando ancora la combustione fossile. Impiegare il carbone non significa solo nuocere gravemente alla salute delle persone che vivono nelle zone limitrofe ad una centrale, ma contribuisce radicalmente al cambiamento climatico eccessivamente repentino che stiamo vivendo negli ultimi anni della nostra storia. Dunque, come potremo, il prossimo anno, illuminare il nostro bellissimo abete senza sentire il


peso dell’inquinamento sulle nostre spalle? Innanzitutto dovremmo richiedere ai nostri governi di investire nelle fonti energetiche rinnovabili. Esistono associazioni ambientaliste di importanza mondiale o territoriale che lottano da anni per questa ‘nobile’ causa, per noi esiste la possibilità di unire la nostra voce alla loro campagna aiutandoli ad accrescere il coro in questa sfida così importante. Nel quotidiano, nelle nostre calde case, possiamo scegliere luci natalizie a basso consumo energetico, ad esempio LED. Per l’illuminazione esterna potremmo adoperare luci ad energia solare. Ricordiamoci di spegnerle quando in casa non c’è nessuno. Creiamo atmosfera con candele, magari fai-da-te, riciclando barattoli per realizzare originali porta lumini. Negli ultimi anni sempre più persone abbandonano la scelta consumista di regalare oggetti prodotti in serie chissà dove scegliendo, al loro posto, doni creati con amore e fantasia dalle proprie mani oppure acquistati in qualche mercatino artigianale. Ma quando decidiamo di confezionare questo ‘sentito dono ’ e trasformarlo in un delizioso pacchetto regalo, sfortunatamente capita spesso di utilizzare materiale cartaceo che proviene dal taglio illegale di foreste primarie e non, foreste decisamente importanti per la salvaguardia di moltissimi ecosistemi bellissimi quanto delicati. Una delle foreste maggiormente colpita è quella indonesiana. Non solo le aree forestali del Sud Est Asiatico continuano ad essere rase al suolo per espandere le piantagioni di palme da olio, ma a tale processo contribuisce anche la

grande richiesta di polpa di cellulosa, quindi le piantagioni industriali di specie arboree come l’acacia. Le torbiere indonesiane, che sono tra gli ecosistemi più importanti sul nostro pianeta, svolgono un ruolo fondamentale per la regolazione del clima e il mantenimento della biodiversità. Vittime indiscusse dell’avanzata delle multinazionali della carta sono l’orango-tango e la tigre di Sumatra, due delle molte specie a rischio d’estinzione, con loro le popolazioni indigene autoctone ed a lungo andare l’umanità stessa poiché la foresta indonesiana, come altre primarie, sono considerate i polmoni del nostro pianeta. La migliore soluzione sarebbe quella di comprare solo carta riciclata, purtroppo non è ancora così facile riuscire a trovarla, soprattutto se si vive in periferia. Molto più semplice ed economica è la carta avente certificazione FSC (Forest Stewardship Council) che attesta la gestione forestale sostenibile dal punto di vista ecologico, sociale ed economico. Ancor più sostenibile ed economico può essere la scelta di conservare e riutilizzare la carta dei regali ricevuti. Più creativo, invece, è l’utilizzo di giornali creando con gli stessi piccole decorazioni per completare e imbellettare il simpatico omaggio. In questo articolo si parla brevemente di alcune abitudini natalizie, si danno consigli per il prossimo anno ma è fondamentale iniziare da subito, a piccoli passi. Ogni suggerimento può essere applicato tutti i giorni dell’anno. Accresciamo in noi la consapevolezza interiore di come un piccolo gesto possa cambiare le

cose. Troppo spesso la differenza tra una scelta piuttosto che l’altra sta nella mancanza di informazione ed è proprio per questo che vorrei condividere le mie conoscenze ottenute lavorando e collaborando negli anni con associazioni ambientaliste internazionali e/o territoriali. La deforestazione, l’impoverimento di mari e oceani, i rifiuti tossici, lo scioglimento dei ghiacciai sono solo alcuni dei molteplici argomenti che occorre affrontare e approfondire per salvare la nostra casa. L’intelligenza, la costanza, la creatività, l’amore e la conoscenza saranno la soluzione che ci darà speranza, sorrisi e voglia di difendere chi ci sostiene, nutre e accoglie da milioni di anni, la nostra amata Terra. GemmaGioia


triadi

che cosa e‘ il druidismo


Il druidismo e:

“dal sentiero degli antenati, all’ amore per la natura e nello specchio di noi stessi “ Il Druidismo attinge a tante fonti di ispirazione. Insieme, possiamo dire che tutti noi condividiamo il rispetto per coloro che ci hanno preceduto, approfondiamo la nostra connessione con i regni naturali e viviamo per conoscere la nostra veridicità. Ho usato la parola ‘veridicità’, piuttosto che ‘verità’, non so perché, mi è sembrato giusto per trasmettere al meglio il vero significato del nostro sentiero. Susan


Il druidismo e: “Prima di tutto vorrei dire che il Druidismo mi ricorda la mia infanzia, infatti fin da bambina ero innamorata di tutta la natura, animali, piante, alberi, minerali ... e, aiutata dai numerosi insegnamenti di mio padre e di altre persone ho imparato sin da giovane quanto sia magnifica la bellezza e l’equilibrio intelligente della natura, e di conseguenza quanto sia grande la responsabilità che abbiamo, nell’ impegnarci a prenderci cura di essa. Il druidismo è quindi la gratitudine per la natura, in tutte le sue forme. Il Druidismo aiuta a bilanciare. Il Druidismo mi permette di avere accesso alle sale più belle del mio Se interiore, i luoghi dove la mia anima può cantare liberamente la sua canzone con un cuore aperto e disponibile ad accogliere tante belle persone che pensano e che parlano con il cuore e con la verità. Il Druidismo è la carezza delicata di un antico e onorevole percorso della mia Anima. Con reverenza verso i miei antenati prima di tutto e verso le mie vite da Druido vissute prima di questa, accettando l’ esistenza di tutti gli altri mondi e vedendo questo mondo, come una distilleria naturale del miglior idromele dorato che scorre e viene miscelato nel mio calderone, ancora ed ancora. Il Druidismo per me è anche invocare l’ aiuto degli Angeli e dei Deva, quando, per fare un esempio, guidando sull’ autostrada oltrepasso un animale investito da un auto sulla carreggiata. Io, in quel caso chiedo l’ aiuto degli Angeli, chiedendo loro di riportare la sua anima al sicuro presso il Grande Spirito affinché possa fondersi con Lui ed essere di conseguenza guarito per poter rinascere. Dopo questo io ovviamente ringrazio. Questo per me è Druidismo.

Mimsy


Il druidismo è: Eimear Burke: per me il Druidismo è: Chiarezza di visione attraverso la storia, magia degli Alberi, Amore per la saggezza Howard Campbell: per me il Druidismo è: Cercare me stesso in una poesia, riconoscermi in uno stormo di cigni, essere curiosi.


eistedfodd


Il Respiro Inspira ,chiudi gli occhi ed espira.. Respira il Canto della Terra che torna fa che ogni tuo gesto illumini il tuo cuore con forza e grazia inonda tutto il tuo mondo… Espandi i tuoi sensi in ogni direzione e guarda la Terra con la bellezza dell’anima. Senti le correnti della Vita scorrere donale una parte di Te stesso…dedicandola al Suo Servizio! Inspira ,apri il tuo cuore ed espira Ricorda che nasci, muori e rinasci come note sulla sabbia che fanno cantare il mare.. in Te tutti i tempi e ritmi dell’esistenza! Respira il dono della Vita e danza ogni tuo passo celebrando la Creazione.. Espira con immensa gratitudine e rilascia la melodia dell’essere in questo tempo… Inspira, apri gli occhi ed espira… Respira il risveglio silenzioso della terra che silente scivola verso nel fuoco della primavera…

Stefano Alessi Aeothin /|\


L‘ urlo della Morte, il soffio della vita... ll gelo nei campi,la brina nel cuore. Il sonno profondo,lungo una vita, Passi nella notte,ghiaccio tra i piedi... Un fuoco scoppietta,alimenta la vita la morsa del freddo oscura ogni cosa Il duello è feroce più duro che mai La vita che scalcia la morte che attende. Una madre che soffre,scaldata dal fuoco Una giumenta che geme nel fieno gelato Entrambe gravide,foriere di vita, invidiate Su tutti si posa lo sguardo della Cailleach Chi passerà oltre il suo maglio? Chi supererà i rigori del suo inverno? Nella notte un grido Il predatore fiuta la sua preda, Sarà a sua volta predato? Accanto al fuoco un pianto di gioia Nel freddo della stalla un muggito di dolore. La vittima è stata scelta, La morte ha ottenuto il suo premio Un ghigno di felicità squarcia la notte Si festeggia la nuova vita o


L‘ urlo della Morte, il soffio della vita... Si piange il nuovo lutto? Nella natura non vi è distinzione Tutti viviamo e tutti moriamo Nessuno è migliore,nessuno superiore Per Lei,che sceglie,conta solo il numero... Stavolta il calore ha riscaldato Il cucciolo d’uomo vivrà E il buio della notte Dal latte materno Sarà rischiarato... Questo mio breve componimento non vuole avere pretese di modernità o attualità,anzi è piuttosto anacronistico proponendo un antico parto domestico contestualmente ad uno prettamente bucolico. Il parallelismo vuole semplicemente focalizzare l’attenzione sui temi della festa,i rigori dell’inverno,la fatica di una vita disagiata,la volontà di superare ogni avversità. Proprio qui sta la differenza:la VOLONTÀ. Se aiutati,se motivati e magari con un pizzico di fortuna possiamo incoraggiare la vita a vincere il lungo oblio della morte... Felice IMBOLC Emiliano Duir Savoia


Buio Buio delle parole senza suono. Silenzio nelle luci senza fiamma. Notte senza sogni.

Così come vedi me io vedo te. Ricordati di me in questa forma. Guardati. E gioisci.

Vieni figlia, figlio. Torna a nord-est. Cogli la scintilla che arde nell’alba. Ritorna. E rinasci.

La mia arpa si accende si bagna di luce. Tornerò a volare? Ali di vento mi sollevano danzo nell’aria.

Luce nel canto originario. Musica nell’igneo ardore delle stelle. Aurora sogno dell’alba. Tu risplendi.

Libera le tue ali non temere nè pioggia, nè tempesta. Torna a giocare. Io fanciulla, tu bambino. Il presente non ha inizio nè fine.


Buio

Ruotano gli astri nelle galassie. La musica delle sfere è la sua voce. Splende la fanciulla di bellezza siderale. ..... Dove siamo? Chi ha bruciato il sogno? Chi ha strappato le ali? Arida la terra. Vuoto nell’anima. Questo strappo questo vuoto sta per essere colmato. Preparati. Io ritorno. Sabbia tra le dita. Freddi e nudi i rami.

Io ritorno. Cerca la linfa, fuoco che arde nel cuore del legno. Spingi a fondo le radici lancia i rami verso il cielo. Io ritorno. Patrizia


appuntamenti


Appuntamenti MEDITATION, INNER JOURNEYING and the ART of RITUAL a cura di Henk e Marjorie

OBOD WORKSHOP 15 - 17 Maggio 2015

H

enk e Marjorie ci invitano ad unirci a loro per un fine settimana residenziale in cui ci offriranno la loro conoscenza delle celebrazioni dell’ OBOD e delle sue attività. Sarà un meeting esperienziale, un laboratorio pratico che ci aiuterà ad accompagnare ed approfondire il materiale offerto dai gwersu. Durante questo fine settimana ci saranno dati gli strumenti e le tecniche che ci consentiranno di viaggiare in modo sicuro nel mondo interiore, di metterci in contatto e in dialogo con gli esseri interiori e nel contempo ci aiuteranno a praticare in modo più efficace sia le celebrazioni che il nostro spazio rituale. L’obiettivo di questo primo workshop è quello di consentire di avvicinarsi sia alla Meditazione che al Rituale con maggiore fiducia, chiarezza e creatività. Il workshop è accessibile e aperto a tutti gli Obodies, Bardi, Ovati e Druidi.

Il programma sulla meditazione pratica e sul cammino interiore ci offrirà un’introduzione alle tecniche essenziali del lavoro interiore. Gli argomenti trattati includono “il Corpo di Luce”, l’approfondimento e la scoperta della nostra saggezza interiore, il cammino con gli esseri interiori e con i nostri alleati e guide. Nell’arte di rito scopriremo i modi in cui il rituale funziona includendo in esso ogni aspetto di noi stessi e ci offrirà offre un’opportunità per sviluppare la nostra creatività e il no-

stro potenziale. Lavoreremo con il cerchio, il centro, la voce, i quattro quarti, l’ apertura, la chiusura, e la creazione del rito stesso Il gruppo si riunirà il Venerdì sera, e il workshop si concluderà nel pomeriggio di Domenica. Sabato sera festeggeremo con un Eistedfodd, quindi, se avete qualche canzone o qualche storia da condividere, siete pregati di portarla con voi.


Dettagli completi e maggiori informazioni saranno trasmessi tra poco. Per ulteriori informazioni, inviare un e-mail a: obodworkshoprituale@gmail.com Ecco alcune osservazioni dei partecipanti ai precedenti workshop: “Questi due giorni mi sono serviti effettivamente per approfondire la mia pratica individuale” “Il workshop mi ha dato più fiducia nei rituali e nelle cerimonie” “E ‘stato molto piacevole incontrare compagni e amici che pensano e vivono il Druidismo al mio stesso modo approfondendo il nostro senso di connessione con lo Spirito e la semplicità del lavoro con il nostro cammino interiore”

Facilitatori: Marjorie è laureata in psicologia ed è una terapeuta olistica. Il suo coinvolgimento nel Druidismo dell’ OBOD è iniziato nel 2000 Attualmente organizza il ciclo di laboratori “Figlie del Fuoco” con Thea Worthington. Nel 2007, viene nominata facilitatore e insegnante nei workshop sul Rituale e la Meditazione per gli studenti OBOD dei Paesi Bassi con Henk. Marjorie divide il suo tempo tra il suo lavoro come consulente aziendale, facilitatore nei seminari, volontariato, incentrato alla conservazione forestale e i suoi interessi creativi. Henk J.Eggink ha conseguito un Master of Science in Business Admi-

nistration ed è un trainer di gestione con uno dei principali istituti di formazione olandese sullo sviluppo della leadership. E interessato alla spiritualità pagana e sciamanica da oltre 20 anni. E ‘entrato nell’Ordine nel 1997 ed è stato tutor coordinatore per il corso OBOD olandese dal 2010 Dal 2000 organizza varie le attività in giro per il mondo, meeting, workshop e festival per la comunità OBOD


L’Obod in Italia GroveS e Seed GroupS Il cerchio di arth (Torino)

Silver Wolf Circle (Piacenza)

Il cerchio di anu (Trento/Lodi)

La Radura di Bright (Trento)

Bosco dell’Awen (Biella)

La Tor (Friuli)

L’’Iperico (Abruzzo Molise)

Il COnciliabolo Celtico Toscano (Toscana)

Il Biancoscpino (Roma)

La Quercia (Roma)

Per maggiori informazioni sui Grove e seed group: www.druidry.org/community Il corso, che e pubblicato per l’Ordine da Oak Tree Press nella versione italiana e pubblicato e distribuito da Il Bosco dell’Awen. Per info e iscrizioni: info@boscodellawen.org.


Faccia da Druido hanno collaborato a questo numero...


Colophon Il Calderone Rivista italiana di druidismo dell’OBOD (The Order of Bards, Ovates and Druids) Numero 02 Imbolc 2015

Redazione Daniela, Fata Betulla Paolo Veneziani, Bran Alessio Cotena, Bradhan Ilaria Page Briga delle Colline

Hanno collaborato a questo numero: Stefano Alessi, Aeotin Isabella Amosso Davide Armentano (Grafica e impaginazione) Daniela, Fata Betulla Alessio Cotena, Bradhan Gemma Gioia Luisa Lovari Markus Juniper

Stefano Alessi, Aeotin Markus Juniper Davide Armentano

Ilaria Pege, Briga delle Colline Franco Pozzer (marchio della rivista) Emiliano Savoia, Duir Tanet Mirella Porcelli Paolo Veneziani, Bran Laura Villa (foto) Monica Zunica

Chiunque fosse interessato a partecipare o a ricevere gratuitamene la rivista, può prendere accordi con la redazione inviando una mail a: ilcalderoneredazione@gmail.com Chiunque fosse interessato a ricevere gratuitamente in formato elettronico la rivista, contatti la redazione. La partecipazione e la diffusione della rivista è aperta a tutti. A questo link la rivista gratuita sfogliabile: https://issuu.com/ilcalderone

Questa rivista, ed in particolare la rubrica “salute e benessere”, non intende fornire diagnosi e prescrizioni per casi specifici, né può sostituire la consultazione medica o veterinaria. I rimedi inseriti nel testo devono essere considerati solo come indicativi. L’autore e l’editore declinano ogni responsabilità per un uso indiscriminato di questi rimedi quando non avvallato da prescrizione medica o veterinaria. Questa rivista non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene prodotta e distribuita senza alcuna periodicità stabilita e sotto l’egida dell’OBOD inglese. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001. -Il Calderone- All rights reserved - Tutti i diritti riservati.


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