"Mamma quando ti ricrescono i capelli?" su Rivista Appunti sulle Politiche Sociali 201_01/2013

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sulle politiche sociali

DISABILITÀ

E LAVORO

CORTE COSTITUZIONALE SU CONTRIBUZIONE UTENTI SALUTE MENTALE E SERVIZI PUBBLICI RUOLO DELL’EDUCATORE LA PETIZIONE SUI LEA SOCIOSANITARI SERVIZI SENZA POLITICHE?

Poste italiane SPA - Spedizione in abbonamento postale d.l. 353-2003 (conv. in L. 27.2.2004 n. 46), art. 1, comma 2, DCB Ancona Bimestrale - gennaio- febbraio 2013, anno XXV. ISSN 1120-5725


appunti sulle politiche sociali - in questo numero... Persone con disabilità e lavoro in Italia. Il lungo percorso

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Dopo le sentenze della Corte Costituzionale sull’Isee

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Gli psichiatri della Società italiana di psichiatria e i servizi pubblici di salute mentale

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L’educatore e’ un maglione di lana. Fare spazio alla complessità. Direzioni di senso per l ’educatore di professione 13 La petizione popolare nazionale per il finanziamento dei LEA. Un bilancio

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I servizi possono fare a meno delle politiche?

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Segnalazioni librarie

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Il primo numero dell’anno si apre con una riflessione sui temi dell’inserimento lavorativo delle persone con disabilità e in particolare di quelle con deficit intellettivo. Carlo Lepri ripercorre un tratto di storia italiana, dalla fase pionieristica a quella attuale nella quale, in nome della compatibilità economica, si tagliano sostegni e servizi compresi quelli riguardanti l’inserimento lavorativo. Francesco Trebeschi, affronta il tema della partecipazione al costo dei servizi da parte di persone con disabilità gravi e anziani non autosufficienti, a seguito di due recenti pronunce della Corte Costituzionale. Luigi Benevelli, propone una riflessione sul ruolo dei sui servizi pubblici di salute mentale e partire dalle posizioni della Società italiana psichiatria. Gloria Gagliardini, riflette e si interroga su ruolo

e funzione dell’educatore. Una professione spesso marginale a confine con altre (terapeutiche, riabilitative, sociali), che necessita di un continuo riposizionamento con la realtà e con il tempo storico che incontra. La Fondazione promozione sociale di Torino, traccia un bilancio della petizione popolare per il finanziamento dei livelli essenziali di assistenza socio sanitaria. L’articolo ne ripercorre motivazioni, contenuti, cammino, risultati ottenuti, insieme alla indicazione degli sviluppi futuri. Infine, Fabio Ragaini, si chiede, a partire dall’analisi della programmazione della regione Marche, se i servizi possono fare a meno delle politiche.

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Bimestrale del Gruppo Solidarietà. Nuova serie - Anno 25 (XXV), n. 1(201) , gennaio-febbraio 2013, chiuso il giorno 15 gennaio 2013. Direttore responsabile: Riccardo Ceccarelli. Redazione: Giuseppe Alberti, Cinzia Alberti, Sibilla Giaccaglia, Gloria Gagliardini, Fabio Ragaini Composizione: Paolo Urbani Stampa: Unione Tipografica Jesina, Jesi (AN) Direzione e Amm.ne: Via Fornace, 23 60030 Moie di Maiolati Sp. (AN) Tel. e Fax 0731.703327- e-mail: grusol@grusol.it Abbonamento annuo Euro 20,00 (25 per enti pubblici) intestato a Gruppo Solidarietà, Via Calcinaro, 12 - 60031 Castelplanio (AN) - c.c.p. 10878601 Aut.ne del Tribunale di Ancona n. 13 del 10/04/1989 - una copia Euro 3,50 (5 per enti pubblici). Gli articoli non firmati sono redazionali. Iscritto al Registro nazionale della stampa n.5624 del 5/2/97 Interamente stampato su carta riciclata. Gli articoli della rivista possono essere ripresi da altre riviste, citando la fonte, ma non possono essere pubblicati su Internet

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la bacheca del Gruppo Solidarietà Gruppo Solidarietà, La programmazione perduta. I servizi sociosanitari nella regione Marche, prefazione di Nerina Dirindin, Castelplanio 2011, p. 112, euro 11.50. Il cuore della pubblicazione, riguarda la programmazione sociosanitaria nella regione Marche; affrontare il tema della programmazione significa, infatti, valutare l’organizzazione dei servizi e le politiche che li sottendono. Significa verificare le modalità con le quali si risponde alle esigenze delle persone. Le modalità con cui si garantiscono i diritti. L’interesse per la regolamentazione dei servizi trae origine dalle richieste e dalle domande che le persone ci pongono. Per rispondere abbiamo avuto e abbiamo necessità di capire cosa è codificato, cosa non lo è. E poi di indagare sui perché. Perché ad esempio non sono fissati gli standard; perché non è regolamentata la qualifica professionale; perché non è determinata la tariffa, e molto altro ancora, come si può capire leggendo i contributi che costituiscono il volume. La prospettiva dalla quale si analizza lo stato della programmazione regionale, come si può evincere dalla lettura del testo, è quella di una organizzazione di volontariato che ha cercato di mettere al centro del proprio operare, le esigenze delle persone che ha incontrato e a partire da queste leggere e valutare le politiche. Le domande che ci siamo posti sono le domande che la pubblicazione pone al principale suo interlocutore: la regione Marche. Domande che continuiamo a sperare possano trovare risposta in atti amministrativi che siano capaci di rispondere con compiutezza alle esigenze delle persone. E’ questa la motivazione che anima questa pubblicazione (Dalla introduzione del Gruppo Solidarietà).

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- I dimenticati. Politiche e servizi per i soggetti deboli nelle Marche, 2010, p. 112, Euro 11.00 - Quelli che non contano. Soggetti deboli e politiche sociali nelle Marche, 2007, p. 112, Euro 11.00 - I soggetti deboli nelle politiche sociali della regione Marche, 2003, p. 112, Euro 9.00.

- AA.VV., Handicap intellettivo grave e servizi: quali risposte dopo la scuola dell’obbligo?, p. 112, - AA.VV., Handicap e scuola: l’integrazione possibile, p. 128, - AA.VV., Curare e prendersi cura: la priorità delle cure domiciliari, p. 96, - AA.VV., Dove va il volontariato? p. 96, - AA.VV., Handicap, servizi qualità della vita? p. 96, - AA.VV., Handicap grave, autonomia e vita indipendente, p. 96, - AA.VV., Dalla riforma dei servizi sociali ai livelli essenziali di assistenza, p. 112, - AA.VV., I soggetti deboli nelle politiche sociali della regione Marche, p. 112 - AA.VV., Disabilità. Dalla scuola al lavoro, p. 112

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PERSONE CON DISABILITÀ E LAVORO IN ITALIA. IL LUNGO PERCORSO1 CARLO LEPRI, PSICOLOGO E FORMATORE, DOCENTE A CONTRATTO, UNIVERSITÀ DI GENOVA

A partire da un’esperienza ultra trentennale in materia di inserimento lavorativo delle persone con disabilità, si riflette e analizza l’esperienza maturata in questi anni. Dalla fase pionieristica che vuole trasformare tutta la società, alla situazione attuale nella quale seppur nessuno dice di essere contro l’integrazione, tuttavia, in nome della sostenibilità economica, i servizi e i sostegni vengono tagliati mettendo così in discussione i diritti fondamentali, compreso quello del lavoro

metodologie utilizzate. Si potrebbe dire il bisogno di “dare un sapere al fare”. Ho definito questo periodo come “fase della scienza dell’integrazione” poiché si assiste, in quegli anni, al tentativo di abbandonare un approccio esclusivamente pragmatico per definire, attraverso l’evidenza scientifica, alcuni principi teorici . Anche la rilevante produzione legislativa può essere collegata a questa necessità di raccogliere e stabilizzare la consistente esperienza disponibile. Si definiscono, infatti, importanti leggi come la 104/92 e la 328/00 ma, soprattutto, si arriva alla riforma della 482/68 con la promulgazione della legge 68/99 sul collocamento mirato. E’ in questo periodo, tra l’altro, che prende corpo una vera e propria comunità professionale: quella degli operatori della mediazione al lavoro. L’ultimo periodo, che grossolanamente possiamo identificare negli ultimi 10-12 anni, è quello che ho definito la “fase dell’integrazione in difesa”. Si tratta di una situazione per certi versi paradossale nella quale nessuno dice apertamente di essere contro l’integrazione e tuttavia, in nome dei pareggi di bilancio o delle varie sostenibilità economiche e finanziarie, i servizi e i sostegni per le persone disabili vengono tagliati mettendo così in discussione i diritti fondamentali, compreso quello del lavoro. Osservo, tra l’altro, due segnali inquietanti conseguenti da questa situazione: il crescente corporativismo di numerose associazioni di disabili e il progressivo “tecnicismo” dietro al quale si rifugiano sempre più spesso gli operatori. Credo che a partire da una discussione intorno a questi aspetti sia possibile ri-trovare una alleanza tra operatori e utenti in modo da rimettere al centro una lotta comune per la salvaguardia dei diritti di tutti.

Ti occupi di lavoro delle persone con disabilità da più di 30 anni. Un periodo molto lungo con tanti cambiamenti nella vita sociale e lavorativa. Quali aspetti di questo percorso senti importante richiamare. Recentemente ho provato a individuare alcuni dei momenti più significativi di questo percorso. Direi che abbiamo assistito ad almeno quattro fasi distinte. La prima, che grosso modo va dall’inizio degli anni settanta alla metà degli anni ottanta, prende l’avvio con le grandi lotte sociali per l’emancipazione dei lavoratori e delle donne. Ho definito questa periodo come “fase della ideologia dell’integrazione” proprio perché i primi inserimenti al lavoro delle persone con disabilità nascono sulla spinta di una volontà di trasformazione che riguarda tutta la società. Non dimentichiamo che in questo periodo storico si rafforza una visione della disabilità intesa non più come disgrazia individuale o familiare ma come esito di una società oppressiva e emarginante. E’ il periodo della lotta contro le grandi istituzioni (manicomi, scuole speciali, istituti) e l’inserimento lavorativo segna il punto più alto del riscatto delle persone disabili. Tra la metà degli anni ottanta e la metà degli anni novanta il clima culturale si modifica ed assistiamo a quella che definirei la “fase della pratica dell’integrazione”. In questo periodo ciò che accade è il tentativo di consolidare le esperienze di integrazione lavorativa facendole uscire da una dimensione prevalentemente ideologica. Assistiamo così ad una miriade di esperienze tutte accomunate dall’esigenza del “fare”. A partire dalla metà degli anni novanta si fa sempre più evidente la necessità di costruire un impianto teorico a sostegno delle

1 Lo scorso 25 maggio, Carlo Lepri, ha partecipato al seminario promosso dal Gruppo Solidarietà, “Lavoro e disabilità intellettiva. E’ così difficile?”. Per l’occasione, a partire dai temi affrontati nell’incontro, gli abbiamo rivolto alcune domande. GENNAIO-FEBBRAIO

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un lavoro, sono sempre intimamente connessi. Tuttavia, mentre l’imparare un lavoro fa riferimento all’apprendimento di una serie di compiti spesso riducibili a delle sequenze operative, imparare a lavorare fa riferimento a qualcosa di più complesso che ha a che vedere con la capacità di “introiettare” il ruolo lavorativo. In altre parole alla capacità di fare proprie, di “mettersi dentro”, tutta una serie di regole, norme, criteri che hanno a che vedere con ciò che gli altri si aspettano che io faccia in quel contesto lavorativo. Quello che in termini tecnici viene definito come il “role taking”, cioè proprio la capacità di assumere il ruolo lavorativo. Questo apprendimento può essere particolarmente complesso soprattutto se una persona non è stata abituata a confrontarsi con i ruoli e con le aspettative che li accompagnano. Assumere un ruolo, in questo caso imparare a lavorare, comporta infatti la capacità di sapersi mettere dal punto di vista dell’altro in modo da anticipare le aspettative che l’altro (o gli altri) hanno nei miei confronti. In altre parole imparare “un lavoro”, soprattutto se il lavoro non è molto complesso, è un apprendimento che può essere molto veloce (giorni o settimane) mentre “imparare a lavorare” è un apprendimento che necessita tempi lunghi e può essere appreso solo attraverso le relazioni e direttamente in una “situazione” lavorativa vera.

Nell’incontro hai affermato che “l’essere adulti è il tema ed il lavoro è uno strumento per vivere questa condizione. Non il contrario”. Aiutaci a capire meglio Nella mia attività professionale mi sono occupato prevalentemente di inserimento lavorativo di persone con una difficoltà di funzionamento di tipo intellettivo. Come è noto uno dei tratti caratteristici di questa “categoria”, accanto ai deficit cognitivi, è quella di presentare una certa immaturità relazionale. Si tratta di quella caratteristica che per molto tempo ha fatto si che si pensasse a queste persone come a degli “eterni bambini”, dei Peter Pan da accudire in luoghi appositamente dedicati a loro. I processi di integrazione scolastica e nel mondo del lavoro hanno dimostrato che nel momento in cui cambiano i contesti cambiano anche le aspettative verso le persone e con esse le rappresentazioni che noi abbiamo della disabilità. Nello specifico ci siamo resi conto che anche le persone con disabilità intellettive possono diventare adulte e non solo anagraficamente. Quindi poter vivere una vita adulta, con i diritti e i doveri che questo comporta, è diventato un obiettivo possibile anche per queste persone. Come sappiamo il lavoro è uno dei mezzi che caratterizzano la vita delle persone adulte. Esso offre autonomia economica ma è anche un potente strumento identitario e di socializzazione. Questo è vero in generale e lo è a maggior ragione per persone che possono avere qualche difficoltà aggiuntiva proprio sul piano della identità e delle relazioni sociali. Tuttavia il lavoro è uno strumento per accedere a questa condizione di adultità e non può trasformarsi nel fine. Ciò significa che non possiamo proporre percorsi lavorativi in modo generalizzato poiché in alcuni casi il lavoro potrebbe non essere coerente con i bisogni di una persona disabile. In più il lavoro non può essere proposto in modo astorico ad una persona. Occorre che la possibilità di “diventare grande” attraverso il lavoro faccia parte di un progetto educativo che deve avere inizio prima possibile.

Un’altra questione sulla quale hai molto insistito è quella riguardante le competenze relazionali delle persone con disabilità. Difficoltà che possono minare la riuscita degli inserimenti. L’apprendere a lavorare fa esattamente riferimento al tema delle competenze relazionali. Durante tutta la mia esperienza ho osservato che gli insuccessi negli inserimenti lavorativi di persone con disabilità (percentualmente nella media degli insuccessi della popolazione generale) non erano quasi mai dovuti al fatto che la persona non aveva appreso i compiti e le mansioni proposte quanto al fatto che il “comportamento” non era adeguato ad un contesto adulto. In altre parole che le regole vigenti in quel contesto non erano state apprese pienamente. Oppure che le regole erano state formalmente apprese ma la persona non era in grado di gestire quelle che sono le componenti discrezionali del ruolo lavorativo. Facciamo un esempio: ci sono momenti durante la giornata lavo-

Dici che per le persone con disabilità intellettiva non si tratta tanto di imparare un lavoro ma di imparare a lavorare. Perché e come si riesce ad imparare a lavorare? In effetti su questi temi, a volte, si commettono errori grossolani.Ovviamente si tratta di una distinzione molto schematica poiché questi due processi, imparare a lavorare e imparare GENNAIO-FEBBRAIO

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rativa nei quali è possibile scherzare tra colleghi di lavoro. Normalmente le persone sanno quando questa componente discrezionale del ruolo può essere agita e quando invece non è opportuna e quindi è il momento di smettere. Per una persona che ha caratteristiche relazionale di tipo immaturo fare questa distinzione non è sempre facile e ciò può determinare comportamenti inadeguati al contesto. Imparare a lavorare è un po’ come imparare ad andare in bicicletta: una volta imparato si può andare su qualsiasi bicicletta e soprattutto … dura per sempre!

qualitativo e l’altro quantitativo. Sul piano qualitativo stiamo assistendo ad una impressionante delocalizzazione dei siti produttivi tradizionali con l’eliminazione o lo spostamento in altri paesi di gran parte delle produzione “labour intensive”. Questo penalizza molto le persone disabili che proprio in questo tipo di lavori trovavano una loro collocazione più agevole. L’altro aspetto, banalmente quantitativo, è legato al fatto che il lavoro scarseggia sempre di più mettendo, tra l’altro, in concorrenza tra loro soggetti appartenenti a diverse fasce deboli. In questo difficile scenario l’unico elemento rassicurante è che le metodologie messe a punto dai SIL sia in termini di strumenti di mediazione che di sostegno psico educativo risultano davvero efficaci. Quando possono essere attuate.

L’esperienza genovese del Centro studi dell’ASL 3 ha sostanzialmente fatto nascere i Servizi di integrazione lavorativa in Italia. Il radicale cambiamento del mondo del lavoro, che ripercussioni ha avuto ed ha sul lavoro dei SIL? Credo che l’esperienza genovese, anche grazie all’azione di Enrico Montobbio, abbia avuto due meriti. Il primo è quello di avere proposto una metodologia innovativa e di averla sperimentata con coraggio. Dico con coraggio perché ricordo che quando abbiamo avviato le prime esperienze la legge 482/ 68, allora vigente, prevedeva espressamente che le persone con disabilità psichica e intellettiva non potessero essere inserite al lavoro. La nostra azione, per lungo tempo, è stata pertanto ai margini se non contro la legge. E questo mi pare dimostri ancora una volta che le cose veramente innovative nascono sempre da una qualche deviazione dalla norma. Il secondo è quello di aver cercato di mantenere una memoria di ciò che si faceva attraverso la pubblicazione di saggi e di libri. Ciò ha dato una certa visibilità al nostro lavoro e per un lungo periodo l’esperienza di Genova è stata al centro dell’attenzione sia a livello nazionale che internazionale. Alcuni di noi hanno così contribuito, attraverso l’attività formativa, alla nascita di numerosi Servizi di Integrazione Lavorativa in diverse parti del nostro paese. Questi Servizi, attraverso la loro azione, sono stati dei precursori nell’attuazione del “collocamento mirato e mediato”che, com’è noto, è oggi alla base della legge 68, dimostrando concretamente l’efficacia di questo principio. I cambiamenti nel mondo del lavoro a cui stiamo assistendo (o forse sarebbe più corretto dire che stiamo subendo) stanno avendo numerose ripercussioni sulla azione dei SIL. Mi limito ad indicare due aspetti: uno GENNAIO-FEBBRAIO

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Da ultimo una tua valutazione ed un bilancio della legge 68-1999. Ha tradito un po’ le aspettative che vi erano state riposte? Personalmente credo di no. Continuo a pensare alla legge 68/99 come ad una buona legge. Il problema semmai riguarda la sua piena applicazione. Sappiamo che esiste una applicazione a “pelle di leopardo”. In alcune regioni è stato fatto uno sforzo importante di messa in rete dei servizi già esistenti prima della 68 e di attivazione dei servizi mancanti. Il tutto creando un sistema che garantisse, allo stesso tempo, servizi alle persone disabili e servizi alle aziende sottoposte agli obblighi. Laddove si è fatto questo i risultati non sono mancati. Dove, invece, le persone disabili e le aziende non sono sostenute e non si facilitano i processi di mediazione, può accadere che la legge venga disattesa oppure che si preferiscano pagare le multe. Ma ciò non mi pare sia imputabile alla struttura della legge quanto, appunto, alla sua applicazione concreta. Direi infine che, grazie agli ampi margini nell’individuazione delle persone disabili da assumere che la legge riconosce alle aziende, sempre più vengono inserite “categorie” specifiche di disabilità. Questo mi sembra un problema poiché nonostante nella legge siano presenti alcuni facilitazioni per le aziende che assumono persone con una “disabilità complessa” queste “doti” non sembrano sufficienti per garantire l’inserimento lavorativo anche a persone con maggiori difficoltà. Ma su questo aspetto alcuni SIL hanno messo a punto sperimentazioni interessanti che in alcune regioni hanno già trovato importanti supporti sul piano istituzionale.

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DOPO LE SENTENZE DELLA CORTE COSTITUZIONALE SULL’ISEE FRANCESCO TREBESCHI, AVVOCATO, BRESCIA

Gli oneri, relativi al costo dei servizi a favore delle persone con disabilità grave, anziane non autosufficienti, e finanche di persone in stato vegetativo, prestazioni per lo più essenziali e che involvono direttamente la tutela della salute dell’assistito, sono, quasi sempre, ingentissimi e, generalmente, non solo non sono sopportabili con le sole risorse dell’assistito, ma altresì incidono in maniera insopportabile sulle risorse familiari. Non stupisce quindi se in questi anni si è assistito ad una marea montante di ricorsi e decisioni in punto di partecipazione al costo, che ha messo in luce la parcellizzazione, la mancanza di proporzionalità quando non l’abnormità1 ed illogicità2 dei criteri adottati da numerosissimi regolamenti comunali. In questa situazione, che va aggravandosi di pari passo con il protrarsi della crisi economica, una vera e propria ancora di salvezza per tantissime famiglie è stata rappresentata dal principio di evidenziazione della situazione economica del solo assistito di cui all’art. 3 co. 2 ter D.Lgs 109/1998.

che la prima, ed immediata conseguenza di un sistema non corretto, è quella di disincentivare l’accoglienza, e, paradossalmente, di favorire così l’istituzionalizzazione. Significativamente, nel preambolo della Convenzione di New York sui diritti delle persone con disabilità, si evidenzia che la disabilità grave è un importante fattore di impoverimento delle famiglie, sottolineando il fatto che la maggior parte delle persone con disabilità vive in condizioni di povertà, ed a questo proposito riconoscendo l’urgente necessità di affrontare l’impatto negativo della povertà sulle persone con disabilità. Partendo da questi assunti, la giurisprudenza, ormai pressoché unanime, aveva ravvisato nel principio di evidenziazione della situazione economica del solo assistito una diretta attuazione della Convenzione di New York e dei principi, ivi contenuti, di non discriminazione, dignità intrinseca, autonomia individuale e indipendenza della persona con disabilità4. Come può esserci autonomia individuale se la scelta della prestazione, non deve essere fatta solo in punto di appropriatezza, ma dipende dalla disponibilità di tutti i familiari di farsi carico di, spesso ingenti, oneri della retta, o anche solo dalla loro volontà di presentare l’ISEE5. Che dignità c’è nel dover elemosinare dai parenti il denaro necessario a far fronte agli oneri di prestazione indispensabili per una vita dignitosa, oltre che per la stessa salute? Quanto al principio di indipendenza della persona con disabilità è declinato dalla giurisprudenza nel senso di ritenere illegittimi criteri che rischiano di compromettere ogni minima opportunità di gestione del proprio reddito in autonomia6. Non è, infine, discriminatorio che le prestazioni afferenti l’educazione e la salute, siano

IL D. LGS 130-2000 E GLI ORIENTAMENTI DELLA GIURISPRUDENZA

Con tale disposizione, introdotta con il D.Lgs. 130/2000, il legislatore offriva un correttivo alla disparità di trattamento che deriva da un’applicazione indiscriminata dell’ISEE anche ai nuclei familiari che accolgono persone con disabilità grave e anziane non autosufficienti, con la valorizzazione di reddito e patrimonio di tutti i componenti di quel nucleo familiare anagrafico di appartenenza (che quindi poteva comprendere anche fratelli, cognati o conviventi more uxorio dei fratelli e loro figli3): a fronte della situazione di dipendenza derivante dalla non autosufficienza è evidente GENNAIO-FEBBRAIO

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Due recenti sentenze della Corte Costituzionale, hanno apportato importantissime novità in tema di compartecipazione al costo dei servizi da parte di persone con disabilità grave e anziani non autosufficienti. L’articolo, nell’analizzare i contenuti delle sentenze, inquadra il tema della compartecipazione al costo dei servizi all’interno della normativa e della relativa giurisprudenza

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offerte alle persone con disabilità con oneri abnormemente superiori rispetto a tutte le altre persone? Proprio con riferimento ai servizi a tutela della salute – e quindi anche a tutte le prestazioni sociosanitarie, siano esse sanitarie a rilevanza sociale o sociali a rilevanza sanitaria – peraltro, la Convenzione di New York, secondo l’interpretazione della giurisprudenza7, ne richiede l’erogazione gratuita o a costi accessibili. Il principio di evidenziazione della situazione economica del solo assistito, si afferma quindi come un principio di altissima civiltà giuridica e, forse proprio perché troppo avanzato ha trovato, sin dalla sua introduzione, enormi resistenze, testimoniate, appunto dalla mole del contenzioso. Le resistenze maggiori, in effetti, sono di tipo ideologico: tipica l’affermazione “non è giusto che il figlio di Agnelli paghi quanto il figlio dell’operaio” che dimentica sia che anche, e soprattutto, alle famiglie non abbienti sono chiesti oneri spesso intollerabili, sia che nessuno si scandalizza se al “figlio di Agnelli” sono garantiti scuola e cure dal servizio pubblico a carico dei contribuenti; ancor più odiose, ma spesso, ahimé, sentite, da Amministratori di ogni colore, le obiezioni del tipo è un problema vostro, sono figli vostri, li avete messi al mondo voi” che si saldano con la caccia alle streghe dei falsi invalidi. A ciò si aggiunge il braccio di ferro tra istituzioni sul piano finanziario, che vede, pur con le semplificazioni del caso, Comuni e Regioni invocare uno specifico finanziamento, che lo Stato ritiene di aver ampiamente compensato con l’aumento della quota sanitaria derivante dall’approvazione dei LEA, quota sanitaria che però, come accertato da numerose pronunce spesso e volentieri e con i più svariati artifici non viene rispettata dalle Regioni8. In effetti, l’art. 3 co. 2 ter D.Lgs 109/1998, molto articolato, prevede che limitatamente alle prestazioni sociali agevolate assicurate nell’ambito di percorsi assistenziali integrati di natura sociosanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale a ciclo diurno o continuativo, rivolte a persone con handicap permanente grave, di cui all’art. 3, co. 3, L. 5.2.1992, n. 104, accertato ai sensi dell’articolo 4 della stessa legge, nonché a soggetti ultrasessantacinquenni la cui non autosufficienza fisica o psichica sia stata accertata dalle aziende unità sanitarie locali, le disposizioni del presente decreto si applicano GENNAIO-FEBBRAIO

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nei limiti stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri per la solidarietà sociale e della sanità. Il suddetto decreto e’ adottato, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all’art. 8D.Lgs 28.8.1997 n. 281, al fine di favorire la permanenza dell’assistito presso il nucleo familiare di appartenenza e di evidenziare la situazione economica del solo assistito, anche in relazione alle modalità di contribuzione al costo della prestazione, e sulla base delle indicazioni contenute nell’atto di indirizzo e coordinamento di cui all’articolo 3-septies, co. 3, D.Lgs 30.12.1992, n. 502, e successive modificazioni. Il rinvio a ben due decreti attuativi di cui solo il secondo - l’atto di indirizzo e coordinamento di cui all’art. 3-septies, co. 3, D.Lgs 502/1992 - è stato approvato con D.P.C.M. 14.2.2001, mentre il primo prevedeva una preventiva intesa con la Conferenza unificata e l’apparente contraddittorietà tra la finalità di favorire la permanenza dell’assistito presso il nucleo familiare di appartenenza e l’espresso rinvio a prestazioni residenziali a ciclo continuativo hanno consentito di insabbiare il provvedimento per ben 12 lunghi anni! La giurisprudenza sin qui sedimentatasi, non volendo far premio dei palesi intenti ostruzionistici dei Comuni9 aveva superato questo ostacolo, da una parte riconoscendo natura di livelli essenziali delle prestazioni che devono esser garantiti su tutto il territorio nazionale e come tali prevalgono sull’eventuale disciplina regionale difforme ai criteri di accesso alle prestazioni stesse, e quindi anche all’ISEE10 e dall’altra affermando l’immediata precettività della disposizione anche in assenza del previsto decreto attuativo.

LE SENTENZE DELLA CORTE COSTITUZIONALE Ora la Corte Costituzionale, investita di problematiche connesse al coordinamento tra la normativa statale ISEE e quelle regionali, con due diverse sentenze pubblicate entrambe il 19.12.2012, ha prospettato una soluzione che pur riconosce la centralità del ruolo della Conferenza unificata Stato-Regioni-autonomie locali, parte da presupposti completamente diversi e, in parte contraddittori. La prima decisione (sentenza 296/2012), infatti, nega che i criteri di cui al D.Lgs 109/1998 possano essere considerati livelli essenziali delle prestazioni sociali (LIVEAS) ai sensi dell’art. 117 co.2 lett.m), sul presupposto che la nuova disciplina per l’individuazione dei livelli essen-

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2 D.Lgs 109/1998, quale spazio rimane per le discipline regionali completamene difformi, quali il Fattore Famiglia Lombardo, il DURP alto-atesino, l’ICEF trentino? Entrambe le decisioni sono, peraltro, concordi nell’assegnare un ruolo centrale alla Conferenza unificata Stato Regioni Autonomie locali di cui all’art. 8 D.Lgs 28.8.1997, n. 281

ziali delle prestazioni relative ai servizi sociali di cui all’art. 46 co. 3 L. 289/2002 è rimasta inattuata, il che è ancor più grave, tenuto conto del rilievo che l’art. 117 co. 2 lett. m) Cost. riconosce alle prestazioni concernenti i diritti sociali che dovrebbero essere garantite su tutto il territorio nazionale. Viene, così, ritenuta non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal TAR per la Toscana, in riferimento al solo art. 117, co.2, lett. m), Cost., dell’art. 14, co. 2, lett. c), L.R. Toscana 66/2008 che prevede nel caso di prestazioni di tipo residenziale che la quota di compartecipazione dovuta dalla persona assistita ultrasessantacinquenne sia calcolata tenendo conto altresì della situazione reddituale e patrimoniale del coniuge e dei parenti in linea retta entro il primo grado derogando espressamente alla disciplina ISEE nazionale, ancorché solo in via transitoria, e in attesa della definizione dei livelli essenziali di assistenza sociale (LIVEAS) e del loro relativo finanziamento. Per contro, la seconda decisione (sentenza 297/2012) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 del D-L. 201/2011 nella parte in cui non prevede che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ivi menzionato sia emanato d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’art. 8 D.Lgs 281/1997, attraverso due passaggi argomentativi: a) l’inquadramento della disciplina dell’ISEE nella competenza esclusiva dello Stato prevista dall’art. 117, co.2, lett. m), Cost., in tema di LIVEAS; b) la necessità della collaborazione della Regione nella predisposizione, da parte dello Stato, dei LIVEAS. Il D.Lgs 109/1998, approvato prima della riforma del titolo V della Cost., per la Corte, era da includere, anche in forza del rinvio operato dalla L. 328/2000 tra i princípi fondamentali della materia, ora una sua modifica che importa la predisposizione di indicatori differenziati, proprio perché correlata alla contestuale individuazione di una gamma diversificata di tipologie di prestazioni assistenziali, implica la specifica determinazione del livello essenziale di erogazione delle prestazioni medesime. Essa, infatti, si risolve nella identificazione degli standard strutturali e qualitativi delle prestazioni, da garantire agli aventi diritto su tutto il territorio nazionale in quanto concernenti il soddisfacimento di diritti civili e sociali tutelati dalla Costituzione. Se viene ammesso, per la legislazione regionale di far ricorso a criteri ulteriori ex art. 3 co. GENNAIO-FEBBRAIO

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IL RUOLO DELLA CONFERENZA UNIFICATA Se una necessaria intesa è imposta dalla sentenza 297/2012 per qualsiasi riforma della disciplina statale dell’ISEE che voglia imporsi sulla legislazione regionale quale livello essenziale ex art. 117 co. 2 lett. m), è dall’inerzia di tale organismo, che la sentenza 296/2012 fa discendere l’inapplicabilità dell’art. 3 co.2 ter D.Lgs 109/1998 e la possibilità per la Regione Toscana di adottare, in via transitoria, una disciplina difforme. Le decisioni in commento, hanno ad oggetto, peraltro, esclusivamente il metodo, la necessità dell’Intesa Stato-Regioni-Autonomie locali, nessuna valutazione viene fatta dalla Corte in relazione ai parametri costituzionali concernenti il merito e, a tacere degli artt. 3 e 53 Cost., in particolare, dei sudelineati principi della Convenzione di New York sui diritti delle persone con disabilità, che, come evidenziato dalla medesima Corte costituzionale nella, pure recentissima, sent. 26.10.2012 n. 236, vincolano l’ordinamento italiano con le caratteristiche proprie del diritto dell’Unione europea a seguito della ratifica da parte dell’Unione Europea a seguito dell’adesione con decisione del Consiglio 26.11.2009 n. 2010/48/CE. Viene così messa a nudo la gravità dell’inerzia della Conferenza Stato Regioni11: l’ostruzionismo che ha insabbiato il decreto attuativo dell’art. 3 co. 2 ter D.lgs 109/1998 pone l’Italia nella non invidiabile situazione di conculcare i diritti riconosciuti alle persone con disabilità dalla Convenzione di New York. Privata dell’alibi giudiziario, la Conferenza unificata va incalzata in ogni sede e con ogni strumento messo a disposizione dall’ordinamento posto che, omettendo di fare il proprio dovere, nega non solo l’erogazione, ma la configurazione stessa delle prestazioni essenziali. Sarebbe, infatti, intollerabile che i rappresentanti dell’organismo responsabile della violazione Convenzione di New York possano continuare a sedere al tavolo dell’Osservatorio che dovrebbe tutelare proprio il rispetto della stessa Convenzione.

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Ed è da qui, e dal merito delle ragioni sottostanti al principio che il mondo della disabilità deve ripartire, da quelle battaglie che avevano portato a sancire il principio di evidenziazione della situazione economica del solo assistito in una legge dello Stato. Dalla pretesa dell’integrale rispetto dei LEA sanitari, già sono stati definiti e finanziati nel rispetto delle prerogative statali e regionali e quindi assolutamente esigibili (il che tra l’altro, renderebbe altresì ben più sostenibile anche per gli enti locali l’applicazione del principio di evidenziazione della situazione economica del solo assistito). Dall’ormai improcrastinabile definizione e finanziamento certo di livelli essenziali dell’assistenza sociale (LIVEAS) sia a livello statale che a livello regionale, non potendosi più tollerare, specie in un momento come questo, di lasciare le persone con disabilità alla mercé dei tagli indiscriminati degli enti locali14.

Non si può non denunciare quella che si appalesa come una grave violazione dei diritti umani, se necessario anche attraverso il ricorso agli organismi deputati ad accertare tali violazioni, dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo allo stesso Comitato Per i Diritti delle Persone con Disabilità12 La stessa Corte Costituzionale, del resto, poco prima delle decisioni in commento, con sentenza 11.10.2012 n. 223 aveva tutelato dall’aggressione alcune componenti del trattamento economico dei magistrati collegate ai principi di autonomia ed indipendenza della magistratura13, la cui riduzione, in sé, in aggiunta alla mancata rivalutazione, determinerebbe un ulteriore vulnus della Costituzione. Ben più grave, appare quindi la violazione del principio di indipendenza delle persone con disabilità che ne mina la stessa sopravvivenza. Note 1

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Non può essere definita diversamente la pretesa di oltre Euro 1.000 mensili per la frequenza di un centro diurno per disabili (come nella recentissima TAR Milano, Sez. III, sent. 17.12.2012 n. 3056 e magari a fronte di un ISEE familiare di Euro 16.000, come in TAR Milano, Sez. I, sent. 24.3.2011 n. 784), ma l’esperienza annovera anche casi di cessione alla struttura della casa famigliare per pagare 5 anni di Comunità Socio-Sanitaria, di tentativi di estorcere testamenti a favore del Comune, di famiglie indebitate con usurai per pagare la retta della RSA di persone anziane in coma. Si pensi alle rette fatte “ad occhio” quali emergono già in TAR Brescia, sent. 27.4.2004 n. 472, o alla duplicazione dei costi a carico della famiglia come in TAR Brescia, sent. 5.3.2004 n. 179 Con l’ulteriore corollario che in tal modo si ostacola l’uscita dal nucleo dei figli maggiorenni - il loro stipendio, infatti, determinando la ricchezza familiare andrà ad alimentare il pagamento delle rette, rendendo difficoltoso accantonare quel minimo per costituire una famiglia autonoma. E’ proprio in questa materia che la giurisprudenza ha offerto, la prima e, anche quantitativamente più consistente applicazione della Convenzione, a partire da TAR Brescia, sent. 2.4.2008 n. 350 sino alle più recenti decisioni del Consiglio di Stato che hanno evidenziato come la Convenzione si basi sulla valorizzazione della dignità intrinseca, dell’autonomia individuale e dell’indipendenza della persona disabile, specie laddove (art. 3) impone agli Stati aderenti un dovere di solidarietà nei confronti dei disabili, in linea con i principi costituzionali di uguaglianza e di tutela della dignità della persona che, nel settore specifico, rendono doveroso valorizzare il disabile di per sé, come soggetto autonomo, a prescindere dal contesto familiare in cui è collocato e pure se ciò può comportare un aggravio economico per gli enti pubblici (Cons. Stato, sentt. 16.3.2011 n. 1607, 16.9.2011 n. 5185, 10.7.2012 nn. 4071, 4077, 4085, 23.8.2012 n.4594). Aprendo gravi problemi di responsabilità oggettiva: se uno dei membri del nucleo non vuole presentare la dichiarazione, infatti, le conseguenze ricadono in via diretta ed esclusiva sull’assistito. TAR Brescia, sent. 2.4.2008 n. 350. A partire da TAR MILANO, sent. 14.5.2010 nn. 1487 e 1488 GENNAIO-FEBBRAIO

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conf. da Cons. Stato, sentt. 16.3.2011 n. 1607 e 16.9.2011 n. 5185 Appare significativo osservare come le Regioni più restie a dar seguito alle indicazioni del D.Lgs 109/1998 in relazione alla partecipazione al costo della componente assistenziale dei servizi sociosanitaria, siano state condannate anche per il mancato rispetto della complementare componente sanitaria dei medesimi servizi: così TAR Firenze, sent. 14.4.2011 n. 694 ha messo in luce come la Regione tenti di coprire oneri sanitari delle RSA con fondi di natura sociale, TAR Brescia, sent. 17.10.2011 n. 1453 ha evidenziato il sistematico mancato rispetto della quota sanitaria del 70% nei servizi per persone con disabilità grave, TAR Milano, sent. 20.5.2010 n. 1584 ha censurato addirittura una situazione di coma considerata meramente sociosanitaria, TAR Genova, ord. 25.5.2012 ha sospeso una delibera regionale non rispettosa della ripartizione prevista dai LEA per le RSA. Come espressamente argomentato da TAR Milano, sentt. 24.3.2011 n. 784 e 785, e 10.9.2008 n. 4033, ma anche da Cons.Stato. sent. 26.1.2011 n. 551. Sulla base dell’intuizione Cons.Stato, ord. 14.9.2009 n. 4582. Non si può non dimenticare che il provvedimento – che, per il vero, non conteneva alcun limite, ed anzi dava una piana applicazione alla legge - predisposto dal Ministero delle politiche sociali e già trovata l’intesa con il Ministero del Tesoro, giace alla Conferenza Stato Regioni dal 2004! Che nella 7ma sessione del 27.4.2012 ha adottato una raccomandazione nei confronti della Svezia. Dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, co. 2, D.-L. 78/2012, nella parte in cui dispone che i trattamenti economici complessivi superiori a Euro 90.000 lordi annui siano ridotti del 5% per la parte eccedente il predetto importo fino a Euro 150.000, nonché del 10% per la parte eccedente Euro 150.000. Sul punto non si può non segnalare la recentissima Cons. Stato, sent. 14.12.2012 n. 6431 che ha stigmatizzato il mancato rispetto della necessaria priorità nell’utilizzo di risorse comunali destinate all’assistenza dirottandole prima su cose certo utili ed importanti quale il pranzo di Natale per gli anziani o il trasporto degli anziani a i soggiorni estivi, anziché sulle prestazioni individuate dall’art. 22 L. 328/2000. APPUNTI

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GLI PSICHIATRI DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI PSICHIATRIA E I SERVIZI PUBBLICI DI SALUTE MENTALE FORUM

SALUTE MENTALE,

LUIGI BENEVELLI STOPOPG, MANTOVA

mare una rinnovata autorevolezza scientifica e di colmare “la perdita di definizione dell’agire psichiatrico nato dall’abbandono del mandato custodialistico”. Come se, negli scenari apertisi dopo la chiusura dei manicomi pubblici italiani, le difficoltà del lavoro del medico psichiatra dipendessero da una sua relativa perdita di potere nelle relazioni di cura o non fosse ben definito che cosa il medico psichiatra debba fare (o cosa ci si aspetti dal lui). Preciso che, per la chiarezza delle considerazioni che andrò a fare, distinguerò una psichiatria intesa come branca della biomedicina, che trae vantaggio dai progressi della ricerca e della sperimentazione, da una psichiatria intesa come pratica e organizzazione assistenziale, dedicata ai diritti, alla qualità della vita quotidiana e ai destini di vita dei cittadini-utenti. E ancora, terrò a distinguere i servizi dell’assistenza psichiatrica pubblica, denominati dopo la riforma del 1978 “servizi di salute mentale”, dall’assistenza e dalle pratiche di cura che si realizzano in setting privati nei quali il paziente è un “cliente” che paga, può scegliere, abbandonare le cure. Nell’argomentazione e nella riflessione mi soffermerò sul primo scenario. Premetto che giudico comprensibile l’esigenza della Sip di definire e rafforzare un minimo comun denominatore fra gli interessi professionali degli psichiatri che operano rispettivamente nell’assistenza psichiatrica pubblica, nelle strutture private, nella libera professione e nell’Università. Al riguardo la Sip proclama l’autonomia e la responsabilità del medico nel lavoro clinico, ambito esclusivo di una psichiatria basata “su rigorose procedure metodologiche di tipo diagnostico e terapeutico”, aperta alle acquisizioni delle neuroscienze e della neuro psicofarma-

La pagina speciale de “Il sole 24 ore sanità” del 9-15 ottobre 2012, ha ospitato tre interventi che illustrano e rappresentano i principali assunti di riferimento delle pratiche degli psichiatri italiani del nostro tempo: - quello sottoscritto da Ferrannini, Aguglia e Mencacci, ai margini del 46° Congresso nazionale della Sip (Milano, 7-11 ottobre 2012), che appare un “manifesto”, una “carta di intenti” delle presidenze della Società italiana di psichiatria (Sip) che si sono succedute nell’ultimo decennio; - la proposta di estensione a tutto il territorio nazionale del modello di Trento elaborato da Renzo de Stefani, la cosiddetta “181”; - la riproposta delle culture di riferimento della 180, di una psichiatria anti-istituzionale attenta ai diritti della persona, cui si appella Peppe Dell’Acqua perché non ce ne si allontani.

LA POSIZIONE DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI PSICHIATRIA

Non mi soffermo sulle posizioni di Dell’Acqua e De Stefani perché ben note, maturate nei decenni trascorsi a partire rispettivamente da Trieste e Trento nella messa a punto di servizi di salute mentale di territorio a forte partecipazione e vocazione comunitaria; nel caso de “Le parole ritrovate” di De Stefani con una importante funzione, quasi “istituzionale”, assegnata ai famigliari nel cuore dei servizi di salute mentale. Invece contiene elementi di novità la piattaforma della presidenza della Sip che pone l’enfasi sul ruolo sociale e sul dovere professionale degli psichiatri a occuparsi di tutti i possibili pazienti con diagnosi psichiatrica, non solo quelli “più visibili e più destinati (?) alla marginalizzazione”, presi singolarmente, uno per uno. La sottolineatura nasce, pare di capire, dall’urgenza di reclaGENNAIO-FEBBRAIO

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Una riflessione sul ruolo dei sui servizi pubblici di salute mentale e partire dalle posizioni della Società italiana psichiatria (Sip). Il rischio della Sip pare quello di sottovalutare, se non ignorare, che in capo agli operatori dell’assistenza psichiatrica pubblica sta comunque un mandato, cui operatori non possono sottrarsi, e che può essere declinato o come controllo sociale o come liberazione

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sità rimanda a un oggetto, a un cervello, alla malattia mentale, che rientra nella naturalità, nell’ineluttabile accadere delle cose. (…) Necessario attiene alla forza “naturale” che la normalità deve esercitare sulla follia, dopo averla ridotta a malattia. Nel rapporto con chi vive l’esperienza del disturbo mentale non si può cedere: fare o non fare un trattamento significa, per chi esercita il potere, vincere o perdere. Quindi, l’aggettivo “obbligatorio” denota l’azione di coercizione del paziente con i percorsi e le procedure a tutela dello stesso che lo Stato deve garantire sempre, mentre “necessario” fa riferimento al punto di vista di chi, medico psichiatra o famigliare o altro ancora, sa quanto e quando, in assenza del consenso del paziente, è ora di intervenire. Dal “necessario” discendono una condizione di coercizione potenzialmente a vita (il “contratto terapeutico vincolante”), e la riduzione a Tutore (che decide che cosa è giusto fare per il bene del tutelato) di una figura come quella dell’Amministratore di sostegno, che invece è nata per accompagnare e sostenere nelle scelte la persona con disabilità nei percorsi di empowerment e di recovery, vale a dire nei percorsi di ristabilimento della salute e della guarigione. Non è quindi casuale che Ciccioli reintroduca a giustificazione dell’internamento ( e della pericolosità sociale) l’antica locuzione di “non coscienza di malattia” largamente in uso nella psichiatria manicomiale e che a proposito dei diritti delle famiglie, il Testo Unificato titoli l’articolo 9 Disposizioni per garantire l’incolumità dei familiari; senza parlare mai dei diritti dei cittadini con diagnosi psichiatrica; della dolorosa, aspra questione dei trattamenti disumani e delle contenzioni e dell’opera delle associazioni dei cittadini con disturbo mentale, né prevedere la presenza di utenti negli organismi consultivi. E a legittimazione dei desiderati lunghi internamenti che dovrebbero essere preferibilmente organizzati in strutture private, Ciccioli propone lo t.s.n.e.p. (trattamento necessario extraospedaliero prolungato) della durata di sei mesi prorogabili a giudizio del medico. Quanto ai servizi di assistenza psichiatrica in carcere e il superamento degli opg, Ciccioli lascia intravedere la disponibilità a superare il Codice Penale in vigore con il riconoscimento dell’imputabilità del “reo folle”: Ciccioli ipotizza carceri con spazi e tempi dedicati al “trattamento ambulatoriale, semiresidenziale e resi-

cologia: “lo psichiatra è portatore di un sapere capace di misurarsi con fenomeni che vanno dal comportamento di un recettore neuronale esposto a una molecola ad azione antagonista alla risposta comportamentale di una persona esposta a grandi elementi di stress”. Per questi motivi la presidenza della Sip polemizza con la “continua ridiscussione dei propri mezzi e delle proprie competenze” da parte degli psichiatri che avrebbe “contribuito a una relativa perdita di centralità” (autorità) degli stessi. Il calo di prestigio pubblico dei medici psichiatri avrebbe trovato conferma nel Testo Unificato Disposizioni in materia di assistenza psichiatrica dell’on. Carlo Ciccioli assunto come testo base dalla XII Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati nel maggio 2012. È una proposta legislativa che colloca il medico psichiatra che opera nell’assistenza psichiatrica pubblica al vertice delle politiche di difesa sociale e di controllo delle più varie forme di devianza, piuttosto che alla guida del lavoro di cura delle persone con diagnosi psichiatrica.

OBBLIGATORIO E NECESSARIO Già nel titolo scelto dall’on. Ciccioli si segnalano l’abbandono del termine “salute mentale” e la reintroduzione al suo posto di quello di “assistenza psichiatrica”, locuzioni che ci dicono molto delle culture professionali e politiche di cui il relatore è espressione. La proposta Ciccioli si incentra sostanzialmente sulla sostituzione del termine “obbligatorio” (riferito al t.s.o.) con il termine “necessario” . Come afferma Peppe Dell’Acqua (Legge Basaglia, trent’anni di lavoro. E i tentativi di delegittimarlo, «Alfabeta2», n. 24, novembre 2012). - “Obbligatorio” significa prima di tutto che l’altro esiste. Posso “obbligare” qualcuno con un’ordinanza o una norma quando ho riconosciuto la sua autonomia e la sua possibilità di rifiuto. La parola è una tensione alla negoziazione. Obbligare qualcuno a qualcosa ha a che vedere anche con un’assunzione di responsabilità: un sentirsi obbligato nei confronti dell’altro che sto obbligando, limitando la sua libertà, invadendo il suo spazio intimo e personale. - “Necessario” nega invece l’esistenza dell’altro. Nega la presenza del soggetto in ragione di qualcosa che trascende i contesti, le relazioni, le storie, gli individui. Sposta l’attenzione su ciò che si deve ritenere di assoluto bisogno: non c’è trattativa perché la necesGENNAIO-FEBBRAIO

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se come quelle che qualificano o dovrebbero qualificare l’attività dei Dsm, non si dovrebbe sottovalutare il fatto che un conto è essere “cliente”, un conto è essere “utente” e che dall’esperienza dei servizi pubblici di salute mentale si ricava che la gran parte delle persone che vivono angoscia, dolore e forte disagio mentale, anche di lunga durata, appena può non frequenta i Dsm, perché a più forte rischio di stigma, ma si rivolge in cerca di aiuto alle più varie agenzie (professionali, sanitarie, religiose e non). Prima e dopo la riforma del 1978 il lavoro dei servizi pubblici di salute mentale ha obbligato tutti, operatori, famiglie, utenti, autorità sanitarie, a interrogarsi su quanto accade nell’incontro e nella negoziazione con le persone che stanno male, che fanno fatica a vivere, sul senso che si dà alla sofferenza mentale, sulle parole che si usano per nominarla, sui “modelli esplicativi” in cui ci si riconosce, come evidenziano le elaborazioni degli etnopsichiatri e i problemi posti ai servizi pubblici di salute mentale dall’incontro con gli immigrati extraeuropei che affollano da qualche anno le nostre città e i nostri villaggi. Non solo, ma la Sip chiude gli occhi di fronte a scelte sul futuro degli opg che potrebbe modificare radicalmente le finalità e il modo di essere dei servizi pubblici, in particolare per la reintroduzione nelle culture professionali degli operatori psichiatrici del pregiudizio di pericolosità sociale delle persone con diagnosi psichiatrica. Nel documento sottoscritto da Ferrannini, Aguglia e Mencacci colpisce soprattutto il non-detto sulla chiusura e su quale chiusura degli opg italiani, confermando il silenzio della Sip non solo sui risultati del lavoro della Commissione presieduta dal sen. Ignazio Marino, ma anche sul come, dopo un intenso dibattito parlamentare al Senato (la prima volta a mia memoria che il Parlamento repubblicano ha dedicato una seduta agli ospedali psichiatrici giudiziari) gli stessi sono stati recepiti nella legge 9/2012, una legge dello Stato, e nel Decreto Ministeriale, 1 ottobre 2012 “Requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi delle strutture residenziali destinate ad accogliere le persone cui sono applicate le misure di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e dell’assegnazione a casa di cura e custodia. A questo decreto vanno aggiunte le due recenti Intese, sancite nella Conferenza Unificata il 6.12.2012, sul riparto dei finanziamenti destinati agli opg, ex art. 3 ter della Legge 9/2012. Grande è la preoccupazione che il superamento degli opg si riduca al

denziale dei malati di mente autori di reato che, per la persistenza della pericolosità sociale, non possono essere trattati all’esterno del luogo di detenzione, ovvero che permangono in stato di detenzione perché imputabili”. A fronte della riproposizione brutale del potere del medico psichiatra sulla vita quotidiana e i destini degli utenti di servizi pubblici ridiventati di assistenza psichiatrica, la presidenza della Sip si limita a contestare a Ciccioli l’”atteggiamento di assoluta sfiducia verso le capacità professionali degli psichiatri italiani e di stigmatizzazione verso le persone malate”. È proprio l’angolo di visuale della Sip a rendere angusto e poco efficace il confronto con le tesi dell’on. Ciccioli che, in nome della difesa sociale agita dal medico psichiatra, portano al disconoscimento dei diritti costituzionali dei pazienti. La Sip sembra sottovalutare, se non ignorare, che in capo agli operatori dell’assistenza psichiatrica pubblica sta comunque un mandato, cui operatori non possono sottrarsi, e che può essere declinato o come controllo sociale o come liberazione. Ignorare l’ambiguità del mandato porta a lasciare gli operatori più soli e schiacciati dalla domanda di controllo sociale, come mostrano i seguenti esempi: - la discussione e alcune recenti sentenze intorno alla “posizione di garanzia” dei medici psichiatri che sarebbero responsabili dei comportamenti delle persone affidate alle loro cure; - il fatto che i Dsm di grandi città sono stati in anni recenti sollecitati dalle amministrazioni civiche delle rispettive a produrre liste di utenti dei servizi da loro diretti di cui si potesse presumere la “pericolosità sociale”, al fine consentire procedure più “disinvolte” per l’esecuzione dei t.s.o. e di garantire “maggiore sicurezza” alla popolazione: - la pratica dolorosa e inquietante del legare i pazienti, legittimata nei protocolli adottati da quasi tutti i Dsm italiani; di recente la vicenda Casu nell’Spdc di Cagliari e la vicenda Mastrogiovanni in quello di Vallo di Lucania, ambedue morti legati, hanno turbato l’opinione pubblica italiana.

ATTENTI SOLO AL LAVORO CLINICO? Concentrare l’attenzione sul solo lavoro clinico consente alla presidenza della Sip di mettere in parallelo quanto accade in un Dsm, in un ambulatorio privato o in una clinica psichiatrica; ma se è vero che non tutte le situazioni richiedono prese in carico complesGENNAIO-FEBBRAIO

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semplice trasferimento delle persone attualmente internate negli opg in “strutture speciali regionali”, che il comitato nazionale Stopopg ha chiamato polemicamente “miniopg”, che dovrebbero fare capo ai servizi pubblici di salute mentale regionali. Le strutture residenziali previste avranno le porte chiuse interne ed esterne, i sistemi di video sorveglianza, i sistemi di allarme; alcune la sorveglianza perimetrale da parte delle forze dell’ordine. In questi luoghi, che potrebbero essere affidati pare per lo più alla gestione di soggetti privati, la cura sarà necessariamente congiunta con la custodia. Affinché anche nella sanità penitenziaria, oggi a gestione regionale, si affermi la cultura della riforma del ’78, vale a dire il rispetto e l’attenzione ai diritti, al consenso, al protagonismo delle persone con diagnosi psichiatrica autrici di reato un possibile percorso che porta, bisogna: - dare centralità ai progetti terapeutico riabi-

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litativi individuali, a cura del Dipartimento di Salute Mentale competente, finalizzati prioritariamente alle dimissioni e all’esecuzione delle misure di sicurezza “alternative” all’internamento. (in coerenza con le sentenze Corte Costituzionale 253/2003 e 367/ 2004; evitare il mero trasferimento delle persone attualmente internate negli opg nelle “strutture speciali regionali” (i “mini OPG”) previste dall’articolo 3 ter della legge 9/2012; contrastare le scelte delle Regioni di mantenere in vita i “vecchi” opg come strutture interregionali. La norma lo consente alle regioni con un “fabbisogno inferiore a 10 posti letto”, cioè proprio quelle in cui le strutture potrebbero essere di piccole dimensioni e quindi più lontane dalle “caratteristiche manicomiali”; fare luce sulle persone internate negli opg, restituendo loro il volto, il nome, la storia; istituire una autorità di garanzia nazionale

Il modo con cui ci incontriamo con gli altri e con noi stessi Cosa desta in noi l’angoscia di un paziente che vive, e muore, nei laghi oscuri della depressività e che nella morte volontaria intravede la zattera di salvezza da un dolore intollerabile? Cosa desta in noi l’aggressività così virtualmente costitutiva delle esperienze maniacali e così facilmente matrice di reazioni controtransferali di paura e di inquietudine, di malessere e di rassegnazione? Cosa desta in noi una fenomenologia psicotica tematizzata da deliri e da allucinazioni: dall’autre monde della estraneità e della vertigine perduta della illibertà oscura, e inarrestabile? Ovviamente, le emozioni nascono in noi improvvise e inizialmente incontrollabili, e nondimeno non è possibile confrontarsi con le diverse situazioni psicopatologiche se non arginando, e inaridendo, le angosce e le inquietudini, le paure e le intolleranze, le mistificazione e le antipatie, che abbiano a dilagare in noi; e, se questo non avviene, franando allora ogni attitudine psicoterapeutica, non ha senso fare psichiatria, almeno nell’area delle grandi esperienze psicotiche, ma in fondo anche nell’area delle più conflittuali esperienze neurotiche. Non basta nemmeno sapere riconoscere e controllare le proprie emozioni dinanzi alle angosce inquietanti dei pazienti, e alle loro tentazioni di suicidio; ma è necessario anche sapersi immedesimare in queste esperienze vissute senza negarle nei loro significati e nelle loro risonanze emozionali, e senza allontanarle da noi come esperienze estranee alla condizione umana: forse anche senza riviverle come appartenenti potenzialmente alla nostra esistenza. Ogni nostra esperienza interiore, la paura e l’angoscia in particolare, e anche l’insicurezza e l’inquietudine, l’insincerità e l’indifferenza, la rassegnazione e la distrazione, l’abitudine e la deresponsabilizzazione, ci fa cambiare il modo con cui ci incontriamo con gli altri, e il modo con cui ci incontriamo con noi. Cosa che è ancora di più radicale importanza quando gli altri sono quelli che stanno male, e chiedono aiuto, e noi siamo quelli che curano: sia pure nel contesto delle nostre ineliminabili ansie e preoccupazioni che, semmai, accrescono la nostra intenzione e il nostro ascolto: nella reciprocità e nella comunità di destino che collegano senza fine chi cura e chi è curato. Eugenio Borgna, in, Elogio della depressione, Einaudi, 2012

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che sovrintenda ai percorsi di chiusura degli opg e che possa agire anche con funzioni commissariali ad acta; - investire di una riflessione e di un’azione seria l’universo carcerario e gli attuali servizi di salute mentale in carcere per affermare il ruolo dei Dsm nella lotta all’abbandono sociale delle persone con diagnosi psichiatrica “più destinate alla marginalizzazione”; - impegnare il nuovo Parlamento a modificare profondamente gli articoli 88 e 89 del Codice penale risalenti al Codice Rocco in tema di imputabilità, pericolosità sociale, misura di sicurezza (che, associando “follia” ad incapacità di intendere e di volere e a “pericolosità sociale”, hanno mantenuto in vita l’Opg, un canale “parallelo e speciale” per i malati di mente che commettono reati), per evitare che i nuovi “miniopg” continuino ad essere “alimentati” da nuovi internamenti.

sionale dei propri associati, ma finiscono col collocarli in una posizione regressiva, in uno scenario non solo post-salute mentale, ma anche post-psichiatria di comunità, a isolare gli psichiatri rispetto alle responsabilità che hanno nelle interazioni con gli altri professionisti che operano nella salute mentale e con tutti i portatori di interessi, persone con diagnosi psichiatrica e famiglie in primis. E non occupandosi degli aspetti più duri del lavoro di cura (gestione dell’aggressività, contenzioni, tso) lasciano campo alle “politiche della paura”, a chi, come Ciccioli, alimenta il pregiudizio sulla pericolosità dei “folli” che torna a permeare le culture dei servizi pubblici di salute mentale. Nell’incontro di Stopopg con i magistrati di sorveglianza tenuto il 1 ottobre 2012 a Bologna, è stato detto che delle 1.500 persone oggi presenti negli opg, circa 1.000 potrebbero essere dimesse subito per cessata pericolosità sociale. Quindi per ciascuno di loro sarebbe necessaria l’attivazione, senza indugio, dell’iniziativa dei dipartimenti di salute mentale, sulla base del riconoscimento che la persona con diagnosi psichiatrica è un cittadino che gode a pieno titolo del diritto alla cura e alla salute nel rispetto della libertà, della dignità e dell’inviolabilità del corpo, come afferma l’art. 32 della Costituzione. Purtroppo pare che la presidenza della Sip non sia disponibile a sostenere questo grande sforzo a completare il disegno della 180/78. La presidenza della Sip mi ha ricordato quegli psichiatri italiani che, a manicomi aperti e funzionanti a pieno regime, lamentavano di non riuscire a curare al meglio i pazienti internati perché costretti a occuparsi di troppi “casi sociali”e pensavano di difendere il prestigio della loro professione chiedendo che altri soggetti, non medici, si occupassero delle persone che non “meritavano” la loro scienza e le loro “cure”.

IL MANDATO SOCIALE DEI SERVIZI PUBBLICI DI SALUTE MENTALE

L’esperienza della riforma italiana ha dimostrato che i servizi pubblici di salute mentale, quando declinano il mandato sociale nel senso della liberazione anziché del controllo, quando riconoscono centralità ai diritti e al consenso del cittadino, riescono a promuovere efficacemente la salute mentale delle popolazioni, collaborando alla costruzione di una società aperta, ospitale, tollerante. Qui hanno radici, a mio avviso, le “ragioni forti” di contestazione alle posizioni dell’on. Ciccioli, che conferiscono ai medici potere di disporre delle libertà dei pazienti togliendo potere a tutti gli altri soggetti attori (pazienti, famiglie, operatori non medici) presenti e inter-agenti nella stessa situazione clinica. I presidenti della Sip rifiutando di accettare la sfida per i servizi pubblici di salute mentale rappresentata dalla chiusura degli opg, pensano di difendere al meglio il prestigio profes-

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L’EDUCATORE E’ UN MAGLIONE DI LANA. FARE SPAZIO ALLA COMPLESSITÀ. DIREZIONI DI SENSO PER L ’EDUCATORE DI PROFESSIONE GLORIA GAGLIARDINI, EDUCATRICE, GRUPPO SOLIDARIETÀ

Il punto non è il grande spazio in cui si muove l’educatore, ciò che non è chiaro abbastanza, a mio avviso, in questa figura, è proprio il suo compito, la funzione che viene richiesta. Spesso una funzione debole, marginale a confine con altre (terapeutiche, riabilitative, sociali) e che ha bisogno di un continuo riposizionamen-to con la realtà e con il tempo storico che incontra.

Mi sento davvero un maglione di lana. Bianco. Sul davanti ho una treccia di fili grossa, massiccia, pesante. La treccia è calda al tatto, ma nei suoi spazi ci sono buchi in cui le dita possono affondare, risalire, rintracciarsi tra loro, persino perdersi. Ma chi sei educatore? Una treccia di fili; fili che si intrecciano e formano nodi, interruzioni, spazi, filettature … Educatore: identità professionale di cui vado costantemente alla ricerca come ricercassi un mio secondo essere e non riuscissi mai a trovarlo, mai ad abbracciarlo e appena l’ho conosciuto non mi basta, credo che non sia quello vero, quello a cui tendo, quello che l’altra parte di me cerca e verso cui si sente attratto. Un senso di profonda inadeguatezza, quasi la sospetta (o chiara?) illusione di cercare una professione che non c’è. L’educatore può: lavorare a scuola, a casa, nei servizi pubblici e in quelli privati. Può stare dentro ad un equipè, far parte di uno studio di psicologi (e fingersi tale), oppure può essere il volontario dell’associazione taldeitali pieno di buoni propositi caritatevoli, può essere l’assistente alla persona disabile e può essere il facilitatore di un gruppo, può aiutare a svolgere compiti a bambini e ad organizzare una festa, può essere un bravo attore che mentre recita lavora sulla capacità espressive ed emotive, può essere anche colui che sta in carcere a organizzare attività educative per la persona da riabilitare socialmente, oppure un tecnico della comunicazione non verbale, un terapista A.B.A per l’autismo, un falegname o un giardiniere che invasando e o tagliando pezzi di legno fa lavorare chi ha un disagio psichico; è colui che trasporta la carrozzina, e che parla la Lis, o il Braille e orienta il suo educando allo spazio del quartiere, può essere un intrattenitore e un animatore, un esperto di comunità educative e riabilitative, un bravo orientatore e oratore, lettore, scrittore. Può lavorare con gli anziani inventandosi spazi di lavoro espressivi e manipolativi, ma può anche occuparsi di bambini, sani o malati, disabili o immigrati, affidati, disagiati. Può educare un bambino di 0 anni e lavorare in un nido, ma può anche educare un giovanotto e lavorare in un C.A.G, in un oratorio addirittura! L’educatore insomma può tutto, tutto e niente. Perché viaggia in un panorama umano indicibile, immenso, in fondo non richiesto davvero da nessuno. L’educatore è a mio avviso un gran presuntuoso che pensa di potere, di essere sempre d’aiuto. Il suo lavoro lo può fare benissimo lo psicologo dell’età evolutiva, il pedagogista che ora si chiama “clinico” per somigliare più allo psicologo, lo può fare il sociologo per alcuni settori del disagio sociale, lo può fare il maestro per il settore scolastico, lo può fare il prete e lo scout per la parrocchia, lo può fare il terapista per attività specifiche nella disabilità fisica, o l’assistente per l’accompagnamento, o il bidello per portarlo in bagno. Il suo lavoro lo può fare il counselor per lavorare con i gruppi di ascolto, può farlo il magazziniere, il vero falegname e il vero contadino se solo vivessimo in un mondo più sensibile all’umano e meno al denaro. Dunque... di che mestiere vado in cerca?

LA FUNZIONE DELL’EDUCATORE: A COSA SERVE? COSA FA?

zi socio-sanitari ed educativi (minori, anziani, disabili). Il punto non è il grande spazio in cui si muove l’educatore, ciò che non è chiaro abbastanza, a mio avviso, in questa figura, è proprio il suo compito, la funzione che viene richiesta. Spesso una funzione comunque debole, marginale a confine con altre funzioni

Ho voluto qui ironicamente rappresentare il caos che può vivere un educatore o un aspirante tale che si trova a navigare nel mare del mercato del lavoro, oggi offerto per lo più dalle cooperative sociali che gestiscono serviGENNAIO-FEBBRAIO

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lavoro; situazione che amplifica quelli che sono già caratteristiche proprie dell’educazione: la complessità e i confini dell’operare. Da qui dovremmo ripartire per capire quali delle competenze dell’educatore possono rispondere ai tanti bisogni di un territorio e di quali politiche necessita un territorio perché la professione educativa abbia dignità. Forse è questo il nodo da sciogliere per una professione debole che tratta un ambito di lavoro come quello educativo che ha come riferimento teorico la pedagogia e come prassi la promozione dello sviluppo umano di una persona.

(terapeutiche, riabilitative, sociali) e che ha bisogno di un continuo riposizionamento con la realtà e con il tempo storico che incontra. A tal proposito è interessante l’analisi di Giorgio Sordelli1, nella quale definisce la differenza tra le figure professionali a status forte: quelle la cui identità preesiste al servizio e si conserva indipendentemente da esso; quelle a status debole che si definiscono attraverso il servizio e infine quelle per cui è il servizio a definire cosa fanno e chi sono i suoi operatori. Credo che in alcuni casi, nonostante i passi storici avanzati, l’educatore si trovi ancora in questa seconda sfera. Ma, “è’ vitale non rimanere inchiodati emotivamente da ciò che accade dentro e intorno ai servizi, rimettersi in una posizione attiva, di interlocuzione con la realtà. Occorre recuperare uno sguardo meno implicato sulla realtà e ritrovare uno spazio di riflessione: su di sé (perché faccio questo lavoro?), sul proprio modo di lavorare (è congruente con i vincoli del tempo?), sul proprio modo di entrare in rapporto con le trasformazioni (quanto ho un atteggiamento di chiusura e quanto di comprensione?), sul proprio modo di intendere l’essere professionista (come si combina l’anima tecnica con quella sociale, culturale e politica?)2". Penso all’educatore scolastico che lavora a fianco dell’insegnante di sostegno, penso all’educatore di comunità che rischia invece di essere un “tuttofare”, penso all’educatore extrascolastico che lavora nel territorio ma che realmente (se non in casi - rimasti ancora rari - dove le assunzioni sono comunali) non sta davvero da nessuna parte, penso all’educatore nei centri diurni, nei servizi domiciliari. Un lavoro nascosto quasi nel suo mandato sociale e politico, eppure un lavoro di frontiera, delicato e faticoso. Credo che ancora oggi, nonostante i percorsi universitari, molti educatori facciano difficoltà a raccontare la loro professione o essa sia oggetto di svariate sfumature e interpretazioni. In questo panorama potremmo trovare – in molte regioni3 - educatori di professione con titoli di laurea diversi: laureati in psicologia, in sociologia, in servizio sociale che sono comunque abilitati a svolgere la professione educativa, questo perché in alcuni servizi non viene vincolata la presenza dell’educatore con titolo specifico, lasciando dunque la possibilità di assumere per quella funzione anche chi ha una preparazione affine nelle Scienze umane. Sperimentiamo, quindi, nella realtà quotidiana dei servizi un fluire di professionisti della sfera educativa con tanti “approcci” al GENNAIO-FEBBRAIO

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CENNI STORICI DELLA PROFESSIONE Il riconoscimento giuridico della figura professionale dell’educatore ha una storia ancora giovane e abbastanza travagliata da più eventi. E’ una figura che muta con la storia delle riforme di welfare e della sanità, che inizia a strutturarsi a seguito del grande impulso del movimento culturale degli anni ‘60/’70. Operatori che hanno contribuito alla trasformazione di servizi istituzionalizzati in servizi territoriali diventando promotori di nuove modalità di intervento, operatori dunque che nascono per dare risposte a nuovi bisogni, operatori che negli anni ’80 hanno risposto a un nuovo modello di tutela salute, alla chiusura delle istituzioni totali, ai nuovi approcci alla cura della persona. E’ in questo quadro che prendono forma percorsi di formazione per l’educatore da parte delle Regioni ed è in questi anni che si sviluppa il sistema di cooperazione sociale che gestirà servizi in convenzione con le amministrazioni pubbliche. Negli anni ’90 con la ridefinizione del concetto dei “servizi sociali” e l’attribuzione allo Stato le funzioni di indirizzo, programmazione, definizione di standard dei servizi sociali, si ridefiniscono anche i profili professionali degli operatori sociali. Con il d.m. n. 520/1998 del Ministro della Sanità, “Regolamento recante norme per l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell’educatore professionale” e successivi provvedimenti4, l’educatore professionale si inserisce nell’area della riabilitazione come “l’operatore sociale e sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante, attua specifici progetti educativi e riabilitativi, nell’ambito di un progetto terapeutico elaborato da un’equipe multidisciplinare, volti a uno sviluppo equilibrato della personalità con obiettivi educativo/ relazionali in un contesto di partecipazione e

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caratterizzazione sociale dell’educazione come grandi educatori ci hanno insegnato. A partire da questa base formativa andrebbero poi ampliati percorsi di formazione per settori di intervento, delineando così una specifica figura con chiarezza di profili e quindi di competenze. Come sosteneva Bertolini parlando dell’operatore pedagogico “il primum è per me la relazione e il soggetto è tale per la sua costitutiva capacità attiva nei confronti della realtà esterna ed oggettiva, capacità che gli consente di dare significati e dei valori. Una persona, appunto, che si manifesta come tale nella misura in cui intenziona (dà senso e valore) a ciò che gli sta attorno, trasformandolo8”. Sono convinta che ciò che caratterizza la competenza primaria dell’educatore sia la relazione interpersonale come strumento di lavoro per attuare un percorso educativo con la persona. Non parliamo però di terapie, di tecniche, di procedure, ma di modelli educativi; essere esperti di relazioni e farci mediatori col mondo9. Nell’ambito della disabilità (settore socio-sanitario) il ruolo dell’educatore è cruciale per la riuscita degli interventi e credo che l’obiettivo sia includere; il nostro mezzo è il territorio, il cuore del nostro lavoro sono le modalità comunicative10. Trovo importante rimettere al centro la dimensione sociale di ogni educatore, “recuperare la dimensione sociale del proprio ruolo, acquisire o valorizzare quelle competenze che travalicano l’aspetto strettamente tecnico e di diventare anche operatori inclusivi, ristabilendo quei connotati tipici dell’azione sociale che la standardizzazione rischia di soffocare. Gli operatori devono essere accompagnati e formati ad acquisire una professionalità in grado di assumere il rischio insito nel lavorare per l’inclusione sociale: accettare l’incerto abbandonando il certo, affrontare il difficile anziché il facile, accogliere la sfida al cambiamento al posto della routine rassicurante, perché l’inclusione è precisa nella sua definizione, ma molto meno nella sua realizzazione”11. Educazione dunque che significa non solo “educere” cioè “tirar fuori”, ma come sostiene Roberto Mancini12, preparare l’incontro tra i ragazzi e le forze educative del mondo. E’ in questa ottica che intendo l’educatore professionale13, cioè un operatore pedagogico che sappia proporre interventi educativi mediando con il territorio. Un professionista della relazione che sappia usare tecniche a seconda del settore di lavoro in cui opera, ma che abbia come riferimento costante la dimensione sociale dello svilup-

recupero alla vita quotidiana; cura il positivo inserimento o reinserimento psico-sociale dei soggetti in difficoltà”. L’emanazione della “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”, n. 328/ 2000, prevede all’art. 12 un meccanismo di riconoscimento delle professioni sociali; decreti successivi dovranno stabilire criteri per il riconoscimento dei profili. Provvedimenti che però non sono stati mai emanati. Dopo la modifica del Titolo V della Costituzione, ed il ridisegno di alcune delle competenze istituzionali5, alcune Regioni, in assenza di una normativa nazionale, hanno provveduto a individuare i profili sociali6, altre invece non lo hanno fatto7. Oltre alle difficoltà di accesso alla professione nei diversi settori, dopo anni di scuole per educatori regionali, oggi ci troviamo di fronte a due percorsi universitari molto diversi e paralleli: quello previsto dalla Facoltà di Scienze della Formazione e dell’Educazione (L-19) e quello previsto dalla Facoltà di Medicina e Chirurgia Classe SNT/2 che prese avvio nel 2001. Il d.m. n. 520/98 disponeva infatti la gestione della formazione alla Facoltà di Medicina e Chirurgia in collegamento con le Facoltà di Psicologia, Sociologia e Scienze dell’Educazione. Questo ha comportato la possibilità di realizzare due possibili percorsi universitari distinti. Il primo va a formare educatori cosiddetti “sociali” (sono numerose le denominazioni a seconda degli atenei: sociale, extrascolastico, animatore socioeducativo ecc…); il secondo, educatori “professionali” che possono lavorare in ambito sanitario e socio-sanitario. A questo punto è facile intuire il caos dentro al quale si può trovare, per diversi motivi, un educatore: perché non è chiaro quale sia il percorso formativo adeguato, perché non sono chiari gli ambiti di lavoro spendibili per questa figura, perché non si vede riconosciuta la sua competenza nei servizi, perché può svolgere la professione anche chi ha titoli di laurea equipollenti nell’ambito delle Scienze umane, infine perché a seconda del settore in cui si lavora si possono trovare normative regionali che non chiedono esplicitamente la presenza dell’educatore professionale laureato. Maglione di lana dunque? Un maglione a larghe trame con buchi enormi.

TROVARE UNO SFONDO COMUNE: ESSERE MEDIATORI Fatico a riconoscere un educatore (di formazione sanitaria o sociale) che non abbia come riferimento di base la pedagogia e la GENNAIO-FEBBRAIO

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sconfinino in ambiti diversi e distanti dalle proprie competenze, così come appare analogamente improprio che un laureato in psicologia (con una formazione prettamente clinica) o un assistente sociale (con una formazione più giuridica) possa svolgere un intervento educativo non potendo avere le competenze pedagogiche richieste. Due sono quindi le difficoltà che incontriamo: da una parte il bisogno di capire i confini di questa identità educativa senza confonderli con altri che non gli appartengono o che comprimono la complessità dell’educatore a un semplice ruolo assistenziale16, dall’altra quella di avere chiari percorsi per cui sarà assolutamente incoerente omologare agli educatori coloro che non hanno alcuna formazione a riguardo. Non è il mio un partito preso della “razza pura” degli educatori professionali, ciò che ho scritto è da intendere dentro una ricerca del significato dell’educare dal momento che di questo ne facciamo una professione. Ho voluto per ultimo sottolineare la natura sociale dell’educatore professionale, perché credo sia ciò che contraddistingue specificatamente la funzione di questa figura nei servizi sociali, educativi, scolastici, riabilitativi ed extrascolastici, indipendentemente dai profili universitari. Ed è forse, il mio, un appello agli educatori stessi perché tornino a riflettere su questa dimensione che abitano, nei confronti anzitutto dei propri educandi.

po umano. L’educatore professionale “è ritenuto un operatore che ha il compito di individuare le potenzialità dei soggetti individuali e collettivi. Potenzialità cognitive, affettive, relazionali. Le azioni nei confronti di potenzialità si collocano in diversi piani: promozionale, preventivo, riabilitativo. Piani vincolati da un mandato sociale del quale l’educatore è nello stesso tempo esecutore e coautore”14. Un operatore che, distinguendosi da altri professionisti, agisce una relazione educativa e non terapeutica o assistenziale. “Chi educa non eroga prestazioni esogene, né prescrive prognosi anticipatrici, volitive morali per affrontare il cambiamento. L’educatore, diversamente dal terapeuta, non agisce efficacemente il suo ruolo, se non all’interno di un profondo atteggiamento relazionale: un modo di essere e di agire cioè attraverso il quale chi educa attiva entrambi i poli delle relazioni, se stesso (Ego) come guida, o facilitatore, e l’Alter come protagonista del cambiamento. La figura dell’educatore diviene tanto più debole e sfumata tanto più che la forza dell’Alter rinasce. L’impronta personalistica della pedagogia sospinge a completare la dimensione relazionale/duale con il paradigma della comunità educante nell’inscindibile legame che unisce persona e società. L’educatore, a differenza del terapeuta, nel progettare educazione individua altri soggetti come protagonisti del progetto di aiuto”15. Se è così, appare improprio che gli educatori

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G. Sordelli, L’educatore: nuovi modi di prendersi cura?, in Animazione Sociale, n°8/9, 2001. F. D’Angella , D. Marini, Il futuro è una ricerca che si fa insieme. Come non arrendersi a un tempo di scarsità, in Animazione Sociale, n. 259, 2012. Così accade ad esempio nelle Marche. In particolare ricordiamo la legge 251/2000 che definisce le aree delle professioni sanitarie, prevede l’emanazione di decreti ministeriali necessari ad attivare la formazione universitaria. Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3, art. 3. Per approfondimenti: AA.VV, Il core competence dell’educatore professionale, Unicopli, Milano, 2010. La regione Marche, ad esempio, non ha operato in questo senso, tanto che vediamo ancora oggi il proliferare di corsi regionali e provinciali di 400 ore totali, con rilascio di attestato di “operatore socio-educativo”: corsi regionali che non hanno alcun motivo di esistere dal momento che abbiamo corsi universitari. Questa situazione sta creando enorme confusione sul piano del mercato del lavoro e dei servizi socio-sanitari nei quali lavorano queste figure professionali. Si veda, su questo tema, www.grusol.it, le osservazioni del Comitato Associazioni Tutela, “Servizi Sociali e sociosanitari. Figura professionale dell’educatore professionale”, 20 Ottobre 2008. GENNAIO-FEBBRAIO

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Paolo Bertolini, Pedagogia fenomenologica, La nuova Italia, 2001. Nuclei concettuali che fanno ripensare a Paulo Freire, come afferma A. Canevaro, nell’articolo “Mediatori efficaci” in Appunti sulle politiche sociali, n. 6/2007. A tal proposito è interessante un documento dell’ International Association of Social Educators, Lavorare con le persone con disabilità. Il ruolo dell’educatore professionale, Aijei 2010, Traduzione Anep 2011. Angelo Nuzzo., L’ottica della cura dalla persona al territorio. Investire sui servizi come motori di azione nella comunità, in Animazione Sociale, marzo 2012. Docente di Filosofia Teoretica all’ Università di Macerata. “Educatore professionale” qui è inteso come “di professione”. Sergio Tramma, L’educatore imperfetto, Carocci Faber, 2008. Roberto Franchini, La cura educativa, in Appunti sulle politiche sociali, n. 5/2007. Sul confine tra assistenza ed educazione ci sarebbe un lungo discorso da fare che richiama alla dimensione della cura. Credo che in un buon intervento educativo i gesti della cura passino anche per i gesti dell’assistenza, diverso, evidentemente, è confondere il ruolo dell’educatore con quello di un assistente. APPUNTI

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LA PETIZIONE POPOLARE NAZIONALE PER IL FINANZIAMENTO DEI LEA. UN BILANCIO MARIA GRAZIA BREDA, GIUSEPPE D’ANGELO, FRANCESCO SANTANERA, FONDAZIONE PROMOZIONE SOCIALE, TORINO

abbiano bisogno cioè solo di “badanza/assistenza”, che può fare chiunque e non di cure sanitarie e socio-sanitarie idonee. Anche le leggi finora approvate da varie Regioni (per es. Emilia Romagna, Toscana, Veneto, Umbria) in base alle quali sono stati istituti fondi per la non autosufficienza, non garantiscono i Lea dato che con l’istituzione di un settore a parte: - non si tiene conto che i malati cronici sono malati gravi che si riacutizzano sovente con relativi bisogni sanitari, che non si possono standardizzare; - le prestazioni sono fornite esclusivamente nell’ambito degli stanziamenti effettuati; - è il primo passo per trasferire i malati cronici non autosufficienti dal settore dei diritti esigibili previsti dai Lea a quello dell’assistenza, che non ha competenza ovviamente per curare i malati. Per tali ragioni la situazione creatasi in questi anni è a livelli di allarme sociale: utenti parcheggiati per anni in lista d’attesa illegali; famiglie costrette a sostenere oneri gravosi (2.0002.500 euro per farsi aiutare a casa, 3.000-3.500 euro per un ricovero se cercano una struttura idonea. I Nas sovente portano alla luce quelle che costano poco, dove i maltrattamenti però sono all’ordine del giorno). Sono altresì a rischio migliaia di posti di lavoro e la chiusura dei servizi previsti dai Lea per gli utenti non autosufficienti e/o con gravi handicap invalidanti. - Contrasto alla legge-delega al Governo per la riforma fiscale e assistenziale. L’avvio della Petizione popolare nazionale sul finanziamento dei Lea ha trovato altresì la motivazione contingente nel contrastare gli arretramenti che avrebbero potuto essere introdotti dalla legge-delega al Governo per la riforma fiscale e assistenziale (disegno di legge-delega al Governo n. 4566).

LE MOTIVAZIONI CHE HANNO SPINTO A METTERE IN CAMPO LA PETIZIONE

I Lea garantiscono diritti esigibili. Nel settembre 2011 la Fondazione promozione sociale onlus, assieme ad un gruppo di altre organizzazioni, ha predisposto ed avviato la Petizione popolare nazionale per il finanziamento dei Lea, Livelli essenziali di assistenza socio-sanitaria. La Petizione è indirizzata ai Parlamentari della Camera dei Deputati e del Senato per richiedere la messa a disposizione delle risorse occorrenti per l’attuazione dei Lea che, ricordiamo, già attualmente sanciscono diritti pienamente esigibili: a) per la frequenza di centri diurni e dell’accoglienza residenziale dei soggetti con handicap intellettivo in situazione di gravità; b) per il ricovero presso le Rsa, Residenze sanitarie assistenziali per gli anziani malati cronici non autosufficienti e per le persone affette dal morbo di Alzheimer o da altre forme di demenza senile (detto ricovero risulta facilmente ottenibile nei casi di opposizione alle dimissioni da ospedali e da case di cura private convenzionate); c) per la sistemazione socio-terapeutica abitativa dei pazienti con rilevanti disturbi psichiatrici e limitata autonomia. - L’attuazione dei Lea è carente per la scarsa informazione su tali diritti. La Petizione popolare è stata predisposta altresì con lo scopo di informare la cittadinanza e le organizzazioni sociali e sindacali in merito alle esigenze fondamentali di vita delle sopra indicate persone non autosufficienti nonché ai diritti sanciti dai Lea: si tratta di circa un milione di cittadini italiani (nonché dei loro congiunti). È purtroppo assai carente su tutto il territorio nazionale l’informazione sui diritti garantiti dai Lea. Anzi, è ancora molto radicata l’idea che i malati inguaribili siano anche incurabili, che GENNAIO-FEBBRAIO

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Sì è concluso nel dicembre scorso il percorso della petizione nazionale per il finanziamento dei livelli essenziali di assistenza socio-sanitaria. L’articolo ripercorre le motivazioni, il contenuto, il cammino, i risultati ottenuti, insieme alla indicazione degli sviluppi

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Parlamentare. A seguito di ciò la Camera ha assegnato alla Petizione il n. 1403 e ne ha affidato l’esame alla Commissione Affari sociali, mentre il Senato ha attribuito il n. 1399 e ne ha inviato l’esame di competenza alla Commissione Igiene e sanità. - La consegna delle prime firme il 1° marzo 2012 a Roma. Il 1° marzo 2012 sono state consegnate alla Camera dei Deputati, al Senato e ai Ministri della salute e del welfare le prime 11.455 firme e le prime 40 adesioni pervenute da parte di personalità e di organizzazioni pubbliche e private. - L’incontro del 2 marzo a Roma e del 24 aprile a Milano per la diffusione della Petizione. Per incontrare le oramai numerose organizzazioni che collaboravano alla raccolta delle firme e delle adesioni per la Petizione, sono stati stabiliti due appuntamenti: uno a Roma il 2 marzo 2012 e l’altro a Milano il 24 aprile 2012, entrambi con l’obiettivo di condividere le iniziative in programma nonché la documentazione utile per promuovere il diritto alle prestazioni socio-sanitarie esigibili in base ai Lea e la difesa dei casi singoli. - L’incontro con il Presidente della Camera On. Fini il 30 maggio. A seguito delle frequenti sollecitazioni inviate a Parlamentari e Ministri al fine di promuovere i provvedimenti necessari per assicurare la piena attuazione dei Lea per le persone non autosufficienti, il 30 maggio 2012 il Presidente della Camera dei Deputati, On. Gianfranco Fini ha ricevuto a Montecitorio una delegazione del Comitato promotore della Petizione alla quale hanno preso parte anche il Presidente della Commissione Affari sociali della camera dei Deputati Giuseppe Palumbo e il segretario di Presidenza della Camera Mimmo Lucà. Nel corso dell’incontro il Presidente della Camera ha espresso l’auspicio che l’esame in Commissione Affari sociali della Petizione si concluda con l’approvazione di un atto di indirizzo volto ad impegnare il Governo per un adeguato finanziamento dei Lea. - La Risoluzione approvata dalla Commissione Affari sociali della Camera l’11 luglio 2012. L’auspicio del Presidente della Camera dei Deputati si concretizza l’11 luglio 2012, quando la Commissione Affari sociali della Camera, con il parere favorevole dei Sottosegretari Cecilia Guerra (Politiche sociali) e Adelfio Cardinale (Salute) ha approvato la Risoluzione n. 8-00191 che «impegna il Governo ad assumere le iniziative necessarie per assicurare la corretta attuazione e la concreta

IL CAMMINO PER OTTENERE LA RISOLUZIONE N. 8-00191 - La stesura e la promozione del testo della Petizione. Dopo aver condiviso il testo definitivo della Petizione, le note giuridiche e le modalità per la raccolta delle firme, il Comitato promotore 1 ne ha iniziato la diffusione: in forma cartacea per la raccolta delle firme ed in formato elettronico per la diffusione tramite internet nonchè la ricerca di adesioni da parte di personalità e di enti pubblici e privati. - Le prime importanti adesioni. A seguito della diffusione hanno cominciato a pervenire le adesioni alla Petizione popolare, tra le quali ricordiamo, tra le prime, quella della professoressa Luisa Mango dell’Istituto per gli studi di servizio sociale di Roma, del Prof. Pietro Rescigno dell’Università La Sapienza di Roma, di Massimo Dogliotti, Consigliere della Corte suprema di Cassazione. Le adesioni da parte di personalità e di organizzazioni pubbliche (Consigli comunali, Enti gestori delle attività socio-sanitarie, ecc.) e private via via pervenute sono state importanti in quanto hanno costituito un sostegno per la promozione della Petizione e per le attività di tutela dei diritti delle persone non autosufficienti. Le adesioni, in genere corredate anche da una motivazione, sono state riportate integralmente in uno specifico elenco che comprende attualmente 80 adesioni (tra di esse ricordiamo in particolare quelle degli Ordini dei Medici di Torino, di Alessandria, di Taranto e di Pavia, dell’Ordine degli assistenti sociali Piemonte, Marche, Lazio e Liguria, dell’Uneba, ecc.). - L’invio di periodici aggiornamenti ai collaboratori alla Petizione. Con periodicità circa mensile la segreteria del Comitato promotore ha inviato aggiornamenti alle organizzazioni che collaboravano alla promozione della Petizione, attraverso i quali si è informato sugli sviluppi della stessa Petizione, sulle iniziative intraprese, sui risultati raggiunti, sulle adesioni pervenute, si sono condivisi articoli o provvedimenti emessi della magistratura (p.es. sentenze o ordinanze del Tar) utili a tutela dei diritti delle persone non autosufficienti. - La presentazione della Petizione alla Camera dei Deputati e al Senato. Rispettivamente in data 19 e 24 gennaio 2012 il testo della Petizione è stato presentato ai competenti uffici del Senato e della Camera, che hanno provveduto ad effettuarne la registrazione ufficiale e a fornire comunicazione a ciascun GENNAIO-FEBBRAIO

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socio-sanitaria. In detto incontro – al quale hanno partecipato, oltre al Presidente della Camera on. Fini, il Ministro alla salute Renato Balduzzi, il Sottosegretario al Welfare Maria Cecilia Guerra, gli On. Mimmo Lucà e Giuseppe Palumbo nonché Maria Grazia Breda, sono stati nuovamente confermati i vigenti diritti pienamente esigibili alle prestazioni socio-sanitarie degli anziani malati cronici non autosufficienti, delle persone colpite da demenza senile, dei soggetti con handicap intellettivo gravemente invalidante e dei pazienti con rilevanti disturbi psichiatrici e limitata autonomia, ribadendo i contenuti della Risoluzione n. 8-00191 sopra citata.

esigibilità delle prestazioni sanitarie e delle cure socio-sanitarie, previste dai Lea, alle persone con handicap invalidanti, agli anziani malati cronici non autosufficienti, ai soggetti colpiti dal morbo di Alzheimer o da altre forme neurodegenerative di demenza senile e ai pazienti psichiatrici, assicurando loro l’erogazione delle prestazioni domiciliari, semiresidenziali e residenziali, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001, concernente i livelli essenziali di assistenza; a portare avanti con sollecitudine il lavoro preparatorio volto all’adozione del Piano nazionale per la non autosufficienza, che deve prevedere l’adeguata integrazione fra l’intervento sociale e quello sanitario, in una prospettiva di miglioramento della qualità della vita di anziani e disabili». Sono state così accolte le istanze avanzate con la Petizione popolare nazionale sul finanziamento dei Lea ed è rimasto dunque confermato ancora una volta – e da una autorevole istituzione – che i Lea stabiliscono diritti pienamente e immediatamente esigibili. - L’incontro del 10 ottobre alla Camera. Pur continuando a verificare la possibilità di intraprendere al Senato iniziative analoghe a quelle avviate alla Camera, il 10 ottobre 2012 a Montecitorio, presso la sala Aldo Moro della Camera dei Deputati, si è tenuto un importante incontro pubblico promosso dalla Presidenza della Camera allo scopo di presentare e valorizzare il contenuto della Risoluzione con la quale è stata riconosciuta la concreta esigibilità dei Lea, Livelli essenziali di assistenza

I RISULTATI OTTENUTI - Le importanti adesioni e le firme raccolte. Come già anticipato, la Petizione popolare ha raccolto in totale 80 adesioni che rappresentano le diversi componenti istituzionali e della società civile che operano nell’ambito della non autosufficienza. Hanno aderito amministrazioni pubbliche e private, ordini professionali, organizzazioni sociali, personalità del mondo universitario e scientifico, associazioni di gestori privati, cooperative sociali, associazioni di volontariato, nonché magistrati, professori universitari, ricercatori e studiosi delle politiche sanitarie e sociali, operatori dei servizi sanitari e socio-sanitari. In totale sono state raccolte oltre 25mila firme di cittadini di tutto il Paese. - La Risoluzione 8-0019. La Risoluzione, forte dell’autorevolezza dell’Istituzione che l’ha

La cooperazione dentro e oltre i nodi della crisi. Il rischio dell’istituzionalizzazione La cooperazione sociale non è soltanto dare lavoro ai soci e generare grandi ritorni, è anche costruire bene comune, e questo - senza un approccio che si radica dentro il cuore delle comunità non solo nominalmente ma anche fattualmente - è molto difficile da realizzare. Il rischio è quello di un ritorno efficientista alla reistituzionalizzazione su larga scala. Se conta solo l’erogazione delle prestazioni a basso costo e l’assecondamento di un finanziatore con sempre meno risorse è chiaro che poi non bisogna stupirsi se alcune cooperative sono contente di vincere un appalto a minutaggio per la gestione dei servizi assistenziali delle grandi RSA pubbliche trasformate in nuove istituzioni totali. Perché il problema di fondo alla fine è che il rischio della reistituzionalizzazione è ormai evidente: case di riposo e ospizi dove gli anziani sono trattati come “non persone”, modificazione del rapporto tra operatori e utenti all’interno delle strutture per disabili o minori, chiusura di servizi ad alta intensità assistenziale considerati troppo costosi. I servizi sociali si stanno trasformando sotto i nostri occhi, senza che ci accorgiamo spesso che è la stessa umanità del welfare ad andare persa. Luca Fazzi in Animazione Sociale, n. 263 (maggio 2012)

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Petizione ha contribuito notevolmente alla diffusione delle informazioni concernenti gli importantissimi diritti pienamente e immediatamente esigibili riguardanti oltre un milione di nostri concittadini, già elencati all’inizio di questo articolo ai punti a, b e c. Ricordiamo - aspetti di estremo valore - che gli enti tenuti ad intervenire, in primo luogo le Asl e, a livello integrativo i Comuni, non possono per nessun motivo, compresi quelli di natura finanziaria, negare2 o ritardare le prestazioni3, che gli interventi sopra elencati sono senza limiti di durata e che le relative contribuzioni economiche devono essere calcolate esclusivamente in base alle risorse (redditi e beni, dedotti le franchigie di legge) degli assistiti senza alcun onere per i congiunti conviventi o non conviventi4. In base alle leggi vigenti il finanziamento minimo delle attività di competenza delle Asl per le prestazioni sopra indicate, che vanno dal 40 al 70% dei costi complessivi, è a carico del Fondo sanitario nazionale. Invece il Fondo per le non autosufficienze

approvata, ha rappresentato e rappresenta un segnale importante per oltre un milione di persone non autosufficienti e per i loro familiari costretti, spesso da soli, ad affrontare il problema della cura di un loro congiunto e ad assumere in proprio i costi assai elevati che questo comporta. Ricordiamo che avere un parente malato non autosufficiente o con gravi handicap invalidanti è una delle principali cause di impoverimento per le famiglie italiane. La Risoluzione ha confermato che lo Stato, con l’approvazione dei Lea, ha invece voluto tutelare la popolazione più debole e indifesa ed ha impegnato pertanto il Governo a predisporre il Piano nazionale per la non autosufficienza, piano necessario perché siano previsti adeguati finanziamenti ed una idonea integrazione fra l’intervento sanitario e quello sociale, che è essenziale ed indispensabile per assicurare le prestazioni socio-sanitarie in modo rispondente alle esigenze dei malati non autosufficienti e delle persone con gravi handicap invalidanti. In buona sostanza la

Filosofare per pensare insieme: proposte di maturazione intellettuale e civile Questi volumi sono stati scritti da Augusto Cavadi, palermitano, docente di filosofia, filosofo consulente e fondatore della scuola di formazione etico-politica G.Falcone, che propone occasioni di informazione e confronto sui temi della lotta alla mafia e della partecipazione democratica. I Siciliani spiegati ai turisti e La Mafia spiegata ai turisti sono due piccoli ed agili volumi della collana pocket; il primo si propone di far conoscere gli abitanti della Sicilia, descrivendoli da dentro, da chi ci vive, oltre i pregiudizi e i luoghi comuni; per capire come accolgono gli stranieri, come si comportano nel ruolo di turisti, la loro attitudine a dispensare consigli e insegnamenti. Oggetto di discussione del secondo libretto è la mafia, per parlarne liberi da preconcetti e false immagini che negli anni i massmedia ci hanno trasmesso; in appendice un approfondimento sulla figura di Peppino Impastato e sul centro documentazione a lui dedicato. In La bellezza della politica si propone un confronto sinottico e sintetico tra le principali ideologie politiche che hanno ispirato partiti del novecento ed attuali: liberalismo, comunismo, socialdemocrazia, fascismo, dottrina sociale della chiesa, conservatorismo, ambientalismo, anarchismo (di ognuna si analizzano nucleo generatore, concezione dell’uomo, della società, dello Stato, dell’economia, dell’educazione, della Religione). Il sottotitolo del testo E, per passione, la filosofia recita: breve introduzione alla più inutile di tutte le scienze, nel senso che “come le cose belle della vita non è al servizio di null’altro”; in modo chiaro ma puntuale (con una ricca bibliografia) l’autore ci fa conoscere i principali orientamenti, l’humus e la cornice linguisticoconcettuale entro cui è nata e si è sviluppata la passione per la filosofia. La filosofia dell’amore è al centro dell’ultimo volume Chiedete e non vi sarà dato; in particolare vengono offerti argomenti e riferimenti per parlare e pensare l’amore agapico, in relazione all’eros (sapienzale e all’erotismo); un viaggio nell’idea e nel vocabolario dell’amore in Occidente. Augusto Cavadi, I Siciliani spiegati ai turisti, Di Girolamo, Trapani 2010, pp. 80, euro 5.90, Augusto Cavadi, La Mafia spiegata ai turisti, Trapani 2010, pp. 63, euro 5.90, Augusto Cavadi, Elisabetta Poma, La bellezza della politica, Trapani 2011, pp. 194, euro 9.90, Augusto Cavadi, E, per passione, la filosofia, Trapani 2006, pp. 188, euro 16.50, Augusto Cavadi, Chiedete e non vi sarà dato, Petite Plaisance, Pistoia 2009, pp. 137, euro 15.00. GENNAIO-FEBBRAIO

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criteri di accesso, i contenuti delle prestazioni ed i relativi finanziamenti. Allo scopo – considerato anche che la Petizione sui Lea si conclude a fine dicembre 2012 – è stata predisposta una nuova Petizione popolare a livello nazionale il cui avvio è previsto per l’inizio del 2013, dal titolo “Diritto alle prestazioni domiciliari sancito dai Lea, Livelli essenziali di assistenza socio-sanitaria a favore delle persone non autosufficienti: Petizione popolare nazionale al Parlamento e al Governo, nonché alle Regioni a statuto ordinario e speciale, alle Province autonome di Bolzano e Trento e ai Comuni”, a favore della quale chiediamo a tutti i lettori di segnalare la loro disponibilità alla raccolta delle firme e delle adesioni alla Segreteria c/o la Fondazione promozione sociale onlus - Via Artisti 36 - 10124 Torino - Tel. 0118124469, fax 011-8122595, e-mail: info@fondazionepromozionesociale.it.

(attualmente privo di copertura economica) è stato istituito dall’articolo 1, comma 1264 della legge 296/2006 per sostenere i relativi oneri dei Comuni, il cui ammontare, tenuto conto delle quote versate dagli assistiti, è di gran lunga inferiore alle erogazioni della Sanità.

COME CONTINUARE - La nuova Petizione per promuovere il diritto alle cure domiciliari. Come era già stato segnalato nelle note giuridiche allegate alla Petizione sul finanziamento dei Lea, mentre per le prestazioni residenziali le vigenti norme consentono agli utenti e a coloro che li rappresentano di ottenere l’attuazione dei loro diritti, per gli interventi domiciliari, vista le generica formulazione delle norme nazionali vi è la necessità di disposizioni aventi valore di legge in cui siano precisati gli aventi diritto, i Note 1

Le Organizzazioni aderenti al Comitato promotore sono le seguenti: Fondazione promozione sociale onlus (Torino); Adina, Associazione per la difesa dei diritti delle persone non autosufficienti onlus (Firenze); Associazione senza limiti (Milano); CartaCanta onlus, Associazione tutela diritti persone non autosufficienti (Parma); Comunità Progetto Sud onlus (Lamezia Terme, Cz); Csa, Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base (Torino); Gruppo solidarietà (Moie di Maiolati, An); Medicina democratica onlus (Milano); Mtd onlus, Movimento per la tutela dei diritti delle persone diversamente abili e quelle non autosufficienti (Pavia); Opinio Populi (Lecco). Riviste: Appunti; Controcittà; Prospettive assistenziali. Successivamente si sono aggiunte quali organizzazioni copromotrici: Movimento Handicap (Verona); Associazione “In nome dei diritti” (Scandicci, Fi); Associazione Nichelino Domani (Nichelino, To); Associazione l’Arcobaleno per una vita indipendente e autonoma (Asti); Avulss Orbassano onlus (Orbassano, To); Tribunale della salute (Bologna); Codici (Roma); Fondazione Eiss, Ente italiano di servizio sociale (Roma); Uildm, sezione “Paolo Otelli” Chivasso (Torino); Consulta per le Persone in Difficoltà onlus (Torino). Hanno altresì collaborato alla raccolta delle firme le seguenti organizzazioni: Angsa Novara Onlus, Angsa Piemonte onlus (Torino); Anaste Piemonte (Torino); Anffas (Sezione di Bologna); Aniep (Sede nazionale); Arap (Roma); Associazione Airdown (Moncalieri, To); Associazione Alzheimer Piemonte (Torino); Associazione Amici parkinsoniani onlus (Torino); Associazione Avulss Orbassano onlus (Orbassano, To); Associazione culturale Gruppo senza sede (Trino, Vc); Associazione Diapsi Piemonte (Torino); Associazione di tutela “Diritti del Malato” (Udine); Associazione Famiglie Sma onlus (Roma); Associazione Familiari Alzheimer Pordenone onlus (Pordenone); Associazione Genitori per la tutela dell’handicap (Pomigliano d’Arco, Na); Associazione L’altra Ladispoli (Roma); Associazione nazionale emodializzati (Torino); Associazione nazionale mutilati e invalidi civili (Sezione di Torino); Associazione Primo ascolto Alzheimer (Dalmine, Bg); Associazione sostegno autismo (Giovinazzo, Ba); Comitato genitori ragazzi disabili Ulss 9 (Treviso); Comitato parenti ospiti Iga onlus (Udine); Consorzio Sol.Co. (Catania); Consulta handicap XV Municipio (Roma); Cooperativa sociale Animazione Valdocco (Torino); Coordinamento famiglie con disabili (Valdisotto, So); CoordinaGENNAIO-FEBBRAIO

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mento H per i diritti delle persone con disabilità nella Regione Siciliana onlus (Palermo); Diritti senza barriere (Bologna); Federavo nazionale (Milano); Fish Piemonte (Torino); Forum del Volontariato (Torino); Gesco Sociale (Napoli); Il Mosaico, Associazione di persone diversamente abili (Giussano, Mi); Movimento “5 Stelle” (Sezione di Palermo); Movimento dei cittadini per i diritti del malato “Alto Vicentino” (Zanè, Vi); Sindacato Sfida (San Nicandro Garganico, Fg); Unione italiana ciechi e ipovedenti (Sezioni di Brescia, Chieti, Modena, Potenza e Torino). La Segreteria della Petizione è stata assunta dalla Fondazione promozione sociale onlus - Via Artisti 36 - 10124 Torino - Tel. 011-8124469, fax 011-8122595. 2 Il 2° comma dell’articolo 117 della Costituzione recita: «Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: (…) m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantite su tutto il territorio nazionale». 3 L’ordinanza n. 609/2012 del Tar del Piemonte ha dichiarato illegittime le liste di attesa previste dalla Regione Piemonte (e presenti in tutte le Regioni) confermando il diritto pienamente e immediatamente esigibile degli anziani malati cronici non autosufficienti e delle persone con demenza senile alle cure socio-sanitarie residenziali. Altresì con la sentenza n. 785/2011, il Tar della Lombardia ha condannato il Comune di Dresano a risarcire nella misura di euro 2.200,00 il danno esistenziale subito dalla minore R. S. «in quanto l’illegittimo comportamento del Comune ha determinato uno slittamento della data di inizio del servizio [frequenza di un centro diurno per soggetti con grave handicap intellettivo, n.d.r.] da settembre a novembre 2009». Nella sentenza viene altresì precisato che «ove i genitori avessero dimostrato che, nel periodo di c0olpevole ritardo dell’Amministrazione comunale, essi abbiano provveduto direttamente e a proprie spese ad assumere un servizio equivalente alla propria figlia minore, i relativi costi avrebbero rappresentato l’ammontare del danno patrimoniale risarcibile in loro favore». È estremamente importante tener conto che la succitata sentenza è fondata sugli identici principi legislativi (le norme sui Lea) in base alle quali sono esigibili i diritti indicati nelle sopra riportate lettere a), b) e c). 4 Cfr. le sentenze del Consiglio di Stato n. 1607 e 5185/2011.

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I SERVIZI POSSONO FARE A MENO DELLE POLITICHE? FABIO RAGAINI, GRUPPO SOLIDARIETÀ

di un’offerta assolutamente “fuori misura”, impropria che determinerà (come accade), lo spostamento di utenti verso strutture collocate a centinaia di Km di distanza dalla propria residenza. Ma non basta: il numero dei posti autorizzabili ha un tetto (742 quelli previsti dalla dgr 1789/2009 sul fabbisogno) e di conseguenza se in un territorio se ne realizzano molti di più di quelli previsti e con diverse tipologie di strutture (in questo caso: Residenza terapeutica riabilitativa, Residenza sanitaria riabilitativa, Comunità protetta) è evidente che in altri territori della Regione i posti autorizzabili saranno di gran lunga inferiori a quelli necessari3.

I servizi presenti e che si sviluppano nella nostra Regione hanno un governo? E’ chiara la prospettiva assunta e il disegno che li precede? Se questo orizzonte manca, il disordine con cui si sviluppano può avere ripercussione su un sistema di welfare che dovrebbe assicurare ad ogni cittadino della nostra Regione uguaglianza di accesso e fruizione degli stessi? Domande che diventano pressanti dall’analisi di atti che vorrebbero essere programmatori o dai percorsi autorizzativi o di accreditamento. Ma entriamo nello specifico delle questioni1. a) Autorizzazione e accreditamento di 50 posti di Centro diurno (e 73 di residenzialità psichiatrica (legge 20/2000) in un territorio (Ambito/distretto) di 20.000 abitanti2. Ci potrà mai essere in quel territorio (ci riferiamo ai 25 + 25 posti del Montefeltro nelle località Montegrimano e Monte Cerignone) un’utenza per 50 posti di centro diurno? Impossibile, a meno che non si sia in presenza di speciali fenomeni territoriali. Quei servizi e la loro realizzazione, rispondono dunque ad un bisogno di quel territorio? Parrebbe proprio di no. E allora perché li si autorizzano o accreditano? In un’ipotetica definizione di fabbisogno (il numero di posti di Cd psichiatrici non sono stati definiti nella dgr 1789/2009, che definisce il fabbiosgno) quanti ne dovrebbero essere realizzati a livello regionale? Se ne servono 50 per 20.000 abitanti quanti posti dovrebbero essere necessari su una popolazione regionale di oltre 1,5 milioni di abitanti? Nello stesso territorio sono presenti anche più di 70 posti di residenzialità psichiatrica. L’indicazione del Progetto obiettivo salute mentale della regione Marche, è quella di realizzare 3 posti (per questa tipologia di residenze) ogni 10.000 abitanti. In questo territorio, ne dovrebbero essere presenti dunque non più di 6. Si tratta, dunque GENNAIO-FEBBRAIO

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Quale idea e quale sensibilità muove, la creazione e lo sviluppo degli interventi? Si può anche chiamare politica dei servizi che come tale si nutre di scelte e non può accampare presunte neutralità. L’analisi prende in esame le norme sulle autorizzazioni e sul fabbisogno. Propone poi una riflessione sul tema degli accorpamenti delle strutture

b) Quanto, ma non dove. Il fabbisogno previsto dalla dgr 1789/2009. L’atto di fabbisogno non indica una ripartizione territoriale e dunque quando prevede un aumento dell’offerta dei servizi lascia che gli stessi vengano realizzati in maniera discrezionale. Vale il criterio cronologico della domanda? Per quanto riguarda le residenze sanitarie assistenziali (RSA) e i Centri diurni (questi ultimi in assenza di regolamentazione rispetto a standard, tariffa e compartecipazione) se ne prevede un incremento complessivo di 400 senza indicazione della ripartizione tra i due servizi. Dunque, in questo caso, non solo non si definisce dove si realizzeranno i nuovi posti, ma neanche quanti afferiranno al residenziale e quanti al semiresidenziale. Ogni persona dotata di buon senso non può evitare di chiedersi, con sconcerto, perché si sia costruito un atto di questo tipo ed a distanza di tre anni non lo si sia ancora modificato. Un maldestro tentativo di attualizzare il consiglio evangelico: “non sappia la tua destra cosa fa la tua sinistra”? Se pensiamo che la stessa situazione, sostanzialmente, riguarda la gran parte dei servizi diurni e residenziali (mino-

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standard assistenziale. Pertanto, anche nel caso in cui è stata definita la capacità recettiva, il divieto di accorpamento permette di aggirare tale indicazione attraverso la contiguità di più moduli anche afferenti a diverse aree. Ma qui occorre ritornare al tema di questa riflessione: ovvero se i servizi possono fare a meno delle politiche. Aspetti economici, organizzativi e culturali si intrecciano. I programmatori, anche se si tratta di tecnici, si occupano principalmente di compatibilità economica, seppur con qualche strabismo. Nella loro prospettiva gli accorpamenti hanno un duplice vantaggio: riducono i costi e permettono, attraverso la modularità della risposta, di far fronte alle diverse mutate condizioni della persona. La tendenza che si va propagando, anche se in modo latente, non è, dunque, solo quella di aumentare la capacità recettiva delle singole strutture, ma anche di accorpare strutture diverse (per diverse condizioni di bisogno) fino a inglobare diverse aree. Ad esempio: il disabile si aggrava e invecchia e dunque è opportuno avere nella stessa struttura non solo “posti” per la disabilità, ma anche per anziani, così da garantire adeguata risposta al mutato bisogno. Il confine tra disabilità intellettiva e patologia psichiatrica è labile e dunque avere l’opportunità di avere moduli afferenti alle due tipologie diventa

ri, disabili, anziani) autorizzati con legge 20/ 2002, la questione è evidentemente molto seria. c) Gli accorpamenti. Molte strutture (diurne e residenziali) sanitarie e sociosanitarie della legge 20/2000 - autorizzazioni sanitarie e socio sanitarie - non prevedono la definizione della capacità recettiva (ad esempio tutte quelle riguardanti le persone con disabilità). In altri casi, come per la psichiatria, si definisce un numero massimo accorpabile (20 + 16), ma non si impedisce che possano essere realizzate strutture per altra tipologia di utenza. In tutte le strutture della legge 20/02 autorizzazioni sociali e sociosanitarie - è definita la capacità recettiva massima, ma per nessuna è disposto il divieto di accorpamento. Si va così dalle 5 Comunità socio educative riabilitative (recettività massima 10 posti) accorpate a Loreto, presso L’Istituto Divina Provvidenza, alle 7 strutture, per 118 posti, accorpate a Montegrimano (PS), presso Serenity House, o alle 6 per 132 posti (autorizzati) di Abitare Il Tempo a Loreto. Si potrebbero fare altri esempi. Sempre in tema di programmazione - ma si tratta di altra questione - ci si potrebbe chiedere come sia possibile per alcune strutture aver determinato la tariffa (vedi centro diurni disabili legge 20-00), senza avere definito lo

Da utenti a clienti, ma sempre marginali Emerge che anche quel circuito virtuoso tra ente pubblico e imprenditoria sociale, sviluppatosi a macchia di leopardo, improntato sull’investimento reciproco finalizzato a produrre beni per i territori, rischia di venire meno. Forte è la richiesta di assumere una funzione di controllo, contenimento, centrata sull’ortopedia sociale, assistenziale e prestazionale, con spazi d’azione creativa e responsabilità comunitarie sempre minori. Agli errori e alle insufficienze dell’ente locale si assommano gli errori degli imprenditori sociali che accettano la delega e rinunciano a mettere a fuoco ipotesi credibili di crescita, qualità, promozione dei diritti. Privilegiando di fatto l’interlocuzione con i “mediatori” dei bisogni - le amministrazioni locali - spesso sono stati dimenticati i cittadini. Relegati fino a ieri nella posizione marginale di utenti, continuano a esserlo oggi nell’ambiguo nuovo ruolo di clienti del mercato del welfare. In esso le asimmetrie e le dipendenze determinate dalle condizione di bisogno rendono, si sa, particolarmente difficile agire come individui in grado di scegliere sulla base di criteri consapevolmente assunti, soprattutto per chi è più debole e fragile. Eppure la partecipazione degli utenti è inscritta nella storia della cooperazione. Massimo Campedelli, in Animazione Sociale, n. 263 (maggio 2012)

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opportuno. E ancora: a più moduli di diversa tipologia corrispondono un numero maggiore e maggiori tipologie di figure professionali che possono meglio garantire la risposta ai mutati bisogni. Le esigenze, questo è il punto forte, vengono così garantite e non disattese; si superano, con risorse interne, tutte le problematiche dei “piccoli” servizi che debbono continuamente affidarsi a complicate risorse esterne (visite ambulatoriali, scarsi servizi in ADI, ecc….)4. Sembra legittimo porre alcune obiezioni: così si ritorna a percorre il modello istituzionale; questa prospettiva porta ad allontanare le persone dai normali contesti di vita, che vengono così confinate – date le dimensioni di queste strutture – ai margini degli ordinari contesti abitativi; che un vero modello comunitario (e qui bisogna essere molto severi rispetto a piccole comunità che assumono in toto il modello istituzionale), è radicato nel territorio ed è capace di attivare risorse comunitarie che promuovono e sviluppano relazioni e qualità di vita, dunque benessere, fattore importantissimo in ottica preventiva e di mantenimento delle autonomie. Un grande movimento dal basso alcuni decenni fa, ha prima delegittimato e poi, sostan-

zialmente, abolito, le grandi strutture totalizzanti. C’è consapevolezza che ora stiamo ricreando le condizioni perché rinascano, rinnovate nella forma, ma immutate nella sostanza? Occorre, inoltre, constatare che non cambiano le motivazioni: migliore garanzia di risposta ai bisogni (il “tratto” specialistico), cui si aggiunge il ricatto che aggiungere posti è condizione per la risposta, mentre posizioni massimaliste riguardo la capacità recettiva servono solo ad impedire la soddisfazione del bisogno. Tre esempi e tre argomenti. I primi due evidenziano i danni prodotti dall’incapacità programmatoria che, da un lato permette la realizzazione di servizi assolutamente sproporzionati per il territorio di riferimento, dall’altro non riesce a definire una offerta declinata su specifici ambiti di popolazione. Nel terzo caso è in gioco l’idea di servizi e dunque di welfare che si vuole realizzare e proporre. Dunque quale idea e quale sensibilità muove, la creazione e lo sviluppo degli interventi. Si può anche chiamare politica dei servizi che come tale si nutre di scelte e non può accampare presunte neutralità.

Per approfondire. Dal sito www.grusol.it -

Marche. La Campagna “Trasparenza e diritti”, http://leamarche.blogspot.it/ Servizi sociosanitari nelle Marche. Gli effetti del mancato governo regionale (IV parte) Considerazioni sull’Accordo Asur-Abitare il Tempo di Loreto Campagna “Trasparenza e diritti”. Le motivazioni e gli obiettivi Marche. Appello per regolamentare i servizi socio sanitari e applicare i Lea Servizi sociosanitari. Interventi, utenza, standard, oneri Sul nuovo accordo tra regione Marche e Casa di Cura Villa Jolanda Un commento ai recenti criteri di definizione del fabbisogno sanitario e sociosanitario nella regione Marche Note

1

Non affrontiamo lo specifico dei servizi domiciliari, di cui ci siamo già occupati con altro approfondimento, vedi: La programmazione perduta. I servizi domiciliari educativi e di aiuto alla persona nelle Marche, in www.grusol.it.

2

La recente dgr 1403 de 1-10-2012, di modifica del numero dei distretti sanitari ha ricondotto quello in oggetto (Macerata Feltria), all’interno di quello di Urbino.

3

Sul tema della residenzialità psichiatrica lascia alquanto perplessi il contenuto (Ansa Marche del 17 ottobre) della mozione dei consiglieri regionali (D’Anna e Ricci) nella quale si chiede alla regione Marche di “far curare i malati psichiatrici che si trovano fuori Regione - sarebbero 85 per un costo stimato di 2,8 milioni euro anno - in strutture delle Marche”. Proposta sostenuta dall’associazione Libera.mente di Fano. Evidentemente non è in discussione il principio che le persone che hanno necessità di servizi li trovino nel territorio in cui vivono. E dunque che occorre

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evitare di far ricoverare le persone a centinaia di km dalla propria residenza (anche quando il ricovero è all’interno della stessa Regione). Ma il punto è un altro: ci sono persone (con problemi di salute mentale e con disabilità) che vivono da decenni in strutture fuori Regione, in molti casi i legami familiari sono sostanzialmente inesistenti, tanto che se qualcuno avesse chiesto di rientrare, sarebbe già accaduto; sono nati nelle Marche ma la loro vita è oramai altrove. Chi ci dà il diritto, dopo averli sradicati tanti anni fa, di sradicarli di nuovo? Di decidere per via amministrativa cosa è bene per loro? Sarebbe dunque consigliabile maggior prudenza, anche per evitare si possa insinuare il dubbio che non del bene delle persone stiamo parlando ma della necessità di riempire strutture, con posti vuoti, della nostra Regione (nel caso, si tratta evidentemente di altro bene). 4

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Tesi, peraltro, molto care ai crescenti e pragmatici imprenditori profit e non profit. APPUNTI

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Samuele Animali Gloria Gagliardini Daniela Giaccaglia Sibilla Giaccaglia Maria Elisa Gigli

segnalazioni librarie

preghiera. Curtaz Paolo, Sul dolore, San Paolo, Torino 2011, pp. 244, Euro 15,00. Il saggio partendo da una riflessione sulla sofferenza interroga la Parola di Dio, senza voler dare una risposta esaustiva che la Bibbia stessa non offre. L’autore riporta vicende personali e di altre persone segnate dal dolore con il desiderio di seguire le poche tracce di luce che emergono dalla riflessione biblica e dall’esperienza di chi è passato attraverso la sofferenza riuscendo a scorgere una prospettiva di speranza. Naso Paolo, Salvarani Brunetto (a cura di), Un cantiere senza progetto, Emi, Bologna 2012, pp. 368, Euro 18,00. Il secondo rapporto sull’Italia delle religioni fotografa il pluralismo religioso presente attualmente nel nostro Paese, che “che ci mostra gli uni agli altri senza permettere l’interazione”. Gli autori, dopo aver descritto abilmente che ci troviamo in mezzo ad un cantiere di fedi senza un progetto chiaro, confermano l’importanza di un riconoscimento dei diritti delle comunità di fede. Widmann Claudio, F come fiducia, Cittadella, Assisi 2012, pp. 119, Euro 11,00. La diffidenza serve ad eludere l’incertezza mediante il sospetto e la distanza, mentre la fiducia persegue la sicurezza attraverso la coesione e la vicinanza. In ogni persona questi due atteggiamenti si combinano in vario modo, e non potendo contare soltanto su sé stessi per sopravvivere, è normale esporsi alla relazione con gli altri. Il libro fa parte della collana “Alfabeti per le emozioni” e mantiene un formato pratico ed un linguaggio colloquiale. Zanzucchi Michele, Il silenzio e la parola. La luce, Citta’ Nuova, Roma 2012, pp. 183, Euro 14,00. Gli autori partendo dalla descrizione della crisi che i mass media stanno attraversando passano ad indicare alcune linee-guida innovative delle scienze della comunicazione, rintracciando nel rapporto tra silenzio e parola, capace di produrre luce, una chiave di lettura del processo comunicativo e una proposta per chi si occupa e per chi si occuperà dei mass media. Zelinskij Vladimir, Il bambino alle soglie del Regno, Effata’, Cantalupa 2012, pp. 173, Euro 12,50. La proposta del libro è di entrare a far parte del popolo Bambino, un ritorno al mondo dell’infanzia per riscoprire il valore e il significato del “bambino evangelico”. Una teofania dell’infanzia che guida la ricerca del bambino, custodito all’interno del nostro io, come passaggio necessario di purificazione per riscoprire la Parola ed aprirsi ad ascetica tensione verso il Regno di Dio.

antropologia De Monticelli Roberta, L’ordine del cuore, Garzanti, Milano 2012, pp. 311, Euro 9,90. La vita emotiva ed affettiva sono oggetto di indagine della filosofia, e si dipano tra concetti quali teoria del sentire e del volere, libero arbitrio. Per ordine del cuore, l’autrice intende “l’ordinamento della sensibilità valoriale di ogni individuo”; nella cornice teorica illustrata, si definisce una nuova personalogia, un percorso dell’identità personale che mira alla giustizia morale, tra assiologia personale (valori di ciascun individuo) e la base dell’etica comune (norme che valgono per tutti).

carcere AA.VV., Senza dignità, Gruppo Abele, Torino 2012, pp. 272, Euro 15,00. Il nono rapporto sulle condizioni di detenzione in Italia dedica la prima parte agli aspetti principali delle condizioni detentive e riserva due sezioni alle riforme annunciate dagli ultimi due governi e al confronto con alcune realtà internazionali. Sono riportate in alcuni capitoli anche le iniziative portate avanti da Antigone, l’associazione impegnata nell’attività di documentazione e di sensibilizzazione attorno alle problematiche che attanagliano il sistema carcerario italiano. Fornaro Sotera, Antigone, Carocci, Roma 2012, pp. 191, Euro 17,50. Il mito di Antigone continua a porre una serie di questioni fondamentali sul rapporto tra potere e giustizia ed ogni epoca e quasi ogni società hanno sviluppato la potenza simbolica di questa figura in direzioni tra loro molto diverse. Il libro offre una guida alle principali recezioni in ambito europeo, dal teatro antico fino alla psicanalisi e oltre.

chiesa Albanesi Vinicio, I tre mali della Chiesa in Italia, Ancora, Milano 2012, pp. 175, Euro 16,00. L’autore individua tre motivi della crisi della Chiesa italiana: il verbalismo - l’abuso di una parola invadente ed umana nella comunicazione della Parola e la scarsa capacità di ascolto - ; estetismo - la mancanza di semplicità ed essenzialità nei rapporti all’interno e con il mondo globalizzato; - il moralismo che impone atteggiamenti che esprimono esteriormente virtù evangeliche ma sono contraddetti nella pratica. Riflettere per rinnovare. Beltotto Giampiero, Silenzio amico, Marsilio, Venezia 2012, pp. 267, Euro 16,50. Intervistando un gruppo di monache che vivono in un monastero e hanno fatto la scelta della clausura, l’autore ci fa scoprire il valore di questa condivisione di silenzio ed isolamento, dove queste donne stanno percorrendo “il circuito di Amore che porta all’Assoluto”. Con esempi e trascrizioni raccontano come questa scelta si colloca nelle trame del presente globalizzato e digitale e come la tecnologia può diventare strumento di dialogo e GENNAIO-FEBBRAIO

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droga Coletti Maurizio, Grosso Leopoldo, La comunità terapeutica per persone tossicodipendenti, Gruppo Abele, Torino 2011, pp. 454, Euro 20,00. Un libro sulle comunità terapeutiche. Raccolta, identificazione e rispetto per le eredità del passato; innovazio-

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adatte anche alle esigenze di alunni con bisogni educativi speciali. Reistano Rosanna (a cura di), Il mondo a scuola: una dinamica di incontri, Junior, Azzano San Paolo 2012, pp. 124, Euro 14,00. Il libro descrive il progetto di ricerca avviato nell’a.s. 2006/2007 “Il mondo a scuola”, che la Federazione Italiana Scuole Materne di Bologna ha realizzato in collaborazione con l’Università degli Studi di Verona al fine di conoscere i bisogni educativi dei bambini di altre culture. Infine vengono riportati alcuni percorsi di didattica assistita svolti da alcune scuole negli a.s. 2008/2010. Sabetta Antonio, Passione educativa, Citta’ Nuova, Roma 2012, pp. 391, Euro 28,00. Il libro raccoglie un’antologia di testi selezionati da docenti universitari di teologia e filosofia da proporre nelle scuole superiori per affrontare il problema dell’emergenza educativa sollevato da Benedetto XVI. I testi sono suddivisi per periodo storico, dall’antichità cristiana al Novecento filosofico-teologico, e arricchiti da schede introduttive. Lo scopo è riaccendere l’interesse nell’esercizio del pensare e nella ricerca di verità che hanno caratterizzato i grandi pensatori. Sorzio Paolo (a cura di), Apprendimento e istituzioni educative, Carocci, Roma 2011, pp. 253, Euro 23,00. Analizzando le diverse componenti dei processi di apprendimento (inteso come maturazione biologica, acquisizione di simboli culturali e autonomia personale) viene ripensato il ruolo della scolarizzazione e dell’istruzione, mettendolo in dialogo anche con le altre risorse educative. Sono poi analizzati in tale prospettiva i percorsi della scuola dell’infanzia ed elementare, le pratiche interculturali e gli strumenti di valutazione.

ne, valutazione degli esiti e del processo; qualificazione e riqualificazione degli operatori delle comunità terapeutiche modificate e moderne: sono sfide attuali, complesse e affascinanti presentate dagli autori in questo volume.

economia Berselli Edmondo, L’economia giusta, Einaudi, Torino 2012, pp. 85, Euro 7,00. Il libro, in tempi di crisi globale, va alla ricerca di strade che possano portare verso “un’economia giusta”. Ripercorrendo in maniera critica i contributi teorici, le esperienze politiche e di governo più significative dall’Ottocento fino ad oggi, l’autore non nasconde le difficoltà e non rinuncia e sperare; a suo avviso la speranza abbisogna di una revisione radicale delle aspettative di ciascuno. Legrenzi Paolo, I soldi in testa, Laterza & Figli, Roma 2011, pp. 147, Euro 15,00. L’autore invita a prendere confidenza con l’economia e a diventare capaci di gestire gli aspetti economici della vita quotidiana. Un buon modo per farlo, a suo avviso, è applicare la psicologia alle scelte finanziarie ed economiche. Tre temi vengono descritti per comprendere appieno: l’educazione di bambini e adolescenti, i modi più comuni di investire i risparmi, il denaro come passione sensata e insensata, e come premio per il nostro lavoro. Sedlacek Tomas, L’economia del bene e del male, Garzanti, Milano 2012, pp. 442, Euro 25,00. L’attuale crisi economica costringe a ripensare il nostro rapporto con il denaro, in una società nominata dal principio dell’avidità e dell’arricchimento a qualunque costo, dove la speculazione finanziaria produce incontrollabili effetti perversi. L’autore dopo un’analisi sullo squilibrio tra ricchezza e povertà arriva alla conclusione che è importante riportare in primo piano il fattore umano, il senso della giustizia e il valore della solidarietà.

famiglia Campani Giovanna, Madri sole, Rosenberg & Sellier, Torino 2012, pp. 188, Euro 18,00. Il testo analizza la trasformazione storica del fenomeno delle madri sole: dall’antichità romana fino a i giorni nostri. Nella seconda parte gli interventi focalizzano le metamorfosi delle famiglia oggi, dalla messa in discussione del matrimonio al riconoscimento delle unioni omosessuali; vengono analizzate statistiche, interventi legislativi e stigmatizzazione sociale della monogenitorialità femminile, evidenziando i rischi di povertà e la necessità di adeguate politiche dei servizi sociali. Deliesse Marie, Più forte della violenza, Paoline, Milano 2012, pp. 215, Euro 17,50. L’autrice del libro, soffre sin dalla nascita della sindrome di Little, che gli provoca difficoltà nella coordinazione dei movimenti; una condizione di handicap che non viene accettata dalla madre, che la maltratta fisicamente e moralmente. Sfugge dalla famiglia sposando un uomo violento, e continuando ad avere gravi problemi di salute; ma nonostante tutto, trova la forza per riscoprirsi una donna libera, che ha saputo donare ai suoi figli l’amore negato. Quaia Luciana, Intime erranze, Nodo Libri, Como 2012, pp. 209, Euro 20,00. Una sorta di testimonianza autobiografica, di autoverifica della azioni compiute e una revisione dei saperi teorici

educazione AA.VV., La comprensione: aspetti cognitivi, metacognitivi ed emotivi, Angeli, Milano 2011, pp. 221, Euro 26,50. Il testo presenta un’analisi delle componenti cognitive ed emotive della comprensione; attraverso una riflessione metacognitiva è possibile infatti indagare le dimensioni emotivo-motivazionali dell’apprendimento, essenziali per fornire agli insegnanti competenze per gestire le proprie emozioni e le relazioni educative con la classe. Dopo una parte teorica, vengono descritti i risultati di alcune ricerche condotte su esperienze internazionali realizzate a scuola. Fragassi Armando, Didattica creativa e sviluppo olistico della personalità, Junior, Azzano San Paolo 2010, pp. 172, Euro 24,00. Il testo presenta modelli teorici e metodologie per programmare strategie didattiche creative. La prima parte illustra i contributi della pedagogia artistica e descrive le dinamiche di apprendimento e della stimolazione creativa. Nella seconda vengono delineati suggerimenti per la pianificazione di interventi didattici creativi, sia nelle attività curriculari, che in quelle extradidattiche-

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mento e alla fabbricazione di mediatori per la disabilità. Gioncada Massimiliano, Trebeschi F., Mirri P.A., Le rette nei servizi per persone con disabilità e anziane, Maggioli, Santarcangelo Di Romagna 2011, pp. 417, Euro 42,00. Uno sguardo di insieme sulla normativa riguardante le prestazioni sanitarie, sociali e sociosanitarie che prevedono servizi residenziali diurni e domiciliari a favore delle persone disabili e anziane: la questione sull’attribuzione della trattazione delle cause relative ai servizi e ai rimborsi per le spese anticipate; l’offerta, la questione della compartecipazione degli utenti. In ultimo, un’analisi della legislazione di alcune regioni: Lombardia, Toscana, Sardegna, Friuli Venezia Giulia e Piemonte. Ianes D., Cisotto L., Galvan N., Disgrafia e disortografia, Erickson, Gardolo 2011, pp. 142, Euro 22,00. Il libro descrive due disturbi specifici della scrittura: la disortografia, caratterizzata da deficit di cifratura, e la disgrafia, caratterizzata da un deficit di realizzazione grafica. Partie“colare attenzione viene rivolta all’individuazione precoce di tali difficoltà. Il testo accompagna il lettore in un percorso integrato, rispondendo al bisogno di acquisire maggiori conoscenze e spunti operativi attraverso la visione dei filmati contenuti nel DVD e dei materiali presenti nel CD-ROM. Ianes Dario, Le migliori risposte operative su ... lettura, Erickson, Gardolo 2012, pp. 174, Euro 11,00. Gli interventi proposti dall’autore intendono offrire spunti teorici e attività pratiche, applicabili sia nella scuola primaria che in quella secondaria, al fine di sviluppare le abilità fonologiche e meta-fonologiche, stimolare la motivazione alla lettura, favorire una corretta comprensione del testo e sostenere gli alunni con difficoltà di lettura e di dislessia. Ianes Dario (a cura di), Le migliori proposte operative su ... strategie di insegnamento/apprendimento, Erickson, Gardolo 2012, pp. 210, Euro 11,00. Il volume, con le sue 10 raccolte di buoni articoli, intende accompagnare il lettore a volgersi verso una didattica inclusiva per tutti gli alunni con o senza difficoltà di apprendimento. Si passa dalle tecniche di facilitazione del materiale didattico alle strategie per sviluppare le abilità visive, cognitive e di linguaggio, dalle indicazioni per la gestione delle difficoltà relazionali alle pratiche di didattica inclusiva. Paolini Marco, Ausmerzen, Einaudi, Torino 2012, pp. 176, Euro 12,00. Il libro propone la rielaborazione del racconto televisivo omonimo di Marco Paolini, con una parte conclusiva dal titolo “Luogo per sanare e curare”, curata dal fratello Mario. A partire dalla ricostruzione dello sterminio dei disabili e dei malati di mente sotto il nazismo, noto come Aktion T4, una riflessione su come le società gestiscono le diversità: estirpando, sradicando, sopprimendo. Come è stato possibile? Una domanda che deve interrogare ogni persona. Pigliacampo Renato, Lettera ad una pedagogista, Armando, Roma 2012, pp. 108, Euro 10,00. Una lettera che l’autore, sordo, scrive rivolgendosi ad una logopedista, “sull’istruzione e la riabilitazione alla parola vocale dei bambini sordi gravi e con problemi di

accumulati. L’autrice descrive come nel corso di sedici anni sia modificata la sua conduzione di gruppi di reciproco aiuto costituiti da familiari impegnati nella cura di un malato di Alzheimer, non partendo dalla descrizione del gruppo di auto mutuo aiuto nelle sue forme e tipologie, ma soffermandosi su un modello in particolare.

giovani Casadei Jacopo, Educare al successo, La Meridiana, Molfetta 2012, pp. 148, Euro 16,00. L’autore propone alle famiglie di diventare una palestra educativa, uno spazio libero in cui si allenano sono sia i genitori che i ragazzi, dove si può imparare che l’obiettivo delle vita è il movimento creativo, il saper uscire dalla propria zona di comfort per mettere a frutto i propri talenti. Utile sarebbe che una parte dell’allenamento avvenisse anche tra i figli e la scuola. Mariani Vittore, Adolescenti maneggiare con cura, Ancora, Milano 2012, pp. 103, Euro 12,50. Proprio come oggetti preziosi, fragili e pericolosi, anche gli adolescenti devono essere trattati con particolare cura; lo sanno bene i genitori. L’autore del libro ha quindi proposto, alcuni consigli per promuovere una relazione educativa serena e competente, attraverso una riflessione pedagogica attenta alle esigenze peculiari degli adolescenti che si traduce in indicazioni chiare per educare in famiglia.

handicap Baldi Pier Luigi, Educare al ragionamento, Erickson, Gardolo 2012, pp. 183, Euro 19,00. Il testo propone attività di stimolazione cognitiva e delle capacità di ragionamento delle persone con disabilità intellettiva medio e lieve. Le 115 schede (ispirate alle teorie di Sternberg) costituiscono un programma di strumenti (presentati con disegni) di sviluppo delle capacità di pensiero: relazioni funzionali tra oggetti, pensiero analogico, classificazione, completamenti di serie, ricerca della causa, conoscenza di un oggetto, significato di una parola, situazioni nuove. Buffone Giuseppe, Volontaria giurisdizione: tutela dei soggetti deboli, Giuffre’, Milano 2012, pp. 112, Euro 15,00. Il volume illustra in particolare l’istituto dell’amministrazione di sostegno, utilizzando un ricco apparato di esempi, tavole sinottiche, schemi, chiarimenti mirati. Dopo un excursus sulle questioni sostanziali e sui caratteri morfologici, si occupa della procedura per l’apertura dell’ads, dei soggetti ai quali può essere applicata, del rapporto l’ads con l’interdizione e l’inabilitazione. I capitoli finali sono dedicati alla rappresentanza e tutela del minore. Gencarelli Nicola, Ausili fai da te, Erickson, Gardolo 2012, pp. 152, Euro 18,50. Questa pubblicazione raccoglie la documentazione, le riflessioni e le proposte nate dal progetto Ausili creativi, coordinato da Andrea Canevaro e da un gruppo di educatori e collaboratori del Servizio per gli Studenti Disabili e Dislessici dell’Università di Bologna. L’ideazione di un centro ausili volto a promuovere un approccio creativo e cooperativo rispetto alla scelta, all’adatta-

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ascolto”. Gli udenti si impegnano con tenacia per istruire i bambini sordi a produrre linguaggio verbale e parlare esclusivamente a voce, scegliendo per loro - i sordi -, che invece chiedono di essere loro stessi, comunicando con le mani, con lo sguardo, con gli occhi, con le espressioni. Vianello Renzo, Potenziali di sviluppo e di apprendimento nelle disabilità intellettive, Erickson, Gardolo 2012, pp. 133, Euro 17,00. L’autore condensa in un solo libro quarant’anni di esperienza con allievi con disabilità intellettive. Dopo aver sostenuto che i potenziali di apprendimento e di sviluppo degli allievi con disabilità sono ancora ampi e migliorabili, l’autore fornisce proposte di interventi educativi e abilitativi, finalizzate ad incrementare le abilità motorie, cognitive, comunicative e sociali dai primi mesi di vita agli anni della scuola secondaria

ne la dispersione, aprendo una nuova pagina nella storia dei no global. Picardo Sara, Net@work, Ediesse, Roma 2011, pp. 187, Euro 10,00. Il testo descrive alcuni esempi di utilizzo della rete per promuovere informazione e solidarietà, ricercare giustizia e verità, veicolare battaglie sindacali e movimenti di contestazione sociale. Così ad esempio il blog creato sul caso di Federico Aldovrandi, il No Berlusconi Day promosso tramite facebook, e il caso di molti blogger che in paesi dove si fanno portavoci del desiderio di libertà e di fare rete. Rigaux Francois, I diritti dei popoli e la carta di Algeri, Gruppo Abele, Torino 2012, pp. 190, Euro 14,00. La Carta dei Popoli di Algeri è un documento scritto da intellettuali ed esperti (1976); stabilisce tra l’altro, che ogni popolo ha diritto ad un governo che rappresenti tutti i cittadini senza distinzione di razza, sesso, opinione o colore...Il volume ricostruisce la storia e l’evoluzione del diritto dei popoli e della protezione internazionale, facendo il punto sull’attualità della carta di Algeri e del Tribunale di opinione, che esamina e fornisce sentenze su violazioni dei diritti umani internazionali.

immigrazione Dubosc Fabrice Olivier, Quel che resta del mondo, Scientifiche Magi, Roma 2011, pp. 211, Euro 18,00. Nel volume la questione del disagio del migrante viene analizzata in relazione ad altre tematiche, quali la biopolitica, l’identità, l’esigenza di tornare a miti e narrazioni per ripensare oltre la contingenza storica e la contaminazione delle culture. In questo senso l’etnopsichiatria, attraverso la narrazione dei pazienti, tenta di ricostruire anche “il capitale simbolico” e la capacità immaginale dei pazienti, in un ascolto che riscopre anche la dimensione rituale e poetico - religiosa.

lavoro Camusso Susanna, Il lavoro perduto, Laterza & Figli, Roma 2012, pp. 148, Euro 12,00. Il libro affronta il tema del “lavoro perduto”: non soltanto di quello che viene a mancare ma delle prospettive di impiego e di carriera che già prima della crisi avevano cominciato a disfarsi. Occorre più lavoro, occorre ridare valore al lavoro perché senza lavoro anche il benessere, i progetti e le scelte delle persone vengono messi in discussione. Aver cura del lavoro porta secondo l’autrice ad aver cura dell’intero paese.

internazionale Badaracchi Laura, Nate invisibili, Paoline, Milano 2012, pp. 136, Euro 13,50. Il volume intende approfondire alcune tematiche di attualità al femminile che spesso riempiono le cronache per poi cadere nell’oblio, una volta spenti i riflettori. In alcune zone del mondo bambine, adolescenti e donne appaiono invisibili. L’autrice intende dar voce e volto ad alcune di queste storie affinché non rimangano solo numeri e statistiche. Perché la “conta” dei femminicidi, dei matrimoni forzati, delle bambine soldato vengano condivise. Branca Paolo, De Poli Barbara, Islam, Emi, Bologna 2012, pp. 158, Euro 12,00. Il volume delinea confini, caratteristiche, storia, significato culturale, politico, storico del mondo islamico; lo sguardo non è solo all’interno, ma anche all’esterno, verso il resto del globo, per comprenderne dinamiche e vivacità. Oltre ad un’analisi delle diverse matrici dell’Islam, del ruolo della donna, i legami con il terrorismo, ci si sofferma sui cambiamenti attuali, tra tradizione e modernismo, come la realtà mediatica dei paesi islamici, il fenomeno del blogging in rete. Imarisio Marco, La ferita, Feltrinelli, Milano 2011, pp. 190, Euro 14,00. L’autore rilegge la storia del movimento no global italiano nell’ultimo decennio, mettendo a confronto la situazione precedente agli avvenimenti di Genova del 2001 - che ne segnano un punto di arresto - , con quella degli anni successivi. Appare evidente coma la ferita di Genova ha offuscato le ragioni del movimento fino causarGENNAIO-FEBBRAIO

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minori Brusa Antonio, Piccole storie 1, La Meridiana, Molfetta 2012, pp. 174, Euro 18,00. Il volume raccoglie racconti di preistoria per i bambini della primaria e della scuola dell’infanzia e otto giochi, ciascuno dedicato ad una precisa questione storica. Segue un capitolo interamente dedicato alla didattica collaborativa, in cui l’autore esprime come inventare i giochi risulti lo strumento migliore per imparare ad usarli in classi, da qui l’auspicio a scambiarseli. Patrizi Patrizia (a cura di), Manuale di psicologia giuridica minorile, Carocci, Roma 2012, pp. 332, Euro 25,00. Il manuale affronta in primo luogo la definizione e il profilo della psicologia giuridica minorile in rapporto all’ambito disciplinare, gli itinerari della sua interazione con il diritto, il suo contributo di conoscenza, la concezione della persona minorenne presente nella norma e nella giustizia, le opzioni paradigmatiche, metodi e aree di ricerca. Segue un’analisi approfondita delle famiglie in difficoltà, le questioni di maltrattamento e abuso e i fenomeni di devianza giovanile. Presenti Rosangela (a cura di), Incontrare il bambino giocando, Junior, Azzano San Paolo 2012, pp. 198, Euro 28,00. In apertura dei lavori del quarto seminario di studio in

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motivazione e dinamiche del processo di esclusione ed inclusione nelle istituzioni della cittadinanza moderne, fino a proporre una riflessione sul concetto di “democratizzazione della democrazia”: educare i cittadini, per promuovere uguaglianza, diritti e libertà. Capovilla Nandino, Tusset Betta, Voglia di normalità, Paoline, Milano 2012, pp. 117, Euro 18,00. “La casa per i palestinesi sotto occupazione militare rappresenta . . .il luogo simbolo della voglia di riscatto e di normalità”; partendo da questa constatazione, nel libro la storia dei villaggi sotto assedio tra Gaza e Israele (nei paesi occupati), viene raccontata a partire dall’incontro degli abitanti nella loro quotidianità. Qui i protagonisti raccontano le loro storie di resistenza nonviolenta, di voglia di futuro, di voglia di una casa. Colizzi Francesco, Eutopia, La Meridiana, Molfetta 2012, pp. 127, Euro 15,00. Ritrovare una feconda linea di lettura della complessa realtà del mondo di oggi a partire dai molteplici “ultimi”, questo è il tenace percorso che l’autore ha intrapreso con grande passione e con la ragionevole speranza che sia possibile trasformarla. La bellezza e la felicità possono, anzi devono essere ritrovate nell’agire sociale purché non si rinunci a confrontarsi con la sofferenza e l’emarginazione. Il luogo di questo possibile incontro è secondo l’autore l’eutopia. Consenti Stefania, Il futuro della memoria, Paoline, Milano 2011, pp. 138, Euro 11,50. Il testo raccoglie delle interviste ad alcuni testimoni ancora in vita della Shoah; riflessioni sul fare memoria che spiegano in che modo la testimonianza dei sopravvissuti può diventare esperienza di vita. a ed educazione alla tolleranza e prevenzione della violenza. Oltre che a ripercorrere gli anni di questi incontri di testimoniane (le domande fatte, i contesti, le difficoltà, le soddisfazioni…) i protagonisti si interrogano sul futuro, quando non ci saranno più a raccontare. Mancini Roberto, Esistere nascendo, Cittadella, Assisi 2012, pp. 294, Euro 21,80. Il saggio propone una lettura guidata del pensiero della filosofa spagnola Maria Zambrano, inserendolo nel più ampio dibattito filosofico del Novecento, ed evidenziando il contributo della sua riflessione. In particolare, la sua visione antropologica, che a partire dalla constatazione dolorosa dell’esilio e del delirio, si apre al sogno e alla promessa verso tutti e verso la verità; una filosofia maieutica che tanto potrebbe insegnare alla società attuale imbevuta di angoscia. Margalit Avishai, Sporchi compromessi, Il Mulino, Bologna 2011, pp. 213, Euro 16,00. Nel volume viene descritta l’arte del compromesso come una grande virtù politica, se esercitata per realizzare la pace e il bene comune, e la presenza di limiti morali oltre i quali diviene inaccettabile spingersi. Da qui, l’autore mette a confronto due visioni: una economica per la quale non esistono beni che non siano scambiabili, l’altra etica e religiosa che considera certe transazioni un tabù assoluto. Roberto Mancini, Dalla disperazione alla misericordia, Dehoniane, Bologna 2012, pp. 107, Euro 11,50. L’autore propone una riflessione articolata dal fondo di

Lavarone “Incontrare il bambino giocando”, il dottor Martucci M. presentò ai colleghi partecipanti la riproduzione dei “giocattoli” o “giochi” che la terapeuta Melanie Klein utilizzava nelle sue analisi con i bambini. Semplici oggetti, di dimensioni molto piccole, carichi per gli operatori di infinite valenze evocative, a partire dai quali è nata l’idea di queste note sul gioco in terapia infantile. Valera Anna, Penati Carla, Il teatro bambino, La Meridiana, Molfetta 2012, pp. 126, Euro 14,00. Le maestre Anna Valera e Carla Penati nella scuola di Concorezzo da oltre trent’anni hanno introdotto la pratica del teatro, linguaggio che assume oggi un valore altamente educativo di fronte alla sempre più diffusa passività televisiva dei bambini. Il teatro non mira a formare bambini attori ma ad usare il linguaggio teatrale per raccontare se stessi, la propria realtà e i propri desideri.

omosessualità Graglia Margherita, Omofobia, Carocci, Roma 2012, pp. 286, Euro 27,00. Perché l’atteggiamento omosessuale è stigmatizzato? A questa e a molte altre domande il libro risponde con una cornice concettuale che in inquadra le motivazioni psicosociali del fenomeno, e le rappresentazioni culturali (con una prospettiva storico-diacronica). Vengono poi proposte interventi per prevenire l’omonegatività e promuovere la piena inclusione della persona LGBT in famiglia, a lavoro, nei luoghi di cura. Infine un approfondimento sull’omosessualità nella Chiesa. Guaiana Yuri (a cura di), Dal cuore delle coppie al cuore del diritto, Stampa Alternativa, Viterbo 2011, pp. 154, Euro 12,00. Il libro, centrato sugli atti dell’udienza che si è tenuta il 23 marzo 2010 presso la Corte Costituzionale, vuole portare a conoscenza il significato politico di Affermazione Civile: il diritto al matrimonio civile come principio di uguaglianza per le persone omosessuali. Per la prima volta un’istituzione italiana ha riconosciuto la dignità costituzionale delle coppie dello stesso sesso invitando il Parlamento ad emanare una legge di carattere generale per la tutela delle stesse.

pace Amari Giuseppe, Vinci Anna (a cura di), Le notti della democrazia, Ediesse, Roma 2012, pp. 293, Euro 18,00. L’impegno di due donne, Tina Anselmi e Aung San Suu Kyi in tempi, luoghi e con modi diversi, per la libertà dei propri paesi. La prima - partigiana e politico italianaimpegnata nella scoperta della verità dei fatti della P2, l’altra, birmana, lotta per il riconoscimento dei diritti umani nel suo paese. Simboli della lotta al potere corrotto, le loro storie si intrecciano ad anni di violenza, di colpevoli mascheramenti, che loro hanno contribuito a combattere. Balibar Etienne, Cittadinanza, Bollati Boringhieri, Torino 2012, pp. 178, Euro 9,00. “Cittadinanza e democrazia sono due nozioni indissociabili, ma che si rivela difficile mantenere in un rapporto di perfetta reciprocità”: il saggio, con richiami politici, sociologici ed antropologici, descrive origine,

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l’area psicotica. La verifica di questo lavoro spetta al alcuni importanti esperti. Levi Gabriel, Lavorare per la salute mentale in età evolutiva, Armando, Roma 2012, pp. 95, Euro 10,00. Grazie al lavoro svolto dalla Società di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza e l’Istituto superiore di sanità, Istituto G. Bollea, l’istituto di ricovero e cura a carattere scientifico E. Medea e l’Azienda sanitaria locale di Modena, in questi anni, è stato possibile tracciare il percorso sulla governance dei flussi di utenza in neuropsichiatria infantile, governance che è stata oggetto della mozione sulla promozione della salute mentale in età evolutiva presentata al governo. Tranchina Paolo, Teodori Maria Pia (a cura di), Quarant’anni di fogli di informazione 1972-2012, Centro Di Documentazione, Pistoia 2012, pp. 448, Euro 30,50. A quaranta anni dall’inizio delle pubblicazioni della storica rivista Fogli di informazione (nata sulla scia della lotta all’esclusione manicomiale) questa antologia di interventi fa il punto sulla situazione attuale dell’applicazione della legge 180, descrivendo i processi di deistituzionalizzazione, buone teorie e prassi per interventi alternativi, recovery, laboratori teatrali, psichiatria democratica. Uno strumento di documentazione, riflessione e sostegno a coloro che lottano contro l’esclusione.

una condizione di crisi vissuta dal nostro Paese e in vista di una guarigione, di un cambiamento che abbia la natura della conversione. L’esigenza di uno “specchio maieutico” offerto dalla misericordia, che non è solo virtù di benevolenza, ma strumento di liberazione in grado di fare emergere le istanze della giustizia e la realtà della comunione, convertendo l’infelicità in una felicità condivisa.

politiche sociali AA.VV., Rapporto sui diritti globali 2012, Ediesse, Roma 2012, pp. 1290, Euro 35,00. La situazione che emerge dal Rapporto sui diritti globali 2012 è problematica e foriera di dinamiche negative sia in Italia che in Europa sulle condizioni di vita e di lavoro per milioni di persone. La riconferma e la rimodulazione dei diritti in una prospettiva di crescita competitiva e di riduzione delle disuguaglianze è l’impegno della CGIL (che ha curato il Rapporto insieme all’Associazione Società Informazione Onlus) nei prossimi mesi. Folgheraiter Fabio, Il mistero del lavoro sociale, Erickson, Gardolo 2012, pp. 116, Euro 9,00. Il testo ha l’ambizione di andare alla radice del “mistero” che da sempre caratterizza il Lavoro Sociale, vale a dire la difficoltà a concettualizzare il senso del lavoro degli operatoo“ri sociali. La Teoria relazionale è usata come chiave di lettura volta a mettere in risalto le ambiguità e qualche limite concettuale dell’attuale definizione, ma soprattutto a suggerire spunti utili in vista di possibili formulazioni alternative. Mari Angelo (a cura di), La programmazione sociale, Maggioli, Santarcangelo Di Romagna 2012, pp. 282, Euro 27,00. Il volume analizza il tema della programmazione sociale partendo dalla dimensione storica europea ed internazionale, passando ai contesti culturali di riferimento della governance multilevel, fino ad arrivare ai modelli e ai metodi prevalenti. Sotto il profilo più operativo, vengono approfonditi principi, significati, struttura, contenuti, esiti, valutazioni e responsabilità per ogni tipologia di programmazione nazionale, regionale e locale. Paini Francesca, Sensi Giulio, Tra il dire e il welfare, Altreconomia, Milano 2012, pp. 143, Euro 12,50. Gli autori presentano un’alternativa alla politica dei tagli che vede l’unica soluzione alla crisi attuale nello smantellamento dello stato sociale. Ma come funziona esattamente oggi il welfare italiano? Il quadro e gli attori dl nostro stato sociale vengono confrontati con esempi di welfare solidale, dove il disimpegno dello stato è sostituito da un sistema più equo e responsabile.

psicologia Balconi Elisa, Carolei Chiara, L’autobiografia, Xenia, Milano 2011, pp. 126, Euro 6,50. Vengono ricostruiti origine e sviluppo del metodo autobiografico, analizzando le diverse teorie, approcci e campi di applicazione (a scuola, nelle carceri, in psicoterapia…). Si spiega il valore del raccontarsi all’altro per riscoprire la propria identità e superare lacerazioni, le diverse forme in cui si realizza (diario, romanzo familiare, memoria collettiva, autoritratto…); infine uno sguardo all’autobiografia nella rete. Bleger José, Psicoigiene e psicologia istituzionale, La Meridiana, Molfetta 2011, pp. 342, Euro 40,00. L’autore spiega in che modo la psicoanalisi può essere applicata agli individui, ai gruppi e alla istituzioni. Il concetto di psicoigiene segna il passaggio per lo psicologo clinico dal campo della malattia e della terapia al campo della salute della comunità; la psicoanalisi si fa promotrice quindi in un percorso di igiene e salute mentale, finalizzato a prevenire il disagio prima che questo compaia, con progetti preventivi pubblici, coinvolgendo le istituzioni e all’interno delle stesse. Coriat Elsa, Puoi perdermi?, Et Al. Edizioni, Milano 2012, pp. 174, Euro 16,00. Il volume raccoglie alcuni saggi sulla pratica psicoanaliltica con i bambini. Nel trattamento di neonati e dei bambini affetti da psicosi e gravi disturbi dello sviluppo, si ha infatti a che fare con una struttura inconscia in costruzione; la pratica clinica oltre ad avere modelli teorici e tecniche di intervento precisi, non può prescindere dal lavoro con i genitori (che rappresentano l’Altro per i neonati) e di équipe.

psichiatria Attenasio Luigi, Di Gennaro Angelo (a cura di), Il paziente grave, Armando, Roma 2012, pp. 379, Euro 29,00. Viene descritto il progetto formativo “Analisi dei percorsi terapeutici del DSM a partire dalla storia e definizione dei cosiddetti pazienti gravi”. Gli esecutori del progetto sono tutti gli operatori del DSM della ASL C di Roma, i quali dovranno mettere a fuoco le caratteristiche, la qualità e le criticità dei percorsi terapeutici e riabilitativi messi a punto nei confronti di utenti che rientrano nel-

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Fizzotti Eugenio, Psicologia dell’atteggiamento religioso, Erickson, Gardolo 2006, pp. 260, Euro 21,00. Vengono descritti evoluzione, modelli e caratteristiche dello studio degli atteggiamento e delle manifestazioni religiosi da parte della psicologia. I diversi approcci hanno interpretato ruoli e dimensioni della religiosità, descrivendone le espressioni, l’importanza nello sviluppo cognitivo dell’età evolutiva, i processi di formazione della maturità religiosa. Infine delle riflessioni sui nuovi movimenti religiosi, i legami dell’esperienza religiosa con la psicoterapia. Grun Anselm, Fare la scelta giusta, San Paolo, Torino 2012, pp. 188, Euro 15,00. L’autore fa una riflessione sul tema “decisione e processo decisionale”. In ogni momento della quotidianità si è chiamati a decidere se fare questo o quel lavoro, se sposarsi o non sposarsi, se comprare questa o quella cosa. E’ utile analizzare queste decisioni e i modi in cui vengono prese le decisioni grandi e piccole così da essere in armonia con sé stessi. Job Remo, Cubelli Roberto (a cura di), Psicologia dei processi cognitivi, Carocci, Roma 2012, pp. 390, Euro 31,00. Dal rapporto tra filosofia e scienze cognitive ai temi della percezione visiva, della memoria e del linguaggio; dall’attenzione dal nesso tra movimento e azione alla dimensione sociale dei processi cognitivi; dalle dinamiche del ragionamento deduttivo/induttivo al ruolo delle emozioni: questi sono gli argomenti descritti in maniera analitica dagli autori. Lamartina Virgilio, La parabola dei ciechi, Angeli, Milano 2012, pp. 219, Euro 27,00. Prendendo come spunto i modelli teorici e pratici della teoria della Gestalt, l’autore affronta il tema della psicopatologia, analizzando concetti quali il sè, la creatività, l’atteggiamento relazionale del sè terapeutico con termini gestaltici. In particolare viene descritta la relazione tra paziente e terapeuta, una dinamica che può essere attraversata solo con occhi di cieco. Miceli Maria, L’invidia, Il Mulino, Bologna 2012, pp. 131, Euro 9,80. Il volume esplora gli aspetti e le funzioni di un’emozione dalla natura multiforme, sempre pronta alla metamorfosi e al travisamento: l’invidia. In particolare, viene descritto chi invidia e chi è invidiato, che cosa si tende ad invidiare, cosa prova l’invidiato, come questo si difende dalla propria invidia e come sia possibile superarla. Segue una breve trattazione delle cosiddette “sorelle” dell’invidia: l’ammirazione, l’emulazione e la gelosia. Miceli Silvana, Gangemi Amelia, Psicologia dell’intelligenza, Laterza & Figli, Roma 2011, pp. 188, Euro 20,00. L’intelligenza (intesa come misurazione delle abilità intellettive e delle differenze individuali) è sempre stato uno dei campi di indagine della psicologia sin dagli esordi; il testo analizza le diverse teorie che se ne sono occupate da un punto di vista diacronico, ripercorrendone l’evoluzione e mettendole a conaz“fronto. Vengono inoltre descritti i recenti sviluppi: la ricerca del gene dell’intelligenza, l’intelligenza artificiale e il potenziamento, le interazioni con la creatività. GENNAIO-FEBBRAIO

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Schellenbaum Peter, La ferita dei non amati, Red, Milano 2012, pp. 205, Euro 9,50. La carenza di amore provoca una ferita narcisista che spesso si cela dietro contorte maschere e vie di uscita, perché troppo dolorosa da affiorare in modo consapevole. Il libro svela queste forme di occultamento, le smaschera, al fine di indicare il percorso per liberarsene, che passa per quattro fasi terapeutiche: non amato, comprendere, sentire, liberare. Quella illustrata è una “psicoenergetica dell’amore”, una rivitalizzazione che comincia con la riscoperta dell’amore di sé. Widmann Claudio (a cura di), Simbolo o sintomo, Scientifiche Magi, Roma 2012, pp. 244, Euro 24,00. Simbolo e sintomo veicolano contenuti analoghi (collegano conscio ed inconscio); ma mentre il primo è espressione di ciò che non è immediatamente presente sul piano della realtà e collegamento con il mistero della vita, il secondo è perdita di senso. Il testo analizza la questione sintomo-simbolo nelle teorie della psicologia del profondo, i possibili percorsi clinici per favorire trasformazioni e la crescita della psiche dei pazienti e per restituire il senso alla loro esistenza.

sanità AA.VV., Il sistema sanitario in controluce, Angeli, Milano 2012, pp. 206, Euro 25,00. Il rapporto, curato dalla Fondazione Farmafactoring, delinea una fotografia della sanità italiana, presentando e interpretando dati riguardanti aspetti finanziari, gestionali, al fine di fare il punto e proporre scenari di miglioramento. Questi gli argomenti principali affrontati: spesa sanitaria e vincoli di finanza pubblica, caratteristiche dell’offerta e della domanda, le disparità regionali in termini di spesa e prestazioni….. Conticelli Martina, Privato e pubblico nel servizio sanitario, Giuffre’, Milano 2012, pp. 271, Euro 28,00. Il servizio sanitario nazionale consente soluzioni differenziate nell’organizzazione e nella gestione delle risorse, ma la scelta tra pubblico e privato si riflette sulle garanzie a tutela della salute. Nell’analisi del regime giuridico delle prestazioni sanitarie, l’opera dà conto di una dialettica che richiede di trovare punti di equilibrio attraverso i quali, nell’integrazione tra pubblico e privato, si possa salvaguardare la piena tutela della salute oltre che assicurare il contenimento della spesa. Lorenzo Lorusso, Lucci Bruno, Sironi Vittorio A., Alla ricerca dei segni perduti, Carocci, Roma 2011, pp. 148, Euro 19,00. Gli autori hanno cercato di descrivere brevemente alcune tappe dello sviluppo storico della semeiotica neurologica, partendo con un saggio sulla nascita della clinica. Successivamente si sono soffermati a descrivere: il martelletto, un oggetto indispensabile per eseguire una manovra fondamentale della diagnostica neurologica, quale l’evocazione del riflesso, e la cinematografia, utile per approfondire alcuni aspetti semeiologici. Martinelli Kohler Barbara, Mamma, quando ti ricrescono i capelli?, Cartman, Torino 2012, pp. 222, Euro 14,00. L’autrice descrivere il tumore al seno contro cui ha dovuto combattere riportando tutte le e-mail inviate alle amiche durante la malattia. In questo modo l’autri-

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ma, come gli altri personaggi, è costretta a fare scelte di responsabilità e giustizia. Ecco allora la decisione di dimettersi per non scendere a compromessi; un racconto individuale, familiare che è anche specchio della società. Rapaccini Roberto, Paura dell’Islam, Cittadella, Assisi 2012, pp. 142, Euro 13,50. L’autore si propone di parlare di Islam, per far conoscere questa religione che spesso fa paura e strumentalmente negli anni è stata associata al terrorismo. Cercando di andare oltre i pregiudizi approfondisce la storia e l’identità delle realtà islamiche, analizza il legame fra islam e il terrorismo e da una lettura diversa degli attentati del 11 settembre e del significato di Al Qaeda per l’occidente e per tutto il mondo arabo. Romano Iolanda, Cosa fare, come fare, Chiarelettere, Milano 2012, pp. 155, Euro 11,00. L’autore del volume si domanda perché in Italia sia così difficile gestire i conflitti con il dialogo, per promuovere l’ascolto e il confronto di posizioni opposte riguardo a scelte strategiche (opere pubbliche, questioni di bioetica…). Per rispondere, prende in esame la questione della Tav e della Val di Susa. Infine la descrizione di strategie di confronto pubblico, quali il consensus building, il dibattito pubblico, la proposta di legge; prendendo esempio da esperienze realizzate all’estero. Settis Salvatore, Azione popolare, Einaudi, Torino 2012, pp. 228, Euro 18,00. Indignarsi non basta. Contro l’indifferenza che uccide la democrazia, contro l’assolutismo dei mercati e il ricatto del debito pubblico occorre rilanciare l’etica della cittadinanza. Serve oggi una forte azione popolare in difesa del bene comune è questo l’auspicio che Salvatore Settis imprime nel libro. In particolare, occorre recuperare spirito comunitario, sapere che non vi sono diritti senza doveri, pensare anche in nome delle generazioni future.

ce ha voluto dare un contributo positivo a tutti coloro che hanno avuto a che fare in passato con la stessa condizione o la stanno vivendo attualmente o che hanno parenti coinvolti, ma anche chi semplicemente vuol conoscere un’altra esperienza su una malattia come il tumore al seno.

società Gava Giacomo Mario, Neuroscienze e neuroetica, Cleup, Padova 2012, pp. 178, Euro 15,00. A partire da un excursus dei percorsi di trasformazione dell’etica occidentale e dello sviluppo degli studi e delle ricerche delle neuroscienze, nel saggio viene contestualizzata e spiegata la nascita del concetto di neuroetica, di cui sono quindi analizzati i diversi campi di ricerca e di studio, gli obiettivi, l’applicabilità in settori quali l’educazione e la giustizia. Giaccardi Chiara, In comunicazione interculturale nell’era digitale, Il Mulino, Bologna 2012, pp. 329, Euro 25,00. Questa seconda edizione del volume testimonia la permanenza della questione dell’intercultura nel dibattito contemporaneo, come riflesso della sua centralità nella vita sociale, culturale, politica ed economica della contemporaneità globalizzata. L’autrice offre una serie di strumenti utili per la comprensione e la gestione di fattori che possono ostacolare o favorire il dialogo interculturale collocandoli nella cornice della più ampia questione del rapporto tra culture del mondo globale. Maggi Lidia, Zoja Luigi, Amare oggi, Il Margine, Trento 2012, pp. 62, Euro 7,00. Gli autori riflettono sul concetto di “amare oggi” perché sentono che ci sono delle difficoltà all’interno della società che hanno bisogno di essere affrontate. Il gesto di amare, un gesto a cui ancora si anela e si vorrebbe credere, sembra perdersi in qualcosa di piccolo e individualistico, che non raggiunge davvero l’altro e non si fa raggiungere. E’ ancora possibile amare e questo è possibile iniziando con l’annodare i fili di una storia e costruendo una storia insieme agli altri. Marzano Michela, Gli assassini del pensiero, Erickson, Gardolo 2012, pp. 179, Euro 17,80. Forse il fascismo è tornato di moda? Per rispondere a questa domanda, il saggio, si apre con la rilettura delle riflessioni di Pasolini e Adorno sul ruolo dell’intellettuale nella lotta per la difesa dello spirito critico, poi analizza l’ideologia fascista, ricostruendo il modo in cui si è imposto. Infine uno sguardo al presente, per leggere ed interpretare indizi che fanno temere che il fascismo possa tornare a minacciare la nostra democrazia. Parrella Valeria, Lettera di dimissioni, Einaudi, Torino 2011, pp. 182, Euro 18,50. A partire dal ricordo della nonna venuta dalla Russia, e dall’infanzia nella provincia napoletana, la protagonista Clelia, racconta il suo presente, tra le scene di un teatro dove lavora con soddisfazione e riconoscimenti;

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volontariato Emmanuelli Xavier, Sulla soglia dell’eternità, San Paolo, Torino 2011, pp. 142, Euro 12,00. Xavier Emmanuelli, tra i fondatori dell’organizzazione umanitaria medici senza Frontiere, scrive un testamento spirituale, parlando della morte, incontrata e sfidata tante volte durante le missioni nei paesi più poveri del mondo; e nel ripercorrere la memoria di quei volti e di quei corpi, vittime di guerre, catastrofi, terremoti, ha riscoperto la ricchezza e l’unicità della vita di ogni essere umano, quella taciuta e negata dai media, che ora ci restituisce in questa preghiera.

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Novità, In corso di stampa Gruppo Solidarietà (a cura di), Trasparenza e diritti. Soggetti deboli, politiche e servizi nelle Marche Il cuore di questa nuova pubblicazione trae linfa dal lavoro che sostiene la Campagna regionale “Trasparenza e diritti. Per la regolamentazione dei servizi sociosanitari e l’applicazione dei LEA nelle Marche”. Si tratta di una Campagna, promossa da 44 organizzazioni della Regione, che negli ultimi mesi ha realizzato un vero e proprio osservatorio sulla situazione regionale riguardante i servizi socio sanitari nelle aree della disabilità, della salute mentale e più in generale della non autosufficienza. Le schede, attraverso l’analisi di convenzioni, accordi, protocolli, scavano nelle pieghe della regolamentazione locale facendo riferimento al quadro normativo regionale e quando necessario a quello nazionale. L’analisi locale e regionale, a partire dalle ricadute che i provvedimenti (assunti oppure omessi) hanno sui beneficiari dei servizi, cerca di individuare le ragioni che stanno alla base delle disuguaglianze nell’offerta, della negazione delle risposte e della violazione di diritti. Il volume, a partire da un primo contributo che analizza il quadro di riferimento nazionale dei servizi socio sanitari, entra nel merito - attraverso successivi approfondimenti - dei diversi livelli di analisi dei servizi regionali. I due ultimi contributi approfondiscono specifiche problematiche aventi rilevanza nazionale.

Gruppo Solidarietà (a cura di), Persone con disabilità. Percorsi di inclusione, prefazione di Andrea Canevaro, Castelplanio 2012, p. 112, euro 12.00. L’educazione inclusiva vuole innovare riferendosi a un individuo sociale. Innovare perché tutto è cambiato dal trionfo, da una narrazione che ha cancellato la società imponendo l’individuo. Questa narrazione riguarda la scuola (i genitori assediano il singolo insegnante per essere sicuri che il proprio erede abbia tutto il programma completo e senza ostacoli dati da agenti atmosferici che costringono a stare a casa qualche giorno per neve e ghiaccio, come dovuti alla presenza di chi ha bisogni speciali…), il lavoro (inutile invocare il mondo del lavoro di anni fa. Il lavoro è fatto di contratti individuali che non alimentano solidarietà ma competizioni individuali, progetti individuali, ecc.), i servizi (raggiungere la risposta attraverso amicizie, spettacolarizzazioni della propria condizione attraverso giornali e mezzi televisivi, in un crescendo che va dal giornale locale alla trasmissione televisiva su un canale nazionale…). L’educazione inclusiva deve attingere dal passato, compresa la sua origine dovuta ad un amore ancillare. Ma deve innovare senza nostalgie di un passato che non tornerà. Ha il dovere di essere appassionata di futuro, incontrando e lavorando con tutti coloro che sono appassionati di futuro. Questo vuol dire progetto. Nel progettare, l’autodeterminazione del singolo sta nell’autodeterminazione dello stesso progetto. L’integrazione, nella prospettiva inclusiva, non vuole conservare nel presente chi ha Bisogni Speciali. Vuole che sia nel futuro comune (Dalla introduzione di Andrea Canevaro). Contributi di: Andrea Canevaro, Lucio Cottini, Fausto Giancaterina, Alain Goussot, Marisa Faloppa, Giampiero Griffo, Vanna Iori, Vittorio Ondedei , Mario Paolini, Antonio Saccardo.

Per ricevere il volume: Gruppo Solidarietà, Via Fornace 23, 60030 Moie di Maiolati (AN). Tel. e fax 0731.703327, e-mail: grusol@grusol.it Per ordinare direttamente il volume versamento su ccp n. 10878601 intestato a: Gruppo Solidarietà, 60031 Castelplanio (AN). Per visionare le pubblicazioni del Gruppo Solidarietà - www.grusol.it/pubblica.asp


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