Confini 102

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Web-magazine di prospezione sul futuro

Confini

Idee & oltre

FALSI PROFETI

Numero 102 Febbraio 2022


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Confini Web-magazine di prospezione sul futuro Organo dell’Associazione Culturale “Confini” Numero 102 - Febbraio 2022 Anno XXIV Edizione fuori commercio

+ Direttore e fondatore: Angelo Romano +

Condirettori: Massimo Sergenti - Cristofaro Sola +

Hanno collaborato:

Gianni Falcone Roberta Forte Lino Lavorgna Sara Lodi Stefania Melani Antonino Provenzano Fausto Provenzano Angelo Romano Cristofaro Sola

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Contatti: confiniorg@gmail.com


RISO AMARO

Così al volo...

di Sara Lodi

Renzi pretende l'immunità retroattiva, e fino al terzo grado di parentela...

Per gentile concessione di Sara Lodi e Gianni Falcone

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EDITORIALE

PROFETI DI SVENTURA L'idilliaco quadretto di un'Europa tutta natura incontaminata e vivibilità semplificata, dove il birdwatching è lo sport continentale praticato da sereni cittadini che si spostano in bicicletta e dove l'energia è offerta dal sole benevolo, dai venti e da maree e moto ondoso è la perfetta polpetta avvelenata propinata ai cittadini dai falsi profeti che albergano e allignano nelle istituzioni europee e nelle potenti lobby delle imprese cosiddette green. E' il "politicamente corretto" elevato a favola, a onirico walhalla dove il premio per i diligenti cittadini-eroi è costituito da tante "PiccoleGreta" gonfiabili. Il cosiddetto "Green Deal", partorito da cervelli che vanno a clorofilla, gli europei, chi più chi meno, hanno già cominciato da tempo a pagarlo caro e amaro e, oggi, ancora di più con l'aggravante pandemia. I Decisori europei hanno decretato che nel 2050 l'Unione dovrà raggiungere la neutralità delle proprie emissioni di gas serra (neutralità climatica). Nel 2030 le emissioni dovranno ridursi del 55%. Chi inquina deve pagare. Su questo mantra è stato creato, già nel 1987, il mercato europeo delle emissioni (ETS) in base al quale chi produce CO2 o altri gas inquinanti deve stare nel suo tetto potendo acquistare o scambiare quote di inquinante. Il prezzo per tonnellata di CO2 è lievitato dai 24,5 Euro del 2020 ai 93,08 del corrente febbraio, a proposito delle gioie del libero mercato. Ovviamente tale rincaro si scarica sui prezzi, a partire da quelli energetici e, quindi, sulle bollette dei cittadini. Altrettanto ovvio è che il prezzo tenderà a salire man mano che si ridurrà il tetto delle emissioni. Ma non basta. Gli strateghi del "green" pensano di estendere la tassa anche ai trasporti marittimi e terrestri ed hanno pronta una carbon tax europea che si abbatterà sulle merci di Paesi non virtuosi quanto la UE in fatto di emissioni. Ergo saranno falcidiati tutti i prodotti di basso costo cinesi, indiani, etc. Per la gioia dei poveri d'Europa e come se l'atmosfera non fosse globale. Tuttavia il vero gioiello sinaptico è quello di aver puntato tutto sulla produzione, via solare/eolico, di idrogeno rinnovabile e sullo sviluppo di celle a combustibile efficienti e poco costose (ma per ora serve il platino per costruirle). Dimenticando completamente il nucleare pulito o, perché no, il solare nello spazio. Queste critiche non implicano una posizione retrogada in materia di tutela ambientale. Si vuole solo affermare con forza che la sostenibilità deve riguardare anche la vita e le tasche dei cittadini, soprattutto di quelli appartenenti alle fasce deboli e che l'ecologia vera parte da quella della mente.


EDITORIALE

Altra profezia di sventura ci viene sempre dai cervelloni europei che, fingendo di desiderare di voler vedere i cittadini europei tutti snelli, aitanti e salutisti, sta per introdurre un cervellotico sistema di etichettatura degli alimenti che definerebbe buone e salutari le patate fritte dei fastfood o la Coca Cola e nocivo l'olio d'oliva o il parmigiano. Non paghi, per sopramisura, i fautori del sistema "a semaforo" hanno pensato di introdurre anche il colore nero per contrassegnare ogni tipo di alcolico a partire dal vino (sic!). Ma gli italiani non sono da meno in quanto a idee balzane e nefaste ipoteche sul futuro visto che stanno trasformando l'Italia nella repubblica dei bonus, del debito e del “green-pass”. Angelo Romano

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SCENARI

FALSI PROFETI INCIPIT "Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci. Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere". (Matteo 7, 15-20) PROLOGO Non tragga in inganno l'incipit estrapolato dal Vangelo. La sua inclusione è stata a lungo ponderata perché, ovviamente, la difficoltà maggiore che presenta un articolo dedicato ai falsi profeti è il "taglio" da conferirgli, soprattutto in funzione di quanto scritto solo pochi mesi fa, nel numero 96, dedicato al confronto tra scienza e spirito. Il messaggio evangelico, quindi, assume un valore simbolico che trascende la matrice religiosa da cui scaturisce, espandendosi in contesti molto più ampi. Per i motivi più volte esposti in passato (riassumibili nel famoso aforisma di Henry Louis Mencken: "Il gregge è gregge e ha bisogno di un ovile") non è possibile dissertare sui "falsi profeti" riscontrabili nelle varie religioni, pur essendo essi strettamente connessi alla storia dell'uomo, condizionandola non poco, e non certo in modo positivo. Vi è un tempo per tutte le cose e per ora limitiamoci a coloro che abbiano agito al di fuori del misticismo religioso, magari sfruttandolo artatamente. Non sono stati e non sono da meno, in termini di negatività. Scegliamo anche di soffermarci nel nostro tempo. I falsi profeti del passato, del resto, sono stati più volte sviscerati in tanti precedenti articoli, a cominciare dall'imperatore Costantino, l'Andreotti e l'Enrico IV dell'antica Roma, per finire con i protagonisti dei vari movimenti culminanti in -ismo, ancorché sempre attuali, tra l'altro, sia perché non tutti definitivamente debellati dal genere umano sia perché il più pericoloso, il liberalismo, ha piena vitalità e, almeno per ora, manca un antidoto in grado di renderlo innocuo. PUBBLICITARI "La pubblicità è l'anima del commercio" è un ritornello a tutti noto. Peccato che la malvagità della sua anima non sia recepita dalle masse, che invece la subiscono in modo devastante. George Bernanos già nel 1947 sosteneva che "i motori di scelta della pubblicità sono


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semplicemente i sette peccati capitali, per la ragione che è molto più facile appoggiarsi sui vizi dell'uomo che sui suoi bisogni". All'epoca la pubblicità tendeva precipuamente a "far conoscere" dei prodotti, stimolando la voglia di acquistarli con tecniche di condizionamento subliminale, molto elementari sotto il profilo psicologico rispetto a quelle sviluppatesi nei decenni successivi, protese a renderli "simpatici e desiderabili". Il tutto, per lo più, attraverso "immagini statiche" pubblicate sugli organi di stampa o in manifesti affissi sui muri, accompagnate da brevi slogan. Chissà cosa avrebbe detto Bernanos, oggi, analizzando l'evoluzione del messaggio pubblicitario e la straordinaria abilità dei "creativi" nel condizionare le menti di miliardi di persone, inducendole a spendere soldi per prodotti non solo inutili, ma addirittura nocivi. Un condizionamento così forte che riesce a sconfiggere anche la consapevolezza! A nessuno, infatti, sfugge quanto possano essere nocive per la salute quelle merendine che piacciono tanti ai bambini; quei "panini" particolari venduti in famose catene di "fast-food", quasi sempre accompagnati da "gustose" bibite gassate e patatine fritte con olio di palma, non a caso definiti "junk food". Ma quanti sono i genitori capaci di tenere lontani i figli dal cibo spazzatura? Davvero pochi, considerati i fatturati miliardari delle aziende produttrici. I creativi esaltano i prodotti senza sottolinearne i difetti. Il pubblico sa bene che la pubblicità è menzognera, ma è come se fosse drogata da essa. Il prodotto pubblicizzato va acquistato, soprattutto se proposto da una star del cinema, della TV, dello sport. Personaggi che per uno spot di trenta secondi, nel quale appaiono per pochi attimi, guadagnano cifre iperboliche. L'attrice Giulia Roberts sorride per una decina di secondi, senza dire una parola, mentre acquista bellissime calze a Parigi, passeggia per le strade innevate di San Pietroburgo, per poi trovarsi magicamente a Verona. Per quel sorriso incassa un assegno a sei zeri, vacanza gratuita a parte in tre stupende città, per le riprese! Tutti soldi che incidono sul costo finale del prodotto perché la pubblicità la paga il consumatore! Quanto si potrebbe risparmiare se si smettesse di ricorrere ai personaggi famosi per la promozione? Davvero tanto! Nel 1945, ad Abbiategrasso, in provincia di Milano, nacque la ditta Vichi Apparecchi Radiofonici che, sicuramente, non sollecita alcun ricordo nella maggioranza dei lettori. Se scriviamo il nome con l'acronimo assunto a partire dal 1963, però, le cose cambiano radicalmente e tutti diranno: "Ah, sì, la ricordo benissimo!" Dagli anni Sessanta agli anni Novanta del secolo scorso, infatti, i televisori MIVAR dominavano il mercato grazie all'alta qualità e ai prezzi concorrenziali, favoriti dalla rinuncia a ogni forma di pubblicità, se non quella del "passaparola" tra i consumatori, ovviamente ottenuta a "costo zero". Sono trascorsi poco più di venti anni dal declino, sancito dall'affermazione dei prodotti coreani e giapponesi, abilmente venduti con campagne pubblicitarie di altissima qualità. Solo venti anni, eppure sembra un secolo, in virtù delle veloci trasformazioni sociali. Oggi si assiste a una vera e propria guerra tra le multinazionali concorrenti, che però spesso trovano comodo "fare cartello" in modo da tutelarsi vicendevolmente, ovviamente a danno dei consumatori, non solo dal punto di vista economico.

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Le auto truccate in modo da impedire la vera rilevazione dei livelli di inquinamento e pubblicizzate come "auto green" sono emblematiche di un cinismo criminale che denota il vero volto di soggetti capaci di "uccidere" senza ritegno pur di produrre utili. Si potrebbe continuare a lungo nel cesellare le distonie di un sistema marcio, ma quanto scritto è più che sufficiente per delineare i contorni di una bruttissima realtà. Questo capitolo, pertanto, si può concludere aggiungendo solo il paragrafo dedicato alle nuove leve dei falsi profeti: i cosiddetti "influencer", autentici "signor nessuno" molto abili, però, nel trasformare in oro tutto ciò che toccano, a cominciare dalle loro facce e dal loro corpo che, proposti nei social in foto ammiccanti, fruttano decine di migliaia di euro "al giorno" e talvolta "centinaia", grazie alla stupidità dei fans, che li venerano come un tempo venivano venerati gli Dei dell'Olimpo e sono pronti a svenarsi pur di acquistare tutto ciò che loro propongono, a prezzi esorbitanti rispetto a quelli di prodotti analoghi facilmente reperibili, ma senza la "loro firma". SCIENZIATI DISONESTI Per certi versi non sono dissimili dai falsi profeti che vendono fumo e illusioni con la pubblicità, ma molto più pericolosi. Non saranno certo pochi i lettori di questo magazine che abbiano combattuto (vincendola) la battaglia contro il nucleare. Tutti, ricorderanno, quindi, i numerosi "scienziati" che si affannavano a scrivere articoli, saggi, complessi trattati, per spiegare, dall'alto della loro "autorevolezza accademica", che le centrali nucleari sono sicure, che le scorie radioattive non costituiscono un pericolo e che gli ambientalisti sono un branco di trogloditi ignoranti, nemici del audacia temeraria igiene spirituale progresso. Non vi era programma televisivo che non desse voce ai loro turpiloqui e forse qualcuno parlava in TV anche alle ore otto ventitré minuti e quarantacinque secondi del 26 aprile 1986, ignorando che proprio in quel momento, in una sconosciuta cittadina dell'Ucraina dal nome impossibile, Pryp"jat', le menzogne profferite con diabolica abilità dialettica, lautamente retribuite dai "poteri forti" di cui erano servitori, furono seppellite da una nube micidiale che ben presto travolse mezza Europa. Quella città, che allora contava cinquantamila abitanti, molti dei quali dipendenti della vicina centrale nucleare Èernobyl', è oggi una città fantasma. E lo resterà ancora a lungo: gli scienziati "non disonesti" parlano di un arco di tempo che va dai tremila ai ventimila anni, prima che vi si possa fare ritorno senza pericoli! Ci dicono, in sintesi, che non è ancora possibile stabilire con esattezza la "mostruosità" della contaminazione radioattiva. Nel 2011 fu travolta da uno tsunami la centrale nucleare giapponese di Fukushima. Come per Èernobyl' è impossibile stabilire con certezza il numero delle vittime, perite anche a distanza di molti anni. Parliamo di centinaia di migliaia di persone, forse milioni, e di interi territori contaminati per millenni, ivi comprese vaste aree oceaniche, con terribili conseguenze per la catena alimentare. Nondimeno molti scienziati, ovviamente ben foraggiati, continuano ancora oggi a parlare di


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"centrali nucleari sicure" e purtroppo non mancano i politici che fanno finta di prenderli sul serio, essendo più criminali di loro. Anche le case farmaceutiche si avvalgono di "falsi profeti" lautamente retribuiti, ma su di loro limitiamoci solo a questo accenno, perché la materia è molto più complessa e richiede una trattazione "speciale" ed esclusiva. POLITICI L'articolo, diciamolo pure senza tanti giri di parole, può ritenersi concluso senza alcun bisogno di questo capitolo, perché è davvero stucchevole parlare di figuri che, soprattutto oggi, sono più assimilabili alle macchiette dell'avanspettacolo che ai "veri" falsi profeti del passato recente e remoto. Di fatto i politici contemporanei si possono tranquillamente associare ai pubblicitari succitati, perché anche loro vendono fumo spacciandolo per l'arrosto di cui, invece, fanno incetta. Sempre in questo numero, tra l'altro, nell'articolo intitolato "A.A.A. ALLARME ROSSO", vi sono ampi ed ennesimi riferimenti all'inconsistenza della classe politica. La storia italiana è quella che è; certe cose ce le trasciniamo dietro da tempo immemore e non serve essere Cassandra per presagire che dureranno ancora a lungo. "CONFINI" ha la presunzione di "volare alto" ed è giusto che mantenga "uno stile" che lo preservi dalle piccole cose. I guasti generati da chi rivesta indegnamente ruoli di potere vanno sì analizzati, ma solo come "fenomeni sociologici", senza alcun bisogno di citare la lunga lista dei piccoli figuri che ne sono responsabili. Di essi si occupa ampiamente la cronaca e vi è un giornale che pubblica una rubrica intitolata "Ma mi faccia il piacere", parodiando un celebre verso di Totò: le tristezze e le contraddizioni di una classe politica imbelle, insieme con quelle dei sodali nei media e altrove, vengono esposte con gustosa ironia e raffinato sarcasmo e chi lo desideri può comodamente dedicarsi a quella gradevole lettura. Le macchiette è giusto trattarle come tali, senza alcun bisogno, però, di conferire loro l'immeritato onore di essere rampognate su un magazine di alto profilo culturale. Lino Lavorgna

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ASPETTANDO GEREMIA Ma … dico … dove sono più i profeti? Me lo chiedo perché il tema proposto lascerebbe supporre che, attesi i profeti falsi, se ne possano trovare di veri. In realtà, l'arte del profetare si è persa da tempo per più di un motivo: l'evoluzione biologica dell'essere umano ha atrofizzato intanto la memoria. Il che è già un problema ma, trattandosi di vaticinare, sarebbe un danno minimo se non fosse che analoga maligna sorte ha avuto quella parte del cerebro che serve a comparare e a dedurre. Il tracollo è avvenuto, infine, quando si è arresa anche quella porzione che, a mezzo di segni codificati, percepiva il trascorrere del tempo. E ciò ha lasciato al povero uomo la sola lettura del presente: il suo sguardo non può oltrepassare la linea dell'orizzonte. Domani è un altro giorno, avrebbe detto Rossella O'Hara nella sua tenuta di Tara, stagliata, di spalle, su di un incendiato tramonto. Chissà, forse siamo diventati tutti di 'destra', riterrebbe Nietzsche di fronte ad una situazione del genere, peraltro aggravata da un contesto operativo fatto di 'certezze' e parole d'ordine, paradossali in uno scenario che igiene rasenta spirituale il caos. Ebbene, il grande filosofo, tanto amato dalla audacia temeraria 'liberale destra', ebbe a scrivere a proposito delle simpatie politiche di Voltaire, al quale peraltro dedicò il suo 'Umano, troppo umano': "il vantaggio della cattiva memoria è che si godono parecchie volte le stesse cose per la prima volta."1. Già, la cattiva memoria o, come dicevamo, l'assenza di memoria che fa sì che le boiate roboanti ascoltate di mattina e rimaneggiate la sera possano essere tranquillamente riproposte il giorno dopo. Quindi, a che servono i profeti? Comunque, c'è di più. Di solito, vengono definiti tali coloro che hanno capacità divinatorie, quando non ispirati da Dio, per rivelare fatti ignoti alla mente umana E così è stato per molti secoli dando luogo ad un'intensa attività postuma alla profezia di turno perché gli eventi successivi si allineassero alle sue predizioni. Purtroppo, come abbiamo scritto molte volte, il maggior ispiratore è passato a miglior vita e se n'è persa, ovviamente, persino la memoria. Perciò, non c'è rimasto alcunché di immanente ad influenzare un qualsivoglia predicatore di turno perché eviti la noiosa sequela di sciocchezze che puntualmente ammannisce agli astanti. 2 Anzi, si vocifera che prossimamente andrà rivisitato il Vangelo di Luca in quanto non meglio precisati 'falsi profeti' sono l'oggetto delle Maledizioni di Gesù, pronunciate a valle delle Dieci Beatitudini e del Discorso della Montagna. E non è che l'evangelista avesse il dono della profezia del prevedere la nascita del mormonismo, dell'avventismo e del cristianesimo scientista, ispirati rispettivamente dal predicatore William Miller, da Joseph Smith e da Mary Baker Eddy, bollati


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dalla Chiesa come 'falsi profeti'. Il che resterebbe nell'ambito dell'opinione e nulla più se non fosse per il fatto che l'evoluzione biologica ha colpito anche i critici di quei movimenti, privandoli della memoria circa la loro dottrina e accomunandoli di fatto ai criticati. Un vero e proprio guazzabuglio fino a non sapere più chi sia chi. Così, per cercare di chiarire il pensiero ecclesiale, il maggiorente clericale ha scelto come luogo propizio di alta audience Che Tempo che Fa dello scorso 6 febbraio tenuta dal vaticinante Fabio Fazio. Inutilmente, mancando le premesse. Ma, poi, ammettiamolo. Attesa l'influenza dell'entità divina sul profeta, questo si distingueva dal mistico perché a differenza del secondo intendeva operare attivamente nella storia ed in questa, tanto per scomodare Max Weber3, esercitare una funzione politica a partire da trampolini etici. Ma l'etica è stata fortunatamente cancellata dai dizionari non trovando più memoria nel passato e, conseguentemente, non avendo più necessità di proiezione nel futuro. Si è tentata la respirazione bocca a bocca contrapponendola a pathos come componente del logos, dando alla prima un senso di leggerezza. Ma dopo le veementi rimostranze di Eraclito e di Filone il progetto è stato abbandonato. Così, ciò che è venuto meno contestualmente è l'impegno postumo a porre in essere atti, eventi, comportamenti così da richiamare la profezia e avvalorare l'agire del momento. Del resto, a causa dell'evoluzione biologica, non ce n'è più alcun bisogno rendendo perciò libero il fine dicitore d'occasione di sproloquiare a piacimento, scevro della responsabilità della sua prestazione, mancando soprattutto i critici che avrebbero potuto censurarlo. Non c'è che dire: si vive meglio senza l'incombenza di doversi allineare ad un qualcosa di astruso, scatenato probabilmente da un'indigestione di peperoni. Non può essere altrimenti: chi mai, oggi, avrebbe voglia di riconoscere del livello di Isaia, Geremia, Ezechiele, Daniele, uomini di spessore suoi predecessori e cercare di adeguarsi alle loro predizioni? Senza considerare, poi, che i vaticini erano spesso oscuri, da interpretare con difficoltà, frutto con ogni probabilità di una pesantezza di stomaco. Oggi, invece, la velocità è d'obbligo: una pronta decisione ed un repentino effetto sono gli elementi vincenti che dureranno, certo, lo spazio di una giornata. Ma … domani è un altro giorno, si vedrà, cantava Ornella Vanoni nel lontano '72, rivestendo inavvertitamente i panni del profeta cinico. C'è da dire, ad ogni buon conto, che almeno un profeta qualcosa di utile per i nostri tempi lo ha lasciato: mi riferisco a Michel de Nostredame o Miquèl de Nostradama, meglio noto come Nostradamus, vissuto nel '500, i cui presagi, espressi in quartine e centurie all'interno del suo libro Les Propheties4, vengono seguiti e considerati ancor oggi come un gioco di società. Infatti, immancabilmente, ad ogni evento degno di rilievo è d'uopo la rilettura di quel testo per cercare l'aggancio e, da lì, fiumi d'inchiostro che riempiono pagine di quotidiani e di rotocalchi mentre venti impetuosi di fiati di illuminati allietano le serate del telespettatore. Sono riusciti a trovare un aggancio persino con i bitcoin, la nota criptovaluta che nella sua inarrestabile ascesa fa temere di veder soppiantato il denaro corrente; in linea, peraltro, con l'interpretazione corrente del relativo vaticinio. Diciamolo, non ce ne fregherebbe alcunché del noto astrologo, scrittore, farmacista e speziale

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francese se non fosse per il fatto che i sapienti interpreti del suo pensiero puntualmente ci accorano nel porre l'accento sulla versione catastrofistica dell'interpretazione lasciandoci tra il timoroso e il perplesso. In realtà, ritengo non freghi nulla neppure agli istruiti commentatori ma l'audience incombe e il sensazionale paga. I telespettatori, i lettori di quotidiani o rotocalchi, dei loro timori e perplessità se ne facciano una ragione. Beh! D'accordo ma almeno, qualcuno dica loro che le previsioni in parola arrivano sino all'anno 3797 così da rassicurarli che, almeno per quasi altri tre millenni, questo nostro mondo sopravviverà, con le sue bellezze e le sue storture. E ciò nonostante tutti gli interrogativi sollevati dall'aspirante profeta Giacobbo, peraltro senza risposta alcuna. Quindi, ricapitolando, di profeti non ce ne sono più sia per la scomparsa del referente divino che per l'evoluzione biologica e per gli effetti sul cerebro che questa ha comportato. Un'evoluzione che purtroppo ha colpito un po' tutti facendoci dimenticare, tra l'altro, il passato, privandoci di una piattaforma di raffronto e precludendoci la capacità di indagare il futuro. No, non eravamo certo profeti ma una scintilla albergava in noi, divina o meno che fosse, e il noto come base e la speranza come propulsore ci spingeva in avanti. Ma la natura malevola era in agguato e, come una sorta di empatia, ha passato la mutazione da soggetto a soggetto non sapendo più, alla fine, se sia nato prima l'uovo o la gallina. La dimostrazione è lì, davanti ai nostro occhi dove remunerati soloni ci hanno informato che sono state reperite uova d'uccello datate ben 200 milioni d'anni fa. Eh! Ma chi le ha deposte? Va detto, ad onor del vero, che particolarmente matrigna è stata verso due categorie di soggetti, disastrosamente colpiti dal rivolgimento biologico: gli scienziati e i politici. Due categorie che con uno sforzo di immaginazione potevamo assimilarli ai tradizionali profeti: i primi, con la forza delle loro conoscenze, riuscivano ad intravedere una possibile risposta alle loro ricerche a beneficio dell'umanità mentre i secondi, con l'intuito e la lungimiranza, arrivavano a scorgere la via maestra dell'interesse del popolo e vi indirizzavano il loro agire. Purtroppo, l'attacco genetico ha spazzato via il consolidato paradigma lasciando al suo posto il vuoto. Malauguratamente, la più deludente e drammatica costatazione di un simile fenomeno l'abbiamo avuta nella dannata presenza di una pandemia, quando cioè vi sarebbe stato più bisogno di competenza e di decisione razionale. Eh! Quando il destino cinico e baro ci mette lo zampino… I primi, gli scienziati soprattutto esperti di virologia, si sono lanciati in proclami da incubo evocando sfondi da peste bubbonica e lasciando il povero ascoltatore e telespettatore basito e tremebondo: un giorno dopo l'altro di bombardamento infodemico, mentre i bollettini dell'Air Strategic Command, dell'Area 51 e della stazione spaziale orbitante attorno alla Terra, supervisionati da Mago Merlino, avvertivano i terrestri dell'incalzare dell'orribile parassita intracellulare mentre il panico vuotava le strade e serrava i luoghi di lavoro e le scuole. Qualche scienziato ha provato a ragionare ma un fiume d'invettive dalla maggioranza degli invasati si è riversato sul suo capo facendo perdere alla ragione la via della luce. Ma non è bastato: le misure poste in atto per contenere l'avanzata aliena hanno risentito della mutazione genetica degli operatori di scienza.


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Così, nessuno riesce ancor oggi a spiegare perché in caso di passeggiata con animale al seguito, necessaria per evitare l'ipertrofia delle gonadi, la distanza massima consentita dalla propria abitazione è stata di 200 metri. E, ancora. Dati come la capacità di contagio, la morbilità, la durata patogena del microrganismo hanno subito variazioni alla giornata. La plastica, ovviamente, in linea con la politica green, è stata da subito bollata come la materia che trattiene l'agente per più tempo, soppiantata da lì a breve dalla stoffa, e poi dalla carta, indi dal vetro e, infine, dai metalli. Cosicché, ad oggi, non sappiamo quale sia la superfice di maggior attrazione. Ma ormai ha poca importanza perché la sofisticazione delle mascherine, a suon di miliardi, ha seguito la procellaria nelle sue giravolte. I guanti, invece, hanno avuto vita breve e non sono divenuti 'accessori al seguito', non hanno beneficiato di art director né hanno avuto dignità nelle sfilate. E mentre gli esperti virologi s'inseguivano per aggiungere colore alla tela psichedelica e cubista, quando ormai si stava pensando di stendere i malati su suolo sacro accostando loro il femore dell'asino di San Gedeone, ecco all'orizzonte una fiaccola di speranza accesa dalla scienza stessa: c'è un vaccino, no ce ne sono due, no no, contrordine compagni, ce ne sono ben quattro. A qualcuno con residui di memoria, ormai sfilacciata, gli era parso di ricordare che per sfornare un vaccino degno di tal nome occorrevano quasi due lustri. Ma il meschino è stato prontamente tacitato dagli scientisti accalorati e accusato di avere una memoria (sic) risalente al paleolitico: l'altruistica collaborazione tra centri d'indagine e di sperimentazione in tutto il mondo aveva consentito di saltare a piè pari tutte le fasi intermedie e di scodellare la panacea della pestilenza. Già… la mutazione era in atto e la sicumera degli scienziati anche: così il presunto vaccino, a dicembre '20 venne dichiarato capace di immunizzare al 90%; al 75% nella primavera passata, poi al 50% in estate. Nelle dichiarazioni dello scorso settembre, riduceva solo la trasmissione mentre in quelle di ottobre evitava unicamente la forma grave. Nel novembre, invece, evitava solamente la terapia intensiva. Infine, nello scorso dicembre, l'ennesima affermazione: non impedisce il contagio, anche in forma grave da terapia intensiva ma allontana la morte. Sarebbe il caso di chiedere se quel farmaco abbia diritto a definirsi vaccino ma con la memoria incardinata sull'eterno presente ogni novità è una notizia e come tale trattata. Dal ché una vasta campagna di sensibilizzazione del popolo mirata proprio ad evitare la morte: è sembrato di assistere quasi alla nascita di una nuova fede religiosa (o ad un duplicato della vecchia): se credi in me non morirai. E ripercorrendo le vie della vecchia fede, è stata scelta la strada della Santa Inquisizione. C'è stata, in verità, una certa riottosità iniziale ma gli sforzi dei virologi non hanno incontrato limiti: dimentichi delle loro precedenti assicurazioni, si sono persino prestati in coretti a tre voci sulle note di Jingle Bells per indurre i riottosi all'assunzione del farmaco. Un triste, deprimente spettacolo che ha mostrato il segno della fine della capacità di altruistica preveggenza della scienza ma, per buona sorte, la mutazione ha colpito un po' tutti e pochi hanno avuto il dispiacere di una tale costatazione. Ed è stato un bene perché recentemente quegli stessi scienziati, hanno cominciato ad esprimere dubbi sulla bontà di quel prodotto, sulle sue modalità d'impiego e sulle misure adottate al seguito. Che strana mutazione. Certo è che quando Astolfo sarà riuscito a recuperare il senno di Orlando

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con l'aiuto di San Giovanni, grande profeta, un serio e approfondito studio sull'argomento dovrà 5 essere condotto. E, a proposito di profeti, speriamo che non sia una vox clamantis in deserto . L'altra categoria di soggetti a vocazione profetica particolarmente colpita dalla mutazione è, come dicevo, quella dei politici. Già da tempo i segni del degrado erano visibili ma, nutrendo considerazione ed affetto verso una persona cara, siamo stati portati a non vedere come il tempo e l'alterazione biologica intanto segnavano crudelmente, più che i tratti somatici, la loro mente, perno fondamentale, basilare della loro esistenza. Sono trent'anni, infatti, che danno luogo ad atti scoordinati e incoerenti che, in un primo momento, hanno suscitato compassione. Poi, piano piano, è emersa l'amara costatazione: sono irrimediabilmente persi. Da ultimo, infine, i comportamenti adottati farebbero propendere per una loro acquisizione in un luogo di contenimento, onde evitare danni irreparabili a sé stessi e agli altri, ma purtroppo il presentismo in atto, abbinato alla perdita della memoria, nella loro perfidia non hanno fatto registrare al loro elettorato quelle piccole variazioni giornaliere di scadimento dei neuroni fino a che il quadro squallido e desolante di quell'esistenza e di quell'agire non si è manifestato in tutta la sua angosciosa realtà. Ed oggi, con quel minimo di cerebro intatto che mi è rimasto, ritengo che siamo all'ultimo atto di questa ingloriosa rappresentazione. È iniziata sull'onda della moralizzazione e del riscatto. Deus vult fu il grido lanciato da Pietro l'Eremita nel promuovere la sua Crociata dei Pezzenti, irresponsabilmente anticipatrice delle schiere 'regolari' dei crociati. Una crociata, quella di Pietro, che nel suo incedere verso Costantinopoli compì tali e tanti misfatti da essere combattuta persino da governanti cristiani. E una volta giunta nella capitale bizantina, si dice che sparì addirittura il piombo dei tetti con grande disappunto dell'imperatore Alessio. Ciò nonostante, la carità cristiana indusse il Primo Comneno a cercare di dissuadere quelle schiere dall'attraversare il Bosforo alla volta di Gerusalemme. Ma fu tutto inutile: i turchi selgiuchidi le attendevano e nella battaglia di Civetot le massacrarono. Pietro l'Eremita si salvò. Opportunamente, aveva preferito attendere presso la corte l'arrivo dei 'regolari'. Morirà dieci anni dopo nella cittadina vallona di Neufmoustier. E dalla moralizzazione e riscatto sulle quali si è alzato il sipario, siamo passati, una scena via l'altra, attraverso una paurosa impennata del debito pubblico, una soppressione sistematica di tutele giuridiche e sociali, una disgregazione del sistema sanitario, la precarizzazione generale del lavoro mentre gli scherani al seguito continuavano a rubare il piombo dai tetti. Eh! Sì. La mutazione cominciava a manifestarsi: mandatari che agivano a danno dei loro mandanti, nel silenzio generale. Ma eravamo ancora lontani dalla mezzanotte. Si dice che lo scorpione quando non ha via di scampo uccide sé stesso, un po' come gli allucinati, ed è praticamene quello che è accaduto di recente: gli avventati crociati, sovvertendo le leggi dell'economia nel loro dichiarato profetico agire, cominciarono a regalare soldi a sedicenti indigenti senza minimamente preoccuparsi da dove erano presi e a chi veramente erano destinati. Qualcuno, con un pizzico di resipiscenza residua, ha assodato che le frodi accertate ammontano a miliardi di euro dei quali si intravedono poche possibilità di recupero.


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Ma ciò che sconcerta quella sparuta pattuglia di ostinati resistenti alla mutazione è il significato prospettico di 'accertate'. Lì, comunque, la politica ha iniziato a cantare in coro il suo De profundis. La pandemia è intervenuta al secondo atto. Ed il brodo di coltura avviato dalla scienza, ha debordato sulla società attraverso il catalizzatore politico. Gli atti compiuti in merito e le disposizioni date hanno rasentato la schizofrenia come la gestione dei tamponi e del green pass divenuti una sorta di test di quoziente intellettivo dove i vaccinati devono effettuare il tampone per essere certi di essere negativi mentre i non vaccinati devono vaccinarsi perché i tamponi non sono affidabili e non fanno ottenere il green pass. Da ridere se non fosse da piangere. E, ciò, mentre una montagna di denaro ha continuato ad essere sperperata in una dissennata distribuzione a pioggia, mentre i più inutili bonus sono stati distribuiti a piene mani, mentre sono fioccati ordini per mascherine e guanti a suon di miliardi ad aziende inesistenti o non qualificate, mentre banchi scolastici con rotelle, rotti nello spazio di un mattino, sono stati accatastati nei corridoi in beffa alle centinaia di milioni spesi, mentre negli ospedali, depauperati dalle paranoiche profezie dei moralizzatori e trasformati in aziende in sfregio ai principi ispiratori, si è scatenata la caccia al 'contagiato' dal valore di migliaia di euro a letto occupato. Mentre l'unico intervento sull'economia dal quale aspettarsi un ritorno avrebbe potuto essere il controverso sconto fiscale del 110%. Però la capacità profetica dei reggitori della cosa pubblica si era esaurita ed anche quell'intervento, alla fine, si è rivelato l'ennesimo flop dell'epilogo politico: le frodi accertate, anche in quel caso, sembrano ammontare a oltre cinque miliardi, rivelandosi peraltro un regalo elargito a banche che anticipano, scontandolo, il credito alle imprese e a nullatenenti che, senza il benché minimo controllo, compiono la stessa funzione. Da non credere. Ma i segni più evidenti della debacle neurale erano dietro l'angolo. Ad un certo punto, i politici si sono smarriti sulla via di Damasco e anziché giungere al punto decisivo della visione, all'incontro col destino nell'ora cruciale che batte sul quadrante della storia, hanno deciso di fermarsi, smarriti e confusi. Se il grande Giulio fosse ancora tra noi avrebbe detto: "So' ragazzi …" con una punta di compatimento. Fortunatamente, tra loro c'era qualcuno più anziano che si ricordò del vecchio Carosello, quello del Miracolo Economico, e intonò: "Gigante, pensaci tu" richiamandosi al personaggio fantastico della Ferrero che aggiustava le cose dopo che Jo Condor le aveva incasinate. Ed ecco che il Gigante è intervenuto inducendo Jo Condor, che nelle more si era procurato la Mutua, a desistere. Così i bambini, dimentichi della loro passata veste, gioiosi e festosi si sono accodati al Gigante. Però, a quel punto, la politica era finita. E se a qualcuno era residuato un dubbio le cartine di tornasole sono state inventate per questo. Non si poteva evitare l'appuntamento per il rinnovo della Prima Carica dello Stato, l'elezione del Presidente della Repubblica, per un nuovo settennato. E, in altri tempi, si sarebbe potuto 6 pensare che, data la gaia comitiva ad accompagnare il Gigante, accordi preventivi fossero stati presi. O, almeno, che le diverse componenti avessero loro candidati da sostenere. Ma il tempo era trascorso e l'involuzione biologica aveva raggiunto l'acme: perciò, intanto si

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scordarono del perché qualcuno li definiva 'grandi elettori', poi si dimenticarono i nomi dei candidati e avrebbero continuato sine die a votare scheda bianca se, ancora una volta, il Gigante non li avesse richiamati all'ordine e, tanto per concludere quel pietoso spettacolo, non si fosse adoperato a ché il cessato Presidente non dichiarasse la propria disponibilità per un nuovo mandato. Con tutto il rispetto per il Capo dello Stato, c'è da restare allibiti e accettare che i profeti non ci sono più. Oggi, ad intrattenere le folle e a indirizzarle ci sono i saltimbanchi e i prestigiatori, le Donne Cannone e i Domatori di Leoni, gli elefanti acrobati e provetti trapezisti con i Direttori di Sala, dalla multicolore marsina e con i baffi a manubrio, che annunciato al folto pubblico i numeri che si susseguono. Non voglio aprire un altro tema ma soltanto soffermarmi un attimo su una plastica rappresentazione del Circo: potrei ritornare ancora una volta sulle condizioni dell'Unione e sul suo agire, anche in ordine alla gestione della pandemia ma, francamente, mi è venuta a noia. Il fatto è che anch'essa ha deciso di denegare il suo ruolo, quale che sia, per lasciare spazio di manovra sul suo territorio ai Direttori di Sala. L'Ucraina è lì a dimostrarlo. A sentire imprenditori italiani, la vita a Kiev scorre normalmente. Cinema, teatri e ristoranti sono pieni di gente serena. Sembra che il clima da tregenda sia dovuto solamente all'isteria americana, britannica e della Nato. Sembra altresì che l'Ucraina, essendo sul tracciato del vecchio gasdotto, non voglia rinunciare alla sua posizione privilegiata trovando in ciò il sostegno degli americani, contrari al nuovo gasdotto Nord Stream 2 che escluderebbe l'Ucraina stessa e rafforzerebbe la Russia. Un gasdotto, quello nuovo, peraltro realizzato dalla collaborazione tra la stessa Russia e la Germania la quale, probabilmente su pressione americana, ne blocca ora l'utilizzo. Il mancato impiego impedisce che 55 miliardi di metri cubi di gas annui giungano nelle case europee ed il prezzo dell'energia è andato alle stelle, insieme a quelli dei trasporti. In sostanza, il costo della strategia americana di contrasto alla Russia sembra essere pagato solo dall'Europa, senza che la co-artefice Germania proferisca verbo. E mentre la carta stampata e i sistemi audiovisivi urlano di venti di guerra che soffiano sui confini, mentre truppe americane si addensano sulla frontiera e intimano all'Orso russo di indietreggiare, si dice che questo sia rimasto un po' perplesso e poi abbia proferito: "Io sono a casa mia. Perché dovrei farlo? Semmai, fatelo voi.". Da gag umoristica. Ma lo sconcerto è il silenzio europeo. I reggitori dell'Unione non ridono nemmeno. Eppure, dal 2024 l'Ucraina avrà il titolo di candidato membro e dal 2030 o giù di lì sarà componente effettivo. A che pro? E chi può dirlo? Di profeti, come dicevamo, si è persa traccia. L'unico auspicio è che il tempo, nella sua circolarità, ce li riporti. Speriamo che, nella eventualità, Geremia non sia troppo critico nei nostri confronti e che tutti, poi si possa costatare la veridicità delle sue affermazioni. […] … Proclamatelo fra i popoli e fatelo sapere,


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non nascondetelo, dite: Babilonia è presa, Bel è coperto di confusione, è infranto Marduch; sono confusi i suoi idoli, sono sgomenti i suoi feticci. …. Roberta Forte

Note: 1. Friedrich Nietzsche – Umano, troppo umano – Ed. Adelphi – Volume primo – pos. 580 2. Luca – 6,24-26 3. Max Weber - Theory of Social and Economic Organization. Chapter: "The Nature of Charismatic Authority and its Routinization". 4. Carlo Patrian – Nostradamus, Le profezie – Ed. Mediterranee 1983 5. Isaia 40,3 - Marco 1,1-3 – Giovanni 1, 22-23 6. Da https://www.treccani.it/vocabolario/comitiva/ - comitiva s. f. [dal lat. mediev. comitiva; cfr. il lat. tardo comitivus «pertinente al comes, cioè al conte»]. – 1. letter. Insieme di persone che accompagnano un personaggio di riguardo

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ALLARME ROSSO: ITALIA AFFONDA. A.A.A. PERSONE SERIE CERCASI. Cari italiani, è inutile perdere tempo nel commentare quanto accaduto in occasione delle recenti elezioni presidenziali e puntare l'indice contro i politici per lo spettacolo indecente, che per l'ennesima volta ha sbalordito il mondo intero. È inutile perché i veri responsabili dello sfascio nazionale siete voi che, sin dalla fine dell'ultima guerra mondiale, avete mandato al potere quanto di peggio si potesse raccattare nella società, costringendo tante brave persone all'oblio o addirittura a scapparsene all'estero. Decennio dopo decennio, o addirittura anno dopo anno, con deprecabile impeto irrazionale avete elevato al rango di primi attori autentici pagliacci (absit iniuria verbis per i rispettabilissimi pagliacci circensi), salvo poi gettarli nella polvere quando vi siete resi conto che non erano buoni nemmeno come comparse. Nel frattempo il Paese sprofondava e continua a sprofondare, non solo metaforicamente, sotto il peso di un potere sempre più contaminato dall'inconsistenza di chi lo eserciti e dalla crescente propensione a sfruttarlo per fini personali. Che altro deve ancora accadere affinché vi rendiate conto dei guai che avete combinato? Quando vi deciderete a comprendere che dietro ogni azione si cela la qualità di chi la ponga in essere e uomini senza qualità possono solo compiere azioni di pessima qualità? Qualche settimana fa, in uno dei tanti programmi televisivi incentrati sulla farsa quirinalizia, una buona lezione di dottrina politica è pervenuta addirittura da Paolo Cirino Pomicino, un vecchio arnese espressione della peggiore congerie dei vecchi predatori seriali, che ha ridicolizzato i partiti senz'anima e senza basi culturali, con nomi che assomigliano a quelli dei prodotti di consumo, destinati a dissolversi nel nulla quando non dovessero avere più al timone i mediocri figuri che li hanno fondati per assicurarsi qualche comodo scanno parlamentare e un po' di poltroncine per i servitori. Quando un popolo si riduce a dover prendere lezioni da siffatti soggetti, vuol dire che o cambia davvero pagina o è destinato a perire. Che cosa occorre fare, quindi? L'astensione dal voto non serve: in questo modo si fa solo il gioco dei nuovi predatori, che possono contare su un solido elettorato fideistico, la cui consistenza è direttamente proporzionale all'aumento dell'astensionismo. Manca un anno alle prossime elezioni: urlate forte il vostro disgusto e spingete con tutte le vostre forze affinché si vari una legge elettorale di stampo proporzionale! Ve lo dice un convinto assertore del maggioritario! Il Paese non si cambia dall'oggi al domani.


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C'è bisogno di un lungo lavoro, che va fatto soprattutto per le generazioni future. L'inizio può essere rappresentato solo dalla progressiva immissione, nel Parlamento, di persone serie e capaci e questo è possibile solo con una legge elettorale che tuteli le formazioni piccole, ma qualitativamente di alto spessore. Serve soprattutto una formazione di destra capace di chiudere definitivamente l'infausta e infame stagione che ha conferito dignità politica alle macchiette del cosiddetto centro-destra che, come ho più volte scritto, incarnano il peggio del "centro" senza avere nulla che possa configurarsi come "destra". Il rischio è grande, non bisogna nasconderlo. Tutti i fetentoni impegnati in politica, infatti, stanno spingendo proprio in tal senso, ritenendo di poter ritornare ai fasti del pentapartito, quando si riusciva a comandare anche con l'1% dei voti. (Fa eccezione Bersani, che non sarebbe onesto associare ai fetentoni, la cui propensione a favore di una legge di stampo proporzionale muove da considerazioni per molti versi affini a quelle qui enunciate). L'alternativa è il sistema attuale, che consente ai capipartito di portarsi in Parlamento una bella ciurma di attendenti, con i risultati che abbiamo sotto gli occhi. Nell'uno e nell'altro caso, quindi, vi è poco da stare allegri. Tra la certezza di un pateracchio indegno e la possibilità di battere il nemico usando le sue stesse armi, tuttavia, è lecito preferire la seconda strada. Se le armi dovessero essere usate in modo intelligente, la strategia potrebbe risultare vincente. Se invece si dovessero disperdere i voti tra i tanti partiti senz'anima che si presenteranno alle elezioni, sarà tutto inutile e a quel punto si potrà solo dire, per l'ennesima volta: "Chi è causa del suo male pianga sé stesso". Qualcuno potrebbe obiettare, però, che in mancanza di una "vera destra" vi è poco da cincischiare: o ci si ritira sdegnati nell'astensionismo o si cerca, nel ginepraio dello squallore disponibile, indipendentemente dalla legge elettorale, il male minore, che poi non è mai "il minore", perché è "male" e basta. Obiezione legittima e rispettabile, che si può confutare in un solo modo: offrendo realmente agli elettori, soprattutto a quelli che da anni si rifiutano di votare, "una vera destra". Cosa non facile, ma possibile. Vediamo come. Caro Gianfranco, da giovani, pur militando nello stesso partito, eravamo su sponde opposte: la tua più consistente ma di scarsa qualità, come il fluire del tempo avrebbe dimostrato in seguito; la mia minoritaria, ma popolata da persone eccellenti, "che sapevano guardare lontano", come tu stesso hai umilmente e dignitosamente riconosciuto, molti decenni dopo. Quando fondasti "AN", raccattando l'italico fecciume e alleandoti con un soggetto che invece di essere spedito in uno di quei palazzi con nomi che rimandano alla Regina dei Cieli o a un santo reso famoso da un casello autostradale, fu spedito nei palazzi del potere, riducendo il Paese in un postribolo, mi guardai bene dal seguirti e mi feci da parte, in silenzioso ritiro, assistendo, non senza sofferenza, al continuo degrado sociale. Col passare degli anni, però, nonostante l'iniziale propensione ad accettare l'inaccettabile pur di

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respirare l'aria del potere, prendesti crescente consapevolezza di aver superato ogni umano limite, "nell'accettazione dell'inaccettabile", e incominciasti a ribellarti. Quel soggetto, che aveva una visione tutta particolare della "politica", non riusciva a comprendere tanta insofferenza: per lui eravate tutti dei lacché ai quali non era consentito "pensare", ma solo obbedire. Vi aveva resi ricchi e famosi, perbacco! Che cacchio volevate di più? Un bel giorno, infatti, ti disse, infuriato, che se "volevi fare politica" dovevi dimetterti da presidente della Camera! A lui non servivano teste pensanti ma burattini pronti a giurare che Ruby Rubacuori fosse la nipote di Mubarak e a votare leggi concepite apposta per tutelare i suoi interessi. Pazienza se poi servivano a tutelare anche quelli dei banditi e dei criminali comuni. Tu gli rispondesti a tono, come ben ricordi, puntandogli contro il dito indice che, in quel momento, apparve a tanti come la spada di un cavaliere di Camelot. Lo facesti traballare non poco, non essendo egli aduso a subire gesti del genere. Poi tentasti di farlo cadere, in un singulto di dignità che ti fece senz'altro onore. Sbagliasti i calcoli, tuttavia, perché non considerasti la sua capacità corruttiva e la facile propensione degli italiani a vendersi, anche per un piatto di fagioli: con pochi spiccioli si comprò i voti necessari a impedire la caduta del Governo e tu facesti la figura del babbeo, per giunta ingrato. Quel gesto, però, scosse tante persone per bene, che da molto tempo avevano abbattuto ogni ponte che potesse condurre a te. Tra costoro vi ero anche io. "Ha tanto sbagliato - pensavamo però ha fatto ammenda dei suoi errori e intanto è cresciuto culturalmente, intellettualmente e ha anche maturato una significativa esperienza politica". Perdoniamolo e cerchiamo di dare vita, finalmente, a una "vera destra". Ricordo come se fosse ieri l'incontro del 9 gennaio 2013, dopo ben ventotto anni di mancati contatti, nel tuo ufficio di ex presidente della Camera, e quel lungo abbraccio, che non necessitava di tante parole, che funse da prologo alla firma della candidatura alla Camera. "Non saremo tanti - pensavamo - ma ora possiamo seriamente dire al Paese che esiste una destra vera, moderna, sociale, europea, sulla quale contare". E come se fosse ieri ricordo quel 25 febbraio 2013, mentre, impietosi, arrivavano i dati che sancivano non la sconfitta, ma la disfatta. Il "popolo sovrano" si era espresso con il pollice verso, tributando ben dieci milioni di voti al centrosinistra, quasi altrettanto al centrodestra, quasi nove al M5S. In tanti ti avevano capito e perdonato, "guardando lontano", ma tanti altri non ne furono capaci, buttando acqua bollente su una piaga già estesa. Per quasi un anno non ci vedemmo né sentimmo. Poi trovammo la forza di guardarci negli occhi e decidere di rimboccarci le maniche, ritenendo che era ancora possibile "guardare al futuro". Tu fondasti "Libera Destra" e io avevo già fondato, molti mesi prima, "Europa Nazione". "C'è ancora chi crede in noi - ci dicemmo - diamo loro un approdo". Il sogno di tornare a combattere, però, s'infranse quasi subito in virtù del tuo "sbandamento etico personale", abilmente sfruttato - e con che gioia! - dagli avversari, ancorché con rogne senz'altro più gravi. Sommato allo sbandamento etico politico precedente indusse anche coloro che ti avevano


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rinnovato la fiducia ad abbandonarti di nuovo, sdegnati e arrabbiati. Da allora sono trascorsi otto anni e i nostri capelli si sono imbiancati ancor più. Tu hai compiuto da poco settanta anni e sei scomparso dalla scena politica, le cui dinamiche, però, di sicuro non ti sfuggono. Io ti seguo quasi a ruota, ma penso che forse non è ancora il momento di tirare i remi in barca. In Italia quel popolo di destra che da tempo si rifugia sdegnosamente nell'astensionismo o continua ad accumulare delusioni su delusioni, affidandosi di volta in volta ai mestatori di turno, che riescono a conquistare quel pizzico di fiducia utile solo a loro, è senza una guida. Io da solo non ce la faccio a chiamarlo a raccolta e, che piaccia o no, in questo Paese, oltre te e me, non è che siano tanti coloro che abbiano chiaro, in testa, come dovrebbe strutturarsi "una vera destra" che non si perda nei tanti ossimori tesi a conciliare l'inconciliabile, tipo "destra liberale" o "centrodestra", concetti che fanno venire i crampi allo stomaco solo a sentirli nominare. Sì, lo so che a pagina 57 del tuo saggio biografico, che mi donasti con la dedica "A te, che sai guardare lontano", parli anche tu di destra-liberale, ma so anche che l'espressione costituisce una palese forzatura rispetto ad altri concetti ben più validi e condivisibili, più complessi da recepire. "Un modo di dire", pertanto, per farti comprendere anche da chi non fosse stato in grado di discernere il grano dal loglio, ossia la maggioranza di quelle persone che, per esempio, si scandalizzarono in quel di Fiuggi, quando ti sentirono parlare di Gramsci! Io non c'ero, a Fiuggi, avendo già abbandonato da molto tempo l'arena politica, ma seguivo con attenzione il Congresso e l'episodio mi fece sorridere non poco: quei concetti li andavo esprimendo da una ventina di anni, arricchendoli con altre tematiche, tra le quali le prospettive europeiste. Tutte cose che mi rendevano indigesto a tanti "cari camerati" i quali, dopo avermi "sopportato" a lungo, nel 1985 chiesero all'allora segretario regionale di farla finita con un rompiscatole aduso a un linguaggio per loro ostico. Da Napoli, quindi, giunse a Caserta un famoso deputato, già alla seconda legislatura, beneficiario di una cospicua messe di voti per lo più provenienti da quella parte dell'elettorato missino che preferiva il manganello alla penna e ai libri, con il compito di commissionare la sezione di cui ero segretario, nonché la federazione di cui ero dirigente, al quale furono date ulteriori precise istruzioni, che non mancò di comunicarmi con un perfido sorriso: "Pasqualino, sono venuto a farti male". Assolse in modo egregio al suo compito, spaccando il partito pur di impedire la mia elezione a consigliere provinciale e comunale. Mi tolse anche il "fondo cassa" della federazione: trentacinque milioni destinati alle elezioni amministrative, "dirottati" su Napoli e impiegati per favorire l'elezione al consiglio regionale di un suo "protetto", consentendogli in tal modo di iniziare una fulgida carriera politica, che dopo la riconferma in Regione culminò con l'elezione al Parlamento Europeo. Lasciamo stare il passato, quindi, e torniamo al presente. Hai fatto cavolate pazzesche, certo, ma gli altri hanno depredato il Paese e continuano a farne strame. Non sei tu il peggiore.

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Che dici? Ci riproviamo a mettere insieme un po' di persone serie? Non è detto che ci riusciamo, ma penso sia nostro dovere tentare e offrire una chance a un popolo disorientato. Non fosse altro per restare con la coscienza a posto. Soprattutto tu. Per quanto mi riguarda - questo mi devi consentire di dirlo - non ho nulla da rimproverarmi, avendo mantenuto sempre la barra a dritta, sin da quando, poco più che ragazzino, incominciai a navigare i mari più tempestosi. Un abbraccio affettuoso, caro Gianfranco. E spero a presto. Lino Lavorgna*

* L'autore ha scritto questo articolo nelle sue vesti di presidente del movimento politico "Europa Nazione".


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NON C’E’ DA STARE ALLEGRI Sui media si discetta, con gran spreco di parole, dei rimescolamenti delle alleanze partitiche dopo la rielezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica. Come se conoscere cosafarà-chi possa essere la soluzione, in positivo, della crisi italiana. Tempo perso. La sensazione è che le scelte di oggi tra un anno non avranno alcun senso. Potremmo trovarci di fronte a uno scenario socio-economico terremotato, nel quale gli elettori faranno fatica a conferire il mandato a essere rappresentati all'una o all'altra forza politica. Verosimilmente, gli italiani si asterranno in massa, spinti da un inarrestabile desiderio di sfiduciare in toto la classe dirigente espressa dai partiti. Prossimi alla fine la pandemia, cosa può innescare il panico? È bizzarro che il vituperato Paolo Savona, che osò mettere in discussione il "Verbo" comunitario dell'europeismo fideistico, avesse visto giusto. L'ipotesi che sul sistema economico e finanziario dell'Unione potesse abbattersi, inaspettato, il temuto "cigno nero", non era la maledizione di un fanatico menagramo ma il crudo disvelamento della fallacia di un impianto politico sovranazionale costruito su fragili fondamenta: l'Unione europea, il gigante dai piedi d'argilla. Sembrava impossibile, eppure siamo alla tempesta perfetta che può distruggere secoli di sforzi e di lotte per edificare società industriali evolute e capaci di generare benessere diffuso. Il "cigno nero" del nostro tempo è l'impazzimento del mercato delle materie prime energetiche che incrocia l'onda montante dell'inflazione. I costi della bolletta di gas e di energia elettrica schizzati alle stelle, se da un lato incidono sul potere d'acquisto dei salari e, a cascata, sull'attitudine al consumo delle famiglie, dal lato delle imprese suonano la campana a morto. Un apparato manufatturiero come il nostro, altamente energivoro, rischia di saltare definitivamente. L'Ufficio studi della Cgia di Mestre ha stimato che, nel 2022, per le famiglie e le imprese l'aumento del prezzo delle tariffe energetiche sarà pari a 89,7 miliardi di euro (dei quali 58,9 miliardi in conto alle imprese). Sono numeri insostenibili. E non è vero che si sia al cospetto di una fase acuta ma breve della congiuntura economica. Le previsioni dicono che, al netto di un lieve ribasso fisiologico nel periodo estivo, i costi resteranno alti per un tempo prolungato. E non si dica che per questo disastro l'Unione europea non abbia colpe. Le ha, eccome. Le ha per ciò che fa di sbagliato. E le ha per ciò che omette di fare. Di sbagliato c'è il metodo e la tempistica con cui Bruxelles ha pensato d'imporre la transizione ecologica al sistema produttivo a energia fossile. Una follia a beneficio di pochi e a danno di molti.

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Il sacro furore per la difesa dell'ambiente ha provocato la fuga dei grandi gruppi privati del settore degli idrocarburi. Le major petrolifere stanno abbandonando gli investimenti upstream nonostante la domanda globale di gas lo scorso anno avesse raggiunto i quattromila miliardi di metri cubi con una previsione d'incremento medio del 6 per cento fino al 2024 (fonte: Agenzia internazionale dell'energia). Gli investitori, in particolare i fondi che sono presenti negli azionariati delle multinazionali degli idrocarburi, continuano a piantare paletti all'utilizzo di fonti energetiche non rinnovabili. Ciò determina la riduzione dell'offerta di prodotto disponibile a fronte della crescita della domanda. È così che i prezzi schizzano in alto. Ma gli aumenti hanno cause anche geopolitiche. La turbolenza sul fronte russo-ucraino non aiuta. Come non aiuta il comportamento insolitamente provocatorio di Washington, che si comporta come se volesse a tutti i costi la guerra con la Russia ai confini orientali d'Europa. Visto che parliamo di casa nostra, l'Unione dovrebbe dire la sua con una voce sola. Per la soluzione della crisi in atto, riprendere con forza e convinzione la via diplomatica con il gigante russo, che garantisce ai Paesi dell'Unione il 40 per cento del loro fabbisogno energetico, sarebbe la cosa giusta da fare. Il problema è che l'Europa unita non esiste. Ci sono in circolazione dei modesti leader nazionali, a cominciare dal francese Emmanuel Macron, che provano a giocare per proprio conto al tavolo delle grandi potenze. E l'Italia? Una telefonata di Mario Draghi a Vladimir Putin per assicurarsi che l'orso dell'Est non ci rifili, nella confusione, una zampata che potrebbe fare molto male, è stata la nostra grande mossa di politica estera. Quanto avrebbe fatto comodo avere oggi al Quirinale Silvio Berlusconi, il solo europeo, insieme all'ex lady di ferro tedesca Angela Merkel, a vantare un rapporto alla pari con il capo del Cremlino. Atteso che da Bruxelles, dove la Commissione europea ha rinunciato in partenza a implementare una policy comune di stoccaggio delle riserve di gas, non giungerà alcun significativo aiuto per tirarci fuori dai guai, domandiamoci se il Governo Draghi sarà in grado di mettere in salvo le imprese e le famiglie italiane. La strada intrapresa da Palazzo Chigi per fronteggiare il rincaro dell'energia è di corto respiro. Gli scostamenti di bilancio finora approvati non risolvono il problema alla lunga distanza e, allo stesso tempo, ampliano il già colossale debito pubblico. Occorrerebbe, invece, che il Governo si dotasse di una strategia articolata su tre livelli temporali: di breve, medio e lungo termine. Ma non è un'iniziativa di facile realizzazione. Di base, le forze politiche di maggioranza dovrebbero avere una visione condivisa del futuro di questo Paese. In particolare, sul medio-lungo termine dovrebbero concentrare gli sforzi per riavviare il processo di autosufficienza energetica con la diversificazione delle fonti di approvvigionamento. Ciò significa: sviluppare la strategia di estrazione del gas dal sottosuolo nazionale e dal mare; rimettere mano al piano di utilizzo del nucleare di ultima generazione cosiddetto "pulito"; accrescere il ricorso alle centrali a carbone non ancora dismesse; irrobustire il ciclo di smaltimento termico dei rifiuti solidi per la creazione di energia. P erché il vento e il sole al momento non sono minimamente in grado di soddisfare la domanda


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energetica interna. Per l'immediato, bisognerebbe tagliare integralmente il costo degli oneri di sistema e intervenire a calmierare il prezzo dell'energia con il ricorso al sistema tariffario determinato, in via autoritativa, dal Governo. Siamo in costanza di stato d'emergenza? E allora il decisore politico agisca. Si rispolveri il vecchio Comitato interministeriale prezzi (Cip) per contenere gli aumenti del costo dell'energia a livelli sostenibili rispetto a quelli dei Paesi europei concorrenti (Germania, Francia, Spagna). Non ha senso pensare di sottrarre gli extra-profitti alle aziende distributrici dell'energia elettrica e del gas quando lo Stato ha il potere, in via straordinaria, di fissare a monte il prezzo al consumo. Ma come fare tutto questo se la politica è ostaggio dell'infantilismo ideologico dei Cinque Stelle e della sinistra camaleontica che all'occasione si tinge di verde? I cittadini dovrebbero ricordarsene quando si recheranno alle urne per rinnovare il Parlamento. Fino a qualche giorno fa abbiamo celebrato l'onniscienza di Mario Draghi. Adesso cominciamo a dubitare della sua infallibilità. Se il premier non dovesse riuscire a intervenire con efficacia sulla crisi energetica, c'è la possibilità che nel 2023 al posto delle urne vi saranno le macerie. Non sappiamo quanto lo stesso Draghi ne sia consapevole. E non è che abbiamo davanti molto tempo per scoprirlo. Cristofaro Sola

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DOVE VA SALVINI? L'enigma che ci consegna la fase politica apertasi con l'elezione bis di Sergio Mattarella al Colle si focalizza sul destino della Lega. Intendiamoci: la politica nel suo complesso è stata terremotata dalla "settimana folle" del voto per il Capo dello Stato. Crisi, rese dei conti e riposizionamenti strategici sono all'ordine del giorno a destra, come a sinistra nei Cinque Stelle, dove lo scontro tra Luigi Di Maio e Giuseppe Conte somiglia a "La Guerre des boutons" di Louis Pergaud. Ma stiamo alla Lega. Matteo Salvini le ha buscate. Si è mosso troppo e male nella fase negoziale con il campo progressista nella chimerica illusione di consacrarsi kingmaker di un Presidente della Repubblica estraneo ai ranghi degli intellettuali organici al centrosinistra. Il leader leghista si è fatto prendere dall'ansia da prestazione nel provare a individuare un candidato "edibile" per la controparte. Fatica sprecata. Il capo del Partito Democratico, Enrico Letta, avendo chiarissimo il dato numerico, che non avrebbe consentito al centrodestra l'autosufficienza nella scelta del presidente, ha giocato di rimessa, limitandosi a ribattere con una serie di "no" alle proposte del leghista nella convinzione che la tattica attendista avrebbe sfiancato l'avversario, fino alla capitolazione. Ed è così che è andata: Salvini si è messo a girare come una trottola sfornando nomi su nomi, sistematicamente bruciati, fino al crollo definitivo materializzatosi con la dichiarazione di resa. Quelle sue parole "sono orgoglioso perché il movimento della Lega è stato il più compatto. E sono contento di essere colui che ha messo fine alle ipocrisie dicendo piuttosto che andare avanti con i no reciproci chiediamo un sacrificio a Mattarella e lo rivendico", sono state un pugno nello stomaco, che ha fatto scoppiare di rabbia e sconcerto coloro che non hanno mai creduto al Mattarella super partes, all'arbitro neutrale rispettoso degli equilibri parlamentari, al "Mattarella santo subito!" invocato dal centrosinistra. Ma il pasticcio combinato non è servito di lezione al "Capitano". Saggezza avrebbe voluto che, dopo la sconfitta che ha avuto come immediata conseguenza la frantumazione del centrodestra, Matteo Salvini si fosse incamminato su un sentiero di sofferta riflessione. Invece, il lupo perde il pelo ma non il vizio. Neanche consumata qualche giornata dal misfatto, il leader leghista è già in frenetica agitazione. Si precipita ad Arcore dall'"amico risanato" Silvio Berlusconi per proporgli la federazione tra Forza Italia e Lega modellata sulla formula del Partito Repubblicano statunitense; riunisce di volata il Consiglio federale del partito, non per un serio e approfondito dibattito sulla sconfitta ma per vedersi confermata una non si sa quanto convinta fiducia nella guida monocratica


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dell'organizzazione; va davanti alle telecamere a dire che per l'alleanza andata in pezzi non c'è alcun problema, "il centrodestra si ricostruisce", ancor prima di prendersi la briga di un confronto con Giorgia Meloni che è infuriata per ciò che è accaduto. Chiariamo un punto: sarebbe ora di piantarla con l'idea, impersonata a suo tempo da Matteo Renzi, che la prassi politica debba essere velocità dell'azione a qualsiasi costo e che il pensiero debba essere ingabbiato nei pochi caratteri di un tweet. È un'insensatezza che reca molte controindicazioni. Non è che, muovendosi la società a ritmi frenetici, l'azione politica debba correre altrettanto velocemente. È vero il contrario: la politica è ragionamento, non improvvisazione. Nella categoria del politico, ciò che differenzia la scelta responsabile dall'arbitrio è la qualità del processo decisionale. A monte deve esserci un'analisi di contesto a cui fanno seguito, prima di approdare a una soluzione condivisa, l'esame delle variabili di scenario, l'individuazione dei punti di forza e di debolezza che una proposta strategica reca in sé e la valutazione delle opportunità e dei rischi che essa comporta; la ricalibratura degli obiettivi da colpire e la ridefinizione dei risultati attesi da porre in relazione con gli strumenti e con le risorse disponibili per ottenerli. Si tratta di percorsi che richiedono tempo per sedimentare, innanzitutto nelle menti e nelle coscienze di coloro che li propongono, prima di raggiungere le comunità a cui sono destinati. Non si sfornano cambiamenti di strategie in cinque minuti. E se lo si fa, non si è credibili. Ci pensi bene, Salvini: vuole passare alla storia come un gran chiacchierone che lavora per intorbidare la realtà? Al momento, si mettano da parte i progetti mirabolanti e ci si concentri sulla debolezza della politica leghista, chetemeraria gli eventi di quest'ultimo periodo hanno portato allo scoperto. La Lega deve audacia igiene spirituale interrogarsi su quale debba essere il suo blocco sociale di riferimento. Posto che in una società complessa le organizzazioni partitiche, come d'altro canto tutti i corpi intermedi, non possano rappresentare gli interessi di tutti indiscriminatamente, la domanda è: la Lega oggi a chi intende rivolgersi? E non si risponda in modo demagogico: al mondo delle imprese e del lavoro, perché ora come ora non esiste un universo imprenditoriale omogeneo che viaggi nella stessa direzione, come non esiste la categoria unica dei lavoratori. Cosa è impegnarsi a difendere le ragioni delle grandi imprese, che trainano l'economia con l'export e fanno Pil grazie alla ripresa della domanda globale, altra cosa è dare voce alle istanze delle piccole e micro imprese, dell'artigianato, del commercio e del lavoro autonomo, falcidiati o complessivamente impoveriti, negli ultimi quindici anni, dal susseguirsi delle crisi: finanziaria, economica, sociale e sanitaria. E oggi di nuovo economica. Per rimanere con i piedi piantati nel vissuto quotidiano: sulle misure anti-delocalizzazione delle imprese da approvare in sede governativa, la Lega con chi sta? Con il suo numero due, Giancarlo Giorgetti, ostile a una normativa che leghi le mani alle grandi imprese o sta con il Salvini "sovranista" che girava l'Italia promettendo il pugno duro contro gli imprenditori che portano all'estero il know-how delle produzioni nostrane per sole ragioni di profitto? E ancora: riguardo alla legge sulla concorrenza, la Lega è schierata nella difesa corporativa delle categorie professionali e imprenditoriali che resistono alla normativa europea oppure aderisce

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al comandamento liberista di apertura tout court del mercato? La Lega conferma la volontà di completare il processo di nazionalizzazione della sua presenza, come auspica Giuseppe Basini in un articolo apparso su L'Opinione, o si prepara a strambare in direzione di un ritorno al modello di partito-sindacato dei territori del Nord dell'Italia, come fu la Lega di Umberto Bossi e Roberto Maroni? Sul fronte dei rapporti continentali, con chi vuole stare? Con i Popolari, con i Conservatori o con i Sovranisti-identitari? Il "popolo degli abissi" di sapelliana memoria, cioè quello degli sconfitti della globalizzazione, per la Lega è ancora una risorsa da valorizzare o un peso da scaricare? Verificare preventivamente cosa si voglia essere è funzionale alla definizione della qualità della partecipazione alle dinamiche interne all'organizzazione e all'identificazione dell'identità sociale dei propri militanti. L'insistenza originaria sul carattere anti-partito, a beneficio di una struttura movimentista orientata a canalizzare la protesta sociale, è ancora un tratto della diversità leghista? Sorprende che Matteo Salvini si sia intestardito a inseguire l'estetica dei contenitori piuttosto che soffermarsi sulla linearità dei contenuti. In una fase politica, economica e sociale tutt'altro che stabilizzata, per essere credibili presso l'elettorato bisogna preoccuparsi della qualità dell'offerta programmatica e della coerenza ideale nel calarla dentro la prassi politica, più che della forma con cui l'offerta viene presentata. Un consiglio non richiesto al leader leghista: si domandi se, alla luce della performance prodotta in occasione dell'elezione del Capo dello Stato, vi sia ancora un'ampia porzione dell'elettorato disponibile a consegnargli il Governo della nazione. Come direbbe il mitico Gigi Marzullo: si faccia la domanda e si dia la risposta. Cristofaro Sola


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SI TUTELINO LE PERSONE PER BENE Il popolo italiano, disse qualcuno, è un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori, di trasmigratori. Il riferimento ai pensatori sicuramente riguardava i tanti filosofi che, dal tempo dei Romani in avanti, hanno dato lustro al Paese, senza considerare, però, che il termine avrebbe acquisito maggiore consistenza con un'altra categoria di pensatori, da molti decenni predominante rispetto a un pensiero filosofico in crescente decadenza: "i pensatori di truffe". In nessun Paese al mondo, infatti, i truffatori riescono a raggiungere la capacità inventiva degli italiani. È davvero una bella idea quella del bonus 110, che consente di modernizzare le abitazioni con quegli elementi in grado di ridurre sensibilmente i costi energetici, rendendole contestualmente più confortevoli. Nemmeno gli scrittori dotati di più fervida fantasia, però, sarebbero stati capaci di inventare le trame delle truffe subito poste in essere da un esercito di farabutti, responsabili di quel blocco che sta mandando in tilt un intero settore. Tutto nasce grazie alla formula che prevede l'erogazione del beneficio con la cessione dei crediti d'imposta, perché in Italia siamo campioni nel rendere difficili cose facili: sarebbe bastato disporre l'erogazione dell'importo, in forma figurata e quindi senza nessun esborso effettivo, direttamente al soggetto beneficiario del bonus, previa approvazione del progetto dopo accurati controlli di legittimità e successivi controlli nell'esecuzione dei lavori, per evitare ogni problema alla fonte. L'impresa scelta, di fatto, che avrebbe dovuto dimostrare preventivamente all'ente di controllo di essere in regola, di "avere una propria storia" e soprattutto che la storia non fosse inficiata dalle note "italiche distonie", avrebbe ricevuto la somma erogata dal cliente, emettendo regolare fattura e sottoponendosi ai relativi oneri, come per qualsiasi altro lavoro. Ovviamente anche in questo caso qualche truffa si sarebbe resa possibile, perché la fantasia degli italiani è infinita, ma con severi controlli "preventivi e successivi", e soprattutto coinvolgendo nella responsabilità penale i beneficiari del bonus, i rischi sarebbero stati davvero minimi. Abbiamo visto, invece, cose "che noi umani non avremmo mai potuto immaginare", come disse il replicante di un celebre film: interi nuclei familiari - alcuni privi di reddito - hanno fatto molteplici acquisti di crediti per oltre tre milioni di euro; un pakistano, privo del contratto di locazione valevole per l'agevolazione e senza aver presentato dichiarazioni fiscali negli ultimi due anni, "è stato in grado" di cedere crediti per oltre sedici milioni di euro; un senzatetto ha dichiarato di aver comprato sei milioni di euro di crediti bonus facciate da un altro soggetto, anch'egli

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nullatenente e sconosciuto al fisco; un tizio privo di reddito, ospite di un centro di recupero, ha aperto una partita Iva come procacciatore d'affari e ha tentato di cedere a un intermediario finanziario oltre 400mila euro di crediti fittizi, poi venduti a una società di costruzioni; una pletora di società neo costituite ha pubblicizzato "monetizzazioni veloci dei crediti d'imposta per bonus edili" e non occorre essere maghi per comprendere cosa potessero celare, nella realtà, siffatte operazioni. Il Governo è corso ai ripari con restrizioni sulla cessione dei crediti d'imposta che dovrebbero impedire le truffe. L'intero settore, però, è nel caos più totale anche per le speculazioni poste in essere dai fornitori che, dopo essersi approvvigionati per tempo di materie prime con costi equi, le stanno immettendo sul mercato con un sovrapprezzo sproporzionato, che sta mandando letteralmente in crisi le imprese edili che avevano effettuato preventivi basandosi sui vecchi prezzari. Un grande casino, insomma, che prevede interventi radicali, non solo di natura "amministrativa" ma anche e soprattutto di natura "repressiva". Va anche detto, infatti, che il fronte delle truffe è ben più esteso e riguarda anche molti tecnici che, approfittando della complessità della materia, hanno esposto il progetto a ignari clienti in modo tale da "espugnare" somme di danaro non dovute solo per "avviare la pratica". In buona sostanza l'intera normativa è da rivedere con una semplice formula di base: si colpiscano duramente i farabutti e si tutelino le persone per bene. La data di scadenza per la fruizione dell'ecobonus va estesa se non proprio sine die almeno per il tempo sufficiente a "mettere ordine nel caos" e questo vuol dire tutto il 2023 e forse anche il 2024. Il provvedimento, poi, deve riguardare anche le abitazioni unifamiliari e non solo i condomìni. È semplicemente pazzesco, infatti, destinare le risorse a costruzioni realizzate negli ultimi venti o trenta anni, già in parte munite degli accorgimenti che il progresso ha messo a disposizione in tema di ecosostenibilità, escludendo da ogni beneficio case con cento anni di età e quindi molto più bisognose di interventi protesi a renderle ecosostenibili. Più di ogni altra cosa, comunque, si sbattano in galera i truffatori e si buttino le chiavi. Lino Lavorgna


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IL SUPERIOR DIFENSOR FIDEI ...E LA “PROPRIETA’ TRANSITIVA” ....... E si, siamo proprio alla frutta, anzi che dico mai, siamo al caffè, ma no dai, siamo ben oltre, siamo addirittura all'ammazzacaffè, alla fine della fine, alla conclusione del tutto, al termine di una meravigliosa, stupenda, sublime. incommensurabile, tragica, divina parabola che, iniziata con la nascita di un "qualcuno" nel villaggio di Betlemme, si avvia ora all'eclisse con la nascita di un "qualcun altro" nel barrio argentino di Flores. Un Jorge Mario Bergoglio avviato ormai con tutta evidenza a porre una definitiva pietra tombale su una fede, una religione, una tradizione, una cultura, un'identità storica, un condizionamento esistenziale per un miliardo e mezzo di individui, nonché una forma di plurisecolare status per nazioni, popoli, culture e socialità per buona parte del nostro pianeta. Ma di chi parlo, di grazia? Ma della religione cattolica, apostolica romana e della sua Chiesa universale giunta oggi definitivamente al capolinea dopo oltre due millenni di onorato servizio del suo divin fondatore. Ma davvero? Ma cosa dico mai? Esagero? Bene, ragioniamo e poi giudicate voi, miei carissimi, seppur sporadici, lettori! E cominciamo: Vangelo secondo Matteo: " tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa". Concetto semplice e chiaro. La chiesa cattolica ha un fondamento lapideo impersonato dall'apostolo Pietro a simbolica, ed al contempo reale, custodia di principi, valori, dottrina e tradizione del tutto inscalfibili, e dunque eterni, e dei quali il fu apostolo Simone viene posto a garante, erede, difensore e, soprattutto, continuatore nei tempi. In tale frase ciò che, senza ombra di dubbio, Cristo NON ha detto, ne MAI avrebbe voluto o potuto dire, è un eventuale suo opposto e cioè qualcosa che suoni tipo "tu sei acqua e su quest'acqua edificherò la mia chiesa": impossibile, impensabile! Eppure, eppure... oggi il legato petrino del fu Simon Pietro si è insediato, ormai da secoli, sul colle Vaticano sotto forma di quell'Entità chiamata papato con annessa Santa Sede, strutturata in diversificati organismi ed enti, uno dei quali - e certamente non dei minori - è, come è noto, "L'Osservatore Romano" organo" della sede apostolica nonché fonte autentica di divulgazione (e, per molti versi, di autenticazione) della posizioni, "ufficiali" della Chiesa cattolica. Foglio questo certamente al servizio dell'attuale pontefice argentino dal mai dissimulato orientamento di natura, diciamo, progressista o, per meglio dire, politicamente corretta "senza se e senza ma". In sintesi, un vicario di Cristo da "terzo millennio" che, tra l'altro, più che sentirsi a proprio agio con la santa Madre del suo divino dante causa (basti ricordare, una per tutte, il

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forzato, minimalista ed antelucano omaggio solitario al simulacro della beata vergine in piazza Mignanelli a Roma, lo scorso 8 dicembre) sembra mostrare una ben più spiccata predilezione per la Pachamama brasiliana di ben più terragna natura. Ma tant'è. Ma ordunque, cos'è mai successo di tale inaudita gravità? Semplice: l'incredibile, a dir poco, show di un guitto all'ultimo Festival di Sanremo (vedasi link di cui sotto) che pone in scena un video con una blasfema parodia di tutti i cardini della fede cattolica e cioè: Santa Messa, Eucarestia, Confessione, Comunione e Battesimo, in una sorta di funzione pseudo satanica (notasi Croce capovolta) con l'intento di "dissacrare" i principali pilastri portanti di ciò che è l'essenza stessa della Chiesa di Roma e senza i quali l'intera fede cattolica svanirebbe (e ciò, per non parlare del fatto scontato che bisognerebbe spiegare al succitato Achille Lauro e ai suoi beoti corifei della televisione nazionale - con canone obbligatorio anche per coloro che NON facciano parte di quel 65% di entusiastico "share" nazionale - che ormai, al punto in cui siamo e soprattutto al livelli in cui si è ormai ridotto il messaggio, e dunque la fede della grandi masse, nessuno si scandalizza più di niente e che quindi, al giorno d'oggi: 1) non c'è niente di più scontato e banale che cercare di dissacrare l'ormai del tutto indifesa e malandata fede cattolica universale e, 2) qualora tale presunto cantante avesse voluto turbare, e spiazzandolo, cogliere di sorpresa e "scandalizzare" un qualche sporadico spettatore TV, egli avrebbe dovuto invece invitare la sua "audience" a recitare in coro ed in giacca e cravatta, chessò, un Santo Rosario alla Madonna di Pompei!). Ebbene, come commenta dunque l'ineffabile Osservatore Romano (non dimentichiamo, portavoce ufficiale del Vaticano di Papa Bergoglio) la dissacrante ed oscena "performance" del suddetto Achille Lauro? Ne più, ne meno che con le seguente, sbalorditiva affermazione: "Volendo essere a tutti i costi trasgressivo, il cantante si è rifatto all'immaginario cattolico. Niente di nuovo. Non c'è stato nella Storia un messaggio più trasgressivo di quello del Vangelo" (Sic!) A che livello si è dunque ridotto il linguaggio ufficiale del depositario della lapidea eredità pietrina? Nell'aver dimostrato, in fin dei conti ed in perfetta formulazione algebrica (e si, attenzione, con quest'ultima scienza non si scherza!), la totale identità tra Cristo ed Achille Lauro. Vaneggio? Assolutamente no! Avete infatti sentito mai parlare della "Proprietà transitiva"? No? Ebbene, ecco la formula: Se A è uguale a B e B è uguale a C, allora A sarà uguale a C. Nella nostra fattispecie, e dunque secondo l'interpretazione dell'Osservatore Romano,: "Se Achille Lauro (A) è trasgressivo (B) e trasgressivo (B) è anche Cristo (C) allora, proprio per la proprietà transitiva, (A) Achille Lauro sarà uguale a (C) Cristo". In sostanza: entrambi trasgressivi, e dunque eguali l'uno all'altro (Prosit!) Al riguardo non si può, a questo punto, non dare un'occhiata al video incriminato: https://www.youtube.com/watch?v=-iq4e2q2rzY Vergogna, tremenda vergogna! Non ci sono altre parole! Di fronte allo spettacolo in diretta TV della dissacrazione di tutti i Sacramenti della fede cattolica davanti alla platea della maggioranza del popolo italiano (o, almeno, di quello televisivo ed a scorno della rimanente parte di nostri


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concittadini, non presenti e quindi ancor meno plaudenti, ma gravati comunque da obbligatorio, analogo canone TV e quindi umiliati ed offesi (come suol dirsi, a loro insaputa!) cosa mi combina, niente po po di meno che, l'organo ufficiale del Vaticano, il portavoce autentico del governo della Chiesa cattolica, l'autorevole divulgatore della posizione pubblica del Rappresentante di Cristo sulla terra, nonchè "defensor fidei" del cattolicesimo universale? Che fa? Si, appunto, cosa fa? A Roma direbbero: "la butta in caciara" mentre, in termini più eleganti, sarebbe un: "si cela dietro l'ironia di un maldestro tentativo di paradosso". Infatti con un perfido sottinteso di squisita marca gesuitica e con un goffo tentativo di presunta, elegante superiorità, ci si tira del tutto fuori da ciò che avrebbe dovuto invece essere una sacrosanta crociata, un feroce anatema di difesa, nonché una doverosa rivendicazione della sacralità della propria, bimillenaria fede religiosa e la si da malamente in pasto al famelico volgo, celandosi dietro un penoso sillogismo secondo il quale, ed in fin dei conti, Achille Lauro avrebbe fatto, ne più ne meno, quello che ha fatto Cristo stesso....! Siete sbalorditi? Ma di cosa? Dimenticate forse che siamo ormai tutti quanti - e come si direbbe in inglese, "buts and all" - nell'era della santissima Pachamama? Antonino Provenzano Roma 7 febbraio 2022

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LA MOSCA NEL “VESPASIANO” Ho già avuto modo di servirmi della gradita ospitalità di CONFINI per esternare in svariate salse, sia esplicite che metaforiche, la mia assoluta incompetenza a discettare di virologia e pandemie varie e, men che meno, della gestione governativa di grandi masse in crisi socio-sanitaria, essendo io nient'altro che un semplice, monadico momento di questo nostro mondo sempre più globalizzato ed interconnesso in forme spesso sconcertanti. No,! Assolutamente, no! Debbo restare nei ranghi di quella umana folla magmatica alla quale appartengo e che si muove sul pianeta in forme plastiche non difformi da quelle degli storni (simpatici uccelli migratori che "deliziano" l'autunnale cielo di Roma) e che sembra facciano peraltro oggetto di sofisticati studi matematico/algoritmici da parte di seriosi premi Nobel. Nulla di tutto ciò, per carità di Dio! Il cantuccio che, in metafora, posso ritagliarmi è soltanto paragonabile ad un determinato volatile, diciamo, a caso, il numero "b2546Z8", posto al centro dello stormo e che in nulla differisce dagli altri componenti se non che per la specifica, seppur invisibile, caratteristica il cui pregio è solo quello di renderlo consapevole di essere, appunto, quell'unico pennuto numero "b2546Z8". Fatto questo che gli da la capacità di osservare se stesso con una auto-consapevolezza che non sembra, ahimè, riscontrarsi in buona parte dei suoi compagni di volo; e ciò pur senza compromettere quella sua totale, per quanto passiva, appartenenza al gruppo in evoluzione. Per tornare all'attuale crisi sanitaria (su cui, come è noto, è stato detto, affermato, negato e contraddetto di tutto e di più), essa può essere ricondotta, per alcuni versi, alla "plasticità" del predetto stormo aviario laddove, pur senza alcuna apparente evidenza di uno specifico centro di dirigenza mondiale della gestione della pandemia, l'innegabile effetto di una simbiotica risposta collettiva da parte dei cittadini dei vari paesi - ed in particolare modo di quelli italiani - non può non sollecitare un semplice, seppur fondamentale, quesito: "potrà mai essere provata in modo certo l'esistenza di un qualcuno, un qualcosa o una qualsivoglia entità agente a cui possa essere ricondotto quel primo "là", quell'iniziale guizzo propositivo che abbiano potuto poi stimolare o accennare appena ovvero dare esplicito avvio a quella susseguente, uniforme evoluzione di massa che una sorta di planetario stormo di esseri umani andrà poi ad eseguire in sbalorditiva ed impeccabile sintonia?". Non lo so e credo sia impossibile affermarlo con prove convincenti; forse tale specifico soggetto agente non c'è ovvero non esiste in forme percepibili, oppure sarebbe più corretto dire che tale sorta di "motore immobile" della pandemia e correlati fenomeni psico-sociali, non vada ricercato


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oltre i perimetri del fenomeno stesso e che esso si celi invece nel suo stesso interno, nel più profondo "se medesimo", come se la sua genesi in null'altro potrebbe identificarsi se non che nelle sue stesse sue risultanze nell'ambito delle quali tale motore immobile svolga, al contempo, le funzioni di causa ed effetto; e ciò, nella misura stessa in cui sarebbe altrettanto impossibile estrapolare dallo svolazzante stormo proprio quel singolo uccelletto che per primo - forse con un impercettibile guizzo della sua piccola coda - imponga a tutto il gruppo, senza alcun determinato ordine o forzata costrizione, la corale evoluzione. Da ciò deriva però la sconcertante considerazione che sembra essere sufficiente la concomitanza di "una paura", da un lato, e di "una massa amorfa" dall'altro, per ricondurre gli esseri umani a quella sottesa, primordiale, istintiva animalità alla quale intelligenza e raziocinio tentano, da millenni, di sottrarli. Basta infatti squarciare il velo delle sovra-strutture socio-culturali per ritrovarci tutti quanti ricondotti a comportamenti propri della nostra originaria natura ferina, per quanto essa possa anche rivestire le delicate fattezze degli stormi del cielo di Roma o del mansueto candore di un gregge di pecore. Dopotutto, secondo Freud, "la folla è un gregge docile incapace di vivere senza un padrone. E' talmente desiderosa di ubbidire che si sottomette istintivamente a colui che le si pone a capo". Improvvisa riconduzione dunque ad ancestrali ferinità? Si, appunto. Prego ora il cortese lettore di consentirmi una pertinente, per quanto pindarica, digressione. Ci troviamo in un moderno aeroporto olandese della fine del secolo scorso ove la direzione amministrativa prende atto, con costernazione, del deprecabile stato in cui vengono a trovarsi, a fine giornata, i pavimenti dei bagni pubblici riservati agli uomini. Una maleodorante palude giallastra del tutto attribuibile a ciò che potremmo definire errori di mira in relazione ad ogni singolo, murale "vespasiano". Noncuranza, distrazione, menefreghismo, tutto ciò concorre, di volta in volta, al superficiale approccio con cui i numerosi visitatori si accingono a soddisfare l'irrefrenabile esigenza fisiologica col risultato di interessare più il sottostante pavimento che l'apposito centro dello strumento deputato alla bisogna. Ciò però fino al momento in cui un tale, certamente consapevole del percorso dell'umana evoluzione maschile, nonché del costante perdurare, nell'inconscio dei propri simili, di alcuni aspetti arcaici, (seppure sotto le mentite spoglie di frettolosi passeggeri da aeroporto) venne fuori con una geniale e risolutiva proposta: far incidere sul fondo del vaso (vedasi foto) la perfetta riproduzione di un nero moscone. Risultato? La mai sopita, inclinazione ancestrale alla caccia del maschio umano, seppur munito di manageriale doppiopetto e "24 ore" d'ordinanza, non poteva infatti resistere al primordiale, ferino istinto predatorio con il risultato di indirizzare il proprio "getto" verso la, seppur fasulla, "preda" sottostante; e ciò, con il risultato, questo sì ben quantificabile, della riduzione di oltre l'80% delle spese annue di pulizia degli orinatoi. Morale: toccate i tasti giusti della mai sopita ferinità dell'uomo, sia essa attivata dalla presenza di un insetto, per quanto finto, che, per converso, dalla paura di soccombere a sua volta come preda di un invisibile virus e ne conseguirà, in entrambi i casi, che automatiche reazioni saranno

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comunque scontate, prevedibili e pertanto facilmente gestibili da parte di un qualsiasi potere "esterno" che voglia prendersi la briga di stimolarle adeguatamente. Attivazioni di natura endogena sono dunque ancora ben presenti nei reconditi anfratti della nostra psiche e basta che qualcuno sfiori appena i relativi "bottoni di accensione" e tutto, con una reattività degna appunto del migliore animale della specie, si attiverà di conseguenza, sia che trattasi di "aggredire" che di "salvarsi". Con purtroppo l'amara constatazione, per dirla con Benjamin Franklin, che "colui che rinunzia alla libertà per raggiungere la sicurezza, non merita né la libertà né la sicurezza" Risultato? (scorrendo le fredde cronache dell'attualità): Una "Speranza" che stimola una "paura" che, a sua volta, ricorre alla stessa "Speranza" la quale, per continuare ad esistere, deve necessariamente inculcare una nuova "paura" che, a sua volta, stimoli ulteriormente la "Speranza"… e così via all'infinito. Una sorta dunque di "motor immobilis, per omnia secula et seculorum". Amen! Antonino Provenzano Roma 27 gennaio 2022

P.S : Una cosa, ahimè molto significativa, l'"ambaradan" di cui sopra è riuscito tuttavia a generare: la rinascita di una - seppur non rimpianta - lotta "politica" al calor bianco d'antica memoria. La contrapposizione socio-politica tra "vaccinati" e "non vaccinati", tra "si vax" e "no vax" ha portato nelle piazze, nel privato, nei salotti televisivi "talk show" una dialettica, una contrapposizione interpersonale, un'acrimonia che un qualcuno come me, dalla ormai più che candida capigliatura, non può non ricondurre che alle feroci contrapposizioni che, nei primi tre lustri dello scorso secondo dopoguerra, caratterizzarono le vie, le piazze, i crocicchi, i bar e perfino le famiglie d'Italia quando, per strada, la "Celere" scelbiana disperdeva a manganellate i manifestanti nei comizi di Togliatti, Almirante, Fanfani e compagnia cantante. Per concludere?: un ultimo, inevitabile richiamo al mai dimenticato ed ineffabile Prof. Francis Fukuyama il quale, come si ricorderà, si azzardava a proclamare - agli inizi degli scorsi anni '90, in concomitanza con l'estinzione dell'impero sovietico - che tale accadimento suggellava, di fatto, "La fine della Storia". Come si suol dire: "alla faccia"! Al netto infatti di tutto quanto di rilevante e talvolta epocale, si sia verificato nel mondo durante quest'ultimo trentennio, il fatto che un semplice virus influenzale abbia causato gli sconvolgimenti globali che sono oggi sotto gli occhi di tutti, ci riassicura che, se non altro e come soleva dirsi in tempi non sospetti, "La Storia è tuttora viva e vegeta e lotta insieme a noi". A.P.


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LETTERA AD UN GIOVANE AMICO Mio carissimo giovane amico, sono stata lungamente a pensare se scriverti o meno perché, intanto, non vorrei gravarti di riflessioni che non si confanno alla tua giovane età. E, poi, m'è venuto il dubbio che non potessero interessarti, preso come sei dai mille problemi della quotidianità. Però, alla fine, mi sono decisa: lo faccio per me, ti scrivo perché nessuno possa accusarmi di reticenza, di colpevole silenzio, di inanità. Perciò, ti consegno il mio pensiero nella speranza che tu possa farne buon uso, che ti sia utile quale viatico nel pellegrinaggio della vita. E, per iniziare, devo fare una premessa: fino a non molti anni fa, credimi, sono esistiti tempi che, paragonati a quelli attuali, potremmo definirli, seppur impropriamente, 'età dell'oro'. C'era il gusto della vita, si praticava la solidarietà, si credeva nel futuro, la speranza albergava nei cuori, il bagaglio valoriale e ideale era alquanto nutrito. Il lavoro dava dignità, i figli donavano pensieri e, insieme, appagamento e soddisfazione mentre la famiglia era davvero il primo, forte stadio di aggregazione sociale. La politica aveva un senso e la fede religiosa anche. Poi, come il crepuscolo che progressivamente s'addensa ad annunciare la notte, è iniziata la graduale cancellazione della civiltà, il progressivo depennamento del passato e la sistematica abrogazione del futuro. Siamo al buio, ormai, e viviamo in un continuo presente, senza alcuna luce a rischiararci la via. Procediamo a tentoni, come inebetiti, senza più alcuna certezza nel domani, privi di sostegni materiali e morali, prigionieri di brutture quotidiane predicate come normalità, grati del tozzo di pane che bargelli al soldo dei signori ci gettano nelle segrete della nostra esistenza. Mala tempora currunt, avrebbero detto i nostri antichi padri. E, poi, avrebbero aggiunto, sed peiora parantur. Sono tristi tempi quelli che stiamo vivendo ma se ne preparano di peggiori. Lo so, lo so, ritieni che quello che ti sto dicendo non rispecchi la tua realtà, la tua percezione delle cose, che ciò che ti circonda è la modernità. Ed in conseguenza, pensi che il mio tempo sia stato e che, quindi, la mia rappresentazione sia datata e perciò frustra. In sostanza, reputi le mie riflessioni una specie di favola. Non è così ma, in ogni caso, tu, per quanto giovane uomo, non puoi ignorare che alcuni principi sono imperituri; sono nati con l'Uomo e varranno finché Egli esisterà. Ebbene, di quelli vorrei parlarti con la pochezza della mia mente e, per farlo, quale incipit vorrei proprio ricorrere a quelle vere fantasiose narrazioni, a quelle fiabe, che almeno avevano il pregio di stimolare la fantasia e di trasmettere una morale.

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Oddio, non ti adontare, so bene che non sei un bambino ma il fatto è che proprio gli adulti, spesso e volentieri, dovrebbero rammentare gli insegnamenti che le fiabe stesse ci hanno tramandato. Già, proprio loro che le hanno ascoltate, lette, sognate. E, poi, dimenticate. Per cui, figuriamoci tu, nato nell'Era della Tecnologia e della Scienza e cresciuto con le 'nuove' fiabe che durano lo spazio di un mattino: cartoons televisivi e digitali, animati da soggetti che di umano hanno poco o punto, che esauriscono la loro improbabile esistenza con l'esaurirsi della improbabile vicenda che rappresentano, che non stimolano fantasia, che non suscitano sentimenti. Certo, gli anime e i manga giapponesi ci sono più vicini somaticamente ma l'unico messaggio che trasmettono è quello del Bene che si scontra col Male e che, puntualmente, vince. Per il resto, appartengono ad una cultura che, per quanto affascinante, è lontana dalla nostra. Non ti turbare, non sto divagando e so bene che i concetti di Bene e Male sono fondamentali nell'esistenza di una persona ma lasciami dire che già ci appartengono, nel tempo e nello spazio. Non vanno insegnati, si manifestano con l'età della ragione e caratterizzano tutta la nostra vita. Li abbiamo dentro. Possiamo scegliere di non considerarli ma ne siamo consapevoli. E, comunque, non sempre, purtroppo, il Bene riesce a sovrastare il suo millenario avversario. O, almeno, non subito. Ed è lì che il senso delle vecchie fiabe trova il suo massimo fulgore. Puoi non credermi, ovviamente, e invece prestare orecchio a indegni soggetti, appartenenti al lato oscuro della Forza, che tra l'altro vorrebbero cancellarle perché le accusano, risum teneatis, di essere testimonianza di una pertinace divisione dei generi con la donna succuba. Non credere a queste mostruosità, ti prego, perché lo scopo della favole è, come detto, trasmettere una morale e non è certo quello denunciato perché la divisione dei generi, maschio e femmina, è quanto di più naturale possa esistere. Ma ti dirò di più: anche le manifestazioni che apparentemente esulano da detta divisione rientrano nell'abbraccio della Natura e, pertanto, vanno rispettate. Per cui che senso ha la lotta per avere un'identità, come i tanti 'diversi' hanno sostenuto, e poi vedersela cancellare per mirare ad una innaturale 'uguaglianza'? Perciò, non è questione di sopprimere un'identità, quale che sia, per affermare un'uguaglianza quanto di provare un sentimento che, maggiormente se tra diversi, accresce di valore e realizza la vera libertà. Niente di più semplice. Un concetto, peraltro, che vale anche in altri campi: verso lo straniero, il migrante, il culturalmente diverso. Perché, altrimenti, se così non fosse, non ci sarebbero più distinzioni, è vero ma, al tempo stesso, non ci sarebbero neppure identità. Per cui, nessuno potrebbe arrogarsi il diritto di 'pensare', di affermare, di agire ritenendo di essere il solo ad averne la primazia. Saremmo tutti uguali, senza sentimento e, paradossalmente, senza libertà perché cadremmo in un'altra legge naturale, quella della Forza, della soccombenza del debole a vantaggio del forte. Già. Una legge che, tuttavia, noi umani abbiamo stravolto perché laddove si è manifestata non è stato per il rafforzamento della razza o per la migliore selezione della specie bensì solamente per proprio tornaconto. È vero che apparteniamo al Regno Animale ma da lungo tempo la donna ha perso l'estro e, al pari dell'uomo, ha coperto le pudenda; ci siamo distinti, abbiamo assunto una diversa identità, perché abbiamo intrapreso la via della 'conoscenza' e pensiamo.


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Abbiamo sopito l'istinto a vantaggio dell'intelletto e siamo giunti a costatare e a credere che anche il debole ha diritto all'esistenza, anch'egli può giustamente rivendicare una dignità. E ciò per un sentimento di misericordia che gli animali, paradossalmente, non hanno esigenza di provare. Quindi, noi siamo diversi e la nostra diversità va accettata al pari di tutte le altre manifestazioni naturali di diversità. Altrimenti, rifiutandone una, si rifiutano tutte e facendolo non regrediremmo al rango di Animale bensì al mondo degli Inferi. Perciò, amico mio carissimo, non credere a coloro che, da schiavi, novelli kapò, vorrebbero ingabbiarti per la convenienza dei loro padroni. Non prestar fede a redivivi Lucignoli che ti allettano verso il Paese dei Balocchi dove, all'atto pratico, vige solo la sregolatezza e il vizio da esercitare senza freni inibitori così da giustificare l'impiego della forza per toglierti la libertà. Non credere agli imbonitori, Omini di Burro, alla guida di pariglie di Asini perché, diversamente, il tuo destino non potrà che essere quello di tornare a quelle pariglie. Non credere senza pensare. Ed è in un tale contesto che le favole esercitano la loro opera educativa. Avrai, spero, sentito parlare di Biancaneve, di Cenerentola, della Bella Addormentata, di Cappuccetto Rosso e di tante altre. Ebbene, già in quelle storie emerge una morale: non abbattersi, non cedere allo sconforto e aspettare l'occasione del riscatto. Un'occasione che va riconosciuta e non ignorata e che sospinge all'intraprendenza. E l'eroina, motivatamente, è una donna la quale, contrariamente a quanto affermano gli spargitori di menzogne, in quei contesti non è succuba dell'uomo. E', invece, la Dea che, per ricalcare il ciclo naturale della vita a comprensione dei fedeli, si avvale del maschio. È scesa nell'Oltretomba delle angherie e delle invidie e rinasce, grazie al paredro, a colui che siede affianco, principe o cacciatore che sia, appunto. Potrai obiettarmi che le favole non inneggiano tutte ad un'eroina. Prendi la Spada nella Roccia, ad esempio, oppure Pinocchio. È vero ma permettimi di sottolineare che non è tanto importante il sesso quanto la morale che esprimono, diversa da quella delle precedenti, ne convengo, ma non a causa del sesso del protagonista bensì dello scopo. Ebbene, lasciami dire: tu potrai essere un operatore di call center, oppure un commesso dietro un banco di McDonald. Potrai servire dietro uno sportello bancario o di un ferramenta. Oppure, potrai vestire un camice bianco da ricercatore o una t-shirt da informatico. Non ha alcuna importanza ai fini della morale. Come non l'ha che tu abbia un diploma o una laurea ottenuta magna cum laude. Né, tantomeno, che tu lavori in Italia o all'estero, in un'occupazione confacente alle tue attitudini o costretto dagli eventi. Né, infine, sempre in esito alla morale, ha rilevanza se tu ancora non hai approcciato il mondo del lavoro perché inoccupato o studente. Non ce l'ha perché il senso è che nessuno può estrarre la spada al tuo posto. Se riterrai, potrai farti consigliare da provetti maestri ma la scelta di collocarti davanti alla Roccia dove la spada è conficcata, afferrarne l'impugnatura ed esercitare la traenza è tua e soltanto tua. Nessun altro può farlo, perché nessuno può privarti del tuo diritto dinastico di Essere Umano, di esercitare le tue prerogative, i tuoi diritti, le tue scelte. E chiunque affermi il contrario appartiene al Mondo delle Tenebre, è un Nazgul del III millennio in caccia di anime da asservire e da condurre

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a Sauron, lo spirito malvagio e potentissimo, servo a sua volta di Morgoth Bauglir, prima tra le potenze angeliche cadute. Mi perdonerai lo sconfinamento nel Signore degli Anelli ma, partendo dal presupposto che l'opera è a tua maggiore conoscenza non foss'altro che per la versione cinematografica, ho voluto solo renderti più fruibile l'allegoria. Pinocchio appare quasi come un completamento della fiaba precedente; più articolata e complessa ma, sostanzialmente, un'integrazione. Semplice pezzo di legno, buono tutt'al più per farne una gamba di un tavolo, diventa alla fine, dopo varie peripezie, uno splendido bambino. In questo caso, il perno ruota attorno a due assi portanti il primo dei quali sono le traversie ed il secondo è la spiritualità. Ricordi le traversie del famoso burattino nonché le provvidenziali apparizioni della Fata? Padrone di non credermi, ma prova a pensare alla voce di popolo che afferma che i problemi aiutano a crescere. E non è forse così? Dopo una peripezia non si è forse più agguerriti sul piano dell'esperienza? Non ci si sente più fiduciosi in sé stessi? Ritengo di sì ma non basta. Occorre un pizzico di spiritualità, come ti dicevo. Occorre la Fatina Turchina nella quale credere. Ti chiederai se io abbia perso il capo nel paragonare una figura leggendaria ad una entità spirituale ma fidati, ti prego, perché è indiscusso che nella mente di Collodi abbia albergato il richiamo specifico, traslato nella Fata per rendere armonioso e coerente il clima e il taglio del racconto. La Fata è colei che ti sostiene nelle avversità ed alla quale, in ultima istanza, consegnare le tue pene e chiedere il suo intervento magico. L'alternativa è l'angoscia, la costatazione che non c'è aiuto da terzi e che le tue sole forze non bastano a risolvere le tue sofferenze. È l'annullamento dell'io e lo sprofondare nel tormento interiore senza uscita. Pensi che stia scherzando, vero? Ti assicuro che non è così perché sei troppo importante per farlo: il mio solo, unico desiderio è che tu prenda atto delle tue potenzialità ed arrivi ad impiegarle, eretto, con lo sguardo alto e la voglia di andare: il Mondo è attorno a te, sei il suo crocevia. Nessuna direzione ti è preclusa: devi solo estrarre la spada e incamminarti, con la voglia di conoscere, come il gusto di un pizzico di sale sulla vivanda, facendo attenzione massima a ciò che la Vita ti porrà dinanzi perché la Verità è una ed è la tua, solamente tua. Potrei dirti che i 'tempi moderni', nelle loro distruzioni senza senso, hanno frantumato l'autorevolezza e fatto perdere alla Verità la sua univocità ma non mi capiresti. Perciò, quello che mi preme sottolinearti è di cercare la Verità dentro di te, frutto di approfondimento, di comparazioni e di deduzioni. Una Verità, quindi, da rivisitare qualora un altro viandante sia capace di prospettarti una diversa realtà perché è proprio degli sciocchi e degli ottusi ostinarsi a non rivedere il proprio pensiero quando si riscontrano ragioni oggettive per farlo. Certo, un viandante come te che, al pari tuo, ha occhi per vedere e un cervello per ragionare. È un tuo simile, anche se i suoi tratti somatici sono differenti come lo sono le sue idee, e come tale mi auguro tu possa riconoscerlo, prima che la morte vi accomuni del tutto. Ha mai visto un teschio? Non ti sembrano tutti uguali? Eppure, al di là del memento mori e nonostante le similitudini fisiche, quella calotta ha contenuto memorie, emozioni e idee sicuramente diverse dalle tue.


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E sono quei contenuti ad esser preziosi, quelli che in vita devi ascoltare, purché organici ed estetici, quelli dei quali avvalerti per comparare e dedurre. Ti aiuteranno nel cercare la Verità perché amplieranno la sfera delle tue considerazioni. Perciò, nel cercare la Verità, astraiti, vola. Fintanto che resterai ancorato alla tua sola incognita vedrai unicamente l'albero ma se ti innalzerai riuscirai a considerare l'intera foresta, la sua ubicazione, i suoi confini, la fauna e la flora che vi albergano, i fiumi che l'attraversano… e l'incognita avrà una diversa dimensione e beneficerà di una più chiara e attinente considerazione. Inoltre, nel cercare la Verità non fermarti all'apparenza: pensa al un gallo che razzola nell'aia, a contatto con la nuda e cruda terra. Eppure, ad ogni alba, annuncia l'arrivo della luce. Poi, rammentalo sulla cima dei campanili ad indicare il Vento. E, infine, figuratelo mentre con gli speroni acuminati combatte fieramente in difesa del pollaio. Pertanto, rinnega i preconcetti, depurati come in un'immersione termale in acqua sulfurea e indossa nuove vesti. E quando riterrai di aver raggiunto la consapevolezza, quando penserai di aver acquisito la Verità, allora determinati nel difenderla come copri la tenue fiammella di una candela che rischiara le tenebre circostanti, esposta al vento delle strumentalizzazioni e degli opportunismi, osteggiata da falsi profeti. Poi, lascia che la cera che cola la saldi al piano della tua Vita: servirà a rischiararti il cammino. Dunque, non indugiare perché hai un viaggio da compiere e il tempo è un bene prezioso che non va sprecato. Non lasciare che la sabbia fluisca vanamente nella strettoia della clessidra. Sei su un fiume che non sai quanto largo sia né quanto lungo ma sai che comunque arriverai al mare: non lasciarti trasportare dalla corrente perché altrimenti una volta giunto alla foce non avrai bei ricordi del viaggio né avrai più tempo per formarli. E questo sarebbe il danno più grave che potresti farti perché la Signora della Falce non preavverte e non aspetta. E a te non resterebbero che recriminazioni. Non tediarti. Ho quasi finito. Potrei consigliarti di scrivere i tuoi pensieri e le tue azioni. Di munirti di penna e calamo e di tracciare rendiconti del tempo trascorso. Sicuramente, potrà sembrarti un'occupazione futile, d'altri tempi, quasi da educande ma, ti assicuro, sarebbe un utile esercizio per le tue incombenze future. Tra anni, che tu sia un manager o un garzone di bottega, dovrai rappresentare il consuntivo della tua opera a richiesta di terzi, siano essi azionisti o bottegai. E, nel farlo, sarai portato a valorizzare i punti di forza e a sorvolare su quelli di debolezza. E maggiormente quest'ultimi, dichiarerai, saranno destinatari del tuo migliore impegno. Allora, ti chiedo: prima di cimentarti con i terzi, non trovi sarebbe meglio cominciare ad allenarti con te stesso? Potrei consigliarti in tal senso, come dicevo, ma so che non lo faresti per cui consentimi almeno di raccomandarti di riflettere a consuntivo. Un anziano signore d'altri tempi affermava che l'essere umano è nato per cercare la felicità. E la laboriosità della ricerca è tale, riteneva, che il cercatore certamente percorrerà strade sbagliate ma l'importante, a suo avviso, è che se ne accorga e torni sulla retta via. In una parola, ammetteva l'errore; anzi, lo considerava funzionale alla ricerca ma, confidando nell'essere umano, riteneva che una volta acquisita consapevolezza vi fosse, se del caso, ravvedimento. Perciò, ti prego, tra te e te, racchiuso nel tenue chiarore del tuo lumino

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interiore, rifletti: a consuntivo, è il modo migliore per rallegrarsi con sé stessi o per trarre insegnamenti pro futuro. Ancora una considerazione e una raccomandazione e poi ho davvero concluso. Non agire mai, per il tuo tornaconto, a danno immeritato del tuo prossimo né del mondo che ti circonda. Col primo condividi il pane e il secondo è la tua casa. Potrei star qui a spiegarti il concetto che ho inteso esprimere e che, a mio avviso, dovrebbe far costantemente parte del tuo bagaglio ma ritengo che il 'Canto del cuore' esprima meglio il significato delle mie parole: "Questo corpo non è me. Non sono limitato da questo corpo. Sono vita senza confini. Non sono mai nato e non sono mai morto. Guardo l'oceano e il cielo stellato, manifestazioni della mia meravigliosa Vera Mente. Sono libero al di là di ogni tempo. Nascita e morte sono soltanto porte che oltrepassiamo, sacre soglie nel nostro viaggio. Nascere e morire sono come giocare a nascondersi. Allora ridi con me, prendimi per mano, diamoci un saluto, un arrivederci, per ritrovarci presto. Ci ritroviamo oggi. Ci ritroveremo domani. Ci ritroveremo alla sorgente in ogni momento. 1 Ci ritroveremo in ogni forma di vita" . E una volta compreso che il mondo ti appartiene come tu appartieni al mondo, parti. Con determinazione e tenacia. Dal profondo della notte che mi ricopre Nera come il pozzo da un polo all'altro Ringrazio gli dei qualunque essi siano Per la mia indomabile anima. Nella stretta morsa delle avversità Non mi sono tirato indietro né ho gridato. Sotto i colpi d'ascia della sorte Il mio capo è sanguinante, ma indomito.


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Oltre questo luogo di collera e lacrime Incombe solo l'orrore delle ombre. Eppure la minaccia degli anni Mi trova, e mi troverà, senza paura. Non importa quanto stretto sia il passaggio, Quanto piena di castighi la vita, Io sono il padrone del mio destino: 2 Io sono il capitano della mia anima . Non devo dirti altro. Buon viaggio. R.F.

Note: 1. da "Il Canto del Cuore", Thich Nhat Hanh e la comunità monastica di Plum Village 2. William Ernest Henley - Invictus

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DE SENECTUTE Se, come può capitare avendo figli ultra quarantenni, siete da quasi un decennio nonni, questo è quello che vi può succedere. Ve ne voglio parlare senza intento di allarmarvi, ma col solo desiderio di avvertirvi di processi che avverranno o stanno per avvenire. In primo luogo la voce. Avrete notato che, come natura comanda, siete oggetto di un progressivo affievolirsi del tono e del volume della voce, rispetto alla squillante e acuta nota con cui vi esprimevate in ogni consesso frequentato quando eravate di età inferiore ai settanta. Ora però la situazione è cambiata, aggravata per giunta dalla ostruzione imposta, non si sa con quale reale efficacia, dalla diffusione del virus pandemico: la mascherina. A questo attrezzo, di un diminutivo irritante, che limitava il suo uso ai periodi carnevaleschi, va infatti imputata una ulteriore difficoltà a far emettere suoni ben distinti e specifici. Questo, abbinato alla naturale riduzione del volume emesso, rende le vostre parole ancor più difficilmente percepibili da chi vi circonda. Se poi a questa categoria corrispondono i frequentatori di una festicciola in onore di un nipotino che compie 12 anni, circondato da parenti e compagni che non si può definire silenziosi, potete immaginare l'esito del fenomeno che stiamo trattando. In primo luogo esso consiste nel fatto che qualunque cosa voi diciate non viene raccolta dal consesso: non le vostre parole di augurio al festeggiato, non una sola nota della canzoncina " tanti auguri a te" per la quale ti associ al coretto, non pervenuta però alle orecchie di altri se non che di te stesso, non le raccomandazioni sul modo più efficace di procedere al taglio della torta, mentre rimangono senza risposta domande innocenti rivolte a compagnetti del festeggiato che già mostrano una ombra di baffetti con correlata acne. A questi segni di una incipiente pubertà non corrisponde alcun insegnamento recepito sulle opportune modalità di rapportarsi con un anziano. E appositamente non dico vecchio, perché una delle principali finalità dei talk show di abolire la vecchiaia si è definitivamente imposta, facendo sì che io e i miei coetanei si sentano collocati in una nuvola di possibilità che oscilla tra il partecipare ad una manifestazione di paracadutismo e il determinarsi nella scelta di una fidanzata. Va bene terza età? Ma si, facciamo anche quarta o quinta meno un quarto. In ogni caso apparirà patetico ai vostri stessi occhi, oltre che a quelli dei partecipanti alla festicciola, ogni tentativo di essere simpatico, ben inserito nel clima spiritoso, festoso, della comarca.


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Incerti quindi come siamo, noi coetanei, tra la maturità e la senescenza, e " a disagio in entrambe" restiamo in attesa di nuovi segnali del prevalere di una delle due condizioni e, in questa attesa, preferiamo tacere e osservare gli ignari che ci circondano. Per non parlare della malagrazia con cui i più giovani si dispongono a insegnarci qualche astuzia inerente al funzionamento del cellulare, essendo il nostro, a loro dire, obsoleto e propenso a bloccarsi. In questo caso la malagrazia consiste nel manifestare intolleranza per la nostra incapacità, quindi procede strappandoci il portatile dalle mani e, digitando con fulmineo agitarsi di pollici sulla tastiera, riconsegnarci il cellulare con l'aria di chi non ha però alcuna voglia di espletare funzioni didattiche a favore di quell'analfabeta cibernetico. E così appunto fa, rifiutandosi di dare alcuna spiegazione o a ripetere l'esperimento a beneficio del nonno. Guai inoltre se, con voglia di essere partecipe, si accenna a qualche modo di essere simpatico col clima di allegria, proprio del compleanno. I tuoi figli accennano infatti a smorfie di disgusto se il padre fa una battuta e fanno intendere, con palesi espressioni, che è meglio interrompere l'avvio di quello che mostrava chiaramente essere l'incipit di un "Amarcord" degli anni 50, centrato sulla sviluppo della fotografia. In questi casi ti accorgi che devi ritirare l'"articolo" che non interessa il pubblico. E così fai subito. Perché il primo dovere del figlio consiste nell'evitare, al nipote che compie gli anni, ogni turbativa del clima che lo coinvolge con i suoi amici, fosse pure il nonno con le sue performance. E, sapete? Non c'è di peggio per turbare quel clima di un anziano che creda di poter avere commercio di sensazioni e ricordi con un giovane. Così l'anziano registra come vero il fatto che lui, la sua storia, le sue storie, i suoi ricordi , come forse è bene che sia, non interessano i più giovani. Ad onta della banalità che circola istituzionalmente, circa essere la memoria indispensabile base del futuro, come testimoniano innumerevoli sagre della memoria , organizzate per i più diversi anniversari celebranti vari talk show alla presenza augusta di Benigni e De Filippi. Se così fosse sarei stato l'ultimo uomo a cadere dalla bicicletta e, invece l'umanità, benché memore di tali possibili incidenti, non fa, tuttavia, altro che continuare a cadere. Inoltre io comprendo ora che di un nonno che non ha vissuto neanche una guerra i giovani non sanno che farsene. E infatti questo stesso nonno, quando era bambino, era interessato quasi esclusivamente ai racconti di guerra come era vissuta dai civili: la condizione peggiore per partecipare ad un simile evento. Ai miei occhi di ragazzo, infatti, alla vita all'aria aperta assicurata ai fanti belligeranti (tipo i lunghi ozi dentro una trincea cui si alternavano picnic di trasferimenti in contrade sconosciute, notti in tenda in compagnia di commilitoni che sarebbero presto diventati amici) si contrapponeva la triste vita dei cittadini fatta di corse verso i rifugi, di notti da talpa con i bimbi piangenti, dell'insieme di scomodità dovute alla perversa e brutale invenzione dei bombardamenti a tappeto delle città: tecnica che, se fosse stato fornito delle adeguate attrezzature, avrebbe fatto orrore perfino a Genghis Kahn. Ma che ci volete fare: l'illusione circa l'utilità delle esperienze altrui è certificata dal regolare

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ripetersi degli stessi errori. Questi, nel loro ciclo infinito, pongono le basi perché si rinnovi l'inseguimento ingaggiato tra la morale da trarre dagli avvenimenti passati e i dettagli in cui si avviluppano gli attuali, mai però paragonabili. E mentre siete immersi in pensieri tanto superflui, gli amichetti ballano sui divani del salotto dopo essersi dedicati, con poco profitto, ad evitare che si macchiasse con la nutella la tovaglia, quella buona, ricamata a punto croce dalla bisnonna durante i lunghi soggiorni nei rifugi antiaerei. Fausto Provenzano


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QUELLA MAGNIFICA OSSESSIONE CHIAMATA ARTE Nella foto: VINCENT VAN GOGH, PINI AL TRAMONTO 1889, Olio su tela. VINCENT van Gogh (Groot Zundert, Olanda, 1853 - Auvers-sur-Oise, Francia, 1890). Vincent van Gogh è praticamente l'artista che accompagna la pittura al di là del movimento impressionista, portando i suoi dipinti, la loro luce, i suoi colori a farsi espressioni dell'anima. Egli è un autodidatta molto eccentrico ed eccezionale capace di immense passioni, il più delle volte non accolte e non comprese, e di desolati momenti e periodi di sconforto. Non fu facile il rapporto con i genitori, dai quali si sente non compreso. Il padre austero, Theodorus van Gogh, è un pastore della Chiesa riformata olandese, di ristrettezza mentale e fede bigotta, egli così diverso dal figlio non lo comprese mai. Anche Vincent vive un fervore religioso autentico, che trasporta nelle sue opere artistiche oltre che nelle sue azioni, caparbio e ostinato cerca di portare conforto alle povere famiglie di minatori trasferendosi nella regione mineraria del Borinage, nel Belgio meridionale. Qui compie un'opera vera e propria di evangelizzazione vivendo nella più totale indigenza. Finito il periodo del predicatore si appresta definitivamente alla vocazione dell'artista. Vivrà a Parigi un lungo periodo fecondo di arte, dipingendo molto e facendosi molti amici come Bernard, Toulouse-Lautrec, Anquetin e Paul Gauguin. Ma la vita a Parigi è stressante e competitiva e Vincent non vive più bene in questa tensione, abusa di fumo e di alcolici, soprattutto del terribile assenzio, che sembra sia stato la causa dello scatenarsi delle sue turbe psichiche. Così parte per andare in Provenza, ad Arles, nel febbraio del 1888. Morì sucida nel 1890. Sul quadro: Brucia il cielo al tramonto, protesi rami di pini si sporgono come per un abbraccio, in alto..fronde / mani aperte ad una carezza.. Vincent tu accarezzavi il cielo e con il cielo i pini e le strade e la gente ....ed i colori che amavi oltremisura. Nella tua breve vita, stavi in attesa che questo amore ritornasse a te. Pennellate decise, intense si susseguirono sulle tue tele, in una ossessiva ingenuità d'amore, un profondo bisogno inappagato. Fu burrasca ogni volta per una delusione, furono tante le delusioni.... ma non sciuparono la tua bellezza, il tuo essere fanciullo indomito, il tuo eroico sognare nella sofferenza. Poi nell'ultimo miraggio tendesti all'infinito.....e te ne andasti via da questa polvere....per sempre! A tutti voi cari lettori un cammino sereno nell'arte e nella vita. Stefania Melani

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Confini Idee & oltre

Penetrare nel cuore del millennio e presagirne gli assetti. Spingere il pensiero ad esplorare le zone di confine tra il noto e l’ignoto, là dove si forma il Futuro. Andare oltre le “Colonne d’Ercole” dei sistemi conosciuti, distillare idee e soluzioni nuove. Questo e altro è “Confini”

www.confini.org


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