"Crescere ad arte" (L. Fiorini) recensito su ARTE

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L’installazione. Effimera, ibrida, esagerata, libera. Capace di risvegliare il villaggio globale assopito

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ascono per durare poco, le installazioni, ma nella loro breve vita hanno da soddisfare aspettative alte. Devono colpire, destare meraviglia, suscitare e amplificare emozioni. Spesso sono invasioni monumentali di spazi messi a disposizione per performance ed eventi, ma utili anche ad altro, quindi al momento giusto hanno l’ordine di svanire. L’essere effimere, però, dà qualche vantaggio. Anzitutto apre alla libertà. Chi progetta installazioni può utilizzare materiali di ogni genere, sperimentare, esagerare. E può essere un designer, un architetto, un allestitore, non necessariamente un artista conclamato. Nel presentare la fantasmagorica rassegna dei progetti di Installation art (240 pagg., 450 ill. a colori, € 39,90), Nikola Radeljkovic, designer del gruppo For use, sottolinea la natura ibrida dell’installa-

zione e si augura una crescente “liberante bastardizzazione” di questo medium così versatile, capace di risvegliare l’attenzione di un villaggio globale dalla sensibilità assopita. Non a caso l’editore di Installation art, Gingko press, è lo stesso che pubblica in America e in Europa i libri del sociologo Marshall McLuhan. Le sue storiche riflessioni sui media si adattano bene alle installazioni scenografiche degli ultimi anni e a questo libro che, presentandole, si offre come occasione per suscitare curiosità e riflessioni, per evocare un coinvolgimento sensoriale, per trasmettere immagini e idee. Dal Field of light di Bruce Munro all’Entry paradise del gruppo Lava, dall’Alice di Soft Lab all’Impression of infinity di Métamorphose, l’installazione è una esperienza da provare, di cui l’uomo può essere ancora il protagonista.

di Cara Ronza 185


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Italia 1960-2010. Cambiano i confini

Litografia. Aristocratica e democratica

A cura di Gabriele Guercio e Anna Mattirolo, Il confine evanescente (Electa, 420 pagg., 270 ill. in b/n, € 40) raccoglie tredici saggi sull’arte italiana dal 1960 a oggi, scritti da studiosi e addetti ai lavori tra cui Stefano Chiodi, Ester Coen, Claire Gilman ed Elio Grazioli. Obiettivo del libro è dimostrare che anche in un mondo per molti aspetti globalizzato è ancora possibile parlare di arte nazionale e locale. A condizione, però, che si smetta di credere a una presunta unità dell’identità artistica, specchio di una storia “compatta” quale non è quella italiana, e si inizi ad apprezzare piuttosto la sua caotica molteplicità e l’evanescenza dei suoi confini. Concentrando di volta in volta l’attenzione su singoli lavori o artisti, su fasi e movimenti, materiali e poetiche, il volume racconta i casi e le forme dell’arte italiana dal Tempo moderno di Schifano al Bel paese di Cattelan, passando per L’Italia d’oro di Luciano Fabro e la Carta atopica di Luca Vitone. Il volume è pubblicato nella collana Maxxi, realizzata con il Museo delle arti del XXI secolo di Roma.

Jacques Putman (1926-1994), critico, editore e collezionista di origine belga, aveva una vocazione. Voleva rendere l’arte contemporanea accessibile a chiunque. Individuato nella stampa il mezzo adatto a compiere questa rivoluzione, nel 1967 avvia in Francia un progetto che consiste nella commercializzazione di litografie originali in luoghi più che mai democratici, i grandi magazzini Prisunic. Le stampe delle Suites Prisunic, tirate in 300 copie e vendute a 100 franchi l’una, sono lavori di Pierre Alechinsky, Wifredo Lam, Sebastian Matta e poi di Arman, Christo, Max Ernst, Niki de Saint-Phalle e tanti altri. Dopo sette anni di Suite, l’impegno di Putman continua attraverso la Société de diffusion d’oeuvres plastiques et multiples, che lo vede al lavoro insieme alla moglie e gallerista Catherine Béraud. Alla loro attività editoriale e all’aristocrazia dell’arte che hanno reso popolare è dedicato L’estampe, un art pour tous (Actes Sud, 144 pagg., 84 ill. a colori, € 25).

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La Mup di Parma. Tra la via Emilia e la via Francigena Nove anni di attività, 470 titoli d’arte, fotografia, letteratura e saggistica, un totale di 600mila copie vendute tra libri, riviste e cataloghi. La casa editrice Monte Università Parma (www. mupeditore.it), nata nel 2002 per volontà della Fondazione Monte di Parma e della locale Università degli Studi, è una realtà ormai consolidata, che alle pubblicazioni accademiche affianca un’intensa attività editoriale in collaborazione con enti e istituzioni. Seguendo idealmente gli assi storici della via Emilia e della via Francigena, che collegano Parma a Roma e all’Europa, questa tranquilla university press si impegna a valorizzare l’identità culturale della città, ma anche la sua vocazione nazionale e internazionale. Le prime collane della Mup (la Biblioteca parmigiana del Novecento, nel 2003; I grandi libri dei piccoli, nel 2004) uscivano in

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edicola e si compravano insieme alla Gazzetta di Parma. Oggi, dopo la presentazione del secondo volume di un grande progetto come la Storia di Parma dalla fondazione ai giorni nostri, quei tempi sembrano davvero lontani. Tra i titoli recenti, due bei libri della collana dedicata alle Mirabilia della Biblioteca Palatina, La fucina dei caratteri di Giambattista Bodoni (124 pagg., € 35) e Libri a corte (160 pagg., 35 €); il catalogo generale in tre volumi della pittura di Renato Vernizzi (1.237 pagg., € 380), ma anche i piccoli cataloghi preziosi della serie Tracce contemporanee, che accompagna le mostre allestite a Palazzo Dalla Rosa Prati. Monte Università Parma editore è a Parma (via Bruno Longhi 10, tel. 0521-236792).


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Street art d’Italia. Temi, parole, protagonisti Irriverente, cruda, effimera, gratuita. Negli anni Novanta “l’ormai maturo scenario del writing” partorisce anche in Italia la sua figlia meno bellicosa, la street art. Lontana dall’etica guerrigliera che portava i writer a sfidare per principio la legge, entrando di nascosto nei depositi e taggando vagoni e stazioni, la nuova arte preferisce i muri cittadini, ma si trova bene anche nelle gallerie, nei musei e negli spazi offerti da privati e istituzioni. Ai suoi protagonisti armati di spray e pennelli, poster e stencyl, pennarelli e Bic, Marta Gargiulo dedica Street art diary (Castelvecchi, 256 pagg., 234 ill. a colori, € 25), il primo libro a presentare in modo organico la poetica urbana degli street artist italiani, da Mr. Wany a Sten e Lex, da Ozmo a Lucamaleonte. Nel volume, una ricca rassegna di immagini, nove interviste che li presentano meglio di qualsiasi testo critico e un “vocabolario suburbano” utile a chi non frequenta il genere.

Chillida. L’aroma e la forma dell’ignoto Esce a cura di Stefano Esengrini una scelta inedita di scritti e conversazioni di Eduardo Chillida (1924-2002) incentrata sulla questione più cara allo scultore basco, il rapporto tra Lo spazio e il limite (Christian Marinotti, 224 pagg., 37 ill. in b/n, € 22). In tale prospettiva, l’opera simbolo di

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Chillida è anche quella che lo stesso artista considerava la più riuscita, l’Elogio dell’orizzonte (1990). Questa s’impone, a Gijón, su un promontorio a picco sul mare delle Asturie. Disegna un arco che definisce lo spazio in un abbraccio. Come l’intera opera di Chillida, spiega Esengrini, si volge verso un orizzonte che è limite e prospettiva di infinito. “Passo la mia vita cercando di avvicinarmi a quel che non conosco”, scriveva Chillida. “La forma all’inizio è come un aroma indefinito”, poi man mano va precisandosi, ma continua fino all’ultimo a conservare il suo mistero.

Russolo. La volontà di rinnovare tutto In calce all’Arte dei rumori, Luigi Russolo si definiva “un pittore futurista che proietta fuori di sé in un’arte molto amata e studiata la volontà di rinnovare tutto”. La novità dei suoi esperimenti sonori l’ha fatto passare alla storia, ma i suoi scritti conservati al Mart, il museo di Trento e Rovereto, rivelano che l’interesse per la musica non è stata la costante principale del suo lavoro. Un volume pubblicato dal museo insieme a Olschki raccoglie le ultime ricerche condotte da Giuliano Bellorini, Anna Gasparotto e Franco Tagliapietra. S’intitola Luigi Russolo – La musica, la pittura, il pensiero (196 pagg., 16 ill. in b/n, € 24) e analizza continuità ed evoluzioni delle sue temerarie idee in ambito non solo musicale, ma anche artistico e filosofico.

Tutta l’arte è questione di vita o di morte C’è una verità di cui non a tutti piace parlare, ma che nessuno oserebbe negare. Prima o poi moriremo. Qualcuno evita questo pensiero, qualcun altro ne è ossessionato. L’arte, soprattutto quella contemporanea, pare volerlo esorcizzare e utilizza il suo simbolo più eloquente, il teschio, con una tale frequenza e leggerezza da trasformarlo in un ornamento consueto, sperando di renderlo innocuo. Eppure la questione torna continuamente ad affacciarsi, in ogni tempo e in ogni cultura. Si permette di ricordarcelo Alberto Zanchetta in Frenologia della vanitas (Johan&Levi, 320 pagg., 130 ill. in b/n, € 30). Riesumando crani e ossa dalla preistoria alla pittura fiamminga del Seicento, dalle danze macabre medievali fino a Gabriel Orozco e Damien Hirst, sottoscrive quanto già aveva detto Rothko: “Tutta l’arte è in rapporto con la morte”. Cioè col senso della vita.

Il museo. Occasione di stupore e meraviglia Ogni museo d’arte ha i suoi problemi, gestionali, finanziari, d’indirizzo. Tra gli altri, c’è anche quello di assicurarsi nel tempo un pubblico interessato e fedele, disposto a tornare, a mantenere vivo il rapporto con un luogo che altrimenti perderebbe la sua ragion d’essere. Laura Fiorini è un’insegnante di scuola primaria e il pubblico di cui si occupa quotidianamente è quello dei più giovani. Nel suo Crescere ad arte (Cartman, 96 pagg.,

35 ill. a colori e in b/n, € 15) raccoglie gli esiti delle attività didattiche che ha condotto dal 2003 al 2009, attraverso viaggi di istruzione e laboratori legati alle visite agli Uffizi e al Museo di San Marco di Firenze e ai Musei Capitolini e alla Galleria Borghese di Roma. Il saggio presenta esperienze esemplari, ma soprattutto fa emergere il valore educativo della visita al museo quale occasione di meraviglia e stupore, di interesse per la realtà, di curiosità per l’opera altrui e di stimolo a realizzare qualcosa di nuovo.

Ghost. L’arte stampata di Elizabeth Peyton Elizabeth Peyton (Danbury, Connecticut, 1965) ha fatto il ritratto a personaggi storici e contemporanei, ad artisti, scrittori, musicisti, a molti dei suoi amici. Il mezzo che ha sempre privilegiato e che l’ha resa famosa è la pittura, ma dalla fine degli anni Novanta ha lavorato molto anche con la stampa, realizzando un’ampia serie di lavori che include monotipi, litografie, xilografie, acqueforti. Oltre che per la varietà delle tecniche, questa produzione si distingue per l’utilizzo di carte particolari, fatte a mano, e di inchiostri dai colori vivaci. A essa è dedicata una mostra partita in gennaio da St. Louis e poi sbarcata in Germania, a Rüsselsheim. L’evento è accompagnato dal volume Elizabeth Peyton – Ghost (Hatje Cantz, 168 pagg., in tedesco e in inglese, 91 ill. a colori, € 48), che ospita tra gli altri i volti di Eminem e Georgia O’Keeffe, di Truffaut, Richard Wagner, Frida Kahlo e Ozzy Osbourne.

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