Confini 95

Page 1

Web-magazine di prospezione sul futuro

Confini

Idee & oltre

DEMOCRAZIA FUTURISTA

Numero 95 Maggio 2021


www.confini.org

www.confini.info

Confini Web-magazine di prospezione sul futuro Organo dell’Associazione Culturale “Confini” Numero 95 - Maggio 2021 Anno XXIII Edizione fuori commercio

+ Direttore e fondatore: Angelo Romano +

Condirettori: Massimo Sergenti - Cristofaro Sola +

Hanno collaborato:

Gianni Falcone Roberta Forte Lino Lavorgna Sara Lodi Emilio Petruzzi Antonino Provenzano Fausto Provenzano Angelo Romano Cristofaro Sola

+

Contatti: confiniorg@gmail.com


RISO AMARO

La variante nerazzurra

Per gentile concessione di Sara Lodi e Gianni Falcone

1


2

EDITORIALE

TANTI VOTI A CHI HA PIU’ TESTA I sistemi politici - ossia i sistemi che teorizzano l'uso "corretto" del potere - dovrebbero evolvere di pari passo con l'evoluzione umana (ma non evolvono). Essi dovrebbero, quindi, essere dinamici. Ne consegue che anche la democrazia dovrebbe essere dinamica piuttosto che essere ancorata a sistemi ed istituzioni immaginati secoli o decenni addietro. Più difficile immaginare una monarchia evolutiva o una dittatura, fosse pure del proletariato, dinamica. Ciò a maggior ragione in un'epoca di profonda mutazione antropologica che vede l'avvento e l'affermarsi dell'"Homo sapiens digitalis". Una nuova stirpe di uomini destinata a soppiantare sia i Neanderthal digitali che i comuni Sapiens. L'Homo digitalis, già agli albori della sua comparsa (inizi del 1900), si mostrò particolarmente versato per la logica, la matematica e l'ingegneria delle macchine (Alan Turing, ad esempio). Si è poi diffuso in tutto il pianeta fino a diventarne, grazie ad Internet, all'intelligenza artificiale, alla robotica, stirpe ormai dominante. Una razza prometeica che ha donato all'uomo l'automazione, la connessione a banda sempre più larga, gli strumenti di connessione quali computer e smartphone, la realtà vituale e i nuovi materiali rimodellando il modo di vivere e che, ben presto, evolverà ancora dotandosi di sensi-sensori che amplificheranno di molto le sue capacità ed il suo potere. Emerge qui, con stridente evidenza, tutta l'insufficienza dei sistemi politici noti e della politica dei "Sapiens comuni" a confrontarsi, comprendere, indirizzare e governare tale cambiamento. Tant'é che strutture create e governate dai "Digitalis" stanno soppiantando, di fatto e per via pacifica, gli stati nazionali. Più agili e ardite, con più risorse e popolazione, con più influenza e potere reale, vedi lo scontro Facebook/Presidente Usa Trump (perso da quest'ultimo), tali nuove forme di organizzazioni sovranazionali vanno affermandosi come fonti di diritto autonomo. Ed i "Sapiens" non sanno più che pesci pigliare e, divisi come sono sempre stati, non riescono neppure a concepire una strategia di resistenza, anche perché è alta la gratitudine delle masse dei "Sapiens" verso i loro prometeici "benefattori". Tanto alta che alcuni "Sapiens", appartenenti all'élite economica e furbi come pochi, hanno abbracciato la causa dei "Digitalis", definendosi "Illuminati" e sostenendo la causa dell'abolizione degli stati nazionali visti come un residuo di cultura tribale. In questa cornice va immaginata una nuova politica per un mondo nuovo. Un mondo non più diviso per classi ma tra creatori e utenti, tra influencer e followers, tra chi sa e chi non sa.


EDITORIALE

La pandemia ci ha offerto una prima avvisaglia dello stato delle cose a venire: la scienza (chi sa) ha soppiantato la politica nelle decisioni. Una nuova forma di democrazia, di democrazia "futurista", dovrà farsi spazio dopo essere stata puntualmente teorizzata. Non più una testa un voto o uno vale uno. Ma tanti voti a chi ha più testa, a chi accumula più meriti, civili o scientifici, a chi sa determinare un futuro desiderabile fuori da ogni schema pregiudiziale, da ogni vincolo ipocrita e regressivo del "politicamente corretto". Quindi governo col popolo in ottica partecipativa, piuttosto che l’utopico governo del popolo. Si tratta di un atto di realismo che non solo tiene conto dell'evoluzione antropologica in atto e delle nuove dinamiche sociali, ma che costituisce la sola possibilità di sopravvivenza per l'Homo Sapiens. E la sopravvivenza è, quasi sempre, garantita da cessioni di potere o di vantaggi. Persino i leoni sono, ormai, in via di estinzione. Angelo Romano

3


4

SCENARI

DEMOCRAZIA FUTURISTA INCIPIT NR.1 "Papà, ma è mai possibile che milioni di persone siano così stupide da non rendersi conto di portare al potere inetti e delinquenti?". "No, figliolo. Non sono stupidi e tu sei ancora troppo ingenuo. A loro sta bene così". (Conversazione tra un padre quarantenne e un figlio quindicenne nei primi anni Settanta del secolo scorso) INCIPIT NR.2 "Babbo, babbo ci dai 20 euro? Ci shoppy delle skin con le v-buk?" "Eh? Non ho capito una parola…" "Ci dai venti euro per shoppare delle nuove skin?". Il papà fa la faccia di chi non sa di cosa si parli. Interviene la sorellina, che scandisce bene le parole, compitandole lentamente. "Shoppare…le..skin…su Fortnite…con le V-buck". "Siamo gli unici bot del team che hanno solo una skin!". (Il fratellino, con aria implorante, come quella dei bimbi di un tempo quando chiedevano il trenino elettrico, Barbie o Cicciobello). "Ma che lingua parli? Non ho capito una parola?". (Il papà, visibilmente turbato, pensando a qualche sfasatura mentale dei pargoli, che invece incalzano con calma, scandendo bene le parole, per farsi meglio comprendere). “Devi shoppare delle skin con le V-buck sennò ci bannano dal team perché siamo gli unici bot con la skin di default". (Report. Puntata del 3 maggio 2021. Servizio sui videogame che fungono da pericolosa droga per i giovanissimi, inquinano il loro linguaggio e favoriscono la ludopatia). UTOPIA: L'ISOLA CHE NON C'È "Un politico guarda alle prossime elezioni; uno statista guarda alla prossima generazione. Un politico pensa al successo del suo partito; lo statista a quello del suo Paese. L'uomo di Stato ha voluto guidare, mentre il politico si è accontentato di lasciarsi portare dalla corrente". Così scriveva il predicatore e teologo statunitense James Freeman Clark, nel 1876, in un articolo intitolato "Wanted, a Statesman (Statista cercasi)". (In Italia, erroneamente, si attribuisce ad Alcide De Gasperi la prima parte della frase).


SCENARI

Ai massimi livelli del potere, però, arrivano quasi sempre dei politici che non dimenticano la loro natura. Di tanto in tanto capita che emerga qualche vero statista, qualcuno realmente intenzionato a ragionare in prospettiva, trasformandosi quindi in una spina nel fianco per chi non sappia guardare oltre il proprio orticello e se ne freghi dei "posteri". Gli ortolani, pertanto, anche se in feroce lotta tra loro, trovano comodo allearsi pur di mettere fuori gioco l'intruso. Qualche volta sono costretti anche a uccidere, cosa che fanno senza scrupoli da millenni e senza alcun riguardo per il ruolo delle vittime: scienziati, artisti, governanti, letterati, se non si rendono complici di un "sistema" perverso, sono solo degli ostacoli da eliminare, come accaduto a Socrate, Ipazia, Cicerone, Seneca, Giordano Bruno, Boezio, Thomas More, Andrea Chenier, Brasillach e a tanti altri personaggi illustri che, in un arco temporale di ben venticinque secoli, hanno pagato con la vita la loro opposizione al potere dominante, sommandosi a un numero spropositato di persone - centinaia di milioni - a vario modo vittime tanto degli "ismo" che il genere umano è stato capace di partorire per farsi del male quanto dei regimi apparentemente democratici ma intrisi di sottile tirannia, talvolta palesemente spudorata. Ogni epoca ha avuto i suoi geni, nati postumi e capaci di dettare le linee guida per realizzare un mondo migliore, la "città del sole", una società ancorata a quei nobili valori che consentono di vivere in armonia e in pace, rispettando un semplicissimo precetto: "ama il prossimo tuo come te stesso", che non trova albergo solo nella dottrina cristiana ma rappresenta il pensiero condiviso di chiunque abbia chiaro nella mente cosa serva realmente all'umanità per non autodistruggersi. Iniziò Platone, con la "Repubblica", a concepire uno stato perfetto, destinato a fungere da modello per l'eternità, senza peraltro credere più di tanto nella possibilità oggettiva che ciò accadesse, se è vero come è vero che diede maggiore risalto a un'opera successiva, "Le leggi", con la quale disegnò una società meno perfetta ma più attinente ai limiti della natura umana. Dopo di lui Thomas More e Tommaso Campanella hanno scritto non meno significative opere, intrise di quella perfetta armonia che si può definire in un solo modo: utopia. Decine di altri pensatori, poi, talvolta impegnati anche in politica, si sono affannati a redigere progetti socio-politici tesi a privilegiare il bene comune: ne abbiamo già parlato più volte in questo magazine, soprattutto negli articoli dedicati ai progetti federativi europei, e quindi è perfettamente inutile ribadire concetti triti e ritriti. Seimila anni di storia, di fatto, hanno sancito una terribile verità: il genere umano non è proprio capace di vivere in reciproca armonia e mai lo sarà. È solo possibile, pertanto, continuare a tratteggiare sulla carta "una società ideale", anche se ciò servirà solo a conquistarsi un posticino privilegiato nei libri di storia e filosofia. CHI SIAMO. DA DOVE VENIAMO. Assodato - e non certo da ora - che si renderebbe necessario un nuovo ordine mondiale in grado di sovvertire, prima ancora delle regole nefaste, la mentalità degli esseri umani, soffermiamoci sui fatti di casa nostra per cercare di sbrogliare una matassa confusa non poco, incrostata di nefandezze antiche e continuamente implementata da quelle moderne, fonte di quel tanfo che

5


6

SCENARI

tutti percepiamo e condanniamo, senza però essere in grado di ammettere la quota di responsabilità personale per la sua crescente consistenza. Prima di chiederci dove vogliamo andare e come, pertanto, è bene chiarirci le idee su due concetti fondamentali: da dove veniamo e chi siamo, cosa tra l'altro non facile perché le distorsioni mentali tipiche del genere umano tendono a esaltare tanto le radici quanto sé stessi, infondendo in ciascuno la sensazione di essere il depositario di verità assolute e delle ricette giuste per curare i mali del mondo. "La vita è adesso", ci ammoniva Claudio Baglioni circa quaranta anni fa, e pertanto, non fosse altro per rendere più duttile l'articolo, soffermiamoci sul presente, anche perché le radici remote dei nostri malanni sono state più volte trattate in passato e sicuramente lo saranno anche in futuro. Sia pure solo per grandi linee, essendo impossibile procedere altrimenti, sono due gli aspetti fondamentali da sviscerare: il confronto generazionale tra gli adulti nati negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso e i loro figli, nipoti e pronipoti; il quadro socio-politico. BOOMER, MILLENIALS, GENERAZIONE Z, GENERAZIONE ALPHA Se nel corso dei secoli i cambiamenti sociali avvenivano in modo così lento da consentire a genitori e figli di "respirare la stessa aria", gli sconvolgimenti epocali post 1968 hanno subito un'accelerazione così marcata da creare fossati generazionali invalicabili, con conseguenze disastrose sul piano relazionale. Per giovani e giovanissimi ("millenial", se nati tra i primi anni Ottanta e la metà degli anni audacia temeraria igiene spirituale Novanta; "generazione Z" se nati dalla metà degli anni Novanta fino al 2010; "generazione Alpha", se nati a partire dal 2010, ossia dei mocciosetti che già si fanno sentire, mettendo in crisi i loro genitori "millenials") gli adulti sono i "boomer", ossia coloro che sono nati dal 1946 al 1964, periodo in cui si registrò un sensibile incremento demografico (baby boom), che proseguì parallelamente al boom economico post bellico. Il termine è utilizzato con finalità dispregiative, per deridere ed esprimere un disprezzo assoluto nei confronti di elementi ritenuti fastidiosi e sorpassati: modo di pensare; visione del mondo; propensione all'impegno severo e ai sacrifici per costruire il futuro; rispetto per la famiglia tradizionale; rifiuto di condotte di vita aberranti e autodistruttive, che però per i giovanissimi costituiscono una droga della quale non riescono a fare a meno. Il mondo adolescenziale e giovanile ha assimilato metodiche comportamentali che, oltre a sovvertire sensibilmente le vecchie scale dei valori, favoriscono azioni insulse a difesa del malsano stile di vita. La cronaca riporta sistematicamente quelle più estreme, quali, per esempio, l'omicidio dei genitori che si rifiutano di dare soldi per l'acquisto di droga. Solo pochi giorni fa a Catania la polizia ha arrestato un quarantenne mentre si accingeva a sfondare la porta di casa e con urla disumane minacciava di uccidere i genitori, già duramente vessati da molti anni, se non gli avessero consegnato i soldi per la droga. Sempre in questi giorni, una ragazza giovanissima, rispondendo alle domande di una cronista televisiva, ha dichiarato candidamente


SCENARI

di essere contraria alle restrizioni per il contenimento del virus perché "tanto a morire sono solo gli anziani", non lei o suo padre, che ha cinquanta anni, aggiungendo, poi, una frase ancora più scioccante: "Arrivati a questo punto, dico la verità… io tengo molto ai miei nonni, ma se devono morire, morissero". Nel servizio giornalistico altri giovani si sono espressi in modo non dissimile, manifestando una disumanità e un vuoto culturale che atterriscono. Cosa imparano a scuola questi ragazzi? Che educazione ricevono dai genitori? Il fallimento del processo formativo è evidente, ma come intervenire? L'argomento è già stato trattato nel numero di marzo scorso, dedicato alla "Pubblica Distruzione" e qui si può solo aggiungere che o si trova il coraggio di bloccare "drasticamente" il processo disgregativo o immetteremo nella società masse crescenti di individui che, anche in età adulta, resteranno prigionieri delle pericolose distorsioni dell'essere, mancando in loro ogni presupposto che possa favorire lo sviluppo della maturità. Non è un compito facile, ovviamente, perché da un lato occorre scardinare un intero mondo intorno al quale ruotano interessi miliardari, dall'altro occorre recuperare processi formativi da tempo accantonati e ristrutturarli in modo che risultino in linea con le esigenze temporali. Contestualmente occorre "formare" adeguatamente i "formatori", destrutturando il fardello di sciocchezze assimilate nel percorso scolastico, universitario e post universitario. Un gran casino, insomma. I LIMITI DELLA SOCIETÀ DEIDEOLOGIZZATA. Sulla realtà politica del Paese occorre essere chiari, avendo il coraggio di non nascondersi dietro il dito e sciorinare anche le verità scomode, di difficile accettazione soprattutto per chi, magari in perfetta buona fede, nutra sentimenti di appartenenza. In primis va detto, senza tanti giri di parole, che sin dal 1860 non si è mai registrata una classe politica che rispondesse "unicamente" agli interessi del Paese. Corruzione e interessi personali non sono mai mancati nei governi della destra e della sinistra storica, per poi perpetuarsi durante il Fascismo e nel dopoguerra, fino ai giorni nostri. Se si volesse realizzare un grafico che, partendo dal 1860, esprimesse la qualità della classe politica su una scala da uno a dieci, il sei potrebbe essere il voto più alto e lo si riscontrerebbe forse in non più di due circostanze a livello governativo e due-tre volte a livello parlamentare, escludendo però il periodo post-bellico. Con l'avvento di Berlusconi si è avviato un processo di omogeneizzazione che, in pochi anni, ha favorito l'ascesa di una classe politica pregna di tutti i difetti di quelle precedenti e scevra dei pochi meriti, per lo più ascrivibili al livello culturale. I risultati sono quelli che abbiamo sotto gli occhi: nessuna delle componenti politiche che si contendono il potere risponde appieno alle esigenze di una società complessa e in forte evoluzione. Il centro-sinistra non è in grado di fronteggiare la grande crisi epocale dettata dall'immigrazione clandestina; non è in grado di fronteggiare il vuoto esistenziale dei giovani, che tra l'altro trova origine proprio nei falsi miti esaltati dalla sinistra sessantottina; sull'onda di un malsano buonismo frammisto a malsana tolleranza favorisce il consumo di droghe e alcool, con le tragiche

7


8

SCENARI

conseguenze a tutti note; non è in grado di tutelare le classi sociali che più soffrono, gli schiavi delle multinazionali sfruttati oltre ogni limite di decenza umana, essendosi appiattita su posizioni liberal-capitaliste e trovando comodo porsi al servizio dei poteri forti, adusi a creare ricchezza in modo sporco; non è in grado di avviare un serio processo di trasformazione sociale, essendo attento solo ad assecondare le voglie malsane di un elettorato che, per certi versi è definito "radical-chic", ma che di radicale ha solo la presuntuosa prosopopea dei parvenu e di chic proprio nulla. Secondo modalità comportamentali tipiche dei parvenu, poi, gli esponenti del centro-sinistra sono pronti a perdere la faccia pur di tutelare la poltrona, come sta emergendo in questo periodo che li vede tollerare l'intollerabile in quella scalcinata compagine governativa che fa ridere il mondo dal momento che si definisce "governo dei migliori", pur inglobando ministri ai quali non sarebbe lecito affidare nemmeno la gestione di un condominio. Di converso bisogna riconoscere che nella coalizione, soprattutto nella componente più a sinistra, albergano delle persone "parzialmente ragionevoli", almeno su alcune importanti tematiche, risultate preziose nella gestione della pandemia che, qualora fosse stata affidata ai "Bolsonaro" nostrani, pronti prima a negarne la pericolosità e poi a favorire anzitempo il deleterio "liberi tutti", avrebbe creato disastri non dissimili da quelli che si registrano in Brasile e India. Ancora più caotico il quadro d'insieme del centro-destra, i cui esponenti utilizzano impropriamente il termine "destra", non incarnando in alcun modo l'essenza di una vera destra moderna, sociale, europea ed europeista, che si faccia carico di premiare la meritocrazia in modo da impedire la fuga temeraria dei cervelli; sviluppare una sana coscienza solidaristica per tutelare i meno audacia igiene spirituale abbienti; perseguire gli evasori e la criminalità organizzata; riformare la giustizia avendo a cuore le vittime e non i carnefici, come si sta tentando di fare attualmente; favorire la cultura e la ricerca scientifica, cosa che sarebbe risultata preziosa in questo periodo, che ci vede come accattoni costretti ad accettare l'elemosina, non gratuita, dei vaccini prodotti altrove. Un giorno sì e l'altro pure, poi, si professano "liberali", senza rendersi conto di pronunciare il più grossolano degli ossimori, manifestando una pochezza culturale che fa il paio con quella di tanti elettori, i cui commenti nei social media fanno accapponare la pelle. È sì vero che la componente leghista, nel primo governo Conte, ha gestito in modo ottimale i flussi migratori (e si dovrebbe solo vergognare chi sostenga subdolamente il contrario, mentendo sapendo di mentire) ma è troppo poco per conferire alla coalizione il privilegio di governare il Paese e a Berlusconi il piacere di portare al governo le sue amichette e i suoi lacchè. Il Movimento 5Stelle per anni ha raccolto il consenso di tutti coloro che avevano ben chiari i limiti e le manchevolezze delle due principali coalizioni, salvo poi implodere quando le tentazioni del potere hanno preso il sopravvento sulla primitiva propensione alla purezza. Non vanno disconosciuti, tuttavia, i meriti per aver portato alla luce i tanti giochi sporchi praticati sulla pelle dei cittadini. Ora è impegnato in una difficile ristrutturazione interna, che dovrebbe conferirgli un'anima e un preciso campo operativo che, a quanto pare, guarda a sinistra, sia pure nel modo più caotico e contraddittorio che la realtà politica italiana abbia mai registrato.


SCENARI

Ciò è un vero peccato: un Movimento 5Stelle che fosse in grado di proporsi al Paese secondo i dettami di un tempo, evitando le velenose contaminazioni sinistrorse, soprattutto ora che si è liberato di tanta zavorra e si è affidato a un uomo per bene come Conte, potrebbe rilanciarsi grazie all'attenzione che sicuramente riceverebbe dai tantissimi italiani che schifano gli altri partiti e si rifugiano nell'astensionismo, a cominciare dagli elettori "realmente e degnamente" di destra, che già nel 2013 e 2018 contribuirono sensibilmente ai successi elettorali. Un quadro pesante e nefasto, come si vede, che non lascia presagire nulla di buono e registra la grande assenza di una vera destra. Un'assenza che scaturisce da una realtà sconcertante: manca il tessuto sociale in grado di favorirne l'affermazione. NON SMETTERE DI SOGNARE. NON SMETTERE DI COMBATTERE La realtà, dunque, è quella che abbiamo sotto gli occhi ogni giorno ed è preceduta da tremila anni di storia che sono più che illuminanti per chi la conosca bene. Ma che senso ha abbandonarsi alla disperazione o alla rinuncia, accettando passivamente il fatto che non sia possibile un futuro migliore? Nessuno, perché una generosa illusione è sempre da preferire a una negazione preconcetta: aiuta a sopportare il peso di un'esistenza condizionata dallo squallore dilagante chi dello squallore non sia responsabile. Bisogna continuare a lottare, quindi, come se davvero le cose potessero cambiare da un giorno all'altro, senza mai smettere di denunciare i mali del sistema, sbugiardare i mistificatori e mettere in riga i somari che si diano arie da cavalli, ricordando la loro vera natura. Devono aver pensato la stessa cosa anche i due visionari che, agli inizi del secolo scorso, in un'Europa sonnecchiante e ancora non presaga delle nuvole che si addensavano all'orizzonte, osarono pensare in modo rivoluzionario al futuro: Filippo Tommaso Marinetti e Vladimir Vladimiroviè Majakovskij. Non potevano essere più diversi per carattere, formazione culturale, stile di vita, pensiero politico. Il primo, esuberante, vulcanico, fautore della guerra come unica igiene del mondo, intriso di quel pizzico di follia che sconfina nella genialità, trovò naturale confluire con il suo Partito Politico Futurista nei Fasci di combattimento, impegnandosi nella stesura del Manifesto degli intellettuali fascisti dopo aver superato un po' di dissenso e delusioni, assolutamente in linea con un carattere che lo portava a collocarsi al di sopra di ogni entità, anche al di sopra del Fascismo e del suo capo, in modo da poter sempre tessere elogi o critiche da una posizione privilegiata. Il secondo, seppure appartenente a una famiglia nobile, aderì giovanissimo ai movimenti rivoluzionari anti zaristi, provò la durezza del carcere per ben tre volte e fu tra i protagonisti della rivoluzione d'ottobre, della quale divenne il poeta per antonomasia, ergendosi come un gigante tra una marea di altri intellettuali e artisti. Un gigante che quando si rese conto di non essere compreso dai suoi stessi compagni di partito, e forse anche schifato dal comportamento di un'attrice ventiduenne di cui si era innamorato, che aveva "osato" rifiutarsi di abbandonare il marito per seguirlo, perché - meschina - non avrebbe sopportato di condividerlo con Lilja

9


10

SCENARI

Jur'evna Brik, amante ufficiale e musa ispiratrice, pensò bene di spararsi un colpo di pistola alla tempia. Due persone geniali, avanti e non di poco rispetto al loro tempo e lontani mille miglia dalle miserie umane, che ovviamente è riduttivo, fuorviante e sbagliato definire "fascista" e "comunista", aduse a sognare l'impossibile avendo in comune il desiderio di mutare la Storia con l'arte; di incidere nella vita politica con la cultura; di creare un uomo nuovo, più dinamico, meno titubante al cospetto del nuovo che prende forma e pronto ad esaltare, con il sorriso sulle labbra, il coraggio e la temerarietà. Due geni che rappresentano la prova vivente di quanto sia valida la visione protagoriana dell'uomo misura di tutte le cose che, se nell'antica Grecia esprimeva semplicemente l'assenza di una verità oggettiva, apparendo essa differente a ciascun individuo in base al livello di percezione, per estensione sancisce anche l'assenza di un qualsivoglia sistema (politico, economico, sociale) di per sé definibile in assoluto valido o fallace, dipendendo tutto dalla qualità degli uomini che lo incarnano. A Marinetti andò meglio perché trovò spazio nel Fascismo, riuscendo anche a portare in Parlamento il Partito Politico Futurista, grazie all'elezione di un deputato alle elezioni del 1919. Il Partito comunista-futurista di Majakovskij (Kom-Fut), invece, fu subito visto con diffidenza dal nuovo potere e bloccato sul nascere, nonostante il crescente consenso a livello di opinione pubblica, o per meglio dire, proprio a causa di esso. Nel 1921, infatti, Lenin, preoccupato per il successo popolare del poeta, diramò un ordine ben preciso alla Gosizdat, la casa editrice di Stato, che poi era l'unica operante essendo state annientate le private: "Mettiamoci d'accordo perché questi futuristi non possano pubblicare più di due volte l'anno e in non più di 1500 copie". Non poteva finire diversamente perché il cinico pragmatismo del potere non sopporta e teme la genialità fine a sé stessa, che condiziona le menti elevandole invece di renderle schiave. Marinetti coltivò l'illusione futurista senza mai cedere un solo millimetro alla realtà, che pure doveva ben dipanarsi alla vista, considerata la grande intelligenza: convinto assertore dell'utilità della guerra e soprattutto convinto che in futuro le guerre sarebbero state combattute dai vecchi, non pago delle imprese ardimentose effettuate durante la guerra del 1911 in Libia e durante la Grande Guerra, a sessanta anni suonati non esitò ad arruolarsi volontario per andare a combattere in Etiopia e addirittura, sei anni dopo, a seguire in Russia quella scalcinata armata agli ordini del generale Messe, che lasciò nelle innevate steppe più di 84mila italiani. Sopravvissuto miracolosamente al freddo, al gelo e alla terribile controffensiva dell'Armata Rossa, aderì alla Repubblica Sociale Italiana vagheggiando, in un momento in cui era chiaro a tutti la fine di un'epoca, il sogno di un ritorno agli ideali fascisti del 1919. Oggi, manco a dirlo, si può guardare al manifesto del Futurismo solo da un punto di vista storico e culturale, ben contestualizzandolo nel periodo in cui è stato varato, al fine di comprenderne l'essenza e la portata a livello sociale. Nondimeno, proprio per non cedere a quell'avvilente nichilismo da ultima spiaggia e tenere


SCENARI

ancora accesa la fiammella della speranza, un nuovo manifesto "per il futuro" si rende indispensabile. Un manifesto che faccia piazza pulita di tutto lo sporco che avvelena la società e getti le basi per quella città del sole che tutti bramiamo a parole, senza però mai impegnarci più di tanto per costruirla realmente. Gli uomini capaci di redigerlo ci sono. Aspettano solo che qualcuno li chiami e dica loro di costruire il futuro. Nell'attesa, consoliamoci ascoltando una vecchia canzone, il cui breve testo racchiude l'essenza del pensiero di tanti grandi filosofi e i sogni irrealizzati di tanti esseri umani: "Immagina che non ci sia il paradiso, è facile se ci provi, né l'inferno sotto di noi, sopra di noi solo il cielo. Immagina tutta la gente che vive giorno per giorno Immagina che non ci siano nazioni, non è difficile. Nulla per cui uccidere o morire ed anche nessuna religione. Immagina tutta la gente che vive in pace. Potresti dire che sono un sognatore, ma non sono l'unico. Spero che un giorno ti unirai a noi e il mondo vivrà come se fosse uno solo. Immagina che non ci siano proprietà, mi chiedo se ci riuscirai. Nessun bisogno di avidità o brama, una fratellanza dell'uomo. Immagina tutte quante le persone che condividono il mondo intero. Potresti dire che sono un sognatore, ma non sono l'unico. Spero che un giorno ti unirai a noi e il mondo vivrà come se fosse uno solo". Per aspera ad astra. Forse. Lino Lavorgna

11


12

TEMA DI COPERTINA

DEMOCRAZIA FUTURIBILE (?) Cosa io pensi della democrazia nella contemporaneità, sia nazionale che internazionale (e, per quanto riguarda soprattutto la nostra amata Italia, della sua cosiddetta democrazia parlamentare), ho già avuto modo di esternarlo sul N° 79 di CONFINI dell'ottobre 2019 con lo scritto : "Democrazia parlamentare? Un vero e proprio ossimoro". Credo sia quindi abbastanza comprensibile come il riflettere su aspetti di un possibile futuro per tale forma di sovranità popolare mi crei un qualche sconcerto, pur nel pieno rispetto di quella tensione verso l'avvenire che caratterizza il caro Direttore della nostra amata Rivista (il cui dettato istituzionale recita tra l'altro: "… esplorare le zone di confine tra il noto e l'ignoto là dove si forma il Futuro ….") e che può averlo indotto a ventilare appunto una qualche possibilità di "futuribile" per la democrazia stessa. E cominciamo: Con immortale "copyright" di greca classicità, "demos-kratos" sta a significare, come è risaputo, "governo del popolo"; ma sarà poi vero? Ho i miei dubbi. A parte infatti qualche pallida memoria di polis e relativa agorà dal V° secolo a.C. in poi ove pochi cittadini abbienti, e soprattutto sfaccendati, potevano occupare intere giornate a discettare sul sommo bene della città e fornire saltuari servizi gratuiti alla collettività (salvo poi non poter fare a meno, di tanto in tanto, del Pericle di turno o di Trenta Tiranni, che dir si voglia), di un governo di popolo vero e proprio, già sin d'allora, se ne è sempre visto molto poco. Finanche dello stesso mitico rapporto tra il Senato ed il Popolo romano credo si possa tranquillamente affermare come esso fosse una relazione sostanzialmente "one way" (dal primo verso il secondo) e non certamente il contrario essendo a quest'ultimo concessa, di fatto, poco più che la facoltà di "rumoreggiare" (di certo con diversificata efficacia) quando alcune determinazioni dei Patres conscripti sembravano andare, diciamo, … un po' sopra le righe. Poi, un profluvio di Triumviri, Consoli, Primi Consoli, Imperatori e compagnia cantante. Dal 476 d.C. al 1789 di "democrazia", ovvero di potere di popolo, in Europa - per non parlare naturalmente dell'intero orbe terraqueo ove tali concetti greci erano del tutto sconosciuti e tali rimasero almeno fino ai primi sintomi di decolonizzazioni e nazionalismi all'indomani del secondo conflitto mondiale - non se ne sentì più parlare se non che per brevi e spontanei sommovimenti di plebe attivati da primordiali esigenze tipo fame e giustizia e subito soffocati, tra sangue e forca, dai despoti di turno. Anche la stessa Rivoluzione francese, caratterizzata da una spinta di popolo al grido di "Libertè, Egalitè, Fraternitè" (e seppur autentica in quanto condita da assalti a fortezze, palazzi e tripudi di ghigliottine) fu, sin quasi da subito, snaturata in


TEMA DI COPERTINA

un vero e proprio "Terrore" e trasformata poi in levatrice di, addirittura, un Imperatore e quindi della più codina delle "Restaurazioni". E dunque ? Bisogna riconoscere che le attuali democrazie, per come oggi noi le conosciamo, sono istituzioni sostanzialmente ancora giovani, con una matrice otto/novecentesca scaturente da quei passaggi politico/istituzionali di tipo storico che seguono, più o meno, la seguente trafila: 1) assolutismo monarchico, diciamo, "per grazia di Dio", 2) sovranità "per grazia di Dio & volontà della nazione" (monarchie costituzionali), 3) apparente Democrazia "tout court", sia essa di tipo parlamentare che presidenziale. Di fatto, tutte nate e consolidatesi in un mondo che si muoveva a piedi, a cavallo, in carrozza o, tutt'al più, sulle prime automobili. Poi, agli inizi del secolo scorso, non avendo apparentemente niente di meglio da fare, eccole scagliarsi l'una contro l'altra armate alimentate dal più perverso frutto del loro intrinseco modo di essere cioè quello di saper produrre idee. E ciò in nome di due delle più affascinanti e coinvolgenti, seppur più pericolose: quella di imperialismo territoriale da un lato e di ideologia politica (sia di "destra" che di "sinistra") dall'altro. Immediate conseguenze?: Si impone il riassumere: due sconvolgenti guerre mondiali che hanno dato la stura a : 1. Sviluppo tecnologico, senza pari nella Storia, in tutti i rami del sapere con conseguente moltiplicazione esponenziale di mezzi e modi di comunicazione tra individui; 2. Invenzione di Internet e derivati che, ne sono certo, il futuro equiparerà, per effetti prodotti in seno all'umanità, a quella della preistorica ruota; 3. Conseguente, planetaria "civiltà di massa" con tendenza all'omologazione delle diverse culture; 4. Inevitabile tendenza alla equiparazione e parità dei sessi con dissolvenza della famiglia naturale, maschio e femmina, come base della società così come, almeno fino ad oggi, istituzionalmente costituita; 5. Archiviazione della figura del Padre (o dell'anziano) come referente della comunità familiare in termini di tradizione, indirizzo e disciplina con conseguente, piena libertà di tipo "a-morale" dell'individuo il cui vincolo comportamentale deve ora trovare il suo limite soltanto nella correttezza politica del non nuocere materialmente all'altro; 6. Traslazione della consapevolezza "del se" da intima riflessione di tipo personale ad una condivisione globale di immagini individuali affinché un eventuale riconoscimento da parte di "altri" consenta il costituirsi di una propria identità. Un tempo infatti ci si impegnava a formarsi autonomamente una rappresentazione identitaria per poter poi permettersi di affermare a gran voce: " Lei, non sa chi sono io !", oggi, in una tragica condizione di sostanziale: "Io, non so chi sono io!", si agogna che il consenso di altri possa gratificarci di una qualche forma di identità - non importa neanche di che tipo - che possa finanche giungere ad estremi di questi giorni secondo i quali un giovanotto tatuato e dalle imprecisate origini socio-culturali possa essere preso in considerazione (forte di aver soltanto afferrato apposito microfono di fronte a vasto pubblico

13


14

TEMA DI COPERTINA

acriticamente plaudente) come - … udite, udite e niente po', po' di meno che… possibile Segretario Generale di quella che fu una delle maggiori e più influenti compagini politiche della vita pubblica italiana del secondo dopoguerra, 7. Una politica ancorata alla più miope gestione del presente totalmente dipendente dalla nevrosi del sondaggio e preoccupata di conoscere, settimana dopo settimana, quale possa essere la previsione di voto di un frastornato elettore (che si dovrà comunque esprimere in merito, con apposita, episodica crocetta, tra non prima di un paio d'anni) del tutto immerso in una quotidianità costantemente imprevedibile in quanto nevrotico/caotica e contraddittoria, 8. Una messe infinita di informazioni disponibili a comando (praticamente tutto, e dico tutto (!), lo scibile umano a portata di dito battuto sul tasto del telefonino) senza che tale immensa quantità di dati/notizie possa trovare una qualche predisposta griglia di collocazione di tipo culturale, di inserimento temporale di natura storica, nonché di una qualche scala di priorità, diciamo, "filosofica". Un esempio per tutti? Mi punge vaghezza di conoscere, chessò, se Garibaldi preferisse mangiare le amarene piuttosto che le ciliegie? Tic, tac, ed ecco la risposta su Internet. Ma a cosa potrebbe mai servirmi una tale specifica informazione quando non sono affatto sicuro se l'Eroe dei due mondi sia vissuto prima o dopo Cristoforo Colombo ? 9. Da tutto ciò ne consegue che la nostra cara ed unica Terra sia diventata ormai la sede di una autoreferenziale sorta di Agorà planetaria in cui ogni individuo cerca di riempire il brevissimo istante concessogli tra nascita e morte con una interminabile, parossistica serie di erratici e slegati (seppur sostanzialmente amalgamabili nel grande numero) interessi apparentemente declinati in modo autonomo mentre, al contrario, essi sono diretti e condizionati da quel sommo sacerdote universale ed autoreferenziale chiamato, appunto, Internet (sostantivo che contenendo in se la parola "rete" rimanda in modo efficace a quello specifico attrezzo inventato degli umani fin dalla notte dei tempi il cui scopo è appunto quello di catturare con evidente facilità grandi masse di inconsapevoli creature). In uno scenario siffatto che fa stato di come in appena i 150 anni trascorsi dalla sostanziale nascita all'irreversibile declino della cosiddetta democrazia (mai effettivamente venuta a compimento proprio per la intrinseca impossibilità realizzativa del concetto stesso di "un governo di popolo") nel corso dei quali gli umani siano passati, tra l'altro, dal cavallo allo Shuttle, ha ancora un senso discettare sull'esistenza di una "DEMOCRAZIA EFFETTIVA"? Su un qualcosa che non si riduca soltanto ad una pura illusione e che sia, nel migliore dei casi un lunare, irrealizzabile desiderio, oppure, nel peggiore, un'ipocrita e pudibonda foglia di fico dietro cui occultare i più inconfessabili interessi individuali e la brama di potere politico dei pochi, cosiddetti rappresentanti del popolo? Vaneggio? Forse … Prego comunque il mio unico ed affezionato lettore di seguirmi nel mio modesto ragionamento teso a raffigurare come la cosiddetta democrazia non solo non possa avere più alcun futuro nel mondo contemporaneo, ma come essa si sia di fatto, e da tempo, già del tutto estinta (qualora sia mai effettivamente esistita) in particolare in quel paese chiamato Italia ove l'aggettivo d-e-m-o-


TEMA DI COPERTINA

c-r-a-t-i-c-o è stato parossisticamente declinato in ogni modo, maniera ed in tutte la salse nel corso degli ultimi 75 anni di Storia. E ciò, ad imprescindibile legittimazione e consacrazione di qualsivoglia aspetto, infimo o sommo che fosse, del vivere civile. Qualora infatti un qualunque evento della nostra cronaca / Storia postbellica in cui si fosse imbattuto il procedere sociale dell'individuo italico non fosse stato in grado di accogliere, senza se e senza ma, l'aggettivazione di "democratico/a" tale evento non avrebbero potuto avere in alcun modo - a parole, s'intende diritto di ospitalità nel nostro amato Stivale. Come è peraltro risaputo anche dai più giovani studenti di chimica, la diluizione di una qualsiasi sostanza porta inesorabilmente al suo dissolvimento, cosi come è altresì noto a quelli di fisica come il moto, nei momenti terminali tenda ad accelerare ("motus in fine velocior") e dunque come esso, pochi istanti prima della propria fine, volga ad un naturale parossismo. Nella società contemporanea, brodo di coltura di tale parossismo terminale della democrazia (così come sia Internet, nel mondo, che Beppe Grillo, in Italia, hanno perfettamente dimostrato) è quel tragico equivoco - le cui "vergogne" si tenta di occultare malamente con la già menzionata foglia di fico - secondo cui, dopo tutto, "l'uno varrebbe uno" - e per dirla con il padre Dante - "e più non dimandare!" In tal modo la democrazia, una volta arrivata al suo centrale nucleo atomico, l'individuo appunto, ne annichilisce al contempo ogni dimensione sociale in quanto per partecipare al moderno gioco democratico è ormai richiesto soltanto (e mi scuso per l'estrema semplificazione, ma non posso proprio farne a meno) di: 1) esistere, 2) respirare, 3) avere la volontà/capacità di premere un pulsante di Internet. Null'altro. Per inciso: dice niente in proposito la cosiddetta piattaforma "Rousseau"? Un tale pulviscolo di planetaria anarchia propositiva in ogni campo dell'attuale vivere umano può essere definita in alcun modo democrazia? Credo proprio di no. Essa è un qualcos'altro che era inimmaginabile prima di Internet e che certamente non può auto-attribuirsi alcuna definizione di processo democratico almeno per come la prassi e la storia dell'ultimo secolo e mezzo ci hanno fin'ora consentito, seppur sommariamente, di poterlo definire. E quindi credo sia lecito affermare, prendendo ancora una volta in prestito una battuta del grande Woody Allen, che, al giorno d'oggi, "Dio è morto, Marx è morto, ed anche la democrazia non si sente troppo bene" e tale sofferenza è sempre più evidente in un numero crescente di società umane per quanto diversificate esse possano essere. Ritengo inoltre che il sistema democratico, diciamo classico, proprio dell'era pre-Internet non possa più essere funzionale ad un'efficace gestione di un mondo ormai del tutto interconnesso e globalizzato. Prova ne sia che oggi, con il dominio assoluto della "Rete", il paese più efficiente ed efficace nella gestione delle problematiche contemporanee di crescita economica, distribuzione di ricchezza e conseguente aumento esponenziale di influenza politico - economica su scala planetaria sia proprio, udite, udite (!) quella Cina comunista che - paradosso della Storia - con la ricetta socio-economica del vecchio Deng Xiaoping e delle sue quattro modernizzazioni, sembra aver strutturato il proprio stato sull'insegnamento di un gigante della "democratica" Grecia classica del V° secolo a.C.. Chi mai? Ma un certo Platone che, con la sua "Repubblica" costituita da

15


16

TEMA DI COPERTINA

una piramide di classi (al vertice i filosofi-magistrati con il compito di dirigere lo Stato, quindi la classe intermedia dei guerrieri con funzioni di difesa verso l'esterno e di polizia all'interno ed infine, in basso, la classe dei commercianti e dei lavoratori liberi di arricchirsi, ma tenuti ben lontani da ogni elaborazione di natura politica) sembra aver descritto con un anticipo di due millenni e mezzo, quel sistema statuale composto da: a) Politburo del Partito Comunista Cinese, b) Stato di polizia, c) popolazione libera di iniziativa, ma soltanto sotto il profilo esclusivamente economico, che Pechino, in appena 50 anni, avrebbe poi fatto funzionare in modo apparentemente egregio. Ne consegue che, se la Pechino di oggi sembra essere l'erede diretta dell'Atene dell'aureo periodo classico, su cosa stiamo ancora qui a discettare in merito ad un "futuribile" per la nostra democrazia? Ed infine con uno sguardo al nostro amato cortile italico: ma si può, in tutta coscienza, parlare ancora da noi di democrazia dopo averne fatto strame per almeno un paio di lustri? Il futuribile del nostro sistema di cosiddetta sovranità popolare portò già il nome di Mario Monti così come esso, oggi, si chiami Mario Draghi (ma guarda che strano, entrambi Mario, forse che c'entri la Madonna?). E se il primo ci è stato fornito "with the compliments of Mr.Giorgio Napolitano" ed il secondo "with the compliments of Mr. Sergio Mattarella" e che, in entrambi i casi, di volontà di "popolo" se ne è vista comunque ben poca, delle due l'una: o i due presidenti della repubblica rappresentano di per se stessi il popolo (seppur non eletti da quest'ultimo, ma soltanto dai suoi oligarchici, e per giunta temporanei, rappresentanti) e la cosa mi sembra abbastanza improbabile, oppure, in caso contrario, con quale oggettiva legittimazione di popolo essi risiedono nella reggia del Quirinale, tradizionale albergo di sovrani, per nominare altresì primi ministri in modo autonomo propinandoli poi alla supina accettazione di quel parlamento che, guarda caso, è il medesimo ente che li ha insediati al supremo Colle? Sarà forse "per grazia di Dio ?", impossibile, dato che, secondo il già citato Woody Allen, Egli è ormai morto. Ovvero "per volontà della nazione?", non ricordo che essa abbia messo becco in occasione degli annunci che i due "Marios" sarebbero venuti, di punto in bianco, a governarci. E dunque delle due l'una: o si riesce a dimostrare, con lineare logica cartesiana, che Giorgio & Sergio rappresentino il popolo ed il suo relativo demos-kratos, oppure bisogna onestamente riconoscere che - come è sempre stato peraltro sin dalla notte dei tempi - un governo di popolo non è mai esistito, ne mai lo potrebbe, proprio per endogene impossibilità di natura "tecnica". Che si elevi dunque un definitivo "De profundis clamavi ad te, Domine" in memoria di quell'idea astratta di democrazia mai effettivamente concretizzatasi. Il potere appartiene soltanto a chi, di volta in volta, dimostri di essere in grado di saperlo cogliere. E ciò, pur con l'esigenza, nell'attuale civiltà della comunicazione di massa e del politicamente corretto, di dover ricorrere a quella ampiamente citata copertura da foglia di fico, pardon (!) di democrazia, in mancanza della quale il pensiero unico si vedrebbe ancora oggi costretto a dover far finta di storcere il naso… se non altro per una formale decenza di tipo, appunto, democratica. Antonino Provenzano Roma 13 maggio 2021


TEMA DI COPERTINA

LA CAPRA TURCHINA Tra le note marziali di una fanfara e il baluginio degli ottoni al sole di primo mattino, un fervore incontenibile scuote le scarne attempate leve: impettite con il mento proteso verso l'orizzonte degli eventi, sotto lo sguardo benevolo di vetusti combattenti, sono ansiose di dimostrare il loro coraggio e il loro valore nell'assalto allo stantio da scantinato museale e al nuovo da mercatino adolescenziale, al perbenismo dall'animo coloniale e al moralismo affettato d'haute couture. È l'alba di un nuovo fulgido giorno: mentre le bandiere garriscono e i gagliardetti ondeggiano nella dolce brezza mattutina, sparuti gruppetti ai lati della piazza guardano con ammirazione quelle schiere di prodi. Il futuro degno di tale nome è nelle loro mani. Tra i pochi battimani festanti, un giovane genitore sorridente, in un impeto d'orgoglio, solleva il proprio figlioletto ponendoselo sulle spalle mentre gli addita con fierezza quelle intrepide schiere che tracceranno con audace mano la rotta sicura tra le paludi dell'ignavia e delle falsità, tra i boschi intricati dalla vanesia e boriosa incapacità, tra le montagne dell'impudenza impenitente, tra i marosi del vile lassismo, per approdare con animo incorrotto e fermo al fulgido domani. La gioia di quel genitore è quasi incontenibile perché vuole credere che grazie a quel manipolo d'eroi, quali animati aratri, sarà tracciato il solco della giustizia sociale e della solidarietà, della pace e della serenità, in un'aura di viva e costruttiva speranza; un solco che le moltitudini osannanti seguiranno, difeso dalla spada del nuovo incorruttibile ardimento che permeerà ogni essere senziente. Gliel'aveva detto il padre. Gli aveva raccontato che si stava molto meglio prima che improvvisati cantastorie di periferia storpiassero l'Orlando per farne una sorta di guitto da osteria. Prima che sordidamente confinassero Astolfo sulla Luna e imbambolassero l'Ippogrifo. Prima che gabbassero persino Dio perché alterasse la durata del castigo al Paladino, accecato dalla passione amorosa. Già: non era ancora nato in quei periodi ma si fidava del padre che a volte, in un atteggiamento schivo, quasi di vergogna, gli raccontava con gli occhi lucidi di un Mondo di Sole dove sorgeva nell'alta campagna un colle, sopra il quale stava la maggior parte della città; ma arrivavano i suoi giri molto spazio fuor delle radici del monte […] dentro vi erano tutte l'arti, e l'inventori loro, e li diversi modi, come s'usano in diverse regioni del mondo ... Un mondo dove, pur non mancando nubi passeggere, una volta diradate, i radiosi raggi riscaldavano tutti. Sì. Voleva credere a suo padre, alla possibilità di un ritorno al futuro, ad un Mondo di Sole rinato dove la forza avrebbe smesso di prevaricare, la violenza di depredare e l'arroganza e

17


18

TEMA DI COPERTINA

l'incompetenza di amministrare. Dove la società si sarebbe riappropriata del profondo significato del proprio nome e avrebbe dismesso gli aggettivi di gretta e meschina. Sì. Voleva credere che le differenze politiche e sociali di Iacopo, di Buonconte e di Pia de' Tolomei annullassero le loro strumentali asperità per tornare in una visione di Grazia e in un Creato di Idee. Voleva credere per sé e per il proprio figlioletto così come voleva che il peccato di inanità del padre fosse cancellato da quel volto benigno e che l'angelo infernale, sconfitto stavolta dalla lacrima purgatoriale, nulla potesse più nella sua indefessa opera di dannazione. E ciò che lo stimolava ancor più erano gli analoghi sentimenti che trasparivano dai volti degli sparuti astanti. Sembra quasi che Giuseppe Pellizza da Volpedo redivivo abbia voluto rappresentare, stavolta in maniera animata seppur in sedicesimo, il suo Quarto Stato: Alba della democrazia del futuro, pensa con animo compiaciuto un vetusto combattente mentre scruta con severo cipiglio quelle attempate schiere, ignare delle fatiche che le attendono, dei sacrifici che le aspettano se si avvieranno per le campagne. E, mentre soffre per loro in cuor suo nella eventualità, sa che non ci sarebbe altro modo per rimuovere i tramezzi sbilenchi di una società deviata, i suoi falsi valori, le sue paralizzanti angosce. Poi, mentre il suo sguardo pennella quei visi granitici e spera che l'insegnamento che hanno ricevuto serva da adeguato viatico al loro ipotetico periglioso cammino, un timore improvviso lo coglie: "…e se l'esempio fornito non fosse adeguato?" si domanda con titubanza. Lo sa: non è certo il momento dell'indecisione ma non può esimersi dal ricordare. C'è stato un tempo dove i giovani, ognuno con la propria idealità ma non ancora avvelenati prima da ottusi interessi masochistici e poi da squallide mire egoistiche, avrebbero voluto costruire insieme un domani migliore: avevano davvero vegliato tutta la notte sotto lampade di moschea dalle cupole di ottone traforato, stellate come le loro anime, perché come queste irradiate dal chiuso fulgore di un cuore elettrico. Un immenso orgoglio gonfiava i loro petti, poiché si sentivano soli, in quell'ora, ad esser desti e ritti, come fari superbi o come sentinelle avanzate, di fronte all'esercito delle stelle nemiche, occhieggianti dai loro celesti accampamenti. All'improvviso, un accorato appello li aveva scossi: "Andiamo, andiamo, partiamo! Finalmente, la mitologia e l'ideale mistico sono superati. Noi stiamo per assistere alla nascita del Centauro e presto vedremo volare i primi Angeli!... Bisognerà scuotere le porte della vita per provarne i cardini e i chiavistelli!... Partiamo! Ecco, sulla terra, la primissima aurora! Non v'è cosa che agguagli lo splendore della rossa spada del sole che schermeggia per la prima volta nelle nostre tenebre millenarie!". Come novelli Dante, avevano conosciuto le tre fiere poste nella selva oscura ed era forte in loro l'intento di cimentarsi col loro fiuto. Così, come un sol uomo si erano lanciati con le loro vetture nella via, dimentichi di Amanti ideali e di Regine crudeli. E avevano preso a correre, schiacciando sulla soglia delle case i cani da guardia, ebbri della voglia di uscire dalla saggezza come da un orribile guscio, di gettarsi come frutti pimentati d'orgoglio, entro la bocca immensa e torta del vento, di darsi in pasto all'Ignoto, non già per disperazione ma soltanto per colmare i profondi pozzi dell'Assurdo.


TEMA DI COPERTINA

Fu a quel punto che, come due ciclisti, si erano disegnate davanti a quella folle corsa due agguerrite equipe automobilistiche che battibeccavano tra loro, comunque pronte a bloccare quell'avanzata ideale, seppur ognuna per propri tornaconti. Con immediatezza, si erano stagliati nelle giovani menti due interrogativi, entrambi persuasivi e nondimeno contraddittori: schiantarsi contro le barriere o seguire il vincolante percorso che portava in un fossato. E, un attimo dopo, si erano ritrovati capovolti nell'acqua fangosa, malconci e sbrindellati, mentre una folla di pescatori armati di lenza e di naturalisti podagrosi tumultuava già intorno al prodigio. Con cura paziente e meticolosa, quella gente aveva preso a disporre alte armature ed enormi reti di ferro per pescare le automobili, simili a gran pescecani arenati. Le macchine erano emerse lentamente dal fosso, abbandonando nel fondo, come squame, la loro pesante carrozzeria di buon senso e le loro morbide imbottiture di comodità. Ma i pescecani erano morti, scheletri senza più senso, che nessuna carezza salvifica avrebbe riportato in vita. Allora, col volto coperto della buona melma delle officine - impasto di scorie metalliche, di sudori inutili, di fuliggini celesti, i giovani, contusi e fasciate le braccia ma impavidi, invece di dettare le loro prime volontà a tutti gli uomini vivi della terra si erano guardati attorno e avevano ripreso la via di casa. L'attimo era fuggito, si dice il vetusto combattente mentre il ricordo si sfilaccia. Perché lui c'era, apparteneva a quel plotone d'intrepidi che avevano voluto sfidare le incartapecorite convenzioni ma, dopo il ribaltamento, si era ritrovato proiettato in un contesto di moderazione, di opportunità, di affetti e di passioni, che a poco a poco l'avevano spinto verso il ragionato confronto, la pacata dialettica, la quieta esternazione nonché, nei confronti del 'nemico', la retorica demagogica, la sferzante aggressività verbale, la strumentale analisi e la tendenziosa sintesi. Aveva cercato di ravvedersi nel tempo ma la moderazione, quella sì, era ormai radicata e, senza polloni, era riuscita comunque a far germogliare l'onestà intellettuale, l'integrità morale e confacenti costumi. Il che non è poco, afferma tra sé il vetusto combattente, specie se di tali abiti è stata data costante, palese testimonianza. Specie se, aggiunge guardandosi attorno, quella incessante dimostrazione ha dato gli odierni embrionali risultati. Oddio, non riesce più a colloquiare con la moglie che lo guarda e lo tratta come un demente e col figlio che parla marziano contaminato dai filmati dell'Emirates Mars Mission, perso nelle inebrianti visioni status-simboliche esposte sul mercatino rionale, ma che ci vogliamo fare… In quel mentre, un ragazzo, bello e impossibile, passa per la piazza e, mentre con l'eccellenza nella smart-comunation in mano, con frenetiche digitazioni sta rispondendo all'invito serale per un rave party, lancia fugaci sguardi a quegli attempati schierati e ai pochi presenti. "Chissà che cazzo vogliono, questi …" si chiede tornando con lo sguardo al display, in attesa della conferma per l'impegno notturno. Poi, preso dalla curiosità, si ferma con un ghigno sarcastico stampato in faccia. Si sente forte e vincente, con i capelli gelatinati, con le griffe in bella mostra nei suoi jeans sgarrati, nella sua T-shirt sbrindellata, nel suo giubbino gualcito e nelle sue sneakers vissute. Ed è palese la soddisfazione sul suo volto mentre esibisce con accuratezza quel tripudio di effimero. Sì, soddisfazione, perché sa di non essere come tanti sfigati che vede ogni giorno per strada,

19


20

TEMA DI COPERTINA

insoddisfatti, arrabbiati, delusi; non ha una famiglia di pezzenti che arrancano nella giornata, condannati ad una vita di stenti: lui è uno studente di una prestigiosa università privata, futuro dottore in scienze politiche con risvolto economico ad indirizzo nel marketing e specializzazione verso le limited edition: una facoltà tra le più innovative del momento che lo proietterà in uno scenario internazionale, ricco di opportunità. Non vede l'ora di andarsene per il mondo: ha ragione il padre nel dirgli che qui non c'è futuro, che lui, fortunatamente, non deve fare la fine di tanti laureati che per un tozzo di pane vendono l'anima con una scopa in mano, con una cuffia da call-center sulle orecchie, o in sella ad una bicicletta da rider. Già. Sfigati e pezzenti che solo grazie al credito al consumo delle benevole banche riescono a comprarsi quegli stessi articoli che lui giustamente esibisce con ostentazione e orgoglio. "Ma guarda che cazzo di Paese …" si dice tra sé. Certo, ha ragione il padre: se solo non rompesse tanto. L'attimo successivo, la conferma del party si stampa sul display con un sonoro beep. Rasserenato, accantona i suoi pensieri e si guarda attorno mentre capta frasi smozzicate su solidarietà, giustizia sociale e lavoro: "Ma da dove cazzo sono usciti?" si chiede trasecolando mentre si allontana con passo baldanzoso. Poco più in là, un'attempata signora, dolorante nelle gambe e nella schiena, sotto un maestoso albero con tre nodosi e frondosi rami che svettano verso il cielo, osserva la piazza con un'espressione mista di speranza e di apprensione. Vorrebbe giudicare l'effimero del ragazzo appena passato, additarlo a negativo esempio e affermare a piena voce che quell'essere rappresenta la morte spirituale ma frena l'impeto perché rammenta che, al pari della peste di Atene ricordata da Tucidide, "anche il compianto su chi era morto alla fine è trascurato, per stanchezza, persino dai familiari, sopraffatti dall'immensità della sciagura". Poi, di contro, quasi con boccaccesco atteggiamento, le sovviene che pochissimi erano coloro ai quali i pietosi pianti e l'amare lagrime de' suoi congiunti fossero concedute. Così, rimane silenziosa tra il sogno e l'inquietudine mentre osserva gli sparuti astanti e cerca di immedesimarsi nelle loro aspettative. Anche lei è una vetusta combattente e anche lei, in un lontano passato, aveva vegliato tutta la notte sotto le lampade d'ottone traforato, si era gettata a capofitto nelle strade ed era sulle vetture cappottate in un fossato. Ma, a differenza di molti suoi coetanei, non è tornata a casa a ripulirsi della buona melma delle officine. Era rimasta sulla via a confrontarsi e a cercare di capire. Ma le era servito a poco perché, rientrata nei ranghi, era guardata a vista quale irriducibile del volante da piloti in odore di ortodossia e di ortodonzia. Così, poco dopo, mentre l'estremismo corsaiolo più becero e meschino veniva spacciato per campione di importanti circuiti e le incartapecorite convenzioni dell'automobilismo continuavano imperterrite ad incartare le menti, aveva cercato di condurre le sue battaglie solo nel novero della Tradizione, in poco o nulla condivisa ed apprezzata dalla sua Casa. Comunque, poco importava. Erano gli anni del Mondo di Sole, dove il teatro poteva anche trovare il suo spazio con rappresentazioni che, sotto la guida di diversi registi, avevano tenuto cartello nei periodi successivi alternando melodrammatici tradimenti degni della miglior commedia dell'arte a drammi e tragedie che avevano animato e diviso gli spettatori. Ma, verso la


TEMA DI COPERTINA

fine del Millennio, purtroppo, l'Occhio famelico di Sauron nell'oscuro regno di Mordor aveva preso a pulsare e i Saruman a tessere le loro trame mentre bande di Nazgul senza volto, a caccia dell'anello per i loro Signori, calavano sulla Terra di Mezzo. Il Mondo di Sole, con quell'imperversare nefasto, si era oscurato e una tempesta, addensata sul circolo massimo, aveva preso a declinare sui confusi viandanti mentre un emulo di Karl Böhm, presso il Teatro dell'Opera di Pietraforata sui Bianchi Poggi, prendeva a dirigere il Crepuscolo degli Dei. Alla rappresentazione, tra gli altri, si disse che erano curiosamente presenti alti prelati, appassionati della musica del compositore tedesco, che alla fine furono tra i più accesi elogianti. L'ulteriore immagine che sovviene alla vetusta combattente è la folla di giovani, oggi donne e uomini fatti, che, assiepati all'ingresso di quel teatro e totalmente presi dal pathos delle scene, avevano tirato monetine agli dei decaduti. Un'infinita tristezza, allora, l'aveva pervasa: non perché le deità nella polvere non meritassero il biasimo, nonostante la loro indiscussa grandezza intellettuale, quanto perché, con quell'uscita, nessuno sembrava avvertire la fine di un Mondo dove, seppur insieme alle ipocrisie, si trovavano la passione e l'entusiasmo, le motivazioni interiori, la voglia di cambiare, lo sforzo di imitare, la speranza di riuscire; un Mondo dove c'era l'umiltà di ascoltare e l'impegno ad agire. In nome di una idealità. Qualunque essa fosse. Così, ricorda l'attempata signora, a destra e a manca il tecnicismo strabico e ottuso aveva soppiantato l'aspirazione ad una responsabilità, la distorta e fraudolenta ragione aveva cancellato la passione ed il presente freddo e burrascoso aveva scalzato il futuro mentre una tal mamma, sempre incinta, aveva preso a sfornar pargoli come se piovesse. E ciò senza che nessuno avvertisse più il bisogno di mettersi una mano in tasca a pescar monetine. Eh! Sì, ricorda l'attempata signora: che cosa non fa un cambio di valuta, abbinato ad una diminuzione di visus data dall'età che neppure i bifocali riescono a compensare. Comunque, nonostante tutto, la vetusta combattente, sola tra soli a camminare tra le evoliane rovine della Storia, era andata avanti, cercando di trovare altre ragioni di un impegno. E le occasioni non erano mancate, affascinata com'era dalla filosofia e dalla metafora di Bertrand Russell circa la teiera celeste, costruita per confutare l'idea che spetti allo scettico, anziché a chi le propone, l'onere della prova in merito ad affermazioni non falsificabili di popperiana concezione. Ed in quella sua opera epistemologica aveva anche ricevuto applausi e apprezzamenti ma nessun sostegno, nessun aiuto, nemmeno dagli apprezzanti e dai plaudenti, neppure dai piloti della vecchia casa sempre saccentemente scettici e guardinghi: ma c'era da capirli, tenevano famiglia e ad Erasmo preferivano Mariano. Tutt'al più, potevano discettare con sapienza su Nietzsche e su Tolkien: così, avevano almeno assicurato il miglio ai polli di batteria che garantivano la loro sopravvivenza. Perciò, gli anni si erano susseguiti nella bellicosa ridotta contornata dal piattume dilagante mentre preannunciate falangi di nani e di ballerine si agitavano alternandosi tra le quinte e il palcoscenico e tatuati guru, osannati strenui difensori del diritto al bisogno, autori di impareggiabili testi come 'Dai cazzo Federico', sentivano la necessità, dopo i battimani ricevuti, di comunicare al plaudente di turno il loro stimolo alla defecatio con le altisonanti parole: " …

21


22

TEMA DI COPERTINA

L'atteggiamento dei miei fans, giuro che mi sta stressando,/ chiederebbero la foto pure mentre sto cagando/ e con tutto questo affetto mi sento così commosso/ però fammi andare al cesso che mi sto cagando addosso …". Alla fine, dopo un lungo periodo di accanita resistenza all'incalzante 'nulla' di heideggeriana memoria, la vetusta combattente aveva ceduto ma, anziché arrendersi, si era dileguata e dopo un lungo girovagare spirituale e filosofico si era ritrovata, stanca ma non sconfitta, sotto l'albero dai tre rami nodosi e frondosi, ad intavolare trattative con i due guardiani dalle spade fiammeggianti; e un analogo albero lo aveva trovato in quella piazza, invitata a contesti analoghi da un caro amico titolare di una rivista, cosiddetta on-line, di dignitoso successo. Quel giorno, grazie ad un valente collaboratore di quella rivista, il tema dell'adunanza verteva, appunto, sulla democrazia del futuro, con chiaro accenno al futurismo di Marinetti. E cultori dell'argomento, insieme ad appassionati di quel movimento, si erano dati convegno nello slargo. Il tema odierno, si dice l'attempata signora riflettendo, è stato toccato in diversi passati incontri ma fino ad ora si è trattato di uno sfizio mentale, di un divertissement culturale: oggi, invece, l'occasione appare più propizia che mai perché le condizioni per una rilettura di quello stimolante Manifesto ci sono tutte così come ci sono gli ingredienti perché la ricetta, al di là delle sue metaforiche provocazioni, possa incontrare una qualche possibilità di riuscita. Metaforiche provocazioni?!? Be', sì, riflette, perché, come ebbe a scrivere l'amico della rivista cinque anni fa, non sono mancate strumentali estrapolazioni di "la guerra igiene del mondo", "l'amore libero", "l'abbattimento dei campanili", e via dicendo. Eppure, è innegabile, come ebbe a ricordare sempre l'amico, che l'Italia, tra le due guerre, al di là dell'accostamento al regime dittatoriale, ebbe la più ampia e radicale modernizzazione della sua storia grazie all'ispirazione futurista, apprezzata in via postuma per primo da Pontus Hultén, tra l'altro fondatore e direttore del Centre Pompidou di Parigi e poi direttore di Palazzo Grassi, dove attraverso la mostra 'Futurismo e Futurismi' l'ha sdoganata con un significato ben più profondo di una tazzina di caffè. Certo, sì, le condizioni, ribadisce tra sé la vetusta combattente, perché la pandemia in atto è paragonabile nei suoi devastanti effetti ad una guerra, al termine della quale, ai fini della ripresa, occorrerebbe innovare, innovare, innovare. Con cognizione e lungimiranza. Come il lavoro dei nostri 'padri' nell'ultimo periodo post-bellico insegna. In quel mentre, le sovviene dalle nebbie della memoria, Schumpeter e la lunghezza dei suoi cicli economici il quale afferma che a conclusione di un ciclo lungo non basta l'innovazione dei prodotti e degli impianti, tipici di cicli brevi e medi: occorre l'innovazione del sistema-Paese. Un'innovazione che l'Italia attende da quel lontano '92, smarrita nelle devastanti fumisterie di pseudo-moralizzatori, nelle gags di comici, stagionati e apprendisti, nelle disattenzioni e nelle strumentalizzazioni di impenitenti faziosi, negli ottusi fondamentalismi demagogici di mozzi del web. Oggi, si dice l'attempata signora con determinazione, tutto questo malsano clima potrebbe cessare per intervento di un outsider di comprovata esperienza, il quale, invitato a viva forza nell'agone, ha cantato il de profundis all'attuale cosiddetta politica. Già la sua 'chiamata in campo' intanto ha dimostrato che nelle file dei sedicenti lavoratori per la polis non c'erano


TEMA DI COPERTINA

soggetti in grado di affrontare con efficienza ed efficacia la situazione nelle sue preoccupanti sfaccettature ma il segnale più chiaro e significativo si è avuto a conclusione dell'illustrazione del mitico PNRR al Senato: […] Sono certo che riusciremo ad attuare questo piano, sono certo che l'onestà, l'intelligenza e il gusto del futuro prevarranno sulla corruzione, sulla stupidità e sugli interessi costituiti … […]. Non ci sono parole: la frase si commenta da sola. Ma, ulteriormente illuminanti sono le considerazioni del Sommario dello stesso PNRR dove praticamente viene affermato che, rispetto ai decenni precedenti, le attività più esaltanti delle ultime tre decadi sono state quelle onanistiche. Non c'è dubbio, si ripete presa dal pensiero, sembra essere la volta buona: del resto, la voglia persino dei timorosi moderati di rimuovere marcescenti impalcature è palese, soprattutto dopo confinamenti forzati passati a destreggiarsi per lenire enfiagioni basso-ventrali, a imprecare per la sconsolante vacuità delle tasche e a pensare. Nei giovani, poi, neppure a dubitarne: dissacratori e demistificatori come già sono. Ma, un attimo dopo afferma tra sé con apprensione, occorre un ulteriore, indispensabile ingrediente: il coraggio, per giunta articolato su tre livelli, ed il primo riguarda l'outsider: la portata del Piano stesso va allargata. I nodi cruciali delle riforme in merito all'agognata ripresa innovativa, esposti in mission, vengono indubbiamente considerati ma la platea dei coinvolti non appare completa, neppure a livello macro. Infatti, a differenza di realtà economico-produttive di grandi dimensioni, non si intravede la possibilità se non marginale, di tirarci dentro il Terzo Settore, peraltro artefice del 70% del PIL. Anzi, ed è solo un'impressione, sembra che il 'piccolo' in qualche modo sia d'intralcio. Comunque, il secondo livello, elenca tra sé l'attempata signora, concerne la scommessa sulle risorse umane. Negli ultimi decenni, all'esperienza da tesaurizzare e da retribuire è stato preferito il giovane a basso costo privo di esperienza, confidando solo sull'automazione. D'accordo sull'indispensabile attenzione all'occupazione giovanile, alla formazione e alla ricerca ma il valore aggiunto dell'esperienza resta parte fondamentale della ripresa. E comunque, innovare non è anche allargare la platea delle opportunità? Lo sa la vetusta combattente che tale argomento non riguarda il Piano ma non c'è materia che i saloni di Palazzo Chigi non abbiano affrontato, ufficialmente o meno, solvendola o meno. Peraltro, sarebbe questo un altro argomento per svegliare un po' le assonnate Associazioni di Categoria, in mancanza di meglio (sic) assopitesi sullo smart working. Il terzo livello, infine, non ha ancora un soggetto da sollecitare, pensa tra sé la vetusta combattente con i piedi e la schiena doloranti: vorrebbe andare a stendersi per dare sollievo alle sue anche oppure muoversi, camminare per scaldare i muscoli di sostegno. Ecco, in verità camminare l'attirerebbe di più ma da sola si annoia, nonostante le compilation sull'ipod, e non vede attorno compagni di viaggio in numero tale da formare una scherzosa e ridente comitiva con la quale passare un deambulante week-end. D'accordo, d'accordo, mi sto perdendo in chiacchiere, tipico degli anziani, pensa con disappunto, ma l'individuazione di quel soggetto resta l'aspetto basilare, fondamentale perché il PNRR trovi le ragioni del suo essere e si realizzi. L'outsider, per ragioni spazio-temporali, vedrà arriverà il momento della sua fermata sul Nebo

23


24

TEMA DI COPERTINA

dalla cima del quale si può intravedere la terra del latte e del miele. La marcia per raggiungerla, però, sarà ancora lunga e perigliosa ed è per questo che occorrerà una guida determinata e coraggiosa, molto coraggiosa, che al momento non vede, senza la quale non potrà che determinarsi un'altra scorrazzata quarantennale per i deserti della Celesiria. Ma se ci fosse … ehhh, se ci fosse, gongola sorniona l'attempata signora, non sarebbe la cancellazione di ogni disgregante funambolismo, di ogni viltà opportunistica o utilitaria? Non sarebbe il motivo di una canzone per le grandi folle agitate dal lavoro? Non sarebbe una liberazione da falsi professori, rigattieri, antiquari e archeologi? E, al contempo, non sarebbe il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri, il fiutare l'orizzonte da parte di piroscafi avventurosi, lo scalpitare sulle rotaie delle locomotive dall'ampio petto e il volo scivolante degli aeroplani la cui elica garrisce al vento, applauditi da una folla entusiasta? Mah! Staremo a vedere, si consola speranzosa mentre si accorge che la manifestazione sta avviandosi verso la conclusione. Un raggio di sole la coglie, alza lo sguardo verso la sommità dell'albero e si blocca stupefatta: tra i nodosi rami le è sembrato di vedere una capra dal pelame turchino. Roberta Forte


TEMA DI COPERTINA

DESIDERATA Una delle poesie che più mi ha appassionato nella vita che non fosse uno struggete inno ad un amore perduto, è Desiderata che riporto come spunto iniziale dell'argomento assolutamente intrigante grazie alla puntuale attenzione della direzione della rivista che ci ospita. Va' serenamente in mezzo al rumore e alla fretta e ricorda quanta pace ci può essere nel silenzio. Finché è possibile senza doverti arrendere conserva i buoni rapporti con tutti. Di' la tua verità con calma e chiarezza, e ascolta gli altri, anche il noioso e l'ignorante, anch'essi hanno una loro storia da raccontare. Evita le persone prepotenti e aggressive, esse sono un tormento per lo spirito. Se ti paragoni agli altri, puoi diventare vanitoso e aspro, perchè sempre ci saranno personeigiene superiori ed inferiori a te. audacia temeraria spirituale Rallegrati dei tuoi risultati come dei tuoi progetti. Mantieniti interessato alla tua professione, benché umile è un vero tesoro rispetto alle vicende mutevoli del tempo. Sii prudente nei tuoi affari, poichè il mondo è pieno di inganno. Ma questo non ti impedisca di vedere quanto c'è di buono; molte persone lottano per alti ideali, e dappertutto la vita è piena di eroismo. Sii te stesso. Specialmente non fingere di amare. E non essere cinico riguardo all'amore, perché a dispetto di ogni aridità e disillusione esso è perenne come l'erba. Accetta di buon grado l'insegnamento degli anni, abbandonando riconoscente le cose della giovinezza. Coltiva la forza d'animo per difenderti dall'improvvisa sfortuna. Ma non angosciarti con fantasie. Molte paure nascono dalla stanchezza e dalla solitudine. Al di là di ogni salutare disciplina, sii delicato con te stesso. Tu sei un figlio dell'universo, non meno degli alberi e delle stelle; tu hai un preciso diritto ad essere qui. E che ti sia chiaro o no, senza dubbio l'universo va schiudendosi come dovrebbe.

25


26

TEMA DI COPERTINA

Perciò sta in pace con Dio, comunque tu Lo concepisca, e qualunque siano i tuoi travagli e le tue aspirazioni, nella rumorosa confusione della vita conserva la tua pace con la tua anima. Nonostante tutta la sua falsità, il duro lavoro e i sogni infranti, questo è ancora un mondo meraviglioso. Sii prudente. Fa di tutto per essere felice. Basterebbe questa poesia per cambiare le dinamiche della terra nella rifondazione della nostra società ormai annichilita e protesa verso un relativismo che si fa sistema e non più eccezione, con buona pace degli accademici dei lincei e della crusca. La secolarizzazione delle posizioni e soprattutto delle rendite da posizione (il reale motivo che impedisce il compimento di una democrazia futurista), rappresenta l'ostacolo più importante da superare per arrivare ad immaginare un futuro dove ogni cosa possa essere collocata al posto giusto. Immaginare un futuro culturalmente apprezzabile senza l'ignoranza sistemica sarebbe auspicabile ma cozza contro la volontà di chi, in assenza di una cultura degna di definirsi tale, coltiva le proprie ambizioni. Nel nostro paese ci sono sacche di resistenza che gestiscono il potere, rappresentate da individui il cui unico intento è la gestione dell'interesse personale che va dalla mediocre e modesta gestione di interessi materiali propri e degli "amici" sino alla gestione del potere per quel senso di onnipotenza, nel buffo tentativo di emulare una deità. Talune contraddizioni sono talmente evidenti da lasciare sconcertati e denotano quanto l'esperimento sociale d'imprimere una subcultura sia perfettamente riuscito; basta pensare al sacco meridionale quando un'orda barbarica guidata da un sedicente ufficiale di un esercito mai nato, invade il sud Italia ed insieme ad un esercito che sino ad allora non ha avuto il coraggio di dichiarare guerra al Regno duosiciliano ma si è fatto affiancare dagli inglesi e dai francesi che pur non muovendo un dito hanno fatto affari con il non interventismo tradendo il sangue e gli accordi bilaterali, devasta il mezzogiorno e la sua economia; orbene la storiografia ufficiale di cosa parla? Di Cristo che si è fermato ad Eboli? Dei Briganti e della ignoranza e propensione alla delinquenza dei meridionali grazie agli studi di un criminale celebrato in un museo all'ombra della mole? Inutile in questo articolo indicare i primati meridionali ma certamente la storia è stata impastata di una "cultura" che ha ignorato gli eccidi perpetrati dagli invasori che hanno sinanche crocifisso poveri contadini responsabili di non comprendere le dinamiche socio politiche di quel tempo su ordini di sedicenti padri della patria. La cultura dovrebbe essere liberazione e non sottomissione; occorre fare cultura attraverso la capacità di analisi a partire dalle prossime generazioni; l'analisi genera timori perché un soggetto pensante rappresenta un problema in una società dove il relativismo è la regola; basterebbe introdurre lo studio della filosofia nelle scuole di ogni ordine e grado al pari della educazione civica per un numero di ore sufficiente anche attraverso la compressione delle ore scolastiche dedicate alle discipline classiche. La nostra società ha bisogno di un nuovo approccio culturale che generi dei pensatori e non degli


TEMA DI COPERTINA

automi-consumatori; la nostra società ha bisogno di educazione che non va intesa come mera abolizione della trivialità, ma educazione al rispetto in quanto il rispetto è la base fondativa di ogni società. Il rispetto verso le generazioni passate, verso la donna, verso l'uomo, verso il diverso, nei confronti della proprietà altrui e via discorrendo; senza il rispetto, una società è destinata a soccombere nella logica della amerikanizzazione dove il denaro è l'unica essenza della vita stessa. Il lavoro: immaginiamo il lavoro prossimo venturo partendo dalla attuale concezione di lavoro. Tutto parte dal basso con il lavoro che genera lavoro. Il contadino coltiva la terra e produce i suoi frutti e si affida per la vendita ad un commerciante il quale, a sua volta, senza investire un centesimo, "lavora" per conferire i prodotti coltivati dal contadino, ad una distribuzione avanzata che funge da front office con il consumatore, pagando il prodotto a 30, 60 o 120 giorni. L'operaio che prima veniva gestito dal padrone della fabbrica ed ora diventa esso stesso datore di lavoro quando si rivolge al mondo sindacale attraverso l'affiliazione, corrispondendo una parte del proprio salario per dare lavoro ai dipendenti del sindacato stesso che talvolta tradiscono il nobilissimo mandato ricevuto, dedicandosi a ben altri interessi confliggenti con la tutela del lavoratore; stessa analisi per taluni servitori dello Stato che prendono così tanto sul serio il proprio ruolo da passare da un ruolo all'altro con la disinvoltura di una ballerina di danza classica (basti pensare ai passaggi dagli organi giudicanti a quelli legislativi). Il bene comune? Pensare al bene comune in una società secolarizzata dalle sacche di egoismo sempre più ampie pare un esercizio di stile di sociologia in quanto dinanzi alla secolarizzazione degli interessi non si avvede spazio per il bene comune che confligge, inevitabilmente, con gli interessi corporativistici delle Lobby. Certamente sarebbe auspicabile; un mio grande maestro mi ripeteva: “coltiva i tuoi interessi ma non dimenticare mai la funzione a cui tu sei chiamato e se i tuoi interessi si ponessero in antitesi con quella funzione anche marginalmente, mettili da parte perché hai il dovere di ricoprire un ruolo”. Non finirò mai di ricordare a me stesso quelle parole perché hanno tracciato un solco nella mia esistenza, insegnandomi o meglio facendomi comprendere un concetto fondamentale, nell'esercizio di qualsiasi potere delegato, lo spirito di servizio. Argomento quasi sconosciuto oramai; basta azionare il tasto del telecomando e ci si rende immediatamente conto di quanto disprezzo ci sia verso questo concetto elementare che andrebbe coltivato ed impresso nella mente di tutti coloro che sono chiamati o che si propongono di gestire la cosa pubblica. Solidarietà e giustizia. Non intendo dire nulla a proposito della giustizia ma la solidarietà rappresenta uno degli elementi che compongono il substrato genetico italico e che resiste ancor oggi nonostante l'amerikanizzazione del pensiero unico. Spesso la solidarietà, l'accoglienza, i fenomeni migratori vengono travisati in quanto una cerchia oligarichica utilizza questi concetti come strumento per sollevare la pietas coltivando interessi stratosferici. Ricordo, ad esempio che durante la breve esperienza del governo giallo-verde, venne diminuito il compenso destinato ad ogni profugo "accolto dai gestori "dell'accoglienza"; conseguenza fu una drastica riduzione, a dire dei media, delle domande alle varie prefetture di gestire l'accordo (erano

27


28

TEMA DI COPERTINA

previsti 1.035,00 per ogni "migrante" maggiorenne e 2.70,00 per ogni minorenne) . I media puntarono il dito verso chi aveva determinato questa compressione del compenso di accoglienza ma nessuno si pose il problema che prescindendo dai bilanci, l'accoglienza doveva essere un dovere pur senza considerare che si trattava di clandestini e non migranti (taluni sono arrivati sinanche con i barboncini al seguito) pur con il loro carico di disperazione sul quale nessuno deve frapporre critiche per la solidarietà umana che dovrebbe essere baricentrica sempre. Orbene da modesto osservatore mi pongo talune domande, se da una parte la solidarietà è questa, perchè non è gratuita? Come mai è gestita sempre e solo da talune organizzazioni? come mai nell'era tecnologica non si affronta seriamente il problema? Come mai dai satelliti che ci dicono essere in grado di leggere una targa di un autoveicolo, non vengono individuati, con esattezza, i gestori delle partenze? Come mai le navi delle ONG sono sempre a conoscenza delle traversate nonostante il mar Mediterraneo non sia esattamente una bagnorola? Come mai per anni sui bilanci dello Stato c'è stata una incidenza pari a 7,5 miliardi di euro per ogni annualità senza che nessuno muovesse un dito? Chi ha intascato tutto questo denaro? Chi ha gestito il business dei kit mare nostrum? Forse qualche risposta la meriterebbe il popolo italiano anzichè distrarlo sulle questioni filologiche del virus o di qualche svitato assassino sul quale costruiscono fior di talk show con il cuore?! Sono questi gli interrogativi che dovremmo porci e pensare che un ritorno al futuro passi, inevitabilmente, attraverso le maglie della rifondazione di un sistema educativo che sia ispirato ai principi filosofici di base in antitesi alla massificazione della società. Esaltando l'individuo che abbia interesse sociale. Un abbraccio a tutti i lettori. Emilio Petruzzi


POLITICA

CASALEGGIO: UN NELSON A TRAFALGAR Parliamo di Movimento Cinque Stelle. Meglio chiarire: di quella parte dell'universo pentastellato che non si riconosce nella mutazione genetica in senso democristiano prodotta dall'ala governista e pro-establishment del grillismo. La componente in fase evolutiva è quella che fa capo, riguardo all'ancoraggio ideologico, a Davide Casaleggio e all'Associazione Rousseau. Non è un caso che il figlio ed erede del "visionario" Gianroberto, padre del grillismo doc, sia in rotta di collisione con la frazione governista del Cinque Stelle fedele a Mario Draghi, più tiepidamente a Giuseppe Conte, ma graniticamente devota ai propri egoismi carrieristici. Sbaglia chi pensa che Davide Casaleggio sia un disperato in cerca di vendetta. Lui e il suo team di teste d'uovo hanno un progetto chiaro intorno al quale aggregare un nuovo consenso. Il tutto muove da tre domande: il bacino elettorale che nel 2013 e nel 2018 si è riconosciuto nel Movimento Cinque Stelle si è dissolto? Si è evoluto in direzione di un'integrazione nel sistema di potere dominante in Italia e in Europa? É rifluito in altre esperienze partitiche? Non v'è dubbio che il grillismo abbia perso gran parte del suo elettorato a causa della svolta "europeista" che portò nell'estate del 2019 il Movimento a diventare sostenitore convinto della candidatura della tedesca (pupilla politica di Angela Merkel) Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea. Il salto mortale ideologico con triplo avvitamento demagogico è riuscito a tenere i grillini nella stanza dei bottoni. Tuttavia, al successo della manovra di palazzo non ha corrisposto l'apprezzamento da parte degli italiani. I vinti della globalizzazione, il "popolo degli abissi" come li ha definiti con appropriata espressione il professore Giulio Sapelli, che avevano visto nel grillismo un approdo per la canalizzazione delle loro istanze (ribellistiche) all'interno dell'alveo costituzionale, si sono sentiti traditi. Quel popolo esiste ancora? Di certo l'emergenza pandemica ha generato una sospensione delle dinamiche sociali. Nondimeno, la circostanza che il Paese sia impegnato in uno sforzo corale a tirarsi fuori dai guai non ha annullato le differenze di visione, che restano. Domata la pandemia, coloro che prima pensavano che un mondo globalizzato trasformato in una giungla senza regole fosse da contrastare con ogni mezzo torneranno a crederlo, perché difficilmente saranno diventati disponibili e remissivi verso quelle forze economiche di dimensione planetaria che li avranno nel frattempo impoveriti. Quindi, un potenziale universo protestatario a cui rivolgersi ci sarà ma non saranno i Luigi Di Maio e i Giuseppe Conte a potervi accedere. Davide Casaleggio lo ha capito molto bene. In politica vale una regola aurea: il vuoto si colma. Lo

29


30

POLITICA

spazio lasciato libero dal tradimento pentastellato l'avrebbe potuto occupare la Lega di Matteo Salvini: aveva i numeri e, fino a un certo momento, anche l'offerta politica rispondente alle istanze di cambiamento radicale del sistema. L'anti-mondialismo salviniano ha viaggiato negli anni della sua crescita esponenziale lungo la linea di faglia che lo separava dal "populismo" grillino. Talvolta quella linea di confine è stata varcata spingendo alla sovrapposizione i campi magnetici delle due forze politiche. Per stare agli esempi, quando Matteo Salvini tuonava contro l'immigrazione illegale, Luigi Di Maio gli faceva da contraltare, chiedendo il pugno di ferro contro i "taxi del mare" delle Ong. Poi, anche la Lega ha modificato la rotta decidendo di salire sulla barca timonata da Mario Draghi. Si dirà: è stata una scelta obbligata per dare risposte immediate e concrete a una parte maggioritaria del proprio elettorato, composta dai piccoli e medi imprenditori del Nord che minacciavano di non seguire più il "Capitano" nella sua strategia di scontro frontale con l'Europa e con i santuari della governance del Paese. Scelta comprensibile che, tuttavia, non poteva non avere controindicazioni. La costante perdita di consenso che i sondaggi rilevano sul partito di Salvini si spiega col flusso in uscita di quella quota di elettorato che ha creduto nella proposta anti-sistema del leader leghista. Qui, però, la vulgata dei media prende un granchio nel pensare che quei voti "liberati", in base alla logica dei vasi comunicanti, vengano meccanicamente drenati da Fratelli d'Italia. Non è così. Il fatto poi che, pur variando i volumi degli addendi nelle percentuali assegnate dai sondaggi ai singoli partiti, la somma di consensi alla coalizione della destra plurale non cambi è una circostanza fortuita. Il profilo conservatore, scarsamente autonomista, marcatamente di destra della compagine erede delle tradizioni del Movimento Sociale italiano e di Alleanza Nazionale non pesca tutti i consensi dall'area del "populismo" post-ideologico che ha ispirato il primo Salvini. Piuttosto, Giorgia Meloni sta compiendo un imponente recupero di quel bacino di moderati nemici del comunismo in tutte le sue sfumature e declinazioni, legati al berlusconismo della prima ora, i quali, delusi dall'inefficacia riformatrice dei governi di centrodestra, col passare degli anni si sono rifugiati nell'astensionismo. A Davide Casaleggio è bastato fare "2+2" per rimodulare il target. Al momento, dal vascello Rousseau è in corso un cannoneggiamento dell'artiglieria posizionata sulla linea di mezzeria del blog delle Stelle: il tradimento dei "governisti" allergici all'idea di dover rispettare la regola cardinale dei due mandati nelle assemblee elettive. Era scritto sul blog, sotto il titolo emblematico: La politica non deve essere una carriera, "Il Movimento 5 Stelle è fatto da cittadini, non da eletti ed elettori. Qualche eletto non lo ha forse capito. Ci si candida per spirito civico, per attuare un programma, non per presenzialismo, per carriera politica". Il secondo passaggio che Casaleggio ha in mente è già alle viste: la battaglia a colpi di carta bollata per la consegna ai Cinque Stelle dell'elenco degli iscritti alla piattaforma Rousseau. Il figlio di Gianroberto sta giocando con i "leaderini" pentastellati al gatto e al topo. Forte di una robusta motivazione giuridica - il Movimento 5 Stelle è senza rappresentante legale - il capo di Rousseau si rifiuta di consegnarli ai suoi ex compagni di viaggio che chiama ironicamente "No lex". Sa però


POLITICA

che non potrà sottrarsi a lungo alla richiesta: qualcosa dovrà concedere. Perciò ha optato per quella che calcisticamente si definirebbe una melina. Tiene la palla, ricorrendo all'interpretazione letterale della legge sulla Privacy per dare il tempo al suo progetto politico di decollare. È scritto sul blog: "I dati degli iscritti sono degli iscritti stessi. Sono loro che devono poter decidere con piena libertà l'utilizzo dei loro dati. Nessuno può decidere arbitrariamente al loro posto". Mossa astuta e sottile che prefigura uno scenario sorprendente: Casaleggio terrà gli elenchi fin quando non sarà posto dai suoi nelle condizioni operative di compulsare gli iscritti sull'alternativa: volete restare con noi o andare con i traditori del progetto originario? L'operazione "Controvento", il nome scelto da Casaleggio per la sua nuova avventura politica, prenderà il via dallo svuotamento anche solo parziale della base del Movimento Cinque Stelle. Avrebbe come leader carismatico il "descamisado" Alessandro Di Battista che, al momento, resta ai bordi del campo a riscaldarsi i muscoli. Se il colpo dovesse riuscire, i pentastellati asserragliati in Parlamento si troverebbero in piena campagna elettorale per le amministrative d'autunno privi di una militanza di riferimento. Un suicidio. Da tempo sosteniamo che il Cinque Stelle sia una barca che imbarca acqua da tutti i lati. Non sapevamo però chi avrebbe dato il colpo d'ascia definitivo al madiere portante della navicella grillina per mandarla a fondo. Adesso lo sappiamo. CristofaroSola

31


32

POLITICA

IL PASSATO CHE NON PASSA Ci risiamo. Con il caldo e il bel tempo, sulle nostre coste sono ripresi gli arrivi massicci di immigrati irregolari dal Mediterraneo centrale. A ieri il Cruscotto statistico del ministero dell'Interno segnalava 13.008 persone sbarcate in Italia da inizio anno. Solo nella giornata del 10 maggio ne sono arrivate 1.950. Così non va. La ministra Luciana Lamorgese si dice preoccupata e fa bene a esserlo. Perché, di questo passo, nei mesi estivi i picchi stagionali degli arrivi ci porteranno indietro al triennio drammatico del 2015-2017 quando l'Italia fu letteralmente presa d'assalto da un'invasione migratoria irregolare. Qui non stiamo a tirare fuori dall'armadio le bandiere del tifo, precedentemente accantonate per non intralciare l'opera del "salvatore della Patria", Mario Draghi. Neanche si può fare finta di nulla. Il problema c'è e interroga la natura effimera e contradittoria di un Governo-marmellata nel quale si trovano mescolate sensibilità sul senso identitario e visioni del futuro affatto opposte. È l'ingannevole rifrazione sensoriale del governo-di-tutti (o quasi) che provoca una pericolosa ambliopia della realtà. La Lega, con Matteo Salvini, invoca il blocco dei flussi migratori. In controcanto, Enrico Letta dal fortino del Partito Democratico lancia la proposta (lunare) di convertire "la missione militare europea di fronte alle acque libiche per lo stop al commercio delle armi in una missione che consenta di gestire il salvataggio in mare". Un'idea stupida e impraticabile che sembra coniata apposta per indispettire l'alleato (indesiderato) di Governo. Tocca al premier trovare una soluzione che superi il muro d'inconciliabilità che spacca il campo della politica e vada incontro alle aspettative degli italiani su questo tema. Tuttavia, l'ostacolo che impedisce anche al Governo Draghi di connettersi con la coscienza profonda del Paese è costituito dallo scollamento che esiste tra l'idem sentire della gente comune e la sua proiezione (falsata) all'interno dell'istituzione parlamentare. Il macigno si chiama Cinque Stelle. È il primo partito, in termini numerici, all'interno del Palazzo che di fatto condiziona le scelte di governo, ma non lo è nel rappresentare l'effettiva volontà della maggioranza degli italiani. La colpa grave di tale anomalia sappiamo benissimo di chi sia e non stiamo qui a ripuntare il dito contro il Colle, come facciamo puntualmente dalla velenosa estate del Papeete, per non essere inutilmente ripetitivi. Se Mario Draghi vuole provare a risolvere il problema deve guardare principalmente alla gente e preoccuparsi meno del bilancino con il quale tenere in equilibrio la sua maggioranza. La domanda che un pragmatico del suo rango deve porsi è: gli italiani realmente desiderano che le frontiere vengano abbattute e si accolga il mondo in casa? Si sorprenderebbe dallo scoprire


POLITICA

che ciò che sta nelle corde della sinistra collida frontalmente con la volontà della maggioranza dei cittadini. È di soluzioni radicali, nel senso della difesa dei confini marittimi, che si avverte il bisogno. Per essere ancor più chiari, la quadra non è quella che rincorre la ministra dell'Interno quando dice di voler chiedere aiuto all'Europa per un'equa e solidale ripartizione degli irregolari sbarcati in Italia. Da questo orecchio i Paesi partner nell'Unione europea non sentono. E fanno bene a restare sordi perché non è con la redistribuzione indiscriminata degli immigrati che l'Europa salva se stessa. Per chi non ha diritto a stare dentro lo spazio dell'Unione europea non c'è posto. E mentre gli altri Governi, che siano di destra o di sinistra non fa differenza, sono implacabili nell'interdizione degl'ingressi illegali, da noi braccia aperte. Dobbiamo essere impazziti se pensiamo che Paesi come la Francia, la Spagna, l'Austria, Malta, per citare quelli a noi geograficamente più vicini, ci seguano sulla strada delle porte spalancate. Si dirà: ma è l'Italia la piattaforma continentale protesa verso la sponda settentrionale dell'Africa, se è da lì che arrivano non li si può lasciare morire in mezzo al mare. Certo che no. Ma, per evitare che anneghino, occorre che non partano. Come fare? La soluzione più ovvia è di stringere accordi seri con i Paesi da cui si originano le rotte del flusso migratorio e con quelli da cui prendono il mare i barconi. In particolare, Libia e Tunisia. Anche un bambino capirebbe che non c'è un'incapacità strutturale di tali Paesi a impedire le partenze, mentre c'è di sicuro uno sporco gioco al ricatto per ottenere più denari dai ricchi Stati europei. Siamo al cospetto di una patente estorsione. Come ci si comporta in questi casi? Esistono due possibilità: si cede e si paga, oppure si reagisce e si usano le maniere forti. Al riguardo, consiglieremmo un approccio "laico" al problema, cioè non vincolato a pregiudizi ideologici, per quanto sia irrealistico immaginare una tregua negoziata tra sinistra e destra sulle politiche dell'accoglienza. Pagando i libici e i tunisini si bloccherebbe il traffico di esseri umani nel Canale di Sicilia? Se la risposta è affermativa si paghi e facciamola finita perché diecimila e passa clandestini al giorno non ce li possiamo permettere. Diversamente, pur sborsando montagne di quattrini il flusso non si arresta? Fatta eccezione per il naviglio delle potenze globali, abbiamo la flotta da guerra migliore e più moderna che incroci nelle acque del Mediterraneo, usiamola! Non piace l'idea del blocco navale perché è tecnicamente e giuridicamente impraticabile? Lo si chiami pattugliamento rafforzato, Pippo, Pluto o Paperino, non ha importanza. Ciò che conta è fermarli e rispedirli indietro da dove sono partiti. Non sarà bello, non sarà misericordioso, non sarà umanitario, ma da quando gli Stati difendono la loro prosperità e il loro diritto sovrano con le buone maniere, la misericordia e l'umanitarismo? A maggior ragione adesso, con il virus che continua a circolare. Si dirà: li mettiamo in quarantena appena sbarcati. E dove? Dal prossimo luglio le quattro navi noleggiate dallo Stato per svolgere il servizio della quarantena non saranno più disponibili. Il che significa ritornare agli hotspot-gruviera da dove si entra e si esce a mo' di sala d'aspetto di una stazione ferroviaria. Come poi dare torto ai cittadini esasperati che inscenano blocchi stradali per impedire ai

33


34

POLITICA

migranti l'accesso ai centri di accoglienza ubicati all'interno dei propri territori? Sarebbero loro, i cittadini arrabbiati, i razzisti e gli xenofobi se provano a non caricarsi sul groppone l'ennesimo problema come se in questi mesi di reclusione forzata non ne avessero avuti a sufficienza? Comunque sia, per trattare in modo convincente con i Governi dei Paesi africani interessati al fenomeno dei flussi migratori bisognerebbe avere un ministro degli Esteri all'altezza del compito. L'Italia ha Luigi Di Maio. Che non è il meglio che si possa sperare nella vita. É come avere Roberto Speranza al ministero della Salute a fronteggiare la pandemia. Ma noi ce l'abbiamo Speranza alla Sanità. Perdinci, siamo messi male! Non ci resta che sperare in Mario Draghi che somiglia sempre più al gigante buono di un Carosello che negli anni Settanta pubblicizzava una nota marca di dolciumi. Il fortunato slogan che lo rese celebre ai suoi tempi suonava così: "Gigante, pensaci tu!". La sensazione è che quel fantastico spot bisognerebbe ripescarlo dalle teche Rai e rimandarlo in onda. Perché in tempo di nani, elfi e folletti in politica, un gigante serve. Eccome. Cristofaro Sola


SOCIETA’

LA SINDROME DELLE PENNE LISCE Non perdete tempo a cercarla su Google: non la troverete. Clinicamente non esiste perché è stata inventata dall'autore di questo articolo e utilizzata come metafora per spiegare la progressiva degenerazione del buon gusto e l'affermazione del peggio rispetto al meglio. Chi scrive, come la maggioranza degli italiani, ama la pasta, tributando insignificanti differenze nel gradimento dei formati, eccezion fatta per le penne rigate, che non trovano posto nella dispensa e vengono tollerate per buona creanza solo nelle rare circostanze in cui, essendo ospite di qualcuno, dovessero figurare nel menu. Nel caso in cui, però, invece che con i funghi porcini, panna e prosciutto, salsiccia panna e zafferano o altre delizie simili, le penne fossero immerse in un lago di salsa di pomodoro, cosa non rara soprattutto nel Sud, la buona creanza va a farsi friggere e m'invento una dieta prescritta da poco che mi obbliga a ridurre drasticamente i carboidrati e i condimenti: le penne che ballano nel sugo sono davvero troppo per me e dovrei essere più bravo di Leonardo di Caprio per riuscire a mangiarle senza far percepire il blocco dello stomaco alla sola vista. Se quando si è ospiti di qualcuno, eccezion fatta per i cibi realmente vietati dal medico, non è mai buona norma mettere in discussione le pietanze amorevolmente preparate per trascorre insieme delle ore liete, il precetto acquisisce una pregnanza molto più consistente nel caso delle penne, perché esprimere dissenso su quelle rigate equivale a far insorgere il sospetto di essere un alieno o di avere problemi mentali. Oltre il 99% degli italiani, infatti, non ha dubbi in merito: le penne rigate sono migliori delle penne lisce! Sono più saporite! Mantengono meglio il sugo e la cottura! Tutte cavolate sesquipedali, ovviamente, come ben spiegato dai grandi chef, che non le cucinerebbero nemmeno sotto tortura, e anche dai rinomati pastai di Gragnano, costretti però a subirla, la tortura, dovendo loro malgrado e con sommo rammarico produrle in quantità industriali per non lasciare alla concorrenza consistenti fette di mercato. Sono ancora fresche nella memoria, del resto, le immagini trasmesse dalla TV allo scoppio della pandemia: gli scaffali dei supermercati vuoti, eccezion fatta per quelli che contenevano penne lisce. È così forte la sindrome che, anche in un momento di follia collettiva per l'inutile corsa all'accaparramento dei prodotti alimentari, si riusciva a trovare la "lucidità" per scartarle. È davvero singolare questa distonia, in un Paese che si contende con la Francia il primato mondiale per la qualità della cucina. Verrebbe da dire che in Italia si cucina bene e si mangia male, perché il problema riguarda anche altri aspetti dell'alimentazione (gli antipasti, per

35


36

SOCIETA’

esempio, che sono un vero abominio essendo "contro" i pasti e non, come tanti credono, cibo da mangiare prima, confondendo "anti" con "ante"), ma questo ci porterebbe fuori tema. Resta il fatto che tante persone si privano del meglio a vantaggio del peggio, ritenendo di essere nel giusto. Nella fattispecie non vi è paragone tra la bontà delle penne lisce rispetto a quelle rigate e non dovrebbero rendersi necessari i pareri dei grandi chef per verificare che la rigatura non garantisce uniformità di cottura, cattura il condimento in quantità impropria e fa perdere sapore e consistenza alla pasta. Paradossalmente, invece, anche al cospetto delle chiare informazioni fornite dai grandi chef - in merito ricordo un recente bellissimo servizio del programma televisivo "Report" - non si scalfisce la preferenza per le penne rigate. Qualche giorno fa sono andato a comprarmi un paio di scarpe da passeggio, essendosi abbrutite quelle acquistate due anni fa. Cinque negozi visitati, migliaia di modelli in esposizione e avessi trovato un solo paio di scarpe senza lacci, come quelle vecchie. I commessi, ovviamente, mi guardavano come se fossi un marziano: "Ma perché vuole le scarpe da passeggio senza lacci? Le comprano TUTTI con i lacci e le aziende ovviamente si adeguano". Che vuoi replicare a uno che si esprime in questo modo? Nulla. Si può solo tacere e andare via. Nel sesto negozio, fortunatamente, ne ho trovato un paio identiche a quelle vecchie - a quanto pare vi è una sola azienda che produce un "unico" modello di scarpe con gli strappi adesivi - e mi sono precipitato ad acquistarle, chiedendo se ne avesse un altro paio. "Purtroppo no - è stata la risposta - è una rimanenza, perciò viene venduta a metà prezzo". E così ho fatto anche la figura di chi abbia scelto un modello solo perché super scontato. Ora, per carità, non si vuole impedire a nessuno di acquistare le scarpe con i lacci, ma questa propensione "totalitaria" è avvilente a prescindere da coloro che preferiscono quelle senza, ben consapevoli di quanto siano più comode sotto tutti i punti di vista. Un telefonino dovrebbe servire precipuamente per telefonare e, grazie al progresso tecnologico, in "talune circostanze", assolvere anche altre funzioni. Di fatto per milioni di persone il telefonino è diventato un sostituto del PC, della fotocamera e della videocamera! Lo si usa anche per guardare film e ascoltare musica, cose che, se fossero contemplate come reati, potrebbero prevedere una pena non inferiore ai trenta anni di carcere! Il mercato delle videocamere e delle fotocamere amatoriali ha subito addirittura una forte e crescente contrazione, generando non pochi problemi a chi trovi ripugnante il solo pensiero di utilizzare il telefonino con modalità foto e video: scarsa reperibilità dei prodotti (soprattutto nel settore delle videocamere) e necessità di spingersi verso quelli professionali, che però costano molto. Fosse solo questo! Vi è un'azienda produttrice che sforna in continuazione modelli nuovi, contrassegnati da alcune lettere dell'alfabeto. Una lettera indica la serie TOP, una seconda lettera quella media e un'altra ancora quella più economica. Sorvolando sul fatto che il costo dei telefonini è spropositato e non riflette le corrette leggi economiche relativamente al giusto prezzo (cosa che tra l'altro vale per molti altri prodotti ed è resa possibile soprattutto grazie alla stupidità degli acquirenti e a una classe politica che si rende complice delle multinazionali, invece di morigerarle), che un telefonino di 150 euro fa sostanzialmente le stesse cose di uno che ne costi 1200, va detto che i telefonini di


SOCIETA’

quell'azienda, grazie a particolari accorgimenti, dopo un paio di anni iniziano a perdere consistenza qualitativa: la navigazione on line diventa progressivamente più lenta e la batteria, non più sostituibile come accadeva un tempo, si scarica velocemente. Tutto ciò induce a buttarlo in discarica e ad acquistarne uno nuovo. Il dato, oramai, è noto a tutti e quindi basterebbe cambiare marca per risolvere il problema. Semplice, no? Serve dire che quell'azienda, invece, è leader del mercato? Non serve. Si potrebbe continuare a lungo con gli esempi, perché nessun campo ne è immune. Quanti bravi cantanti vi sono sulla scena mondiale? Tanti. Ma i preferiti, soprattutto dai giovani e giovanissimi, sono degli strimpellatori senz'arte né parte, che producono rumore accompagnato da parole messe a casaccio, spesso oscene o addirittura irriverenti. Per non parlare dei diskjockey, nati per mettere dei dischi sul piatto nei locali frequentati dai giovani e da questi ultimi trasformati in artisti che "suonano". Oggi guadagnano più di tanti veri artisti, che davvero conoscono la musica e la interpretano ad altissimi livelli. Lo stesso dicasi per il cinema e non regge il discorso sulla preparazione culturale necessaria per apprezzare quelli più impegnati e raffinati. È senz'altro vero e si può comprendere, quindi, il loro minore successo di pubblico. Ciò che atterrisce, però, è il successo dei film spazzatura, intrisi di violenza e di scene disgustose che, evidentemente, risultano gradite alla maggioranza degli spettatori. A cosa si deve, per esempio, la massiccia produzione di fiction, se non a un'articolata analisi psico-sociologica che consente di confezionare un prodotto ad hoc per singole categorie di persone con analoghe caratteristiche ? E cosa traspare dal successo di alcune fiction se non il gradimento per tutto ciò che si possa definire "aberrante?". Sul comportamento delle masse sono state scritte opere preziose che, per lo più, ne mettono in luce i limiti comportamentali e la propensione a farsi soggiogare. È arrivato il momento di effettuare nuove analisi sociologiche che, partendo da quanto di buono sia stato scritto in passato, allarghino i confini sulle distonie del nostro tempo. Il "peggio" si afferma con troppa facilità, condizionando la vita di centinaia di milioni di persone. Coloro capaci di resistere all'assalto virale sono una sparuta minoranza, evidentemente in possesso di qualche speciale antidoto. Forse sarebbe il caso di effettuare seri studi su di loro per individuarlo, in modo da renderlo disponibile per tutti. Lino Lavorgna

37


38

CULTURA

PIZZINI Cadendo dall'alto quel nastro di carne e muscoli aveva volteggiato nell'aria quasi liberato dal suo peso e si era abbattuto sull'asfalto scompostamente e in modo irragionevole, prima la coda e dopo la testa. Questa aveva battuto il suolo due volte per l'inerzia che le aveva dato la mole rovinosamente crollata prima. Due denti enormi e cavi, di un bianco latteo, erano volati via, conficcandosi sul portone della casa di Mastro Pietro che ospitava Don Pino, un vecchio portone di legno screpolato. Così si sanciva la fine di un fedele amico di Don Pino. La sua attività, per la quale era stato prescelto accuratamente da Don Pino e dai suoi più stretti accoliti, soprattutto in considerazione delle sue capacità metamorfiche, era stata quella di recapitare biglietti, scritti con la grafia sicura dell'amico, a quanti si rivolgevano a lui per consiglio o per chiedere permessi, autorizzazioni. Scivolava allora tra le frasche delle case di campagna con un fruscio continuo e appena avvertibile, non dai cavalli però che cominciavano a nitrire. Snodandosi con l'immane dorso tra le frasche secche o la cenere di un recente incendio, guadagnava una pagliera o una stalla o le stanzette superiori della povera casa e sempre semidiruta. A volte, per convincersi di aver raggiunto la meta, emetteva un sospiro tremendo, proveniente da tutto il suo corpo flessuoso e invincibile. Il biglietto lo avrebbe lasciato sul tavolo, dove un mezzo pomodoro su di un piatto di stagno alimentava una fila di formiche indifferenti alla sua presenza. Tornato dal padrone amico, bussava alla porta e, al segnale convenuto, gli si apriva la porta della modesta casa di pastore ove si alternavano presenze agresti a nuove tecnologie: una radio di buona fattura; una macchina da scrivere moderna, un televisore. La dominava l'odore di formaggio e di olio buono. La sua trasformazione avveniva in un luogo incerto e indefinibile tra l'ultimo ulivo vicino la casa e la porta della casa stessa. Qui abbandonata la postura strisciante, si ergeva nella sua normale altezza di uomo di mezza età, i capelli grigi, dal viso segnato dal sole e le movenze misurate, come di un cacciatore silenzioso ed efficace. Nessun segno riferiva del lungo strisciare che aveva fatto per raggiungere la casa di mastro Pietro, scivolosa come era la sua pelle squamata che solo apparentemente sembrava umida, ma in realtà era un asciutto concentro di squame e spire potenti. "Consegnato?" chiedeva l'inquilino della povera casa e lui "Fatto" rispondeva. La produzione dei biglietti continuava a ritmo frenetico e comportava che le risposte fossero in numero almeno uguale alle richieste che pervenivano per i più strani modi: alcune portate dal vento, un vento


CULTURA

orientato e preciso che le depositava sotto il grande ulivo presso la casa; altre da piccioni che si posavano sul davanzale e abbandonavano il bigliettino, come fece quello di Noè con il ramoscello di ulivo; altri ancora lasciati da passanti che non si sarebbero fermati e li abbandonavano, senza parole, sulla pietra che era la panchina della casa. La loro forma era quasi sempre quella di essere vergati alla maniera delle suppliche. Che si trattasse di essere illuminati per un buon consiglio da Don Pino o quello di chiedere l'autorizzazione per sopprimere un nemico, essi presentavano sempre un incipit molto religioso, quasi a voler asserire che ad un Dio quel biglietto era inviato ed un Dio infatti era Don Pino, tale da tenere in sua facoltà vita e morte di persone. Alla franchezza della richiesta il destinatario rispondeva con formule più complesse e tali da consentire interpretazioni multiple e divergenti. In questa maestria della dialettica, ciascuno che ricevesse la sua risposta, in realtà la interpretava a modo proprio, cioè confermandosi nel suo pregiudizio, quello che aveva inventato la stessa esigenza di chiedere apparente consiglio. Il messaggero, col tempo, si convinse a reiterare questa sua incredibile capacità di atteggiarsi a rettile, in questo confortato da precedenti dicerie sui serpenti, sul Serpente. Aveva così spesso verificato che la sua maniera di strisciare per raggiungere il destinatario del biglietto in risposta era profetica dell'esito della risposta stessa da parte del destinatario e adottò quella modalità come essenziale al suo stesso ufficio. Una volta che si affrettava a consegnare il biglietto a chi aveva chiesto il permesso di sopprimere il vicino che lo angariava per futili questioni legate al pascolo delle pecore, intese, senza fallo, che al fruscìo stesso del suo incedere quello già si era procurato il fucile e si dirigeva a passi spediti verso l'ovile del nemico. Non fece in tempo a raggiungere la casa del questuante, a strisciare su per le scale che conducevano ad un lurido fondaco, alla umile casa, che sentì i colpi della doppietta: i due colpi secchi dell'esecuzione non ancora autorizzata. Allora aprì il biglietto e vide che non conteneva alcuna scrittura. "Dunque - pensò tra sé - io porto ciò che la gente vuole ed il potere di Don Pino è solo questo: dare conferma al pregiudizio, non interrompere il flusso accondiscendente delle decisioni già prese per le quali manca l'ardire di pensarle come proprie". Questa realtà gli apparve in tutta la sua evidenza e rifletté sulle migliaia di consegne che aveva effettuato in quegli anni, convincendosi di essere stato usato senza riguardo per la sua fatica; di essere servito solamente per interporre tempo tra la decisione e la conseguente azione dei questuanti. Pieno d'ira e di risentimento per tanto zelo e fedeltà inutilmente risposta in Don Pino, e per tanto tempo, egli corse alla casa di questi e, con deliberato scopo di infliggergli terrore, non si trasformò stavolta nei pressi dell'ulivo centenario. Mantenendo la sua forma orribile si intrufolò nella stanza del suo padrone. Questi, al vedere quel mostro, con mossa fulminea imbracciò il fucile e il colpo fu tanto forte da sollevarlo in aria fino a farlo stramazzare al suolo. Appunto scompostamente. Fausto Provenzano

39


40

DA LEGGERE


DA LEGGERE

41 37


42

SOCIETA’

Confini Idee & oltre

Penetrare nel cuore del millennio e presagirne gli assetti. Spingere il pensiero ad esplorare le zone di confine tra il noto e l’ignoto, là dove si forma il Futuro. Andare oltre le “Colonne d’Ercole” dei sistemi conosciuti, distillare idee e soluzioni nuove. Questo e altro è “Confini”

www.confini.org


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.