Il Calderone Beltane 2016

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07/2016. Beltane Magazine curato da membri dell’OBOD


INDICE I LUOGHI DEL TEMPO Idee e proposte per ospitare il cammino dell’Anno.

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di Monica Zunica

in VIAGGIO di Luisa Lovari

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IL POTERE

DELLE STORIE Miti, Leggende e Divinità.

p. 12

di Daniela Ferraro Pozzer

LA MUSICA

DEGLI AINUR Un libro e un disco da portare nel Bosco Sacro.

p. 17

di Cristina Pedrocco

IL CANTO

DELLE MUSE Attraverso la Storia della Creatività.

p. 18 In copertina, indice, editoriale e nel numero Foto di Laura Villa

di Alessia Mosca Proietti

L’anIma

Delle pIante di Markus Juniper

La MAdIA Dell’OVATE di Ilaria Pege

p. 32

EISTEDDFOD Tom Hirons Rudi Toffetti Claudio Bongiorno

NOTIZIARIO DEL BOSCO Paolo Veneziani Margherita Tocci

p. 37

in VIAGGIO Il calderone

p. 21

p. 36

TRIADI

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IN CUCINA COL DRUIDO di Elisa Zanotto


EDITORIALE

F

ra i fuochi di Beltane e le danze di Cerumnos, Il Calderone si riempie di nuova energia, come la Terra e tutto l’esistente.

Il nostro breve viaggio toccherà questa volta i luoghi della festa in Italia, nelle parole di Monica Zunica, e poi partirà per altre vie, volando verso la Scozia e le sue leggende. E se il Mito parla, ancora meglio si esprime, e si è espresso, attraverso le gesta e le parole ‘di saggezza’ dei suoi bardi e druidi più famosi quindi, dopo un breve escursus storico sulla figura di Taliesin (di cui approfondiremo i significati simbolici nei prossimi numeri grazie anche all’apporto di un bellissimo articolo di Paolo Veneziani - già pubblicato in inglese sul sito ufficiale dell’OBOD) stavolta abbiamo voluto osservare Fion Mac Cumhaill, leggendario druido irlandese per la similitudine delle due tradizioni. Prossimamente anche di questa figura analizzeremo l’aspetto simbolico e mitico.

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Beltane è il Tempo della Vita e della Passione e sulle note di questo vogliamo condurvi in un passaggio ‘fra i fuochi’ e fra le note del Trovatore. Che il Fuoco sia passione, coinvolgimento e Vita è nell’animo umano da sempre. La musica sa rendere questo impalpabile ma profondo sentire qualcosa di percepibile, di emozionante come sempre lo è il muoversi della fiamma. Questa stessa Passione spinge, in questo momento della Ruota i nostri passi verso scelte ‘letterarie’ che dal fuoco siano mosse…sulle tracce di eroine trascinate dai sentimenti in un fiume impetuoso e coinvolgente di parole scritte.

Abbiamo raccolto un’altra preziosa Triade, fra gli scintillanti bagliori di questa festa della Vita: quella di Caitlín Matthews, http://www.hallowquest.org.uk/hallowquest-caitlin-matthews.html Poiché anche Touchstone, il magazine ufficiale dell’OBOD inglese, ha seguitola nostra idea delle TRIADI ( una risposta alla semplice ma importante domanda: “cos’è per te il druidismo?”)e ci ha gentilmente citati all’apertura di una rubrica che ospita le svariate TRIADI che i suoi lettori hanno voglia e piacere di inviare, abbiamo deciso di aprirne una anche qui, in Italia, sul Calderone … ed abbiamo cominciato con chiederlo alla nostra Redazione. Ci farebbe piacere se chi volesse pensarci un attimo, soffermandosi su un pensiero che dovrebbe essere alla base di questa nostra Via, avesse poi voglia di condividere la risposta inviandola alla solita email ilcalderoneredazione@gmail.com -----------------Per rispondere alle svariate domande che toccano l’argomento del Sistema di Tutoraggio OBOD, Paolo Veneziani –Bran – ha gentilmente collaborato con noi con un bel chiarimento sulle modalità della nuova gestione a lui affidata e su quello che in sé il sistema rappresenta. Fra i fuochi passala vita, sui fuochi si salta e intorno al fuoco… si vive, si canta , si mangia: il cibo è uno dei momenti di nutrimento per il corpo , spesso, più o meno consapevolmente, anche per lo Spirito. Ilaria Pege ha voluto inserire ‘il cibo’ nel Tempo Rituale ed Elisa Zanotto ci ha regalato, come al solito, una delle sue meravigliose ricette. E fra parole che volano insieme alle scintille, Markus in questo numero di Beltane ha pensato di guidarci in un volo strano sulle ‘scope delle streghe’ e avvicinarci, fra le stelle e la Luna, al cielo caldo di questa notte d’estate illuminata dai fuochi di Bel! Naturalmente toccherà ai bardi dell’Eisteddfod riempire il silenzio e accompagnare lo scoppiettare delle fiamme: grazie a Rudi e a Claudio e alla magia che un dio selvaggio aggiungerà alla nostra festa con la forza delle parole di Tom Hirons.

Daniela Ferraro Pozzer La partecipazione a questo Magazine dell’OBOD è sempre aperta a chiunque voglia condividere una propria, preziosa… scintilla di Awen! Scriveteci a ilcalderoneredazione@gmail.com

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I LUOGHI DEL TEMPO IDEE E PROPOSTE PER OSPITARE IL CAMMINO DELL’ANNO

di Monica Zunica


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BELTANE DA VIVERE

l fuoco arde, con il calore della sua forza muove ogni cosa e trasforma l’attesa in azione, le speranze il realtà. Ogni cosa nel tempo di Beltane prende vita; sogni, desideri, progetti, amore. Tutto si infiamma, pulsa nel pieno della fertilità e chiede Vita senza mai potersene saziare. Il fuoco trasforma ogni cosa. Lascia evaporare la profondità delle emozioni donando loro la leggerezza dell’aria, conserva nel cuore fermo della terra i manufatti del pensiero e li cuoce fino per onorare al massimo la loro bellezza. Riscalda le notti invernali facilitando l’amore e la vita ma se lasciato incustodito potrebbe trasformarsi in morte e distruzione. Se c’è un momento nel corso del tempo capace di ospitare la forza vitale del fuoco nel suo massimo splendore, quello è il tempo di Beltane. E’ un rituale potentissimo, una festa, un momento di forza, amore e gioia di vivere. Si danza, si accendono i fuochi, si lasciano ardere i desideri e si accolgono le preghiere. Su come si svolgessero i fuochi di Beltane

nell’antichità si è scritto molto ma nessuno può dirlo con certezza. Solo al di là dei nostri occhi chiusi possiamo immaginare ciò che è stato. Anche Marion zimmer Bradley (famosa autrice di una saga ricordata come Il Ciclo di Avalon) deve aver chiuso gli occhi per immaginare la vita in quella Britannia antica che ancora oggi fa sognare tanti di noi. Dei fuochi di Beltane ne Le querce di Albion, lei racconta: “I boschi si erano popolati di tende e di costruzioni provvisorie di rami, perché la celebrazione aveva richiamato gente che viveva lontana. A molti giorni di viaggio… Alla base della vecchia collina fortificata erano stati allestiti chioschetti che vendevano cibarie e piccoli oggetti, alcuni dei quali sembravano prodotti dai contadini del luogo… La fiera occupava lo spazio di un grande terrapieno, troppo affollato di bancarelle e persone perché il perimetro fosse visibile… I fuochi bruceranno fino all’alba e tutti danzeranno intorno. Alcuni dei ragazzi veglieranno sull’albero di Beltane. Gli

altri andranno in giro fino al levar del sole e in compagnia delle innamorate. Ora bruciano tutti gli spiriti maligni; poi faranno passare il bestiame tra i falò perché sia al sicuro durante l’estate. I fuochi sono molto potenti… le coppie di fidanzati li scavalcano tenendosi per mano; così onorano la Dea e le chiedono di concedere loro di avere dei figli. Poi si inoltrano nelle foreste…” Era davvero così che andava? La scrittrice ha seguito il flusso dell’Awen per scrivere le sue pagine e farci rivivere quei tempi? Nessuno può dirlo. Quello che è certo è che Beltane era un tempo molto amato e che ancora oggi, nonostante il potere di Roma e l’oppressione della Chiesa, questo antico rituale sopravvive e non solo nelle terre che le hanno dato i natali. Anche in Italia, intorno al primo di maggio, c’è un susseguirsi di feste che ricordano gli antichi fuochi. Trasformati certamente, ridotti a sembrare altro ma se guardiamo bene vedremo che tra le fiamme ardono antichi ricordi. Ho fatto per voi una ricerca non esaustiva di feste in Italia che potreste aver voglia di vedere. Buon divertimento e non dimenticate di perdervi nella notte di Beltane per celebrare l’amore e il risveglio della Terra con la persona a voi più cara.

Avezzano – Abruzzo I fuochi di Beltane del 27 aprile, diventarono con il Cristianesimo una ricorrenza cattolica, divenuti ad Avezzano i Focaracci di Pietraquaria. La sera del 26, sulla piazzetta antistante la parrocchia di Santa Maria Goretti, gli avezzanesi accendono nei quartieri i fuochi devozionali alla Madonna di Pietraquaria (i Focaracci), Si danza intorno ai fuochi, si canta, si suona, si mangia e si raccontano antiche leggende.

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Calendimaggio Si tratta di feste, canti e fuochi celebrati per onorare l’inizio della bella stagione in diverse località: ad esempio in Liguria, Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e la zona delle Province di Piacenza, Pavia, Alessandria e Genova. La funzione propiziatoria di questo rito è svolta durante una questua durante la quale, in cambio di doni come uova, vino, cibo o dolci, i maggianti intonano strofe benauguranti per gli abitanti delle case a cui fanno visita. Simbolo della rinascita della primavera sono gli alberi. In particolare viene citata la pianta dell'ontano, che si sviluppa lungo i corsi d'acqua, considerata il simbolo della vita e spesso presente nel rituale.

Cantè Magg Nel basso Piemonte un’antica tradizione vuole che un gruppo di ragazz detti Maggianti, vadano di casa in casa per cantare il Maggio. Caratteristica un tempo in tutto l'Astigiano, il Monferrato e le Langhe era la versione femminile del Cantè Magg, quando gruppi di ragazzine portavano in processione l’erburin (l'alberello) e/o una bambolina adornata con fiori: di casa in casa intonavano strofe che annunciavano il ritorno di maggio e in cambio dei doni (per lo più uova) ringraziavano con le strofe benaugurali. Alla regina del Maggio si univa anche un Re del Maggio e la coppia di bambini era detta gli "Sposini": la Dea Fanciulla e l'Uomo Verde riuniti per rinnovare la vita e la fertilità della Terra. Accade qualcosa di simile anche a Casal Cermelli (provincia di Alessandria).

Carlin di Maggio a Marsaglia Un gruppo di cantori passano di casa in casa per annunciare la venuta della Primavera e portare gli auguri di felicità/prosperità e fare una questua. La zona in cui è diffusa questa tradizione è quella delle Quattro Province - area omogenea per conformazione e cultura (Alessandria - Pavia - Piacenza - Genova) dove si cerca di preservare il grande patrimonio di canti tradizionali della tradizione contadina. Se volete assistere o partecipare a questo rituale dovete recarci sull’appennino pavese e piacentino a Marsaglia un paese

nel comune di Corte Brugnatella (Pc) nella val Trebbia ha inizio la sera del 30 aprile, o meglio nel tardo pomeriggio, fino a notte fonda (le tre o le quattro del mattino)! La gente si raduna nella piazza del paese per cantare e suonare tutti insieme. L'albero simbolo del Carlin non è il biancospino (non ancora fiorito) ma il Maggiociondolo dai caratteristici fiori gialli ricascanti a grappolo e il giallo e il verde sono nel tempo diventati i colori dominanti della festa. Festa di primavera in Toscana Nel ponte del primo maggio Pian di Rocca, presso Castiglion della Pescaia, in piazza, si festeggia la bella stagione. Tutto inizia con una processione in cui vengono benedetti i campi agricoli, come buon auspicio per una buona stagione di raccolti. La festa ha poi inizio con l’apertura degli stand gastronomici in cui il visitatore può gustare ricette e prodotti del posto come il carciofo e il baccello maremmano, accompagnati dagli ottimi vini toscani. In serata è il momento della musica e delle danze. Non so come si svolge il palio dei somarelli, spero non siano maltrattati i poveri asinelli. La Pagliara a Fossalto, Molise Un rito antichissimo rievoca tempi lontani Il primo maggio un uomo sfila nel paese portando con sé la Pagliara, un cono costuito con rami e rivestito di erbe e fiori. La Pagliara è la personificazione del Maggio. L’uomo corre in tutto il paese preceduto da suonatori di zampogne. Le persone, in segno di augurio, versano dagli usci o dalle finestre delle case acqua sul pagliaio, come rito propiziatorio. Quando il rituale è finito gli abitanti del paese si riuniscono nella piazza e si festeggia con buon cibo e tanto vino.

Il Maggio di Oglianico Oglianico è un comune canavesano di probabili origini celtiche. In questo luogo si rinnova ogni anno una festa in vista del ritorno della Natura dopo i lunghi mesi invernali. Canti, danze e riti per la fertilità e l’abbondanza dei raccolti culminano con l’innalzamento del Maggio un albero piantato nel centro del Borgo alla luce delle fiaccole tra lo sventolio delle bandiere, il rullo dei tamburi e gli squilli di

tromba. Laccio d’amore in Abruzzo Si tratta di un ballo propiziatorio molto diffuso e conosciuto in tutto l'Abruzzo. Le coppie danzano in cerchio intorno ad un palo, su cui sono legati dei nastri colorati. Ogni ballerino impugna un nastro, sono gli uomini che su comando del "maestro" portano il laccio alle rispettive dame di ballo. Il tutto corredato da una bella festa con bancarelle ricche di oggetti interessanti. Cibo in abbondanza, canti, musiche, vino e tanta allegria.

CantarMaggio di Morro d’Alba Il rituale prevede il Rogo in piazza dell’albero del maggio. L’albero viene “piantato” verso la metà di maggio e viene bruciato alla fine del mese. Il ”maggio”prima di essere trasportato viene adornato di fiori e di nastri multicolori dai bambini e dopo viene portato in corteo per tutto il paese, accompagnato dal canto e dal suono di numerosi suonatori e cantori popolari.

Maggio delle Ragazze a Riolunato A Riolunato, paese dal nome romantico in Emilia Romagna si svolge un antico rito propiziatorio per assicurarsi la bella stagione. Si rifà ad altri rituali presenti in tutta Europa e in particolare quelli che fanno riferimento al Calendimaggio. I festeggiamenti prevedono il canto del Maggio. Durante tutta la notte il paese risuona dei canti dei Maggiolanti che di casa in casa onorano la primavera e chiedono prosperità e fertilità per la stagione in arrivo e per l’amore. I ragazzi che lo desiderano possono cantare L'Ambasciata alla finestra buia della ragazza desiderata; se si accenderà un lume l'offerta sarà stata accettata, in caso contrario, respinta. Nota: se siete a conoscenza di altre feste che ricordano la nostra amata Beltane segnalatelo pure alla redazione. Buon Fuoco a tutti.

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l nostro appuntamento di viaggio… ci porta questa volta nelle Terre di Scozia. Ho avuto la fortuna ed il piacere di visitare questo paese qualche anno fa con gli amici ed ho scoperto, senza grandi sorprese a dir la verità per la sua fama ben nota, ma con uno stupore quasi infantile, una terra piena di aspetti tanto vari ed interessanti da soddisfare le più disparate esigenze: storia, cultura, tradizioni, musica, cucina, natura selvaggia e soprattutto abitata da un popolo fiero di conservare tutto questo ancora oggi, con orgoglio e con un senso di appartenenza vivo e sentito da giovani ed anziani, una magia che non può non essere “sentita” anche da tutti coloro che la visitano come turisti. La Scozia è indubbiamente un paese affascinate e magico, immerso in una bellissima natura e intriso di leggende che si perdono nella notte dei tempi e di antiche ed uniche tradizioni che ancora vivono nella sua cultura. Tra queste, mi piace ricordare il famoso Kilt, tipico gonnellino di Tartan (stoffa con disegno a quadri) indossato dagli uomini, con l’immancabile cornamusa, il saporito Whisky (da non perdere l’itinerario de “La strada del Whisky” da Edinburgo verso Aberdeen, con sosta… in distilleria per apprendere i segreti della lavorazione di questo liquore e per portarsi a casa un assaggio di questo simbolo della Scozia), e ancora il buonissimo salmone e le Highlands, affascinanti e selvagge. Ma la Scozia affascina grandi e piccoli e rapisce tutti anche per le sue innumerevoli leggende che ci parlano di eroi coraggiosi, di misteriose fate, di spiriti, folletti, e di ben noti fantasmi. Tra le tante leggende (si potrebbero scrivere pagine e pagine ….) una in

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particolare mi colpì all’epoca del mio viaggio in Scozia e ora voglio raccontarvela: la Leggenda della FAIRY FLAG (la Bandiera Fatata) del Castello di Dunvegan. Il castello sorge a poca distanza dell’omonimo villaggio di Dunvegan, sull’Isola di Skye, e fu fondato dal capostipite della famiglia McLeod nel 1200, per poi rimanere proprietà dello stesso Clan fino ai giorni nostri: l’attuale proprietario del castello è Hugh McLeod, trentesimo Clan Chief. Aperto al pubblico nel 1933, il castello e i suoi splendidi giardini attirano turisti curiosi di conoscere le numerose leggende che aleggiano sulla storica dimora, storie di fate, magia ed eroiche avventure. Ecco, oggi vi parlerò proprio della “Bandiera Fatata” per farvi immergere nella “magica” storia di questo paese…… Ci tengo a precisare che il testo riportato qui di seguito non è frutto della mia penna ma ho riportato fedelmente la leggenda come narrata da FONTE: http://carla51.altervista.org/carla51_0014.html

La Bandiera Fatata Leggenda scozzese

Sull'isola di Skye c'è il vecchio castello di Dunvegan, bagnato su tre lati da un mare freddo e grigio. Per centinaia di anni questo castello è stato la dimora dei capitani del Clan dei MacLeod. Il Clan possiede parecchi tesori, ma l'oggetto che tiene in maggior conto è una striscia di seta color giallo pallido. E' delicata come le ali di una farfalla ed è segnata qua e là da certe macchioline rosse come solo gli elfi sanno fare. La bandiera fatata appartiene al Clan dei MacLeod dalla lontana notte in cui nacque un piccolo capitano del Clan. Quella notte tutta l'sola era pervasa dalla più grande gioia e sulle colline vennero accesi tanti falò che la gente delle isole vicine pensò che Skye si fosse incendiata! Dentro il castello, i membri del Clan si riunirono per festeggiare con cene e balli la nascita del bambino. Il suono delle cornamuse era così forte che saliva perfino lungo una scala a chiocciola e su, in cima a un'alta torretta dove c'era una piccola stanza. Qui Morag, la vecchia bambinaia, sedeva presso una culla di legno e la dondolava piano avanti e indietro per cercare di acquietare il neonato. "Come può dormire il piccolino con questo frastuono!" brontolò. A un tratto scivolò nella stanza la sua giovane nipote Janet. "Oh, zietta," bisbigliò "é così 10

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eccitante! Devi andare giù a dare un'occhiata." Morag la guardò indignata. "Cosa?! Lasciare l'erede dei MacLeod solo e senza protezione?" Ma Janet ribattè: " Il bambino non rimarrà solo, mi siederò qui e lo curerò io mentre tu non ci sei" La vecchia Morag esitava. "Bene" disse infine " probabilmente non vivrò tanto da vedere un'altra notte come questa. Ma chiamami se il bambino si sveglia. Chiamami immediatamente!" Janet si sedette e prese a dondolare la culla con garbo, battendo un piede al ritmo della musica, ma non si accorse che lo scialle col quale Morag aveva accuratamente coperto la culla era scivolato sul pavimento di pietra. Sentendo freddo, il piccolo cominciò a piangere e Janet non riusciva a calmarlo. Il pianto del bimbo di fece sempre più forte e Janet si affacciò sulla scala a chiocciola per chiamare Morag, ma la musica copriva la sua voce. Allora, lasciando la porta socchiusa, corse giù per le scale a cercare la vecchia bambinaia. Proprio in quel momento una fata e una sua amica, che stavano passando in fretta davanti al castello, udirono il pianto e si fermarono: "Hai sentito?" chiese la fata tutta arrabbiata "Il piccolo erede del MacLeod sta piangendo e non c'è nessuno che si occupa di lui!" Gettò un'occhiata alla torretta e i suoi occhi penetranti scorsero subito la finestrella illuminata. "Senti, credo di riuscire a infilarmi là dentro. Tu aspettami sul davanzale". Le due fate volarono alla finestra e capirono subito perchè il bambino piangeva, vedendo che lo scialle non era sulla culla, ma per terra. "Povero piccino! Col vento freddo che soffia dal mare! Ma io ho proprio quel che ci vuole per scaldarti". Sgusciò nella stanza e si avvicinò alla culla: srotolò da intorno alla cintura una striscia di seta gialla e preso delicatamente in braccio il bambino, ve lo avvolse. "Ma quella è la nostra bandiera fatata!" Esclamò l'amica dal davanzale. "E con questo? Noi possiamo tesserne un'altra. Zitta ora mentre gli canto la ninna-nanna". E facendo dondolare piano piano la culla col piede, cantò. "La tua vita sarà sicura. La salvezza è tra queste mura finché sventola il drappo fatato che le fate ti han regalato. Ora dormi bel bambino, fai la nanna piccolino" Proprio mentre l'ultima nota svaniva nell'aria, la vecchia Morag rientrò nella stanza. "Povera me" ansimò "Chi siete?" Poi vide con terrore il cappello a punta della fata, le scarpette violette come l'erica e la striscia di seta gialla che avvolgeva il bimbo addormentato. Avanzò di un passo per strapparla


via...ma la fata la fermò. "No, Morag! La bandiera non gli farà del male. E' più calda della più spessa coperta e inoltre lo proteggerà da ogni pericolo" . Morag ascoltò senza fiato la fata che le descriveva i magici poteri della bandiera. "Salverà l'erede dei MacLeod nel momento di maggior pericolo, ma attenzione, dovrà essere usata con parsimonia. Questa bandiera potrà sventolare solo tre volte, poi le fate la reclameranno". La fata si mosse silenziosamente verso la finestra e ripetè : "Tre volte sole. Ricordati, Morag, di riferire ai MacLeod le mie parole". Detto questo fece per andarsene, ma Morag le gridò: "E la ninna-nanna?...Non volete insegnarmi la ninna-nanna?" "Lo farò, Morag" rispose la fata " e ogni volta che canterai, il bambino si addormenterà subito." E la fata cantò ancora una volta la ninna-nanna prima di sparire nella notte. Per un po' Morag rimase sbalordita a fissare il punto in cui la fata era scomparsa, ma non vide altro che la luna, e al posto della voce di lei udì solo il suono delle cornamuse."Vieni piccolo, dolce erede," disse infine prendendo teneramente il bimbo in braccio. "I tuoi orgogliosi genitori e tutti i tuoi parenti devono sapere ciò che la fata ti ha donato". Gli uomini del Clan si meravigliarono molto nell'udire la storia di Morag, poi il capo levò in alto il suo minuscolo figlio affinché tutti lo ammirassero, e giurò solennemente di custodire nel castello la bandiera fatata come il più grande dei tesori. E che fosse realmente un gran tesoro, lo si potè vedere quando la profezia della fata si avverò. Molti anni dopo, nel quindicesimo secolo, il castello di Dunvegan venne assalito da feroci guerrieri che avevano invaso Skye provenienti dalle isole vicine. I MacLeod furono decimati e sembrava ormai certo il loro annientamento totale. All'ultimo momento, il loro giovane e bel capitano si ricordò della leggenda. "Andate a prendere la bandiera fatata!" Appena la bandiera sventolò sui bastioni, una misteriosa schiera di guerrieri si materializzò nel castello e si gettò all'assalto. Brandivano spade enormi e facevano un rumore terrificante. Gli invasori fuggirono, nel tentativo di salvarsi, ma nessuno di loro riuscì a scampare. Alla fine, lasciando i MacLeod vittoriosi sul campo, i guerrieri si dissolsero nell'aria. Un centinaio di anni dopo, il castello venne assalito di nuovo, con l'aiuto di una fitta nebbia che si era alzata dal mare. I MacLeod si difesero coraggiosamente, ma erano nuovamente sul punto di soccombere, quando il capitano decise di ricorrere alla bandiera magica. Fu allora che la grigia nebbia si trasformò in file e file di guerrieri che combatterono come demoni, fino alla vittoria. Ma quando il giovane capitano MacLeod volle

ringraziarli, svanirono nella nebbia. La bandiera era stata issata due volte, perciò ancora una volta, in futuro, avrebbe potuto spiegare il suo magico potere. Per questo, oggi la bandiera magica viene conservata come un tesoro nel vecchio castello di Dunvegan, mentre le fate, nei loro nascondigli segreti, la aspettano pazientemente.

*** Un’altra versione della leggenda afferma che la Fairy Flag sia stata donata al IV Capo Clan, Ian MacLeod, dalla sua tanto amata moglie, che si rivelò poi essere una fata e che, dopo tanti anni di matrimonio felice, decise di tornare tra il suo popolo magico. Un’altra leggenda ancora fa invece risalire il ritrovamento della Fairy Flag ai tempi delle Crociate: il magico stendardo sarebbe stato portato da Harold Hardràda, Aroldo lo Spietato, re norvegese e antenato del clan, di ritorno da una crociata, perché gli erano attribuiti miracolosi poteri. Il dubbio che pone questa versione della leggenda, però, è che le crociate iniziarono quando Aroldo lo Spietato era già morto da tempo! Alcuni esperti che hanno analizzato il pezzo di stoffa, lo datano tra il 4° e il 7° secolo d.C, ed affermano che si tratti di seta proveniente dal Medio Oriente. Forse la reliquia di un vestito di un santo? O lo stendardo dello stesso Re Harold? Non esistono delle risposte certe, tutto puo’ o non puo’ essere … ma è proprio questo il senso delle leggende: ciascuno percorre il sentiero che sente più proprio e che magicamente si avvicina a quello che ci piace concepire con la fantasia. Ed è proprio con questo senso di mistero che vi lascio nel vostro mondo immaginario, un mondo che ci aspetta per un prossimo e bellissimo viaggio!!!

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IL POTERE DELLE

STORIE MITI, LEGGENDE E DIVINITÀ

di Daniela Ferraro Pozzer


LA STORIA DI FIONN E IL SALMONE DELLA SAGGEZZA

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n’altra figura, simile a quella di Taliesin, ‘fronte raggiante’, vive fra le pieghe del Mito nutrendolo del proprio magico simbolismo: la storia racconta di un druido guerriero, stavolta irlandese, Fionn Mac Cumhaill, il cui soprannome, similmente a quello acquisito poi dal leggendario Gwion Bach, significa "biondo", "bianco", o "luminoso". Nato infatti come Deimne, Fionn guadagnò il soprannome quando i suoi capelli diventarono precocemente bianchi e la sua immagine divenne il simbolo della Saggezza e del Coraggio, due doti spesso non associate ma che rappresentano, nello Spirito del Tempo, di ogni tempo, parte delle radici stesse del Druidismo. Il figlio di Fionn e della poetessa Sadbh, il Bardo Oisín, si dice abbia narrato la maggior parte di queste storie nel ciclo feniano (Fiannaidheacht), raccontando la vita di Fionn e dei suoi seguaci, i Fianna. Nato dalla figlia di un potente druido della contea di Kildare, Muirne, e dal figlio del capo dei Fianna, Cumhall, il piccolo Deimne fu immediatamente affidato alle cure di una guerriera ed allevato in segreto nel folto di una foresta poiché il Supremo Re

d’irlanda era stato invocato dal vecchio druido per vendicare il rapimento della propria figlia. Muirne era infatti fuggita con Cumhall per non aver ricevuto il permesso di unirsi a lui in matrimonio. Il Re Conn dalle Cento Battaglie, aveva così dichiarato il giovane principe fuorilegge ed, in uno scontro feroce, uno dei suoi guerrieri, Goll mac Morna, l’aveva ucciso. I primi anni della vita di Deimne si svolsero quindi nel continuo apprendimento di qualità ‘pratiche’ di difesa, di attacco e tali da procurarsi cibo e sostentamento. In un secondo tempo però, una volta affinate le qualità materiali, egli incontrò quello che poi sarebbe diventato il suo Maestro nell’ambito di ciò che di ‘altro’ aveva da imparare per divenire anche l’’Illuminato’ il ‘Bianco’: il druido e poeta Finnegas, Questo essere ‘magico’, talvolta descritto addirittura come un ‘folletto’, intendendo per tale un piccolo-spirito-dell’acqua, si trovava da ben sette anni vicino al fiume Boyne nella speranza di pescare il Salmone della Saggezza. Chiunque avesse mangiato il primo pezzetto di quel salmone, o avesse assaggiato anche solo la prima goccia del suo succo, avrebbe acquisito tutto lo scibile immaginabile, la Creatività e la Saggezza.

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Così l’uso della Creatività suggerì a Fionn come combattere un essere soprannaturale che, al tempo del passaggio fra luce ed ombra ( Samhain), bruciava Tara con il suo alito di fuoco dopo aver fatto addormentare tutti i suoi abitanti suonando una musica celestiale. Egli si tenne sveglio con la propria lancia magica, che trasse dalla borsa in pelle di gru appartenuta al proprio padre ( il valore delle tradizioni e la forza dell’insegnamento degli Avi), punzecchiandosi ( la lancia,è uno dei simboli del maschile, dell’azione, del combattere e del fare) e poi la usò per uccidere il mostro. Quindi, Fionn fu riconosciuto come figlio di Cumhall e fu messo a capo dei Fianna: Goll si fece da parte di sua volontà e divenne suo seguace. Quindi la Creatività insieme alla ‘Saggezza’ spinsero il Druido-Guerriero a ‘sapere cosa fare al momento giusto’ e, grazie ad essa, egli riprese potere sulla propria esistenza ed il giusto ruolo, che riteneva dovesse essere suo, di guida dei Fianna.

Salmone

da l'Oracolo dei Druidi P.e S. Carr-Gomm

Un giorno, finalmente, la costanza di Finnegas fu premiata ed egli riuscì a pescarlo: chiese quindi al ragazzo di cucinarlo per lui. Fionn obbedì con entusiasmo e lo mise sul fuoco con grande attenzione ma, nel girarlo per non farlo bruciare, si scottò il pollice e istintivamente si mise il dito in bocca per alleviare il dolore, ingoiando inavvertitamente un pezzo di pelle del salmone. In quel momento, malgrado il disappunto del Druido, Fionn acquisì tutte le doti del Magico Salmone e capì come ottenere giustizia per la propria vita e nei confronti di Goll,. Nelle storie successive apprendiamo di come Fionn usi la Saggezza del salmone succhiandosi il pollice al momento del bisogno. Ovviamente anche questa parte della storia di Fionn e del salmone della saggezza è simile alla leggenda gallese di Gwion Bach. Ciò potrebbe far pensare a una fonte comune per entrambi i racconti ed alla volontà di diffusione di ‘valori’ quanto meno molto somiglianti basati sul concetto della Creatività Druidica (che sa diventare ‘di Arte o di Vita’) e della Saggezza. 14

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La Saggezza è però anche saper-vedere, è empatia, è riuscire ad andare oltre le apparenze, e fu così che egli incontrò la propria moglie Sadbh, seguendo istintivamente la scelta dei propri cani di non uccidere una meravigliosa cerva che riconobbe poi come una donna. I segugi di Fionn un tempo erano uomini: nell’antica mitologia, molto spesso, anche nel Mabinogin ma non solo, si narra di trasformazioni umani/animali quasi a voler rappresentare con la forma animale lo stato più ‘vero’ di ciascuna, singola, natura umana. Molto ricca di eventi e lunga fu in seguito la vita di Fionn, tutti narrati nel Fiannaidheacht e, come ogni figura che incarni Miti e Speranze dello Spirito del Tempo, anche il Druido Guerriero, come Merlino, dormirebbe ora nella Terra (in questo caso in una miniera sotto Dublino), pronto a svegliarsi nel momento del bisogno. Una rete di conoscenza consapevole ed inconsapevole sostiene la nostra Vita, spesso da questa attingiamo e spesso, Saggezza significa proprio lasciarci permeare da essa e Creatività è elaborarla e donarla di nuovo all’Esterno, affinché arricchisca di Magia e bellezza la brillante acqua nella quale, ancora e sempre, nuota paziente l’Antico Salmone.


FIONN E IL SALMONE DELLA SAGGEZZA 04/2015. 07/2016. Lughnasadh Beltane

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LA MUSICA DEGLI AINUR UN LIBRO ED UN DISCO DA PORTARE NEL BOSCO SACRO

di Cristina Pedrocco


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acciamo insieme un gioco. Andate alla vostra libreria e cercate tra i titoli che la compongono uno dei più grandi classici dell'800. Madame Bovary. Tutti ne abbiamo una copia in casa, è uno di quei romanzi che troviamo regalati dalla nonna, acquistati per la scuola anni prima, ereditati dai fratelli maggiori. Tutti ce l'abbiamo ma in pochi lo abbiamo letto. È uno di quei libri che si conoscono, sappiamo di cosa parla a grandi linee ma non lo abbiamo letto. Certo non è un libro semplice, ogni tanto è noioso, io stessa penso di averlo affrontato quattro, cinque volte prima di leggerlo completamente. Flaubert ha uno stile un po' pomposo a volte, ma superati i primi capitoli e compresa la protagonista, capiamo la fama indiscussa e il riconoscimento che ha avuto. Se non lo avete ancora letto, questa è l'occasione buona, è Beltane, il periodo perfetto per un grande romanzo in pieno stile romantico. Forse non tutti sanno che per la trama Flaubert si ispirò ad un fatto di cronaca dei giornali locali, la storia di una donna realmente esistita che si suicidò in seguito ad uno scandalo. La storia è incentrata sulla vicenda di Emma Bovary, che per fuggire alla noia di una vita coniugale di provincia, si dà all'adulterio e ad una vita agiata che non si può permettere. Da un racconto apparentemente banale ai giorni nostri, Flaubert compone una delle più famose trame romantiche di fine ottocento, raccontando nel dettaglio (e con notevoli e intensi particolari) le vicissitudini, i tormenti e i pensieri di una donna, come pochi avevano fatto prima. Per tutto il libro non proveremo mia simpatia per Emma. Nonostante ciò, riusciamo a capire la sua condizione, il tedio quotidiano della sua esistenza, la voglia costante di fuga, anche intellettuale, i pensieri ancora adolescenziali di una creatura cresciuta troppo presto, che troppo presto è diventata moglie e poi amante. Emma è l'archetipo della fanciulla, la sognatrice, colei che vive una realtà distorta, una realtà che la schiaccerà portandola al suicidio. Ricordiamoci che è la storia di una donna raccontata da un uomo del XIX secolo. Credo sia questo il motivo che spinge Flaubert a raccontare una protagonista capricciosa, ridicolizzando il suo romanticismo senza però biasimarla mai. Sono piuttosto i romanzi tardo romantici che lei divora costantemente che hanno influenzato il suo carattere volubile. Perché la femmina in quanto tale è incostante, mutevole e instabile come quelle stagioni che accompagnano la sua breve vita. Il gioco magico delle parole di Flaubert sta nel suo realismo, o meglio nel l'illusione della realtà. Egli è maestro dell'immaginazione del reale. Da un fatto di cronaca (quindi reale) egli porta l'attenzione al sentimento, al tormento interiore e quindi all'idealismo romantico per eccellenza, vero protagonista del pensiero di Emma e conseguenza dei suoi comportamenti. Madame Bovary è l'inno al romanticismo. Il tormento è ciò che ci governa, sono i sentimenti che fanno le persone che siamo, non le leggi di Dio e della Scienza. "Non avevano nient'altro da dirsi? I loro occhi però, traboccavano di parole più gravi. Mentre si sforzavano di trovare frasi banali, si sentivano riempire tutti e due da uno stesso languore. Era come un mormorio dell'anima, profondo, continuo, che l'aveva vinta sulla voce. Stupiti da questo nuovo, soave sentimento, non pensavano neppure a spiegarne il senso, a scoprirne la causa. Le felicità future, come le rive dei tropici, proiettavano sull'immensità che le precede, il loro molle sentore come una brezza profumata: si scivola in quell'estasi e non importa se l'orizzonte non si vede. Avete trovato Madame Bovary nella vostra biblioteca? Vi è venuta voglia di leggerlo? Bene, ora andate alla collezione di dischi (o usate YouTube) e scegliete la sinfonia N 4 di Johannes Brahms, contemporaneo di Gustave Flaubert. Avrete un'idea della vocazione romantica degli artisti dell'epoca. E vi addentrerete con più facilità nell'animo tormentato di Emma Bovary.

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(soprano) Ruiz, soldato al seguito di Manrico (tenore) un vecchio zingaro (basso), un messo (tenore), compagne di Leonora, religiose, familiari del Conte, soldati, zingari e zingare

TRAMA:

IL FUOCO E LE PASSIONI DE

“IL TROVATORE”

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he il Fuoco sia passione, coinvolgimento e Vita è nell’animo umano da sempre. La musica sa rendere questo impalpabile ma profondo sentire qualcosa di percepibile, di emozionante come sempre lo è il muoversi della fiamma. Beltane è il Tempo della Vita e della Passione e sulle note di questo vogliamo condurvi in un passaggio ‘fra i fuochi’ e fra le note del Trovatore.

“Il Trovatore” composto da Giuseppe Verdi su libretto di Salvatore Cammarano, è un dramma in quattro atti e otto quadri, ambientato in Spagna al principio del secolo XV. Tratto dalla tragedia “El Trovador” di Antonio Garcìa Gutierrez, racconta una storia intrisa di passioni estreme e selvagge. E' la seconda opera della trilogia popolare verdiana*, collocata tra “Rigoletto” e “Traviata”: nel 1851 il compositore si trova a Parigi per un contratto firmato con il Teatro dell'Opera e lavora a

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distanza con il poeta napoletano Cammarano. Solo nel 1852 il maestro Verdi prende accordi con il Teatro Apollo di Roma per la prima rappresentazione, ma la morte dello scrittore che lascia un libretto parzialmente incompiuto, rallenta ancora il progetto. E' Emanuele Bardare a completare i testi, dopo aver sottoposto il lavoro alla censura pontificia, e finalmente il 19 gennaio 1853 l'opera viene rappresentata con clamoroso successo sostenuto anche dalla presenza di eccezionali cantanti dell'epoca quali Carlo Baucardé, Rosina Penco, Emilia Goggi e Giovanni Guicciardi.

PERSONAGGI e timbro: Il Conte di Luna, giovane gentiluomo aragonese (baritono) Leonora, dama di compagnia della principessa d'Aragona (soprano) Azucena, zingara della Biscaglia (mezzosoprano) Manrico, ufficiale del principe Urgel e presunto figlio di Azucena (tenore) Ferrando, capitano degli armati del Conte di Luna (basso) Ines, amica e confidente di Leonora

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Atto I. - ‘Il duello’. Ferrando narra la storia di un zingara condannata per stregoneria, la cui figlia, per vendicarsi, aveva rapito uno dei due figli del conte e l’aveva bruciato gettandolo in un rogo. Nel giardino del palazzo del Conte di Luna Leonora, narra a Ines il suo amore per uno sconosciuto trovatore che la visita tutte le notti e le dedica appassionate serenate di liuto. Compare il conte di Luna, figlio del conte al quale era stato rapito il bambino; egli è innamorato di Leonora e sfida il rivale in amore, il trovatore, a svelare la propria identità: questi dichiara di essere Manrico e i due si allontanano per battersi in un duello all'ultimo sangue. Atto II. - ‘La gitana’. In Biscaglia alcuni zingari lavorano mentre cantano battendo i martelli sulle incudini. Azucena narra a Manrico, uscito vincitore dal duello contro il Conte al quale ha risparmiato la vita, che una zingara accusata di stregoneria le aveva chiesto di vendicarla. Azucena aveva rapito un bambino, figlio del conte di Luna, ma disperata dall'atto compiuto aveva gettato nel fuoco il proprio figlioletto. Manrico è sorpreso, ma Azucena lo rassicura e gli chiede per quale motivo non ha ucciso il conte alla fine del duello e Manrico non sa dare una risposta: crede che una misteriosa voce dal cielo gli abbia fermato la mano. Azucena gli impone allora di non avere pietà nel caso si ripresentasse l'occasione. Un messo porta la notizia che Leonora, credendo morto il trovatore, sta per prendere il velo e Manrico, senza ascoltare Azucena, si avventa sul conte di Luna che stava organizzando un vile tentativo di rapimento ai danni della fanciulla amata. Atto III. - ‘Il figlio della zingara’.Il conte di Luna assedia Castellor, difesa dalle truppe di Manrico; viene catturata


IL CANTO DELLE MUSE ATTRAVERSO LA STORIA DELLA CREATIVITÀ

di Alessia Mosca Proietti 07/2016. Beltane

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una zingara, riconosciuta da Ferrando come colei che aveva rapito il figlio del conte. Azucena invoca l’aiuto del figlio, il che rende ancor più feroce Luna. Intanto, a Castellor, Manrico e Leonora stanno per sposarsi quando Ruiz li avverte che Azucena sta per essere arsa sul rogo (esecuzione della cabaletta “Di quella Pira”). Manrico, disperato, tenta di salvare la madre. Atto IV. - ‘Il supplizio’. Leonora cerca Manrico nel castello: sa che è stato catturato in battaglia e imprigionato. Ne sente la voce: il trovatore invoca la morte e le invia l’estremo saluto. Leonora tenta di barattare la salvezza di Manrico con il proprio corpo. Manrico e Azucena, in carcere, sono raggiunti da Leonora che annuncia di aver conquistato la libertà per il proprio amato, ma quando Manrico scopre la verità viene colto da un'ira travolgente e allorché Leonora, nell’esortarlo alla fuga, gli confida d’essersi avvelenata, si impietosisce. Il conte trova Leonora in punto di morte e ordina che Manrico sia ucciso. Azucena, morente, rivela ad uno sconcertato Conte di Luna che Manrico era suo fratello, proprio mentre il trovatore viene decapitato. “DI QUELLA PIRA” Manrico (tenore): Di quella pira l'orrendo foco Tutte le fibre m'arse avvampò!... Empi spegnetela, o ch'io tra poco Col sangue vostro la spegnerò... Era già figlio pria d'amarti Non può frenarmi il suo martir. Madre infelice, corro a salvarti, O teco almeno corro a morir! Leonora: Non reggo a colpi tanto funesti... Oh quanto meglio sarìa morir! Ruiz, Coro di armati: All'armi, all'armi! eccone presti A pugnar teco, teco a morir. Questa celebre cabaletta è collocata dopo l'unica aria destinata al personaggio di Manrico nell'intera opera, “Ah

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sì, ben mio coll'essere”. Dopo “L'onda de' suoni mistici”, breve duetto nuziale, arriva improvvisamente Ruiz, il luogotenente di Manrico, con la notizia della cattura di Azucena. Manrico invia Ruiz a raccogliere un drappello di armati, e intona questo famosissimo pezzo: per cabaletta si intende un brano, quasi sempre composto in tempi veloci, che chiude un numero operistico (aria o duetto) ed è formata da una strofa che viene ripetuta due volte. La seconda ripetizione viene abbellita ad libitum dal cantante con variazioni e sfocia in una stretta conclusiva nella quale il compositore impiega sonorità eclatanti volte al suscitare l'applauso del pubblico. In questo caso il breve intervento di Leonora fa da ponte tra le due strofe, mentre l'intervento finale del coro è la stretta conclusiva della cabaletta. E' interessante notare che i due “do di petto” (eseguiti su “o teco” e sulla terza ripetizione di “all'armi” in chiusura) ai quali il pezzo deve la propria celebrità non sono previsti nella partitura originale del maestro Verdi: la nota in esame è decisamente rischiosa in esecuzione, ma rappresenta la capacità più stupefacente del timbro tenorile. Tanto famosa è ormai questa variazione che talvolta la cabaletta viene suonata in tonalità più bassa per evitare al tenore in ruolo i rischi di “stecche” e per rendere felice il pubblico che da più di 100 anni attende con ansia gli acuti in questione, capaci di rendere ancor più brillante questo passo carico di emozioni violente e rabbia incontenibile... come il fuoco! *: gruppo di tre opere con le quali Giuseppe Verdi raggiunse piena maturità artistica e fama internazionale. Dal compositore non erano considerate una vera trilogia, ma l'appellativo postumo divenne di uso comune al fine di rimarcare la rapida successione e il breve tempo (1851-1853) in cui furono composte. L'aggettivo “popolare”, secondo gli storici, può essere relativo sia all'estrazione di basso ceto sociale dei tre protagonisti dei drammi in questione, sia al successo di pubblico che tutte e tre le opere ottennero.

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IL MONDO FATATO

di Duirin (Claudio Bongiorno) Notturna pioggia Ipnotica melodia Lo sguardo perso Sull’oscura sagoma dei monti. Un potente magnete La mia anima attrae Lungo il sottile velo Che impalpabile corre Tra fantasia e realtà. Una pallida mano La mia mano stringe Trasportandomi nell’oltre Ove piè umano non calca. Nel buio una luce Un tenue riflesso Di ciò che silente Offuscato osserva. Scintillanti occhi Tra la folta chioma Di colei che lentamente Alla mia coscienza si svela. E così appare Di fata le sembianze Regina della notte D’immortale fascino. S’apre la porta Del suo regno incantato Ove la bellezza risplende Nell’armonico equilibrio. Tutto è luminoso I colori meravigliosi Riflessi ultraterreni Le cui vibrazioni son melodie. E’ il mondo delle fate Espressione di purezza Laboriose operaie Della celeste impresa Che instancabile va creando L’edificio della terra. Poi ritorno in questo mondo E la pioggia ancor battente Nell’oscuro ancor più buio Ma una mano mi accarezza. Il saluto di colei Che dei miei sogni è custode Ed ancor sento nel cor Il dolce eco della visione Di quell’altra realtà Che nel silenzio si dispiega. 22

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EISTEDDFOD

IL BARDO di Rudi Toffetti

Il Bardo sa Il Bardo sa Il Bardo sa che nella sua gola risiede la Dea dai tre volti Seduta su un trono di nera lava Il Bardo ha conosciuto il tremore della rinascita Nella sua fronte splendono le sette sorelle e una luna crescente Proprio quando si leva il Padre fanciullo Proprio quando la vecchia affila le ossa Il Bardo sa che nella sua nuca risuona Taranis Quando scoperchia e scuote montagne Quando Karantez inonda il suo cuore Il Bardo sa che il suo canto è puro potere I suoi versi scettri tra le nuvole Un liquido magma che dissolve paure Il Bardo sa che il suo canto vive in eterno Nel vero Si prosciugheranno i mari, svaniranno città E migliaia e migliaia di respiri passeranno e torneranno dinnanzi ai Saggi dormienti Ma il potere del suo canto prospererà nel tempo Come immortale fiore di compassione Innalzato alla vita Il Bardo sa Che nel vento e nell’acqua il suo canto si espanderà scorrerà, tracimerà Lo temano i re privi di vergogna lo temano gli iniziati a cui tutto è dovuto lo tema chiunque non lo onora il Bardo sa che il suo canto è la preghiera più dolce il comando più forte la spada di collera lo specchio di carne lo scudo di pietra il Bardo sa e offre ancora una volta il suo canto ai piedi del Nwyfre /|\ 07/2016.Beltane

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A VOLTE UN DIO SELVAGGIO Sometimes a Wild God by Tom Hirons Da: http://www.philipcarr-gomm.com/sometimes-a-wild-god un brano carico di Forza ed Energia maschile, una sferzata di voglia di vivere molto vicino al senso ‘ selvaggio’ del Tempo di Beltane:

A volte un dio selvaggio arriva a tavola E 'un tipo scomodo e non conosce le buone maniere per usare la porcellana, la forchetta e la senape e l’argento. La sua voce rende vino l'aceto. Quando il dio selvaggio arriva alla porta, tu probabilmente ne avrai paura. Lui ti ricorda qualcosa di oscuro Che potresti avere sognato, o il segreto che non si desidera condividere. Egli non suona il campanello; Invece raschia con le dita la porta lasciando il sangue sulla vernice, Intanto però le primule crescono in cerchi intorno ai suoi piedi.

Il dio selvaggio si trova nella tua cucina. L’edera avvolge la tua credenza Il Vischio è finito nei paralumi e scriccioli hanno cominciato a cantare una vecchia canzone nella bocca del tuo bollitore. 'Non ho molto,' gli dici E gli dai il tuo cibo peggiore. Egli si siede al tavolo, sanguinante. Tossisce volpi. Ci sono lontre nei suoi occhi. Quando tua moglie ti chiama, chiudi la porta e dille che va tutto bene. Tu non lascerai che ella veda lo strano ospite al vostro tavolo.

Tu non vuoi farlo entrare. sei molto impegnato. È tardi, o presto, e oltre ... Non puoi guardarlo dritto in faccia perché lui ti fa venire voglia di piangere.

Il dio selvaggio chiede whisky e si versa un bicchiere per sé, poi un bicchiere per te. Tre serpenti stanno cominciando a fare il nido nella tua casella vocale.Tossisci.

Il cane abbaia. Il dio selvaggio sorride, gli tende la mano. Il cane lecca le sue ferite e lo guida dentro la tua casa.

Oh, spazio illimitato. Oh, eterno mistero. Oh, infiniti cicli di morte e di nascita. Oh, miracolo della vita. Oh, la danza meravigliosa del tutto.

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EISTEDDFOD Tossisci ancora una volta, Sputi serpenti e Acqua, giù il whisky, Ti chiedi come mai sei così vecchio E dove è andata la tua passione. Il dio selvaggio raggiunge un sacchetto, fatto di talpe e pelle di usignolo. Tira fuori una pipa, alza un sopracciglio e tutti gli uccelli cominciano a cantare. La volpe salta nei tuoi occhi. lontre precipitano dal buio. I serpenti attraversano il tuo corpo. Gli ululati del tuo cane raggiungono il piano di sopra: tua moglie esulta e piange in una sola volta. Il dio selvaggio balla con il vostro cane. Tu balli con i passeri. Un cervo bianco tira su uno sgabello e soffia inni di incantesimi. Un pellicano salta da una sedia all'altra. In lontananza, i guerrieri si riversano dalle loro tombe. L’oro antico cresce come l'erba dei campi. Tutti sognano le parole di canzoni a lungo dimenticate. L’eco delle colline e l'anello di pietre grigie Con risate e follia e dolore. Nel mezzo della danza, La casa decolla da terra. Nubi salgono attraverso le finestre; il fulmine martella i pugni sul tavolo. La luna si appoggia attraverso la finestra.

Il dio selvaggio punta al vostro fianco. Stai sanguinando pesantemente. Sei stato sanguinante per un lungo periodo di tempo, Forse da quando sei nato. C'è un orso nella ferita. 'Perché mi hai lasciato a morire?' Chiede il dio selvaggio e dici: 'Io ero occupato a sopravvivere. I negozi erano tutti chiusi; Non sapevo come. Mi dispiace.' Ascoltali: La volpe nel tuo collo e I serpenti tra le tue braccia e Lo scricciolo e il passero e il cervo ... Le grandi bestie non-nominabili Nel fegato e nei reni e il cuore ... Vi è una sinfonia di ululati. Una cacofonia di dissenso. Il dio selvaggio annuisce e ti svegli sul pavimento in possesso di un coltello, una bottiglia e una manciata di pelliccia nera. Il vostro cane è addormentato sul tavolo. Tua moglie si muove,lontano al piano di sopra. Le tue guance sono bagnate di lacrime; La tua bocca fa male per il troppo ridere o gridare. Un orso nero è seduto accanto al fuoco. A volte un dio selvaggio arriva al tavolo. E ' un essere scomodo e non conosce le buone maniere per usare la porcellana, la forchetta e la senape e l’argento. La sua voce rende aceto di vino E porta i morti alla Vita. 07/2016. Beltane

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IN CUCINA COL DRUIDO Di Elisa Zanotto, Naturopata e Cuoca Vegana L’arrivo della bella stagione rende diversi, è un dato di fatto. Ci si sente più assonnati i primi tempi, quasi come al mattino…In effetti se ci pensiamo la primavera e le prima giornate di caldo estive nel mese di maggio, sono come le nostre mattine, ci si risveglia, ed il risveglio può risultare difficile. I giorni si allungano sempre di più, la luce solare aumenta e a parte i primi giorni di Primavera in cui questa differenza di luce ci può lasciare un po’ intorpiditi, quasi depressi, poi tutto prende una carica diversa. Perché l’estate ci carica? Perché il calore e la luce aiutano l’essere umano a vivere la sua parte più Fuoco. In questo periodo dell’anno siamo in piena primavera e ci stiamo avvicinando all’estate. Le due stagioni del calore, dell’espansione, la gioia per l’estate rende più felici, più solari come dice il termine! La primavera è la stagione degli inizi, tutto ciò che per mesi era rimasto “ fermo” ora comincia a muoversi, a germogliare. La calma apparente dell’inverno ci ricarica, il riposo ci permette di rinascere, di trasformare, di ricominciare. E come ogni ciclo che si rispetti, in Primavera tutto comincia con grande dinamismo, organizzazione ed energia. Non so se ci avete mai fatto caso, ma in primavera è più facile prendere iniziative, sentiamo di certo il movimento della natura, un movimento propulsivo, vivace, energico, e di conseguenza, essendo collegati ogni secondo al flusso di ciò che abbiamo intorno, ci comportiamo di conseguenza. Siamo in grado in questo periodo di fare più progetti, o perlomeno ci vengono più semplici che se fatti nel periodo autunnale o invernale. In medicina cinese la stagione della primavera è collegata all’elemento Legno, è il primo elemento del ciclo di cinque, e sono gli elementi che regolano costantemente la nostra vita, le nostre giornate, i nostri momenti. “Gli alberi sono simboli di crescita, crescono verso l’alto, fanno rami e fioriscono. Anche se fermamente radicati a terra, sono elastici e s’inclinano a seconda del vento; sono forti e flessibili. I rami non si rompono facilmente, solo quando sono secchi o subiscono una pressione eccessiva. Si muovono come noi ci muoviamo di fronte agli scossoni della vita, se non fossero flessibili si romperebbero facilmente proprio come potrebbe capitare a noi se abbiamo una scarsa capacità di adattamento. Gli alberi sono indipendenti uno dall’altro, ma in un ambiente naturale, specie diverse vivono in armonia. Gli alberi hanno bisogno della terra come base e nutrimento. Oltre naturalmente all’acqua. Gli alberi possono essere distrutti dal fuoco, specialmente se diventano troppo secchi. L’albero come simbolo di vita. La persona dovrebbe essere come un albero, capace di avere radici profonde che danno stabilità, ma allo stesso tempo capace di ergersi in alto verso il cielo con i rami, flessibile ed elastici, e capace di fiorire e lasciare che i propri fiori e foglie possano andarsene quando è il loro momento”. In natura quindi in primavera vediamo la salita dell’energia, il verde prende spazio e di certo questo è il colore ad essa collegato. Nella vita dell’uomo possiamo dire che la primavera è collegata alle fasi iniziali nella vita, alla nascita, ma anche alla nascita come dicevo prima di progetti nuovi che in questo periodo troveranno maggiore spunto per essere portati avanti. Il dinamismo è collegato a questo elemento, il potere personale e l’organizzazione della propria vita. Come ogni elemento anche l’elemento Legno ha un’emozione che lo rappresenta maggiormente è questa è la

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rabbia. Ognuno di noi avrà delle caratteristiche dalla nascita che lo rappresentano, potremmo essere più solari e quindi saremo persone Fuoco , ma potremmo anche essere persone più leader, veloci, dinamici, scattosi, e quindi saremo più Legno. Se l’energia è in equilibrio sono persone organizzate, controllate, tranquille, buone, puntuali, ma se è in squilibrio saranno impazienti, irascibili, rigidi. In questo periodo primaverile l’organo che ha maggiore energia e che va sostenuto e curato in particolare modo è il fegato, con il suo viscere di conseguenza la coleciste. I tipi cosiddetti “fegatosi” potranno avere qualche problema al fegato, o per una questione di cattiva alimentazione perché spesso tendono ad abusi, o per rabbia troppo espressa, ma anche troppo poco espressa. Dare spazio alle nostre emozioni in maniera equilibrata è il primo modo per permettere che i nostri organi siano equilibrati e funzionino perfettamente perché anche loro, come noi, hanno un carattere, e questo carattere va rispettato. In primavera è importante sostenere anche l’organo di senso dell’elemento legno che è l’occhio, quindi ben venga fare passeggiate all’aria aperta, osservare con occhi alterni il sole per fare entrare la luce curativa senza l’utilizzo di occhiali da sole, osservare il colore verde degli alberi e della natura intorno a noi perché attraverso l’occhio il mio fegato si nutre della sua energia, e attraverso la vista del colore verde si placa, si rilassa. Come dicevamo prima però, maggio è un mese a cavallo perché ci stiamo avvicinando anche all’estate. La temperatura si alza, si comincia a sudare e a pulire maggiormente il nostro corpo da tutte le impurità accumulate durante la stagione invernale. Se all’inizio della primavera abbiamo sostenuto il fegato nella sua pulizia attraverso l’utilizzo di cibi acidi come il limone, o verdure che crescono verso l’alto come l’acetosella, il porro, ma anche erbe selvatiche come il tarassaco, la bardana, in estate ci troviamo a dover raffreddare e contenere questa energia in continua espansione. In questo periodo la carne andrebbe bandita, i salumi pure. Questo perché sono cibi che vanno a surriscaldare enormemente il nostro organismo e nella stagione estiva sarebbe un bel controsenso non trovate? Invece ci si trova in estate in compagnia per fare delle belle grigliate di carne, specie di maiale…La grigliata tra l’altro è una cottura molto violenta, potente, che riscalda molto, e quindi anche l’energia della carne che già è molto yang viene esasperata in una stagione in cui dovremmo prediligere cotture leggere e cibi freschi. Ma si sa, siamo un gran controsenso, ed andiamo accompagnati per mano alla riscoperta di noi stessi e delle giuste regole per vivere bene. L’estate quindi. Il caldo, il mare, il sole, le zanzare, le giornate lunghissime che permettono di fare tantissime cose! Che energia avremo qua? Sicuramente in esplosione, avremo grande estroversione, passione, saremo anche più gioiosi, sereni. L’elemento collegato all’estate è il Fuoco. Ci sono persone molto focose, quelle che sono sempre estroverse, amicone, piacione, chiacchierone, socievoli, che fanno gruppo, che legano molte persone insieme, gioiose, energetiche, passionali, hanno carisma, vestono sgargianti, si fanno notare insomma. Ad una festa la persona al centro dell’attenzione sarà sicuramente un Fuoco. Come il fuoco però saranno persone che perdono facilmente il loro entusiamo proprio perché il fuoco ha la vampata, ma poi facilmente si muove, si spegne….E se ne accende un altro, e ricominciano le passioni! Si, il tipo fuoco è un pochettino


inaffidabile, è la persona che si innamora immediatamente ma alla stessa velocità si disinnamora, delle persone, delle cose, dei progetti…. L’immagine del fuoco è quella del sole che brucia sapendo che si consumerà. Il sole deve bruciare e il fuoco deve dare. Ma perché il fuoco bruci ci vuole il combustibile, le altre persone. L’energia fuoco comunque deve essere espressa, non è un’energia introspettiva. Un’altra delle caratteristiche principali del fuoco é la capacità di comunicazione. Se l’energia fuoco non è in equilibrio la persona tende ad essere in eccitazione costante, ride e parla sempre, anche a sproposito, parla spesso dei propri difetti o si auto commisera, diventano tutti modi per attirare l’attenzione. E’ una persona emotiva, caricata, esagerata. Potrebbe essere una persona brillante in compagnia ma che si spegne quando è da sola. In estate l’organo protagonista è il cuore! Il nostro cuoricino, sempre un po’ trasandato, quanta poca importanza ai sentimenti, alle emozioni, all’ascolto….Spesso potremo soffrire di ansia, o di tacchicardia per questo. Esprimere se stessi è il primo passo per far star bene il nostro cuore, esprimere la nostra affettività, avere il coraggio di amare, di dire “ti voglio bene”, abbracciare, accarezzare, sono balsami per il nostro organo Imperatore. Il viscere collegato è l’intestino tenue. Esso elabora gli alimenti e assorbe solo ciò che ci è utile, vagliando bene. Il suo carattere è legato all’assorbimento, anche delle idee e delle emozioni: le problematiche all’intestino tenue possono essere collegate anche alla nostra incapacità di fare nostre le situazioni che la vita ci propone. Esso assorbe solo ciò che sente sia buono per noi, a livello fisico o emozionale , e lo trasmette al cuore, e da qua alla testa. Ma se l’intestino è sempre obbligato a rielaborare alimenti tossici o emozioni negative non ci rimane nulla per nutrirci veramente. Ecco che l’intestino tenue può cominciare a diventare intollerante ( per es. con la celiachia) e non riusciamo più ad assorbire. Se il cuore riceve solo emozioni negative si agita ed avremo tachicardie, aumenterà la pressione ed avremo ipertensione.

CROSTATINE DI COUS COUS

Far bollire il succo di mela, aggiungere poi per la cottura il cous cous aggiungendo un pizzico di sale per due minuti. Spegnere e lasciare riposare per una decina di minuti. Prendete delle formine per piccole crostate, mettete la carta forno bagnata, e in ciascuna mettete del cous cous schiacciandolo e sistemandolo, Ingredienti creando anche il bordo più alto. Mettere Per 8 crostatine: in forno per 15 minuti a 180°. Nel frattempo prepariamo la crema fredda 110 gr di cous cous di yogurt mettendo lo yogurt in una integrale di grano tazza con il cucchiaio di malto e la 230 ml di succo di mela buccia tritata del limone. Quando le crostatine saranno pronte e raffreddate, 180 gr di yogurt di soia aggiungiamo la crema di yogurt. al naturale Prendiamo i frutti rossi e li mettiamo in 1 cucchiaio di malto di una padellina con il succo di mezzo riso limone e 1 cucchiaio di mascobado ( 2 manciate di mandorle zucchero integrale), e li lasciamo un po’ a lamelle cuocere. frutti rossi a scelta fragole, lamponi, ribes, mirtilli rossi 1 limone bio

Quando saranno pronti li metteremo sopra le nostre crostatine, aggiungendo sopra delle lamelle di mandorle prima tostate in padella. Il fresco della crema di yogurt contrasterà col tepore dei frutti rossi ( nel mio caso, ho utilizzato delle fragole).

A livello fisico il sapore collegato al Fuoco è l’amaro, ottime quindi tutte le erbe amare, ma anche il caffè d’orzo, il pane tostato, tutto ciò che toglie umidità in eccesso. È importante per la salute del cuore, in estate non eccedere anche con i cereali ricchi di glutine, e quindi prediligere il miglio ( anche se comunque ha più capacità di riscaldare, ma è ricco di Sali minerali ed in estate ne abbiamo bisogno), il riso, la quinoa, ma soprattutto il mais. Dei cereali con il glutine che hanno capacità di raffreddare abbiamo il grano, ma soprattutto l’orzo. Gli alimenti rossi aiutano molto l’energia del cuore, quindi bene a pomodori e peperoni che in stagione son perfetti per il cuore. Non vanno bene invece fuori stagione perché più ricchi di solanina, sostanza dannosa per il fegato. Bene l’anguria, le fragole, ma anche tutti i frutti rossi, ma anche tutte le verdure fresche a foglia larga. Questa volta essendo maggio, vorrei realizzare e lasciarvi una ricetta dolce, che assembli i sapori di entrambe le stagioni, utilizzando i cereali, ma anche lo yogurt di soia che ha natura rinfrescante, il limone depurativo e di sapore acido ottimo per il fegato, e i frutti rossi, ottimi per il cuore. La prepariamo con un fondo di cous cous, e la crema sarà a base di yogurt naturale di soia, al quale aggiungeremo una composta di frutti rossi. Pronti?

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di Markus Juniper

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LE SCOPE

DELLE STREGHE MITOLOGIA E SCIENZA

D’

urante le nostre camminate nei boschi e in aperta campagna possiamo osservare uno strano fenomeno nelle chiome dei alberi. Da lontano sembra un grande nido, forse di un rapace o una cornacchia. Da più vicino vediamo che sono cresciuti tanti ramoscelli sottili da un punto di un ramo forte. Spesso questi rametti sono ancora vivi e possono avere delle foglie piccole o nel caso del pino degli aghi. Possiamo trovare questo accumulo di ramoscelli su alberi come betulla, quercia, olmo, frassino, faggio, ontano, pino, larice e abete. Poi anche su cespugli di ginepro, rosa o sull'agrifoglio. La betulla è l'albero piu colpito

dalle 'scope', che in alcuni casi dominano quelli la chioma totalmente. Nella mia zona ho trovato 'scope' sull' olmo e sul faggio. Nelle leggende e nelle storie in Europa centrale e anche nel Nord si spiegava questa anomalia in un modo che ha lasciato fino ad oggi traccia nel suo nome: scopa delle streghe o cespuglio di Thor (witch's broom, Donnerbusch): Le streghe, che si incontravano nella notte di Beltane per ballare, avrebbero lasciato appese negli alberi le loro scope, mentre una altra interpretazione dice che le streghe avrebbero fatto crescere le loro scope in questi alberi.

Il volo delle streghe sulle scope era possibile (secondo le leggende) perché mettevano sul loro manico la famosa pomata di erbe allucinogene. Mettendo la scopa tra le gambe andava in contatto con della pelle sensibile e poteva provocare il “volo”. Il nome cespuglio di Thor deriva invece dalla credenza che quando Thor si arrabbiava mandava fulmini sferici giù nel bosco e provocava questa crescita anomala negli alberi. Oggi la scienza ha trovato che le origini di questo fenomeno sono diverse. A seconda del tipo di albero le cause possono essere: funghi microscopici (Ascomycota) sulle betulle e varie altri specie di alberi, batteri (frassino e robinia) e virus (larice) ma anche mutazioni

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nelle gemme (pino e abete). Queste mutazioni vengono usate anche nel giardinaggio, le talee o rami innestati di queste 'scope' dei pini e abeti crescono lentamente e rimangono piccoli. Gli abetini a palla o cono che troviamo nei vivai derivano da queste mutazioni.

Queste cose che ci sembrano magiche e strane rivelano il grande potere della natura: creare degi spazi speciali per tantissime specie diverse, dai microrganismi agli insetti fino ai mammiferi sviluppati.

Per gli uccelli questi posti con i rami densi sono un ottimo quartiere per i loro nidi, specialmente fringuelli e tordi, ma anche colombacci e l'oriolo usano le 'scope' per costruirci le loro case. Questa deformazione è importante anche per alcune farfalle 'specializzate': le loro larve si sviluppano solo li. Gli scoiattoli le usano per i loro nidi invernali. 30

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la madIA dell’ ovate Pensieri e riflessioni, per stili di vita piÚ sani e consapevoli. Nuovi e antichi strumenti per il benessere, da usare con buonsenso e quando serve. Una vera dispensa di nutrimenti per il profondo.

di Ilaria Pege 32

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CIBO RITUALE: PRIMA DOPO E QUANDO

A

bbiamo consumato ogni sorta di cibo durante i rituali, ed ogni tradizione spirituale ha collaborato alla costruzione di questa nuova identità flessibile, che è il sentiero druidico. Ho innalzato corni potori colmi di Idromele, al termine di un Matrimonio Celtico ed ascoltato nuovi amici raccontarmi delle specialità della loro terra, prima di farmi assaggiare il sapore di un cibo, che non era più un semplice nutrimento, ma diventava esperienza materiale di una persona e della sua storia. Il cibo, è diventato sacro, ma è anche molte altre cose. I rituali devono essere necessariamente associati ad un atto di radicamento, in cui i sensi segnano la porta del ritorno al tempo ordinario. I banchetti rituali nella storia sono il segno dell'intima relazione tra divino e umanità. Mangiare dei propri Dei, o semplicemente con i propri Dei, segna l'atto che consacra l'umano al divino. Questo fatto suscita grande emozione, a volte anche sensazioni negative, che migrano tra il senso di colpa, la paura e la sfida competitiva alla conquista di un potere percepito grande, ma dai risvolti molto diversi, rispetto a quello che le menti comuni intendono. Il cibo degli Dei è di fatto il cibo degli uomini e ci spetta, semplicemente per il fatto che esistiamo. Un Eden di possibilità che oggi come ieri, non vediamo. Anni fa, ad una cerimonia dell'Equinozio di Primavera, organizzata da me e dai soliti creativi, parteciparono un gruppo di Americani della base di Vicenza, una ragazza dolcissima di nome Arlene, portò dei biscotti molto belli, con un trifoglio verde al centro. Erano la cosa più chimica e surreale che io avessi mai visto, dal gusto

surrogato di burro e nocciole. Ma erano anche il più bel cibo rituale che io avessi mai visto, a tema, colorato, pieno di spirito ed all'allegria, come la festa che stavamo celebrando. Da allora iniziai a pensare che anche io volevo partecipare di quella allegria, perché per me che ero figlia di una casata popolosa, il motto dell' "AGGIUNGI UN POSTO A TAVOLA, CHE C'È UN AMICO IN PIÙ ", non era più sufficiente. Oggi, da allora sono passati una decina d'anni ed ho sperimentato molti cibi rituali, dalle zuppe mistiche ai digiuni ed ho fatto scoperte davvero interessanti. Eccovene alcune. -Un rituale può cominciare ben prima della festa e proprio con il cibo. Prepararsi almeno tre settimane prima con una ricerca di cibi sani e

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semplici che alzano il nostro vitalismo e che ci fanno "star bene", sia per qualità che per quantità, rende il passaggio stagionale fortissimo, cambia la nostra percezione e ci nutre ad un livello che non è più solo fisico.

marito fa un pane strepitoso e dalla sua famiglia arrivano sempre cibi speciali che sanno di Casa. Non dimentichiamo però il cibo per gli spiriti del luogo, che non sono solo gnomi e fate, ma soprattutto, uccelli, insetti e piccoli o grandi mammiferi. Io mi porto spesso un sacchettino di semi misti, da lasciare sulle pietre più alte, ma anche mele e frutta che adornano l'altare e vengono condivisi tra tutti, e dico proprio tutti i presenti.

La responsabilità di un banchetto ad impatto ecologico ridotto. Rituale a stomaco vuoto e a mente leggera: da provare.

Le ore che precedono la cerimonia sono sempre indaffarate, cose da prendere, persone che si perdono, un po' di ansia ed emozione.É pur sempre una festa in cui rivedere vecchi amici e riallacciare relazioni. Ho imparato a dedicare il giusto spazio a tutte queste cose e se riesco, dal tramonto del giorno precedente, rallento volontariamente il ritmo delle cose da fare, soddisfo la fame con leggerezza, un tè con il miele e pane integrale a colazione è un ottimo sostegno. Rimangono abbastanza energie al mio corpo, per fare tutto e per non perdere la testa. È un'esperienza che consiglio, anche per il sapore meraviglioso che avranno i cibi dopo il rituale!

Preparo un cibo speciale da condividere con tutti, visibili e invisibili.

Vale la pena di provare a cimentarsi ai fornelli con una vecchia ricetta di famiglia, il valore esperienziale che trasmette, è il vero banchetto per e con gli Dei. Ma per fare un cibo simile serve del tempo, ho deciso di smettere di cucinare per forza, organizzare cerimonia e banchetto è spesso molto impegnativo ed ho imparato a demandare. Mio 34

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Ci sono almeno 8 occasioni all'anno per farsi questa domanda: essere pagani obbliga all'ecologia? Per me la risposta è sì, quando ecologia significa uso intelligente delle risorse. Se per comprare piatti, posate e bicchieri biodegradabili, devo girare la città in macchina e pagarli uno sproposito o addirittura non trovarli, allora non sto facendo una scelta ecologica. In alcuni rituali, anche all'aperto abbiamo chiesto ai partecipanti di portarsi da casa le stoviglie, in modo da poterle rilavare e riutilizzare. È importante anche fare nostro il concetto che la spazzatura che troviamo in natura, anche se lasciata da altri, ci appartiene, come rappresentanti sul luogo del genere umano. È buona abitudine girare per boschi con qualche sacchetto di plastica nello zaino, è bellissima la sensazione di voltarsi indietro, e ritrovare il volto pulito della Terra, quello che ognuno vorrebbe incontrare.


TRIADI Cos’é per te il druidismo?

*** Studiare per conoscere Praticare per Capire Trasmettere per Preservare Alessandro Topi

*** Druidry is a way of illuminating the darkness: its three candles are truth, nature and knowledge. Caitlín Matthews

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LE NOSTRE TRIADI a cura della Redazione de “Il Calderone”

Cos’é per te il druidismo?

Una delle tante belle ‘cose’ del Sentiero Druidico è la sua splendente soggettività e per questo, dall’inizio de “Il Calderone”, abbiamo lasciato questo spazio per la nostra TRIADE, che è una risposta alla semplice domanda: Che cosa è per te il Druidismo? Domanda che abbiamo rivolto a chi reputavamo potesse darci risposte interessanti e creative, spesso motivo di personale approfondimento. Anche Touchstone, il magazine ufficiale dell’OBOD inglese, due numeri fa, ha seguito questa nostra idea e ci ha gentilmente citati all’apertura di una rubrica che ospita le svariate TRIADI che i suoi lettori hanno voglia e piacere di inviare. Ci piacerebbe fare altrettanto e chiedere anche qui , in Italia, un piccolo pensiero sul ‘come’ciascuno di noi senta questa Via che ci accomuna. Se volete inviarci le vostre TRIADI potete scrivere al solito indirizzo: ilcalderoneredazione@gmail.com In questo numero abbiamo ritenuto giusto dedicare un po’ di spazio anche alle TRIADI della Redazione del Calderone che crea, sempre con tanto entusiasmo ed impegno e con la magia della collaborazione, questo nostro magazine OBOD italiano!

Daniela Ferraro Pozzer

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COMPRENSIONE DEL FLUIRE DEL TEMPO ACCETTAZIONE DI SE' RICERCA DI UN COSTANTE MIGLIORAMENTO Alessia Mosca Proietti

Tre gli orizzonti che gli occhi di un Druido non si stancano mai di ammirare: Il sogno del poeta La veggenza del guaritore La visione del falco dalla cima più alta raggiunta alla fine di un cammino molto amato Monica Zunica

Radici di antica saggezza, linfa dei giorni presenti, fiorire di nuova felicità. Laura Villa 07/2016. Beltane

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NOTIZIARIO DEL

BOSCO articoli dai nostri collaboratori

IL SISTEMA DEI TUTOR OBOD di Paolo Veneziani Un caro saluto a tutti voi, cari Obodies e simpatizzanti, per prima cosa desidero ringraziare la redazione per l' opportunità e lo spazio che gentilmente mi ha concesso nel quale tenterò, mio malgrado, di spiegare per sommi capi, come funziona il sistema di mentoring del nostro Ordine. L' Obod Inglese è stata la prima realtà ad offrire tale forma di supporto esterno, messo a disposizione dei suoi aderenti. Noi tutti, dovremmo essere fieri di come, il sistema di tutoraggio, sia diventato una realtà inclusiva che coinvolge un gran numero di persone che, con abnegazione e "Spirito di Servizio," mettono a disposizione parte del loro tempo per accompagnare il tutee durante il percorso offerto dai vari Gradi. In Italia, la realtà che attualmente si sta delineando prende sempre più forma dalla struttura originale, ideata e voluta dall' Inghilterra. Questo importante aspetto ci porta, di fatto, ad avere più responsabili o referenti per ogni aspetto organizzativo e pratico legato alla struttura dell' Ordine. Troveremo quindi un responsabile per la rivista ufficiale dell' OBOD in lingua italiana, il distributore del corso, alcuni Workshop leader e Celebranti e un co-ordinatore del sistema di tutoraggio. Queste realtà, indipendenti tra loro, sono di fatto un estensione dell'ufficio centrale dell' OBOD inglese e singolarmente rispondono e dipendono da quest'ultimo. Questa struttura organizzativa ci permette, di fatto, una piena indipendenza individuale ma ci garantisce, nel 38

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contempo, la favolosa possibilità di attingere a quel serbatoio esperienziale fornito dall'OBOD inglese. Ma veniamo al punto focale di questo mio breve intervento. Io mi occupo del coordinamento del sistema di tutoraggio in Italia. Da quando ho assunto tale ruolo, mi sono immediatamente reso conto della confusione che alcuni provano verso il tutor e il ruolo che esso ricopre. Innanzitutto ci tengo moltissimo a precisare che l' OBOD non prevede mai, in nessun caso, una figura di riferimento quale potrebbe essere, per fare solo un esempio, un guru o un maestro, intesi nell' eccezione che generalmente siamo abituati a dare a questi due termini. Il Tutor o Mentor dovrebbe essere identificato come un compagno che, avendo già percorso la strada intrapresa dal tutee, può consigliarlo, percorrere un pezzo di sentiero assieme, ascoltarlo o anche solo affiancarlo. Questo è possibile grazie all' esperienza maturata negli anni ma anche e soprattutto a causa del fatto che, come dicevo poco sopra, esso ha già camminato quello stesso sentiero prima di noi. Condividere le proprie esperienze con un Tutor arricchisce, a mio parere, sia il mentor che il tutee, permettendo ad entrambi di sentirsi parte integrante delle energie e delle risorse alla quali è possibile attingere entrando a far parte del nostro Ordine. Quando, anni fa, ho cominciato il mio percorso nell' OBOD ho richiesto sin da subito, sin dall' inizio del grado Bardico, l' affiancamento ad un Tutor e, devo sinceramente dire, che questa scelta si è rivelata, almeno per me, la più azzeccata per una comprensione più profonda del cammino druidico che mi apprestavo a percorrere. Un altro dato importante, a mio modesto avviso, è fornito dalla possibilità, anzi dalla chiara regola che, ad ogni grado avremo un tutor diverso. Questo dato di fatto, all' apparenza così semplice, ci permetterà di "assaporare" al meglio i vari e diversi approcci legati alle esperienze personali dei tutor assegnati che comunque, a prescindere da questo, resteranno sempre in linea con i principi promossi dall'Ordine. Una frase che mi fa sempre molto ridere, ripetuta con molta frequenza in Inghilterra è:


" Sette Druidi, sette modi di pensare diversi" Questa realtà, ormai ampiamente appurata, ci può dare l'idea di quanto sia stimolante, per la nostra crescita spirituale, poter approcciarci ai diversi modi di vivere il druidismo quale realtà attiva, energeticamente dinamica e soprattutto vitale e usufruibile nella nostra quotidianità. Termino dicendo che, chiunque si iscrive al corso dell' OBOD può, in qualsiasi momento, richiedere l' affiancamento di un tutor favorendo di fatto, un occasione che alimenta e nutre la crescita personale di entrambi. Richiedere un tutor è assai semplice, basterà inviare una mail a: mentors.it@druidry.org nel giro di pochi giorni vi sarà assegnato un tutor con il quale, da quel momento in poi, potrete confrontarvi sui vari temi e sugli argomenti che via via troverete sui Gwersu. Un ultima cosa, per nulla scontata. Molti di noi soffrono della famigerata sindrome conosciuta con il nome di "ansia da esame." A questo proposito tengo a sottolineare che un tutor non è un professore ne tantomeno vi sottoporrà a test vari. Come già scritto, il tutor è semplicemente un compagno di viaggio che, assieme a voi, costruirà un percorso di consapevolezza rispettoso delle esigenze di entrambi ma soprattutto sarà un fidato alleato con il quale potrete confrontarvi e condividere le vostre esperienze. In molti mi chiedono: " quando è meglio richiedere un tutor"? La mia risposta è sempre la stessa: "Se non ora, quando? Fallo subito, questa è la scelta migliore". Vi ringrazio per l' attenzione e auguro a voi tutti un felice e luminoso tempo di Beltane Vostro nella magica fiamma della condivisione che arde nel centro della Radura Sacra Bran Paolo Veneziani /|\ - Per informazioni e richieste che riguardino il sistema di tutoraggio: email - mentors.it@druidry.org ( referente Paolo Veneziani)

LA GIOIA DI VIVERE di Margherita Tocci Beltane...tempo di energia piena di vita e di amore. Si celebra la fertilità e l'unione. E' il momento di nuovi propositi e nuove speranze. E' l'unione fra il Dio Sole e la Madre Terra. Il sole ci dona ormai i suoi caldi raggi sprigionati dall'energia e dalla forza emanata dalla Sacra Unione. La Natura è in piena esplosione e presto ci donerà i suoi frutti, la fanciulla si trasformerà in donna e partorirà il frutto dell'accoppiamento ancestrale. In questo ciclo dell'anno tutto torna a nuova vita a nuovo splendore e anche per noi può essere tempo per rifiorire, di essere germogli che si aprono alla luce di nuove strade da percorrere, al rinascere della nostra anima che apre gli occhi alla magia del creato che ci circonda. Sporchiamoci le mani fra le zolle della Terra, piantando fiori nei nostri giardini, ascoltiamo il fruscio del vento fra le giovani foglie che sembra cantino la loro felicità. I tronchi della betulla, sono bianco candido dopo aver perso la pelle invernale, il suo profumo è inebriante e con il biancospino, pervadono ogni senso, e la Dea è in ogni respiro. Il mattino permea l’aria di mille profumi e mille sfumature. I fiori occhieggiano bagnati di dolce rugiada. L'erba umida, morbida e vellutata...è un tappeto sensuale sotto le piante nude dei piedi...una sensazione rassicurante, il contatto con la Natura!!! Si sente la vita che fluisce dalla Terra alle tue viscere, il ritorno alla Madre, che ti accarezza con le sue tenere mani. Beltane è la celebrazione della vegetazione l'inizio della bella stagione, tutto è un fermento. La forza della Natura è inarrestabile. Una ragazzina indomabile che attende il suo amore, nella sacra notte. Perché l'amore è parte della sacralità della vita, ne è la continuazione, è il frutto della passione tra un uomo e una donna...tra Dea e Dio, e la passione cresce come il fiore delle gemme sugli alberi per poi esplodere incontrollabile. Balliamo, cantiamo e viviamo questa festa e questo periodo dell'anno, nella più sfrenata allegria e gioia di vivere, facciamo il pieno d'amore, serenità e altruismo. Viviamo la Natura...e con la Natura il più possibile, per ritemprare il corpo e la mente dopo il periodo buio dell'inverno.

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Un frammento di Beltane nei ‘cardini’ delle porte romane Nella mitologia romana, Cardea era la dea della salute, delle soglie e cardini della porta e delle maniglie, associata anche al vento. Il nome deriva da cardo (cardine). Ella proteggeva i bambini, dalle Striges, (latine come le Arpie e le Lamie elleniche) ed era anche la benefattrice degli artigiani. Il suo culto era importante nell'antica Roma, ed era venerata alla festa di Beltane e in Giugno, considerati i metaforici cardini dell'anno, quando ‘Tutto’ realmente ricominciava: la gigantesca porta dell’estate! “Cardea, al contempo, rappresentava anche il cardine della vita e della salute Anticamente venne considerata moglie di Ianus Bifrons (Giano bifronte) la maggiore divinità predisposta al movimento ed al cambiamento, colui il quale permetteva il transito e l’ostacolo. Ianus presiedeva tutti i transiti e gli oltrepassamenti e di conseguenza anche le soglie, avessero queste valenza materiale e immateriale, le porte (che solo in caso di guerra rimanevano spalancate nei suoi santuari), i passaggi coperti e quelli sovrastati da un arco, ma sovraintendeva anche l’inizio di una nuova impresa inerente la vita umana, col tempo storico – mitico e religioso della civiltà a cui apparteneva.” ( da http://www.fondazioneterradotranto.it/) Il Maschile ed il Femminile presiedono al passaggio. Per onorare Cardea nel tempo di Beltane, maschere, palline e figurine erano appese allora agli usci o agli alberi, per favorire la crescita del grano, in sua riverenza ed a lei era dedicato l'albero del biancospino. Ovidio disse di Cardea: può aprire ciò che è chiuso; può chiudere ciò che è aperto. Due fuochi erano accesi per onorarla in questo suo ruolo di sostenitrice del passaggio: e fra essi si avanzava. L’uomo ‘sente’ ovunque cose simili anche se le chiama in modo diverso…

… fra i fuochi di Beltane Damh The Bard - Under a Beltane sun https://youtu.be/DJdx3rwh_eI


IL CORSO DELL’ORDINE DEI BARDI OVATI E DRUIDI OBOD La pratica di Druidismo era da sempre limitata a coloro che potevano imparare visitando un “Grove” o entrando in contatto personalmente con un druido. Ma nel corso degli anni l'Ordine ha sviluppato un corso basato sull'esperienza che può essere seguito ovunque si viva. Migliaia di persone di ogni età e grado di istruzione seguono oggi questo corso, che lavora con le idee e le pratiche di Druidismo in un modo completamente pratico, ma anche profondamente spirituale.

Il corso, che viene pubblicato per l'Ordine dalla Oak Tree Press, comprende l'appartenenza all'Ordine ed è diviso in tre fasi, o gradi, corrispondenti alle tre divisioni tradizionali dei Druidi: quelli dei Bardi, degli Ovati e dei Druidi. Ogni grado può essere vissuto da soli o con altri in un “boschetto”( grove o seed-group).

IL CORSO DELL’OBOD Il Corso dell’OBOD è distribuito: -in Inglese (dall’Oak Tree Press) -in Italiano (dal Bosco dell’Awen). Per informazioni sul corso in lingua inglese: email - office@druidry.org Per informazioni sul corso in italiano: email - info@boscodellawen.org

Il grado Bardico, quello iniziale, ci porta in un viaggio attraverso il ciclo dell'anno e presenta tutti i concetti di base di Druidismo - mostra un “modo di vita” che può essere praticato nel mondo attuale donando un maggiore senso di connessione con tutta la Natura e con il patrimonio antico del druido: la saggezza tradizionale. L'obiettivo del corso è quello di aiutare il Bardo a far fiorire, o rifiorire, la propria vita - aiutando lo spirito personale ad esprimersi pienamente nel mondo. Questo si può ottenere seguendo il Sentiero fino alle le fonti del Potere Creativo di ciascuno, facendo così in modo che i doni da esso ricevuti possano scorrere completamente nella nostra vita. Il corso, inoltre, insegna le competenze fondamentali e le tecniche della spiritualità del Druido: l'uso del rito, il concetto di spazio sacro, il cerchio, le direzioni e gli elementi. Queste conoscenze aiutano a sintonizzarsi con il mondo naturale, ai ritmi della terra e della luna, del sole e delle stelle… e mentre lo fanno, favoriscono l'accesso al proprio sé profondo - quella parte di noi che si sente tutt’uno con la Vita. Tratto da http://www.druidry.org/join/membership-orders-trainingcourse

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FACCE DA

DRUIDO Hanno lavorato alla realizzazione di questo numero...

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SIAMO SEMPRE MOLTO FELICI DI ACCOGLIERE NUOVA CREATIVITA’! La partecipazione e la diffusione della rivista sono aperte a tutti Chi volesse partecipare, inviare, segnalare o condividere qualcosa (articoli, poesie, brani musicali, foto, immagini, presentazione di progetti e di incontri …) può prendere accordi con la redazione inviandoci un’e-mail : ilcalderoneredazione@gmail.com. Per semplificare la pubblicazione i contributi ricevuti potranno essere tagliati liberamente a seconda dello spazio e delle esigenze della redazione, sempre nel rispetto del loro contenuto, se non ci sarà una specifica richiesta contraria da parte del mittente. Questa rivista non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene prodotta e distribuita senza alcuna periodicità stabilita e sotto l’egida dell’OBOD inglese. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7/03/2001. Il Calderone – All rights riserved Tutti i diritti riservati

la reDA ZIO NE

Daniela Ferraro Pozzer

Alessia Mosca Proietti

Ilaria Pege

Cristina Pedrocco

Monica Zunica

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Andrea Vernucci

COLLABORATORI

Laura Villa

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Claudio Bongiorno

Paolo Veneziani

Irbis

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Luisa Lovari

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& GROVES ITALIANI SILVER WOLF CIRCLE IL CERCHIO DI ARTH

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IL CERCHIO DI ANU

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LA RADURA DI BRIGHT Trento

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IL BIANCOSPINO E LA QUERCIA Roma

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07/2016.Beltane RIVISTE DELL’OBOD Touchstone: è il magazine OBOD in inglese, pubblicato mensilmente solo in cartaceo e solo per membri dell’OBOD. Druid è il magazine OBOD in America http://druidmagazine.com/ Serpentstar è il magazine OBOD in Australia ed Oceania https://serpentstar.wordpress.com/ Dryade in lingua olandese http://www.obod.dds.nl/ Il Calderone in italiano http://issuu.com/ilcalderone Druidenstein in tedesco http://www.feuersprung.de/ Menhir in francese http://issuu.com/obod-menhir Per maggiori informazioni: http://www.druidry.org/about-us/journals Il Magazine Aontacht http://www.druidicdawn.org/aontacht si interessa di druidismo in genere

CONTATTI Chiunque fosse interessato a ricevere gratuitamente ogni nuovo numero della rivista in formato elettronico, può richiederlo al seguente indirizzo: ilcalderoneredazione@gmail.com. SEGUITECI ANCHE SU ISSUU, A QUESTO INDIRIZZO LA RUBRICA GRATUITA SFOGLIABILE: http://issuu.com/ilcalderone


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