Expression Dance Magazine Giugno 2020

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Rivista ufficiale I.D.A. International Dance Association ANNO XXXI n. 1 - Giugno 2020 - Centro Studi La Torre S.r.l.

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IZION D E A V O NU

INTERVISTA A

LUCIANO CANNITO E ROSSELLA BRESCIA 1


CAMPUS

DANCE SUMMER SCHOOL

K L E D I K A D I U

M A R C O C H I O D O

VERONICA P E PA R I N I

R O B E R T A F O N TA N A

A N D R E A S M U L L E R

L O R E T A ALEXANDRESCU

V I R G I L I O P I T Z A L I S

D O R I A N G R O R I

EMANUELA TA G L I A V I A

s. d’eustacchio f . a n g e loz z i

MASSIMILIANO S C A R DA C C H I

R O B E R T A B R O G L I A

g i a n n i m a n c i n i

R I T A VA L B O N E S I

M A T T E O A D D I N O

RAVENNA

JULY 10/14 2020

SCOPRI DI PIÙ > d A N I E L E B A L D I

C A R L A R I Z Z U

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EDITORIALE di Monica Morleo

Questo stop forzato dettato, non dai nostri tempi naturali, ma dai tempi dei decreti ministeriali che ci ha imposto la pandemia del Coronavirus, ci ha costretto a riflettere. La quarantena ci ha fatto chiudere nelle case, ha rallentato le nostre frenetiche vite, ci ha fatto portare a riassaporare il piacere delle cose semplici e ci ha fatto capire come in questa società così orientata all’individualismo sia importante far parte di una comunità che, mai come in questo momento, ha dimostrato che abbiamo bisogno gli uni degli altri. Anche il mondo della danza con le tante attività che si svolgono quotidianamente - corsi, eventi formativi, allenamenti, spettacoli, prove, audizioni - si è dovuto fermare bruscamente ed è stato completamente travolto; ma, dopo un primo momento di spaesamento e scoramento, molte sono state le iniziative alla ricerca di un nuovo senso di comunità e di appartenenza per rimanere connessi anche se distanti. Le scuole di danza hanno cercato un continuo contatto con i propri allievi attraverso le diverse piattaforme telematiche, sono esplosi i video tutorial, le dirette sui social, Ida ha ideato nuovi corsi che si svol3


geranno on line o in diretta live e questo numero della rivista, per la prima volta, è stato edito in modo completamente digitale. Un numero davvero particolare perché ha raccontato, tra le righe, la presenza un po’ incombente del Covid 19 che ha accompagnato e influenzato in modo diverso le vite di tutti noi in questi mesi di lockdown. Rossella Brescia e Luciano Cannito ci hanno raccontato ad esempio di aver assaporato la loro vita insieme di solito impegnata fuori casa per tournée e docenze; Marta Molinari ha scritto su Instagram Cronache di una ballerina in quarantena, un singolare diario per demonizzare la solitudine e raccontare le sue sensazioni; il Dott. Batti ha riflettuto sui risvolti psicologici che hanno investito bambini e ragazzi che solitamente frequentano i corsi di danza e la rubrica di Medicina della danza ha dato consigli per cogliere le possibilità fisiche che possono emergere anche durante una pausa forzata. Abbiamo così testimoniato come il mondo della danza abbia dimostrato di non abbandonare mai la strada maestra e di saperla riempire in modo nuovo, senza piangersi addosso mai, perché la danza insegna quotidianamente a provare, rialzarsi e fare ancora meglio di prima.

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SOMMARIO EXPRESSION anno XXXI - n. 1 - maggio 2020

CLICCA SUL TITOLO

LUCIANO CANNITO E ROSSELLA BRESCIA La danza e l'arte una parte fondamentale nelle nostre vite di Monica Morleo MARTHA GRAHAM la madre della Modern Dance Americana di Gianni Mancini LA DANZA SITE SPECIFIC IN ESTATE le origini, le ragioni e i protagonisti di un format di successo di Monica Morleo MARTA MOLINARI SU INSTAGRAM un esempio da seguire RAYMOND OGBOBO l’hip hop secondo grooveless

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LINDA RICCI E LUCA TRAMONTI un incontro particolare nelle sale IDA di Monica Morleo IL DANZAUTORE CONTEMPORANEO alla ricerca di nuovi linguaggi coreografici di Monica Morleo I CONSIGLI DEL DOTT. MARCO BATTI La danza a distanza quali i riflessi psicologici per bambini e ragazzi? del Dott. Marco Batti MEDICINA DELLA DANZA Come migliorare il nostro approccio alla danza ai tempi del Covid di Omar De Bartolomeo, Sara Benedetti, Romeo Cuturi e Viola Poggio

SPECIALE EXPRESSION COMPETITION AL CONCORSO EXPRESSION UNA GIURIA INTERNAZIONALE IN CERCA DI TALENTI

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IN COPERTINA

LUCIANO CANNITO E ROSSELLA BRESCIA LA DANZA E L’ARTE UNA PARTE FONDAMENTALE NELLE NOSTRE VITE 7


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causa dell’emergenza Coronavirus siamo tutti a casa… I due artisti mi confessano che si muovono solo per qualche ora al giorno per andare al lavoro e per il resto del tempo sono in casa e si godono volentieri un po’ di tempo insieme perché solitamente non ne hanno molto e che per entrambi questa emergenza sanitaria è un buon momento per riflettere sulla nostra società.

Luciano, dopo le tue numerose esperienze in tutto il mondo, come ti sei avvicinato al mondo della direzione artistica di una accademia? Mi sono reso conto che in tanti paesi, specie nei paesi anglosassoni, lo spettacolo è visto come un’industria, mentre in Italia è sempre visto con un occhio di superiorità, come una missione, una passione, non un lavoro. Principalmente per questo, e anche grazie al fattivo contributo e grande intuizione del produttore Fabrizio di Fiore, ho pensato a un luogo dove si potesse studiare e dove oggi un danzatore potesse avere una marcia in più, un posto dove formare danzatori che potessero lavorare con l’arte e vivere di quello. E in che modo secondo te le scuole di danza sono altrettanto importanti nel loro lavoro quotidiano con bambini e ragazzi? Le scuole di danza hanno creato quei grandi numeri

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di danzatori che ci sono oggi, senza contare l’importante lavoro sociale di formazione che conducono ogni giorno: molte di queste scuole sono infatti l’unico avamposto culturale extrascolastico in territori socialmente difficili o in località isolate. Sono scuole private ma conducono un prezioso servizio di pubblica utilità, se si pensa che in Italia su 56 conservatori musicali, per la danza esiste solo un'accademia di danza riconosciuta a livello statale. In Italia esiste una vera e propria discriminazione culturale che non segue quello che è scritto nella costituzione: il diritto allo studio universitario. Per i danzatori non esiste quindi lo stesso diritto di studio riservato agli altri studenti e all’Accademia di danza di Roma può capitare ad esempio che uno studente possa essere idoneo e non ammesso per il limitato numero di sale di danza e conseguente impossibilità di soddisfare tutte le domande di ammissione, ma non è costituzionale che possa continuare una cosa del genere. Per questo sei spesso impegnato a dare importanza ai diritti degli artisti e nel far conoscere problematiche così poco presenti in questa società? Si, penso proprio che non ci sia spazio nell’opinione pubblica per queste problematiche e quindi tempo fa ho anche pensato di creare una petizione contro la chiusura dei corpi di ballo. La domanda più strana che mi sono sentita fare, mi è stata fatta dai Senatori:

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“Perché questo accade?”. Non ne hanno alcuna consapevolezza: io risposi che in Italia l’attenzione sociale ed economica è spostata più che altro verso la musica e l’opera lirica e la danza, soprattutto quella classica, è vista solo come un peso sociale. E in tal senso quindi come pensi che si percepisce oggi il balletto e la danza classica? Il paradosso della danza degli ultimi anni è che c’è pochissima attenzione verso il repertorio classico e quindi relativa poca attenzione mediatica nei confronti del balletto anche dal punto di vista sociale. 10


Negli ultimi anni si è talmente sviluppato ciò che è moderno e contemporaneo e lo abbiamo fatto talmente tanto che è venuta meno la tradizione del balletto classico, che è alla base della nostra identità nazionale che sta tendendo a sparire. Per questo avere corpi di ballo stabili e accademie in ogni città sarebbe stata una motivazione in più, una possibilità in più, per i ragazzi italiani di poter proseguire gli studi di danza classica: in Germania e in Francia l’hanno compresa bene e da tempo questa cosa. L’artista dovrebbe avere le stesse possibilità in ogni città e vivere in un modo degno, così come mi sono augurato io con l’apertura del Campus che dirigo. E tutto questo accade paradossalmente in un momento in cui il mercato richiede il grande repertorio classico e l’Italia fatica a proporlo con le sue sole forze interne mancando i pilastri di cui ho parlato. Ho visto che sei anche un appassionato di calcio e proprio in questi giorni con questa emergenza si è capito come il calcio si ponga sempre oltre a tutto, cosa ne pensi? Credo che le masse siano più difficili da controllare e che quindi si siano dovuti prendere per forza di cose provvedimenti in maniera più graduale. Certo anche noi nel mondo della danza abbiamo grandi numeri che potrebbero scuotere l’opinione pubblica ma il Coni se ne è appropriato all’interno del suo grande cappello. Di fatto siamo due milioni di persone e per 11


lo meno bisognerebbe essere piĂš uniti nelle battaglie, ma in questo ho capito che ci deve essere sempre qualcuno che si fa portavoce, per questo mi appassiono su alcune tematiche e poi me ne faccio portatore per parlare con il Ministro anche se poi queste battaglie diventano dei veri e propri lavori e ti portano via tante energie. Hai creato piĂš di 60 balletti, cosa ti riserva il futuro dopo la Cenerentola con Virna Toppi? Pensare al futuro oggi è un po’ estraniante ma cerco di vedere comunque positivo. Del resto noi del mon-

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do del teatro siamo sempre stati abituati alla precarietà, discendenti degli antichi teatranti, siamo pervasi dalla voglia di vivere, siamo abituati alle crisi e saremo in grado di rialzarci sicuramente prima. Anche se il mio pensiero va anche a quei ragazzi con contratti precarissimi che in questo momento sono davvero in seria difficoltà. Il 25 aprile sarei dovuto andare in Kazakistan per produrre Il Corsaro ma ora è tutto fermo; continua poi con grande attenzione il lavoro del prossimo tour con la Roma City Ballett Company, con la quale si cerca di dare continuità professionale, anche tramite audizione, alle attività della accademia oltre a dare spazio a giovani artisti provenienti da compagnie americane e a ragazzi che vengono da tutto il mondo. Mentre vi parlo in Russia sta andando in scena la mia coreografia Il padrino con le musiche di Nino Rota e il mio Romeo e Giulietta che è in tournée in 5 nazioni; a settembre, se tutto andrà come previsto, andrà in scena negli Stati Uniti la mia coreografia basata su Vacanze Romane. Tu e Rossella come vi siete avvicinati fino a diventare anche una coppia nella vita privata? Uno dei motivi per cui ci siamo avvicinati è che abbiamo entrambi dei valori e dei principi simili, lottiamo contro le cattiverie, non vogliamo compromessi e non vogliamo ottenere sconti nel lavoro vivendo 13


immersi nello spettacolo. Entrambi siamo coscienti che l’arte per noi è una parte fondamentale nelle nostre vite. Dopo tredici anni insieme siamo ancora oggi complici, manager uno dell’altro: discutiamo e scegliamo insieme, ci confrontiamo per ogni nostra decisione soprattutto per dire no ad alcune proposte che non ci convincono anche se nel nostro mondo non è affatto facile dire dei no, perché la vita dell’artista è sempre e comunque una vita precaria: può andare bene oggi e andare male domani. Rossella, Luciano ci ha raccontato che vi accomunano valori e principi simili, in tal senso in che modo la solidarietà verso i più deboli contraddistingue la vostra coppia? Credo, e crediamo, che le persone che hanno un pubblico debbano contribuire con aiuti concreti per far conoscere e sensibilizzare le persone rispetto alle problematiche che esistono fuori dalle nostre vite quotidiane. Questo ti fa anche sentire utile e vivo, come quando abbiamo visto con i nostri occhi a Panama la sofferenza dei bambini, che però, nonostante tutto, ti riservano dei grandi sorrisi. Queste esperienze di solidarietà ti portano ad imparare molto e si ritorna a casa sempre umanamente arricchiti. E come è avvenuto l’incontro con Luciano? Mi ha chiamata lui come protagonista della sua ver-

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sione della Carmen. Eravamo al Teatro Massimo di Palermo poi un giorno ci siamo visti con occhi diversi e da lì è cominciato pian piano un po’ tutto. Del nostro rapporto mi piace che uno ama e viene amato allo stesso modo, rispettando l’uno le scelte quotidiane dell’altro. Come sei arrivata invece a danzare in programmi televisivi? In modo molto fortuito, in realtà volevo solo studiare danza e Roma mi sembrava la città più vicina così ho pensato di fare l’esame in accademia, mi hanno presa e poi da lì è nato un po’ tutto. Ho accettato anche se essere lontana da casa per me è stato un grande trauma e un grande sacrificio che mi è costato molta fatica, mi mancavano i miei affetti e la mia terra, la Puglia, però sono riuscita ad andare oltre: si raggiunge tutto se si è forti e se si vuole veramente qualcosa. Dalla danza sei poi passata alla conduzione televisiva e alla radio... come è andata? Mi trovai in una radio mentre conducevo la trasmissione Colorado e ho cominciato a pensare anche alla mia voce oltre al mio corpo: mi sembrava che la radio trasmettesse di me un’immagine più vera e questo mi ha molto molto incuriosita, così ho cominciato a studiare, ho fatto dei provini e ormai, quasi ogni

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giorno da 13 anni, sono in onda con Tutti pazzi per Rds, un programma molto seguito e in cui mi diverto tantissimo. Sei una performer a tutto tondo e attualmente ti stai dedicando al teatro anche come attrice. Come hai vissuto questa nuova esperienza? Come attrice sono una delle protagoniste della nuova produzione del Teatro Sistina di Romeo Piparo e Giulio Ricciardi Belle ripiene: questo lavoro è stato una scommessa vinta grazie ad un’ottima risposta del pubblico. Oltre a me in scena ci sono Tosca D'Aquino, Roberta Lanfranchi e Samuela Sardo artiste complete e donne poliedriche tra cui è nata una bella amicizia; ci vogliamo molto bene e siamo state bene, mai un’invidia, un problema: è stata un’esperienza bellissima che si è però fermata, giustamente, da qualche giorno ma che recupereremo sicuramente ad ottobre. Ai giovani che si affacciano oggi al mondo della danza e dello spettacolo da dove consigli di cominciare? Secondo me bisogna capire se studiare la danza è la propria fonte di vita e se ti fa stare bene, se si, vuol dire che la danza è la tua vocazione. Importante è la volontà e il carattere che ti forma lo spirito per superare un brutto momento, bisogna fare attenzione e bisogna avere una dedizione assoluta, una predispo16


sizione al sacrificio che a volte, lo posso dire con assoluta certezza, porta quasi al masochismo ma se la danza è la tua vita non ti pesa affatto. Bisogna pensare allo studio e mantenere quel pizzico di follia che ti fa seguire un po’ la tua pancia se no rinunceresti alla prima difficoltà. Consiglio di imparare qualche lingua straniera e pensare che è meglio arrivare sempre preparati, poi capire se si possiede il carattere adatto a questo mestiere, magari ci sono talenti che si sono buttati al vento a causa di un carattere poco propenso: il talento da solo non basta ci vuole la voglia di mettercela tutta e in questo senso forse ha anche un valore più grande e poi, se ti mancasse la tua terra com’è successo a me, ricordati che la tua terra non ti scorda mai e ti accoglierà sempre quando vorrai tornare! Luciano Quest’anno sono in trasmissione non come giudice ma in una funzione molto particolare che è quella di super tecnico insieme al Maestro Vessicchio che assiste la parte musicale: in disparte verifichiamo con la nostra esperienza le performance in caso di diatriba. La trasmissione per me è ancora molto affascinante perché racconta un percorso di lotta, sacrificio, emotività al di là dei fatti che sono televisivi. Il messaggio che sta comunque alla base della trasmissione è che ti viene data una opportunità concreta: nessuno vuole raccontare che ci vogliono solo tre mesi per diven17


tare dei professionisti. Fondamentale l’apporto di Maria de Filippi che ci mette il cuore e l’anima e se qualcuno parla male del programma non se lo può proprio permettere: quanto ha fatto questo programma per le scuole di danza sin dai suoi esordi e quanto ha fatto per una divulgazione di massa della danza? Ha fatto vedere variazioni di classico in prima serata, ha dimostrato che ci sono tante persone che fanno questo mestiere e anche dal punto di vista sociale ha sfatato diversi tabù e ha portato persone a teatro che non avevano mai visto un teatro in tutta la loro vita. Non bisogna davvero parlarne male mai… Rossella Un ricordo fantastico, ci ho partecipato sin dalla I edizione e in quel momento “si stava sull’esperimento” e le intuizioni di Maria, che riusciva a captare e sentire la “pancia” dei ragazzi. In quella trasmissione vedrai sempre trasparire grande fatica perché i ragazzi lavorano tantissimo e in questo c’è un’assoluta verità e preparazione di danza. Grazie a questa trasmissione ho avuto una grande fratellanza, che continua tuttora, con Kledi Kadiu, con cui ho condiviso una grande fatica perché si lavorava molto: c’erano molte coreografie e pezzi da preparare e danzare ma è stato davvero un grande piacere. Poi sono stata nel programma anche in veste di insegnante però volevo fare altre esperienze 18


e al mio posto venne Alessandra Celentano, rispetto alla quale però ho una filosofia e una visione completamente differente. Per me è importante l’aspetto psicologico dei ragazzi, secondo me bisogna dosare sempre le parole altrimenti si possono affossare dei talenti: bisogna sempre incoraggiarli e la sincerità la puoi utilizzare sempre anche senza creare traumi. Magari non puoi fare il classico ma puoi specializzarti in altri stili o la danza può diventare un veicolo per fare altri mestieri sempre nel campo artistico. Per me in assoluto l’importante è non far spegnere mai le passioni dei ragazzi e non farli abbandonare alla prima difficoltà ma esortarli a procedere e andare avanti in qualunque modo.

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MARTHA GRAHAM LA MADRE DELLA MODERN DANCE AMERICANA

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a molti considerata una delle più grandi danzatrici statunitensi del XX secolo, Martha Graham viene riconosciuta come la madre della Modern Dance Americana. Dopo aver assistito nel 1911 ad una rappresentazione teatrale della compagnia di Ruth St. Denis, capì che quel momento avrebbe segnato il suo futuro e fu così che capì di voler danzare: “a dispetto di quello che la gente ha detto su di me e su come sono stata cresciuta, i miei genitori non hanno mai obiettato alla mia decisione di diventare una danzatrice... potevo fare tutto quello che volevo. Scoprii di avere questa inclinazione - l’inclinazione ad essere bella e selvaggia, forse una creatura di un altro mondo. In questo senso sono sempre stata me stessa”. Nel 1916 si iscrisse alla Scuola Denishawn fondata da Ruth St. Denis e Ted Shawn, ma nonostante le prime difficoltà, dimostrò che aveva un grande potenziale, iniziò a dare dimostrazioni agli allievi e dopo poco ebbe l’opportunità di apparire in pubblico nel suo primo spettacolo professionale: “A Dance Pageant Of Egypt, Greece and India” prodotto dall’omonima compagnia. Non essendo però in grado di pagare la tassa che era stata stabilita dalla St. Denis per insegnare secondo le regole della Denishawn iniziò a impartire lezioni di danza in modo autonomo e secondo una tecnica originale elaborata da sola. Attraverso il lavoro quoti-

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diano con i suoi allievi sviluppò così un nuovo e rivoluzionario linguaggio caratterizzato da un tema fondamentale: la liberazione del corpo. Nel 1926 creò la sua prima coreografia, che insieme a tre delle sue migliori allieve della “Eastman” presentò allo 48th Street Theatre di New York. Fondò la Martha Graham School of Contemporary Dance alla quale venne annessa una compagnia composta da sole donne. Il suo stile e la sua tecnica divennero famose solo nel 1929, quando presentò “Heretic”, la sua prima grande coreografia di gruppo. La Tecnica Graham è ora insegnata in tutto il mondo e il principio sul quale si basa è quello del centro del corpo. Secondo l’idea delle discipline orientali, il centro è molto più che la sede del baricentro e dunque dell’equilibrio, è la fonte da cui si propaga l’energia e l’emozione, è l’origine del movimento inteso come flusso vitale. Il corpo del danzatore, dunque, si fa strumento di interpretazione nel modo più diretto e onesto possibile. A differenza del ballerino classico, che descrive linee con le gambe e le braccia, mantenendo la colonna vertebrale verticale e il bacino allineato alla schiena, la tecnica Graham si struttura intorno a due concetti fondamentali: Contraction e Release. La Contraction (contrazione) è un forte movimento del bacino in avanti, durante il quale i muscoli addominali, contraendosi, spingono all’indietro la colonna vertebrale

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all’altezza delle lombari, lasciando che si venga a creare una forma arrotondata simile ad una C. Questo movimento, netto e forte, avviene insieme a una profonda e breve espirazione. È infatti frequente che, imparando questo movimento, ci si avvalga dell’uso della voce per sentire con più efficacia la forza necessaria per compierlo o si faccia uso della risata perché è impossibile ridere senza contrarre il ventre: “l’utilizzo dell’allegria crea la contrazione per via dello sforzo fisico necessario a emettere il suono”. Alla contrazione segue il Release (rilascio) durante il quale il bacino ritorna in una posizione neutra e, di conseguenza, anche la colonna vertebrale si riassesta: l’energia questa volta fluttua dal centro verso la periferia del corpo più dolcemente, rilasciandolo, appunto, dall’estrema tensione della contrazione. Il respiro, la contrazione, lo spostamento nei fianchi e le spirali influenzano e dirigono l’estremità del corpo. Accade di rado che nelle coreografie della Graham gli arti non siano guidati da un impulso che viene dal baricentro, anche quando non è in relazione al bacino o al busto: si comincia dalla sbarra a terra iniziale e si sviluppa per tutta la lezione fino ai grandi salti finali. Altro grande cambiamento rispetto alla danza accademica sta nel diverso uso del pavimento. Nella Tecnica Graham non è solo l’ovvio supporto sul quale si posano i piedi. La sua funzione è anche quella di so-

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stenere il corpo del danzatore durante le cadute. La danza non si svolge più soltanto verticalmente, ma è ricca di cambiamenti di livello. “Lamentation” si svolge su una panca, la ballerina seduta è avvolta in un vestito tubolare di maglia; in quasi tutte le danze di questa coreografia i danzatori cadono per terra e si rialzano, esprimendo così momenti di intensa drammaticità. Le modalità secondo le quali tutto ciò avviene sono sempre caratterizzate dalla semplicità e dall’eleganza della tecnica. In questo senso il pavimento si trasforma in una specie di pedana sulla quale viene sfruttata non solo la forza peso ma anche il rimbalzo e l’attrito. L’effetto straordinario che ne deriva è una parità di energia e di dinamica nella quale il danzatore si butta per terra per poi rialzarsi senza sforzo apparente. Nel 1970 la Graham prese la difficile decisione di ritirarsi dalle scene ma continuò a credere e a lavorare per la sua compagnia fino alla morte nel 1984. Perfino dopo la sua lunghissima carriera disse: “sono preoccupata perché penso a quello che voglio fare: ne avrò il tempo? Non penso a quello che ho fatto; penso solo alle cose che voglio fare e che non ho fatto”. A Marta Graham va riconosciuto il merito di aver creato una tecnica specifica, che con le sue caratteristiche fondamentali, i movimenti di contraction and release, ha contribuito allo sviluppo della Modern Dance Americana e alla creazione di uno stile coreo-

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grafico fatto di scatti, asimmetrie, spirali, sospensioni, opposizioni e spasmi. Bibliografia: Joshua Legg, (2011), Introduction To Modern Dance Techniques, Pennington, Princeton Book Co Pub Autore: Gianni Mancini Docente di Tecnica della Danza Moderna e della Danza Classica presso il Liceo Coreutico e Teatrale “Germana Erba” di Torino Docente Formatore IDA.

Gianni Mancini sarà a

Campus Dance Summer School il 12 luglio a Ravenna con il laboratorio

TURN PROGRESSION NEL MODERN JAZZ più informazioni > 25


LA DANZA

SITE SPECIFIC IN ESTATE

LE ORIGINI, LE RAGIONI E I PROTAGONISTI DI UN FORMAT DI SUCCESSO di Monica Morleo 26


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’estate è una stagione di grande diffusione degli spettacoli di danza che da sempre hanno animato piazze e arene con palchi che ricreassero la magia del teatro al chiuso, da diversi anni la tendenza è però quella di ospitare spettacoli di danza in location inusuali e direttamente su strade, piazze e, in particolare nell’ultimo decennio, anche a contatto diretto con il suolo naturale e spesso in versione itinerante, mutuando una pratica che era utilizzata esclusivamente nell’ambito dell’arte e della creatività contemporanea con interventi pensati e inseriti in un preciso luogo, ovvero site specific. Queste creazioni di danza si sono sviluppate in modo nuovo interagendo con l’ambiente circostante, riferendosi agli aspetti dell’identità del luogo dalla storia all’architettura, dalla struttura spaziale alla cultura e diventandone parte integrante. Oltre a questa connessione con il luogo con le performance site specific si crea una connessione diversa anche con lo spettatore che viene coinvolto in modo più diretto ed esclusivo aprendo maggiori opportunità di scambio, comunicazione e di espressione sia per i performer che per il pubblico. A differenza degli spettatori che solitamente seguono la danza a teatro lo spettatore di questo format non si trova infatti ad aspettare passivamente la successione delle scene nello stesso spazio ma può decidere da quale angolazione e da quale distanza assi-

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stere all’evento ed è in qualche modo responsabile dell’avvenimento e della stessa performance che viene creata come se fosse una scultura a tutto tondo sfruttando tutte le direzioni dello spazio e considerando più punti di vista, permettendo così allo spettatore una lettura attiva dello spettacolo di danza a cui sta assistendo. Per tutte queste caratteristiche e anche perché spesso programmata in luoghi molto frequentati e di passaggio e perché propone al pubblico una fruizione meno formale e meno “impegnativa” rispetto al teatro tradizionale la danza in versione site specific è diventata, anno dopo anno, sempre più diffusa, seguita e popolare anche da una fetta di pubblico che in altri periodi dell’anno non avrebbe solitamente assistito a spettacoli di danza. Per andare quindi in una direzione molto apprezzata dal pubblico è sempre più frequente la tendenza di riservare nel programma di festival estivi storici come il Festival di Sant’Arcangelo, Oriente Occidente e Opera Estate Festival anche specifiche sezioni site specific. In linea generale tuttavia le proposte in location non usuali e in modalità site specific rappresentano principalmente una proposta culturale “alternativa” ai tradizionali festival di danza all’aperto con cartelloni di grande “richiamo” dando maggiore spazio a proposte di danza contemporanea, a giovani danzatori e coreografi italiani e a proposte estere con linguaggi

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particolarmente innovativi. Quali i festival italiani dove è possibile assistere a spettacoli site specific e da cui è possibile ricavare nuovi spunti coreografici? Quali le produzioni da segnalare che propongono spunti innovativi? Tra i festival che si occupano solo di danza il capostipite del genere è il Festival internazionale di danza nei paesaggi urbani Danza urbana, diretto da Massimo Carosi, che si svolge ormai da ventitré anni a settembre a Bologna, nello stesso periodo a Ravenna si svolge l’altrettanto longevo Festival di danza urbana e d’autore Ammutinamenti diretto da Selina Bassini e Monica Francia con Francesca Serena Casadio e Giulia Melandri, nelle colline bolognesi il progetto internazionale di residenze e performance di danza contemporanea per spazi verdi Running up that hill. Esperimenti coreografici in collina diretto da Angelica Zanardi e giunto alla settima edizione. Tra i festival multidisciplinari sono da segnalare il Festival internazionale di danza urbana e arti performative nei paesaggi urbani Città delle 100 scale che si svolge a Potenza da più di dieci anni e che per la sezione danza vede sempre la consulenza di Massimo Carosi, Attraversamenti Multipli festival crossdisciplinare dedicato esclusivamente a performance site specific che si svolge a settembre Roma, CloseUp Festival Internazionale di circo contemporaneo, danza e

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video diretto da Mara Serina che si svolge a Crema a settembre, Per Aspera Festival di interventi multidisciplinari contemporanei che si svolge da tredici anni a Bologna tra giugno e settembre creato dall’ Associazione alberTSTanley diretta da Ennio Ruffolo, il Faceoff - Festival di danza e musica alla settima che edizione che ospita a Matelica (Mc) performance di danza urbana curate da Roberto Lori co-direttore artistico della compagnia di danza Simona Bucci e La strada Festival nato nel 2008 e diretto da Luisa Cuttini ideato per animare il centro storico di Brescia con proposte internazionali di circo contemporaneo, musica, danza e teatro urbano. Tra le produzioni site specific piÚ interessanti della stagione in corso emerge il nuovo lavoro della com30


pagnia Le supplici, diretta dal coreografo e danzatore Fabrizio Favale, che ha esplorato l’ultimo confine del site specific con il progetto de Le stagioni invisibili creato prima per la stagione estiva poi per tutte le stagioni dell’anno. Fabrizio da dove è nata questa idea innovativa di coreografia ideata per contesti naturali, agricoli e industriali e da dove deriva il tuo interesse verso la cultura popolare arcaica? Probabilmente dall’Italia stessa. Da questi paesaggi che hanno disegnato non a caso un certo tipo di storia, di scambi, di tradizioni, di usanze, di linguaggio, di pensiero. Anche dal senso del viaggio esplorativo visto che stiamo parlando di una penisola e del mare. Come scegli il luogo in cui ambienti le tue Stagioni? Vado abbastanza a naso. Normalmente ogni anno visito molti luoghi per ogni episodio. Nella scelta tento di farmi però un disegno mentale che possa percorrere l’intero ciclo di quattro stagioni: come se dovessi realizzare una collana, seleziono luoghi in base alle differenze che presentano o alle affinità, le prospettive di realizzazione che offrono, in base a un senso del tempo e del suo scorrere, a cosa dovrà avvenire o è già avvenuto, in base alle temperature stagionali, alla meteorologia. Poi ci sono delle variabili per me irresi-

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stibili, come gli orizzonti - sia fisici che immaginari che alcuni di questi luoghi aprono o suggeriscono, ci sono gli uomini che ci vivono o lavorano, ci sono i macchinari, gli alberi e gli animali. Con l’episodio Estate dove hai debuttato e in che modo hai costruito questo capitolo? L’episodio Estate 2019 del primo ciclo ha debuttato nell’Oasi di ripopolamento ecologico La Rizza a Bentivoglio (Bo), un’area meravigliosa, vasta e piatta, popolata soprattutto da uccelli acquatici e rare piante locali. L’Estate del secondo ciclo dovrebbe debuttare in luglio 2020 presso l’Impianto idrovoro di Bagnetto a Castello D’Argile (Bo), un impianto storico circondato da immensi spazi agricoli. Non so perché, ma è proprio questa stagione che dentro di me rappresenta ogni volta la chiusura di un ciclo e l’inizio di un altro… Ma non sono in grado di anticiparti di più, perché mi sono dato la regola di non pensare alle stagioni se non in quella subito imminente, che in questo caso è la Primavera. Dal punto di vista coreografico quali azioni hai messo in campo e quanti i danzatori coinvolti? Normalmente i danzatori sono nove. Gli episodi sono tutti diversi e sono anche eventi unici non ripetibili per cui di volta in volta il disegno coreografico si articola sulle caratteristiche del paesaggio stesso. Per

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me naturalmente è una sfida e anche un parco giochi, dove ogni volta mi lascio guidare in realizzazioni che altrove, in teatro ad esempio, non avrei mai intrapreso. Viceversa ne Le stagioni spesso realizzo coreografie che sarebbe impensabile riprodurre fuori dal contesto in cui sono nate. Voglio dire che spesso qui la coreografia e il luogo in cui si svolge s’intrecciano in un un’unica trama. E che funzione ha il pubblico? Lo spettacolo è itinerante e al pubblico viene fornita, in ciascun episodio, una mappa del luogo, con dei numeri e dei titoli delle scene che vedrà, come allo zoo o al giardino botanico. La peculiarità di questo progetto è che il pubblico condivide con i danzatori la stessa condizione atmosferica - gli spettacoli sono infatti confermati anche in caso di pioggia, temporali, vento, neve - e le stese caratteristiche del luogo, le eventuali avversità, le zanzare d’estate, il fango dell’autunno, i rovi, l’erba impraticabile, il perdersi improvvisamente. Ma è anche una scoperta quella che pubblico e danzatori fanno insieme. Spesso la vastità di questi spazi è talmente sconfinata e gli accadimenti e le presenze di uomini e animali sono talmente imprevedibili, che quelle del ciclo delle Stagioni non riesco neanche più a pensarle come performance, anzi sono in attesa di capire come chiamarle...

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MARTA MOLINARI LA DANZA SU INSTAGRAM di Monica Morleo

Foto di Roberto Casasola e Lisa Fabro photographer

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bbiamo conosciuto Marta Molinari, danzatrice professionista di soli ventitre anni, durante la quindicesima edizione di Danza in Fiera dove la aspettavano una schiera di ragazze e ragazzi pronti in fila per scattare un selfie, chiederle un autografo e per ringraziarla delle parole che dispensa con grande sincerità e umanità nella loro vita quotidiana: Marta è infatti molto seguita sui social soprattutto per le riflessioni che accompagnano le sue foto e i suoi video. “Sono di Padova, ho avuto una famiglia che non credeva molto nella danza però sono riuscita a farmi notare da grandi maestri frequentando stage e vincendo borse di studio grazie alle quali sono andata anche al Royal Ballet. Dopo quella esperienza uscì un bando di concorso per il Corpo di ballo dell’Arena di Verona e ci ho provato… Da lì è iniziato un po’ tutto e sono riuscita a fare della danza il mio lavoro. In seguito sono stata notata dal Corpo di ballo del Teatro Nazionale di Maribor in Slovenia dove mi hanno chiamata per farne parte, attualmente lavoro invece con il Chrono Ballett Company di Verona”. Marta ci tiene tantissimo a sottolineare che non è soltanto una danzatrice ma anche una studentessa che riesce ad avere buoni risultati pur se ammette che fatica di più di uno studente “normale”; ci rac-

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conta infatti che è stata una sfida con se stessa ma che ha sempre amato essere attiva a 360° e così con una motivazione davvero fortissima: “mi sono iscritta all’università e mi sono laureata in Lettere Moderne con una tesi sull’ Eneide e sul passaggio sulle Arpie e i Ciclopi. Ho intenzione di proseguire anche con la laurea magistrale e credo che se ci si impegni non si debba per forza scegliere tra l’arte e lo studio e che, se lo si vuole veramente, si può ottenere tutto”. Da dove invece è arrivata la tua passione per i social? “É nata qualche anno fa. Mi piaceva postare delle foto e dei video ma sempre con correlate delle riflessioni, non mi piacevano quegli artisti che proponevano solo foto sterili di vita quotidiana: volevo far capire con riflessioni Foto di Next step photographerer

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perché avessi postato un contributo piuttosto che un altro. Poi ho notato che questa nuova formula stava crescendo con il tempo e ho capito che quello che avevo da comunicare cominciava a piacere”. Gestire un account Instagram di successo non è uno scherzo per Marta ed è diventato oramai un lavoro che le porta via 4/5 ore al giorno (un paio d’ore per produrre foto e un altro paio d’ore per rispondere ai contenuti, ai messaggi e alle mail dopo la pubblicazione dei post). “Ho la fortuna di avere vicino di casa uno zio fotografo non professionists. La foto che di solito voglio non arriva subito, dietro ad ogni scatto e ad ogni posa, c’è un messaggio specifico e, proprio perché seguita da tanti ragazzi, non voglio far passare messaggi o posture errate. Per la creazione delle foto mi piace molto scegliere l’outfit giusto seguendo la moda e cercando non il singolo movimento di danza ma quel gusto simmetrico che riporta alla bellezza dei canoni estetici tipici dell’arte classica: in generale mi piace poi far trapelare lieve ironia, eleganza, misura e posatezza”. Quando hai capito che il tuo messaggio stava finalmente passando così come te l’eri prefissato? “Pian piano hanno cominciato ad arrivarmi diversi messaggi privati e da questi trapelavano che i miei

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“seguaci” leggevano finalmente anche quello che scrivevo. Grazie alla frequenza delle pubblicazioni oltre ai like ho cominciato a ricevere tantissimi commenti in calce alle foto e ai video. Poi mi hanno contattata aziende e si è innescato un meccanismo promozionale e di guadagno, e se la fatica viene ricompensata anche dal punto di vista economico… ben venga”. Marta ci racconta che i suoi principali followers sono principalmente ragazzi tra gli 11 e i 18 anni ma la seguono anche fan che arrivano fino ai 24 anni, donne più mature sui 30 anni che da piccole facevano danza 38


e ragazze che seguono altre passioni o altre discipline (come ad esempio il karate). E se qualcuno dei nostri lettori volesse seguire la tua strada sui social cosa ti sentiresti di consigliare? “Scegliere un determinato pubblico con un’età ben definita e capire se si intende rivolgersi a professionisti o ad amatori: non bisogna pretendere di abbracciare tutta la comunità. Consiglierei poi di lanciare sempre e comunque un messaggio di positività e di grande forza”. Oltre alla tua attività di danzatrice e di studentessa da qualche anno ti dedichi anche all’insegnamento, come vivi questa esperienza? “Prima ho insegnato agli adulti e poi ai ragazzi: mi piace svelare e trasmettere agli allievi qualche segreto del mestiere e poi questo lavoro mi ha aiutato a rendere di più anche sul palco perché lo affronti con una nuova consapevolezza. E quando trovi il tempo per dedicarti anche all’insegnamento? “Tengo i corsi in orari serali (tra le 18.30 e le 22) dopo essere stata in compagnia per l’allenamento e le prove”. Ma tra prove, spazio dedicato ai social, insegnamento e studio trovi un po’ di tempo solo per te? “Quando sono occupata sono molto felice e non po-

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trei chiedere di più, la calma e la tranquillità mi uccidono; infatti in questi tempi di stop forzato dovuti al Corona virus è davvero dura per me anche se l’ho presa con ironia costruendo sui social una cronistoria della mia quarantena. All’improvviso mi sono trovata con pochi lavori, mi alleno a casa da sola e sono molto rattristata, ma cerco di andare avanti”. La fa andare avanti il sostegno dei suoi fan che le confidano: “grazie di aver scritto perché oggi non ce la faccio”. Marta ci racconta come, specie in questo periodo, ci sia tanto bisogno di rubare un sorriso quotidiano essendo se stessi e con grande positività. Ogni giorno ringrazia la tecnologia con cui ha un rapporto di grande amore perché i suoi fan le danno sollievo e le tengono compagnia e le permette di proseguire i miei studi anche a distanza. E per l’amore trovi il tempo necessario? “Ho poco tempo, però mi sono accorta che non fanno per me le relazioni con i colleghi universitari perché non conoscono e comprendono le dinamiche e le esigenze della mia vita così piena: chi sta con me deve comprendere la mia vita e per questo ho sempre avuto come compagni danzatori o musicisti che capiscono come l’arte sia una passione totalizzante.”.

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RAYMOND

OGBOGBO

L’HIP HOP SECONDO @grooveless_

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aymond è nato in Nigeria ma vive in Italia da quando ha compiuto cinque anni. Oggi ha 23 anni e ci parliamo durante una giornata densa di numerosi impegni.

Come è iniziata la tua passione per l’hip hop? Già da piccolo ascoltavo musica hip hop e mi piaceva quella danza e quella cultura, poi a 14 anni ho cominciato ad apprezzarne anche lo stile, l’abbigliamento e ho iniziato a frequentare una piccola scuola di danza in provincia di Roma, per poi continuare alla Bounce Factory Dance Studio di Roma. Perché a un certo punto hai deciso di andare in America? Sono andato in America verso i 19 anni alla ricerca del vero hip hop e per creare legami e collaborazioni, ma senza essere per niente conscio di quello che volevo veramente: all’epoca non pensavo affatto che la danza sarebbe potuta diventare un lavoro… il mio lavoro. Sono rimasto in America per un paio di mesi dove ho studiato molto e, avendo vissuto questa esperienza in modo molto positivo, sono tornato diverse altre volte per approfondire nuovamente lo studio dell’hip hop americano, fondamentale per capire a fondo questo stile.

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E nel tuo modo di danzare cosa c’è della cultura hip hop americana? E’ stata una fortuna studiare in America con insegnanti come Ian Eastwood, Brian Puspos, Jun Quemado, Bam Martin, Anthony Lee, Vinh Nguyen e Shit Kings perché mi hanno aiutato a stare al passo con i tempi e mi hanno fatto pensare all’hip hop con vedute più larghe senza più limitarmi a quello che avevo imparato altrove. Passo dopo passo ho cominciato poi a prendere più fiducia in me stesso creando il mio personale stile, che poi altro non è che un’elaborazione personale di tutte le mie esperienze. Che cosa stai progettando per il tuo futuro e cosa stai portando avanti nel tuo presente? In diverse scuole di Roma ho progetti con crew composte da ragazzi tra i 15 e i 23 anni, che sto cercando di portare in giro tra l’Italia e l’Europa. Oltre a creare le coreografie spesso danzo con loro, ma essenzialmente cerco di creare per i ragazzi che “ci vogliono provare” nuove occasioni. E cosa consigli ai ragazzi che, come dici tu, “ci vogliono provare”? Utilizzo queste occasioni di esibizione per dare tanti consigli ai ragazzi coinvolti, li sensibilizzo al creare e ad essere artisti attraverso il proprio corpo, le proprie

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mani, la propria personalità e credo che l’esperienza di stare insieme e avere maggiori spazi in cui condividere li possa ispirare maggiormente. Secondo te quali sono le tendenze interessanti che stanno emergendo in Italia per quanto riguarda l’hip hop? Purtroppo credo in Italia l’hip hop sia sempre un po’ di rimando dalle tendenze americane e che quindi qui, anche se assistiamo a nuove tendenze, credo che non ce ne siano destinate a rimanere nella storia. Sono piuttosto mode passeggere: mi sembra che tutto torni. Per questo ogni giorno sempre di più, cerco di seguire la mia strada. Ed è anche quello che cerco di consigliare ai ragazzi a cui insegno: essere sempre se stessi per dar vita ad uno stile unico che sia la somma delle proprie esperienze. Salutiamoci con qualche consiglio che ti senti di dare ai ragazzi che frequentano lezioni di hip hop? Aprire la mente, non fossilizzarsi su uno stile, condividere un pensiero proprio, aprirsi ad altri progetti, altre situazioni, non coltivare il proprio orticello nella propria scuola ma aprirsi ad ogni nuova frontiera.

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AFFILIAZIONE L'associazione, che costituisce un'entusiasmante novità nell'attuale panorama della danza, rappresenta un punto di riferimento per i professionisti e gli appassionati. L'attività di IDA è rivolta verso molti fronti: la formazione, l'aggiornamento, la specializzazione, ma anche verso l'attività legata agli stage, ai concorsi e alle audizioni, al fine di favorire la crescita qualitativa e quantitativa dell'intero settore. L'IDA propone un tesseramento annuale, con le seguenti formule.

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Comprende: • Rilascio immediato del Tesserino Tecnico ASI/CONI in formato elettronico • Iscrizione annuale al Registro Nazionale del Settore e inserimento nell’albo Nazionale dei tecnici dell’Ente di Promozione Sportiva ASI / CONI, in ottemperanza alle Leggi Regionali in materia sportiva che disciplinano la figura dell’insegnante visualizzabile sul sito ASI sotto la denominazione: “danza sportiva” • Rilascio tesserino insegnante IDA (valido fino al 31 dicembre dell’anno di affiliazione) e inserimento albo istruttori I.D.A. www. idadance.com • T-shirt ufficiale IDA Teacher • Abbonamento alla rivista “Expression” • Polizza assicurativa infortuni con ente di promozione sportiva • Polizza assicurativa R.C.T.

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INTERNATIONAL DANCE ASSOCIATION

PROGETTO DIDATTICO PER LE SCUOLE DI DANZA ASSOCIATE Esami di livello direttamente nelle sedi con rilascio di attestato

MODERN JAZZ CONTEMPORANEO CLASSICO HIP HOP Il Progetto Didattico IDA è un percorso pensato per tutte le scuole che vogliono offrire ai propri allievi la possibilità di sostenere esami per verificare e attestare il livello raggiunto nel percorso di studi. Per l’allievo è uno stimolo ad applicarsi nello studio, per l’insegnante un’occasione di confronto e di crescita professionale. Sono previsti esami nelle seguenti discipline: Classico, Modern Jazz/Contemporaneo e Hip Hop. Per partecipare al percorso formativo le scuole devono essere regolarmente affiliate all’IDA e inviare lo speciale modulo di adesione. Le domande saranno accettate fino a esaurimento disponibilità. La data d’esame deve essere concordata entro il 1° aprile con la segreteria IDA e può essere fissata in qualsiasi periodo dell’anno in base alle esigenze della programmazione didattica e artistica della scuola di danza.

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Servizi e supporti didattici offerti alla scuola che aderisce: • Il Teacher Workbook sulle discipline scelte, in cui l’insegnante trova indicati i livelli d’esame che gli allievi possono sostenere durante gli anni di studio. Per ogni livello sono indicati i risultati da raggiungere e le difficoltà tecniche che devono essere affrontate in sede d’esame. • Targa di “Centro Professionale IDA” da esporre nella scuola. • Servizio di assistenza domanda/risposta attraverso la e-mail dedicata didattica@idadance.com a cui gli insegnanti possono scrivere per porre domande su problematiche e dubbi relativi all’attività didattica. Le risposte saranno fornite dai docenti/esaminatori del percorso formativo. • Novità: Servizio di assistenza tecnica tramite Whatsapp riservato in esclusiva ai referenti tecnici delle scuole aderenti per confrontarsi in linea diretta con gli insegnanti referenti del progetto. • Visita (su richiesta) di un docente tutor IDA nella propria scuola, per la supervisione del lavoro prima degli esami. Possibilità di richiedere un preventivo contattando la segreteria IDA.

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TAVOLA ROTONDA

per gli insegnanti delle scuole che aderiscono al progetto didattico RAVENNA 9 luglio 2020 Un appuntamento dedicato agli insegnanti delle scuole aderenti al Progetto Didattico IDA, con gli insegnanti referenti: Roberta Broglia, Rosita di Firma e Massimiliano Scardacchi. L'appuntamento è valevole come aggiornamento tecnico ai fini del riconoscimento del diploma di insegnante e del Tesserino Tecnico ASI

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Per ulteriori informazioni contattare la Segreteria organizzativa: danza@idadance.com

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CONCORSO EXPRESSION UNA GIURIA

INTERNAZIONALE IN CERCA DI TALENTI 55


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ietro le quinte della sedicesima edizione del Concorso Expression e della prima edizione di Expression Grand Prix, eventi di spicco di Danzainfiera, si percepiva un brusio che viaggiava sul filo della tensione, l’adrenalina che scorreva a fiumi, tra affiatamento, voglia di emergere e sana competizione. Sui palchi estremo silenzio e rigore in un momento che per chi danza dura ore ma che in realtà dura qualche minuto; dall’altra parte del palco un lungo tavolo che ospitava chi ha il compito più arduo: guardare con estrema attenzione e dare un voto equo e giusto all’arte che mettono in scena piccoli e grandi danzatori. I componenti della giuria, ognuno con la sua professionalità e sensibilità, hanno valutato i partecipanti per trovare le diverse pieghe del talento, le specificità e le qualità che ogni componente voleva riportare nelle proprie sedi e compagnie. Richard D’Alton, insegnante dell’Ent'Artes Escola de Dança in Portogallo, ci ha confidato ad esempio come per lui sia importante riconoscere potenzialità, originalità e mimica potente perché a suo avviso la tecnica deve essere al servizio dell’espressione coreografica e questo significa per lui essere un’artista. Daniel Agesilas, ex direttore degli studi coreografici al Conservatorio Nazionale Superiore di danza di Parigi, che ha premiato i ragazzi con la partecipazione

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allo Stage International Danse Angers in Francia, ha riscontrato invece come ogni ragazzo venisse da un differente background tecnico e come sia riuscito a trasmettere emozioni danzando. Ha visto inoltre nei ragazzi un alto livello qualitativo anche rispetto ad altri concorsi che dirige in Connecticut, a New York e a Praga. Georgina Rigola Peña, giurata del concorso già da diverse edizioni, ci racconta che negli anni ha visto nei partecipanti continui progressi e ha confermato, in linea con i suoi colleghi, che quest’anno c’era un livello molto alto. Georgina perché anche quest’anno ha deciso di partecipare come giurata? “Innazitutto per l’organizzazione che per me è sempre perfetta, poi essere qui è davvero importante perché proprio in occasioni come queste cerco ragazzi che abbiano un’espressione che segue in ogni momento la coreografia e perché visiono nuovi danzatori che possano poi far parte della compagnia che dirigo a Barcellona”. A Morten Innstrand e Lotte Sigh, coreografi e direttori artistici della Copenhagen Contemporary Dance School, “piace la danza nella sua espressione fisica perché crea bellezza”. Ad entrambi sono piaciuti i partecipanti che sono riusciti a presentare, con una buona o un’ottima tecnica, una coreografia che fosse anche in grado di comunicare e suscitare emozioni. Massimo Gerardi, ballerino, coreografo e docente

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della Sead - Salzburg Experimental Academy of Dance, che ha visionato i ragazzi per assegnare borse di studio per lezioni intensive nell’ accademia con sede in Austria, ci ha confidato che per Sead è importante cercare nei ragazzi, che possano poi partecipare anche al loro programma annuale, malleabilità, duttilità, morbidezza, fluidità e particolarità nella presenza scenica. Per l’accademia in cui insegna e che rappresenta il suo scopo era trovare danzatori in grado di far emergere una propria cifra stilistica e una certa individualità nella presenza scenica. Andy Lemond, danzatore e coreografo canadese, è stato ospite del concorso per la prima volta e ci confida con grande entusiasmo che ha trovato un alto livello soprattutto nei ballerini maschi e un buon livello sia nell’hip hop che nel contemporaneo: “ho visto in loro molto talento e per questo ho voluto dargli la possibilità di partecipare allo stage internazionale che organizzo da anni a Stoccarda”. A tutti i giurati dell’Expression Grand Prix, sezione del Concorso dedicata ai migliori vincitori delle precedenti edizioni, abbiamo fatto invece solo due domande: secondo quali parametri avete giudicato i ragazzi? Quali le doti che deve avere secondo voi il danzatore del domani? Kathryn Bradney, direttrice del famosissimo Prix de Lausanne, ci ha raccontato come nei danzatori cerchi “potenziale, espressività, qualità fisiche e tec-

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nica” e ci ha spiegato poi: “nel concorso che dirigo, rivolto a ragazzi tra i 15 e i 19 anni, cerchiamo da sempre il binomio cuore-spirito”. Marco Chiodo e Kledi Kadiu mi rispondono all’unisono perché sono certi che: “personalità, carattere e presenza scenica sono le caratteristiche che rendono un danzatore eccellente” e credono anche che il danzatore debba farsi vedere nel suo essere “persona” prima di ballerino avendo portamento e comunicazione anche nella vita reale non solo in quella dei social: “siamo convinti che in scena sia fondamentale che emerga quello che un danzatore è nella vita quotidiana” e che ognuno debba portare sul palco “la sua cifra e la sua originalità”. Per Tracy Inman, coreografo e co-direttore della Ailey School di New York, l’“espressività è la prima cosa, poi arriva la tecnica ma il tutto in una connessione vera, combinata alla perfezione. Seguendo questa idea, nella Alley School, cerco di convogliare e ospitare danzatori che fioriscono grazie ai nostri insegnamenti”. La giuria si è espressa con giudizi di competenza e di equilibrio ma come sempre accade in ogni concorso c’è chi vince e c’è chi perde, c’è il piacere della vittoria e lo scotto della sconfitta. Certo tutto passa dall’accettazione perché si è consapevoli che al di là del palco ci sia qualità, serietà e professionalità e che la partecipazione al concorso sia, nel bene e nel male, una

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lezione di vita da parte di professionisti del settore e una possibilità di arricchimento per chi vorrà fare di questa arte la propria vita.

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INTERNATIONAL DANCE COMPETITION tornerà a Firenze il 26 /27 /28 febbraio 2021 Vi aspettiamo!

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LINDA RICCI E LUCA TRAMONTI UN INCONTRO PARTICOLARE NELLE SALE IDA di Monica Morleo Foto di Federica Navarria 61


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a danza è tecnica ma è anche fiducia e contatto con l’altro: è “sentire” chi danza vicino a noi ed è creare una sinergia con il gruppo che porta una nuova energia sia al singolo danzatore che a tutto l’ensemble. Questa energia è scaturita nelle sale Ida non da una coreografia di gruppo ma dall’incontro di Luca Tramonti con la sua insegnante, Linda Ricci. Luca ha 22 anni ed è affetto da autismo e la danza per questo ragazzo è diventata un nuovo canale per esprimersi perché per Luca comunicare è veramente un compito arduo. La sua malattia infatti fa fatica a farlo entrare in relazione con le altre persone, specie in ambienti che non gli sono familiari. Linda Ricci, performer, danzeducatore e insegnante, ha costruito su di lui un percorso mirato e focalizzato solo sulle funzionalità del corpo e si è dovuta confrontare, specie nei primi incontri, con alcune problematiche tipiche dell’autismo (alterazioni della coordinazione motoria, comportamenti ripetitivi e schematismo mentale); ma anche ha capito da subito come qualsiasi corpo abbia un suo canale preferenziale ed è proprio lì che un insegnante può insinuare nell’allievo un nuovo modo per comunicare. Giorno dopo giorno, lezione dopo lezione, Luca si è affidato completamente a Linda e il dialogo tra insegnante e allievo in questo percorso non arriva, come accade nelle lezioni tradizionali, con le parole, ma dimostrando da entrambi le parti una fiducia comple-

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ta. Chiaramente ci è voluto un po’ perché Luca si calmasse e cominciasse a godere di questo momento dedicato solo a lui; si è dovuto prima sentire a casa con piccole “ancore” create nello spazio e trovare da solo, e non senza difficoltà, un modo per calmarsi ed entrare in una routine che con il passare del tempo ha considerato propria. Luca poi ha anche i muscoli spesso contratti e a volte il suo corpo non reagisce come si vorrebbe; per questo anche una posizione a contatto con la terra, sdraiato, evoca in Luca la caduta o il sonno: va quindi stimolato in modo che il suo corpo ricordi una nuova modalità legata a quella posizione e ad un nuovo punto di vista diverso dalla solita emozione.

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Linda da quando porti avanti il lavoro con Luca e con quali modalità? Lavoro con Luca da 3 anni ogni settimana per un’oretta. Abbiamo anche trovato con sua mamma un orario che fosse adatto alle sue esigenze, alle 13.45 dopo aver finito la scuola e aver mangiato. Studiando questo percorso personalizzato mi sono dedicata in particolare alla sua catena muscolare posteriore che in Luca è corta e, utilizzando le tecniche Laban, lavoro su macro temi come tirare e spingere, più o meno spirale, grandi e piccole rotazioni, girare e saltare. In ogni lezione valuto poi come va in quella giornata, se Luca è giù mantengo la calma, senza affaticarlo di testa, osservo l’attenzione mentale e la stanchezza fisica e semmai amplifico; lo osservo molto per creare sempre di più una lezione su misura per lui. Ho capito ad esempio che il trampolino e piccoli attrezzi gli fanno superare le paure e diventano una sicurezza per lui e ho visto che quando fa la capriola ha gli occhi gioiosi, oppure vedo che fa fatica quando va su e giù dalla spalliera. In che modo hai mantenuto un rapporto amicale con Luca e al tempo stesso tempo sei riuscita a mantenere il distacco tipico dell’insegnante? In questo senso è proprio Luca che mi ha guidato, è lui che mi ha dato un ruolo di facilitatrice: questo ruolo lo mette a suo agio, non lo mette sotto pressione,

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lo aiuta a giocare. Per questo, per quanto possibile, cerco anche di accettare le sue proposte perché mi fa capire che c’è un impronta che gli è rimasta e che vuole riproporre. Ad esempio ora, perché si ricorda di essersi divertito, mi chiede di riproporgli di nuovo qualche gioco perché lo vuole riproporre a sua volta a casa con sua mamma. Anche se in modo inconsapevole Luca ora utilizza il suo corpo in modo nuovo e si diverte perché il suo corpo reagisce alle sollecitazioni riuscendo a stabilire un nuovo contatto fisico e umano attraverso il movimento e il gioco. Come sta continuando questo percorso? E fino a quando pensi che potrà durare? Credo che questo sia un lavoro che si possa portare avanti anche a vita, serve a lui che utilizza anche il corpo come un veicolo e a me che a ogni lezione cresco sempre di più. Ovvio che per lui la memorizzazione è lenta, ma anche la routine permette di scavare e andare in profondità e spero quindi che Luca non scappi mai dal suo corpo, che anzi lo accolga per utilizzarlo in maniera diversa. Per esempio poco tempo fa Luca mi portava i brani del Festival di Sanremo e su quelle canzoni montavamo una coreografia base e lì per lì se la ricordava: anche la danza quindi è un modo per attivare la sua memoria mentale. La danza intesa come movimento e possibilità di contatto con il corpo altrui permette una conoscenza e

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una consapevolezza che è di estrema sensibilità. Il movimento lascia andare la mente in un altro universo e crea connessioni anche quando non ne siamo pienamente consapevoli e in questo modo un abbraccio, una carezza o un semplice passo di danza possono diventare i motori per una maggiore conoscenza sia del nostro corpo che di quello degli altri. Grazie alla potenza della danza nelle sale Ida si è aperta dunque una nuova relazione con chi è affetto da autismo e questo percorso ha dimostrato quanto sia importante che vengano aiutati e sostenuti progetti di questo tipo, rivolti in particolar modo a ragazzi e adulti perché poco presenti rispetto alle progettualità per i bambini e perché, come ci ha raccontato la mamma di Luca, Marina Montanari, 66


sempre economicamente sostenuti dai familiari. Progetti come questi aiutano a vivere meglio chi è affetto da questa malattia, che sÏ isola le menti ma non i corpi che possono cosÏ aprirsi al mondo grazie alla conoscenza e alla fiducia incondizionata.

GUARDA IL VIDEO

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DANZAUTORE CONTEMPORANEO

ALLA RICERCA DI NUOVI LINGUAGGI COREOGRAFICI di Monica Morleo Foto di Dario Bonazza

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l danzAutore rigetta il codice classico e quello modern proponendo un’originale costruzione di segni che è spesso sintesi e rielaborazione di molte delle tendenze che l’hanno preceduta rendendo originale la ricerca e legandola strettamente al proprio io autorale. Per spronare a creare nuovi linguaggi coreografici come danzAutore da Ida, Cantieri Danza, Iscom Emilia Romagna e Centro studi La Torre è stato ideato e organizzato il percorso di alta formazione DanzAutore Contemporaneo, che si è concluso a gennaio dopo un anno di lavoro. Durante il percorso formativo è stato proposto un lavoro a tutto tondo sull’esperienza coreografica che ha compreso non solo il lavoro sul movimento ma anche sulle luci, le scene, le musiche e l’organizzazione teatrale per stimolare i partecipanti a costruire e sviluppare il proprio processo creativo in un’ottica di scambio e condivisione di saperi, nozioni ed esperienze. In questo senso fondamentale è stato l’apporto dei coreografi docenti che, grazie alla loro singolare cifra stilistica e autorale, hanno aiutato e stimolato gli allievi nella creazione di una propria e originale visione. Nicola Galli crede “che la condivisione delle esperienze possa favorire la messa a fuoco del proprio percorso e armare i partecipanti di strumenti” e ci racconta: “ho condiviso con gli aspiranti coreografi

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una serie di pratiche fisiche, strumenti e metodologie che utilizzo personalmente durante le fasi di studio e di creazione. Mi sono concentrato sul processo creativo dei miei spettacoli, analizzando la costruzione coreografica, gli aspetti illumino-tecnici, sartoriali e organizzativi, al fine di offrire alcune delle possibili modalità di lavoro”. “La mia esperienza di coreografo mi ha portato a far lavorare gli allievi sulla “chiarezza”, sull’esporre e creare dei semplici sistemi coreografici, piccoli esperimenti generati durante il percorso. Quando parlo di “chiarezza” faccio riferimento al cielo stellato che, comunemente, è inteso come meraviglia e perfezione non necessariamente decifrabile (a meno che non si sia astrofisici). Per me è importantissimo che la danza contemporanea oggi si sveli nella sua chiarezza, perché quella chiarezza può portare a creare e determinare il proprio linguaggio personale, a scartare i “fantasmi” di ciò che già conosciamo e di ciò che semplicemente ci piace. Se il risultato coreografico si intorbidisce, dobbiamo necessariamente scartare i materiali che confondono la scena e cominciare a tracciare una necessità che rispetti il meccanismo che ognuno si propone di indagare: questo è stato il processo proposto perché ognuno si interrogasse sulle proprie tensioni autoriali” ci spiega Marco Valerio Amico/Gruppo Nanou

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Paola Ponti della Compagnia Iris: “Con i ragazzi ho affrontato una fetta molto specifica della danza, ovvero le creazioni che nascono da e per spazi non convenzionali. Quindi non per lo spazio scenico tradizionale (il teatro o comunque uno spazio “preparato” per adattarsi al lavoro coreografico) ma al contrario la possibilità di far nascere la propria danza a partire da uno spazio diverso, specifico, come può essere una strada, una piazza, uno scorcio, una stanza. Ho utilizzato esperienze di percezione e lavoro somatico a sostegno dell’esplorazione del movimento e della danza che può nascere dalla relazione tra il proprio corpo e uno spazio specifico. Ho invitato i ragazzi a porre al proprio corpo e a se stessi domande, non per trovare una risposta ma piuttosto per aprire una indagine (in movimento, fatica, prospettica) sulla relazione tra se stessi e quello spazio specifico”. Per Francesca Pennini di CollettivO CineticO è “importante stimolare strumenti critici e di osservazione prima ancora di trasmettere codici e sistemi di valori. I principi fondamentali sono la consapevolezza, il coraggio di sostenere una scelta personale (sia per un’idea coreografica generale che per l’esecuzione di un singolo movimento, per l’invenzione di una postura), il rigore nel poter stare dentro o rompere con volontà un sistema di regole, la capacità di ascolto della

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propria visione, gusto, esigenza. Credo sia importante fornire strumenti che funzionano come dispositivi, ovvero creano un terreno di sperimentazione ma non ne plasmano il risultato e credo sia fondamentale saper dare dei feedback non giudicanti, ma acuti e responsabili sia sugli aspetti creativi che su quelli tecnici e valorizzare la diversità senza transigere su scorciatoie semplici. Data l’eterogeneità del gruppo ho fornito uno sguardo trasversale in cui le singole voci non dovevano approssimarsi ad un modello (estetico/poetico/tecnico/interpretativo) ma avere la forza e la lucidità di dichiararsi. Per CollettivO CineticO l’uso di dispositivi di creazione (esempio: il gioco da tavolo cinetico 4.4) è una delle pratiche costanti per cui abbiamo condiviso con il gruppo proprio questi strumenti combinando la pratica fisica a quella creativa (essere autori), performativa (con spettatori a testimoniare la presenza reale) a quella osservativa (essere spettatori e discutere la propria visione)”. “Per me coreografia è cercare di far comprendere la compresenza dei tanti elementi che si possono vedere al proprio interno, è un processo che inizia dove finisce il perimetro del corpo e deve essere aperta a diverse possibilità di cui ha bisogno il corpo. Credo sia necessaria la percezione del movimento, che il corpo ne sia un suo medium e che il movimento sia una scrittura di immagini che il corpo elabora nello

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spazio. È importante organizzare il movimento in connessione con il luogo in cui prende forma, con gli altri corpi, il clima, la luce e temperatura, così la coreografia risente di altro, attraversa altro e in ogni rappresentazione si riapre nella ripetizione e si riaprono le coordinate. I ragazzi, seguendo un mio training con diverse tecniche, si sono dati molto e hanno trovato le loro soluzioni e declinazioni nella vastità del movimento pur nella eterogeneità del gruppo” ci racconta Simona Bertozzi direttrice artistica di Nexus.

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I CONSIGLI DEL DOTT. MARCO BATTI

LA DANZA A DISTANZA QUALI I RIFLESSI PSICOLOGICI PER BAMBINI E RAGAZZI?

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ezioni on line, in streaming, webinar, conversazioni con i compagni su Skype, dirette online, lezioni tramite Zoom. Tutto questo è la conseguenza dell’impossibilità di contatto umano a causa della pandemia di COVID-19 che sta devastando l’intero globo terrestre. Com’è possibile proseguire? Come si può mantenere un contatto? Per molti giovani allievi, che nei primi giorni hanno trovato magari stimolante, forse addirittura “simpatico”, provare forme nuove e approcci differenti, dopo aver portato la loro passione all’interno delle mura domestiche sentendosi protetti e felici, il passare dei giorni ed il persistere del lockdown ha significato un crescente stato emotivo di sconforto, spesso innescando sistemi di depressione e riflessioni sul proprio futuro guidate, quindi, da una condizione umorale non del tutto obiettiva e/o razionale. È accaduto tutto improvvisamente, tutto si è fermato, e i ragazzi si trovano come se qualcuno, o qualcosa, li avesse obbligati a riflettere su chi siano, dove vadano e cosa si aspettino da un futuro ora incerto e pieno di debolezze. Si possono innescare così forti frustrazioni, alimentate dalla reale impossibilità di individuarne un colpevole. La nostra psiche ragiona infatti istintivamente nella ricerca immediata dell’elemento che detiene la colpa di un avvenimento funesto o irragionevole che scombussola le nostre aspettative e la rabbia spesso si manifesta con attacchi o invettive

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contro qualcuno oppure, dopo una fase di riflessione che porta ad una di presa di coscienza, qualora l’errore sia imputabile a se stessi, con un processo di rabbia interna difficilmente canalizzabile che può, in casi gravi sfociare perfino in eventi di autolesionismo, restrizioni insensate, scaramanzia compulsiva. Lo psicologo e psicoterapeuta Dr. Armando De Vincentiis, in un suo articolo su Medicitalia, afferma: “L’attribuzione di una colpa ci da una profonda illusione di aver fatto qualcosa. Se un’alluvione distrugge interi raccolti, se un terremoto devasta una città, non si prende in considerazione che la natura può, casualmente, uccidere innocenti, ma se lo fa è perché qualcuno non ha avuto il genio di prevedere l’evento o non ha avuto quelle capacità ingegneristiche innovative che non hanno saputo far reggere un palazzo ad una scossa devastante di elevato magnitudo. Insomma nella nostra mente, per qualsiasi evento che possa accadere, relazionale o naturale, è sempre colpa di qualcuno!”. In questo momento storico nessun paragone calza meglio di questo. Il problema primario è che i giovani, non avendo sviluppato un adeguato livello di razionalità, come molti adulti sopraffatti da uno stato di apatia, depressione e paura dell’ignoto, non riescono ad accettare come la “colpa” spesso non possa essere attribuita ad un unico elemento e questo porta ad un senso di inadeguatezza, di incapacità ancora

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più profonda della concreta impossibilità di uscita o di proseguimento delle attività che regolarmente creavano la propria routine. La mancanza del contatto visivo, fisico ed empatico che solo la realtà ci può dare, per molti ragazzi e studenti di danza è un ostacolo insormontabile che non riesce ad evolvere in una condizione propositiva. La mancanza delle relazioni interpersonali con amici e compagni, il rapporto di rispetto e amore con i professori ed il Maestro, coltivare la passione che era alla base di molti sacrifici, sta portando a rallentare e dubitare anche ragazzi con un precedente grado motivazionale alto, improvvisamente sgretolatosi tra le loro mani. Parliamo di un meccanismo di difesa innescato dalla percezione di un incondizionato abbandono. I meccanismi di difesa servono a ridurre l’ansia e l’angoscia derivanti da conflitti inconsci intollerabili per la coscienza influenzando, anzi determinando, il comportamento del soggetto. In questo caso specifico, i ragazzi tendono a non seguire con lo stesso interesse le lezioni, ad esempio, chiudendosi in un mood di difesa per ridurre l’ansia che si crea davanti alla percezione dell’instabilità del futuro. Nascono così numerosi interrogativi in molti studenti: voglio veramente fare questo nella vita? Anche se è la mia vera passione, vedendo in uno stato di emergenza come la figura del ballerino e dell’insegnante di danza venga di-

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menticato, considerato non indispensabile, veramente voglio percorrere una strada che dimostra molte impervietà? La risposta diventa unica, inevitabile e scontata. Dobbiamo riflettere su come metabolizzare l’abbandono, non per forza attribuibile ad una persona fisica ma comunque accusato con la perdita della quotidianità, della propria passione, del contatto sociale o, semplicemente, ci si sente abbandonati dalla vita nel senso più figurativo della parola. L’essere umano si sente perso, senza riuscire a rientrare nel proprio sentiero. La nostra psicologia reagisce con dei meccanismi destabilizzanti, creando difficoltà nel riuscire a mantenere relazioni sane e a sviluppare il senso di fiducia. Questa paura paralizzante può portare a creare dei muri, per evitare di venir feriti, oppure a “sabotare”, inconsapevolmente, il proprio futuro. Come possiamo aiutare i nostri allievi per superare questa difficile situazione, che ferisce e destabilizza anche noi? Torniamo ad uno dei concetti alla base delle teorie dello sviluppo: per sentirsi sicuri, i bambini hanno bisogno di essere visti, compresi e accuditi, specie quando sono arrabbiati. Le molte attenzioni che possiamo dimostrare a distanza e le parole di conforto, anche per via telematica, possono suscitare ugualmente una reazione positiva, di risveglio da un torpore, da un “letargo” indotto; allo stesso tempo, per chi

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presenta carattere e personalità più vulnerabili, bassi livelli di autostima e difficoltà comunicative, stati di introversione, tutto questo non basta. Occorre forse lasciare tempo alle cose, facendo in modo che, tornati alla nuova normalità che ci attende, loro stessi possano trovare comprensione da parte dell’insegnante, il quale non potrà assolutamente trasmettere cali di interesse o farsi percepire privo di speranze. La difficoltà nella fase di ripresa sarà, tra le altre, la “resistenza” di molti ragazzi combattuti tra il forte desiderio di tornare alla normalità ed il terrore di contrarre il virus, indipendentemente dal rispetto di tutte le varie precauzioni igienico-sanitarie. Questo porterà ad un conflitto che l’insegnante si troverà a combattere quotidianamente e che non sarà semplice da far ammettere, sia da parte degli allievi che da parte delle famiglie. L’obiettivo primario delle scuole di danza diventerà, probabilmente, ricostruire in una nuova forma i rapporti sociali, ma dovrà basarsi sulle capacità individuali di resilienza. La resilienza è un concetto che indica la capacità di far fronte in maniera positiva ad eventi traumatici, la forza di volontà di riorganizzare positivamente la propria vita di fronte alle difficoltà, di rialzarsi rigenerandosi restando sensibili alle opportunità positive che la vita ci può offrire, senza alienare la propria identità. Il Maestro dovrà quindi fortificarsi e porsi come obiettivo quello di far reagire i propri allievi,

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stimolare la loro capacità di tenere testa agli ostacoli imprevisti, aiutarli nel dare nuovo slancio alla propria esistenza e a raggiungere mete nuove, importanti, che prima potrebbero non essere state nemmeno prese in considerazione seppur consapevole che la danza a distanza, pur essendo una nuova sfida, non potrà sostituire del tutto l’insegnamento della danza in aula sia dal punto di vista psicologico che in ambito didattico (come far comprendere con questa metodologia gli errori e le relative correzioni a distanza?). In generale dovremo comunque imparare tutti, nessuno escluso, a trarre da questa catastrofe una nuova energia vitale per ricominciare con rinnovata grinta e positività .

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MEDICINA DELLA DANZA

IL MIGLIORE ALLENAMENTO PER LA DANZA

AI TEMPI DEL COVID A cura di Omar De Bartolomeo, Sara Benedetti, Romeo Cuturi, Viola Poggio

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a settimane oramai ci siamo abituati all’idea di non poter uscire di casa se non per convalidati motivi, così come ci siamo abituati all’idea di dover chiudere palestre, scuole di danza, centri di aggregazione sportiva in generale. Per tutti gli sportivi questo è stato un grosso scoglio da superare, sia fisico che psicologico. È indubbio infatti il ruolo dell’esercizio per il benessere psicofisico, soprattutto se svolta ad alta intensità e periodicamente. Mi viene da pensare, da perenne ottimista, che non tutto venga per nuocere, e che forse questo stop obbligato possa portare ad alcuni benefici da non sottovalutare. Nell’ ambito della danza, siamo consapevoli che la capacità di performance connessa ad uno stop così lungo dalle attività artistiche possa avere effetti deleteri in termini di forza fisica, resistenza, trofia muscolare, elasticità, propriocezione. Ritengo però che con qualche piccolo accorgimento potremmo sfruttare questa pausa obbligata per mantenere o addirittura migliorare il nostro approccio alla danza. Proseguendo per punti: 1) Nulla vien per nuocere: lo diceva la mia nonna… e ne ho sempre fatto tesoro! Questo periodo di stop dalle attività sportive abituali ci viene incontro per

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gestire le ripercussioni negative che lo sport (e la danza) svolta ad alto livello, con alta intensità e frequenza settimanale, ha sul nostro corpo. In pratica il riposo funzionale aiuta a sanare le lesioni fisiche e bioumorali da overuse/overlavoro. Importante quindi correggere l’alimentazione, e dopo un periodo di fermo dalla danza riprendere con gradualità alcuni esercizi e alcune lezioni di sbarra a terra e sbarra (anche improvvisata… appoggiando la mano ad un tavolo, ad una sedia, in cucina, in giardino). Se avete la fortuna di possedere un terrazzo o un giardino privato (attenzione alle norme di protezioni individuale per evitare il contagio!) ricordatevi che la luce solare è importantissima per l’attivazione della vitamina D. Riposare sul balcone, farsi riscaldare dal sole, e magari leggere un libro, sono attività che sembrano inutili, ed invece sono molto utili. Per chi ne è capace, anche ascoltare la musica delle proprie coreografie e mentalmente ripassarne i movimenti e i momenti ha un ruolo “pro-danza”, come ampiamente dimostrato scientificamente. Studi di neurofisiologia infatti dimostrano che la performance legata al movimento e la musica arrivano agli stessi neuroni cerebrali. Secondo alcuni ricercatori vedere e sentire una coreografia attiverebbe alcuni neuroni, definiti “specchio”, che sarebbero in grado di stimolare altri centri nervosi. In sostanza il ballerino osservando una coreografia e ascoltandone la musica può trarne

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beneficio come se la stesse eseguendo e, cosa interessante, non solo da un punto di vista motorio, ma anche da un punto di vista emotivo, empatico, emozionale. Pertanto, studiate! Approfittate del momento per studiare le coreografie, per vedere video, per ripetere la musica, per allenare il cervello! 2) Tutti i nodi vengono al pettine: anche questo proverbio me lo diceva sempre mia nonna. È un periodo di stop, vale a dire non si può andare in classe a far lezione, ma nel bene o nel male, tutti possono “danzare” in casa, sul balcone, in giardino (sempre rispettando le regole!). Vediamo quindi cosa fare: a. Regolarità: alzatevi sempre allo stesso orario, come se niente fosse successo alla vostra routine, e rispettate il più possibile gli orari di colazione pranzo e cena. Attenzione ovviamente all’alimentazione, approfittate del momento per fare una spesa più oculata (frutta e verdura fresca, cibi cucinati ed evitare eccessivo “scatolame” o pasti veloci…il classico panino insomma!). Internet è pieno di risorse, cercate ricette nuove e mettetevi alla prova. b. Allenatevi: con regolarità, alternando le tipologie di allenamento: sbarra a terra, yoga, pilates, funzionale, ecc. Quello che il covid ci ha dato è anche lo smart working. Io in questo caso vi suggerirei di praticare anche lo smart fitness! Tramite le note piattaforme, potreste curiosare e scoprire che in Italia come all’e-

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stero ci sono molti sportivi e molti ballerini che mettono gratuitamente online o in diretta i loro workout. Sul sito www.dancemedicine.it ho cercato di suggerirvene alcuni. Ăˆ una pagina in continuo aggiornamento, anche se potete capire il difficile momento storico che noi medici stiamo passando all’interno degli ospedali. Secondo me sarebbe opportuno praticare lezioni di stretching, yoga e/o sbarra a terra la mattina e nel pomeriggio invece una lezione piĂš intensa di danza o di allenamento funzionale.

Nell'immagine: @yo.da_power, fisioterapista, insegnate di danza e Yoga, durante alcuni esercizi.

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Per quest’ultima pratica basta una stanza, un tappetino, un elastico, un asciugamano e delle bottiglie di plastica! La sbarra a terra, lo stretching tradizionale e lo yoga avranno ripercussioni positive su alcuni punti cardine della danza: flessibilità articolare, elasticità e distensibilità muscolare, controllo propriocettivo, respirazione, meditazione. L’allenamento funzionale deve invece incentivare lo sviluppo delle doti tecniche e atletiche, quindi occorrerà costruire una lezione, sommariamente, considerando una parte iniziale di riscaldamento (corsa sul posto, corda, squat jumps, jumping jacks, high knees, butt kicks, lateral shuffles, forward lunges, lateral lunges, ecc…). Seguiranno esercizi funzionali (piegamenti, plunk, push-up with row – una bottiglia di plastica -, push up and rotate, bridge, triceps dips con la sedia o una spalliera, step-up su una sedia, wall sit, burpee, ecc.)

Nell'immagine: osteopata e preparatore atletico mentre propone workout in diretta per l’allenamento funzionale.

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Se avete lo spazio, si potrĂ poi improvvisare una sbarra vera e propria, una piccola lezione di danza in casa.

Nell'immagine: lezione casalinga di danza, con correzioni.

Per l’allenamento cardiovascolare invece sarà ottimo praticare cyclette, spinbike, vogatore, ellittica e esercizi similari. Quindi cari ballerini, forza, costanza e coraggio! Ce la faremo!

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In copertina

Luciano Cannito e Rossella Brescia Direttore responsabile Claudio Vacchi Caporedattore Monica Morleo Hanno collaborato a questo numero: Gianni Mancini, Marco Batti, Omar De Bartolomeo, Sara benedetti, Romeo Cuturi e Viola Poggio Art Director Elena Zanfanti Fotografie Roberto Casasola, Paolo Cortesi, Lisa Fabro Photographer, Federica Navarria, Nex Step Photographer, Dario Bonazza Un ringraziamento particolare a Daniel Agesilas, Marco Valerio Amico, Simona Bertozzi, Kathryn Bradney, Marco Chiodo, Richard D’Alton, Fabrizio Favale, Nicola Galli, Massimo Gerardi, Morten Innstrand, Tracy Inman, Kledi Kadiu, Andy Lemond, Francesca Pennini, Paola Ponti, Linda Ricci, Georgina Rigola Peña, Lotte Sigh Editore Centro Studi “La Torre” Redazione Centro Studi “La Torre” via Paolo Costa n. 2, 48121 Ravenna Tel. 0544/34124 e-mail: expression@idadance.com www.idadance.com

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