Il Calderone - Samhain 2015

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05/2015. Samhain Magazine curato da membri dell’OBOD


IL MERLO

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di Daniela Ferraro Pozzer

LA VIA DI GAIA di Gemma Gioia

INDICE

p. 10

IL POTERE

DELLE STORIE di Monica Zunica

La MAdIA Dell’OVATE di Ilaria Pege

TRIADe

p. 14

p. 18 p. 21

di Susa Morgan Black

Il calderone DEI DRUIDI

p. 22

di Eber. Bosquet Altitona

LE ORIGINI DELL’OPERA ITALIANA

p. 24

di Alessia Mosca Proietti

EISTEDDFOD di Paola Elena Ferri

p. 27

VIAGGIO A BROCELIANDE p. 30 di Luisa Lovari

IL MELO

p. 34

di Susa Morgan Black

L’anIma

Delle pIante di Markus Juniper

TRE CALDERONI di Erynn Rowan Laurie

LE VERE ORIGINI DI HALLOWEEN Intervista alle autrici di Ilaria Pege

COLLAGE di Federicao Gasparotti

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p. 40 p. 44

p. 46 p. 50

05/2015. Samhain

In copertina, indice , editoriale e nel numero Foto di Laura Villa



IL MERLO di Daniela Ferraro Pozzer

Da: L’oracolo dei Druidi di Philip e Stephanie Carr Gomm “…Si fa sera e le prime stelle cominciano ad apparire in cielo all’entrata di una caverna incantata. Druid Dhubh, il Merlo, è l’uccello della soglia e della forgia e ci attende seduto su un ramo di sorbo, il suo bel canto melodioso si può udire sul far della sera ed anche più tardi.” La comparsa delle stelle ed il loro tremulo luccichio segnano il momento in cui avviene la transizione da una realtà all’altra, così come dal giorno alla notte. Il Merlo ci chiama così dalla soglia fra i due mondi, invitandoci a seguire un sentiero spirituale o a diventare più consapevoli di noi stessi: ci chiama all’imbrunire, mostrandoci la via segreta dell’Altromondo ed indicandoci i modi per scoprire meglio le nostre motivazioni ed il nostro potenziale nascosto. Vi sono momenti nella vita, ci dice, in cui è necessario ascoltare l’incessante canto dell’anima che ci parla attraverso il sogno ed il Mito. Tali momenti di ‘mezzo’ sono considerati particolarmente significativi dalla tradizione druidica: il merlo canta per noi come il modo che cambia intorno a noi nel momento in cui la luce del giorno - la coscienza ed il mondo concreto – lasciano entrare il tempo lunare dell’inconscio e dell’Altromondo: il suo canto ci ricorda che questi momenti di soglia sono momenti di grande bellezza e potenziale.

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Uno dei nomi gaelici del merlo significa proprio Druido Nero, se saremo in grado di seguire il suo canto verremo condotti ad un luogo di profondità e di incanto da cui potremo scoprire segreti su di noi e sul mondo: nella tradizione francese vi è un’antica storia che spiega in che modo il merlo sia diventato nero e perché il suo becco sia giallo. Anche in questa storia si racconta simbolicamente la stessa cosa. “…seguendo il consiglio di una gazza, un uccello bianco entrò in una caverna incantata e scoprì i tesori inestimabili del Principe delle Ricchezze. Raggiungendo una seconda caverna più interna l’uccello scoprì un cumulo di polvere d’oro: immergendovi il becco venne sorpreso da un demone che custodiva il tesoro e che, vomitando fuoco e fumo si precipitò su di lui. Volando fuori dalla caverna giusto in tempo per sfuggire al demone il merlo si accorse di essere diventato nero come la notte e col becco d’oro come il sole. Anche nell’antica storia gallese ‘Branwen Daughter of Llyr’, l’eroe Bran il Beato ed i suoi sette seguaci sono glorificati dal canto degli uccelli di Rhiannon*, che sono merli, mentre vivono in uno stato incantato, in cui non invecchiano né si rendono conto dello scorrere del tempo per ben settantadue anni. In un’altra storia il gigante Yspadadden Pencawr chiede all’eroe Culhwch di catturare per suo divertimento quei merli descritti come “capaci di resuscitare i morti e di cullare fino al sonno i vivi”: qui vediamo chiaramente la funzione affidata a Druid Dhubh che è quella di mandarci nel mondo dei sogni e parlare con le anime disincarnate. Nella tradizione irlandese il corrispettivo degli uccelli di Rhiannon sono gli uccelli della Dea Cliodna che abitava due isole nell’Altromondo; sono descritti come simili a merli ma più grandi e di colori diversi e comunque capaci di cullare fino al sonno malati e


feriti, guarendoli con la loro dolce musica che viene direttamente dall’inconscio e, appunto, dall’Altromondo. I merli, inoltre, sono ghiotti di bacche di Sorbo, pianta sacra nella tradizione dei druidi perché ogni bacca reca un minuscolo pentagramma, simbolo magico di protezione, di potere e di buona salute. Mangiando questi frutti i merli rafforzano la forza simbolica di guarigione del loro canto.

Il Merlo è uno dei cinque animali Totemici centrali nella tradizione druidica. In Culhwch and Olwen, il primo racconto che ci riferisce di Re Artù, il gigante Yspadadden chiede all’eroe Culhwch di trovare il Divino Giovane Mabon. Così, insieme ad alcuni uomini del re, l’eroe intraprende un viaggio per ricevere il consiglio degli Animali Anziani ( Totemici). Inizialmente, quindi, si recò proprio dal Merlo di Cilgwri, ritenuto l’animale più vecchio del mondo, ma la sua risposta fu che “ poiché quando aveva raggiunto la Terra vi aveva trovato un’incudine tanto arrugginita da non poter più essere usata, evidentemente esisteva qualcuno più anziano e saggio di lui che avrebbe potuto aiutarli meglio.” Così gli eroi si rimisero in marcia e visitarono altri quattro animali: il Cervo, il Gufo, l’Aquila ed il Salmone. Il Merlo è ovviamente il primo animale del ciclo totemico in quanto Guardiano della soglia dell’Altromondo. Solo attraverso di lui si può alla fine

giungere al Salmone della saggezza ed al Divino Giovane Mabon. Druid Dhubh è anche in relazione con il fabbro: le indicazioni di questa vicinanza si trovano un po’ ovunque, dalla simbolica incudine del mito precedente alla parola irlandese ghobadhu ( che significa sia fabbro che merlo) e perfino nella natura stessa di questo uccello il quale spesso usa le pietre come incudine per spaccare i gusci delle lumache e le cui penne sono nere come la fuliggine sulla faccia del fabbro. Il fabbro nell’antichità era una figura di rilevante importanza sociale ( anche Brighit era la protettrice dei fabbri). Era lui a lavorare le armi a costruire le ruote, i calderoni, gli aratri. Evocando il potere del fuoco ed usandolo in combinazione con l’aria, l’acqua e i minerali estratti dalla terra, sembrava che lavorasse con tutti e quattro gli elementi a produrre strumenti necessari e vitali al benessere di tutta a tribù. Druid Dhubh rappresenta il fabbro dell’Aldilà – maestro del fuoco che ci chiama con la sua canzone di guarigione – ricordandoci che possiamo lavorare con l’Aria delle nostre menti, l’Acqua dei nostri cuori, la Terra dei nostri istinti ed il Fuoco della nostra passione spirituale a forgiarci una nuova vita che si fondi su bellezza, dignità e scopo.

* Rhiannon era la signora degli uccelli Canori, e la figlia di Hefeydd Hen, moglie di Pwyll e dopo la sua morte di Manawydan. La sua figura è una reminiscenza della dea celtica dei cavalli Epona.Il cavallo era uno degli animali totem dei Celti, fedele guida per raggiungere l'Aldilà. Rhiannon è anche considerata la Dea della Terra Sacra, nonché messaggera tra i due mondi: il mondo terreno e il mondo ultraterreno.

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L’oracolo dei Druidi

di Philip e Stephanie Carr Gomm In molti racconti e leggende popolari la figura del merlo rappresenta ‘una soglia’: il suo canto segna l’alba o il tramonto, il momento fluttuante fra l’inverno e la primavera, nell’istante di un bivio esistenziale, e perfino fra la vita e la morte. Questo melodioso uccello ha affascinato da sempre animi di ogni luogo e credenza col fascino incantatore del suo verso: un richiamo a ‘cose altre’, una sospensione del tempo corrente, come nella leggenda di Rhiannon… una voce che ci guida nel tempo del Passaggio.

altre stoRIE . . . Un’altra versione della leggenda della caverna narra di come il merlo acquisì il piumaggio nero al posto delle originali piume bianche. Incontrando una gazza che deponeva delle pietre preziose e dell' oro nel cavo di un albero le domandò dove le avesse prese. La gazza rispose che per averle avrebbe dovuto cercare un ingresso al mondo sotterraneo e offrire i propri servigi al principe delle ricchezze che in cambio gli avrebbe lasciato portare via dal suo regno tutto ciò che fosse riuscito a tenere nel becco. Un avvertimento della gazza fu però di non toccare niente di ciò che avrebbe trovato nelle altre sale. Il merlo tuttavia si fece tentare dalla polvere d'oro e vi immerse il becco. Subito un orrendo mostro gli gettò addosso fumo e fiamme, provocarono una densa coltre nera con cui il povero merlo, fuggendo per un soffio, macchiò per sempre il suo piumaggio. 06

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Il Merlo (Turdus merula) è un passeriforme di 25 centimetri di lunghezza (dalla testa alla coda) appartenente alla famiglia dei Turdidi e può raggiungere i 100 grammi di peso. Il maschio adulto è nero con becco e contorno occhi gialli mentre la femmina è di colore marrone, più scuro nelle parti superiori e più chiaro nelle parti inferiori, dove collo e petto sono macchiettati di scuro. I giovani hanno una colorazione simile a quella della femmina anche se sono più scuri e più maculati. Talvolta si possono presentare casi di albinismo che producono individui dal corpo bianco e occhi rossi. Frequenta ambienti abbastanza vari con presenza di siepi ed alberi. Il merlo è onnivoro. Si ciba principalmente di frutta, bacche e piccoli invertebrati, quali scarafaggi, lombrichi ecc. Il nido, costruito dalla femmina, si trova sui rami degli alberi, fra i cespugli o in buche nel terreno. La femmina depone da 4 a 6 uova di colore azzurro-grigio e maculate in modo irregolare con puntini grigi tre volte l'anno: il periodo di incubazione va dai quattordici ai quindici giorni e la cova è principalmente cura della femmina, anche se, seppure di rado, anche il maschio collabora. I merli sono diffusi in tutta l'Europa, esclusa la Scandinava settentrionale, l'Asia, l'Africa nord-occidentale, le Canarie e le Azzorre. Dai paesi nordici migrano per svernare più a sud, mentre nelle zone più temperate sono stanziali. In Italia è presente tutto l'anno. Alla fine di marzo il Merlo inizia la sua melodica canzone d’ "amore". Il canto del maschio dura fino a giugno ( solitamente da un albero o dal tetto di una casa): è la meravigliosa canzone della Primavera che suona soprattutto all'alba e al tramonto…

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IN ITALIA I tre giorni della merla : sono gli ultimi tre di gennaio, molto freddi. La leggenda dice che i merli, quando a gennaio aveva ancora 28 giorni, erano bianchi come la neve. Un giorno una merla derise Messer Gennaio dicendogli che aveva finito i suoi giorni, e non poteva più torturare la sua famiglia. Lui, indispettito, chiese 3 giorni a Messer Febbraio (che ne aveva 31) e li trasformò nel periodo più gelido dell’anno. I merli rischiavano di congelare, e la merla allora fece rifugiare i piccoli sul camino di una casa, da cui usciva un bel tepore. Il fumo era così denso da scurire tutte le penne dei merli, che da quel giorno divennero neri. Ai “giorni della merla” viene attribuita un’importanza particolare: secondo la tradizione, infatti, se i tre giorni sono effettivamente freddi, si andrà incontro ad una primavera di bel tempo. Se al contrario sono caldi, la primavera si farà aspettare. Questa storia, molto diffusa soprattutto nel Nord Italia, ha un’infinita serie di varianti locali, una delle quali è tanto antica da essere addirittura riportata da Dante nel Purgatorio:

“Durante il mese di Gennaio, quando ancora durava 28 giorni, un Merlo sopravvisse al rigido freddo invernale e giungendo indenne alla fine del mese pensò di aver superato le asperità di Gennaio: così uscì baldanzoso dal nido cantando: "Più non ti curo Domine, che uscito son dal verno!".Gennaio si risentì talmente tanto, permaloso com'era, che si allungò prendendo in prestito tre giorni a Febbraio e scatenando bufere di neve. Il Merlo si rifugiò allora in un camino dove restò al riparo per quei tre giorni. Quando ne uscì era nero nero e così rimasero tutti i merli e le merle del mondo.” http://www.strie.it/ In effetti nel calendario romano il mese di Gennaio aveva veramente solo 28 o 29 giorni (a seconda dei ritocchi) sin dai tempi di Numa Pompilio e della sua riforma del 713 a. C. quando il calendario a Roma divenne da lunare a luni-solare (e furono inseriti i mesi di Gennaio e Febbraio). Fu poi nel 46 a. C. che Gennaio prese "in prestito" i tre giorni a Febbraio, grazie all'introduzione del calendario giuliano che rendeva il computo dei giorni decisamente e definitivamente solare. Questa indicazione ci fa notare come il mito continui a tramandare un passaggio, culturalmente molto significativo, che ha segnato il cambiamento tra due culture: una lunare (e matrilineare o matrifocale del tardo Paleolitico - Neolitico) e l'altra solare (patrilineare e patriarcale).

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Nelle leggende e nei detti popolari italiani Il merlo ha assunto un doppio significato, simboleggiando sia la furbizia che la stoltezza, come dimostrano alcuni proverbi e modi di dire ispirati alle sue abitudini. La ciliegia migliore è quella del merlo : significa che il furbo merlo sa sempre scegliere la ciliegie più grosse e saporite, che portano il segno inconfondibile della sua beccata. S’è fatto prendere, quel merlo! – Che merlo! : in molte regioni italiane,il merlo è invece simbolo di stupidità; l’idea deriva dal merlo giovane (o merlotto), che non scappa e si lascia prendere facilmente. Altre storie ci suggeriscono infatti il concetto che nel linguaggio popolare italiano “dare del merlo” a qualcuno significhi considerarlo uno sprovveduto e un sempliciotto, tanto sprovveduto da cantar vittoria prima del tempo o da rischiare ingenuamente la vita:

“Uno dei duchi Gonzaga (ma che in alcune versioni è Napoleone) doveva attraversare il Po. Volendo fare un riposino avvertì il suo servo, alla guida del carro, di avvisarlo quando sarebbero giunti al fiume. Il servo, arrivato sulle sponde del Po, vide che il freddo intenso degli ultimi giorni ne aveva ghiacciato le acque. Pensando di fare cosa gradita al duca incitò la sua cavalla, chiamata la Merla, a passare col carro sulla lastra ghiacciata.Siccome la traversata sul ghiaccio sarebbe stata agevole, non ritenne necessario svegliare il suo padrone. Quando il Gonzaga si svegliò il servo gli disse trionfante che "la Mèrla l'ha passà al Po" (La Merla ha passato il Po). Il duca montò su tutte le furie perché il servo non aveva obbedito ai suoi ordini e arrivato a destinazione lo fece impiccare. Merlo e Merla erano due giovani allegri che amavano andare a ballare nelle serate invernali. In una di queste, per guadagnare tempo, decisero di attraversare il fiume. Ma la lastra di ghiaccio che ricopriva il Po non resse il loro peso e si ruppe. Caddero così nelle acque gelide dove perirono. Unica testimone della loro morte fu una merla che per tre giorni, gli ultimi di gennaio, cinguettò sui passanti per chiedere aiuto. Al terzo giorno il sole sciolse il ghiaccio ed il fiume restituì i cadaveri dei due ragazzi e sul quel luogo sbocciarono splendidi fiori”. http://www.strie.it/ Il Merlo però rappresenta anche e soprattutto la soglia fra Inverno e Primavera in molti detti popolari, fra cui: Quando canta il merlo siamo fuori dell'inverno (ma anche in questa simbologia la sfumatura di ingenuità non è persa infatti, anticipando le prime avvisaglie di primavera, il canto del merlo può essere ingannatorio: non sempre infatti segnala che il caldo si stia realmente avvicinando. Un proverbio romagnolo per questo ricorda: “Merlo, di marzo non cantare, che il becco ti si potrebbe ghiacciare. Lascia che canti la tordella, che lei non ha paura di nessuno -www.strie.it-) .”


In Sicilia, al contrario, il merlo è simbolo del seduttore. La forza simbolica del merlo, come ‘soglia’, in questo caso, fra due vite differenti, è rappresentata perfino da Carlo Collodi che inserisce nelle storie di Pinocchio un Merlo Bianco, proprio ‘sulla strada fra’ la casa e il teatro dei burattini… fra la redenzione e la rovina.

SPAGNA Anche nella spagna araba esiste una leggenda sul Merlo nella sua rara versione bianca, detto zyriab. Si narra di un sultano che aveva sposato una donna che non lo amava affatto. Molto infelice cominciò ad ammalarsi per il suo stato mentale e di giorno in giorno perdeva le forze. Una mattina però, all’alba, un volò alla sua finestra e gli cantò che sarebbe presto giunta da lui la sua consorte, con la quale discuteva continuamente, e che finalmente l’avrebbe reso felice. La mattina dopo la donna bussò alla sua porta raccontandogli che un merlo aveva cantato alla sua finestra al tramonto raccontandole il futuro segreto del palazzo in cui abitavano: quello ( la Medina di Azhara, a Cordoba) sarebbe stato il luogo del loro perfetto amore. E così fu.

ALTRE In un racconto del folklore francese intitolato il Merlo Bianco egli è l' uccello detentore dell'eterna giovinezza. *** Il merlo nella religione cristiana i merli sono stati associati a San Kevin, patrono di Dublino, e noto per la sua misantropia ma anche per il suo amore per la Natura. Kevin di Glendalough era nato nel Leinster, in Irlanda, nel 498 e si tramanda che morì all’età di 120 anni nel 618. Era discendente di una famiglia nobile, forse addirittura quella dei re del Leinster, figlio di Coemlog e Coemell. Il nome Coemgen significa infatti "di nascita nobile", Narra la ‘leggenda’ che una volta durante una quaresima, mentre stava con le mani giunte in preghiera, un merlo depose un uovo tra le sue braccia. San Kevin rimase in quella posizione, lasciando che il merlo lo covasse per tutto quel tempo ‘di passaggio’ finché l'uovo si schiuse e il santo tornò al monastero per celebrare la Pasqua. Il merlo nutrì il santo per tutto il periodo della quaresima, portandogli bacche e noci. Una poesia di Séamus Heaney (St. Kevin and the Blackbird) ricorda questa leggenda. Il santo è rappresentato infatti con un merlo in mano ed accanto ad una daina.

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LA VIA DI

GAIA

L’uomo tra ambiente ed ecologia

di Gemma Gioia

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Incontrando i carbonai Le stagioni cambiano ma la tradizione permane, come quella di accendere un fuoco in casa per riscaldarci e alle rosse amme riposarci. E in alcuni luoghi, non troppo lontani dalla grande città si nascondono tra i monti alcuni paesini che del fuoco di un camino ne fanno la sopravvivenza. Certo, anche loro hanno l elettricità ma spesso, a causa di una forte bufera, questa viene a mancare e allora, come si faceva prima, il fuoco del camino non solo aiutava a riscaldare ma era un valido aiuto per cucinare e per illuminare. Ed è in questi paesi, da Colle di Arquata no a Poggio Api che si può incontrare ancora una tradizione rimasta invariata per secoli, un attività ormai in via di estinzione, l antica tecnica del trasformare il legno in carbone vegetale. Qui, tra i sentieri di un bosco rigoglioso, si possono incontrare ancora i carbonai. Con l aiuto dei boscaioli, che ben sanno quale legna raccogliere per mantenere un equilibrio, i carbonai creano delle aree pianeggianti, le famose “piazze” dove i rami e i tronchi vengono accatastati intorno ad un camino centrale no a raggiungere la forma di una cupola. Si crea un “mantello” di circa 30 cm di spessore creato con le zolle di terra e le foglie secche, questa operazione serve per isolare la struttura dall aria esterna e per chiudere le fessure tra un tronco e l altro. In ne, con un ulteriore strato di terra si ricopre il tutto lasciando, però, dei fori utili per far circolare l aria necessaria per ottenere una corretta combustione, cioè per “governare la piazza”. Introducendo tizzoni ardenti attraverso il camino per un paio di volte al giorno e per tutta la durata della combustione si accende la carbonaia e si “rimbocca” con tutti i controlli necessari. Attraverso il colore del fumo che fuoriesce si monitora il processo di carbonizzazione. Passando, nelle varie fasi, da un fumo biancastro, al giallo bruno n al bianco azzurrognolo indice della ne del processo di carbonizzazione, tutti i fori vengono ostruiti e si lascia riposare per un giorno almeno. Dopodiché si procede con la “scarbonatura”, eseguita con precisione e sincronia dai carbonai. Questa tradizione viene portata avanti con fatica anche dai più giovani poiché si comprende bene, sin da piccoli, l importanza ed il vantaggio del carbone vegetale nei mesi invernali. Assicura un inverno protetto e caldo e si può avere una scorta su ciente per tutto il periodo di freddo poiché meno ingombrante ma allo stesso modo e ciente. Non viene mai prodotto carbone vegetale in eccesso, ma il necessario per le famiglie del luogo ed è questo forte senso di rispetto per i boschi circostanti, per l ambiente, il non chiedere di più ed il mantenere l equilibrio che mi ha dato il forte senso di una giusta integrazione dell uomo nella Natura. Un ringraziamento speciale alla Signora Anna che mi ha guidata lungo il sentiero delle carbonaie.


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Briciole e sentimenti Il Tempo cambia, le ore di luce diminuiscono, inizia a fare freddo …. …. Per risparmiare energia gli alberi smettono di produrre clorofilla, le foglie ingialliscono, muoiono e cadono a terra. Ricci e ghiri si rinchiudono nella loro tana arrotolandosi su sé stessi, rallentando il respiro, il battito cardiaco e sognando fino a primavera. Vipere e bisce cercano un anfratto che li ospiti per i mesi successivi e così, dopo tanto lavoro, anche la formica può ritirarsi sotto terra attorniata da scorte di cibo, da lei, ben stipate. Orsi, tartarughe, roditori, chiocciole e pipistrelli. Tutti a dormire! Chi per l’intero periodo di gelo, chi svegliandosi di tanto in tanto per mangiare qualche provvista. C’è chi parte per luoghi più caldi e chi al contrario arriva da luoghi più freddi. C’è chi muta la pelliccia, come il cervo e il capriolo che l’autunno li porta ad assumere una colorazione bruno-grigiastra e c’è chi si confonde con la neve come ermellini, lepri e pernici che si vestono di candido bianco. Poi ci sono loro, gli uccellini che si riparano in città perché la temperatura è più mite rispetto ai boschi. Sono tante le specie che cercano di sopravvivere adottando il più elementare sistema inventato dalla Natura per combattere il freddo: nutrirsi! Un modo molto semplice per aiutare gli uccelli a sopravvivere al freddo invernale è costruire e installare una mangiatoia. In internet sarà facile reperire informazioni su come assemblarle, per mio conto mi limiterò a suggerire di prediligere le casette con tettoia per aiutare gli uccelli più piccoli quali pettirossi e scriccioli, le mangiatoie a rete per cibare cince e picchi muratori e quelle semplici e aperte per gli uccelli più grandi. Altra cosa molto importante è quella di scegliere il cibo giusto poiché ogni specie ha esigenze diverse. La dieta ideale per il merlo, il pettirosso e la capinera è composto da briciole dolci , biscotti e frutta secca. Il fringuello, il verdone e il cardellino si nutrono di semi vari quali miglio, avena frumento e girasoli. La cinciallegra, la cinciarella e il picchio muratore sono golosi di arachidi non salate ( altrimenti pericolose per loro), di pinoli e frutta secca. Se non è possibile creare una mangiatoia potremo semplicemente riempire una retina per gli agrumi oppure creare delle collane con la frutta secca. E’ importante sapere che se decidessimo di imbatterci in questo nuovo contatto con la natura dovremo ricordarci di rifornirle regolarmente fino al giungere della primavera altrimenti, qualora venga a mancare il cibo cui hanno fatto abitudine, non saprebbero più trovare un’alternativa.

In foto: Questo esemplare maschio di capinera mi è stato “portato in dono” da una delle mie gatte. Dopo aver constato che non

aveva riportato alcuna ferita mi sono preoccupata di farlo tranquillizzare, di nutrirlo con qualche briciola di biscotto e granelle di noci e trascorsi una decina di minuti l’ho liberato in un fitto rovo poiché è lì che amano vivere.

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IL POTERE DELLE

STORIE MITI, LEGGENDE E DIVINITÀ

di Monica Zunica

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UN’ANTICA LEGGENDA DEL MOLISE a vevo sentito dire che un numero non definito di fantasmi si era messo a spaventare un piccolo paese del Molise in provincia di Isernia.

Dapprima la notizia è passata così come passano le parole dette velocemente. Poi mi è venuta voglia di indagare. Non che io sia un’appassionata di fantasmi, ma il fatto che gli episodi fossero accaduti in Molise mi aveva incuriosito. I molisani, si sa, non dicono le cose tanto per dire. Quando sono partita tutto quello che sapevo era che le apparizioni, strane scritte misteriosamente comparse sui muri del paese e altri raccapriccianti fenomeni, erano cominciati in seguito ad alcuni lavori di ristrutturazione di una parte del cimitero di Sant’Elena Sannita. Il paese è piccolissimo, uno dei posti più piccoli che io abbia mai visitato. D’altronde il Molise è una regione piccolissima. E pure i paesi che lo compongono sono a loro volta piccoli. Più sono piccoli più si scompongono in frazioni e sottofrazioni ancora più piccole. Come se i molisani ci tenessero alla cura dei dettagli. Sant’Elena Sannita, per l’appunto, conta appena

duecentocinquanta abitanti con una percentuale di anziani altissima (80%). Appena arrivo in paese l’aria si fa leggera perché si disperde tra le stanze delle case vuote. Le finestre abbandonate, affacciano sull’unico monumento che vedo: una statua in ferro (o almeno così mi sembra) che ritrae un arrotino intento al suo lavoro. Una signora passa proprio accanto all’arrotino. È una vecchietta tutta nera, Segno di un lutto mai dimenticato. Mi avvicino a lei e le chiedo notizie circa il monumento. Vengo a sapere che Sant’Elena Sannita una volta era un paese di arrotini. Poi col tempo i giovani hanno preferito andare verso le città vicine Napoli e Roma. E, fatto alquanto strano, da arrotini sono diventati tutti, e dico tutti, profumieri. La signora con un certo vanto mi svela che sono 500 i profumieri santellinesi in tutta Italia. Solo a Roma ce ne sono 400, mi dice facendo su e giù con la mano. Poi mi sorride amichevolmente. Mi pare allora proprio quello il momento giusto per passare a un argomento più “personale”: quello dei fantasmi. Le dico che mi aveva incuriosito una storia

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circa un gruppo di fantasmi che da buoni conservatori si erano ribellati a certi lavori di ristrutturazione del cimitero del paese. Magari a loro piaceva così come era! Le dico ridendo, per stabilire tra me e lei una certa complicità. Ma la vecchietta non mi da neanche il tempo di stendere le labbra in un sorriso pieno che cambia faccia. Tira fin sopra la fronte lo sciarpone nero che prima le cadeva sulle spalle e con una velocità che mai le avrei attribuito si infila in una stradina. Un secondo dopo era già diventata vento. Dietro di lei una foglia svolazzava sull’asfalto e un cane correva come se avesse fatto tardi a un appuntamento. Allora decido di andare direttamente al cimitero. Magari qualcuno potrà darmi notizie più certe. Sulla strada una signora spinge un carretto pieno di legna. Le chiedo indicazioni per il cimitero e poi vado subito al sodo. Lei non scappa e neanche si rifiuta di rispondere. Mi guarda meglio negli occhi e con decisione dice: “che ci state a fare da queste parti? Qui non c’è nessuno. Solo vecchi e cani abbandonati. Come dite? Il cimitero? Io non so niente. Solo dovevano stare più attenti con quelle pale meccaniche. Quelle povere anime dovevano riposare in pace e adesso, invece, c’hanno le tombe profanate. Le ossa di quei poveretti sono sparse ovunque. Fossi stata fantasma pure io mi sarei scocciata. E pensare che al cimitero è pure venuto il vescovo. È venuto a scoprire una targa. C’era scritto: “che riposino in pace”. Ma quale pace! Con quelle pale nelle orecchie i morti si sono infastiditi. C’hanno ragione. Comunque io non so niente. Mio nipote dovrebbe arrivare domani, forse lui sa qualcosa”. E se ne va. Al cimitero mi rendo conto per la prima volta, che qualcosa, in questo paese, è accaduta per davvero. Me lo dice il fatto che sul lato destro del cancello

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d’entrata, tra zolle sconnesse di terreno ancora morbido e altre cianfrusaglie, giacciono le lapidi delle tombe scoperchiate. Le salme, di cui parlava la signora, sono state chiaramente rimosse ma le prove del fatto che i vivi abbiano infastidito i morti erano proprio davanti ai miei occhi. La zona, tra l’altro, è contrassegnata da un cartello dei carabinieri che ne vieta l’accesso a chiunque, poiché la zona è sottoposta a sequestro. Mi avvicino all’entrata e passo tra tre operai, che lavorano, e un uomo che li sorveglia. Le nicchie appena ristrutturate mi fanno sentire una stretta allo stomaco. L’uomo, nel frattempo, mi guarda sospettoso. Allora mi avvicino a lui e porto fino in fondo quello che ero venuta a fare. Alle mie domande dirette, sorride con straordinaria diplomazia. Mi dice che non c’è niente di vero. Che a Sant’Elena di fantasmi neanche se ne parla. Date retta a me, se siete qui per questo allora state perdendo tempo, diceva stringendosi in un cardigan che gli scendeva tropo grande, come se non gli fosse appartenuto realmente. Poi, d’un tratto, mi sorride e mi dice qualcosa che ancora oggi non riesco a dimenticare nonostante da quel giorno siano trascorsi nove anni. L’uomo dalla barba lunga e occhi trasparenti come il ghiaccio mi disse che ottobre era alle porte, e che in questo tempo le persone che abbiamo più amato tentano di fare capolino nel nostro mondo. Non parlo di Padariso, Purgatorio e altre storie del genere, sia chiaro. Parlo di foglie che iniziano a ingiallirsi e aria che presto gelerà i pensieri. Di mele che maturano e della voce dei nostri antenati che per antica magia tornano a sussurrarci qualcosa spinti dal vento ribelle. Mia cara signorina, mi disse, poi sorridendo in maniera più


evidente, lei è qui a cercare cosa? Ma proprio mentre ero proprio sul punto di rispondere la coda di un nastro viola, sollevato dal vento, gli passa sulla testa e atterra giusto in mezzo a noi. Sul nastro c’è scritto: “che tu possa riposare in pace”. All’improvviso ho paura. Le domande poste mi sembrano fuori luogo. Forse era stato solo il vento, forse l’uomo aveva ragione o forse loro, i fantasmi, non avevano nessuna voglia di far conoscere la loro triste storia a una che neanche era del posto. Insomma ho interpretato la cosa come un avvertimento e sono andata via. Appena fuori dal paese vedo, dalla macchina, un gatto riverso sull’asfalto. Qualcuno l’aveva investito. Chino su di lui un altro gatto gli leccava dolcemente il musetto ancora pieno di dolore. In quel momento, come mai prima di allora, ho sentito il bisogno di credere che anche quel gatto sarebbe presto diventato fantasma. Un po’ per stare insieme al suo amico che ancora lo piangeva e po’ per tormentare il sonno di chi gli aveva dato la morte. A tutti coloro che volessero verificare questa storia invito a ripercorrere le tappe che io stessa ho percorso e a fare molta attenzione perché il Molise è pieno di segreti.

Il Molise è romantico, stregato, e mi ricorda stranamente alcune zone dell’Europa del Nord, per esempio in Scozia e in Irlanda. Questa terra meridionale potrebbe essere lo sfondo d’una tragedia come il Macbeth.

Guido Piovene 05/2015. Samhain Il calderone

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la madIA dell’ ovate Pensieri e riflessioni, per stili di vita piÚ sani e consapevoli. Nuovi e antichi strumenti per il benessere, da usare con buonsenso e quando serve. Una vera dispensa di nutrimenti per il profondo.

di Ilaria Pege 18

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Mestruazioni, Ciclo del Dolore e strani armadi.

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arlare di ciclo mestruale a Samonios mi sembrava doveroso, perché anche in questo ambito le cose sono cambiate molto negli anni, abbiamo re-imparato a vivere il ciclo mestruale nella sua totalità, collocando il momento del flusso all'interno del intero percorso mensile, fatto di una complessità ciclica di esperienze ed energie.

Potreste pensare che questo è un articolo per donne, ma sarebbe un grande errore, perché in realtà la maggior parte di loro, non ha certo bisogno che gli si venga a raccontare come funziona il proprio corpo! Questo è un articolo per tutti quelli che vogliono andare un po' oltre l'apparenza delle cose e scoprire la natura che è fatta del corpo delle donne, come di quello degli uomini, in una totalità che sfugge alla mente ordinaria, unita nel "Ciclo del Dolore".

Nel mondo antico, l'atto della nascita era associato alla morte, dal primo respiro la creatura era assoggettata alle regole della Terra e tutto si sarebbe realizzato nel breve tempo di una vita. La dimensione terrestre nelle Barddas, il trattato che si ispira alla tradizione bardica gallese, scritto da Iolo Morganwg, viene chiamata Cerchio di Abred, detto anche il mondo del bisogno e della prova, dove la prova vera e propria consiste proprio nell'attraversamento del Cerchio.

La mia esperienza di vita professionale, mi ha insegnato come anche gli uomini hanno le mestruazioni, a volte perfino fisicamente, con cicli più o meno lunghi, legati alla recrudescenza di certi episodi molto dolorosi avvenuti nella loro vita, che tendono a somatizzarsi, fin tanto che non vengono superati. Manca ovviamente il sanguinamento, in senso fisico, ma anche loro tornano ciclicamente ai loro fallimenti, che spesso non sono solo accantonati. Seguitemi in questo viaggio che scende dentro al Ciclo del Dolore, senza distinzione di genere, a contatto con lo stato più odiato della condizione umana.

Le Dee Ctonie: l'altra faccia della Luna Partiamo dall'immaginazione; da quei simboli che mettono in risonanza le profondità quando si parla del lato oscuro del femminile ( mi raccomando, teniamo la mente aperta ad un concetto ampio di genere, non necessariamente quello fisico, se ne parlassi in termini di medicina cinese, direi Yin, giusto per capirci ). Raffigurata in molti cimiteri e cattedrali europee di epoca medioevale, la Sheela na Gig, ricopre un ruolo regale, per incontrare questo aspetto. Spesso ipotizzata un'origine preistorica, vista la l'esplicita posa della figura, mi sembra probabile invece che rifletta maggiormente la cultura dell'epoca, in cui tutto ciò che era maligno e pericoloso, tendenzialmente aveva carattere sessuale e femminile. Fatto è che oggi, guardare quella profonda oscurità, in cui la piccola Dea Ctonia ti invita ad entrare, suscita emozioni contrastanti. È un invito alla morte consapevole, ed è curioso che passi proprio dal luogo della nascita. È la chiusura del cerchio, passaggio indispensabile per entrare nella Vita, quella fatta di non coscienza dell'essere o di energia vitale.

Un luogo di soglia quindi, dove incontrare la paura ed il dolore. Un ottimo simbolo per parlare di mestruazioni, perché iniziano proprio con un momento di caduta. Una discesa in profondità, una perdita spazio-temporale, in cui il mondo fuori è attutito e le sue influenze sembrano avere un peso minore nelle nostre vite. Ci si potrebbe sentire un po' come anestetizzati. Così la fissità che la Sheela na Gig evoca, è in realtà illusoria, in essa si libera un movimento molto dinamico, fatto proprio del passo oltre la soglia. Che sia dettato dalla propria volontà o da lontane responsabilità, così distanti nel tempo, da sentirsi vittima del fato, ciò non ha importanza, la caduta nell'ombra, come le acque di certi fiumi che precipitano nei Cenote Messicani, è ciò che segna l'inizio della fine. Ci sono anche aspetti positivi in questa nuova dimensione, come il fatto che si acquisisce il senso dello spazio. Il sopra ed il sotto, il dentro ed il fuori. Immaginate di essere in un ambiente come quello nelle foto,

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tuffarsi in un Cenote è un'esperienza che molti definiscono memorabile e terrificante allo stesso tempo. Testimonianza di come la paura del ignoto è più grande della realtà.

Donna Scheletro, che rotolano sul fondo del mare, nella omonima leggenda raccolta da Pinkola Estes, nel famosissimo " Donne che corrono coi lupi ".

Nella caduta del sangue mestruale, si percepisce ancora più forte questa sensazione di perdita spaziotemporale, molte donne sentono e vedono nello sfaldamento dell'Endometrio ( il tessuto che ricopre l'interno del utero, in cui sono presenti tutti gli elementi per sostenere l'insediamento della nuova vita ) una sorta di smembramento, non dissimile da quello descritto nella tradizione sciamanica, di molte culture. Ho osservato come si tratta anche di una dissociazione di tipo psico-emotivo, legata soprattutto all'ego e alla personalità.

Siamo creature in attesa di un corpo nuovo, di essere toccate dai raggi del sole, e mentre le nostre ossa si sbiancano nel moto ritmico delle onde, la nostra anima attende di essere toccata ancora dalla vita. Si sa che accadrà, non è dato sapere quando, ma è certo che accadrà. Il dolore ci offre nuove possibilità, non saremo più quelle creature di un tempo, ma saremo a contatto con qualcosa di nuovo e più vicino alla sintesi del nostro punto di partenza originale.

Non è da considerare meno importante, perché molte malattie mentali, ossessioni o depressioni, nascono proprio da questa frattura, che non si rimargina. È qui che non vedo distinzione di genere, tra donne e uomini, perché fin troppo spesso un fallimento di qualsiasi natura sia, è ciò che ci spinge nella tana del Bianconiglio, in cui proprio il nostro ego e la nostra personalità, vanno in pezzi. Una classica raffigurazione della Dea Kalì, rende bene l'idea. Gambe e braccia tagliate, potrebbero rappresentare l'impossibilità di scappare o agire nel mondo, quando la sua azione è in corso e la tipica collana di teste, parla proprio della caduta dell'ego, rappresentato dalla nostra faccia. La pratica dello "smembramento" più vicino al mondo celtico viene riportata da Cesare nel "De Bello Gallico" ed è probabile che si riferisca al Santuario di Roquepertuse, nella Francia meridionale, in cui all'interno della struttura di pietra, comprendiamo che almeno in quella zona, le sue parole corrispondono a verità. Nella mitologia Gallese invece, il Signore degli altri mondi, Annwn possiede un muta di cani bianchi, con orecchie e fauci rosse, con cui di notte entra nel nostro mondo, per cacciare i temerari che affrontano le foreste del Dyfed, di notte. La sua è una caccia sacra che si conclude con uno smembramento dell'iniziando da parte dei suoi selvaggi segugi, memoria di antichi riti di iniziazione o della atavica paura delle foreste. Fatto è che nel ciclo del dolore queste mitologie, possono parlare della fase del distacco. Di ciò che accade dopo il dolore acuto. Ed anche in questo caso ci sono aspetti teschi umani sono incastonati interessanti, non considerati con sufficiente attenzione. Cosa sarebbe di noi se avessimo, per fare un esempio, una febbre molto alta per un tempo esageratamente lungo, l'intero sistema collasserebbe. Così nel Ciclo del Dolore, anche il dolore ci lascia ad un certo punto. E per fortuna aggiungo io! Ci lascia sostanzialmente cambiati, sensibilizzati, spossati e spogli. Come le ossadella

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Per riassumere i passaggi del "Ciclo del Dolore" potremmo descriverli così: un momento di passaggio e caduta, un grande senso di smarrimento, del senso di spazio e tempo, rispetto alla percezione ordinaria, la comparsa del dolore vero e proprio, con sensazioni e situazioni di reale smembramento, ed infine un tempo di quiete, che ci riconsegna gradualmente alla coscienza ordinaria a ground zero. È curioso come questo processo evochi intimamente i significati della festa di Samonios, rispetto alle stagioni; con il suo capodanno, le aperture verso le altre realtà ed il non tempo. Ma sopratutto con la sua follia disgregante rispetto alle strutture, con i suoi mostriciattoli, partoriti dalle nostre profonde paure. Non voglio dire che Samonios debba necessariamente essere la festa del cordoglio, potremmo anche trasformarci in mostri e spaventare gli altri, e a scapito del loro cuore divertirci tantissimo...ma penso che a tener la coscienza prigioniera delle abitudini quotidiane, non appena si schiude la porta che ci fa percepire noi stessi in un modalità diversa ( si dorme potenzialmente di più e si sogna anche di più con il ritorno all' ora solare ) spesso accade che le emozioni accantonate, ci presentano il conto come scheletri nell'armadio. Ok! Niente panico. Aspettiamo un poco, viviamo il nostro ciclo del dolore e poi, entriamo anche noi nell'armadio. Chissà, magari siamo fortunati ed è come quello descritto da C. S. Lewis nelle "Cronache di Narnia", una porta verso un'altro mondo, un'altra strabiliante avventura.


The Core of Druidry di Susa Morgan Black Per me… Come Bardo, per scoprire il "centro" l’Awen mi conduce attraverso la foresta bardica della tradizione. Gli animali condividono con me il loro punto di vista, E guardo il mondo con occhi che sono nuovi. Imparo le vecchie storie e racconto un paio delle mie Io studio con Taliesin, e indosso un abito blu. Come Ovate Io studio la Via degli Alberi Per Vedere e Curare, essi mi danno le chiavi. Mi fanno passare attraverso il velo di mondi oltre questo, e viaggiare nel tempo in una foresta di nebbia. Incontro gli antenati nel luogo in cui si sogna. Visito il Cacciatore selvaggio, e indosso un abito verde. Come un druido, finalmente sono passata attraverso i veli, e sto cominciando a imparare ciò che il mistero rivela. Salgo l'alto Tor per studiare il pianeta e le stelle e, attraverso la vista del druido, ora posso vedere lontano. Posso correre su quattro zampe, o prendere il volo di un uccello, Ora incontro Merlyn e indosso un abito bianco.

TRIADE Abbiamo chiesto anche a Susa Morgan Black (Druido dell’OBOD, membro del: Doire Brighid, a San Francisco Bay Area, OBOD Druid Group.) di rispondere con una triade alla nostra domanda: cos’è per te il druidismo? Lei ci ha inviato questo bellissimo brano.

Published in Druid Magazine (Summer, 2015 issue) http://druidmagazine.com/pdf/201506%20DM%20Inaugural.pdf Trad: Daniela F.P. 05/2015. Samhain Il calderone

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Il Calderone DEI DRUIDI di Eber. Bosquet Altitona

Da Annick Jacq e dalla sua gentilissima partecipazione al nostro Magazine, un articolo profondo e interessante di Eber Altitona Bosquet, proposto in francese su Menhir, che si collega al tema del Calderone: Le Chaudron des Druides. L’articolo è stato tradotto da Natalie Veken: grazie!

La seconda battaglia di Mag Tured: I Tùatha Dé Dànann si trovavano presso le isole a nord del Mondo, lì apprendevano la scienza, la magia, il druidismo, la saggezza e l'arte. Essi sapevano più del contenuto di tutti i libri sulle arti del paganesimo. C'erano quattro città dove essi apprendevano la scienza, la conoscenza e le arti diaboliche, erano Falias e Gorias, Murias e Findias. La Pietra di Fal che era di Tara fu portata da Falias. Ella (Tara) urlava a ogni re che conquistava l'Irlanda. La lancia che aveva Lug fu portata da Gorias. Non vi fu battaglia che venne vinta contro quella spada o contro chi la impugnava. La spada di Nuada fu portata da Findias. Nessuno gli scampava quand'essa era sguainata dal fodero in ferro di Bodb e nessuno riusciva a vincerla. Il calderone di Dagda fu portato da Murias. Nessuna truppa se ne andava insoddisfatta. C'erano quattro druidi in queste quattro città. Morfesae si trovava a Falias. Esras si trovava a Gorias. Uiscias si trovava a Findias. Semias si trovava a Murias. Questi sono i quattro poeti da cui i Tùatha Dé appresero la scienza e la conoscenza. 22

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Questo testo irlandese ricorda i quattro druidi primordiali e i loro quattro talismani. Tra questi il calderone di Dagodeuos (Dagda), che è uno dei loro doni divini. I calderoni si troveranno anche altrove sotto forme e miti diversi. Il Sacro Graal della leggenda arturiana ne è un' esempio. Ma cos'ha di così particolare quel Calderone? Esso è “magico” sicuramente. Come potrebbe essere altrimenti, visto che si tratta di un dono divino? La sua prima qualità straordinaria è che esso non si svuota mai e non ha importanza quale sia il numero degli invitati alla festa, tutti troveranno molto cibo gustoso in quel Calderone. Nessuno se ne andrà senza essere sazio. Un'altra delle sue virtù fa di esso uno strumento d'immortalità o piuttosto di resurrezione. I guerrieri morti in un combattimento vengono immersi nel Calderone e riprendono vita. Anche se questa nuova vita è un po' diversa e non tutti i guerrieri dispongono più interamente tutte le loro capacità ( si direbbe che questi guerrieri resuscitati siano muti ) . Il calderone rappresenta quindi la vita inespugnabile, la fonte dell'abbondanza, la porta o l'apertura tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Il simbolo è lo stesso nei due casi: fonte di nutrimento o di vita e di trasformazione. Sarebbe quindi molto interessante approfondire nei particolari l'oggetto, interessandosi anche alla simbologia cosmica del calderone. Analogicamente, la veduta del Cielo si presenta come un calderone rivoltato e contenente l'insieme del vivente, del passato, del presente e del futuro.

Il calderone di Gundestrup, uno dei più famosi artefatti attribuiti ai celti, illustra questa simbologia sotto più aspetti. Alcuni scrittori negano che questo calderone attraverso i simboli possa mostrare diversi aspetti importanti del cielo. Uno non impedisce l'altro: alcuni di questi disegni ricordano i temi che si ritrovano nei miti trasmessi attraverso la tradizione insulare. Infine probabilmente esso aveva una funzione sacra che è ancora da scoprire, ma evidentemente era usato per contenere una sostanza (liquida) consacrata o cose simili.

L'ultimo mito, il Sacro Graal trae il suo potere non dalla sua forma o dalla sua decorazione, ma dal suo contenuto. Il Graal contiene, o contenne, un sangue “sacro” che in essenza costituisce le fondamenta di tutta la vita, o addirittura di tutta la saggezza. Un altro aspetto del calderone viene presentato nel mito celtico, quello del Calderone di Kerridwen. I simboli legati al nutrimento, all'abbondanza non si trovano direttamente lì. Il Calderone di Kerridwen raccoglie le erbe e tutte le sostanze che, dopo una lunga trasformazione in questa matrice, che è il calderone, sono credute di portare tutta la saggezza e l'ispirazione. Non affronteremo il mito di Taliesin, che sarebbe un altro argomento, e resteremo sul simbolo del calderone. L'analogia del calderone di Kerridwen con il ventre di una madre sembra abbastanza pertinente. Quello che contiene è tenuto al caldo, si trasforma, si evolve ed è soltanto dopo la “fine” di un periodo passato che esso partorisce di qualche “briciola” dell'Awen. Non importa quello che sia il Calderone, il suo proprietario, la sua storia; i punti in comune esistono e ci parlano di tutto ciò che ha a che fare con la vita, lo spirito, il nutrimento (compreso quello spirituale) e la trasformazione. È anche analogamente legato al ciclo delle stagioni. La stagione chiara e i suoi raccolti è il calderone dell'abbondanza, la stagione scura corrisponde al calderone della carenza. È bene che dopo queste risonanze noi incominciamo ad utilizzare il calderone nei nostri riti. Lo metteremo spesso all'Ovest, per affinità con l'elemento Acqua al quale è legato. Servirà a contenere i liquidi delle nostre libagioni, il fuoco, gli incensi, le offerte che si “sacralizzeranno” grazie alle loro virtù di trasformazione, di maturazione, ma anche perché il Calderone è un luogo di passaggio, di resurrezione. Il calderone “infonderà” così, una forza spirituale, un velo sacro di protezione. Lo riempiremo d'acqua e lo inclineremo in modo da “vedere” quello che ci si riflette: immagini che si creano e si vedono nell'acqua del calderone. Contempleremo il cielo notturno, come il fondo di un calderone rivoltato, cosparso di stelle, dalle quali leggeremo i segni degli Dei. Troveremo i nostri calderoni interiori, centri di forza e di trasformazione. Potrebbe essere che, alla vista degli antichi, ci immergeremo nel Calderone della trasformazione per trovare lì qualche goccia di Ispirazione.

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Bentornati a tutti! Dopo un intero giro della ruota dell'anno, durante il quale abbiamo riversato e rimestato nel nostro Calderone dosi e pizzichi di creatività, amore, natura, arte, magie ed equilibri, torniamo ad incontrarci a Samhain per osservare tutto il nostro raccolto che, credo ne converrete, è stato abbondante e soddisfacente. Ma questa è anche nota come la Festa dei Morti, nella quale onoriamo i nostri antenati ricordando le loro imprese, celebrandone le memorie e raccontandone le leggende. Per questa ragione ho ritenuto naturale parlare, per il prossimo anno di pubblicazioni, di ciò che musicalmente è molto vicino a me e alla mia famiglia e che contraddistingue ed identifica il nostro paese nel mondo intero: l'opera! Tuttavia non sarebbe corretto iniziare il lavoro pensando che tutti conoscano l'argomento perfettamente, perciò vi prenderò per mano ed inizierò la storia dal principio, festeggiando con voi una notte di Samhain per la musica, i suoi eroi e soprattutto raccontandovi le origini dell’opera Italiana.

I

Int e n d e n d o per “opera” uno spettacolo interamente basato sulla fusione di musica, recitazione e canto, possiamo propriamente collocarne la nascita a cavallo tra il '500 e il '600, quando il grande genere musicale del madrigale subiva l'inesorabile declino e già negli intermezzi di alcune rappresentazioni teatrali recitate apparivano attori che, brevemente, si esprimevano parlando in musica. Sono questi gli albori del melodramma, il padre dell'opera moderna, nel quale si sviluppavano esclusivamente trame basate sui miti dell'antica Grecia poiché si ritenevano degni di parlar cantando solamente personaggi del mondo idilliaco e fantastico dell'Arcadia. 24

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In effetti, la prima traccia storica documentata di questo tipo di spettacolo è “Euridice” del compositore Jacopo Peri che mise in musica l'omonima composizione pastorale del poeta fiorentino Ottavio Rinucci, che fu messa in scena nell'ottobre del 1600 in occasione delle regali nozze di Maria de' Medici ed Enrico IV di Francia. Ad onor del vero, bisogna dire che le cronache dell'epoca non riportano i commenti entusiastici dei duecento invitati, anzi... a quanto pare la rappresentazione destò più indifferenza e delusione che ammirazione! Tuttavia, amata o meno, l'Euridice di Peri resta ufficialmente la pietra miliare della storia dell'opera. Ben presto il melodramma, cioè lo spettacolo in cui si distinguono nettamente le arie (parti completamente cantate) dai recitativi (parti sempre accompagnate dalla musica ma più simili a brani recitati), si diffonde enormemente: le arie e i recitativi hanno funzioni e forme diverse ma lo scopo di entrambi è quello di spiegare la trama, seppur in forme diverse. Il recitativo spiega la storia attraverso dialoghi fra i personaggi ed ha il fondamentale compito di collegare un'aria all'altra: la voce, che per ogni sillaba intona una nota, è accompagnata dal clavicembalo e recita il testo scandendolo chiaramente poiché il ritmo è più importante della melodia. L'aria, al contrario, si basa completamente sulla melodia e sull'importanza dei sentimenti provati dai personaggi, che l'autore vuole trasmettere. Il canto è accompagnato da tutta l'orchestra e per ogni sillaba spesso si cantano più note, dando vita a sequenze vocali emozionanti. Questo ci lascia lo spunto per riflettere su quanto sia stata centrale la figura del librettista che, da mero poeta, diviene grande esperto di cultura musicale e di tecnica di composizione, capace di scrivere “recite” pronte da essere musicate dai compositori, ma troppo spesso il

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ruolo del librettista viene relegato in un secondo piano, anche se insieme al melodramma nasce il più celebre autore di libretti mai dimenticato: Pietro Antonio Domenico Bonaventura Trapassi, meglio conosciuto come Pietro Metastasio, il quale apportò una storica e decisiva riforma alla composizione dei libretti improntando una serie di regole strutturali della metrica delle arie e dell'intero impianto drammaturgico. La grande rivoluzione teatrale introdotta condusse al coinvolgimento di così tante figure professionali necessarie alla messa in scena di un'opera che, contemporaneamente, nacque il mestiere dell'impresario: non solo era necessario assumere cantanti, meglio se famosi, ma il grande spettacolo del melodramma necessitava di regista, coreografo, scenografi, musicisti, danzatori, direttore d'orchestra, facchini, parrucchieri, costumisti, sostituti e tutti gli altri protagonisti del gioco! Con il diffondersi del melodramma in Italia e in Europa, nacquero anche le scuole locali, diverse per caratteristiche e stile. Nel panorama italiano si distinsero tre città che, con numerosi conservatori musicali, divennero punti di riferimento accademici indiscussi per il resto del continente. La Scuola di Napoli raggiunse il suo massimo splendore nel '700 e creò la cosiddetta opera buffa, che vede rappresentare storie comiche e satiriche della vita quotidiana di gente comune, spesso basate su libretti scritti in linguaggio semplice, o addirittura dialettale, di poeti non celebri e che permette l'uso di ipermetrie dei versi che aiutavano a rendere realistici suoni come starnuti, singhiozzi, risate o urla di spavento: i protagonisti sono molto più che cantanti... sono anche bravissimi attori. La Scuola di Roma spostò l'interesse dai soggetti Arcadici a quelli cavallereschi delle opere di Tasso e Ariosto, complicando gli intrecci inserendo numerosi personaggi ed incrementò la presenza di arie a


LE ORIGINI DELL’ OPERA ITALIANA DAGLI INIZI AL ‘700

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carattere virtuosistico che dimostravano la bravura dei cantanti. La Scuola di Venezia, invece, svolse un ruolo di fondamentale importanza per la diffusione dell'opera: nel 1637, nel Teatro San Cassiano, venne rappresentata la prima opera aperta ad un pubblico misto. Il genere, quindi, non era più appannaggio di ristrette élite nobili ed accademiche, ma era stato sdoganato a beneficio anche del popolo, che già frequentava il teatro assistendo su larga scala a commedie recitate. A questo punto quasi ogni grande città italiana possiede un teatro dove si rappresentano opere e, nonostante gli sforzi di creare tradizioni operistiche locali degli altri paesi europei, il modello italiano si era imposto come il più capace di ottenere consensi di pubblico. Soprattutto in Francia e a Vienna l'opera seria di stampo italiano riscuoteva successi senza pari: gli spettatori accorrevano a frotte per assistere alle azioni di nobili ed eroici personaggi devoti all'amore, ai doveri morali e alla giustizia che esprimevano esibendosi in rigorosi recitativi ed arie distribuite con sapienza fra i vari ruoli, talvolta anche composte appositamente per il cantante che avrebbe interpretato un determinato personaggio. Purtroppo, a discapito della forma, la varietà delle opere soffriva un po': in effetti considerando i rigidi termini imposti alla composizione di libretto e musica, si poteva tranquillamente asportare un'aria da un'opera ed impiantarla in un'altra senza che nessuno se ne accorgesse! Nella prima metà del '700 un'aria operistica era composta da una struttura fissa che prevedeva due strofe distinte da due melodie differenti: dopo l'esecuzione della seconda strofa il cantante, spesso castrato per l'amore che in Italia si aveva per il timbro particolare di voce, ricominciava con il famoso da capo (come, per l'appunto, questo tipo di arie era chiamato) intonando di nuovo la prima strofa sulla quale poteva esibirsi 26

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liberamente in improvvisazioni ed abbellimenti virtuosistici allo scopo di mostrare la propria bravura. Per fortuna, col passare degli anni, l'aria vede gradualmente scomparire il da capo a beneficio di una struttura più lunga, espressivamente più libera e con virtuosismi scritti e definiti dal compositore stesso. Sono gli anni in cui il melodramma si trasforma gradualmente, epurandosi dalle trame fantastiche e gli intrecci improbabili che avevano caratterizzato il suo genitore seicentesco, razionalizzando la necessità di dare dignità indiscutibile allo spettacolo operistico: specialmente per quanto riguarda il libretto, la parole d'ordine diviene “coerenza”. Entra in scena Metastasio:via le comiche, via le farse, il lieto fine deve avere sempre un insegnamento morale, l'intreccio della vicenda viene spiegato attraverso poesia colta e fluida, i personaggi sono ben delineati nel carattere ed agiscono con coerenza rispetto alla logica melodrammatica. Tutti principi che cozzano fortemente con il genere di opera buffa nato a Napoli il quale, dallo scontro, esce sconfitto e rimaneggiato: anche l'opera comica subisce il restauro necessario a ripristinare la dignitosa facciata di spettacolo culturale e quando la scuola napoletana si contamina con quella veneziana grazie alla coppia Goldoni-Galoppi l'opera buffa è ormai splendente, divertente e dotata di un leggero tocco di intellettualità. L'evoluzione strutturale dello spettacolo, le correnti filosofiche, le guerre, gli eventi mondiali e l'influenza che i grandi compositori europei come Mozart e Haendel ebbero sullo scenario musicale portarono a cambiamenti enormi: l'opera dell'800 è completamente diversa dal suo nonno melodramma, ma merita un approfondimento che vedremo nel prossimo numero. A presto!

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Consigli per l'ascolto: “Il Trionfo dell'Onore” di Alessandro Scarlatti *** “La Serva Padrona” di Giovan Battista Pergolesi *** “Nina ovvero la Pazza per Amore” di Giovanni Paisiello


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EISTEDDFOD

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VIAGGIO a BROCELIANDE di Luisa Lovari

Eccoci qui nuovamente in viaggio, per immergerci in altri luoghi suggestivi e pieni di leggende e misteri.

tra querce, faggi e laghi incantati, che la nostra mente ripercorre la leggenda di Mago Merlino, della Fata Viviana, di Re Artu’ e dei Cavalieri della Tavola Rotonda, miti dai quali Brocéliande sembra abbia ereditato il nome (Ciclo Bretone). Brocéliande è stata ed è ancora la terra di Mago Merlino.

Non proporrò uno schema di viaggio come fatto in precedenza per il nostro itinerario in Cornovaglia, lascio a voi la scelta dei tempi e dei modi…aprite il cuore e liberate la mente…. e mettiamoci in cammino…..

La leggenda narra che con re Artù sul trono, Merlino raggiunse l’apice del suo potere e che, quando il regno non aveva bisogno di lui, egli passasse il proprio tempo nella foresta di Paimpont

…..Siamo in Francia, per esplorare quelli che la leggenda narra essere i boschi di Mago Merlino: Brocéliande, nel cuore della Bretagna, nel dipartimento dell’Ile et Vilaine, a 30 km circa ad ovest di Rennes. Sulle cartine la Foresta di Broceliande non esiste, il suo vero nome è Foresta di Paimpont, luogo che, oltre ad essere legato alla leggenda di Mago Merlino, è un posto assolutamente meraviglioso a livello naturalistico, dove si possono percorrere sentieri ed esplorare zone immerse in una natura bellissima e perfetta. La foresta, che a prima vista puo’ sembrare molto estesa, in realtà è solo una piccola parte di quella che un tempo era la grandissima Foresta Armoricana, lunga ben 140 km. E’ una regione fitta di boschi, di specchi d’acqua silenziosi e profondi, dove ancora oggi gli abitanti del luogo appendono sugli alberi, come nei secoli antichi, nastri, catenine, fazzoletti e coroncine di fiori per ringraziare le ‘fate’ per i loro doni. Ed è proprio lungo questi sentieri, passeggiando

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(Brocéliande). In una calda giornata, proprio qui il mago trovò l’amore e allo stesso tempo la sua rovina. Seduto presso la FONTE MAGICA DI BARENTON (la fontana dalle bolle magiche, con la sua acqua fredda che sembra ribollire, che la leggenda vuole capace di guarire i folli e di far trovare marito alle donne ancora sole), la meditazione di Merlino fu interrotta dall’arrivo della bella Vivian, figlia di un nobile della zona. Invaghitosi della giovane dama, Merlino le mostrò i segreti della magia e Vivian ne rimase estasiata. Il Mago le costruì una fortezza di cristallo e , per evitare che la sua pace venisse disturbata dallo sguardo degli uomini, le diede le sembianze di un lago…. ma, a coloro che sanno volare sulle ali dell’immaginazione, Viviana – la Dama del Lago – permette di vedere anche per un solo istante il riflesso del proprio regno….. Anno dopo anno Merlino trasmise il suo sapere e insegnò alla sua amata gli incantesimi più complessi, finché rimase un solo segreto che il mago non desiderasse tramandarle. Dopo molti tentativi Vivian riuscì a persuadere Merlino a svelarle l’ultimo incantesimo, quello che permetteva di rinchiudere per sempre un uomo in una prigione invisibile, dalla quale fosse impossibile fuggire. Finalmente soddisfatta e senza più ostacoli al suo potere, Vivian attese che il mago si addormentasse per recitare l’incantesimo e imprigionare per sempre Merlino. La prigione del


mago a Brocéliande si dice sia segnalata da un albero e da alcune pietre, ai piedi dei quali ogni anno i viaggiatori lasciano collane di fiori, lettere con desideri e regali, in attesa che lo spirito di Merlino venga risvegliato. Oggi, dove un tempo sorgeva la fortezza di Vivian, c’è il CASTELLO DI COMPER, sede del “Centre de l’Imaginaire Arthurien” (Centro dell’Immaginario Arturiano), un museo che ripercorre la leggenda di re Artù attraverso quadri, scritti, filmati e bellissime riproduzioni a grandezza naturale dei personaggi principali. Si prosegue in macchina verso Concoret – Neat Sur Yvel per andare a trovare la QUERCIA DI GUILLOTIN, un vecchio albero di piu’ di 1000 anni, con un diametro di oltre 9 metri ed un’apertura che accoglie comodamente anche un uomo. La quercia è conosciuta anche come l’albero di Eon l’Etoile, una singolare figura di monaco-eremita che fu protagonista di una vicenda di ribellione popolare contro i signori medievali e che venne ritenuto ispirato da Mago Merlino. Continuiamo il percorso tra questi luoghi magici e, senza dubbio, da non perdere in questo labirinto di maestosa natura ci sono: La Valle Senza Ritorno (Val Sans Retour), la Fontana della Giovinezza e, ovviamente, la tomba del “piu’ grande Mago di tutti i tempi”! LA VALLE SENZA RITORNO è il luogo dove la leggenda vuole vivesse Morgana, la sorellastra di Re Artu’, e dove lei incontrasse i suoi amanti. Uno di loro la tradì e lei, per vendicarsi, lo trasformò in roccia (la famosa Roccia dei Faux Amants) e da qui la leggenda dell’incantesimo di questa valle: tutti gli amanti fedeli la possono percorrere in tranquillità, quelli infedeli,

invece, ne rimangono intrappolati. Il sentiero che percorre la valle ci fa incontrare, uno dopo l’altro, luoghi affascinanti e misteriosi. LO SPECCHIO DELLE FATE (Miroir aux Fees), un piccolo lago dalle acque tranquille dove, appunto, ci si puo’ specchiare e dove le graziose Fate si narra leggessero il futuro gettando nell’acqua un seme di frumento. Fermandosi un attimo sulle rive di queste acque, si puo’ percepire una grande energia ed essere invasi da una grande serenità…. Fatelo. . . e volerete su queste calme acque insieme alle amiche fate….. L’ORO DI BROCELIANDE, un castagno ricoperto d’oro e circondato da cinque alberi neri. Questa, in realtà, è una scultura creata da Francois Davin dopo un incendio che distrusse la foresta negli anni ’90, per rappresentare il potere rigenerativo di questi boschi. Dove gli alberi sono più rari e la vegetazione si fa brughiera, ci si imbatte nei luoghi dove Viviana, con un incantesimo rappresentato da 9 cerchi magici, rinchiuse Merlino in una prigione d’aria (vedi la leggenda narrata sopra). La natura stessa della prigione fa immaginare quanto sia impossibile individuare un posto preciso della foresta dove supporre possa trovarsi il luogo della sepoltura di Merlino. Ed è proprio questo l’aspetto piu’ affascinante: ovunque, passeggiando in questi boschi all’ombra delle verdi foglie profumate, si puo’ sentire la presenza magica dell’eterno prigioniero. Perché la magia esiste, dove una persona la vuole e sa vedere, e in alcuni luoghi si puo’ percepire come realtà e leggenda si siano fuse e diventate una cosa sola… è una sensazione bellissima…io l’ho provata… e sono certa la proverete anche voi……

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A prima vista, la TOMBA DI MERLINO non è altro che un megalite conservato neanche molto bene, che poco ha a che fare con la grandiosità della leggendaria figura che rappresenta. Ma avvicinarsi ad essa, lasciare un bigliettino lì o sul vicino albero di agrifoglio accanto ai tanti lasciati da numerosi viaggiatori, insieme a fiori, lettere e regali, mormorare la propria preghiera al mago girando tre volte in senso orario, in attesa che lo spirito di Merlino venga risvegliato, è un’esperienza assolutamente carica di misticismo e di grande emozione, che apre il cuore e sgombra la mente…… Poco lontano dalla tomba di Merlino, c’è la FONTANA DELLA GIOVINEZZA, dove si gettano monete chiedendo la realizzazione di desideri collegati alla salute.

Ecco….. ora possiamo andare via questi luoghi, lasciandoci alle spalle l’eco di voci lontane… Merlino, Viviana, Morgana, re Artu’ e i suoi cavalieri… e nella mente il “rumore” leggero e quasi impercettibile dei loro Spiriti eterni che volano in mezzo alle foglie dei fitti alberi della foresta di Brocéliande……

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04/2015. 05/2015. Lughnasadh Samhain Il Il calderone calderone 05 33


IL MELO

di Susa Morgan Black

Tradotto da Daniela Ferraro Pozzer

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el Tempo di Samahin un albero dai frutti antichi e leggendari si impone con inevitabile forza: è QUERT, Il MELO. Un bellissimo articolo di Susa Morgan Black, druida americana dell’OBOD, ne raccoglie i significati ‘magici e mitologici’ dandoci una visione generale della sua presenza nella storia e nel folklore di molte ‘antiche genti’ e rafforzandone la simbologia che ancora lo accompagna sugli altari delle nostre Radure Sacre e, nel mondo materiale, in questo nostro ciclico cammino verso l’oscurità ed il ‘dentro’. Abbiamo tratto dei brani significativi da questa interessantissima ricerca che è consultabile, per intero ed in lingua inglese, anche qui http://susa-morgan-black.net/

L'albero del melo è il più antico albero coltivato in Europa. (Haganeder, pag. 177) Resti

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pietrificati di fette di mela su piattini sono stati trovati nelle tombe risalenti a più di 5000 anni fa. I Greci ei Romani piantarono alberi di mele durante i rispettivi imperi. Le proprietà curative* delle mele sono state riconosciute dai guaritori tradizionali là dove l'albero apparve. La relazione dell'uomo con gli alberi di melo risale quindi alla preistoria. Il melo comune (Malus sylvestris) è originario dell'Europa e dell'Asia occidentale. Ha un tronco corto e può crescere fino a quaranta piedi. Ha cuscinetti di fiori bianchi con sfumature rosa e fiorisce in primavera. Il frutto matura in estate. La mela ha un nucleo a forma di stella che viene spesso utilizzato nel Druidismo e nella Wicca come un pentagramma naturale (Hopman, pagina 87). Nell’Ogham di Cuchulain, la mela è descritta infatti come un emblema di protezione (Blamires, pag. 143) perché il pentacolo nel suo centro rappresenta un potente talismano. L'antico nome di Glastonbury era

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infatti Avallon, che significa 'L'Isola delle mele' nell'antica lingua inglese. Nella tradizione celtica, l’Altromondo di Avalon era infatti anche conosciuto come la Avallach e governato dalla Regina delle Fate, Fata Morgana (Freeman, pagina 196). Questa è la terra delle fate e dei morti, dove Re Artù è stato portato per essere guarito dalla sorella, Morgana. Come i loro cugini del Nord, i Celti attribuivano il potere di guarigione e di eterna gioventù, o addirittura di rinascita, alle mele. Il melo è uno degli alberi magici dell'albero alfabeto celtico Ogham, il suo nome Ogham è Quert. Secondo Plinio, ai suoi tempi c’erano già ben 22 varietà di melo in tutto il mondo, ma ora si stima che ce ne siano oltre 2000. L'Apple Crab, l’albero di melo indigeno della Gran Bretagna (simile alle attuali alberi di mele per il sidro), è un membro della


Nome botanico: Pyrus malus o communis Famiglia: malus / communis Ogham: Quert Gaelico scozzese: Crann Ubhall, ubhal- fi adhaich, C첫irt Gaelico irlandese: Crann Ull, Aball Gallese: Afallen; pren afalau, afal Francese: Pomme 05/2015. Samhain Il calderone

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famiglia della Rosa, che comprende altri alberi ‘magici’ per i druidi, presenti nell’Ogham, come il sorbo selvatico, il biancospino ed il prugnolo.

NELLA TRADIZIONE DRUIDICA La pianta sacra ai Druidi, il vischio, si trova spesso sul melo, il che lo rende un albero particolarmente sacro a questa tradizione, insieme alla Quercia. Nella tradizione druidica irlandese, il Silver Bough ( il ramo d’argento) viene tagliato da un albero di melo magico, dove le campane a forma di Mela d'argento hanno suonato una melodia mistica, che può indurre nelle persone uno stato di trance. I Druidi potevano così entrare in contatto con l'Altromondo durante una trance arricchita da questo ramo di mele d’argento. L’albero di Melo è quindi strettamente legato ai Druidi nel loro aspetto di maghi e sciamani. L'albero è spesso utilizzato quando il druido subisce una trasformazione magica o viaggia nell’Oltremondo. Nel viaggio di Bran, una donna ‘otherworldly’ appare con un ramo di melo carico di campane, estasiando Bran con racconti meravigliosi dell’Oltremondo. Così egli è rapito da questa fanciulla con il magico ramo di melo che salpa subito per le rive incantate verso le avventure epiche del suo viaggio (Blamires, pagina 142). Nella tradizione druidica l'essenza di tre mele sacri che crescono sul albero della conoscenza proviene da tre gocce cadute dal calderone di Cerridwen, che corrispondono al simbolo sacro dei Druidi, i tre raggi di luce (Gifford, pagina 99). Si racconta che l druido Merlino lavorasse in un Magico Bosco di Meli custodito da uccelli, a lui

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rivelato dal suo maestro, Gwendolleu. Narra la leggenda anche che, per ricevere il dono della profezia dalla Regina delle Fate, conferito attraverso il consumo di una delle sue mele magiche, a Merlino fosse stato consigliato di mettersi al riparo sotto un albero di mele durante il suo incontro con la follia.

OGHAM Il nome Ogham per Apple è 'Quert. Secondo l’Ogham di Morainn Mac Mon, Quert significa 'il Melo è rifugio di una cerva, pazzi di cerve'. (Mountfort, pagina 99). Secondo l’ Ogham di Oengus, Quert è invece la 'forza di un uomo', ed è sinonimo di salute e vitalità, sia in un uomo che in una donna. “La mela si trova nel cuore del bosco Ogham ed è la fonte della vita. E 'dalla mela che riceviamo guarigione, rinnovamento, rigenerazione e completezza, soprattutto dopo essere stati feriti, esausti, e nel male” (Mountfort, pagina 100). Quert aiuta a riposare e guarire dalle contese, la malattia, la stanchezza, o lesioni in genere sia fisiche che spirituali. E 'un invito a ritrovare il nostro senso di pienezza e di connessione con la natura. Associato con la sacra isola di Avalon, la mela rappresenta il riposo e la guarigione, il recupero, e un tranquillo rilassante viaggio nell’Oltremondo verso l'isola magica presieduta dal Fata Morgana e dalle sue sacerdotesse Druidi. Il melo e è associato alla Signora del Lago, una ‘Faerie’ mistica che ha insegnato le arti curative ai mortali’. Ma il Melo può anche significare che si avrà la possibilità di guarire gli altri, e indicare un percorso di apprendimento, in tal senso, per noi

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stessi invitandoci a collaborare con 'la follia divina dello sciamano'. Il Melo ci chiama a un viaggio per l'Altromondo dai molti nomi Avalon, Avallach, Tir na Og, Eamhain Abhlach e rappresenta anche, quindi, il guerriero spirituale che non teme di viaggiare al di là del regno mortale ad affrontare la morte, sacrificio e difficoltà, al fine di benefici per la sua tribù. La mela rappresenta il rifugio e la protezione per questi intensi viaggi sciamanici (Blamires, pagina 143). In termini moderni, Quert ci invita ad avere il coraggio di essere diversi, al fine di scoprire la nostra verità. La mela offre protezione, forza, conforto e sollievo per il nostro viaggio.

FOLKLORE Folklore inglese e celtico Le mele sono talvolta sepolte nei cimiteri nel tentativo di alimentare i morti. Le Mele simboleggiano anche la rinascita. In Irlanda la ricerca della saggezza si completa seguendo una cerva bianca sotto un albero di melo selvatico Apple (Pepper). In un racconto irlandese Medievale Connla la Fiera, un principe irlandese, si innamorò di una bella donna ‘Faerie’, giunta sulle rive irlandesi in una barca di cristallo. Lei gli offrì una mela dal mondo di


Faerie: il suo morso fu fatale ed il principe fu suo per sempre. Così essi salparono per la sua magica isola dove gli alberi portavano sia frutta che fiori, e l'inverno non esisteva. Lì, continuando a mangiare mele rimasero giovani per sempre. (Freeman, pagina 197) . Un melo dell’Oltremondo produce magicamente una musica che può dissipare 'tutti i guai e la stanchezza dell'anima' (Freeman, Pagina 197) . Nella tradizione irlandese, il Dio Oengus ha tre meli miracolosi del bosco magico, Bruig na Bóinde (New Grange) : uno era sempre in piena fioritura, uno spargeva i suoi fiori, e uno la frutta (Mountfort, pagina 103). L'abbattimento deliberato di un albero di mele era punibile con la morte nell'antico diritto irlandese (Gifford, pagina 97). Thomas the Rhymer, di Ercledoune, nel 13 ° secolo in Scozia, è stato avvertito di non mangiare la mela dell’Oltremondo offerta dalla Regina delle Fate, o non sarebbe stato in grado di tornare alla vita mortale. Bardi (poeti) e Ovates (sciamani) portavano rami di melo (con campanelli di bronzo, argento o oro ), chiamati Craobh Ciuil (Filiale della Ragione), come simboli della loro ruolo (Blamires, pagina 142). Nel CAD Goddeu (La Battaglia degli alberi) gallese, il Melo è descritto come l'albero più nobile di tutti, l'albero che simboleggia l'immortalità poetica (Gifford, pagina 97).

al forno o arrosto, birra marrone o sidro, miele, chiodi di garofano, cannella, noce moscata, zucchero di canna, e zenzero. Durante molti giochi tradizionali scozzesi e irlandesi di Halloween si usa gettare mele in una vasca o in un calderone pieno d'acqua, poi i partecipanti tentano di afferrare le mele con i loro denti. Un altro gioco è quello di appendere una mela ad una stringa, e tentare di afferrarla con i denti. Le mele sono abitualmente una parte della 'Cena Dumb', una festa silenziosa in onore dei morti che si tiene a Samhain. I partecipanti apparecchiano un posto a capotavola per gli antenati, e non una parola deve essere pronunciata durante la Cena. In alcune di queste cerimonie coloro che portano i piatti camminano all’indietro e non guardano direttamente nel luogo fissato per i morti. Finita la festa, il cibo avanzato e i piatti cerimoniali sono lasciati fuori, nel bosco, per gli spiriti. Si tratta di una potente cerimonia di comunione con i morti. Eventuali mele non raccolte e rimaste sull'albero dopo Samhain sono lasciate per gli spiriti. I meli possono essere utilizzati come 'alberi Clootie. Questa è la tradizione: trovare un nastro o una striscia di stoffa che rappresenta il tuo desiderio più profondo, legalo tra i rami di un albero di mele. Quando il panno man mano consumandosi andrà via, il tuo desiderio si avvererà.

Come per tutti gli alberi i cui frutti sono la base di bevande alcoliche, il melo ha stretti associazioni con l'ispirazione divina e la poesia (Gifford, a pagina 94).

Le mele a Samhain hanno grande rilevanza anche nei tradizionali rituali di profezia. Sbucciando una mela davanti allo specchio e gettando la buccia sulla spalla sinistra, si narra che una fanciulla sarà in grado di riconoscere l'iniziale del suo futuro marito.

La ricetta del Wassail Bowl è giunta fino a noi ed è a base di mele

In Gran Bretagna si è soliti ornare con nastri il melo più vecchio nel

frutteto durante ‘la dodicesima notte’ (o 6 gennaio o la dodicesima notte o il 17 gennaio) per allontanare gli spiriti maligni e per produrre un bel raccolto di mele nella primavera successiva. L'albero più vecchio si chiama Apple Tree Man, ed è il guardiano di tutti gli alberi del frutteto. Ci sono molte tradizioni legate a questo rito, fra le quali il versare sidro di mele attraverso le radici. Un pane imbevuto di sidro di mele è posto tra i rami per i pettirossi, che incarnano lo spirito dei meli. Alcuni celebranti bevono sidro caldo e cantano canzoni (Wassail) tradizionali. Wassail probabilmente deriva dalle parole anglosassoni, Wes Hal, che significa buona salute. L'ultima mela è spesso lasciata sull'albero al momento del raccolto, per l’ Apple Tree Man, per garantire un buon raccolto l'anno successivo (Paterson, pagina 116).

FOLKLORE AMERICANO Johnny Appleseed John Chapman (nato a Leominster, Massachusetts, il 26 settembre 1774, e morto a Fort Wayne, Indiana, a 70 anni, il 18 marzo 1845), noto anche come 'Johnny Appleseed', piantò una popolare varietà americana, la Jonothan Mela, attraverso il deserto americano alla fine del 1700 e l'inizio del 1800. Esistono ancora i suoi frutteti a New York, Pennsylvania, Ohio, Illinois, Indiana e Kentucky, e alcuni degli alberi originali da lui piantati più di 200 anni fa, portano ancora frutta (Gifford, a pagina 94). Johnny Appleseed ha trasceso la storia per diventare una figura del folklore americano. Egli aveva fama di essere una specie di uomo gentile il cui sogno era quello di piantare alberi di mele in tutto il paese in modo che nessuno, né europeo né dei nativi

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americani, avesse mai fame. E’ rimasto nell’immaginario popolare americano come un individuo robusto che camminava a piedi nudi indossando abiti fatti di sacchi, con un vaso di latta per cappello nel quale cucinava, e che in e dormiva all'aperto, con in mano una Bibbia e una tasca piena di semi di mela. La sua gentilezza era estesa anche agli animali, e ci sono racconti su di lui che narrano giocasse con i serpenti e gli orsi del deserto. Un elemento popolare di britannici e americani è l'Apple Doll. Per farne una, occorre separare una grossa mela, lasciando un po 'di pelle in alto e in basso per spingere la mela ad asciugarsi in una forma dalla testa arrotondata. La testa di mela sarà poi appoggiata su un bastone e lasciata asciugare per tre o quattro settimane. Alla testa sarà poi collegato un corpo fatto di panno e capelli di lana o filo.

FOLKLORE GIUDAICO CRISTIANO Nella mitologia giudaico-cristiana la mela è l'albero della Conoscenza proibita che ha dato ad Adamo ed Eva la loro conoscenza del bene e del male. Oggi si ritiene che il frutto originale di cui la Bibbia racconta fosse invece un melograno, ma quando la leggenda viaggiò verso l'Europa occidentale, il frutto fu sostituito dalla loro ‘sacra’ mela.

FOLKLORE NORRENO Nella tradizione norrena il Melo è l'albero dell'immortalità. La Dea Idunn era la custode delle mele che alimentava gli Dei e le Dee norvegesi per mantenerli per sempre giovani. Bacchette di melo erano

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utilizzate anche nei rituali d'amore norvegesi. Per i Norvegesi le mele rappresentavano lunga vita, saggezza e amore.

FOLKLORE GRECO La Dea Terra, Gaia, donò ad Hera, la Regina del Cielo, un albero di mele quando questa sposò Zeus. L’albero fu piantato nel Giardino delle Esperidi e custodito dal drago Ladone. Una delle note ‘fatiche di Ercole’ fu proprio quella di andare a prendere una mela da quell'albero. Paride espresse il proprio giudizio e dichiarò Afrodite, la dea dell'amore, la più bella fra le dee… donandole una mela.

FOLKLORE POLACCO Nell'antica Slesia (oggi parte della Polonia), il melo è considerato ‘l'albero del sogno'. Dormire sotto l'albero potrebbe indurre sogni premonitori e anche semplicemente il porre una mela sotto il cuscino la notte di Capodanno, indurrebbe un ‘sogno-di-mezzanotte’ in ogni giovane donna permettendole di vedere il viso del suo futuro marito (Altman, pagina 190). Folklore europeo Nel lato oscuro delle fiabe medievali, come Biancaneve, la regina (una potente maga) usa una mela magica per maledire la giovane principessa e condannarla al sonno infinito. La chiesa medievale credeva che mele incantate potessero causare possessione demoniaca.

DIVINITÀ Le mele sono associate a molte divinità europee: Divinità celtiche: Morgan Le Fay,

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Cerridwen, Olwen Divinità norvegesi: Idunn, Freyja Divinità greco: Afrodite, Dioniso, Apollo, Hera, Gaia, Athena e Zeus Divinità romane: Pomona, Diana, Venere, Cupido, Giove Medio Oriente Divinità: Ishtar, Shekinah, Astarte, Astarte

VISUALIZZAZIONE: OTHERWORLD: VIAGGIO CON IL MELO In un pomeriggio caldo d'estate, il profumo delizioso di fiori di mela ti spinge a lasciare la strada solita per andare a cercarli: comincia così con naturalezza un’escursione tra i boschi in cui immediatamente vedi che devi attraversare un ruscello fresco, per scoprire una collina sulla quale trovi un bel frutteto. Stanco, ti butti giù sull’erba sotto l'albero più antico del frutteto - avvizzito e nodoso, ma ancora recante i caratteristici fiori rosa pallido. Il profumo è delizioso, e la sonnolenza cresce con il calore e l'aroma, senti che cominci ad andare alla deriva , fuori di te, e dormire. Il suono delle campane tintinnanti dolcemente ti risveglia. Apri gli occhi e sopra di te l'albero è miracolosamente carico di frutti. Le mele brillano di un bagliore interno, e non riesci a resistere al desiderio di assaggiare una. Ma come fare a raggiungere i rami alti? Con quelli bassi sarebbe facile ma per gli altri, carichi di mele luminose, è necessario salire sull’albero. Con un potente balzo, afferri il ramo più basso e poi ruoti il tuo corpo per avvicinarti al tronco , così cominci ad arrampicarti, mano a mano, ramo a ramo, un piede e poi l’altro… sempre più in alto per raggiungere quei frutti che sembrano voler sfuggire. L'estremità dei rami sono scampananti, quelle inferiori in


bronzo. Senti i loro toni profondi mentre ci sali sopra e , man mano che vai in alto senti una brezza e noti che questi altri rami invece terminano con campanelli d'argento delicatamente tintinnanti. Il vento soffia più forte e cominci a fare fatica ad arrampicarti ma ancora più in alto vedi che i campanelli cominciano ad essere d’oro. Guardando in basso ormai non è più possibile vedere il terreno, ma solo il lungo tronco che si estende verso il basso, attraverso i rami. Guardando sopra, tutto quello che vedi sono le delicate foglie verdi, fiori rosa, e molto al di sopra, le mele incandescenti. Improvvisamente, ti rendi conto che tutto il tuo mondo è un albero di mele, e che sei preso in un viaggio senza tempo tra i suoi rami. Strisciando su un ramo robusto tenti un'ultima volta di afferrare una mela sfuggente, allungando al massimo il braccio mentre agganci un ramo con le gambe… sì, ora sei in grado di raggiungere uno di quei frutti meravigliosi, lo prendi e lasci scattare via il ramo che tintinna con decisione. La mela è ora nelle tue mani, quasi pulsante di vita. Con attenzione, ti ritiri per la sicurezza verso il tronco. Mordi finalmente il frutto, e sei sopraffatto dal gusto stimolante che va da amaro tagliente al dolce. Il suo profumo ed il suo sapore ti riempiono la testa… e poi tutti i sensi, e viaggia verso il basso del tuo corpo illuminandolo fino a quando si è completamente riempito di luce. Tu ora sei uno con l'albero, non ha più paura del forte vento, o di cadere. Puoi vedere lungo il tronco fino alle radici e sentire il terreno comune da condividere con questo albero, e tutti gli alberi. Senti la storia dell'albero mescolata con quella della tua tribù, per la mela che ha alimentato gli esseri umani con i suoi frutti magici da tempo

immemorabile. I miti del melo sono i miti centrali della tua razza, è uno dei potenti alberi mitologici. Ora guardi in alto nella chioma di questo albero, e vedi il futuro. Perché questo albero ci porta con sé nel futuro. Poi nei ricordi… poi comprendi: il Melo è l'Albero della Conoscenza. Ti senti forte e tutt’uno col Tempo perfettamente capace di comprendere ogni cosa… e ti svegli. Ancora una volta ti ritrovi alla base dell'albero. Sei sveglio e riposato. Guardi accanto a te e trovi una bacchetta di melo con nove piccole campane fissate ad essa. Esprimi la tua gratitudine al Vecchio Uomo Melo per questo dono e lasci un dono per lui: forse la promessa di piantare un albero di mele nelle sue vicinanze.

*GUARIGIONE Una mela al giorno toglie il medico di torno. I nostri antenati hanno fatto affidamento sulla mela per rimanere in buona salute. Molte leggende popolari associano la mela con la bellezza,di lunga durata e la gioventù restaurata. Green Man Essence: Apple (Malus domestica): "disintossicazione". Aiuta l'eliminazione delle tossine a tutti i livelli e porta in energie spirituali. Trasforma le emozioni negative. Fiori di Bach: il Crab apple cura disistima in se stessi, sconforto, ossessioni, pignoleria, e l'ansia. Mele: rafforzano l'intero metabolismo, bilanciano la digestione, stimolano la produzione di sangue e il metabolismo dei grassi, e aiutano a ripulire il sistema. Hanno anche un effetto diuretico, febbrifugo, proprietà rilassanti, e stimolano l'appetito (Haganeder, pagina 177).

Le mele contengono zuccheri, aminoacidi, magnesio, ferro, potassio, carboidrati, vitamine C, B e B2, fosfati, acido tartarico, pectine e sali minerali. Esse sono prescritte per le infezioni intestinali, stipsi, stanchezza mentale e fisica, ipertensione, reumatismi, gotta, anemia, bronchite, ritenzione urinaria, disturbi epatici, disfunzioni gastriche e renali, raucedine, tosse, e l'eccesso di colesterolo nel sangue (Hopman, pagina 89 ). Le mele possono essere consumate crude, in succo, o addirittura trasformate in un impiastro contro le infiammazioni. L’aceto di mele ha enormi proprietà rinvigorenti.. Nella guarigione popolare, strofinando due metà di una mela a fette su una verruca e poi seppellirle, eliminerà la verruca. Purè di mele marce possono essere utilizzati come un cataplasma per curare il mal d'occhi (Altman, pagina 140). Secondo l’ erborista scozzese, Mary Beith, un decotto era fatta di mele e bacche di sorbo, addolcito con zucchero di canna per curare la tosse convulsa nelle Highlands (Darwin, pagina 151).

RICETTE VELOCI: Spuntino del pomeriggio: una mela a fette e un buon formaggio tagliente. I due sapori si completano a vicenda meravigliosamente! *** Sandwich piccante di mela: spalmare una crema di salsa al rafano su due fette di pane, metterci sopra due fette di mela e il vostro formaggio preferito e mettere in forno caldo per pochissimo tempo fino a quando il pane avrà preso colore e il formaggio è fuso. Assolutamente delizioso! *** Insalata di mela: Prova a mescolare foglie di spinaci, uvetta e mele a fette, con un succo di limone, olio d'oliva e di sidro di mele o aceto!

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ŠSIAE

di Markus Juniper

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IL NONNO MITOLOGIA E STORIA Il Tasso comune (Taxus baccata L.)

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ei nostri boschi è ormai rarissimo e, anche quando troviamo un esemplare di questo albero, viene spesso scambiato con un Abete (Abies spec.), perché specialmente quando è ancora 'giovane',e questo per lui vuol dire no a 50 anni ca., cresce in un modo simile: non solo il suo habitus ma anche la disposizione, forma e grandezza delle sue foglie, sono molto somiglianti a quelle dell'Abete. In Italia sono rimaste poche e piccole popolazioni di quest'albero. Una ragione storica è il suo abbattimento per il legno prezioso. Ma le ragioni recenti sono più di carattere climatico. Il tasso è il relitto di un periodo più umido, come dimostrano alcuni studi recenti; infatti oggi questi alberi si trovano insieme ad altri che presentano una propensione per il clima o montano (faggi, castagni) o umido, come vallate boscose in media collina. In questi condizioni oggi l'albero ha più competizione per la luce ed il

risultato è che produce pochi semi e di conseguenza la riproduzione e scarsa. L'uomo era attratto da questa pianta già dalla antichità...e lo è ancora oggi. Cosi sia la specie che le sue varietà abbelliscono luoghi sacri, parchi e giardini. Le sue forme e varietà ornamentali sono numerose e spesso diventa di cile riconoscere la pianta. Tra le conifere (Pinales) il tasso o Albero della Morte, fa parte della famiglia delle Taxacee (Taxaceae) ed è la unica specie in Europa. La sua distribuzione va al nord no in Irlanda (vecchio nome: 'lerne' = isola dei tassi) e Norvegia, mentre nel sud raggiunge il Nord del Africa e verso est il medio oriente. In Italia le popolazioni più notevoli si trovano nella foresta umbra, sul Gargano e sul Monte Nero in Romagna. Molto speciale è un bosco di alcuni ettari quasi composti di soli tassi, in Sardegna. Nelle zone sud delle Alpi l'albero preferisce i terreni leggermente calcari, mentre più a nord cresce su terreni di diversi tipi.

Il nome scienti co del genere viene dal greco: toxicon = veleno o toxon = arco, mentre il nome della specie ha un origine latino: baccatus = utti simili alle bacche. I nomi celtici sono numerosi, per esempio: ivo, ibar e eborus. Il suo nome tedesco, Eibe, può derivare da ibar che veniva usato in tempi celtici nell' Europa centrale. Nell' alfabeto runico più antico, il 'futhark', la 13. runa si chiama ihwaz o eiwaz ed è il sinonimo per 'tasso'. La pianta è sempreverde e la sua crescita è all' inizio piramidale mentre con l'invecchiamento della pianta i suoi rami scendono sempre di più e, specialmente in luoghi aperti, un singolo albero si può allargare tanto da creare spazi simili a

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grandi tende con un diametro fino a 20 m (Galles, GB). In altezza può arrivare fino a 30 m nelle montagne del Caucaso, mentre nel resto dell'Europa la sua altezza massima è ca. 15 m. Spesso si dirama anche la punta dell'albero, cosi la forma della sua chioma si allarga. Il tasso può raggiungere più di 1000 e forse fino a 4000 anni e specialmente nel Centro-Nord dell'Europa ci sono numerosi esemplari di questa età. Le foglie del tasso sono verde scuro sulla superficie superiore e grigio argento sul lato inferiore. Lunghe 1-3 cm le sue foglie aghiformi finiscono in una punta acuta, ma non pungono! Le foglie sono disposte in due file sui rami orizzontali ed a spirale su rami verticali. La pianta è in genere dioica: fiori femminili e maschili sono su esemplari diversi. In rari casi si trovano anche alberi monoici e è stato

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notato anche il cambiamento da pianta maschile a pianta femminile. I fiori maschili producono in primavera nuvole di pollini e possono creare disturbi allergici a persone sensibili. Dai fiori femminili può crescere dopo l'impollinazione un frutto rosso che comprende un unico seme. Si chiama Arillo.

re archi, balestre, calci di fucili, spine varie, strumenti musicali e mobili. È molto robusto nel tempo, il più vecchio artefatto umano è una lancia di tasso di ca 150.000 anni fa. In Europa centrale, come abbiamo già detto, nel passato popolazioni intere di questo albero sono state spesso abbattute per il suo prezioso legno.

Il tronco del tasso è molto caratteristico per la sua corteccia irregolare e di colore rossiccio-marone.

Tutte le parti dell'albero sono molto velenose, solo il frutto rosso (ma non il seme!) è commestibile e viene mangiato volentieri dagli uccelli. Responsabili per la sua velenosità sono alcaloidi come la tassina (tassicantina). 50-100 grammi di foglia macinata sono letali per una persona. Dalla corteccia specialmente vengono però estratte delle sostanze per produrre il “Taxolo” un farmaco antitumorale che si usa nella chemioterapia.

Spesso diventa vuoto in esemplari secolari. Cosi aumenta anche la sua stabilità perchè in seguito ha la capacità di produrre delle radici interne le quali crescono giù nel vuoto del tronco e creano un nuovo ancoraggio nella terra. Il legno è il più duro tra le conifere, ha una grana fine che lo rende molto elastico. Il colore del legno è arancio-brunastro e se lucidato crea un effetto veramente molto speciale. Viene usato ancora oggi per costrui-

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Per i celti, il tasso era una pianta di grande potere, forse il albero più sacro. Lo chiamavano “L' uomo saggio” o “il nonno di tutti”. E non


solo: per loro il Tasso era capace di essere una 'porta' sia per i morti, quali potevano salire verso la luce, sia per i viventi che potevano scendere verso il buio e l'altro mondo. Cosi è anche nel Ogham celtico (I - Idhadh) dove esso rappresenta la morte e la rinascita, il ciclo senza fine, la trasformazione e l' accesso ai antenati e al Grande Spirito. Nella Ruota dell' Anno il sole muore in questa stagione ucciso da una freccia di tasso! I romani raccontavano che in questo periodo di Samhain i druidi portavano un rametto di tasso alle cerimonie. Per i germani era simbolo della dea Rinda, uno delle deità della terra e della fertilità ( le legende dicono che Odin voleva tanto il suo amore ….). Per la sua lunga vita simbolizza anche l'Eternità e quindi è la guida delle anime prima che esse arrivino nell' Altromondo. Greci e Romani vedevano il tasso vicino ad Artemis e Hekate, le dee della magia e del buio. Oggi, alcune persone usano il tasso per aiutare a far riemergere i ricordi delle vite precedenti: dicono che questo albero funga da specchio della 'coscienza eterna' di ciascuno. Il Tasso viene visto come pianta lunare che crea una connessione tra la Luna e la Terra. Così, quando lo troviamo nei parchi o giardini possiamo pensare alla sua grande storia. Anche una visita nei luoghi in cui si trovano numerosi esemplari di questo albero aiuta la meditazione. Magari abbiamo uno spazio nel nostro giardino, con una terra fertile e umida, non acida?

Bibliografia Brandolin Chiarababba, S. (Editrice) (1984): Dizionario di Botanica. Milano (I) Buff, W. , Von der Dunk, K. (1981): Giftpflanzen in Natur und Garten. Augsburg (D) Cotterell, A., Storm, R. (2007): The ultimate encyclopedia of mythology. London (GB) Fry, J. (2015): The Ankerwycke Yew. Ammanford (GB) Gottwald F.-T. & Rätsch, Ch. (2000): Rituale des Heilens. Aarau (CH) Hageneder, F. (2006): Die Weisheit der Bäume. Stuttgart (D) Humphries, C., Garrad, I., Kremer, B.P. (1990): Der Kosmos Baumführer. Stuttgart (D) Kindred, G. (1997): The tree ogham. South Wingfield (GB) Krause, A.(2007): Die Welt der Kelten. Frankfurt (D)

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TRE CALDERONI "TRE CALDERONI NASCONO DENTRO OGNI PERSONA" di Erynn Rowan Laurie

Traduzione di Daniela Ferraro Pozzer

In questapoesiasonodescrittitreCalderoni.Lihochiamati:ilCalderone dell’Incubazione, il Calderone del Movimento, e il Calderone della Saggezza. La parola usata per indicare "incubazione" (goiriath) può anche significare "riscaldamento", "sostentamento", o "manutenzione". Nel brano si afferma che questi tre Calderoni nascano insieme ad ogni persona, dentro di essa, prendendo invece la proprio forza ‘deifica’dall’esterno , da un enorme mistero.SidicecheiCalderoniconferiscanonobiltàd’animoagliesseriumani attraverso il processo di creazione della poesia e l'effusione di "un flusso terrificante di parole dalla bocca." La mia esperienza e le osservazioni degli altri mi inducono a collocare i Calderoni all'interno del corpo esattamente dove si possono collocare i chakra. Si dovrebbe comprendere però che questi ‘Calderoni’ non sono identici ai chakra, e il loro funzionamento è diverso. Invece che "ruote" di energia, essi sono contenitori, che conservano o lasciano traboccare sostanze diverse. All'interno di questi Calderoni si possono riscaldare, bollire, o ‘cucinare’ la salute, i talenti, le emozioni, la saggezza o l’ispirazione poetica di ciascuna persona. - Il Calderone dell’incubazione è nell’ addome, in posizione verticale in ogni persona. E 'in posizione verticale in quanto ciò è necessario per mantenere sicuro al suo interno il proprio stato di salute e la sopravvivenza di base. Questo calderone potrebbe rovesciarsi su un fianco in caso di malattia grave, o girarsi completamente ("sulle sue labbra") a testa in giù o in punto di morte fisica o durante una esperienza di pre-morte. - Il Calderone del Movimento è nel torace. Si dice che in alcune persone nasca su-un-fianco. Questo è il calderone che elabora ed esprime le nostre emozioni, e da cui nascono le prime scintilledell'arte poetica. Nella posizione laterale inclinata riesce a contenerne solo poche, e deve essere ‘raddrizzato’ attraverso la comprensione, l’espressione, e la trasformazione di potenti emozioni per raggiungere una posizione completamente eretta. Credo che questo calderone centrale, sia fondamentalmente quello che determina l'accesso al prossimo calderone secondo i nostri talenti innati. - Il Calderone della Saggezza è nella testa, e nasce "sulle sue labbra" in tutte le persone… vale a dire capovolto. Questo calderone viene infatti attivato attraverso la formazione del sé e attraverso l'ispirazione deifica. I suoi doni non si limitano alla poesia ma si dice che siano "oltre ogni arte." Nell'immaginario del Pozzo della Sapienza, come descritto da Manannan (nota 1), le persone in cui questo calderone è attivo sono quelle che hanno bevuto dal pozzo e nelle quali sono fluiti quindi tutte le sue ricchezze. Questo calderone "ingrandisce ogni artigiano comune", portandolo al di là delle capacità umane finoad un livello di attività creativa semi-divina, e "costruisce una persona attraverso il proprio dono." Gli irlandesi credono che ogni persona sia in grado di superare i limiti della propria condizione iniziale di vita, infatti essi dicono: "un uomo è meglio che alla sua nascita" (nota 2), e questa filosofia è chiaramente mostrata in tutta la poesia e nell suo commento. Le qualità di questi Calderoni possono essere pensate come simili ad una triade di concetti yogici (nota 3) nello stesso modo in cui i Calderoni stessi hanno una vaga somiglianza con i chakra. Ciò può indicare un patrimonio

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indoeuropeo comune per questi concetti di strutture energetiche interne ed il loro funzionamento. - Il primo di questi concetti yoga, tamas, che significa oscurità o pesantezza, potrebbeesserecorrelatoallequalitàpresentinelCalderonedell’Incubazione. La fisicità è concettualmente più "pesante" e più densa del pensiero, del movimento o dell’ispirazione. Nel pensiero yogico "oscura" lo spirito o l’anima, nascondendola dietro un velo di carne e di debolezza mortale. I Celti irlandesi gestivano questa dicotomia dichiarando che la sede della poesia fosse sia nel corpo che nello spirito. - Rajas è il concetto di Energia. Movimento e trasformazione sono i modi in cui l'energia si trasmette in o attraverso gli oggetti. Il Calderone del Movimento si muove e trasforma le nostre emozioni, infatti si dice che le nostre emozioni ci “muovano” in molti modi. L’Energia si trova nei punti liminali tra questo regno e l'Altromondo, tra giorno e notte, tra estate e inverno. Il Calderone del Movimento è un significativo punto liminare tra il corpo e l'illuminazione della saggezza pura. È il Portale. - Sattva è il concetto di Illuminazione o di purezza. Il Calderone della Saggezza fornisce l'illuminazione e l'illuminazione attraverso i processi di composizione poetica e la Creatività, può nobilitare una persona, "purificandone" le parti più “vili”. La poesia che deriva dalla attivazione dei Calderoni è descritta come "un flusso terribile di parole", "che incute paura" e "vasti e potenti disegni di incantesimi-di-morte." Queste non sono soltanto rime ma sono le parole e le immagini di un immenso potere magico, verità evocate da altri mondi e “nominate”, che agiscono con passione e intensità. Attraverso la nostra poesia, si giunge nel fuoco liquido della Creazione, il fuoco che nasce dal Pozzo della Saggezza. Il fuoco ci riempie fino a quando non si può più contenere, e poi ci riempie ancora di più. La creazione di questa verità, la poesia terribile è intrinsecamente nobilitante, sollevando il poeta dalla più vile delle condizioni all’ Illuminazione. Possiamo vedere da queste frasi che la traduzione della parola imbas come "furore poetico" non è un'esagerazione di questa condizione ‘illuminata’. Questa forma celtica di illuminazione non è fusione gentile con l'unicità dell'universo quanto piuttosto un’ appassionata, e a volte incontrollabile integrazione con il tessuto stesso della realtà. Alle Energie si accede quando tutti i Calderoni si spostano assumendo una posizione verticale: allora effettivamente si sente qualcosa di simile al fuoco che scorre attraverso la testa, in espansione, accelerando e bruciando, come quando Amirgen (nota 4) proclamò: "Io sono un Dio che plasma il fuoco per una testa." La condizione ‘inclinata’ delle caldaie viene identificata con lo stato delle conoscenze del praticante poeta: “Conoscenza, metà della conoscenza, conoscenza piena". Si afferma addirittura che non tutti abbiano la stessa capacità e talento, ma si lascia anche intendere che quello che abbiamo può essere lavorato e migliorato, qualunque sia il nostro stato iniziale. Ognuno di noi possiede doni innati ed è nostro sacro dovere prendere quei regali ed affinarli fino a portarli ad una finitura perfetta. Nel fare questo mostriamo la nostra origine divina come figli degli dei, diventando aes dana o " gente d’arte".


IL CALDERONE Traduzione di Markus Juniper in collaborazione di Lorenzo Gorini

Il mio vero calderone di incubazione è stato preso dagli Dei dai misteri dell'abisso elementale una giusta decisione che conferisce dignitá a ciascuno dal proprio centro che rinnova una terrificante corrente di parole dalla sua bocca, Io sono Amirgen White-knee di anemica sostanza → “pallido nel corpo” , grigio di capelli, concludo la mia incubazione nelle giuste forme poetiche e in colori diversi. Gli Dei non attribuiscono a tutti la medesima sostanza – gettato, invertito, sotto sopra; nessuna sapienza, mezza sapienza, completa sapienza – per Eber e Donn, nel creare una poesia spaventosa, ampi, poderosi tracciati d'incantesimi di morte con voce forte, in silenzio inerte, in mezzo a un equilibrio neutro, nella giusta costruzione delle rime, in questo modo è raccontato il sentiero e la funzione del mio calderone. Io canto del Calderone di Sapienza il quale conferisce merito a ogni arte, attraverso il quale ne aumenta il valore, il quale glorifica ogni comune artigiano il quale modella ogni uomo attraverso i suoi talenti Canto del Calderone del Movimento, che comprende la grazia, accumulante sapienza, che gocciola ispirazione poetica come il latte dal petto materno, questi è l'apice della marea della conoscenza, unione dei saggi corrente di sovranità gloria dell'umile maestria delle parole comprensione svelta

che rinfocola la satira artefice di racconti che accudisce gli allievi che vigila sulle norme vincolanti distinguere la complessità del linguaggio procede verso la musica propagazione della corretta saggezza completa la nobiltà nobilita i non nobili loda i nomi collega le lodi tramite l'azione delle leggi confronta i ranghi il puro bilanciamento della nobiltà con le semplici parole del saggio con le correnti della saggezza, il nobile brodo in quale è bollito la vera radice della sapienza che concede dopo il dovere che viene arrampicato con diligenza che l'estasi della poesia mette in moto che fa tornare la gioia che viene rivelato tramite la sofferenza; questo è l'energia durevole protezione non calante Io canto del Calderone del Movimento Che cosa è questo movimento? Non difficile; una svolta artistica o una svolta artistica seguente o un viaggio artistico, in merito, concede la saggezza buona e la nobiltà e l’onore dopo la svolta. Il Calderone del Movimento concede, è concessa estende, è esteso alimenta, è alimentato centuplica, è centuplicato invoca, è invocato canta, è cantato mantiene, è mantenuto colloca, è collocato supporta, è supportato quieta è la fonte della misura quieta è la dimora della parola quieta è la confluenza della energia che accumula forza. È più grande di tutti i domini è meglio di qualsiasi eredità, ti porta alla conoscenza avventurandoti lontano dell’ignoranza

Note dall’articolo:: Nota 1 - "Cormac's Adventure in the Land of Promise" in Cross, Tom Peete and Clark Harris Slover, Ancient Irish Tales , (Totowa, NJ: Barnes & Noble, 1988). Nota 2 - MacNeill, Eoin, “Early Irish Laws and Institutions” , (Dublin: Burns, Oates & Washburn, 1934).Nota 3 - Eliade, Mircea, “Yoga: Immortality and Freedom” , (Princeton: Princeton University Press, 1969) Nota 4 - per un riferimento: “The Red Branch Tales” Di Randy Lee Eickhoff.

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IL LIBRO

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Le vere ORIGINI DI

HALLOWEEN Sara Bernini, Monica Casalini, Luce e Chiara Rancati.

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IL LIBRO

é

finalmente uscito il libro più atteso nel panorama pagano italiano, dell'Autunno 2015: "Le vere origini di Halloween".

Edito da Anguana Edizioni, è un progetto ricchissimo di interventi, qualitativamente rilevanti, sia in termini di ricerca, che d'esperienza sul campo, maturata in anni di cammino personale o di gruppo. Le pioniere che hanno portato fuori dagli scantinati, una conoscenza in realtà ormai innegabile sono state Chiara Rancati, Alessandra Luce Menegatti, Sarah Bernini e Monica Casalini. Con un gioco di maestria, degno della migliore energia femminile, partendo dalla loro pagina Facebook, sono riuscite a cementare un gruppo di scrittori, strutturando il libro attorno al "profano" di conoscenze tradizionali. Un'ampia parte storica, una sezione mitologica ed una più filosofica e spirituale, sono le fondamenta su cui il lettore potrà costruire la propria visione comprensiva, in merito a questa importantissima festività.

Intervista alle Autrici. di Ilaria Pege

Ma veniamo alle autrici, che mi hanno concesso questa piacevolissima intervista, per raccontare com'è nato il progetto e il suo scopo. Chiara Rancati per prima racconta: "L’idea del progetto è nata da me, dopo che da anni assistevo impotente alle “crociate” da parte di alcuni gruppi cattolici un po’ estremisti nei confronti della festa di Halloween. Ero veramente stufa di leggere falsità senza alcun fondamento e ancora di più di vedere la gente comune crederci. Da lì mi è sorta l’idea di creare una pagina Facebook dedicata alla festa, dove spiegare le sue radici e contrastare le notizie false e denigratorie che girano specialmente nel periodo che precede Halloween. Ovviamente ho subito capito che il progetto sarebbe stato piuttosto impegnativo ed ho deciso di coinvolgere Monica e Sarah perché le conosco come lavoratrici instancabili e sempre ben organizzate. Non conoscevo Luce, che è stata coinvolta poi da Sarah, così da avere una mano in più, che in un progetto del genere non guasta mai! Aggiunge Monica Casalini: "Ricordo ancora la prima volta che ne abbiamo parlato. Ho provato un misto

di euforia e di grande carica perché sentivo che era giunto il momento di fare qualcosa di utile a riguardo. Sin da subito ci siamo buttate a capofitto per organizzare il lavoro tra sito, pagina facebook, grafiche, articoli e via dicendo. Abbiamo raccolto il materiale a partire da libri, fonti storiche e soprattutto dai tanti autori italiani che si occupano di folclore e tradizioni. Man mano che il progetto prendeva forma ci rendevamo sempre più conto che sarebbe potuto diventare qualcosa di più importante di un semplice portavoce nel panorama neopagano, abbiamo capito che le potenzialità potevano trasformarlo in un punto di riferimento per tutti coloro che necessitano di informazioni più specifiche in merito, per chi vuole conoscere la ritualità antica della festa, per chi vuole capire se è veramente così occulta come la si dipinge, o se semplicemente fa parte del nostro vissuto umano nel ciclo naturale della vita. Alla fine ci siamo ritrovate per le mani un bellissimo tesoro fatto non solo di un corredo storico- antropologico enorme, ma soprattutto di persone che volevano darci una mano, di amici incoraggianti, di studiosi che offrivano il loro contributo per la causa, di gente desiderosa di conoscere e di far conoscere agli altri cos'è davvero Halloween". Le ragazze sono carichissime, l'intervista è stata fatta a libro appena andato in stampa ed è un piacere

sentirle con quel misto di orgoglio e fatica, tipico di chi ha appena compiuto una grande impresa; ma ancora più importante per me era capire lo scopo del libro e a chi è indirizzato principalmente, in questo senso Luce è stata molto esaustiva. "Ci auguriamo che tale testo possa aiutare a sfatare le solite banali assurdità che ogni anno sentiamo ma anche a far comprendere meglio il nostro mondo e la nostra realtà. Aprirsi e farsi conoscere è l’unica strada per creare vero e profondo rispetto anche fra religioni diverse. Contestualmente abbiamo portato avanti anche una raccolta fondi, sempre collegata al libro, per poterne regalare copie alle varie biblioteche italiane. Confidiamo che anche molti praticanti seguiranno il nostro esempio e che ci sosterranno regalando anche loro delle copie alle locali biblioteche. Siamo profondamente felici del sostegno, dell’affetto e della partecipazione accordata all’intero progetto e ci auguriamo di aver ripagato, con questa nostra piccola fatica, la fiducia che la comunità ci ha così gentilmente accordato." L'accento comune che emerge delle loro parole, cade proprio sul valore dell'esperienza in se, come aggregazione umana, per uno scopo condiviso e ideologicamente di grande valore etico; questo mi commuove molto, perché può definire un unicum nel panorama pagano nazionale e non

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IL LIBRO ho potuto fare a meno di chiedere a tutte e quattro se avessero un ricordo speciale da condividere. Sarah mi diede una risposta che mi colpì: "Riguardo alla stesura in sé del libro, posso dire che forse i ricordi più belli sono legati al fatto del nostro doverci continuamente confrontare tra noi quattro. Non è stato facile, abbiamo avuto spesso anche alcuni piccoli contrasti (tutte cose superabili, sia chiaro) e ci ha obbligate a lavorare in team a distanza, il che non è mai semplice. Lavorare on-line senz’altro rende la vita più facile dal punto di vista tecnico perché in quel modo è possibile realizzare insieme qualcosa anche se tra noi vi sono chilometri, ma dall’altra parte rende complicato comprendere, ad esempio, il tono con cui si comunica. Quindi ogni tanto sono nati dei piccoli screzi proprio perché non capivamo i toni con cui una di noi trasmetteva alle altre il proprio pensiero. Se questi sono stati aspetti che sul momento possono avere creato un po’ di stress (non lo nego, per me è stato così) dall’altra credo che, personalmente, mi abbiano arricchita. Ho conosciuto un po’ meglio Monica, Chiara e Luce (ovviamente nei limiti, appunto, imposti dalla distanza) e credo che loro abbiano conosciuto un po’ meglio me. Ovviamente lungo tutto il periodo di lavoro abbiamo anche riso e scherzato on-line e ci siamo aggiornate via telefono quando serviva. Penso che sia un’esperienza, nella sua totalità, che ricorderò per sempre. Insieme abbiamo creato qualcosa che ci ha richiesto impegno, dedizione, confronto costante. Siamo state una squadra, con tutto ciò che questo comporta. Un altro aspetto senz’altro da ricordare è la partecipazione delle persone che hanno accettato di donarci – senza volere nulla in cambio – una parte di loro: chi uno scritto, chi un’immagine, tutte cose che hanno reso il libro ciò che è. Senza di loro, il libro non ci sarebbe ora e per questo mi sento grata.

Mi sento grata nei loro confronti, nei confronti di noi quattro che ci siamo date da fare per realizzarlo e verso chi ci ha dato la possibilità di pubblicarlo, nonostante ci siano state tante difficoltà lungo il percorso (è sempre così quando si collabora con più persone contemporaneamente, lo so per esperienze precedenti, oltre che per questo libro). Mi sento grata anche verso tutte le persone che stanno seguendo fin dalle origini il progetto nella sua globalità, non solo il libro....ogni persona che pubblica e commenta un pensiero o un’immagine nella nostra pagina Facebook ci dona qualcosa di sé, il che è una cosa molto speciale. Ad esempio, mi fa sempre molto piacere ripensare al fatto che nella nostra pagina appaiano anche delle foto che ci ha inviato un maestro elementare di Torino che ha stampato ed usato alcune immagini che avevamo pubblicato, dandole ai suoi allievi per creare delle bellissime decorazioni di Halloween in classe. Questo, ad esempio, è un bellissimo ricordo non tanto legato al libro in sé, ma al progetto nella sua globalità. Infine, un’ultima cosa molto personale, ma non meno importante, legata alla stesura del libro. Leggere gli articoli che ci sono stati mandati mi ha fatto ripensare molto alla mia prima vera celebrazione di Samhain con un’altra persona, a quell’atmosfera soffusa, in bilico tra i mondi e a come la persona che all’epoca mi introdusse alla vera e propria pratica della Wicca (avevo 19-20 anni circa e prima di quel periodo leggevo di certi argomenti ma non li praticavo ancora) mi mise un po’ alla prova – senza che io lo sapessi facendomi trovare un simpatico teschio (ovviamente finto, di resina) sul suo altare tutto addobbato per il Sabba. Non mi spaventai, lo trovai normale per quanto io non sia particolarmente “gothic” nelle mie decorazioni stagionali - visto il tipo di festività e visto che la persona in questione aveva uno stile piuttosto dark, all’epoca. La celebrazione fu davvero molto bella e sentita e alla fine lei mi spiegò che aveva fatto la stessa cosa con altre persone che volevano entrare nella sua congrega e che al solo vedere il teschio (a cui aveva dato un nome molto simpatico) erano scappate a gambe levate, dimostrando

che non erano pronte per questo cammino. Senza saperlo, avevo superato una delle mie prime prove simboliche faccia a faccia con la Morte. Alla fine, un libro che in apparenza dovrebbe parlare di paura, di magie oscure e altre strane maligne perversioni, a cui alcuni in malafede vogliono assoggettare la festività di Halloween/ Samhain , aiuta lo spirito umano a riprendere il suo giusto posto nella ruota delle stagioni e dell'esistenza planetaria. È un posto d'onore, equo in cui l'inverno ( metafora e manifestazione delle difficoltà, delle ristrettezze e del limite ) impone all'umanità la ricerca di una più intima vicinanza, per essere traghettata consapevolmente oltre il velo di continuità del flusso vita/morte/ vita.

“Le vere origini di Halloween” di Sara Bernini, Monica Casalini, Luce, Chiara Rancat. con Ossian D'Ambrosio, Maurizio Ponticello, Anguanamadre, Andrea Romanazzi, Yngvild, Vento Notturno, Tempio di Ara, Giulia Pol, Ilaria Pege, Chiara Comani, Roberto Fattore, Matt il Bardo, Alberto Fragasso, Roberto Baldini, Cristina Pandolfo, Laura Ghianda, Gianni Ratti, Ygraayne, Nicla Carrettoni, Amanda Pitto, Morgana Marco Vettorel.

Edito da Anguana Edizioni Il libro ha una distribuzione nazionale ed è disponibile in tutte le librerie, anche quelle on line.

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COLLAGE

I DRUIDI NELLE CARTE DA COLLEZIONE FRANCESI DELL’INIZIO ‘900: NON SOLO VECCHIA CARTA di Federico Gasparotti

Da alcuni anni colleziono stampe, foto ed articoli di vecchi giornali a tema druidico; alcune incisioni sono veramente magnifiche, e di dimensioni spesso importanti. Eppure sono le piccole cromolitografie gli esemplari che più mi affascinano, perché non facevano parte di tomi filosofici o storici, né di raccolte d’arte, ma erano semplici figurine da collezione e facevano dunque parte della vita quotidiana dei nostri nonni e bisnonni. Nei primi anni del ‘900 i bimbi francesi collezionavano infatti figurine quasi sempre incentrate sulla storia della loro nazione. Queste piccole cromolitografie si trovavano principalmente in regalo all’interno della confezione delle tavolette di cioccolato. Figurine da collezione, dunque; nulla di strano, perché lo stesso avveniva in gran parte dei Paesi europei e in America. Eppure qualcosa di particolare c’è, ed è qualcosa in grado di modificare il modo con cui un individuo guarderà la realtà una volta divenuto adulto. Le figurine che si trovavano nello stesso periodo in Italia raffiguravano la gloria della Roma Imperiale, le storie dei Santi e delle Sacre Scritture, le imprese militari e le bellezze architettoniche del Bel Paese. I bimbi francesi invece si confrontavano con un sistema di valori completamente diverso, che - in primis - suggeriva la consapevolezza dell’esistenza di forme di spiritualità differenti da quelle della religione istituzionale. Fra le immagini delle collezioni di figurine, i piccoli francesi trovavano figure sacre e misteriose che si muovevano nei boschi di querce, in quegli stessi boschi in cui quei bimbi giocavano e che ancora oggi si possono visitare in Francia. E fra queste icone ammantate di sacralità c’erano Bardi che incantano i Re, Druidi che dispensano giustizia, Druidesse che danno consigli a grandi cavalieri, Sacerdotesse che danzano nelle foreste sacre.

La cosa straordinaria è che la classe sacerdotale druidica veniva rappresentata non come un manipolo di crudeli adoratori del Demonio, ma come una categoria di uomini di grande conoscenza, saggezza e sintonia col mondo naturale. Qualcosa di Sacro era esistito prima del Cristianesimo, ed i fanciulli questo lo comprendevano nelle primissime fasi dell’apprendimento, ed era qualcosa di strettamente connesso alla loro terra, ai loro antenati. In un’epoca in cui la stampa a colori era il massimo della tecnologia mass-mediatica, l’immagine che emergeva dalla semplicità di queste carte da collezione era qualcosa che affascinava profondamente, e che suggeriva ai giovani francesi che i Galli, loro antenati, erano stati un popolo degno di grande rispetto e per nulla primitivo.

Con questi bimbi si perpetuava l’Antica Tradizione, ovviamente ad un livello non cosciente, ma con l’effetto di creare una società laica, inclusiva, capace di accettare la diversità. In Italia invece l’equazione “spiritualità = religione istituzionale” ha indotto la società a dimenticare le antiche radici non solo celtiche, ma anche delle tante popolazioni “pagane” che abitavano la nostra bella penisola, come se prima del Cristianesimo non fossero esistite religioni e spiritualità antichissime. Serve veramente poco per creare una coscienza nazionale ed una visione del mondo laica: bastano delle figurine nelle tavolette di cioccolata, e dei bambini a cui si insegni l’universalità e l’eternità del Sacro.

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EVENTI

7째 DRUID CAMP INTERNAZIONALE

9-10-11-12 GIUGNO 2016 Winterswijk - the Netherlands ulteriori informazioni in autunno

www.obod.nl/dryade/camp

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FACCE DA

DRUIDO Hanno lavorato alla realizzazione di questo numero...

04/2015. Lughnasadh

SIAMO SEMPRE MOLTO FELICI DI ACCOGLIERE NUOVA CREATIVITA’! La partecipazione e la diffusione della rivista sono aperte a tutti Chi volesse partecipare, inviare, segnalare o condividere qualcosa (articoli, poesie, brani musicali, foto, immagini, presentazione di progetti e di incontri …) può prendere accordi con la redazione inviandoci un’e-mail : ilcalderoneredazione@gmail.com. Per semplificare la pubblicazione i contributi ricevuti potranno essere tagliati liberamente a seconda dello spazio e delle esigenze della redazione, sempre nel rispetto del loro contenuto, se non ci sarà una specifica richiesta contraria da parte del mittente. Questa rivista non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene prodotta e distribuita senza alcuna periodicità stabilita e sotto l’egida dell’OBOD inglese. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7/03/2001. Il Calderone – All rights riserved Tutti i diritti riservati

la reDA ZIO NE

Daniela Ferraro Pozzer

Alessia Mosca Proietti

Ilaria Pege

Gemma Gioia

Cristina Pedrocco

Markus Juniper

Monica Zunica

Andrea Vernucci

COLLABORATORI

Luisa Lovari

Laura Villa

Federico Gasparotti

Paola Elena Ferri

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OBOD seed groups

& GROVES ITALIANI SILVER WOLF CIRCLE IL CERCHIO DI ARTH

Piacenza

Torino

IL CERCHIO DI ANU

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LA RADURA DI BRIGHT Trento

LA TOR Friuli

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BOSCO DELL’AWEN Biella

IL CONCILIABOLO CELTICO TOSCANO Toscana

IL BIANCOSPINO E LA QUERCIA Roma

L’IPERICO Molise/Puglia


05/2015. Samhain RIVISTE DELL’OBOD Touchstone: è il magazine OBOD in inglese, pubblicato mensilmente solo in cartaceo e solo per membri dell’OBOD. Druid è il magazine OBOD in America http://druidmagazine.com/ Serpentstar è il magazine OBOD in Australia ed Oceania https://serpentstar.wordpress.com/ Dryade in lingua olandese http://www.obod.dds.nl/ Il Calderone in italiano http://issuu.com/ilcalderone Druidenstein in tedesco http://www.feuersprung.de/ Menhir in francese http://issuu.com/obod-menhir Per maggiori informazioni: http://www.druidry.org/about-us/journals Il Magazine Aontacht http://www.druidicdawn.org/aontacht si interessa di druidismo in genere

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