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Il Paese che Vorremmo Costruiamolo

Graziella Proto

#Dallastessaparte, un movimento per fondare una nuova politica. Dalla parte delle donne. “Dallastessaparte” è un’azione politica ed è un processo, ogni donna che vi partecipa ne è il soggetto. Vogliamo – e dobbiamo – costruire una forza delle donne che sia visibile, una forza che abbia un ruolo nelle decisioni e nelle scelte di chi governa per una nuova visione del mondo. Ma come? Un laboratorio di idee per questo paese. Un paese che vogliamo governare. Un paese per il quale è necessario che le donne stiano unite. Senza se, senza ma. Bisogna capire che l’unica strategia rivoluzionaria per sconfiggere il patriarcato, è l’unione delle donne.

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C’è bisogno di femminismo, si sente dire da più parti. Per contare e contarci. Per urlare cambiare l’Italia? Magnifica idea. Uno spazio comune per dare una visione nuova del mondo?

che la debolezza delle donne non esiste, la crea la separatezza. Il femminismo per fare emergere la forza d’urto che possa invadere la società e travolgere la politica, costruire una nuova stagione di protagonismo di cui c’è tanto bisogno e si sente la mancanza. Il femminismo Perfetto. E così di buona lena un gruppo di donne – diverse fra loro – si è messo a riflettere su delle proposte-prospettive e lavorare sui temi ritenuti fondamentali: Lavoro, Economia, Ambiente, Salute, Educazione e Welfare.

Temi attraverso i quali elaborare ipotesi che possano dare la possibilità di garantire una crescita economica, creare posti di lavoro, eliminare le disuguaglianze.

Sei proposte serie per la politica. Una politica Sorda. Cieca. Muta per biechi interessi personali.

Sei laboratori per studiare e ragionare sul paese che vorremmo. Il paese che vogliamo.

I punti su cui il movimento – persone e associazioni – ha lavorato sono diventati un bellissimo fascicolo: DALLA STESSA PARTE – 6 laboratori per IL PAESE CHE VOGLIAMO.

A prescindere dai contenuti, è stato un bellissimo lavoro di tessitura. Un lavoro di rete fra donne. Tutte diverse. Tutte convinte che il mondo lo si possa cambiare. Basta volerlo e per averlo basta restare unite.

Tante proposte di governo, ma nel profondo di ognuna di noi tante speranze trasformate in progetti. Forse i nostri sogni… ma chi può impedire di sognare o ritornare a sognare?

Nulla di granitico, ma solamente un seme buttato per animare discussioni e riflessioni, un seme disponibile a modificazioni man mano che altre donne si uniscono al movimento.

“Ho aderito perché pensavo che dallastesaparte fosse l’occasione per fare proposte su tutto ciò di cui abbiamo competenze – dichiara la catanese Eliana Rasera, di Iniziativa Femminista ed Ecofemminismo – Siamo l’altra metà non si può far finta di nulla. Non ci sentiamo rappresentate, soprattutto qui nel sud dove bisogna fare i conti anche con il mondo del lavoro. Essere come io sono ecofemminista e del sud sono due punti da cui emergono altre diversità e altre problematiche. Ma credo fermamente nella forza delle donne. Nel nostro stare insieme come per esempio è stato per la lotta sull’aborto e il divorzio”.

Recentemente ci si era illuse che potesse nascere un partito delle donne, le condizioni c’erano, e ci si è impegnate con passione travolgente ed entusiasmo. Non ci siamo riuscite – fra le altre cose – per i soliti, vecchi, sciocchi discorsi e pregiudizi, il tempo è scaduto e quindi bisognerà ripartire dal basso, dall’inizio, perché non sembra ci siano condizioni favorevoli in questo momento. Pur essendo in atto contro la legge sull’aborto – una nostra vittoria – un attacco, non si trova la determinazione per stare tutte insieme.

Livia Turco a proposito del ritrovarsi nuovamente in pista, afferma: “la scintilla è stata constatare la grande forza delle donne nella società, il loro ruolo insostituibile nella gestione della pandemia, constatare che la crisi di civiltà rivelata da quell’oscuro virus confermava la validità del paradigma femminista della CURA e il peso debole nella politica. Anche per la frammentazione che connota l’agire politico delle donne”. “Dallastessaparte vuole costruire la forza delle donne a partire dai punti che ci uniscono. L’esperienza del gruppo di lavoro ‘Salute bene comune’ coordinato magistralmente da Giovanna Martelli, è stata una esperienza molto bella che ha visto il coinvolgimento appassionato di tante donne”.

Non può essere un caso la rinascita di questa grande passione e voglia di partecipazione per giovani e meno giovani. Dobbiamo essere in tante in pista. Dobbiamo parlare fra noi. Essere solidali e complici. Collaboratrici. Ardimentose.

Del lavoro per “IL PAESE CHE VOGLIAMO” ne parliamo con l’ex deputata verde Laura Cima, coordinatrice del Laboratorio sostenibilità ed ecofemminismo.

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1 Il tuo essere femminista come, quando, perché ci arrivi.

Posso dire di essere femminista da sempre, Credo che mia madre mi abbia emotivamente aiutata a maturare questa sicurezza che mi ha permesso di non essere mai dipendente da nessuno, né affettivamente, né sessualmente e neppure in politica. Mi svegliava ogni mattina baciandomi e dicendomi che ero la sua bella “cita”. Mio padre non ha mai alzato le mani e neppure la voce, ha tentato di imporre la sua volontà e a volte c’è riuscito, ma non mi ha mai fatto paura e, soprattutto, mi ricordo le grandi discussioni politiche con lui, convinto liberale amico di Spinelli, quando ero adolescente; sono stata allieva di Magnani Noja – futura deputata e sindaca socialista di Torino, mi insegnava economia e diritto dalle suore dove mio padre mi aveva costretta a studiare ragioneria per farmi fare la sua contabile. Capire condizionamenti subiti e doni ricevuti, come abbiamo imparato nell’autocoscienza, è fondamentale per proseguire poi nella ricerca di liberazione e autonomia che è sempre difficile in una società fortemente patriarcale e mafiosa come quella italiana. I condizionamenti maschili mascherati che si fanno strada tra giovani femministe non hanno spazio se si è nonviolente ed empatiche come le donne che mi hanno insegnato l’ecofemminismo. Dalla Perkins Gilman alla Carson a Wangari Maathai, Vandana Shiva e Arundhati Roy e le tante indiolatine uccise perché difendevano i loro territori contro colonizzatori e predatori. Ci tengo a chiarire che sono ecofemminista perché oggi è indispensabile di fronte alle pandemie e alle catastrofi. Mi ha preceduta nell’impegno politico ecologista Petra Kelly, fondatrice dei Grünen (i Verdi tedeschi) ed ecofemminista che contribuì a promuovere il disarmo tra i due blocchi negli anni ’80, isolata dai suoi compagni e uccisa dal suo compagno. Gli assassinii, le torture, gli stupri e le ingiustizie nei confronti di tutte le sorelle che mi hanno preceduta, e le predazioni di Madre terra sono sempre in me a darmi la forza di continuare.

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2 Ritrovarsi nuovamente in pista: dopo tanto silenzio e chiacchiericcio politico, a trent’anni dalla carta delle donne come e perché è scattata la scintilla? Cosa ha riacceso gli animi?

La pandemia, le catastrofi climatiche e i governi supermaschilisti con i loro tecnici hanno tentato di cancellarci e hanno provocato reazioni diverse tra noi donne. Chi ha insistito sulla parità necessaria e garantita dalla Costituzione avanzando proposte, affinando strumenti, favorendo nomine di donne nei luoghi decisionali con una forte mobilitazione. Chi ha pensato di sostenere a spada tratta proposte maschili che promettono di combattere discriminazioni con l’effetto di spaccare il movimento femminista perché sostenere che i sessi non devono più esserci e ognuno deve poter definirsi maschio o femmina o altro come e quando gli pare, che sex work is work e che l’utero in affitto va incoraggiato è assolutamente contro quello che pensiamo noi, i corpi non si vendono e non si martirizzano. Chi crede – come noi ecofemministe – che non si cambierà la situazione deprimente e confusa, senza speranza di futuro, sa che bisogna intervenire direttamente nelle istituzioni alla faccia di stanziamenti in nome delle “next generations” che finiranno nelle solite mani di multinazionali e politici, complici e sempre maschi, per proseguire lo sviluppo insostenibile che ci sta distruggendo.

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3 Dopo tanto lavoro difficile, paziente e faticoso il resoconto: “DALLASTESSAPARTE”, ci racconti di cosa si tratta?

Per tutte le motivazioni ricordate noi ecofemministe abbiamo fondato prima delle elezioni europee l’associazione politica Iniziativa Femminista (IF), a seguito del lavoro con l’europarlamentare rom Soraya Post impegnata a dare vita ad un gruppo parlamentare femminista, entrata nel PE con lo slogan “fuori i razzisti e dentro le femministe”. Abbiamo valutato insieme di presentarci alle elezioni, sotto questa sigla in una decina di paesi. In Italia sono state fissate per legge e regolamenti del ministero degli Interni vincoli di raccolta firme e validità di nuovi simboli assurdi, che ce lo hanno impedito formalmente, mentre poi nel giorno della scadenza l’allora ministro Salvini li superò concedendo a due liste di estrema destra sue amiche di presentarsi anche se per legge non avevano i requisiti. Nessun politico di sinistra lo denunciò. La complicità maschile supera ogni schieramento anche in politica naturalmente. Dopo questa delusione non ci parve vero poter allargare la nostra realtà aderendo all’invito di Livia Turco e Alessandra Bocchetti, promotrici di “Dalla stessa parte”. Accettai l’incarico di responsabile del laboratorio sostenibilità, con l’aiuto di Eliana Rasera e Monica Lanfranco, mentre Serena Omodei si ritirò perché la radicalità ecologica che pretendeva non le sembrò assicurata. La proposta voleva unificare, su contenuti da definire nei laboratori, tutte le associazioni e le singole attiviste in una rete che, su una prospettiva politica di egemonia da elaborare insieme a lungo termine, si sarebbe rafforzata e allargata senza nessuna struttura direttiva e organizzativa, solo sulla volontà di riconoscersi come donne in un soggetto politico in work progress.

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4 Vuoi parlare del tuo gruppo di lavoro?

Il mio laboratorio si arricchì immediatamente di tante adesioni ecofemministe, tanto che aggiungemmo a sostenibilità la nostra identità di movimento, che si era concretizzata in Italia dal tempo di Chernobyl, dall’ingresso in Parlamento di chi aveva manifestato nelle piazze e fece uscire l’Italia dal nucleare grazie al collegamento ininterrotto con il movimento delle donne. Il manifesto che abbiamo elaborato collettivamente è stato sottoscritto dalle molte che hanno contribuito a definire obiettivi e percorsi e l’abbiamo consegnato per prime. Ma nel frattempo erano già cominciati forti dissapori tra le due più illustri promotrici, Alessandra decise di andarsene perché giudicò troppo compromettenti adesioni di #dallastessaparte a attività del governo Conte e del PD. Così, dopo alcune richieste di chiarimenti alle altre coordinatrici che non portarono a nulla, valutammo che la nostra volontà di soggettività politica non poteva essere bloccata dallo stop conseguente e cominciammo a dotarci di altri strumenti autonomi e a collegarci ad altre realtà per proseguire nella prospettiva che ci era chiara.

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5 Perché sarebbe opportuno promuovere fra tutte le donne “DALLA STESSA PARTE”? In tutta sincerità pensi che questo lavoro possa colmare tutte le lacune, i silenzi, le discrepanze che ci sono fra noi? Insomma, trovi molta sincerità o pensi che appena finisce la diretta ognuno torni a coltivare il proprio orticello aspettando una nuova diretta?

La volontà comune di pubblicare i lavori di tutti i laboratori credo dimostri la serietà e le competenze di tutte le partecipanti, inoltre, ne è nato un programma politico in cui ci si possa riconoscere in tante dallastessaparte. Almeno sui contenuti. Colmare silenzi, discrepanze e lacune tra di noi, ma anche sanare malesseri, insicurezze, invidie, opportunismi e complicità con il patriarcato odierno non è facile, e non lo è mai stato, anche perché gli strumenti per distruggerci, cancellarci e renderci insignificanti politicamente ormai sono molto affilati e articolati, da quelli più brutali come i femminicidi e gli stupri a quelli più sottili come l’invasione dei nostri spazi. Ma non abbiamo altre vie per salvare noi stesse, figlie e nipoti e la stessa Natura che ci ospita e di cui siamo pervase. Oggi c’è questa evidenza ed urgenza che ci rende più responsabili e dobbiamo anche superare i retaggi che ci hanno lasciato interpretazioni filosofiche della differenza che accusavano come traditrici quelle di noi che si sono impegnate anche nella politica seconda, quella istituzionale, dopo aver raggiunto divorzio e aborto, battaglie polemicamente sconsigliate allora! Imparare dalle nostre radici storiche e personali, dalle nostre esperienze collettive sapendo rimetterle sempre in discussione, dai nostri confronti empatici e rispettosi delle differenze, ci farà ritrovare ancora dalla stessa parte, con sempre più convinzione ed adesioni, quella della cura di noi stesse, di chi ha bisogno e della terra che ci ospita. Sono certa che anche molti uomini sapranno confrontarsi rispettosamente con noi se sappiamo porci non solo su un piano di parità ma anche in una prospettiva responsabile che indichi la via. Il webinar organizzativo in vista delle elezioni di ottobre lo dimostra.