Confini 84

Page 1

Web-magazine di prospezione sul futuro

Confini

Idee & oltre

CAOS

Numero 84 Aprile 2020


www.confini.org

www.confini.info

Confini Webmagazine di prospezione sul futuro Organo dell’Associazione Culturale “Confini” Numero 84 - Aprile 2020 Anno XXII

+ Direttore e fondatore: Angelo Romano +

Condirettori: Massimo Sergenti - Cristofaro Sola +

Hanno collaborato: Gianni Falcone Roberta Forte Lino Lavorgna Sara Lodi Antonino Provenzano Angelo Romano Cristofaro Sola Andrea Torresi +

Contatti: confiniorg@gmail.com


RISO AMARO

Per gentile concessione di Gianni Falcone e Sara Lodi

1


2

EDITORIALE

IL SEME DEL CAOS Panta rei, tutto scorre finché non c'è l'intoppo: i castori hanno costruito una diga lungo il corso del fiume, una parete di roccia è franata impedendo alle acque di scorrere placide e regolari, le piogge sono state torrenziali, determinando gorghi, vortici, turbolenze, correnti impetuose, straripamenti... andamento caotico. A volte basta poco a turbare l'ordine delle cose, un piccolo insignificante seme che si insinua negli ingranaggi del reale, un asteroide in rotta di collisione, un buco nero divoratore di stelle e di luce, un'eruzione solare, lo scioglimento di un ghiacciaio che conservava in sé forme di vita aliena e pericolosa, una vasta isola di plastica nel Pacifico, una foresta pluviale scomparsa nel fuoco dell'avidità, l'ennesimo albero tagliato che genera una frana, un terremoto, le bizze di un vulcano, un atto di incuria che fa crollare un ponte, un comportamento irresponsabile foriero di nefaste conseguenze, un microscopico virus che penetra nelle mucose per succhiarti la vita. E non si tratta di accadimenti rari essendo l'ordine apparente del cosmo più fragile e complesso di quel che appare ad occhi ottusi. Nulla si crea, nulla si distrugge e tutto è in tutto e la morte non è altro che una grande trasformatrice di stato. Il seminatore per eccellenza è l'uomo. Almeno da quando è diventato stanziale. Suoi i semi piantati nel reale, suoi gli occhi ottusi. Almeno da quando ha perduto la vista interiore e la relazione col tutto. Competere per accumulare e arricchirsi. E' il seme della ricchezza di pochi, dello sfruttamento e della fame di molti. Speculare fino all'economia della scommessa, che importa se la scommessa è contro uno stato e le condizioni di vita dei suoi cittadini, è il seme del cinismo che si fa sistema. Globalizzare, delocalizzare, produrre dove è più conveniente è il seme della moderna schiavitù. Il politicamente corretto, il pensiero conformista e asservito agli interessi di parte è il seme della censura, dell'eresia. Trasferire la sovranità monetaria ad un'entità che si chiama Banca centrale europea non essendolo e non essendoci uno stato dietro è il seme della sovrana autocastrazione. Firmare un trattato che si chiama Mes e per giunta finanziare uno strumento che se lo tocchi ti strozza è il seme della castroneria politica. Spezzettare le competenze sulla sanità tra venti regioni è il seme dell'irrazionalità gestionale. Fingere di togliere il potere di firma alla politica per conferirlo alla dirigenza è il seme dell'ipertrofia burocratica. Si potrebbe continuare all'infinito. Il campionario della miopia delle scelte umane in generale ed in particolare di quelle della politica italiana potrebbe essere persino più lungo delle leggi e dei regolamenti che affossano il Bel Paese. L'importante è trarne la morale, finché si è in tempo.


EDITORIALE

E la morale è che la politica deve recuperare la sola capacità che la rende "arte suprema": quella di concepire un futuro desiderabile per poi determinarlo. Dopo che sarà passata la tempesta che ci affligge e ci decima, occorrerà cambiare molte cose: costituzione, sistema istituzionale, leggi e regole, sistema dei rapporti, fiscalità, diritti e doveri, semplificazioni, riconoscimento e valorizzazione del merito... Se non lo faremo saremo morti comunque. Angelo Romano

3


SCENARI

4

CAOS COME ERAVAMO. COME SIAMO. Spostiamo per un attimo le lancette dell'orologio all'indietro solo di un paio di mesi e cerchiamo di ricordarci "come eravamo": quali fossero le nostre priorità, gli approcci relazionali, le reciproche visioni del mondo, i convincimenti radicali su fatti e persone e, soprattutto, l'effettiva conoscenza delle problematiche che angustia(va)no il Pianeta, nonostante il massiccio e immediato bombardamento mediatico proteso a fornire tutte le informazioni possibili sui vari eventi. Tolti gli scolaretti delle elementari e gli ultraottantenni, sarebbe interessante appurare quanti italiani saprebbero spiegare correttamente almeno due o tre dei seguenti argomenti: cause e dinamiche della guerra civile siriana, con annesse implicazioni internazionali; genesi delle due principali correnti dell'Islam, specificando i paesi ad esse afferenti, i motivi del secolare scontro, le correnti minoritarie all'interno dei due gruppi principali e le rispettive posizioni nel contesto dello scenario mediorientale; cause delle diatribe russo-turche, vecchie e nuove, con annesse recenti intese; diaspora curda e contrasti tra le varie componenti della comunità; paesi africani gestiti dai dittatori e dai signori della guerra (Quanti sono? Con quali Paesi occidentali hanno stretti legami e di che natura?). Ancora: chi sono i buoni e i cattivi tra Hutu e Tutsi? E dove stanno? L'Hotel Rwanda è un titolo di un film, un lussuoso albergo di villeggiatura o qualcos'altro? Paul Rusesabagina, per certi versi, assomiglia a Oskar Shindler, Giorgio Perlasca e Arrigo Beccari? Ma chi è? E chi sono gli altri? Come si è conclusa la guerra civile in Papua Nuova Guinea? Ma dove sta la Papua Nuova Guinea? Cosa rappresentano i termini Holomodor e Medz Yeghérn? Quanti sono i grandi genocidi della storia umana? I giovani turchi incarnano una corrente politica della vecchia DC sarda, del PD o della Turchia del primo novecento? Come nascono le rotte dei migranti? Come funzionano le trattative per salire sui barconi? Cosa rappresentano effettivamente le ONG? Quanti sono i partiti rappresentati nel Parlamento italiano? La lista è lunga ma gli esempi citati bastano e avanzano per avere un'idea del caos esistente e quanto di esso ci sfugga. Da sempre la stragrande maggioranza dell'umanità "convive" col caos, senza sforzarsi più di tanto per comprenderlo. In passato era addirittura difficile venire a conoscenza di ciò che accadeva in tante parti del mondo; oggi ci si accontenta di una "lettura" superficiale, che autorizza tanti a trarre delle conclusioni, per lo più errate, sviscerate nei social


SCENARI

come se fossero verità conclamate. Tutti scienziati politici, economisti, medici e ovviamente allenatori di calcio. Parafrasando George Burns si potrebbe asserire, sorridendo: "E' un vero peccato che tutte le persone capaci di sbrogliare il caos mondiale siano impegnate a tagliar barbe, a guidare taxi, a mettere timbri su montagne di documenti". Il caos, del resto, secondo la genesi, è all'origine dell'universo e quindi precederebbe l'uomo. La scienza, pur contrapponendosi a questa teoria, ne presenta altre che mettono in relazione lo spazio e il tempo, conferendo a quest'ultimo una dimensione di "non esistenza", quindi senza origine e senza fine… insomma: un bel caos. L'uomo, però, pur susseguendosi fin dalla sua comparsa in un contesto che vede il caos primigenio e conseguenziale - come una costante del suo essere, è portato a considerare "caotico" "solo" ciò che non comprende e "solo" quando avverta la necessità di volerlo comprendere. Il che accade precipuamente quando resti coinvolto direttamente in un particolare evento. L'attuale contingenza planetaria, riguardando tutto il genere umano, ha reso ben evidente l'affannoso tentativo di districarsi nel "caos" da essa generata, per comprenderne le dinamiche e sfuggire a quella frustrante sensazione che sempre affiora in mancanza di certezze e al cospetto dell'ignoto. Non è che prima della pandemia l'uomo navigasse in mari più calmi e meno pericolosi, ma in massima parte il problema dei mali del mondo veniva risolto alla fonte, non ponendoselo, almeno fino al momento in cui non colpiva direttamente, o affrontandolo sbrigativamente con qualche commento demenziale sui social. La reattività del genere umano ai problemi posti dalla pandemia, di fatto, non ha nulla di diverso rispetto al passato: è solo mutata la percezione delle azioni, proprio perché esse ci riguardano in modo più diretto. Sono circa quaranta anni che Sgarbi, quando non parla di arte, spara cavolate sesquipedali su qualsiasi altro argomento, con quella violenta verbosità a tutti nota, intrisa di insolenza e volgarità. Eccezion fatta per le querele scaturite da pesanti insulti diretti, tuttavia, nessuno si è mai sognato di denunciarlo per le oscene dichiarazioni sulla giustizia, le farneticanti accuse a eccellenti magistrati in prima linea nella lotta alle mafie, la spasmodica e surreale difesa delle malefatte di Berlusconi e le altre scemenze sciorinate in TV, lautamente retribuite. 1 Quando il suo delirio, però, lo ha portato a sminuire la gravità del covid 19 , invitando le persone a uscire, è scattata giustamente una denuncia da parte di un'associazione fondata da due eminenti accademici, Roberto Burioni e Guido Silvestri, largamente condivisa dai cittadini. Come spesso accade, la pezza è risultata peggiore della toppa: avrebbe prodotto quelle insulse dichiarazioni solo in ossequio ai precetti cristiani sulla visita agli infermi. La contrapposizione tra le forze politiche non è mai stata scevra di colpi bassi, di cattiverie, di congiure, di falsità profferite ad arte per colpire gli avversari. Cosa sta avvenendo ora? Esattamente la stessa cosa, amplificata a dismisura. Sgomenti restano i cittadini con la testa sulle spalle, ai quali non sfuggono le squallide logiche speculative, perpetrate con cinica protervia, in un momento in cui sarebbe stato auspicabile vedere accantonato ogni attrito e ogni interesse partigiano per fronteggiare l'emergenza senza

5


6

SCENARI

dover perdere tempo a combattersi. I pennivendoli continuano a onorare il loro ruolo, dando il meglio (ossia il peggio) di quanto non fossero capaci, perché è nelle partite più importanti che ci s'impegna di più. Le persone da sempre sagge e per bene continuano a esserlo anche ora, avvertendo la necessità di produrre ogni sforzo per combattere tanto il male oscuro quanto gli sciacalli che in presenza di esso escono allo scoperto. Si può non essere sostenitori dell'attuale Governo - e di certo non lo è l'autore di questo articolo - ma è davvero troppo scoprire che uno tra i più famosi avvocati italiani abbia addirittura denunciato Conte e i ministri, definendoli "criminali". Peccato che a suo tempo tentò di farsi strada nel M5S, restando praticamente ignorato, legandosela al dito. Ecco l'occasione per vendicarsi, facendo riaffiorare dai meandri della memoria quel tizio statunitense che, tanti anni fa, denunciò DIO per "negligenza contro il Creato", non avendo impedito il determinarsi di un tornado che causò molti danni alle sue proprietà terriere e abitative. GUERRA INASPETTATA. GUERRA PREVISTA. Un dato importante accomuna la maggioranza dei cittadini - almeno in Europa - nati dal 1945 in poi: pensavamo di non dover mai conoscere, direttamente, l'orrore di una guerra. Vi è una bella differenza, infatti, tra il vedere in Tv quelle altrui e percepire sulla propria pelle le tensioni e le paure di una guerra vista da vicino o combattuta in prima persona. Ci ha pensato la pandemia globale a smontare questo convincimento, proiettandoci in quella che, di fatto, è una vera guerra, tra l'altro ampiamente prevista da uno degli uomini più in gamba audacia temeraria igiene spirituale di questo pianeta, Bill Gates, che già nel 2015 si produsse nella seguente predizione: "La prossima guerra che ci distruggerà non sarà fatta di armi ma di batteri. Spendiamo una fortuna in deterrenza nucleare, e così poco nella prevenzione contro una pandemia, eppure un virus oggi sconosciuto potrebbe uccidere nei prossimi anni milioni di persone e causare una perdita finanziaria di 3.000 miliardi in tutto il mondo". Un doppio augurio deve seguire questo monito: il primo riguarda l'aggettivo "prossima", che si spera non riguardi questa pandemia; il secondo è la creazione dei giusti presupposti affinché il monito risulti fallace anche in futuro. È possibile, certo, ma dobbiamo guardare ancora meglio dentro noi stessi e correre ai ripari: ciò che sta emergendo, infatti, non lascia presagire nulla di buono. Bene e male vanno scandagliati con particolare attenzione: non è solo il male che fa paura ma anche l'insipienza di un bene ricercato con metodi donchisciotteschi. In psicologia e in filosofia lo studio dedicato alla cattiveria, al cinismo, alla crudeltà umana, sovrasta di molto quello dedicato al "bene", concepito nella sua accezione più ampia, perché si ritengono le dinamiche connesse alle distonie dell'essere molto più complesse da analizzare. È vero, ma in questo articolo partiamo proprio dai "cattivi" e dai "cinici": non dovendoci addentrare in articolate disamine analitiche, risulta davvero facile chiudere il discorso che li riguarda. Possiamo definire tranquillamente cinici e cattivi tutti coloro che, con una sfrontatezza che


SCENARI

talvolta sgomenta, predicano l'accettazione tout-court dello stato di fatto, pur di non compromettere "l'economia", "la finanza", "i guadagni". Con una logica che si riferisce, tra l'altro in modo distonico, a un presunto concetto evoluzionista, per costoro è normale ed accettabile che muoiano milioni di persone purché non si fermi l'economia globalizzante. I più forti e i più intelligenti, sostengono, riusciranno a convivere con il cambiamento e vivranno, "proprio come diceva Darwin", chiosano. Evidentemente si includono tra i "più forti e i più intelligenti", sentendosi semidei quasi immortali. Ignorano, però, che la famosa frase a Darwin attribuita, da Darwin non sia mai stata pronunciata! Per queste persone non serve sprecare troppo spazio: semplicemente non vanno presi in considerazione, a prescindere dal loro ruolo, essendo sostanzialmente degli psicotici bisognosi di cure. Più importante, invece, è l'analisi comportamentale di coloro che si approccino alla problematica con animo nobile, senza distorsioni esistenziali, ritenendo la vita il bene primario da tutelare a ogni costo, a prescindere dall'età. Rivolgendo, quindi, il doveroso e sentito plauso a medici, infermieri, forze dell'ordine, militari, volontari e a chiunque combatta in trincea, mettendo a repentaglio la vita per tutelare quella altrui, e talvolta perdendola, soffermiamoci su chi abbia la responsabilità di decisioni importanti e si batta sul fronte politico per individuare soluzioni ottimali in grado di sopperire all'emergenza pandemica senza generarne un'altra di natura economica. L'argomento agli onori della cronaca riguarda la guerra interna tra gli stati europei sul MES (meglio noto come "fondo salva stati", che gli stati in difficoltà, però, affossa) e sull'emissione degli "eurobond", fortemente richiesta dal governo italiano. Gli eurobond sono titoli di credito che consentono di raccogliere denaro per "prestarlo" ai paesi in particolare difficoltà economica, garantiti da tutti gli stati membri dell'UE in maniera congiunta: se uno stato, infatti, non riuscisse a pagare il suo debito, esso sarebbe ripartito equamente tra tutti gli altri. Bella cosa, in effetti, in termini teorici, essendo ascrivibile a un concetto solidaristico: la solidarietà è sempre auspicabile. Fatto sta che paesi come Germania, Olanda, Danimarca, che si autodefiniscono "virtuosi", (sarebbe un off topic illustrare in questo articolo la vacuità del termine, ma l'argomento è comunque interessante), non ne vogliono proprio sapere di rischiare di dover pagare i debiti dell'Italia, che considerano, evidentemente, inaffidabile. Sospettano quello che nel gergo comunitario si definisce "rischio morale": noi italiani - secondo Merkel e compagni di merende - potremmo decidere di aumentare il debito in modo irresponsabile, nella consapevolezza di non doverne pagare il fio. Senza tanti giri di parole va detto che, in un momento come questo, si può solo condannare con sdegno siffatto atteggiamento di chiusura, che palesa una buona dose di cinico egoismo. Si deve considerare, tuttavia, che è la sindrome del Titanic che esplode quando si senta suonare la campana del "si salvi chi può", almeno per la maggioranza delle persone. Ne abbiamo parlato più volte, ma giova ricordare che vi sono cause recondite alla base delle profonde divergenze tra i vari Paesi europei, apparentemente insanabili, perché investono aspetti culturali prima ancora che economici.

7


SCENARI

8

La mancanza di una vera coscienza europea, infatti, crea una spaccatura sostanziale tra Paesi cattolici e Paesi protestanti. Max Weber, nell'opera "L'etica protestante e lo spirito del capitalismo", spiega molto bene l'essenza del capitalismo intriso di spirito calvinista, in virtù del quale i valori extra economici sono del tutto trascurabili o per nulla percepiti. Il profitto viene considerato un segno della grazia divina mentre il povero è escluso dalla grazia di Dio per i suoi peccati. Il cattolico prega per ottenere qualcosa. Il protestante ringrazia Dio per ciò che ha ottenuto, non importa come. Nel capitalismo, come noto, le perdite di un soggetto (persona fisica o giuridica) si trasformano in un guadagno per altri. Ne consegue che un'Italia "in rotta" rappresenta un bottino appetibile per i più forti. Noi siamo i poveri peccatori, non meritevoli della grazia di Dio, proprio come i greci, dissanguati dalle azioni spietate dei cinici burocrati di Bruxelles. Il dato di fatto più importante che emerge, quindi, evidenzia i limiti di un provvedimento solo apparentemente caratterizzato da nobili intenti, nonché l'inconsistenza dell'attuale Unione Europea, sistematicamente incapace di fronteggiare, in modo efficace e valido per ciascun Pese membro, qualsivoglia emergenza a livello continentale, quale che ne sia la matrice: politica, economica, militare, sanitaria. L'attuale Unione Europea, pertanto, è una palla al piede degli stati nazionali, soprattutto di quelli meno forti economicamente. Ben altra cosa - repetita iuvant - sarebbero gli "Stati Uniti d'Europa", che ci vedrebbero tutti accomunati sotto un'unica bandiera, con un governo e un parlamento in grado di decidere a livello continentale le strategie più consone alla tutela del bene comune e le forze sociali culturalmente evolute impegnate in una costante e valida azione formatrice, protesa a audacia temeraria igiene spirituale consolidare progressivamente una vera coscienza europea e a far comprendere i limiti e la 2 dannosità del capitalismo e del liberismo . Impresa ardua e necessitante di tempi lunghi, ma senza valide alternative, eccezion fatta per quelle tristi. In mancanza di questa stupenda istituzione, infatti, che vive solo nei sogni dei "veri" europeisti, è bene incominciare a prendere seriamente in considerazione la possibilità di troncare un legame che risulta oltremodo penalizzante. Come si fa a stare insieme con chi non si fidi di te e nel momento del bisogno invece di darti una mano ti spinge ancor più nel baratro? E' inutile tergiversare ipocritamente, all'insegna di una presunta armonia comunitaria: è come passare delle pennellate di vernice su una parete che assorba sistematicamente dell'acqua, senza porre rimedio all'infiltrazione. COME DOVREMO ESSERE Tutto ciò premesso, vi è una ulteriore considerazione da fare. Per salvare l'economia minacciata dalla pandemia e dare ossigeno a chi si fosse trovato da un giorno all'altro senza fonte di reddito, non servono gli eurobond, che tra l'altro non ci danno: serve un cambiamento radicale di mentalità da parte di coloro che siano in grado, in virtù delle proprie ricchezze, di elevare le condizioni di vita di chi annaspa. Non bastano le elargizioni, anche cospicue, per tacitare la coscienza: quelle servono solo per farsi un po' di pubblicità a buon mercato.


SCENARI

Occorre mettere a disposizione del Paese una quota parte delle proprie ricchezze in modo da incidere "radicalmente" sulla povertà, quella con radici antiche e quella generata dalla pandemia, in virtù di un radicale convincimento "interiore", un ribaltamento totale del proprio essere, senza che si rendano necessarie leggi ad hoc (patrimoniale), che sarebbero automaticamente osteggiate dai destinatari: si respinge sempre ciò che viene imposto, se non lo si ritiene giusto, e si fa di tutto per non ottemperare al rigore della legge. Ecco perché è molto più importante lavorare sulle coscienze. Gli evasori fiscali smettano di evadere e versino ciò che hanno indebitamente trattenuto; i ricchi inizino ad aiutare "seriamente"; le multinazionali smettano di alterare il sano equilibrio tra costi di produzione e 3 prezzo finale , immettendo sul mercato prodotti con prezzi assurdi e sproporzionati; i politici smettano di rubare e sopperiscano con iniziative valide alle scellerate azioni dei decenni passati, che hanno massacrato il paese in ogni campo, a cominciare da quello sanitario, in virtù della frammentazione regionale. La si smetta di sprecare denaro per opere inutili e si operi coscienziosamente "solo" nell'interesse del bene comune. Lo scorso 9 aprile, sul fiume Magra, tra Toscana e Liguria, è crollato l'ennesimo ponte e solo per miracolo non si è registrata l'ennesima tragedia. Un disastro annunciato, come testimoniano le numerose segnalazioni di tanti automobilisti, ma per l'ANAS, responsabile della gestione, il ponte non presentava nessuna criticità! Con le crepe ben evidenti e più volte fotografate! Altri gestori di strade e autostrade, con analoga superficialità, si sono resi responsabili della morte di tante persone e ancora non è stata loro revocata la concessione! Il processo di cambiamento radicale - è chiaro - dovrebbe estendersi oltre i confini nazionali, per produrre azioni davvero efficaci. Non è più possibile tollerare che ventisei individui posseggano 4 la ricchezza di quasi quattro miliardi di esseri umani e che il 20% della popolazione che vive nei paesi ricchi consumino l'80% delle risorse naturali disponibili, contribuendo in modo massiccio al degrado del Pianeta. Questi rapporti devono cambiare, così come devono cambiare le logiche che avviliscono il continente africano, ossia un insieme spaventoso di "bombe a orologeria" in parte già scoppiate e in parte pronte a scoppiare. Le case farmaceutiche smettano di speculare sulla salute della gente, corrompendo medici e politici: si giunga a un protocollo mondiale della farmacologia che consenta di individuare il miglior farmaco per ogni patologia, condividendo studi e ricerche. I farmaci devono aver lo stesso costo, il più basso possibile, dappertutto! Siccome prevenire è meglio che curare, suoni subito l'allarme: le multinazionali dei farmaci potrebbero vedere nella pandemia una nuova manna dal cielo, da sfruttare sollecitando l'adozione di protocolli utili solo a far crescere a dismisura gli utili. Lo scorso 6 aprile, per esempio (absit iniuria verbis), il segretario del PD e presidente della regione Lazio Zingaretti ha dichiarato testualmente: "Stiamo valutando per il prossimo anno nel Lazio di rendere obbligatorio il vaccino contro l'influenza a tutti gli over 65, a chi lavora nella sanità e in altre categorie di lavoro più esposte. Pensiamo a circa 2,5 milioni di persone. In autunno rischiamo una seconda ondata di coronavirus.

9


10

SCENARI

Se una parte importante della popolazione sarà vaccinata contro la comune influenza, i medici potranno riconoscere i sintomi del Covid in maniera più tempestiva per fermare la diffusione. E non ci sarà sovrapposizione di malati negli ospedali". Il virologo Fabrizio Pregliasco, però, già il 14 febbraio si era espresso in merito, dichiarando testualmente in un programma televisivo: "E' falso che il vaccino protegga dal coronavirus, ma serve a ridurre la paura". La verità è nota solo agli esperti, forse: venga fuori senza ciniche speculazioni. Il covid 19 ha stravolto le nostre vite e sta provocando quotidiane tragedie in tante famiglie. Vogliamo capire, finalmente, che è giunta l'ora di cambiare registro in modo radicale? Si incominci a scoprire la bellezza di essere utili al prossimo, accogliendo in pieno l'esortazione di Papa Francesco che, nel giorno di Pasqua, ha strigliato a dovere l'Unione Europea e i potenti del mondo. Le sue parole, infatti, sia pure intrise di quel tatto diplomatico imposto dall'alto e delicato ruolo, non lasciano adito a errate interpretazioni. Ai burocrati di Bruxelles ha detto chiaramente: "Oggi l'Unione Europea ha di fronte a sé una sfida epocale, dalla quale dipenderà non solo il suo futuro, ma quello del mondo intero. Non si perda l'occasione di dare ulteriore prova di solidarietà, anche ricorrendo a soluzioni innovative. L'alternativa è solo l'egoismo degli interessi particolari e la tentazione di un ritorno al passato, con il rischio di mettere a dura prova la convivenza pacifica e lo sviluppo delle prossime generazioni. Non è questo il tempo delle divisioni. Non è questo il tempo degli egoismi, perché la sfida che stiamo affrontando ci accomuna tutti e non fa differenza di persone". Non avrebbe potuto essere più incisivo ed esplicito, ovviamente, perché altrimenti sarebbe incorso in una eccessiva ingerenza nella sfera politica, ma nelle sue parole si legge chiaramente il senso recondito: o l'Unione cambia o muore. E il cambiamento deve essere radicale. La frase finale, con la quale conferisce una sorta di azione livellatrice alla pandemia, risponde più a un'esigenza esortativa che non alla effettiva realtà, ma di questo argomento parliamo nell'articolo "Il male americano". A tutti gli uomini, poi, soprattutto ai potenti e ai ricchi, Papa Francesco ha ricordato che non è questo il tempo dell'indifferenza: "Non siano lasciati soli questi fratelli e sorelle più deboli, che popolano le città e le periferie di ogni parte del mondo. Non facciamo loro mancare i beni di prima necessità, più difficili da reperire ora che molte attività sono chiuse, come pure le medicine e, soprattutto, la possibilità di adeguata assistenza sanitaria. (Bella botta agli USA; rimando ancora all'articolo "Il Male americano", ndr). In considerazione delle circostanze, si allentino pure le sanzioni internazionali che inibiscono la possibilità dei Paesi che ne sono destinatari di fornire adeguato sostegno ai propri cittadini e si mettano in condizione tutti gli Stati di fare fronte alle maggiori necessità del momento, riducendo, se non addirittura condonando, il debito che grava sui bilanci di quelli più poveri". Discorso "rivoluzionario", che suggella autorevolmente il nuovo corso auspicato dall'autore di questo articolo. Se restasse inascoltato e all'attuale tragedia non seguisse una vera rivoluzione comportamentale, dovremmo davvero sancire l'indissolubilità del famoso concetto espresso da Primo Levi, in una sua celebre opera: se questo è l'uomo e non cambia, è la fine.


SCENARI

Ma così non deve essere. Un grande pensatore, il cui nome non serve ribadire ai dotti lettori di Confini, sosteneva che l'uomo dà il meglio quando si trovi ad affrontare enormi difficoltà. Il dolore strazia, ma allo stesso tempo forgia e tempra i caratteri, essendo un ottimo maestro, almeno per coloro che non si annullano nel vittimismo, incolpando il destino per ogni avversità. Questi concetti furono magistralmente riassunti in un celebre aforisma: "Bisogna avere un caos dentro di sé per partorire una stella danzante". Possa davvero partorire, questa caotica crisi planetaria, una stella danzante che illumini il mondo e soprattutto le coscienze di chi lo popola. E' l'unico modo per andare avanti, di caos in caos, sempre più preparati. Lino Lavorgna

NOTE 1) 9 marzo 2020 - Video pubblicato nella pagina Facebook, ora cancellato: "Ma chi di voi sta male veramente sui milioni che siamo in Italia quei poveretti che prendono la polmonite stavano male, sarebbero stati male comunque anche senza coronavirus del cazzo, il quale attende solo un po' di caldo per morire perché è talmente potente che a 26 gradi muore. Tu bevi un tè caldo ed è già morto. Ma che cazzo di virus è? Ma qual è questa peste? Ma perché dobbiamo convincere gli italiani che la loro vita è cambiata? Non escono di casa, non vanno al cinema. Io vorrei dirvi io giro ovunque. Le uniche zone che mi attraggono sono le zone rosse. Io vorrei andare a Vo', a Codogno, Bergamo, Lodi. Se questi ministri dicono che c'è il virus non credeteci, sono degli incapaci totali. Zucche vuote e capre. Il capravirus ha preso i loro cervelli. Chiudete tutte le televisioni e guardate dei video pornografici: in quei video c'è più verità. Certo, se uno lo prende nel culo fa male. Il coronavirus è come prenderlo nel culo. Tra 15 giorni sarà finito tutto. Però intanto ci hanno spiegato che dobbiamo essere prudenti, fermi così come dei coglioni chiusi in casa a letto. Bene! Se siete a letto, alzatevi, andate in giro, andate a Codogno, andate a vedere. Se si riunisce il consiglio dei ministri, chiudiamoli dentro e mettiamo il gas, così ci sarà un'epidemia". 2) Vedere "CONFINI", Nr. 81, dicembre 2019: "L'oppressione liberale". 3) Vedere "CONFINI" Nr. 78, settembre 2019: "Glebalizzazione", pagine 10-16. 4) Fonte: "Il Sole 24 ore", 21 gennaio 2019.

11


12

TEMA DI COPERTINA

NOI SIAMO I GIUDICI Il concetto greco di chaos non è identificato come l'inizio, come archè, bensì come egheneto, cioè come un qualcosa che si è realizzato, ovviamente subito dopo un principio: in sostanza, non esiste da sempre ed è meglio specificato come una voragine, un luogo oscuro della materia rozza e informe al quale solo un nuovo principio, ovviamente superiore, la 'Mente' o il 'Demiurgo', può attingere per la formazione del mondo ordinato: il Cosmo. Ecco, l'ho detto. Lo so, l'ho presa un po' larga ma tale concezione mi sembra perfettamente sovrapponibile alla nostra situazione attuale: non esisteva da sempre, si è determinata dopo un avvio e, per porvi rimedio, occorre un esordio prevalente, dominante, migliore. Già. L'avvio che per quanto ci riguarda non è avvenuto dalla sera alla mattina, al di là dell'ignaro soggetto n. 1 che non si sa se sia arrivato dalla Cina o se, insieme alle autovetture, lo abbiamo importato dalla Germania oppure se, in un ospedale del Nord, sia stato 'catturato' notte tempo da oscuri figuri in tuta antibatterica. No. L'avvio si è determinato quando abbiamo ritenuto che della natura potevamo fregarcene e, insieme ad essa, già che c'eravamo, potevamo fregarcene anche dell'uomo. Oddio! Suona un po' aulica ma tant'è. Potrei concludere così lasciando all'interpretazione di ognuno i concetti toccati, certa che si possa trovare per ciascuno di essi una facile identificazione e un agevole riscontro. Potrei, ma un po' per celia e un po' per non morire, come Giacosa fece dire alla Butterfly o come Petrolini titolò la sua autobiografia, mi priverei dell'immersione nella tristezza che mi accompagna ormai da circa un mese e alla quale non voglio rinunciare. Mi coccola, lenisce i pensieri funesti, frena l'irruenza irrazionale e mi stimola ad esternare il mio stato d'animo cercando una maniera coerente, a volte puntigliosa, per farlo. Il che non è facile perché, a parlare di caos, il pensiero corre alle disastrose situazioni attuali dove è successo e sta succedendo di tutto: dalla sottovalutazione del problema all'ipervalutazione, da frontiere totalmente aperte a semichiuse, a sbarrate, dal conflitto di poteri tra governo regionale e quello centrale all'accavallamento delle disposizioni anche conflittuali tra loro o ad interpretazione discrezionale; dall'emanazione di ben cinque differenti testi di autocertificazione al giudizio ad libitum del controllore sulla fondatezza o meno della dichiarata destinazione; dagli intempestivi controlli sulle strade ai posti di blocco chilometrici. Le mascherine, poi, meritano un discorso a parte: dalla più totale irreperibilità nonostante l'obbligo, alla indeterminata disponibilità (le ho inutilmente prenotate alla mia farmacia da due settimane), alle dotazioni gratuite in alcune Regioni; dall'obbligo di indossarle anche all'aperto in Lombardia e in Toscana ad un più discrezionale uso nel resto del Paese.


TEMA DI COPERTINA

I tamponi, inoltre, è un giallo tutto da scrivere. Della CONSIP, che dovrebbe provvedere agli acquisti pubblici, se ne dovrebbe fare un testo dedicato perché, da quanto si è appreso dalla stampa, saremmo alle prese, da un lato, con astrusi bandi di gara che sembra abbiano rallentato oltremisura la fornitura di materiale sanitario tra cui le mascherine, appunto e, dall'altro, con discutibili assegnazioni di commesse. E che pensare della emersa differenza abissale delle attrezzature sanitarie tra il Nord e il Sud, spiattellata addirittura dai TG di prima serata e da folcloristici talk-show di approfondimento, con annessa informazione di faraoniche, costosissime attrezzature lasciate a marcire per incuria? E, poi, diciamolo, l'entrata in stallo e le singolari performances del 'cervellone' dell'INPS potrebbero anche far sorridere se non fosse da piangere. Da ultimo, infine, sembra che l'onda lunga della paranoia stia sommergendo ogni briciolo di razionalità: i componenti del governo impazzano tra l'indicazione fumosa della cosiddetta 'Fase Due' che apre il cuore alla speranza e la proroga articolata del confinamento che apre la mente alla depressione Ma il caos non è solo determinato dai fatti, in parte contingenti, che si sono succeduti in quest'ultimo mese e mezzo ma anche dalla vasta pluralità di situazioni personali per le quali non può esserci soluzione a breve: mi riferisco alla confusione emotiva degli anziani impauriti e soli, che quotidianamente aggravano le lunghe file ai supermercati pur di avere, benché a distanza, un contatto umano; dei disoccupati per i quali, tranne rare eccezioni, non c'è provvidenza, oggi impossibilitati più che mai a cercare un lavoro; dei lavoratori abitualmente in nero che, per quanto criticabile sia il loro stato, oggi privi di ogni forma di sostentamento; degli stessi lavoratori in regola, soprattutto in famiglie monoreddito, in attesa spasmodica della cassa integrazione. E, del resto, buona parte dei lavoratori autonomi e piccoli imprenditori non stanno psicologicamente ed economicamente meglio: non saranno i 600 euro, comunque benaccetti, a rassicurarli sul futuro della loro attività perché si rendono purtroppo conto non solo che la ripresa è lontana ma anche che questa, una volta intervenuta, vedrà irrimediabilmente cambiati parametri economici e sociali, scelte familiari e abitudini personali. Ed ancora. Non è neppure immaginabile il tormento psicologico che possono subire le persone affette dalle più disparate patologie, alcune delle quali terrorizzate dall'entrare in un qualsivoglia ospedale, nella maggior parte operativi solo in regime di emergenza e fonti di possibile contagio, senza che i familiari possano visitarli, e altre che vorrebbero entrarvi al più presto, soprattutto per prestazioni chirurgiche urgenti, costrette a rinviare per indisponibilità di sale operatorie. A dar retta alla stampa, siamo ad oltre 500.000 interventi rinviati, soprattutto per fare spazio alle aree di terapia intensiva da covid-19. E ancora. Pensiamo a coloro che hanno fissato la data di nozze poco più di un mese fa ed oggi navigano in un elevato stato confusionale fatto di prenotazioni saltate, viaggi annullati, abiti appesi. Pensiamo alla tensione degli amanti. E, dopo aver riflettuto sulla vita, pensiamo alla solitudine della morte: ammesso che si riesca a celebrare un funerale, la presenza massima ammessa è di cinque persone e, in conseguenza, proviamo a considerare la ridda delle emozioni di congiunti e consanguinei esclusi dalle esequie.

13


14

TEMA DI COPERTINA

In sostanza, la vita che conoscevamo è esplosa in una rosa caotica di sfaccettature che suscita nell'animo delle persone una lacerante indeterminazione, costantemente aggravata, per giunta, dalla disinvolta irrequietezza dei sistemi d'informazione. Arrivo a capire la comunicazione sull'andamento della pandemia nel territorio nazionale, regionale, comunale, sulle disposizioni delle istituzioni giurisdizionalmente competenti, e su quanto di altro utile a contenere al massimo le possibilità di contagio. Così come comprendo le comunicazioni inerenti gli interventi economici che i poteri istituzionali assumono a sostegno temporaneo nonché riguardanti le modalità per ottenerli. E, certamente, colgo l'importanza dell'informazione sull'andamento della pandemia nel mondo e sulle scelte e decisioni estere. Ma ciò che non riuscirò mai a comprendere è la spigliata, a personale avviso irresponsabile, gestione del palinsesto. Da un po' di tempo a questa parte, è invalso l'uso del tono catastrofico, terrificante, per richiamare attenzione. Ora, questo può essere ammesso, ad esempio, per le applicazioni meteo dello smartphone che veicola pubblicità o per le testate giornalistiche, insidiate nelle vendite e nel budget pubblicitario dalla TV e dal Web, ma nel sistema audio-visivo, soprattutto pubblico, non c'è ragione di tutto ciò. E anche quando la notizia riportata con tanto d'immagine è vera, al dì là del surrettizio diritto all'informazione di quale utilità può essere mostrare, ripetutamente, decine e decine di bare allineate e impilate in attesa di essere caricate su camion, con tanto di accorati commenti che le strutture cimiteriali della zona sono al collasso, col risultato di accrescere la caotica apprensione? Oppure passare con enfasi la notizia che dato l'alto numero dei morti, non ricordo più dove, si sta pensando di cremare i corpi, mostrando immagini di forni crematori che vanno a tutto regime? E perché non le fosse comuni con la calce viva? Almeno, accanto a devastanti immagini, nello zapping si trova sempre un esilarante virologo che, quando non contraddice sé stesso, si scontra con altri virologi sulla portata morbosa del covid-19 che va da poco più di un raffreddore ad una polmonite fulminante, col risultato di accrescere l'incoscienza o l'ansia, a seconda della trasmissione seguita. Infine, del 'saggio' parere sulla gestione della pandemia di attricette, presentatrici, show-girl, giornaliste, funambole del trapezio e equilibriste sulla corda, ne potremmo fare a meno perché, almeno, non si incrementerebbe l'incazzatura. E … dulcis in fundo, non possiamo passare sotto silenzio l'Europa. Credo che mai come ora l'Europa si sia sforzata di dimostrare la sua inutilità. Eppure, credo fermamente che non sia così ma resta il fatto che i reggitori delle istituzioni comunitarie si sono davvero impegnati stavolta per avvalorare la loro inconcludenza. Prima il silenzio di fronte alla desolazione economica e sociale prodotta dal virus, poi qualche timido accenno sugli aiuti e, infine, la diatriba perdurante per settimane su quale strumento adottare per intervenire. Io resto dell'idea che l'Europa serva ma certo è che è dura sostenerlo. La Lagarde, poi, penso non abbia ancora capito di non essere più alla guida del F.M.I. bensì della BCE e che la politica monetaria nell'area Euro le compete. I suoi iniziali inviti, dopo giorni di inconcepibile silenzio, hanno dell'incredibile: "sbrigatevi ad agire se non volete trovarvi di fronte ad un altro 2008". E le Borse, già schizofreniche per loro conto, sono andate a picco.


TEMA DI COPERTINA

Ma anche le ultime dichiarazioni non sono da meno: "Situazione senza precedenti, ripercussioni impossibili da prevedere esattamente". Ma, dai! Dobbiamo riconoscerlo. Nulla c'è mancato e ci manca in quanto ad acceleranti del caos generale e di quello psicologico personale. Non voglio buttare tutta la croce addosso all'attuale governo anche se ha lasciato e sta lasciando molto a desiderare. Ma certo è che una parte del problema nasce nei due passati decenni quando, nonostante il battage di Mani Pulite, abbiamo consentito che la corruzione, polverizzata, allignasse nei gangli amministrativi, che la sanità fosse materia a discrezione delle Regioni, che la ricerca fosse appannaggio esclusivo del privato, che la 'ricchezza' si accumulasse in sempre minori mani, allargando a dismisura l'area della povertà. Non c'è stata programmazione su alcunché, nessun protocollo su ipotetiche situazioni del genere che pure cinque anni fa, stando alla TV di Stato, hanno interessato addirittura i servizi tedeschi e americani. E non c'è nemmeno stata una politica comunitaria degna di questo nome che, tra l'altro, abbia reso giustizia all'Italia non solo quale Paese co-fondatore della CEE ma anche come uno dei Sette Grandi della Terra. Negli ultimi 25 anni, poi, tutto ciò che era stato costruito in precedenza abbiamo accettato che fosse abbattuto: dalla dignità della persona allo Stato Sociale, dalla cultura del lavoro al decoro del lavoratore, dagli ideali di un popolo ai valori della società. L'abbiamo accettato per ritrovarci impauriti, poveri, incazzati e fobici, arrivando al punto di stupirci quando vediamo l'abnegazione del personale sanitario e l'opera del volontariato sociale, dopo tanta generale indifferenza. Quindi, non faccio carico all'attuale governo del pregresso (anche se, al suo interno, ci sono i 'figli' degli operatori dello sfascio) ma l'unica cosa che al momento da lui mi aspetterei, accanto ad una più efficace organizzazione (siamo ad oltre un mese dal confinamento), è la serietà d'intenti perché, quando il lockdown sarà finito, dovremo ricostruire nella speranza di non operare totalmente su macerie. Intanto, l'affidabilità sui promessi interventi economici che, invece, tardano e non c'è una data attendibile sul loro arrivo. Inoltre, una posizione ferma nei confronti dell'Unione. Nella buriana attuale, mettersi a 'giocare' con tre ipotetici fondi dall'uso fantasioso e poi rinviare il tutto al 23 aprile prossimo, mi sembra la risposta più inadeguata e ingiusta che si poteva ipotizzare. E, nel dramma odierno, non è assolutamente giustificabile. Forse i Capi di Stato e di Governo dovrebbero prendere ad esempio la F.E.D. americana che, nella patria del liberal-capitalismo, mette sul piatto senza 'giocare' ben 2.300 miliardi di dollari a sostegno dell'occupazione e dell'economia. Ma se, invece, decidessero di non farlo, se si stabilisse di praticare un trattamento differenziato da Paese a Paese, se concludessero di continuare la pantomima di questi giorni, non ci potrà essere più alcuna giustificazione, per quanto vibrata, sull'utilità di quel (pseudo) sodalizio. Peraltro, poiché non può bastare la dichiarata 'ira di Di Maio', ritengo che una grossa metaforica bacchettata vada data alla Germania perché non c'è tedesco che impunemente possa affermare, come ha fatto il Die Welt, che 'la Mafia sta aspettando i soldi europei', probabilmente sottintendendo che è questo il motivo della riottosità comunitaria ad accogliere le proposte

15


16

TEMA DI COPERTINA

italiane. Forse, e parlo sulla scorta eufemisticamente di una forte contrarietà , sarebbe il caso di ricordare a quel Paese quanto vale per lui nei rapporti commerciali l'Italia senza la quale avrebbe magazzini e piazzali pieni; e per farlo basta vedere sul web i dati della bilancia dei pagamenti, in termini assoluti e comparati con altri Stati. Mi fermo qui. Non sono un'ottimista ad oltranza ma sono certa, lo sento, che ne verremo fuori. E, come una sorta di nuova fenice, riusciremo nuovamente a volare. Ma una volta decollati, l'unica cosa che non dovremo fare è dimenticare il passato e farne tesoro, per giudicare, per premiare e punire e per chiedere. Roberta Forte


TEMA DI COPERTINA

CAOS, PERCHE’ MAI? E si, è proprio un caos mondiale! CAOS, descrizione oggettivamente appropriata per l'attualità anche se intrinsecamente bivalente. Infatti : 1) nella Teogonia di Esiodo "entità primigenia", ergo potenzialità del tutto, 2) nel corrente senso figurato, piuttosto "disordine o disorientamento tumultuoso, confusione senza uguali". Caos può pertanto essere, da un lato, potenzialità pura e, dall'altro, il suo esatto contrario, cioè una realtà auto-identificantesi in assoluto, erratico disordine. La storia della umanità è piena di innumerevoli esempi di Caos del secondo tipo cioè di incontrollato, erratico disordine: invasioni barbariche, nefaste pestilenze, lanzichenecchi vari, cruente rivoluzioni, guerre mondiali, cataclismi naturali e chi più ne ha più ne metta. Oggi ci tocca una pandemia da cosiddetto coronavirus. Marcate differenze con analoghi precedenti del passato? A prima vista - a parte la dimensione planetaria, tipica peraltro di un mondo globalizzato - non sembrerebbe. E poi, al momento, trattasi ancora di Caos "calmo". Un tempo il Caos soleva colpire in particolare una determinata area o regione, oggi invece il suo campo di azione può estendersi minuziosamente all'intero pianeta (congratuliamoci quindi di essere almeno riusciti ad evitare il caos atomico durante la cosiddetta "guerra fredda"). Con l'attuale coronavirus sembrerebbe trattarsi, almeno per ora, di differenze con il passato soltanto quantitative e non prettamente qualitative (dopo tutto, il "Covid 19" non è altro che una - per quanto inedita - pericolosa, contagiosissima malattia come le tante altre in grado di condurre ad una brutta morte). Domanda: "ma allora non vi sarebbe sostanziale differenza rispetto ad altri "caos" già vissuti dall'umanità? Risposta: "niente affatto, la differenza c'è ed è enorme ed è data dall'attuale contesto socioculturale dell'umanità su cui tale caos si è abbattuto". In passato il Caos piombava infatti altrettanto improvviso, ma su società che, volenti o nolenti e chi più o chi meno, erano abbastanza attrezzate a sopportarlo in quanto "culturalmente" meglio predisposte a metabolizzarlo pur se attraverso svariati modi dalla diversificata efficacia. In particolare, aveva, si, luogo il determinato disastro, ma non procurava inimmaginati sbalordimenti. L'imprevisto, la sventura, la sofferenza, il sacrificio, la privazione, il dolore, la morte facevano infatti parte di accettate prospettive esistenziali tramandate da generazione in

17


18

TEMA DI COPERTINA

generazione in contesti storico/culturali i cui sacerdoti officianti (e depositari di antidoti morali e/o religiosi) erano da sempre gli anziani, ovvero i cosiddetti NONNI. Invece nell'attuale, statico (se si esclude il parossistico dinamismo di una tumultuosa crescita tecnologica) PRESENTE senza memoria e quindi senza consapevolezza "storica" tutto sembra sempre avvenire "per la prima volta". Ciò che accade di negativo è, ahimè, sempre foriero di incredula, frastornata sorpresa, per la serie: "ma è mai possibile tutto questo pandemonio?" "è giusto che ciò accada proprio a ME, ora?" "è incredibile che io non possa riuscire ad autoescludermi da tale disastro", "maledizione, questo scenario non era assolutamente previsto nella generale economia della mia codificata esistenza e quindi: tradimento, tradimento… aiuto, aiuto!". Inoltre, quando nel passato la tragicità della situazione sembrava precludere qualsiasi ragionevole via d'uscita, una consapevolezza fideistica (o, per lo meno frutto di ragione o tutto al più vagamente auspicata) della prospettiva di una qualche continuità ultraterrena aiutava a proteggere da una "disperata disperazione". Ma al giorno d'oggi come siamo messi ? Va premesso che, come peraltro è ben risaputo, per il completo trionfo di una globale, materialistica economia di mercato come l'attuale, sia stato fondamentale che - come accaduto almeno dal secondo dopoguerra ad oggi - la Storia e la Tradizione non insegnassero più alcunché, che tali forme di cultura non fornissero più termini di riflessivo paragone valutativo, che un consumismo acritico diventasse l'unico metronomo della vita quotidiana e che, inevitabile conseguenza, i vecchi venissero del tutto esautorati (per alcuni attuali monopolistici padroni del vapore socio-economico planetario il coronavirus starebbe peraltro compiendo meritoria opera di bonifica sociale eliminando gli anziani considerati ormai zavorra dell'umanità). E quindi, che dire dei nonni (oggetto dell'attuale, drammatica falcidia epidemiologica)? A cosa sarebbero invece utilissimi proprio i nonni nell'attuale, drammatico momento di crisi "esistenziale" da coronavirus? A molto, a moltissimo, a condizione però che ci si intenda chiaramente sul concetto di "antenato" e per cui, a questo punto vengo a chiedere venia per la seguente, estemporanea digressione, appunto sui NONNI: "I genitori viventi degli odierni padri e madri (appunto i nonni di oggi) hanno mediamente un'età dai settanta agli ottanta anni con la rara eccezione di qualche novantenne. Tutti nati quindi nell'immediato dopoguerra (intorno alla metà degli anni '40 del secolo scorso). Troppo "recenti" per essere considerati veri nonni, diciamo classici e da "Servizio Permanente Effettivo". Generalmente essi non hanno conosciuto in prima persona l'ultima guerra ed inoltre avevano, ahimè, vent'anni nel 1968 (età perfetta per essere purtroppo facilmente contagiati da quel distruttivo "sessantottovirus" sfuggito - tanto per restare in odierno tema di pandemia - dai fumosi, tricologici laboratori della planetaria contestazione giovanile dell'epoca. Mi auguro tuttavia che qualche residuale valore di saggezza culturale possa essersi salvato in quanto gli attuali nonni sono, al contempo (e questo in qualche modo li salva), quegli anziani


TEMA DI COPERTINA

contemporanei i cui relativi genitori avevano invece ben vissuto e subìto, nella prima metà del secolo scorso, dittatura e guerra ed affrontato in prima persona gli sforzi della ricostruzione postbellica. Questi ultimi furono quindi in grado di trasmettere, attraverso esempi concreti e testimonianze anche non verbali, a noi odierni, canuti figli - e, a nostra volta, ormai NONNI e NONNE attualmente falcidiati in massa dalla corrente epidemia di coronavirus - alcuni residuali scampoli di filosofica saggezza esistenziale atta ad assicurare una qualche superiore capacità di gestione dei ricorrenti, dolorosi accadimenti che la vita non risparmia mai agli umani. Allora sì, che tale residua, saggezza sarebbe di grande aiuto per permettere, nel più generale contesto della millenaria sorte del genere umano, una lettura "culturale" e non soltanto "tecnica", dell'attuale infezione pandemica. Oggi, purtroppo, i nonni si stanno estinguendo a migliaia e non ci sarà più nessuno a cui potersi rivolgere. Siamo purtroppo in procinto di rimanere forse soli davanti all'ignoto che ci attende senza alcuna reale attrezzatura culturale (che non sia soltanto la fredda scienza o l'arida tecnologia) su cui poter fare affidamento per trovare conforto morale. Nell'attuale Caos, per il momento, e fortunatamente, ancora calmo, tali potenziali scenari di totale negatività si percepiscono abbastanza poco, ma per quanto tempo sarà ancora così? Ad un ultimativo, tragico "redde rationem" di una eventuale condizione esistenziale del tipo "mors tua, vita mea", quale immagine darebbe di se stesso il nostro materialista, ateo, prettamente tecnologico ed egoisticamente monadico Occidente orbato ormai di qualsiasi SAGGEZZA filosofica per la quale necessiterebbe invece una SAPIENZA esistenziale che non può essere acquisita se non che vivendo, soffrendo e soprattutto ricordando? Da quale serbatoio culturale e/o spirituale potrebbe la nostra attuale società attingere l'energia per una qualche morale gestione quotidiana di questo suo perenne, e claustrofobico, PRESENTE orbata, come essa è ormai, di prospettive future che non siano le attuali, bulimiche produzioni tecnologiche di protesi corporali, di efficaci linimenti medici e di svariati placebo digitali atti a fornire soltanto sbalorditive, ma al contempo effimere illusioni? Ci attende dunque un futuro senza "nonni" cioè senza alcun parametro rapportabile ad un qualche passato di tipo storico, culturale e morale? Saremo forse costretti a dover avviare nei prossimi mesi una inevitabile ricostruzione del paese sostenuti dal solo stimolo psicologico del "creare PROFITTO"? Credo che, come propellente di fondo, esso potrebbe risultare drammaticamente inadeguato " E poi c'è infine un'ultima, stimolante considerazione che ho udito di recente e che desidero qui ricordare al solo fine di una più "rotonda" lettura filosofica del disastro che stiamo vivendo: "E se il "coronavirus" altro poi non fosse che un efficace anticorpo prodotto dalla stessa Gea (organismo vivente, non dimentichiamolo) nella sua drammatica lotta contro il più nefasto "virus" che abbia mai artificialmente attentato alla sua stessa sopravvivenza e cioè l'umanità medesima o meglio, per restare in lessico di attualità, il pericolosissimo "coronahomosapiensvirus"? Temo quindi che in capo alla società che abbiamo costruito nel corso dell'ultimo settantennio

19


20

TEMA DI COPERTINA

non poteva cascare tegola peggiore. Cosa intendo dire? Che in un'ERA come questa, caratterizzata da totalizzanti forme consumistiche di "ILLUSIONI, ma CONCRETE", non poteva esservi ironia peggiore dell'essere travolti da un nemico costituito da una nefasta "REALTA', ma INTANGIBILE" come appunto un microscopico virus . Disastro totale dunque? Non è ancora detto, in quanto dipenderà da una serie di "se", da certe appropriate reazioni individuali alla tragedia personale e sociale attualmente in corso. Per dirla con il grande R. Kipling da svariati "IF" nell'ottica di un ottimistico, positivo auspicio consolatorio per tutti quanti noi umani, oggi tremendamente confusi e preoccupati. E spero proprio che il POETA mi perdoni il furto che io mi accingo qui a compiere facendo osceno spezzatino della sua splendida lirica a semplice, attualizzato vantaggio mio e di tutti quei miei fratelli e sorelle attualmente in angoscia. Sono infatti convinto che, qualora un genio abbia assemblato parole e frasi di verità offrendole poi gratuitamente al mondo intero, ognuno di noi possa sentirsi autorizzato, in quanto parte di detto mondo, ad utilizzare tali perle di saggezza in modo personale ed a scopo prettamente utilitaristico (sarebbe ovviamente impossibile per la stragrande maggioranza di tutti noi poter ricreare qualcosa di simile e, meno che meno, di migliore) in un'ottica di consolatorio augurio per tutti gli esseri umani, oggi tremendamente confusi e preoccupati: SE Se riuscirai a mantenerti lucido quando tutti intorno a te stanno perdendo la ragione Se riuscirai ad avere fiducia in te stesso quando tutti dubitano Se riuscirai ad aspettare senza stancarti di aspettare Se riuscirai a sognare senza che i sogni si impadroniscano di te Se riuscirai a pensare senza che i pensieri diventino la tua finalità O guardare le cose per le quali hai dato la vita cadere a pezzi e chinarti per ricostruirle con logori utensili Se riuscirai a costringere cuore, nervi e tendini a sostenere il tuo sforzo anche se da tempo sono ormai sfiniti in modo da riuscire a resistere anche quando non hai più niente dentro di te se non la forza di volontà che dice loro:" Resistete"! Se tutti gli uomini saranno importanti per te, senza che alcuno lo sia in modo esagerato Se riuscirai a vivere appieno l'inesorabile minuto dando valore a quei sessanta secondi che dura, A te apparterrà la Terra e tutto quanto contiene, E - quel che conta soprattutto - tu sarai un Uomo, oh figlio mio ! R. K. Antonino Provenzano Roma 30 marzo 2020


TEMA DI COPERTINA

FA’ AGLI ALTRI... Come diceva Mark Twain "la storia non si ripete ma fa rima" ed ecco, a poco più di un secolo dalla prima guerra mondiale, viene a ripetersi una crisi che, su più larga scala, ripropone ai popoli sofferenza e sacrifici per i mutamenti occorsi. Da contemporaneo mi trovo immerso nel caos di una crisi che, se pur profondamente diversa dai primi del secolo scorso, sta anch'essa tracciando tanto il presente quanto i prossimi decenni con quel che ha da venire. Non si sentono tamburi di guerra come accaduto agli inizi del secolo scorso, ne fortunatamente le vittime sono minimamente confrontabili con gli oltre quindici milioni di morti della sola grande guerra, eppure la pandemia di coronavirus è stata definita una tragedia umana di proporzioni potenzialmente bibliche su bilanci pubblici, privati e su milioni di lavoratori. Così Mario Draghi sul Financial Times. Mi viene da dubitare, con l'amaro in bocca, che la rima baciata sia espressione voluta, se non nella causa, certamente nella gestione. Dagli inizi di questa pandemia ho dovuto fare i conti dapprima con quanto ricadeva e tuttora ricade, sotto la mia diretta responsabilità, poi con il caos generale, con il senso d'impotenza, con l'indigesta limitazione di libertà a cui siamo tutt'ora sottoposti e per quanto me ne sia da tempo affrancato, anche con la martellante ridondanza dei mezzi d'informazione che dapprima alimentano l'angoscia e poi non affatto sommessamente, impongono l'unica via percorribile ed universalmente riconosciuta: stay home, stay safe. I mezzi d'informazione impongono? E' manifesto, essendo i media nelle mani di pochi, nella quasi totalità, non consentono ad altri in disaccordo un significativo potere di espressione e se accade, l'impudente va incontro al linciaggio mediatico se non anche ad oscuramento. Pertanto da subito è apparso inutile attendersi un cambio di visione, nell'Italia del terzo millennio non poteva essere sufficiente un accorato invito alla popolazione ed in special modo alle persone più esposte al rischio letale. Quindi una richiesta di collaborazione civile su base volontaria che potesse tenere in conto e fornire mezzi per l'adozione di precauzioni reali ed immediate, considerati i due mesi di tempo avuti per potersi organizzare. La razionalizzazione delle esigenze primarie tese a tutelare il sistema paese con visione prospettica, uno sguardo attento agli equilibri sociali e la considerazione non ultima che ai politici e non ad altri, è deputato il compito di governare un paese avendo una visione d'insieme che tenga in serio conto il fardello di cui si deve far carico lo Stato e la politica. Non citiamo poi i grandi assenti, l'uno pavido l'atro spettatore.

21


22

TEMA DI COPERTINA

Così si è manifestata questa inquietante stasi che ha dato modo a me, come penso ad altri, di fare i conti anche con lo spirito del tempo, pertanto con tutto ciò che ci caratterizza in questo tempo a livello collettivo. Cosa è emerso alla mia vista? Che l'umanità ha vissuto tempi migliori, mi ripeto nel dire che abbiamo bisogno di riflettere sul quanto siamo egoisti, su quanto le comodità e lo scientismo, entrambe nella varie declinazioni, hanno contribuito a rammollirci. Non direi che si fa tutti una gran bella vita, certo con il relativismo è facile declinare il vario sentire sociale, dipende da dove ci si posiziona ma non dimentichiamo le pubblicazioni Oxfam. Abbiamo di fronte a noi un periodo buio ed indeterminato ed è difficile resistere quando non ti sembra più sensato tanto il presente quanto il come ci si è arrivati, eppure questo è quello che devono aver provato gli uomini nel corso delle vicissitudini umane, appunto nei momenti di crisi gran parte dei quali scaturiti per mano dell'uomo. Nulla è diverso se non la cornice, ora ci siamo noi e poi quelli che saranno. Cosa è questa, una visione affidata al caso? No, la affido più volentieri al fato ed al precetto universale, non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te, e fa' agli altri tutto il bene che vorresti che gli altri facessero a te. Andrea Torresi


POLITICA

IN QUESTE TENEBRE, UNA LUCE Una caratteristica dei tempi bui è la privazione di orizzonte. L'oscurità non permette di misurare lo spazio che ci è davanti, né quello che ci è intorno. Al buio può capitare d'inciampare in un ostacolo non percepito. E cadere, anche rovinosamente. Il tempo del Coronavirus è un tempio buio per eccellenza. La visione del futuro è preclusa alla vista. Se non vediamo, non sappiamo cosa ci potrà accadere domani, o dopodomani. Nelle tenebre crescono le paure e le angosce. E cresce l'egoismo. Il "noi possiamo farcela" viene sopravanzato da un solipsistico "Io, speriamo che me la cavo". L'assenza di luce causa il deperimento dei sentimenti positivi e l'ottimismo si scopre essere un esercizio retorico, rappresentato per sopperire al disperante senso d'impotenza dell'individuo nel non riuscire, in sostituzione di Dio, ad essere l'artefice dell'evento provvidenziale della propria salvezza. La percezione dell'abisso può essere devastante se viene meno la comprensione dei fattori determinanti per arrestare la caduta e per dare impulso alla risalita. Nella crisi non si può chiedere all'uomo della strada uno sforzo del nervo ottico superiore a quanto l'anatomia dell'organo della vista non gli consenta. È per questo, invece, che esistono gli intellettuali. Si tratta di quella strana razza di soggetti, talvolta vanesi spesso insopportabili, che coltivano il dono speciale di vedere il futuro oltre l'oscurità, come fari accesi nella nebbia. Tra costoro spicca Giulio Tremonti, che sul tema: "Quale futuro dopo il Coronavirus?" ha rilasciato un'intervista illuminante a "Il Giornale". L'ex ministro dell'Economia dei Governi Berlusconi incrocia un'involontaria sintonia con Aldo Giannuli. Lo storico, anch'egli intellettuale di vaglia, dalle pagine virtuali di "Formiche.net", coglie nella crisi del contagio da Coronavirus il segno di uno snodo "epocale" che "indica esattamente qualcosa di atto ad identificare un'epoca o, ancora più precisamente, qualcosa che segni il passaggio da un'epoca all'altra. Ed è quello che sta accadendo". Per Giannuli tradurre le conseguenze scaturite dal tempo della crisi con espressioni generiche del tipo: "nulla sarà come prima" o che "tante cose dovranno cambiare", non è sufficiente. La strada per comprendere il futuro passa per una ripresa di un metodo desueto: pensare storicamente. Che è poi l'angolo visuale scelto da Giulio Tremonti per "leggere" la crisi prodotta dalla diffusione del Coronavirus. Per aiutare a comprendere la funzione di sincope della Storia che il virus ha assunto, il "professore", seguendo il metodo spengleriano, stabilisce un'analogia: il Coronavirus è come l'attentato di Sarajevo del 1914. Quest'ultimo, oltre che innescare il Primo conflitto mondiale, determinò la fine di un'epoca: la Belle Époque e con essa l'esaurimento della vecchia idea d'Europa concepita sulle dinamiche della società ottocentesca; parimenti il

23


24

POLITICA

Coronavirus "pone fine al dorato trentennio della globalizzazione e al prodotto 'illuminato' di quella che è stata l'ultima 'ideologia' del Novecento, il 'mercatismo': l'idea che il divino mercato è tutto e fa tutto". Il tornante della Storia che, nostro malgrado, stiamo affrontando senza esserne preparati condurrà le società occidentali nel loro complesso a esplorare una terra incognita. Ricorderemo come eravamo, ma non sappiamo come saremo. A riguardo, Tremonti profetizza una palingenesi della libertà per effetto di una nemesi della tradizione liberale classica che si prenderebbe la rivincita sulle sue evoluzioni distorcenti, legate alla globalizzazione da un nesso di causalità: il "mercatismo" e il liberismo selvaggio. E tornerebbe lo Stato vindice dopo un trentennio di pensiero unico indirizzato all'adorazione del dio mercato e alla demonizzazione di tutto ciò che potesse richiamare la presenza statuale fuori del recinto vigilato della sussidiarietà. Soprattutto, termina la fase d'accelerazione incontrollata del tempo. A giudizio di Tremonti negli ultimi decenni tutto è stato fatto frettolosamente, i cambiamenti non hanno avuto modo di sedimentare nell'idem sentire delle comunità ma si sono affastellati, sovrapponendosi, fino all'odierna esplosione. Per Tremonti il mondo liberale potrebbe ritrovare le sue tradizionali meccaniche, fatte di pesi e contrappesi. Come un orologio che "ha battuto il suo tempo per due secoli". Non sarebbe un male, atteso che sulle medesime meccaniche è stato regolato il passo della democrazia parlamentare e delle Costituzioni d'impianto liberale. Il passato non ritorna uguale a prima. Ma l'idea che possa riaccendersi la speranza per una società a misura umana, dove la logica del profitto e del consumo cedano lo scettro al primato dei valori e dell'equilibrio materiale/spirituale delle persone e delle comunità, è entusiasmante. La frenata dell'avanzata commerciale e strategica del gigante cinese potrebbe segnare una distensione nei rapporti di forza tra potenze globali. Ciò richiederà la composizione di un nuovo ordine economico mondiale. E anche l'Unione europea, che in questi giorni si è frantumata smarrendosi nelle nebbie dei particolarismi degli Stati membri, dovrà ripensarsi dandosi nuove regole, architetture istituzionali aderenti a rinnovati equilibri di potere e più ambiziosi obiettivi unificanti se vorrà misurarsi alla pari con i grandi player internazionali. Perché, come ironizza Tremonti, "Ci sono due modi per stare al tavolo: seduti come commensali o scritti come pietanza sul menù...". Ma quale Stato nazionale dovrà esserci dopo la fine della tempesta? Non la macchina statuale appesantita dalla farraginosità della burocrazia, ma una struttura amministrativa/gestionale snella. Come suggerisce Tremonti: "con modiche quantità di tecnica... e nulle quantità di comica". Checché ne pensi qualche nostalgico dell'ultraliberismo, di Stato c'è bisogno perché nello Stato c'è la politica. E le società complesse quali quelle dell'Occidente per essere governate necessitano della visione d'insieme che solo la politica può garantire. A patto però che vi siano politici in grado di fare il loro mestiere. Già, perché la palingenesi cancellerà il grande inganno del nostro tempo storico: l'onestà elevata a unico requisito richiesto al personale politico. Di gente onesta ma incapace le future generazioni non sapranno che farsene. L'onestà, che nella prassi si indentifica con lo pseudo-valore della "trasparenza", non giustifica e non compensa il danno


POLITICA

causato dall'incapacità a svolgere l'arte di governo della cosa pubblica, che è la missione del politico. E questi ultimi anni di grillismo al potere lo hanno ampiamente dimostrato. La pensiamo come Benedetto Croce: "La petulante richiesta che si fa della 'onestà' nella vita politica... (è) ... l'ideale che canta nell'anima di tutti gli imbecilli". Ma per riprendere il cammino dobbiamo prima superare la coltre di tenebra dei giorni di crisi. C'è un'emergenza finanziaria che segue quella sanitaria e anticipa quella sociale. All'alba del Terzo millennio in Occidente non c'è antidoto alla paura di massa di ritrovarsi alla fame e in povertà assoluta. La possibilità, in particolare nelle regioni storicamente depresse, di deviare verso forme inedite di ribellismo violento è tutt'altro che remota. Tuttavia, le ricette non possono essere strettamente economiciste. Vi sono momenti nei quali l'istanza di ricomposizione di una comunità su valori e fattori identitari condivisi ha la medesima forza propulsiva di una lotta per l'appagamento dei bisogni primari. Per venirne fuori tutti insieme, da comunità coesa, occorre non soltanto azionare catene di pensiero razionale ma anche inviare stimoli al punto del corpo fisico dove si concentrano sentimenti, pulsioni, emozioni. Lo si chiami cuore, la si chiami anima, ciò che conta è che anche quella parte di noi, che per i metafisici e gli esoterici è corpo sottile, si attivi per rispondere alla chiamata della Storia. Cristofaro Sola*

audacia temeraria igiene spirituale

*da L'Opinione

25


26

POLITICA

IL TEMPO DEGLI EROI Leggo sempre con notevole interesse (senza alcun infingimento) gli scritti del caro collega Cristofaro Sola e mi è molto piaciuta la chiusura del suo articolo 'Una riflessione sui valori perenni al tempo del coronavirus' sul numero di marzo della rivista: '[…] Seguendo le orme del venerato maestro Julius Evola, osservo i segnali che indicano un'accelerazione del tempo con l'avvicinarsi del Kali Yuga, l'evento catastrofico finale che non darà luogo a una consolatoria "metafisica dei vinti" ma a una palingenesi spirituale, a una nuova partenza da un diverso Eden. Ci sarò? Ci saremo? Non è questo che deve preoccuparci. La sostanza materiale di noi certamente non vedrà quei tempi eroici. Ma li vedranno i nostri spiriti immortali. […]'. E quello che il collega ha rappresentato, a mio sommesso avviso, è un quadro stupendo dove, vivaddio, si inneggia alla speranza (oggi piuttosto sopita), elevata a corazza resiliente di fronte a eventi traumatici e difficoltà. Ora, non voglio minimamente adombrare una tale visione, avendo avuto modo peraltro di apprezzare in precedenti scritti la profonda cultura dell'estensore ma temo che nell'odierna situazione, anche senza cadere nel pessimismo di Emil Cioran, la sola speranza sia un po' poca; quasi l'attesa del solo, unico intervento divino o del fato, a seconda delle credenze. Mi spiego. I Veda, l'antichissima raccolta in sanscrito vedico di testi sacri dei popoli Arii a cominciare dal XX secolo a.C., e in particolar modo quella parte definita Âra?yaka, sono scritti che potremmo definire esoterici. È un po' come gli antichi sciamani che, a cominciare dal periodo neanderthaliano, conoscevano il moto degli astri, la capacità guaritrice delle erbe e la potenza allucinogena di alcune sostanze per poter dichiaratamente acuire la 'vista' e le capacità divinatorie. Era una tale conoscenza a rendere questi dei soggetti 'sacri', temuti come conoscitori dei misteri e particolarmente rispettati nei clan o tribù per le loro capacità. E le loro esperienze erano tramandate solo a discepoli e da questi evolute ampliandole col proseguo dell'osservazione. Un po' come è accaduto con i Veda. A detta di Sri Yukteswar, maestro del più noto Paramahansa Yogananda, i 12.000 anni divini del mahâyuga (la grande era, dall'età dell'oro,K?tayuga, a quella del ferro, Kaliyuga, appunto), che secondo le prime interpretazioni si sarebbero dovuti intendere come 4.320.000 anni umani, sono invece da considerarsi identici a quelli naturali. Per cui, secondo il succitato maestro, l'umanità avrebbe raggiunto il punto più alto nell'anno 11500 a.C., a partire dal quale sarebbe iniziata un'età dell'oro discendente, seguita da una d'argento e una del bronzo discendenti, fino ad una del ferro discendente cominciata nel 700 a.C. e terminata nel 500 d.C.


POLITICA

Alle soglie del Medioevo, dunque, l'umanità avrebbe raggiunto il suo punto più basso, per ricominciare a percorrere una nuova età del ferro ma stavolta ascendente, conclusasi nel 1700. A partire da questa data l'umanità avrebbe quindi già superato l'epoca oscura del Kaliyuga, e sarebbe entrata in un'età del bronzo o Dvapara Yuga a sua volta ascendente, contraddistinta da conoscenze innovative delle forze elettriche ed energetiche in grado di annullare lo spazio. Seguirebbero, dal 4100, un'età d'argento ascendente e, dall'8900, una d'oro ascendente. Ora, se così fosse, anche in un periodo più corto, che la speranza non si concretizzi non solo per noi, ma nemmeno per i nostri nipoti, né per i nipoti dei nipoti dei nipoti, mi sembra un fatto concreto. Nel senso che l'attesa, sia pur in una concezione banale, perché non risulti frustrante, dovrebbe allungarsi al massimo ai pronipoti. Ritengo, sempre banalmente, che questa possa essere la massima estensione d'interesse della nostra mente. Ogni altra considerazione mi viene da assimilarla all'attesa escatologica dell'Armageddon giovanneo o dell'adunanza nella valle di Giosafat di veterotestamentaria memoria. Non è che non importi, ma non ha valenza universale Perciò, se dovessi scegliere a quale dottrina cosmogonica riferirmi non esiterei a scegliere quella norrena e, principalmente, la sua stesura nella Ljóða Edda. Il frassino Yggdrasill sorregge con i suoi rami i nove mondi, nati dal sacrificio di Ymir. Le sue radici sprofondano nel regno infero mentre i suoi rami sostengono l'intera volta celeste. Ai suoi piedi due fonti che lo alimentano: Mímir, dove i giganti si abbeveravano di sapienza, e Urðr, dove le tre Nornir tessono il destino di ciascuno, compresi gli dei, in attesa del Ragnarök nelle cupe alte Aule, per la rigenerazione finale. Ora, ciò può sembrare, di primo acchito, simile alla precedente aspettativa, per giunta aggravata dall'agire spregiudicato del destino; invece, questa in esame è un'attesa dinamica. È vero che il destino non pratica sconti e non ha simpatie: Wyrd bið ful aræd, il fato è totalmente inevitabile, per gli dei e per gli uomini ma quest'ultimi, se vogliono salire nel Valhalla, debbono morire in battaglia. È la ricompensa dei guerrieri se muoiono con la spada in pugno: l'approdo nell'Aula di Odino dove si mangia, si beve e si fornica a volontà, accolti da amici e da nemici. Traslando nei tempi attuali, possiamo dire che il destino non ha certo perso la sua importanza ma, a ben vedere, nemmeno la condizione dell'impegno individuale: metaforicamente, appunto, la battaglia e la spada in pugno. Ma, in conseguenza, qualcuno potrebbe legittimamente porsi la domanda su quale responsabilità assumersi visto che l'agire del fato potrebbe vanificare ogni migliore intento. Se non, addirittura, potrebbe scomodare la predestinazione o il libero arbitrio in una discussione che si biforcherebbe tra gli antichi stoici, Paolo di Tarso, Giovanni Calvino e Karl Barth, da un lato e, dall'altro, tra Agostino d'Ippona e Tommaso d'Aquino. Bè, a tali ipotetiche domande mi verrebbe la rispettosa voglia di rispondere: già, ma perché rinunciare in partenza al divertimento? Tanto tempo fa, miei insegnanti avanti con gli anni si sforzarono di farmi comprendere un concetto che alla mia veneranda età è di una semplicità sconvolgente: la vita è come un fiume dove albergano predestinazione e libero arbitrio. Mi rendo conto che detto così qualche sopracciglio si alzerà ma pensiamoci per un attimo. Intanto, non conosciamo la predeterminata lunghezza e la larghezza del corso d'acqua sul quale dobbiamo viaggiare e, nel contempo,

27


28

POLITICA

sappiamo con matematica certezza che, comunque, arriveremo al mare. Tre aspetti che indurrebbero a propendere per una concezione predeterministica ma come navigare dipende esclusivamente da noi. Se bordeggeremo per timore o se ci immetteremo nel corso più rapido della corrente, se sapremo evitare secche e intrighi di vegetazione o se, nell'errore, sapremo scendere in acqua e cercare di rimediare. Quindi, le scelte che dall'età della ragione siamo chiamati a compiere sono molteplici e ognuna richiederebbe ponderazione, decisione e costante determinazione a prescindere dal fato. Diversamente, saremmo totalmente in mano allo stesso fato e, da rancorosi abulici, arriveremmo in ogni caso alla foce. L'importante, a mio sommesso avviso, è che quando si giungerà al mare si possa essere soddisfatti della vita vissuta, nel tanto e nel poco. Soprattutto, si possa dire di aver lottato. Molto tempo fa, una mia cara amica, operatrice nel campo sanitario, mi chiese come mai, a mio parere, alcune persone morivano serene e altre arrabbiate, a prescindere dall'età, dalla condizione sociale e dal livello culturale. Ovviamente, non conoscevo né conosco la ragione ma mi venne di rispondere di getto: la differenza sta nei ricordi. Belli o brutti che siano e, specialmente, nella consapevolezza di aver impiegato il proprio essere nell'apprezzare e nel difendere. Diversamente, c'è la frustrazione finale, senza più appelli, e la costatazione di aver sprecato la propria vita. A disperdere i valori che hanno caratterizzato la società è stata proprio l'assenza d'impegno, l'evitare anche strumentale delle responsabilità, l'adagiarsi, il credere senza riflettere, l'attuare senza pensare, il distruggere senza costruire, il trasformare materialismo e mercantilismo nella nuova religione di Stato; un 'modernismo' prima e un 'postmodernismo' poi, polverizzanti di ogni identità e di ogni residuo valoriale, privi di ogni altra connotazione che non sia una sfrenata omologante competizione senza senso in un'alienata società. Del resto, la rivista ha toccato molte volte tale aspetto denunciando una siffatta situazione e additando precise responsabilità. E la sola speranza a rimediare non basta. Spero di essere interpretata bene se affermo che l'attuale pandemia ci fornisce una forte occasione di ripensamento sulla nostra attuale vita individuale e collettiva e di stimolo a cambiarla; un ripensamento che muove dal tornare a 'conoscere' la propria famiglia e investe la considerazione del nostro prossimo; potremmo anche stupirci nel costatare che non ci odia. È solamente impaurito ed esasperato, al pari nostro. Tranquilli, la mia senescenza non ha accelerato l'avanzata, non ho ancora imparato a camminare sulle acque e non so parlare ai lupi e agli uccelli ma credo che il compito di recuperare i rapporti col nostro prossimo appartenga a noi e a nessun altro. Il resto compete alle persone che noi deleghiamo, che ci rappresentano, alle quali diamo il potere di agire in nome e per conto nostro. Anche con costoro credo che dovremo rivedere il nostro rapporto, memori dell'esperienza drammatica che stiamo maturando in questi giorni. E ciò vale ad iniziare da coloro che in questo triste momento reggono le nostre sorti, quelle del Paese. Dovremo fare un dettagliato bilancio di ogni loro azione, di ogni loro decisione e decidere se hanno agito nel nostro interesse, con competenza, con tempestività, con efficacia. Ed in conseguenza, adottare l'atteggiamento più adeguato a far conoscere il nostro pensiero


POLITICA

attraverso ogni mezzo a disposizione, non ultimi i social forum. Per inciso, non nutro una particolare simpatia per gli americani perché, al di là della loro piuttosto generalizzata supponenza, non credo abbiano qualcosa da insegnarci ma di una loro metodica dovremmo fare tesoro: nonostante la delega, quella di far conoscere il proprio punto di vista al loro rappresentante, fino a subissarlo; dalle questioni più rilevanti a carattere statale a quelle della contea. Certo, l'attenzione dei rappresentanti americani non penso sia sempre desta e pronta ma è un campanello d'allarme e un appunto nella memoria di un popolo, certamente meno labile della nostra. Comunque, la spregiudicatezza del politico americano non è in ogni caso portata a tralasciare l'importanza dei posti di lavoro. Inoltre, dovremmo fare i patti con chi seguirà: non dovrebbero essere lasciate più deleghe in bianco, sulla scorta di velate promesse, di pseudo ideali di maniera, di camuffate connotazioni, bensì solo a fronte di precisi, inequivocabili impegni perché possa essere operata, accanto ad una conoscenza, una scelta di coscienza e non una reazione di protesta. E quando il rappresentante dovesse decampare dagli impegni un coro dovrebbe essere pronto a ricordarglielo. Il 'comitatismo', si perdoni lo svarione, dovrebbe trovare infatti una brillante primavera: dalla cura delle strade alla sicurezza di quartiere, dalla bonifica ambientale alle dotazioni ospedaliere, ecc. ecc. ecc. So bene che l'associazionismo americano non è sempre vincente ma, almeno, non tende a riportare voti a chi ha disatteso le promesse. In conseguenza, credo fermamente, perciò, che si debba avere un rapporto più stretto con la politica, più attento, meno permissivo, meno deviante, più stringente, a cominciare dal perseguimento dell'uguaglianza sostanziale di ogni cittadino, al Nord come al Sud, per ciò che attiene soprattutto la formazione scolastica e l'assistenza sanitaria. Del resto, dal 2002 ad oggi un taglio di 70 miliardi (senza contare quelli dissipati) alla sanità e un paradossale innalzamento del debito pubblico di oltre il 30% del PIL non depone a favore di un'equità gestionale amministrativa, viste le risultanze sulle famiglie e sul territorio e viste le differenze Nord/Sud. E ciò perché l'unità del Paese non sia solo l'inno di Mameli intonato in uno stadio di calcio e, da ultimo, dal balcone di casa ad una determinata ora su sollecitazione di promoter. Un rapporto più stringente, inoltre, che riguardi anche le organizzazioni sindacali datoriali e dei lavoratori. Non so quale sia la dinamica che oggi le muove ma, da osservatrice esterna, trattandosi di cd. 'corpi intermedi', annoverati tra i pilastri della democrazia, non sembra rispecchino più molto lo scopo statutario e il mandato originario. È vero, esse dovrebbero essere apartitiche ma non apolitiche: i loro voti pesano e i loro interessi dovrebbero essere quelli degli iscritti, prescindendo da una vetero colorazione talmente sbiadita da esibire palesemente la rovina del tempo. Un'ulteriore riflessione dovremmo farla nei confronti dell'Europa. Senza patemi, senza parole d'ordine, senza bollature ma chiedendo che le forze politiche spieghino, senza gli arruffamenti dei talk-show, la via futura perché non c'è dubbio alcuno che la gestione, se così possiamo definirla, dell'emergenza pandemica ha mostrato tutta la corda dell'Unione. E, se il giudizio che trarremo dall'informativa fosse critico, chiedere, a gran voce, la rettifica dell'agire comunitario. A

29


30

POLITICA

mio modesto avviso, senza alcuna retorica, credo che dopo sessantasette anni di piccoli passi, indirizzati prima su obiettivi economici e poi su quelli finanziari, sia ora di farne uno un po' più lungo e di ampliare l'ottica dell'incedere perché ogni cittadino possa, finalmente, riconoscere l'Unione come una casa comune e non, favolisticamente, come il paese di Bengodi di concezione boccaccesca o come un lager. Quindi, ritengo sia ora che, alla speranza, si affianchi il nostro impegno; che ognuno si debba adoperare perché il futuro non sia l'unica, sola fiduciosa attesa di un avvenire migliore. Che debba essere chiesto conto e ragione del passato per evitare gli errori e che si partecipi attivamente alla costruzione del futuro. Ad osservare l'evoluzione delle varie mitologie, emerge generalmente che dopo il tempo degli dei si palesò quello degli eroi. Le deità, si sa, non sono sempre attente, spesso si disinteressano delle sorti dei popoli e non sono sempre pronte a riparare ingiustizie o a difendere. Così, dall'umanità emerse una figura che partecipava alle traversie popolari, era vicina alle umane tragedie, era esposta alle ingiustizie ma non era propensa ad arrendersi. Anzi, spesso si faceva carico delle sventure e si attivava per lenirle se non per porvi rimedio. Una figura, quella degli eroi, che stimolava l'emulazione della gente e, non guasta, riavvicinava alle deità. Ebbene, oggi c'è bisogno di eroi. Molti li stiamo vedendo in questo drammatico periodo: il personale medico è impegnato oltre misura, con la massima abnegazione, nell'opera di soccorso ai contagiati. Il recente bando per 300 medici volontari ha fatto registrare oltre 9000 domande a fronte di sola diaria e alloggio. E, con i camici bianchi che stanno pagando un contributo molto salato, i paramedici, i volontari, gli appartenenti alla protezione civile, i trasportatori, gli addetti ai settori produttivi strategici, le forze di polizia. C'è assoluto bisogno che, dopo l'emergenza, l'eroismo continui; quello il cui classico, fondamentale topos è portare a compimento, con impegno, dedizione, determinazione, il compito rivestito. Eroi, perciò, che istituiscano un nuovo modus vivendi, che divengano una sorta di civilizzatori, che testimonino un differente modo di pensare e di agire, che fungano da fari culturali. Già, da 'fari' perché il buio è sempre oltre la siepe, insieme al fato, e i pavidi, insieme ai saggi, non hanno mai scritto una storia di progresso. Roberta Forte


ECONOMIA

MES-SIA? Per i soci del Conte bis i nodi vengono al pettine. Movimento Cinque Stelle e Partito Democratico hanno finto di pensarla allo stesso modo sulle ricette economiche per aiutare il Paese a crescere. Ma è stato teatro che ha tenuto banco fino a quando la realtà non si è incaricata di smontarne gli effetti fantasmagorici, mostrando la sua disperante crudezza. Il nodo che s'incaglia tra i denti del pettine governativo si chiama Mes, Meccanismo europeo di stabilità, meglio noto come Fondo salva-Stati. L'ultima riunione dell'Eurogruppo, segnata dalla sconfitta italiana, si è conclusa con l'intesa di far transitare gli aiuti finanziari agli Stati membri Ue colpiti dalla crisi pandemica principalmente attraverso tre strumenti: il programma Sure, per il finanziamento della Cassa integrazione operativa negli Stati nazionali; la Banca europea d'investimenti (Bei) per sostenere i settori della produzione, in particolare delle Pmi; il Mes, per l'aiuto economico in materia di spese sanitarie connesse all'emergenza coronavirus. La sconfitta italiana si sostanzierebbe nel non essere riuscita, la nostra delegazione, a convincere i partner europei a introdurre un quarto strumento relativo alla mutualizzazione comunitaria delle garanzie ad un piano di sostegno alla ripresa economica comunitaria da 1.500 miliardi di euro. Il premier Giuseppe Conte assicura che la partita non è chiusa e si dice sicuro di convincere tutti, al prossimo Consiglio dei Capi di Stato e di Governo dell'Ue fissato per il 23 aprile, a pianificare un fondo comunitario per la ricostruzione (Recovery Fund) da finanziare con obbligazioni "sostenute da una garanzia degli Stati membri". Vedremo chi alla fine la spunterà, se il blocco del Nord, guidato da Germania e Olanda, a dire no o quello del Sud Europa, patrocinato dalla Francia, nel vedere riconosciuto il principio della condivisione del rischio nei casi d'emergenza. Nell'attesa, è stato deciso che sia il Mes lo strumento immediato per veicolare gli aiuti. L'Eurogruppo ha stabilito che, in via eccezionale, i prestiti connessi all'emergenza sanitaria siano concessi a minori condizionalità, in via temporanea e per importi non superiori al 2 per cento del Pil del Paese richiedente. Per l'Italia sarebbe disponibile un plafond di 36 miliardi di euro al quale attingere. Ma sarebbe una rischiosa partita di giro. Ad oggi il nostro Paese ha versato al Mes una quota di 14 miliardi 331 milioni di euro (fonte: Bankitalia) sulla sottoscrizione di capitale di 125 miliardi 395 milioni 900mila euro. La dotazione al Mes prevista per aprire linee di credito sull'emergenza sanitaria arriverebbe a 410 miliardi di euro, dei quali disponibili in cassa circa 80 miliardi. La differenza verrebbe raccolta sul mercato mediante l'emissione di titoli garantiti dagli Stati partecipanti al Meccanismo.

31


32

ECONOMIA

Ciò si traduce in un'esposizione suppletiva dell'Italia. A lume di naso, non sembrerebbe l'affare del secolo per i nostri conti pubblici. Nel frattempo, si sta consumando lo strappo tra "dem" e grillini. I primi, per bocca del presidente del partito, Nicola Zingaretti, sarebbero pronti a cogliere l'opportunità; i secondi, a stare alle parole dell'ex-capo Luigi Di Maio, sono per un secco rifiuto giudicando lo strumento del Fondo salva-Stati una trappola per l'Italia. Chi ha ragione? La divaricazione si focalizzerebbe sulle diminuite condizionalità prospettate. Il passaggio normativo dovrebbe prevedere la sospensione dell'efficacia dell'articolo 12 (par. 1) del Trattato istitutivo del Mes che recita: "Ove indispensabile per salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso e dei suoi Stati membri, il Mes può fornire a un proprio membro un sostegno alla stabilità, sulla base di condizioni rigorose commisurate allo strumento di assistenza finanziaria scelto. Tali condizioni possono spaziare da un programma di correzioni macroeconomiche al rispetto costante di condizioni di ammissibilità predefinite". In soldoni, l'Unione europea sarebbe pronta a chiudere un occhio sul rigore dei conti e, soprattutto, a non mettere becco nella gestione finanziaria del Paese richiedente, esclusivamente per il verificarsi di un evento straordinario. Nel caso in esame, si contenterebbe di accertare che i denari presi a prestito vengano destinati strettamente alle spese sanitarie. Ma, in cauda venenum. Nel testo dell'accordo raggiunto in sede di Eurogruppo si legge che "la linea di credito sarà disponibile fino alla fine della crisi di Covid-19. Successivamente, gli Stati membri dell'area dell'euro rimarranno impegnati a rafforzare i fondamentali economici e finanziari, coerentemente con i quadri di coordinamento e sorveglianza economica e fiscale dell'Ue...". Tale precisazione ha allarmato gli scettici sull'utilizzo del Mes. Essi dicono: ci lasciano in pace fino a quando è in circolazione il Coronavirus. Poi, a emergenza rientrata, chi ci assicura che qualcuno da Lussemburgo, dove ha sede il Mes, non venga a bussare alle porte del Governo italiano per notificargli il ripristino delle regole ordinarie sulla concessione di prestiti? Per il nostro Paese sarebbe come mettere la testa nel capestro. Riguardo all'aspetto puramente tecnico-normativo, non basta esprimere in un Report condiviso la volontà di modificare le regole del Meccanismo di stabilità. Si rende necessaria una modifica dell'articolo 136 (punto 3) del Trattato di funzionamento dell'Ue che recita: "Gli Stati membri la cui moneta è l'euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell'ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità". Se non muta il principio statuito ogni annuncio sulle ridotte condizionalità varrà, sotto il profilo giuridico, quanto una chiacchiera scambiata al bar. I "dem" invece la fanno facile. La raccontano come se ricevere soldi dal Mes sia come andare in campagna a riempire un cappello di ciliegie. In verità, non sono i soli a pensarla in tal modo. Anche Matteo Renzi la racconta così: sarebbe da fessi non andare a prendere il danaro che un pazzo getta dalla finestra. Verosimilmente, entrambe le forze di maggioranza hanno interesse a restare in linea con le decisioni prese a


ECONOMIA

Bruxelles, che è poi il loro modo sfacciatamente servile d'intendere il ruolo dell'Italia nel contesto europeo. I grillini non ci stanno, anche perché l'opposizione al Mes è stato uno dei loro cavalli di battaglia. È pur vero che per restare a galla hanno svenduto l'armamentario ideologico originario, ma a tutto c'è un limite. Il problema che il premier Conte ha tra le mani non è se accedere o meno al Fondo salva-Stati nella versione light accordata da Bruxelles, ma quale posizione assumere, a nome del Governo italiano, in seno al prossimo Consiglio europeo. Sarà la linea dura pro-Eurobond chiesta dai Cinque Stelle o prevarrà la filosofia "dem" del prendi i soldi e scappa? La domanda non è peregrina perché Conte sa bene, come lo sa il Pd, che la propaganda sui danari facili del Mes è un fuoco di paglia appiccato allo scopo di distrarre l'attenzione dell'opinione pubblica dalla gravità della situazione finanziaria del Paese. Gli aiuti promessi attraverso lo strumento del Fondo salva-Stati non sono compatibili con la specificità italiana. Non perché lo dica l'opposizione. C'è da scommettere che sarà lo stesso ministero dell'Economia e delle Finanze a volerne fare a meno. Perché? A prescindere dal timore dell'applicazione delle condizionalità che ci porterebbero in casa la famigerata Troika, come accadde sciaguratamente alla Grecia, il problema della non praticabilità dello strumento si risolve a monte. Ciò che si trascura di evidenziare è il macigno inserito nelle considerazioni in premessa del Trattato istitutivo del Mes. Al paragrafo 13 è previsto che: "I prestiti del Mes fruiranno dello status di creditore privilegiato in modo analogo a quelli del Fmi". Capirete bene che una condizione del genere l'Italia, che è fortemente esposta sui mercati finanziari con titoli del proprio debito sovrano, non se la può permettere. Sarà la Direzione del Tesoro a frenare il suo ministro. Se l'Italia contraesse debiti gravati di un privilegio a beneficio di un creditore, chi comprerebbe più i nostri Titoli di Stato messi sul mercato? La polemica sul Mes serve a prendere la temperatura ai rapporti tra alleati di Governo. Che poi, se dovesse risultare fuori controllo, non guasterebbe metterli tutti in quarantena. Per il bene del Paese. Cristofaro Sola

33


SOCIETA’

34

IL MALE AMERICANO PROLOGO Nel secolo scorso, agli inizi degli anni ottanta, vi erano tre primarie compagnie aeree che effettuavano voli diretti tra New York e Roma: Alitalia, Pan Am e TWA. Un nostro connazionale, che lavorava in un ristorante, dovendo rientrare con una certa urgenza, si recò nella più vicina agenzia di viaggio e chiese di mostrargli i voli per Roma in partenza nei due giorni successivi, al fine di effettuare la scelta più conveniente per lui. Dopo pochi minuti la solerte impiegata gli consegnò la lista e nel leggerla per poco non gli venne un colpo: da quanto tempo le compagnie che di solito effettuavano voli interni si erano spostate sulle rotte internazionali, praticando prezzi così vantaggiosi da consentirgli almeno due scappatelle mensili nella madrepatria? E dove erano finiti i voli delle compagnie primarie? Ripresosi dallo stupore, guardò con maggiore attenzione e si rese conto, dalla durata del volo, che la lista conteneva un errore madornale: per l'impiegata "ROME" non era la capitale d'Italia ma la piccola cittadina di trentamila abitanti, nello stato della Georgia, distante poco più di mille chilometri da New York. È solo un esempio eclatante, tra le migliaia disponibili, che riguardano anche personaggi importanti, a partire dai presidenti, le cui gaffes, geografiche e non solo, riempiono abbastanza spesso le pagine dei giornali. Una recente ricerca effettuata da "Jetcost", potente motore di ricerca per reperire tariffe aeree, offre un quadro abbastanza realistico dell'approccio degli statunitensi con il resto del mondo. Per il 51% il termine "Australasia" è solo sinonimo di Australia; per il 45% l'Africa è uno stato; con dati progressivamente inferiori, ma solo leggermente: il Polo Nord non esiste, occorrono 18 ore di volo da New York a Londra, la Scozia è in Ecuador, la Francia fa parte del Regno Unito, in Portogallo si parla spagnolo, il Papa è il capo dello Stato in Italia, i confini del Giappone sono protetti dalla "Grande Muraglia Giapponese", le Filippine appartengono alla Cina, l'Islanda è disabitata a causa del freddo, Cipro è la capitale del Messico e, dulcis in fundo, per il 5% la Terra è piatta. Tanto per non farsi mancare nulla, poi, a seguito della crisi pandemica, la società messicana che produce la birra "CORONA" ha registrato un repentino calo delle vendite negli USA e il titolo azionario ha perso l'8% alla borsa di New York: per tanti statunitensi la birra è in qualche modo corresponsabile della diffusione del CORONA-VIRUS. Questi dati, ai quali si dovrebbero sommare quelli afferenti alla "cultura generale" e alla


SOCIETA’

conoscenza della storia, servono a inquadrare il livello medio della popolazione USA e a meglio comprendere le profonde distonie sociali esistenti nel Paese. I cittadini statunitensi sono, allo stesso tempo, vittime di un sistema malato e colpevoli, perché quel sistema prospera proprio grazie a loro: ignoranza e superficialità comportamentali sono sempre pessimi consiglieri. Per le cause recondite del disarmonico e controverso sviluppo della società americana si rimanda a un articolo pubblicato nel numero 48 di "CONFINI", ottobre 2016: "Bye Bye American Dream" (pag. 28). In questo contesto analizziamo cosa sta rappresentando, per gli USA, la crisi scaturita dalla pandemia in atto. LE FALLE DEL SISTEMA Il razzismo negli USA è un dato di fatto che riguarda, sia pure con percentuali diverse, tutti gli stati. Le minoranze etniche non sono viste di buon occhio, soprattutto negli stati del sud. Hanno destato molto scalpore, per esempio, le parole di Jerome Adams, il capo dei servizi sanitari, che in una recente intervista ha esortato le persone di colore e i latini a evitare alcool, tabacco e droghe per bloccare la diffusione del Covid-19. Quasi come se le forme di dipendenza e i comportamenti negativi riguardassero solo loro. La realtà, in effetti, è ben diversa: la pandemia, erroneamente da tanti considerata "livellatrice", sta mietendo senz'altro più vittime nella comunità afro-americana, ma non certo a causa degli abusi denunciati da Adams. Negli USA la sanità è nelle mani dei privati, ha costi molto alti e chi non possa sottoscrivere onerose assicurazioni corre seri rischi di non essere curato. Ha fatto il giro del mondo la notizia del giovane Osmel Martinez Azcue, residente a Miami: a metà febbraio, accusando sintomi influenzali, ha ritenuto di recarsi in ospedale per sottoporsi al test per il Covid-19, essendo rientrato da un viaggio in Cina solo poche settimane prima. I medici gli hanno prescritto la Tac, ma lui ha rifiutato, pur essendo titolare di un'assicurazione per la copertura parziale delle spese sanitarie, per ridurre gli oneri a suo carico, chiedendo che gli fosse effettuato il test antinfluenzale. Fortunatamente l'esito è risultato negativo e, cosa più importante, non rappresentava alcun pericolo per gli altri, come temeva. Poche settimane dopo, però, gli è giunta la fattura dall'ospedale: la quota a suo carico, per il semplice test, era di ben 3.270 USD (figuriamoci se avesse fatto la TAC!). È ben evidente come siffatti oneri possano tenere lontano dagli ospedali una fetta consistente della popolazione, gran parte della quale non gode di assistenza sanitaria che, come anticipato, è di tipo assicurativo privatistico. I programmi di assistenza pubblica sono due: "Medicare" (che riguarda solo le persone sopra i 65 anni) e "Medicaid", gestito dai singoli stati e parzialmente coperto da contributi federali, che però riguarda solo le fasce di popolazione a basso reddito. Restano senza alcuna forma di assistenza circa 28 milioni di cittadini, per lo più afro americani e immigrati irregolari. Una vera bomba, che ha gettato lo scompiglio negli ambienti sanitari, perché la mancata

35


SOCIETA’

36

prevenzione e cura del Covid-19 potrebbe generare effetti letali sull'intera popolazione. Ad aggravare un problema già di per sé tragico, si aggiunge una buona fetta di lavoratori che non hanno diritto al congedo per malattia: il 30 per cento di chi operi in taluni settori specifici (vendita al dettaglio, commercio di cibo e bevande, settore alberghiero) e il 69 per cento dei lavoratori con salario minimo. È lecito ritenere, quindi, come di fatto sta accadendo, che i cittadini non assicurati, seppur contagiati e sintomatici, continueranno a lavorare, pur di non rinunciare al salario, e affolleranno i pronto soccorso quando il loro stato di salute diventerà particolarmente grave. L'APPROCCIO ALLA VITA Un aspetto molto importante da considerare, inoltre, riguarda diffuse metodiche comportamentali protese a banalizzare o eludere tutto ciò che possa costituire un fastidio per l'american way of life. In nessun paese come negli USA è il dio denaro che conta e viene rispettato: poveri, vecchi, ammalati, sono un impedimento a quei principi che vedono nell'appagamento materiale il massimo della soddisfazione. Il sacrificio per prendersi cura di chi ne abbia bisogno, rinunciando a un pizzico di autonomia o di libertà, anche all'interno delle famiglie, è inconcepibile. Per le persone anziane non autosufficienti restano solo le case di riposo, anche quando quelle dei loro figli potrebbero accoglierle agevolmente. Le persone ammalate e non produttive infastidiscono, perché minano la serenità della famiglia media, non importa se conquistata con massicce dosi di ansiolitici, antidepressivi e frequenti sbornie. Si muore anche di questo negli USA, non solo per l'inefficienza del sistema sanitario. EUROPEI E STATUNITENSI Gli europei possono e devono andare in soccorso degli statunitensi, perché i loro usi e costumi, in ogni campo, sono una minaccia non solo per loro ma per il mondo intero. Ne abbiamo parlato più volte e quindi dedichiamo solo un rapido cenno a quelle distonie esistenziali che di certo non sono appannaggio di un popolo civile: spreco di cibo, consumo smodato di alcool, mancato rispetto dell'ambiente, esacerbata competitività sociale senza riguardo per chi resti indietro. In poche parole: tutti i mali di una società che, oramai, più che afflitta dai guasti del capitalismo, è scivolata profondamente nella palude rappresentata dalla "degenerazione" di un sistema economico già di per sé marcio. Che cosa possiamo fare noi europei per indurli a una efficace catartica palingenesi? Molto. Innanzitutto dobbiamo smettere di scimmiottarli, mutuando nel nostro continente il pattume da loro partorito, considerandolo oro. Sono nostri alleati, vi sono strette relazioni economiche e sociali, ospitiamo loro basi e, al netto dei contrasti che afferiscono a contingenze momentanee dovute alle iniziative dei potenti di turno, nessuno vuole incrinare questi rapporti o trasformarli


SOCIETA’

in aperta conflittualità: dopo tutto la stragrande maggioranza ha radici europee. Deve solo cambiare quell'approccio che da sempre consente loro di legittimarsi in modo autorevole quando non palesemente autoritario. La si smetta, quindi, con le sviolinate, gli apprezzamenti (ipocriti o sinceri che fossero), la compiacenza, l'accettazione talvolta faticosa dei loro diktat: tutte cose che scambiano per manifestazioni di sudditanza. Già si sentono i padroni del mondo, se poi diamo loro troppo brodo, è chiaro che si esaltino. Quando i registi inseriscono nei film gli stupidi e ridicoli stereotipi, lontani mille miglia dalla realtà, con quella micidiale arma che si chiama ironia, li si metta a posto utilizzando ogni mezzo possibile, senza però fare i lagnosi e i risentiti: ironia, understatement e colpi di fioretto ben assestati. Nelle relazioni interpersonali si manifesti personalità, carattere, padronanza di sé e si faccia sempre trasparire il presupposto che siamo noi europei ad avere la vista lunga su ogni cosa, mentre loro, purtroppo, si tirano la zappa sui piedi perché non sanno discernere il grano dal loglio: si calchi su questo dato per farli andare in bestia, aiutandoli, in tal modo, a destrutturare il loro malato ego. Scrivo queste cose non a caso. Per ragioni di lavoro e non solo ho avuto molte relazioni con cittadini statunitensi e non ho mai consentito loro di "spadroneggiare", come di solito fanno, grazie all'altrui compiacenza. In Italia, al ristorante, se chiedono di mettere il parmigiano sulla pizza, senza indugio si dica che non è possibile, perché quel gesto infastidirebbe gli altri commensali e metterebbe in imbarazzo il personale. "Ma come, che c'è di male a mettere il parmigiano sulla pizza?" "Tutto. È una cosa che qui è considerata riprovevole e non si può fare. Mi dispiace". Se la stessa cosa accade negli USA non sarà possibile impedirlo, ma non si perda occasione per deriderli. Dopo una bistecca di settecento grammi chiedono una frittura di pesce? "Ma che sei pazzo? Guarda che se chiedi una cosa del genere ci arrestano tutti", si replichi sorridendo, ma in modo determinato, impedendo "assolutamente" che la richiesta venga effettuata, per evitare "brutte figure", anche se dovessero essere loro a pagare il conto. Nelle riunioni di lavoro si obietti con calma, ma con determinazione, ai diversi punti di vista ritenuti fallaci. A battute sagaci si risponda con maggiore sagacia, senza mai tradire agitazione: "Amico mio, apprezzo il tuo impegno, ma prima che le tue idee possano trovare pratica applicazione, sostituendo le mie, devi nascere due volte, senza che rinasca io. Ora non ho tempo per farti comprendere tutte le falle, ma ne riparleremo senz'altro. Intanto procediamo con quanto esposto perché il tempo stringe e maiora premunt". Non si perda mai l'occasione per una citazione latina! I concetti esposti sono chiari e applicabili in ogni contesto. Se si vuole esagerare, poi, li si porti in un bar per un caffè, strizzando l'occhio al cameriere amico, che capirà al volo e la tazzina, già solitamente bollente in modo insopportabile per loro, lo sarà ancor di più: lo spasso è assicurato perché non riusciranno mai a mantenere la tazzina tra le dita e accostarla alle labbra, mentre si chiedono a bocca aperta come facciano tutti gli altri a sorseggiare serenamente il caffè.

37


38

SOCIETA’

Assolutamente non si consenta loro di chiedere la tazza fredda, "vietata per ragioni d'igiene" e li si esorti a bere senza dare peso alla sensazione di scottatura: "Vedrai - si dica loro - dopo un paio di volte non ci farai più caso". Sanno bene che non ci riusciranno mai e anche siffatti episodi, generando frustrazione, risulteranno positivi per loro perché aiuteranno ad abbassare la cresta. In genere s'infastidiscono perché sono abituati a fare quello che vogliono, quando vogliono, soprattutto all'estero. Ribaltare tutto questo è un modo eccellente per ridimensionarli. Si parli di storia e si critichino senza mezzi termini usi e costumi, spiegando che è pazzesco mantenere ancora un emendamento che consenta il libero acquisto delle armi e lasciare l'aria condizionata accesa durante il week-end perché non possono permettersi di aspettare i cinque minuti che servono, al rientro, per rinfrescare la casa. E soprattutto si faccia comprendere che la vita umana non ha prezzo e che con i soldi che spendono per psicanalisti e psicofarmaci, oltre a quelli che sprecano in modo insulso, potrebbero fare tanto bene a chi ne abbia bisogno. Facciamoli sentire piccoli piccoli. Noi siamo europei. Scanniamoci pure tra noi, se proprio è necessario, ma non dimentichiamo mai che al cospetto degli altri abbiamo un solo ruolo da svolgere: quello dei maestri. CHE LA PANDEMIA SERVA DA LEZIONE Mentre scrivo questo articolo, alba del 15 aprile, i dati ufficiali riportano oltre 26mila decessi negli USA a causa del Covid-19 e oltre 600mila contagiati. Il presidente Trump, con l'ennesima estemporanea e bislacca decisione, ha scaricato tutta la responsabilità sull'OMS, che a suo dire "avrebbe fallito nell'ottenere tempestive informazioni sul coronavirus, gestito male e insabbiato la diffusione del virus", tagliando di getto i finanziamenti. Come noto, già all'inizio della pandemia, Trump, emulando l'amico Boris Jhonson, chiese al suo consigliere immunologo Anthony Fauci se riteneva plausibile lasciare inondare il paese dal virus, per favorire l'immunità di gregge. "Signor presidente, morirebbe moltissima gente", fu la risposta del principale esperto di malattie infettive della nazione, che per fortuna riuscì a farsi ascoltare. Nei miei colloqui con molti amici statunitensi, sempre all'inizio della pandemia, ho registrato all'unanimità la sottovalutazione del problema, il convincimento che tutto sarebbe terminato nel giro di un paio di settimane, che il paese non si doveva fermare, che gli allarmisti erano tutti degli imbecilli che non capivano nulla, che il covid-19 era una normale febbre come tante altre, etc. etc. Queste stesse persone, ora, sono barricate in casa e hanno radicalmente mutato il loro pensiero in merito alla pandemia. Ho detto loro che le vittime sono davvero tante e che se si vuole davvero onorarle e far sì che la loro morte non risulti vana devono cambiare una volta per tutte modo di


SOCIETA’

pensare e di agire, adoperandosi con ogni mezzo possibile affinché negli USA si creino presupposti di civiltà in virtù dei quali, prima di qualsiasi cosa, nessuno debba restare senza la possibilità di curare se stesso o un familiare. Il sospetto che restino parole al vento, però, è forte, ma prima o poi mi dovrà pur capitare di vedere il pessimismo dell'intelligenza soppiantato dall'ottimismo della volontà. Lino Lavorgna

39


40

DA LEGGERE


DA LEGGERE

41 37


42

SOCIETA’

Confini Idee & oltre

Penetrare nel cuore del millennio e presagirne gli assetti. Spingere il pensiero ad esplorare le zone di confine tra il noto e l’ignoto, là dove si forma il Futuro. Andare oltre le “Colonne d’Ercole” dei sistemi conosciuti, distillare idee e soluzioni nuove. Questo e altro è “Confini”

www.confini.org


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.