Il "Manuale di lingua italiana per sordi stranieri" recensito su Appunti sulle politiche sociali

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SERVIZI SOCIOSANITARI E LIVELLI ESSENZIALI. FASI DEGLI INTERVENTI, TIPOLOGIA DI UTENZA, STANDARD ED ONERI FABIO RAGAINI GRUPPO SOLIDARIETÀ

La lettura della normativa al fine di individuare quali prestazioni ricadono tra quelle a completo carico della sanità e quelle a compartecipazione (e con quale percentuale) non è agevole ed è per certi versi contraddittoria, legittimando differenti interpretazioni. Cruciale è la definizione di ciò che è riconducibile alle diverse fasi dell’intensità assistenziale che determina una diversa componente nella assunzione di spesa da parte della sanità e dell’utente/comune. Le fasi dell’intensità assistenziale determinano inoltre anche costi diversi delle prestazioni e servizi; gli standard sono evidentemente più elevati nella fase intensiva e diminuiscono progressivamente spostandosi a quella di lungo assistenza, così come cambiano anche le figure professionali che li compongono. L’analisi dello standard, collegato alla tipologia di utente, al di là della sigla utilizzata, offre indicazioni fondamentali riguardo l’intensività dell’assistenza fornita che, come detto, definisce gli oneri a cario della sanità o del sociale (utente/Comune). Va ricordato infine che mentre la quota sanitaria (intera o parziale) non prevede compartecipazione a carico dell’utente e quindi grava sul fondo sanitario, quella sociale la prevede; nel caso il reddito sia insufficiente è tenuto a compartecipare il Comune di residenza dell’assistito. Ai fini di una più esatta comprensione della normativa sopra indicata, pare inoltre utile affiancare ai testi precedentemente citati anche il documento “Prestazioni residenziali e semiresidenziali” della Commissione nazionale sui Lea, approvato il 30 maggio 2007, che pur avendo una semplice funzione di indirizzo, offre importanti indicazioni al fine dell’interpretazione delle norme sopra richiamate. La scheda che segue non si propone di dettagliare la normativa riguardante gli inter-

Le prestazioni sociosanitarie sono definite dall’art. 3 septies del d.lgs 229/1999; il successivo dpcm 14.2.2001 (atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni sociosanitarie) stabilisce la tipologia delle prestazioni ed i criteri di finanziamento cui le Regioni devono tener conto nel disciplinare gli interventi socio sanitari. Infine il dpcm 29.11.2011 definisce i livelli di assistenza sanitaria che devono essere assicurati dal servizio sanitario nazionale, compresi (allegato 1c) quelli dell’area socio-sanitaria. Tale normativa è stata recepita dal alcune Regioni; molte altre non lo hanno fatto, continuando a regolamentare i servizi secondo precedenti o successive disposizioni regionali. Le norme sopra elencate indicano quali sono le prestazioni socio sanitarie, specificando quali sono a completo carico del fondo sanitario, quale a compartecipazione sanità/ sociale, quali di esclusiva competenza sociale. I criteri per la loro individuazione sono stabiliti (dpcm 14.2.2001) tenendo conto della natura del bisogno, della complessità e intensità dell’intervento assistenziale e della sua durata. Per ciascuno di questi criteri vengono definiti alcuni aspetti. L’intensità assistenziale viene definita in base alle fasi temporali che caratterizzano il progetto personalizzato (intensiva, estensiva, lungo assistenza); fasi nelle quali cambia l’onere economico a carico del settore sanitario (a carico delle Asl) e di quello sociale (a carico dell’utente e/o del Comune). Il successivo decreto sui Lea che definisce quali sono le prestazioni che il servizio sanitario è tenuto a garantire, individua quelle che sono finanziate interamente dalla sanità e quelle a compartecipazione. Ovviamente scompaiono quelle che l’atto di indirizzo sull’integrazione sociosanitaria individuava a completo carico del fondo sociale. MAGGIO-AGOSTO

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I livelli essenziali di assistenza sanitaria, comprendenti anche i servizi sociosanitari, stabiliscono le prestazioni che il servizio sanitario deve garantire. Alcune di queste (sociosanitarie) prevedono un concorso alla spesa da parte dell’utente o del Comune. L’analisi che segue riflette sul come le indicazioni nazionali trovano applicazione nella disposizioni regionali.

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venti sociosanitari, intende soltanto focalizzare alcuni aspetti, cercando di “collocare”, i servizi e le prestazioni all’interno delle griglie sopra richiamate. Il riferimento non potranno pertanto essere le sigle delle strutture e dei servizi, quanto invece il contenuto dell’offerta assistenziale. Per meglio chiarire: ci possono essere sigle che in determinate regioni indicano prestazioni riconducibili alla fase di lungo assistenza, mentre in altre il loro contenuto può essere riferibile a quello della fase estensiva o intensiva. Pare necessario allora, per evitare somme ingiustizie, cercare di capire cosa è collocabile all’interno di quelle fasi che determinano assunzioni di oneri della sanità con un range che va dal 100 al 40%. Una parte finale, infine, riguarda, lo specifico della regione Marche.

sidenziale (r3/sr); il documento della Commissione Lea inoltre specifica “Le prestazioni individuate con i codici R1, R2, R2D, sono riferibili alla erogazione di cure intensive o estensive ad elevata integrazione sanitaria, mentre le prestazioni individuate con i codici di attività R3 sono convenzionalmente riferibili ad assistenza e terapie di mantenimento, classificabili come prestazioni sanitarie a rilevanza sociale” psichiatria: 100% a carico della sanità nei servizi residenziali e semiresidenziali (riferimento PO 1998/2000); 40% nelle strutture residenziali a bassa intensità assistenziale. Infine, anche se non è oggetto di questa analisi all’interno delle cure domiciliari, l’assistenza tutelare (trasversale ad ogni area) si ripartisce al 50% tra sanità e sociale.

LE FASI E LA RIPARTIZIONE DEI COSTI

Il punto è dunque cosa connota una fase e come si definisce l’intensività (anche sulla base delle indicazioni del dpcm 14.2.2001) delle diverse fasi. E’ evidente, come sopra richiamato, che non può essere una sigla a definirne l’appartenenza, quanto le esigenze delle persone, il “consumo” e la tipologia di assistenza, e il conseguente standard di personale. Ciò dovrebbe essere sufficiente per capire che un determinato contenitore deve essere valutato esclusivamente sul contenuto delle prestazioni che eroga. Si prenda l’esempio delle Residenze sanitarie assistenziali (Rsa) per anziani. In Italia tale sigla accomuna strutture che erogano prestazioni che vanno dalla fase intensiva a quella di lungoassistenza. In alcune Regioni esistono le cosiddette Rsa riabilitative (in proposito vedi anche il dpcm sui Lea nella parte dell’assistenza distrettuale - a completo carico del fondo sanitario - le prestazioni riabilitative erogate nelle RSA) che vicariano posti di post acuzie (codice 56 e 60); in altre, accolgono malati a responsività minimale o con rilevanti bisogni sanitari, fino a caratterizzarsi esclusivamente per attività di mantenimento funzionale per soggetti con non rilevanti bisogni sanitari (vedi anche Commissione Lea). Se collocate in quest’ultima fase è evidente che sono strutture per cui vale la ripartizione del costo al 50%; se non lo sono, non può che valere il riferimento della fase intensiva ed estensiva dei Lea (100% a carico della sanità). Se, in genere non viene messo in discussione l’assunzione di oneri al 100% nella fase intensiva o nelle responsività minimali, viene fortemente contrastata la possibilità che

Come indicato precedentemente l’appartenenza alle diverse fasi determina una diversa ripartizione dei costi tra sanità e sociale. Nella fase intensiva gli oneri sono sempre a completo carico della sanità; così in quella estensiva ad eccezione di alcune prestazioni/ servizi; nella fase della lungoassistenza invece, gli oneri sono ripartiti tra sanità e sociale a seconda della tipologia di interventi e della diversa intensità. Le aree che prenderemo a riferimento sono quelle riguardanti anziani non autosufficienti (compresa demenze), disabilità e salute mentale. Come vedremo la ripartizione dei costi nelle varie fasi non è omogenea, così come non sempre è chiaro ciò che appartiene alla fase estensiva e a quella di lungoassistenza (in alcuni casi vengono citate in altre si può solo presupporre). Interessante inoltre analizzare le normative di riferimento citate sia nei Lea che nella tabella A dell’atto di indirizzo. Vengono inoltre aggiunte le sigle utilizzate nel documento della Commissione nazionale Lea che declina anche il “codice di attività” con una ipotesi di standard assistenziale. Prendendo a riferimento i Lea le quote a carico della sanità sono: disabili: 100% a carico della sanità nelle fasi intensive ed estensive (rd1) e nei casi di responsività minimale; 70% per i disabili gravi nei servizi residenziali e semiresidenziali (rd3); 40% nei servizi residenziali per disabili senza sostegno familiare (rd4); anziani: 100% a carico della sanità nelle fasi intensive ed estensive (r1, r2, r2d); 50% nella lungo assistenza residenziale e semireMAGGIO-AGOSTO

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Disabilità. Tutti le strutture ex art 26, poi riclassificate, sono a completo carico della sanità. Tra queste rientrano: residenze riabilitative intensive, Unità comi permanenti e gravi insufficienze respiratorie, residenze riabilitative estensive, Rsa disabili (in fase di riclassificazione in Rsa gravi e Rsa accoglienza), centri semiresidenziali. Ci sono poi altre due tipologie di strutture residenziali che ospitano disabili gravi (residenze protette e comunità socio educative riabilitative), cui si aggiunge il Centro socio educativo riabilitativo (Cser); tutti servizi a compartecipazione sociosanitaria. Le Rsr estensive stanno diventando strutture a residenzialità temporanea. Nei fatti rimangono 4 strutture residenziali per disabili gravi: Rsa (gravi e accoglienza), residenza protetta, Coser. Le prime due ad oggi sono pagate per intero dalla sanità, per la terza una delibera regionale classificherebbe le RP come struttura per disabili (non gravi) senza sostegno familiare. Le Coser hanno una regolamentazione autonoma con un contributo fisso regionale al quale si aggiunge una riipartizione al 50% tra sanità e sociale della somma rimanente (tariffa non fissata). I circa 70 Cser per oltre 1000 utenti sono in assenza di disciplina e l’onere, tranne accordi locali, ricade sui comuni che ricevono dalla Regione un contributo (legge di settore dei servizi sociali) pari al 50% del costo del personale. Se come dovrebbe essere, la sanità assumesse il 70% del costo retta per i Cser e per le RP, gli oneri a carico della sanità sarebbero più alti anche

la sanità si faccia carico per intero del costo di ricoveri nella fase estensiva. Questo porta spesso a voler trasferire nella lungo assistenza soggetti le cui problematiche sanitarie, compresa una perdurante instabilità clinica, sono difficilmente compatibili con quel regime. Emerge in questo caso la differenza con la disabilità che prevede 100% sanità nella fase intensiva ed estensiva e successivamente un 70/30 (non è chiaro di quale fase si tratti). L’altro parametro di riferimento è lo standard ed il costo della giornata di ricovero. Pare evidente che standard che si collocano sopra determinati minutaggi, che hanno una presenza infermieristica sulle 24 ore, difficilmente possono collocarsi nella cosiddetta fase di lungoassistenza (è opportuno in proposito rivedere le definizioni delle fasi nel dpcm 14.2.2001).

NELLE MARCHE? Sulla base di quanto sopra indicato che effetto avrebbe l’applicazione (ancora non avvenuta) dei Lea sociosanitari nelle Marche? Non pare inutile analizzare questo punto perché in più occasioni attraverso specifici atti viene richiamata la necessità di applicazione della normativa sui Lea, come se nell’offerta dei servizi sociosanitari le Marche si caratterizzassero per un’applicazione in eccesso, ovvero servizi caratterizzati da impropri ed eccessivi oneri sanitari. Affrontiamo la questione in maniera schematica cercando comunque di essere precisi.

Guarigione e relazione educativa I progressi nel campo della conoscenza medica e il ruolo nuovo che assume la psicologia anche a seguito delle esperienze sviluppatesi durante e dopo la seconda guerra mondiale aumentano le aspettative delle famiglie e rafforzano le pratiche riabilitative all’interno di un modello di intervento che rimane prevalentemente medico. L’idea della “guarigione” diventa spesso il supporto principale nella relazione educativa con il rischio di rafforzare nei genitori la consapevolezza di una propria inadeguatezza a sapersi rapportare con le esigenze del proprio figlio disabile. L’immagine del disabile come “eterno bambino”, bisognoso di cure e attenzioni continue, determina almeno tre conseguenze: rafforza il ruolo che la società affida alle famiglie, offre un modello generale di comportamento molto rassicurante poiché, qualunque sia l’età anagrafica della persona disabile, “con un bambino si sa sempre come fare” e infine concorre a mantenere la persona disabile in una inevitabile condizione di passività e di dipendenza. Carlo Lepri, In, Viaggiatori inattesi. Appunti sull’integrazione sociale delle persone disabili, Angeli, 2011

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estensive che di lungoassistenza. Va pertanto evitata, per i motivi precedentemente indicati, ogni superficialità classificatoria, collocando con un semplice automatismo, le Rsa nel codice R3 della Commissione Lea. Per identificare la classificazione adeguata, occorrerebbe, risalire allo standard, alla tipologia di utenza, oltre che all’analisi dei Rug ed infine alla tariffa giornaliera; solo in questo modo si potrebbe capire quanti posti possono essere ricondotti alla lungoassistenza e quanti al regime intensivo/estensivo. Si potrà verificare senza grandi difficoltà quanti posti sono collocabili in R1 e R2.

nel caso venisse recuperato un 30% sulla tariffa delle RSA. Prendendo solo a riferimento il Centro diurno della legge 20-2002, un rapido conto porterebbe a definire una quota annua di quota sanitaria non assunta pari ad oltre 8 milioni di euro, con un costo retta giornaliero di 50 euro (costo molto basso se si paragona alle tariffe dei Cd della legge 20-00: 80-100-131 euro) ripartito al 70/30: 1000 posti x 35 euro/ giorno x 48 settimane (indicazioni legge 20/ 2002) Anziani. La lungoassistenza residenziale si identifica con le residenze protette. I posti convenzionati sono circa 3200 (4200 gli autorizzati); la sanità assume, come da Lea, il 50% del costo per circa 400 posti; assume (o dovrebbe, il dato non è certo) quasi il 90% della quota sanitaria per i restanti 2900. Le Rsa anziani nei circa 900 posti attivi erogano prestazioni che potrebbero essere collocate - a causa della mancata definizione degli standard da parte della Regione - sia nelle fasi intensive

Psichiatria. Dall’analisi della normativa sui Lea, si evince che la compartecipazione a carico dell’utente/comune è possibile nelle sole strutture a bassa intensità assistenziale; mentre in tutte le altre (residenziali e diurni) gli oneri sono a carico della sanità. Nella nostra Regione le Comunità protette, per le quali la Regione (Progetto obiettivo salute mentale)

Fornitura pubblica di servizi ed equità. Per non limitarsi alla beneficenza Anche sul piano equitativo, diverse sono le possibili giustificazioni a favore della fornitura pubblica dei servizi. Innanzitutto, se alcuni funzionamenti contano per coloro che possono permettersi di finanziarli, non si vede perché non contino anche per chi, nei mondi reali, è privo di risorse. Se è così, affrontare la questione distributiva con trasferimenti monetari sarebbe quantomeno incongruente. Anziché garantire che ciò che conta per chi è abbiente possa essere goduto anche da chi sta peggio, ci si limiterebbe a un po’ di beneficenza, nell’indifferenza di ciò che il reddito può acquistare. Aggiungo come i rischi di carenze informative tendano a essere più accentuati per chi è svantaggiato. Gli svantaggiati, inoltre, sono più soggetti a preferenze adattive, caratterizzate da quella che Sen (1985) definisce la “negligenza delle condizioni fisiche”: in sintesi, chi ha poco tende ad accontentarsi di poco. Vi sono, altresì, alcuni interventi di contrasto agli svantaggi che solo i servizi possono realizzare. Penso, in primis, ai servizi educativi. Al riguardo, mi sembra utile riportare i risultati di uno studio svolto negli Stati uniti e teso a confrontare le prestazioni standardizzate in matematica fra bambini provenienti da contesti socioeconomici diversi. Se i test sono proposti a settembre, il divario a favore dei ricchi è crescente nel tempo, se si svolgono a termine della scuola, il divario è ampiamente ridimensionato. La scuola serve, mentre le vacanze, periodo in cui torna a essere preponderante il peso del contesto di provenienza, sono dannose (Gladwell, 2008). Dovrebbero essere ovvie anche le implicazioni per quanto concerne il tempo pieno. Desiderabili, sotto il profilo equitativo, sono anche i benefici, per gli studenti meno avvantaggiati. Inoltre – altro problema informativo – come differenziare i trasferimenti monetari sulla base delle diverse condizioni di bisogno? Appare impossibile, con il doppio rischio di dare poco ad alcuni e troppo ad altri, e di incentivare l’autoselezionarsi come bisognosi (falsi positivi) di soggetti che bisognosi non sono. I servizi, pur non essendo ovviamente immuni dai rischi di falsi positivi, sono patentemente meno fungibili del reddito. Elena Granaglia, in Animazione sociale, n. 12/2011

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prevede la compartecipazione al costo del servizio - pur non avendone ancora definito la percentuale -, difficilmente possono essere considerate a bassa intensità assistenziale, data la tipologia di utenza ospitata e gli standard di personale presenti. La bassa intensità assistenziale connota invece le comunità alloggio per soggetti con disturbi mentali (legge 20/2002). Molto spesso prendendo a riferimento vecchie normative regionali nelle comunità protette o assimilando impropriamente la normativa sulla disabilità, viene prevista una compartecipazione sanità/sociale con rapporto 70/30; ripartizione non presente nella normativa Lea.

sappochismi applicativi. E soprattutto dall’idea di darne applicazione in quelle parti dove si può ritenere che la sanità possa recuperare qualche denaro da caricare su utenti e Comuni. Ovviamente quella analizzata è solo una parte delle problematiche dei servizi sanitari e sociosanitari che attendono ad una programmazione regionale attenta al sistema complessivo dell’offerta sociosanitaria del quale però la corretta applicazione della normativa sui livelli essenziali di assistenza ne è parte assai importante.

PER APPROFONDIRE Sui temi trattati si può trovare ampia documentazione nel sito del Gruppo Solidarietà. In particolare nella rubrica http://www.grusol.it/ vocesociale.asp. Si vedano anche le pubblicazioni del Gruppo; I dimenticati (2010) e La programmazione perduta (2011), che si occupano esclusivamente di questi aspetti: http:// www.grusol.it/pubblica.asp. Sul sito al link http:/ /www.grusol.it/informazioni.asp è inoltre reperibile tutta la normativa citata e i documenti della Commissione Nazionale sui LEA.

Cure domiciliari. Nella nostra Regione non è applicata la normativa (assunzione del 50% del costo da parte della sanità) riguardante l’assistenza tutelare. Le prestazioni non vengono erogate o sono a carico dei Comuni o degli utenti. La rapida disamina della complessa normativa nazionale e della situazione regionale, dovrebbe mettere in guardia da pres-

Tabella 1. Marche. Servizi sociosanitari diurni e residenziali Tariffa Ripartizione costi Standard sanità/sociale Anziani Rsa no Definita solo quota sociale no Rp CD l. 20-02 CD l. 20-00

si no no

si no no

si si no

Fabbisogno

Si (con Cd l. 20/00) si no Si (con Rsa)

Disabili Rsa Rsr est Rp Coser CD (l. 20-02) CD (l. 20-00)

si Completo carico sanità si Completo carico sanità no no no si no no si Completo carico sanità

si

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si si si no

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Psichiatria Srt Srr Cp CD

no Completo carico sanità no Completo carico sanità no no no Completo carico sanità

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“SE PER CRESCERE UN BAMBINO, OCCORRE UN VILLAGGIO INTERO...” STORIA DI METAMORFOSI E RIFLESSIONI INTORNO AD UNO SPECIALISTA IN CERCA DI SENSO MAURO MARIO COPPA, DIRETTORE SERVIZI RIABILITATIVI, FASCIA SCOLARE E GIOVANI, LEGA DEL FILO D’ORO, OSIMO (AN) INTRODUZIONE

e spero che continuerà a funzionare per tutte le persone che hanno problemi e condizioni di vita gravemente compromesse.

Perché scrivere poche note sulla mia esperienza ultratrentennale con bambini, ragazzi, adulti, famiglie, educatori e professionisti che aiutano il difficile percorso di crescita di bambino con disabilità gravi e bisogni educativi speciali. In secondo luogo, perché farlo da un’angolatura molto particolare, e cioè quella di un professionista (specialista da giovane esclusivo, quasi elitario, e da vecchio smaccatamente inclusivo) che lavora in una struttura riabilitativa ad alta specializzazione e con esperienze variegate di consulente in giro per centri diurni, scuole, servizi territoriali e quant’altro? La mia esperienza alla Lega del Filo d’Oro di Osimo (AN) è il racconto di come si fatica e cosa ci si inventa per creare qualche spazio di relazione nella testa, nello spazio e nel cuore di chi ci chiede da tanto tempo un aiuto. Mi sembra una storia che vale la pena di essere raccontata, non una vera e propria metodologia, perché io e i miei compagni di ventura e avventura non abbiamo inventato modelli teorico-metodologici perfetti e corretti, né ricerche con il rigido controllo e la misurazione delle variabili, ma proposte, materiali, metodi di lavoro e di relazione, giochi inventati o modificati, esperienze di altri rubacchiate, materiali poveri riciclati, cioè prassi e pratiche concrete di riabilitazione, che abbiamo raccolto in quasi cinquant’anni di esperienza e storia. Questa singolarissima esperienza mi ha fatto percepire l’urgenza di metterla a disposizione di tutti, attraverso il lavoro riabilitativo non solo all’interno dell’Ente, ma anche in esperienze di consulenza esterna, e quel qualcosa nato da una forte base operativa e concreta, come qualcosa di ideato, rivisto e corretto, ha funzionato, è stato di grande importanza, e penso MAGGIO-AGOSTO

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Un percorso ultratrentennale all’interno di una struttura di alta specializzazione e come consulente di servizi per minori ed adulti con disabilità. La riflessione si snoda sui temi della integrazione (vera o presunta) e dello specialismo e degli specialisti con i rischi che comporta vedere una parte senza tener conto del tutto. E nel tutto ci sono soprattutto i luoghi di vita delle persone

LO SPECIALISTA AL CAPEZZALE DEL SOSTEGNO È ragionevole supporre che il singolo docente, spessissimo senza una preparazione specifica nel campo dell’educazione e della riabilitazione di bambini con deficit plurimi gravi, si trovi impreparato e spaesato di fronte a un problema così complesso, che presuppone una presa in carico globale e sinergica tra le varie professionalità in ambito psicoeducativo, clinico e socio-familiare. Spesso al docente di sostegno che lavora nella scuola mancano gli strumenti di analisi e valutazione per raccogliere tutte le variabili e mettere ordine dentro alla complessità della condizione di pluridisabilità. Questo succede non tanto per mancanza di informazioni, quanto piuttosto perché esse restano isolate e poco integrate, e non vengono messe a disposizione per determinare in maniera chiara il percorso educativo del bambino, programmando gli step didattici successivi. Ne conseguono un senso di impotenza appreso, una percezione di scarsa autoefficacia personale (non sono in grado, ma cosa mi è mai capitato) e istituzionale (certi soggetti non sono scolarizzabili, l’équipe scolastica dov’è? e quando si presenta, non è in grado di fornirmi uno straccio di consiglio utile, anzi rimanda a me qualsiasi decisione…). Di solito, l’invocazione di formazione e consulenza deriva dalle percezioni elencate e nasconde spesso un meccanismo di delega a qualcun altro (équipe scolastica, al super-specialista, la formazione che manca, e quella utile la fanno sempre da qualche altra parte) del problema.

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Quindi osannare il professionista che viene dall’est, sempre più bravo, capace, ma sì, anche più bello degli scalzacane a disposizione, è anche un modo perverso per farla pagare al povero professionista nostrano, che sa interpretare benissimo il capro espiatorio di tutte le nefandezze organizzative e metodologiche del centro in cui lavora da tanto tempo. Lo specialista super, se dotato di un minimo di capacità organizzativa e di gestione dei gruppi, capisce che facendo ruotare le stelle intorno a lui, può creare un moto virtuoso che lo fa risplendere ancora di più di luce propria, non mettendosi all’ombra, ma riflettendo con la sua luce gli altri satelliti del sistema solare che ha ripreso a far girare. Nella fattispecie, nei riguardi delle assistenti, domiciliari e scolastiche, percepisce una cosa sensata importantissima, ma proprio perché sensata, spesso invisibile agli occhi di tanti: la memoria degli interventi educativi, il sostegno nell’attuazione del progetto di vita e la consulenza alla insegnante di sostegno di turno sono tutti fattori che ruotano proprio intorno a lei, l’assistente materiale, che si trova a portare avanti, in maniera impropria rispetto al suo ruolo e al vergognoso trattamento economico, aspetti significativi del programma educativo, perché conosce il bambino e le sue individualità, e vive per anni accanto alla famiglia, entrando nella vita familiare come una figura indispensabile e di sicuro affidamento.

IL MITO DELLO “SPECIALISTA CHE NON DEVE CHIEDERE MAI…” Si evidenza da più parti una certa diffidenza verso i Corsi di Formazione, in quanto si lamenta un taglio teorico, scarsamente operativo e fruibile da parte degli insegnanti di bambini con disabilità gravi. Le ragioni possono essere diverse, ma risultano spesso riconducibili alla difficoltà, da parte del formatore, di orientare i temi trattati secondo le specifiche esigenze dei docenti. Si pensa, infatti, erroneamente, che la formazione possa essere illuminante per le innumerevoli problematiche che presenta un bambino con disabilità gravi, e che la formazione possa coprire un percorso di crescita educativa ed esperienziale che molto spesso manca. Trovare un formatore esperto in strategie di insegnamento e metodologie operative, con un training operativo gestito per anni a contatto con l’utente, le famiglie, gli operatori territoriali, è spesso difficile, e la differenza e lo spessore tecnico-metodologico è notevole, rispetto ad un professionista con una formazione prettamente libresca. Il profilo (negativo) del professionista “giusto” per le condizioni di disabilità intellettiva grave è quello di un demiurgo che si aggira nei campi della riabilitazione, forte della supremazia dovuta a tanti anni di gavetta, che sa dispensare consigli e indicazioni spesso anche efficaci con buona capacità affabulatoria e scenica, facendole cadere dall’alto ad arte, senza concedersi mai completamente. Vive in una condizione autistica di isolamento dal contesto riabilitativo (forse ne ha assorbito tanto, forse troppo per tanto tempo), forte della stima che gli arriva, da una parte, dai genitori, che finalmente sentono qualcosa di sensato per il proprio figlio e, dall’altra, curiosamente da accaniti fan, in particolare dalle insegnanti che lavorano nella scuola pubblica, e/o educatori di un qualche Centro di Riabilitazione. Le ragioni? In primo luogo, nemo profeta in patria. Le capacità del professionista locale, anche se nella maggior parte dei casi molto valide, sono troppo inquinate dal sodalizio, non sempre sereno, con tutte le problematiche organizzative, economiche e personali, che si trovano nei territori della riabilitazione, e che i professionisti vivono per anni nella gestione di problematiche complesse e frustranti, insieme agli educatori. MAGGIO-AGOSTO

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I RISCHI DELLO SPECIALISTA ESCLUSIVO Sicuramente non si mettono in dubbio le competenze specifiche (altrimenti non sarebbe stato chiamato) dello specialista, che può svolgere preziose funzioni sensate (anche perché ben remunerato), come: - gestire le relazioni con la famiglia e con i diversi attori della rete educativa (i servizi riabilitativi territoriali, gli educatori domiciliari, i terapisti, ecc.); - avviare metodologie di analisi e verifica dei risultati, fornendo costantemente un feedback al docente sui progressi del programma educativo individuale; - proporre attività di interazione sociale finalizzate a incrementare la sensibilità degli altri alunni verso le problematiche del bambino con disabilità; - avviare training specifici e coinvolgere i docenti nella fase attuativa. - formare docenti, assistenti e genitori su al-

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diffusa. Cercherò di creare una narrazione sostenibile, ricorrendo ad esperienze personali con problematiche attualmente drammaticamente urgenti, verso le quali la figura dello specialista appare sicuramente necessaria: il contenuto riguarda la gestione dei disturbi comportamentali nelle persone con disabilità gravi.

cune strategie educative e metodologie di osservazione ed analisi che accrescano le loro competenze, evitando su alcuni aspetti la totale delega allo specialista I nodi intorno a questa santa e/o controversa figura professionale, però, sono tanti. La tentazione di buttare via il bambino con l’acqua sporca è forte e purtroppo ampiamente

Dalla “assistenza attraverso la custodia” alla “educazione attraverso l’integrazione” L’affermarsi negli ultimi trenta anni di una rappresentazione della disabilità ancorata all’immagine della “persona” e ai suoi bisogni di normalità è stata insieme causa ed effetto di un rinnovato stile professionale da parte degli operatori. La convinzione di dover offrire alle persone disabili il massimo di integrazione e di autonomia in tutti gli ambiti della vita, ha fatto si che il modo di aiutare sia transitato da uno stile prevalentemente assistenziale e di lunga durata ad un approccio temporalmente limitato e orientato al raggiungimento di obiettivi definiti. Passare dalla “assistenza attraverso la custodia” alla “educazione attraverso l’integrazione” ha significato per moltissimi operatori cambiare approccio professionale e disporsi in termini di mediazione tra i bisogni della persona e la complessità dei ruoli sociali. Si è preso atto del fatto che l’ingresso a pieno titolo delle persone disabili nei ruoli sociali valorizzati necessita della presenza di “mediatori”, intesi come operatori, servizi e strumenti, in grado di accompagnare la persona nel suo percorso di inclusione ma anche di sostenere gli accomodamenti che riguardano i singoli, i gruppi e gli ambienti che accolgono la persona disabile. Senza operatori, strumenti e servizi di mediazione l’integrazione sociale delle persone disabili rischia di rimanere una pura ipotesi. Senza mediatori le logiche competitive hanno il sopravvento e la selezione per l’accesso ai ruoli sociali, che già funziona prevalentemente in base al possesso di caratteristiche tipiche del “più forte”, rischia di diventare un ostacolo insormontabile. La nascita e lo sviluppo di servizi, operatori e strumenti di mediazione è stata causa e conseguenza dei processi di integrazione ma, al tempo stesso, oggi è la condizione indispensabile affinché ogni singolo percorso integrativo abbia un futuro. Oggi però si ha la sensazione che proprio su questo aspetto si corrano i maggiori rischi. L’impegno istituzionale nei confronti dei servizi alla persona ha ormai raggiunto il minimo storico in quanto ogni servizio offerto alla collettività viene considerato preliminarmente per il suo costo economico. La conseguenza di questo atteggiamento determina sempre più spesso la necessità di ricorrere all’affidamento a “terzi” dei servizi nella logica dell’appalto e, spesso, dell’appalto al ribasso. Il termine “ribasso” rende bene l’idea del rischio che corrono la qualità degli interventi senza considerare il danno che la perdita di governance da parte del pubblico arreca al valore e alle pratiche di inclusione sociale. Per comprendere meglio come si è giunti a questa fase, che definisco dell’integrazione “in difesa”, può essere utile una breve panoramica riassuntiva su come si è evoluto il rapporto tra idea di integrazione e operatività dei tecnici e dei servizi. L’evoluzione di questo rapporto può aiutarci infatti a vedere meglio come la stessa immagine di “persona”, che in questo testo ho sostenuto essere la figura prevalente con cui oggi viene rappresentata la disabilità, può assumere sfumature diverse ed anche essere messa in discussione. Ricostruire l’evoluzione di questo rapporto può aiutarci a mantenere una memoria storica, condizione essenziale per comprendere meglio ciò che sta accadendo oggi, al fine di evitare che si vivano le persone disabili come una realtà immodificabile, senza un passato, che è poi “il presupposto per non avere neanche l’idea di un loro futuro”. Carlo Lepri, In, Viaggiatori inattesi. Appunti sull’integrazione sociale delle persone disabili, Angeli, 2011

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gestione dei comportamenti-problema, ad esempio l’uso del contratto educativo e della token economy. A parte i tentativi di squalifica preventiva di qualsiasi proposta educativa che richieda all’insegnante una revisione ed aggiornamento della rassicurante e consolante metodologia didattica lungamente praticata (bollata come roba vecchia, già usata, ma che non funziona), lo specialista deve ricorrere e dar fondo alle proprie capacità relazionali ed assertive per spiegare cosa semplicemente propone, convincere l’insegnante scettica che il contratto educativo può essere praticato con efficacia con tutti gli alunni, in quanto focalizza l’attenzione sui comportamenti positivi di tuti gli alunni, che poi possono venire premiati non con ricchi premi e cotillons, ma con riconoscimenti sociali da parte della stessa insegnante (perché riprendere gli alunni solo quando non hanno comportamenti adeguati e dare per scontato, come un obbligo ed una ragione morale scontata, quando mostrano rispetto delle regole in classe e relazioni adeguate?), piccole opportunità compatibili con la organizzazione scolastica (giocare con le figurine durante la ricreazione, terminare un quarto d’ora prima la lezione per vedere un dvd di cartoni promesso in cambio di atteggiamenti positivi di tutti gli alunni).

Le problematiche relazionali e comportamentali determinano spesso un cortocircuito fatale nel processo di crescita della persona, in quanto il comportamento aggressivo di un bambino rischia di assolutizzare le priorità educative di quella persona, offuscando le sue possibilità di sviluppo nelle varie aree evolutive. Inoltre, crea un profondo stato di frustrazione, rabbia, impotenza, che mette in moto pericolosi meccanismi di rifiuto della relazione con il bambino, di istigazione inconsapevole a maggiore aggressività quando percepisce un clima di ostilità e rigidità nei suoi confronti; i docenti provano tutte le strade praticabili, ma spesso non padroneggiando le strategie educative necessarie ad una gestione efficace del problema, e ricorrono ad aiuti esterni in termini di forze fisiche in campo (maggiore numero delle ore di sostegno o l’aiuto di una qualsiasi assistente), maledicendo i genitori per la loro incoerenza, per la colpevole reticenza, e per la mancata buona educazione che non hanno saputo dare al loro figlio. L’arduo compito dello specialista, a cui si ricorre quando la situazione non è più tollerabile, con vari infortuni, invocazione di forze speciali per non soccombere, lettere minatorie dei genitori degli altri alunni, che leggende metropolitane dipingono come casti e puri, e inerti agnelli sacrificali, è quello di sfoderare in men che non si dica, la pozione magica, o far uscire il coniglio dal cappello, pretendendo però da lui che risistemi i meccanismi sbagliati del paziente designato, senza però alterare minimamente gli obiettivi didattici della classe, senza un coinvolgimento di alcuni alunni che potrebbero fungere da tutore per i comportamenti adeguati del bambino, senza avviare in classe programmi di educazione alla prosocialità, di educazione socio-affettiva, di alfabetizzazione emotiva, di educazione razionale-emotiva, insomma senza rivedere il proprio ruolo di insegnante di classe, creando opportunità di contenimento e riduzione delle reazioni comportamentali sbagliate da una parte, e dall’altra investendo un po’ di tempo sull’insegnamento di modalità adeguate di crescita, non solo dell’alunno problematico, ma di tutti gli alunni in termini di reciprocità ed interazione sociale positiva. Un esempio in tal senso di una delle innumerevoli difficoltà che lo specialista si trova davanti è quello di come possono essere presentate ed applicate strategie efficaci di MAGGIO-AGOSTO

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Di solito occorre che lo specialista patteggi un periodo di prova, anche se l’insegnante rimane scettica, ribadendo che non ha tempo per spiegare le regole della classe, che dovrebbero già essere conosciute dai bambini, che non è giusto fermare la programmazione dei più bravi per 3-4 alunni maleducati, che diventa proprio tutto inutile richiedere un cambiamento a scuola, se a casa i genitori se ne infischiano bellamente del comportamento del loro figlio, anzi spesso remano pure contro… Lo specialista deve , in questi casi, cambiare rapidamente pelle e profilo, diventando rapidissimamente e necessariamente inclusivo, e cioè creando un progetto multisistemico che coinvolga in una rete educativa il lavoro che viene fatto a scuola e la necessaria continuazione del rispetto delle regole anche a casa, con metodiche didattiche di forte affidabilità come la token economy, utilizzata dai genitori per rafforzare i comportamenti positivi del bambino a scuola ed in ambito domiciliare. Buone pratiche di questo programma sono state utiliz-

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Mi è capitato di esultare insieme a colleghi e educatori quando, dopo un lungo periodo di insegnamento, non senza frustrazioni, arrabbiature, liti e voglia (forte) di darsi all’ippica, ci siamo gustati un bambino finalmente libero dalle problematiche comportamentali che lo bloccano e lo relegano in un ruolo da cui difendersi, in grado di far valere le sue potenzialità e le sue risorse positive, di relazionarsi adeguatamente con gli altri, crescere dal punto di vista cognitivo, migliorare le relazioni a casa con i genitori e gli altri fratelli e sorelle… Raggiungere (non tanto spesso, ma qualche volta) questo risultato rappresenta, a mio parere, un bell’esempio di come lo specialismo da esclusivo diventi invece inclusivo, e come questo obiettivo costituisca una delle cose che ripagano stress, frustrazioni e periodi nerissimi di burnout (dal quale usciamo ed entriamo ciclicamente).

zate con successo e divulgate in precedenti lavori curati da me e dal mio team di lavoro, e riprese attualmente dal programma “Nonsolotata” (Coppa, in stampa) Lo sforzo dello specialista, finalmente ed opportunamente “inclusivo”, è quello di partire da una condivisione generale del programma di intervento sul quel determinato tipo di problema del bambino con bisogni educativi speciali, con gli educatori e le figure di riferimento che fino a quel momento lo hanno accompagnato, lungo il suo percorso di crescita. Presentarsi in punta di piedi, valorizzando quanto è stato fatto, rimanda un messaggio di rispetto delle professionalità presenti e disponibilità, all’interno del quale matura in maniera più consapevole, da parte di tutti gli educatori, l’idea di aprire a qualcosa che possa accrescere, e non sostituire o criticare, quanto di buono si sia realizzato. Lo specialista non viene quindi visto dai colleghi del territorio come una minaccia, o peggio dalle insegnanti come un “consulente di parte” della famiglia, che deve rispondere e giustificare le reazioni, non sempre adeguate, della famiglia alla pressione ed alle lamentele delle docenti, ma come un aiuto ulteriore a superare e migliorare ancora di più il progetto di vita intorno alla persona ed il clima della classe. Un’ulteriore dote dello specialista è quella dell’umiltà, e dello sforzo sano, inguaribile, instancabile di capire e cercare di capire attraverso l’osservazione ed il confronto tra colleghi. Contestualizzare la consulenza, definire gli obiettivi e le modalità operative sono passaggi che forse fanno perdere tempo (e denaro) allo specialista, ma che diventano condizioni e lasciapassare importantissimi per stabilire alleanze per la persona, e non coalizioni contro qualcuno.

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Poi… poi c’è la “passione competente”, quella contaminazione allergica sana che lo specialista, curioso e motivato dal trovare soluzioni utili e applicabili funzionalmente, trasmette spontaneamente, e che ti fa pensare che se lui, dopo tanti anni e tanta esperienza è ancora così motivato ed entusiasta, allora veramente c’è da credergli, e magari aiuta anche me a tirarmi su dal grigiore e dalla frustrazione di vedere e cogliere in un lavoro così disperato e disperante un senso e una mia credibilità come educatore. MAGGIO-AGOSTO

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QUALUNQUISMO RIABILITATIVO

Quale proposta, forte, concreta? Penso a una figura di specialista, con comprovata esperienza pluriennale nel settore specifico, e quindi intendo formazione e funzione di intake (contatto diretto) nella riabilitazione quotidiana. Una sorta di coach ad alta specializzazione che, nella scuola e nei luoghi dell’educazione e cura, funga da referente didattico per più bambini con disabilità, docenti, assistenti scolastiche, famiglie, pagato con fondi pubblici della scuola, e contributi delle famiglie (come facciamo solitamente noi genitori per il progetto di musica o di psicomotricità), con contratti annuali rinnovabili, in base a valutazioni e verifiche oggettive connesse ai progressi degli alunni, e tramite questionari di soddisfazione curati da famiglie e insegnanti. Basta a definire un modello e un ruolo di “specialista inclusivo”? Non mi sento di rispondere con delle certezze, ma con le poche e sgangherate riflessioni ad alta voce, avendo la fortuna da tantissimi anni di collezionare esperienze e rivestire questo ruolo in svariati contesti diversi. Ho cercato di esprimere poche ma certe convinzioni e una proposta concreta, che vuole avere il coraggio e la presunzione di essere tale, e la speranza che la fine… sia l’inizio.

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FRAMMENTI DI LAVORO CON PERSONE CON DISABILITÀ MARIO PAOLINI, PEDAGOGISTA, MUSICOTERAPEUTA, FORMATORE1 Una frazione di un comune in provincia di Treviso, un laboratorio musicale con persone con disabilità intellettive di età tra i venti ed i trentacinque anni. Tra di loro ci sono persone con Sindrome di Down, Autismo, Ritardo Mentale associato a Disturbi del Comportamento. I laboratori si svolgono da diversi anni in cicli di dieci-dodici incontri settimanali, di solito in primavera e in autunno. I partecipanti sono divisi in due gruppi di otto-dieci persone; al primo appartengono prevalentemente persone che frequentano un centro diurno per persone disabili lì vicino, si conoscono bene tra loro e le dinamiche relazionali sono ben definite. Al secondo gruppo appartengono persone che non hanno in comune la giornata “lavorativa” ma di solito si conoscono perché provengono dallo stesso territorio, hanno circa la stessa età e frequentano insieme altre attività sportive e ludiche. Accanto a questi “nuclei stabili” di partecipanti c’è sempre stata la partecipazione più o meno continuativa di altre persone. Mediamente “giovani”, attorno alla trentina di anni di età, raggiungono l’appuntamento accompagnati dai familiari, coinvolti nel progetto e informati di ogni cosa.

“In tempo di crisi, avevo voglia di continuare a parlare di lavoro e di raccontare storie vere, facce vere”. L’esperienza raccontata rappresenta un forte stimolo per educatori ed operatori a tenere la testa alta e a cercare il confronto sulle cose di ogni giorno

Mirko Artuso e avevano già messo in scena dei bellissimi lavori tra cui “La tempesta” di Shakespeare. Ricordo che quando ero andato a teatro a vedere il lavoro ero entrato con lo stato d’animo di essere indulgente ed ero uscito turbato ed emozionato, qualcosa era successo che mi aveva lasciato in tasca un pensiero del tutto diverso. Scomodo, perché mi obbligava a fare i conti con me stesso a rivedere il mio pensiero circa le persone con disabilità. Proposi un percorso un po’ diverso, in parte deludendo le aspettative di qualche partecipante che voleva “imparare la musica”, un intervento basato sull’improvvisazione, sul cambiamento dei ruoli, sull’alternanza di situazioni compositive libere e di proposte sono-logiche che stimolavano mediante input musicali la comparsa di risposte motorie, linguistiche, comunicazionali, relazionali, operative. Il setting di lavoro. Nel locale, abbastanza ampio e privo di arredi fissi, vengono disposti a semicerchio degli strumenti musicali. Sono stati scelti solo strumenti che richiedono una modalità percussiva, escludendo tutti quelli che, pur avendo una bella qualità timbrica, richiedono maggiore abilità manuali; ci sono quindi due tastiere, dei tamburi, glockenspiele e xilofoni. Battenti di varia forma e misura. Quelli che possono suonano in piedi (tranne le tastiere), perché così si favorisce l’attenzione. La disposizione a ferro di cavallo facilita il fatto che tutti si vedono e si ascoltano. Al centro si colloca il direttore che governa la performance improvvisativa.

BREVE STORIA All’inizio mi era stata richiesta una attività animativa rivolta ad un piccolo gruppo di giovani con disabilità intellettive e relazionali per dar loro la possibilità di conoscere ed esprimersi attraverso l’uso del mezzo musicale. Alcuni di loro all’epoca facevano parte di un laboratorio teatrale condotto dal regista

1 Mi era stato chiesto dalla redazione di “Appunti sulle politiche sociali” un contributo per la rivista. Ci ho pensato a lungo e alla fine ho proposto questo scritto che appartiene a un libro che forse un giorno vedrà la luce. L’ho scelto perché, in epoca di crisi, avevo voglia di continuare a parlare di lavoro e di raccontare storie vere, facce vere. MAGGIO-AGOSTO

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sce la timidezza e l’insicurezza di ciò che accadrà e via via diventa mezzo per comunicare intenzionalità, sguardi che da evitati o appena accennati diventano intensi, avvicinamenti e allontanamenti si sostituiscono alla staticità del restare dove si è. Il Direttore sperimenta gli effetti del proprio gesto, del proprio fare, e affina le strategie per ottenere nuove soluzioni. Gesti e approccio presi a prestito dall’informalità musicale di Boris Porena, presentata nel volume, oggi introvabile,“Musica Prima”. Lo strumentista ha davanti a sé il proprio strumento ed è libero di fare quello che vuole, compreso il fatto di non suonare affatto, sta al direttore ottenere dallo strumentista una performance che rispecchi il suo progetto. Si stimolano le persone a provare tutti gli strumenti. Suonare in lingua spagnola è “tocar”; toccare lo strumento azione musicale così importante da diventare una forma (la “toccata” appunto), farlo proprio esplorandolo. Una attività che favorisce l’avvio del processo di ascolto; allora diventa evidente come cambia la performance se lo strumento “piace o meno”, se le strategie per ottenere dei risultati efficaci sono state aiutate a crescere. La stessa persona posta davanti ad un tamburo, piuttosto che alla tastiera o ad un metallofono, costruisce strutture musicali diverse; posta alla tastiera, produce variazioni a seconda del timbro. F., giovane uomo con disabilità intellettive e comportamenti molto esuberanti, a volte difficili da controllare, quando suona la tastiera, timbro pianoforte, ha

Tutte le persone si alternano nei diversi strumenti ed uno alla volta nel ruolo di Direttore, tutti i presenti (operatori volontari ed eventuali guest) sono coinvolti nei ruoli. Non si parla, non si spiega e non si insegna, non c’è chi ha ragione e chi ha torto, non c’è giusto o sbagliato. Proviamo a metterci nei panni di chi è coinvolto, cosa cambia quando sei “strumentista” o se sei “direttore”? Quali processi si mettono in moto e quali linguaggi prevalgono nelle comunicazioni? Le dinamiche relazionali del “branco” vengono rimesse in discussione dalla situazione: ognuno a turno si sperimenta in tutti i ruoli ed è accompagnato dal musico terapeuta nel conseguimento di successi, di gratificazioni, con attento riferimento agli insegnamenti di Albert Bandura in riferimento al bisogno di ognuno di percepirsi efficace. Cosa succede. Il direttore ha a disposizione un linguaggio gestuale per “dirigere” la sua orchestra; braccia contro il petto e pugni chiusi per indicare il silenzio, braccia protese in avanti e mano aperta per indicare “suona”. A seconda dell’ampiezza dell’apertura delle braccia il gesto “suona” può riguardare uno, due tre,…tutti insieme, e lo stesso vale per il far silenzio. Forte e piano si ottengono dirigendo verso l’alto o verso il basso le braccia. Oltre a questi gesti ognuno personalizza il proprio vocabolario comunicativo e ne sperimenta la comprensione. Il corpo che si protende verso l’alto o si appiattisce a pavimento, l’espressione facciale che all’inizio tradi-

Vivere e .. morire in Istituto Come per la sopravvivenza biologica il bambino necessita di moltissime sostanze nutritive, così per la sua sopravvivenza psicologica ha bisogno di interagire con una varietà di individui facenti parte del suo contesto di vita, di essere soggetto a continui esami da parte dell’équipe pedagogica, di acquisire nuove abilità e di consolidare quelle che ha già appreso. L’insufficienza di “nutrimento” per la mente arresta lo sviluppo e, siccome non si può vivere senza svilupparsi e apprendere, non sorprende che la durata della vita delle persone confinate negli istituti sia mediamente più breve rispetto a quella delle persone che vivono in un contesto sociale più stimolante. Anche se fattori biologici sfavorevoli apportano il loro contributo, l’assenza di “cibo biologico”, di apprendimento, di scambi emotivi, di interazioni con altri individui rappresenta un grave ostacolo per il corretto sviluppo psichico della persona. Vera Rajovic, in L’integrazione scolastica e sociale n. 1/2012 (febbraio 2012)

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una dolcezza che lascia stupiti i suoi operatori; la sua motricità cambia radicalmente, muove le dita in modo speculare costruendo una melodia per gradi congiunti che ricerca e ripete a lungo. Da qui si parte per ridefinire in modo proattivo l’intervento educativo, dando ruoli e fiducia assieme ai piccoli sostegni necessari a far sperimentare dei successi e non dei fallimenti. Quando il direttore inizia la sua performance quel che accade è un vero combattimento di pensieri musicali. Nessuno sa quel che ha in testa l’altro e di solito ognuno parte, e spesso resta attaccato in modo immodificabile, ad un proprio pensiero musicale. Come un segno tracciato su un foglio bianco modifica per sempre quella superficie, così le prime intenzionalità musicali danno forma ad eventi che si connotano di tratti distintivi, che permettono di riconoscersi, di imitarsi, di partire da una idea e di evidenziare le strategie per modificarla. Sarebbe un errore ridurre il tutto a incomprensibili cacofonie: nessuno degli attori in scena conosce i codici formali della musica, nessuno ha abilità strumentali che permettano di governare la motricità oltre una certa soglia di difficoltà: ma i processi compositivi, che si osservano e si ascoltano, sono l’evidenziazione del processo circolare di pensiero-pensare-agire musicale, che sta al cuore dell’impianto teorico della Musicoterapia Compositiva. Il primo approccio allo strumento è quasi sempre una esplorazione motoria che può tradursi, a seconda anche dello strumento, in una struttura prevalentemente ritmica o melodica. Ma nell’interazione con gli altri e favorendo l’ascolto, la struttura si evolve. Le performance individuali e quelle collettive, espressione del pensiero musicale del direttore, diventano più lunghe, più articolate. A volte, per somma di eventi, diventano esecuzioni musicali di assoluta bellezza, capaci di emozionare l’ascoltatore: una musica per nulla disabile, diventa la musica creata da un gruppo di persone che stanno insieme facendo musica, si ritrovano per fare musica, per nulla preoccupati tra loro di un cromosoma di troppo o di altri malfunzionamenti. I cambiamenti osservati ed ascoltati, documentati in video e su supporto informatico, sono legati ad elementi propri dell’intervento musico terapeutico, favoriti dalla riorganizzazione di sé a partire dal riconosciMAGGIO-AGOSTO

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mento di un sé musicale, in un contesto di agio, di protagonismo, di rispetto, di collaborazione e differenziazione, di ascolto. Ruolo del conduttore. Sostanzialmente è un facilitatore, deve favorire i processi per aiutare le persone a cercare, trovare, ed esprimere il proprio pensiero musicale. La dimensione in cui questo avviene è la dimensione dell’ascolto, dell’intenzionalità affettiva di selezionare tra i tanti input uditivi una certa forma che diventa “idea” e che avvia un processo. Non è un dato, non basta mettere degli strumenti musicali perché ciò avvenga. L’agire del musico terapeuta è esso stesso una performance, fatto di piccoli gesti, di un agire proattivo, di una grande capacità di ascolto e, imprescindibilmente, di una profonda conoscenza delle caratteristiche delle persone cui offre l’intervento. In questo caso dunque, accanto alle conoscenze ed alle competenze proprie della disciplina, era necessario una profonda conoscenza dei bisogni, delle abilità delle singole persone con disabilità intellettiva coinvolte: una per una, diversamente dall’altra. Tutte le volte che il laboratorio va bene, vedremo poi cosa vuol dire questa affermazione, è perché questi equilibri sono stati garantiti e governati; tutte le volte che qualcosa non va o sarebbe potuto andare meglio, la responsabilità è solo del conduttore.

IL SENSO DELL’INTERVENTO Nelle pagine precedenti (riferito ad altri capitoli del testo da cui è tratto l’intervento, nda) si è detto con forza che un intervento musicoterapeutico deve poter esplicitare se i mutamenti osservabili sono attribuibili senza possibilità di confusioni a quella metodica. Diversamente ogni intervento rischia di scivolare nella genericità, nella non ripetibilità e dunque la distanza tra i principi scritti e la prassi rischiano di divenire insostenibili.Tra molti possibili individuazioni di senso ne racconto una che mi è successa di recente. Coinvolto in un percorso simile a quello descritto mi ero trovato in un centro diurno per persone con disabilità intellettive; al primo incontro ero rimasto perplesso soprattutto dall’atteggiamento infantilizzante degli educatori presenti. Inconsapevolmente erano loro a rinforzare atteggiamenti simili a quelli che probabilmente ognuno di noi ha avuto almeno una volta nella vita, quando

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panti e inserisce un “clima di lavoro” orientato, senza che nessuno espliciti o imponga una regola di convivenza sociale; ne tengo conto e pian piano inserisco questo “giro” in mezzo agli strumenti e le persone tra gli elementi del setting. Chiara è parte attiva di tutto quel che accade, se io scelgo di emarginarla e di accontentarmi che lei resti nella stanza, lei ci starà e io e gli altri ci dimenticheremo della sua presenza, ma se se scelgo di renderla partecipe, di continuare a provare a coinvolgerla attivamente, di chiedere a tutti i partecipanti di provare a farla suonare e/o di suonare per lei, allora Chiara diventa parte attiva del processo di mutamento in atto. È stato così possibile osservare anche su di lei gli elementi propri di un suo percorso. Tempo fa ho provato ad accelerare, a dedicarle più tempo. Potevo farlo perché il resto del gruppo ha acquisito una grande autonomia e anche se la mia presenza è necessaria il mio ruolo è molto più defilato, anzi delle volte devo proprio “sparire”. Osservo Chiara salire e scendere dalla macchina per poi sedersi sulla carrozzina, carica il peso, collabora anche se parzialmente; provo a farla alzare dalla carrozzina. È come se ci fosse un automatismo: finché è seduta nessuna proposta la raggiunge, ma se la metto in piedi? La faccio alzare dalla carrozzina, la tonicità è buona e consapevole, dopo qualche tentativo di scaricarmi addosso il suo peso riesco a capire come farla stare in piedi. Ricordo la faccia stupita di una persona che stava facendo il tirocinio ad un master in Linguaggi non verbali di una Università del Nordest , un’edizione di qualche anno fa in cui avevo insegnato, che mi guardava con gli occhi strabuzzati. Anche io ero incredulo, ma invece era solo una cosa che aspettava di essere fatta. Facciamo qualche passo per la stanza, poi mi fermo davanti ad un tamburo; prendo un battente e lo appoggio al palmo della sua mano sinistra. Per qualche attimo stringe, poi lo lascia cadere. Resta in piedi davanti al tamburo per un paio di minuti, poi la faccio sedere nuovamente. Più tardi ripeto la manovra insistendo per qualche minuto e così le volte successive. Chiara non sopporta che qualcuno le tocchi le mani, il fratello riferisce di un trauma infantile. Suo fratello! Lo guardi e ti chiedi chi è l’uomo che hai davanti, ti incute rispetto, non è lo stereotipo della persona Down eterno bambino a cui fare le coccole.

da bambini ci veniva richiesto di esibirci in qualcosa di fronte ai grandi che però erano di solito predisposti benevolmente a prescindere da quel che avremmo detto o fatto, anzi, più eravamo imperfetti e più aumentavano le coccole o le caramelle. Ma già al terzo incontro ho visto che le loro facce manifestavano lo stupore di vedere e di essere in situazioni che non avrebbero immaginato possibili, stavano ristrutturando, ridefinendo la loro rappresentazione mentale della disabilità, si trovavano immersi in una situazione in cui non era più prevalente la logica verticale (più vs meno) ma una logica multidimensionale, che si consolidava sostenendo e facilitando le persone a sperimentarsi in ruoli diversi, a provare gratificazione, a risolvere problemi copiando tra loro, imitandosi e sperimentando. La traduzione nella quotidianità, il senso di quell’intervento, non stava tanto nei talenti da sviluppare nelle persone coinvolte ma nei mutamenti di processo per gli educatori, nel far percepire e sperimentare loro la necessità di mantenere quei mutamenti e di renderli normali elementi del lavoro di ogni giorno, perché se cambia il modo con cui si lavora con le persone cambia anche la loro Qualità della Vita. Chiara, non ancora un’analisi di caso, ma una storia che vale la pena raccontare. Viene con il fratello nel primo gruppo, tutti e due con la sindrome Down ma lei è molto più grave, non sappiamo perché: è così. Non parla, non si lascia toccare, evita lo sguardo se può, sta in sedia a rotelle. Ogni tentativo di coinvolgerla sembrava destinato a fallire; dopo un po’ lo dico alla mamma che mi guarda e mi dice “mi basta che stia insieme con gli altri, sa, non pensavo che sarebbe rimasta perché se una cosa non le piace si agita grida e si morde fino a farsi male. Invece vedo che viene volentieri”. Strano, quel che a me pareva un fallimento era già un buon risultato dal punto di vista della madre. Ecco perché non può esserci un agire musico terapeutico che non tiene conto non conosce e non applica le regole fondamentali del lavoro in relazione di aiuto, a cominciare dalla meta cognizione e finendo alla meta valutazione. Suo fratello ha una dolcezza infinita nei confronti di lei. Quando arrivano le fa fare il giro della stanza sfiorando tutti gli strumenti, ma con lentezza, con pazienza che fa pensare chi guarda. Questa lentezza a volte contagia gli altri parteciMAGGIO-AGOSTO

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sione del progetto. Diventa quel modo di lavorare accanto alla persona che se da sempre è proprio della musicoterapia cognitiva a indirizzo compositivo è anche principio di ogni pedagogia rispettosa della persona e attenta all’ambiente. Essere accanto è un bel posto, né trainanti né trainati. Musicamente, si tradurrebbe nel “suoniamo insieme” e non nel “zitto tu che faccio io” oppure nel “ascolta e impara a fare come me”. Musicalmente, lo stile relazionale del musico terapeuta, condizione imprescindibile dell’intervento, è basato sull’ascolto, perché ascoltare l’altro significa dirgli “mi interessa quello che stai dicendo, mi interessi tu”. Un giorno, finalmente, Chiara suona per la prima volta la tastiera, restando seduta nella sua carrozzina; io sono davanti, suo fratello è di fianco a lei. Dire “Chiara suona” significa che Chiara si lascia prendere la mano e resta morbida nell’essere guidata a produrre sequenze di suoni, senza ritrarsi come fa di solito. Sorride, si va avanti per quasi cinque minuti. Tutti gli altri si sono fermati, nessuno suona anche se nessuno ha chiesto o imposto di fare silenzio. Più di qualcuno poi si avvicinerà a Chiara per complimentarsi con lei, e poco importa se Chiara non risponde, non guarda, non da evidenti segni di gradire o meno i loro complimenti. Chiedo a suo fratello di suonare un pezzo da solo al piano, con solo questa indicazione: “fammi un pezzo dedicato a tua sorella”. Quel che venne fuori ci commosse tutti, ci lasciò senza fiato per la pace interiore, per la serenità che comunicava, per la concatenazione delle idee, per il loro sviluppo, la punteggiatura, il finale. Dopo la sua esecuzione per diversi secondi nessuno disse nulla, nessuno si mosse, ed era la cosa più giusta da fare, per tutti i presenti.

Intuisci la complessità e lo spessore della persona, mette quasi a disagio la sensazione che la sua autostima è solida e giustificata. Proviamo con Chiara anche gli altri strumenti, la tastiera in particolare; diventa un elemento che caratterizza l’intero ciclo di incontri: riuscire a far suonare Chiara. E tutti ci provano. Chi ha visto come le persone diverse si approcciano tra loro, soprattutto se questo avviene in un contesto adeguato, sa che spesso c’è molto da imparare. Ricorderete la metafora del sarto musicale, qui sembra di essere in una sartoria, perché alle persone è permesso di sperimentarsi in un ruolo, perché qualcuno dice loro “fidati”, perché avendo un ruolo si è qualcuno, cresce muta e si evolve la percezione di sé. La rappresentazione identitaria esiste in funzione degli altri ed in rispecchiamento a quanto gli altri ci restituiscono in termini di riconoscimento e valorizzazione. È quel “io sono per come tu mi pensi” di cui parla Enrico Montobbio nelle sue opere. Il fatto che tutti ci provino avvia dei processi di imitazione e sperimentazione di nuove strategie, ognuno col proprio stile, con maggiore o minore efficacia o goffaggine a volte. Sempre però con intenzionalità “positiva” e mai, nemmeno nelle persone in cui era nota la presenza di disturbi del comportamento, con atteggiamenti aggressivi. Ma quanto è importante però dare sempre un rinforzo positivo alla fatica di averci provato, ai piccoli ma significativi risultati ottenuti, un suggerimento o una indicazione operativa agli insuccessi (prova a fare così…); è riconoscere il ruolo che gli era stato assegnato, riconoscerlo come “vero” e non come una finzione. Allo stesso tempo è mettere in pratica il principio dell’agire sui permessi, chiedendo ed offrendo collaborazione e differenziazione, scambio di ruolo, condivi-

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LA DISABILITÀ INTELLETTIVA E L’ANTINOMIA AUTONOMIA - DIPENDENZA VITTORE MARIANI DOCENTE DI PEDAGOGIA SPECIALE, UNIVERSITÀ CATTOLICA DI MILANO

tonomia, partecipazione e autodeterminazione sembrano diventare parole vuote, fuori dalla realtà, ed estremamente illusorie e frustranti per tutti. La dipendenza sembra essere l’evidenza, la realtà con la quale fare i conti, ed emergono l’apparente antinomia autonomia-dipendenza, lo scarto tra desiderio e realtà, l’impotenza data dall’impossibilità di certi risultati e di sperate progressioni, l’utopia delle disorientanti promesse. Occorre anzitutto chiarire una volta per tutte che l’autonomia e l’autodeterminazione non sono fini, ma auspicabili mezzi, quando possibile e nella misura delle possibilità della persona, per la cosiddetta realizzazione personale, nell’ambito di una sua dinamica promozione integrale, per una sostanziale serenità esistenziale, pur tra le intemperie e le sofferenze caratterizzanti il percorso di vita della persona umana. Per qualcuno sembra scontato, ma poi ci ritroviamo con i genitori e con gli educatori, cioè con le persone più vicine, più sensibili, più progettuali, che si trovano in difficoltà nel momento in cui poche sono le autonomie e l’accompagnamento diventa permanente, per tutta la vita. Necessità quindi ribadire questa distinzione basilare tra fini e mezzi, da tradurre concretamente attraverso la relazione educativa di aiuto.

CRITICITÀ DEI PARADIGMI DELLA DISABILITÀ Nel mondo della disabilità sempre più si fa riferimento a quelli che chiamo i paradigmi o, se vogliamo, le parole-chiave per impostare ragionamenti, proposte, relazioni e progetti: - attività; - abilità; - autonomia/e; - partecipazione; - autodeterminazione. C’è stata un’enfasi di tutto ciò tra i cosiddetti specialisti del settore e anche tra gli operatori e i familiari che dalle teorie cercano di trarre le indicazioni per l’aiuto da dare alle persone con disabilità. Questa impostazione innovativa è stata rafforzata dall’ICF e dalla dichiarazione dei diritti delle persone con disabilità dell’ONU, documenti internazionali che hanno segnato questo primo scorcio del terzo millennio girando pagina rispetto ad un passato prima troppo ancorato alla mera assistenza e poi invaso da una sanitarizzazione condita eccessivamente da diagnosi e da cure. Protagonista diventa finalmente la persona e decisivo per la qualità della vita è il contesto nella quale si trova collocata. Sembra un panorama idilliaco, in realtà ci troviamo di fronte ad una criticità, specialmente colta sul campo, nella vita quotidiana e nella progettazione, da coloro che vivono l’accompagnamento delle persone con disabilità nella quotidianità e con progettualità, i genitori, primi e fondamentali educatori, e gli educatori professionisti e volontari: con le persone con disabilità intellettiva grave e gravissima, cioè in una condizione di fatto di permanente ed evidente eteronomia, parziale e in alcuni casi addirittura totale, in diversi casi anche con plurimenomazione, cioè con deficit non solo intellettivo ma anche motorio, neuromotorio e/o sensoriale, e con la necessità dunque di essere accompagnate perennemente nel cammino della vita, attività, auMAGGIO-AGOSTO

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Autonomia e autodeterminazione non sono fini, ma auspicabili mezzi, quando possibile e nella misura delle possibilità della persona, per la cosiddetta realizzazione personale. Per qualcuno sembra scontato, ma troppo spesso genitori ed educatori, cioè con le persone più vicine, più sensibili, più progettuali, si trovano in difficoltà nel momento in cui poche sono le autonomie e l’accompagnamento diventa permanente, per tutta la vita

LA NECESSARIA DIPENDENZA L’educatore accompagnatore, a partire dal genitore, diventa così consapevole che spesso ci sarà necessità di accompagnamento permanente della persona, per proteggerla, supportarla, orientarla, talvolta per continuamente essere a fianco anche per tutte le incombenze quotidiane, ventiquattro ore su ventiquattro, trecentosessantacinque giorni

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nelle autonomie, nel disbrigo delle faccende domestiche, che non possono che svolgere attività occupazionali in centri protetti e con ausilio di personale qualificato, che si trovano in difficoltà nelle scelte più semplici. Certo si possono impostare percorsi per migliorare, tappe di vita da raggiungere, non si mette limite ai cambiamenti e ai miglioramenti, ma si colgono deficit che non possono che fare comprendere il bisogno di un accompagnamento costante e salvaguardante da pericoli e fallimenti continui. Ci sono persone in stato di eteronomia totale, carrozzinate o addirittura permanentemente allettate, che hanno bisogno di tutto e che sembrano manifestare poco o nulla, talvolta con cui non si riesce neppure ad incrociare lo sguardo, che non danno segnali neppure col viso, eppure di cui si può cogliere la condizione, di tranquillità e di agitazione, di serenità o di disagio, attraverso un’attenta osservazione e il contatto corporeo. Sono esseri umani a tutti gli effetti, non sono meno o poco o sub umani, esigono accompagnamento completo, attento, con grande sensibilità e atti quotidiani ponderati in vista di un sostanziale benessere.

all’anno, e si scopre la necessaria dipendenza della persona con disabilità intellettiva. Può trattarsi di una dipendenza minima, come nel caso di persone che riescono ad acquisire buone autonomie nella quotidianità, sviluppare abilità, riuscire ad inserirsi nel mondo del lavoro, ma che trovano difficoltà a progettare la loro vita, a compiere scelte che esigono certe responsabilità come ad esempio formare una propria famiglia, che comunque non sono in grado di vivere da sole, che possono essere ingannate e strumentalizzate da furbi e disonesti, anche nella gestione del patrimonio. Una cosa è cavarsela nel quotidiano e definire una progettualità a breve termine, nella giornata, nella settimana, nel week-end, un’altra è scegliere e progettare una vita lavorativa e familiare, un’altra ancora è dare orizzonti di senso alla propria esistenza e rispondere alle domande fondamentali di significato esistenziale. Troviamo tante persone con disabilità intellettiva con una discreta progettualità a breve termine, poche con una capacità progettuale che va oltre. Ci sono disabili intellettivi che sono molto operativi, rendono nelle attività occupazionali e lavorative, coltivano hobby e una buona vita relazionale e sociale, ma sono fragilissimi a livello di conduzione della vita affettiva, di controllo di istinti, sentimenti ed emozioni, che non riescono ad avere una progettualità dallo sguardo lungo, che non possono assumersi le responsabilità connesse ad una gestione familiare, all’educazione di figli, alla conduzione di una casa. Non dobbiamo vedere questo come un limite, ma come la loro propria condizione, come il riconoscimento della diversità che caratterizza gli esseri umani. La loro realizzazione, la gioia di vivere, itinerari di sviluppo continuo di potenzialità non sono assolutamente preclusi, ma riportati nella peculiare situazione e condizioni. Questo è il vero riconoscimento della diversità, questo è permettere a ciascuno la propria collocazione nella polis: permettere di esprimersi secondo la propria personalità, unica e irripetibile, mettendo le condizioni perché si possa estrinsecare l’originale modalità di essere al mondo. Può trattarsi di una dipendenza molto più intensa e determinante per soggetti gravi e gravissimi. Ci sono coloro che fanno fatica a gestire anche il quotidiano, che devono essere guidati fin dalla sveglia al mattino, monitorati anche di notte, che devono essere aiutati MAGGIO-AGOSTO

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LA DIPENDENZA BUONA E LA DIPENDENZA DISTRUTTIVA

Scopriamo così la necessità e il valore della dipendenza per le persone con disabilità intellettiva. Occorre però distinguere tra dipendenza buona e dipendenza distruttiva perché la dipendenza non è sempre un’esperienza positiva. Partiamo dalla dipendenza distruttiva. Essa è caratterizzata, senza pretendere di essere esaustivi, dal seguente decalogo di atteggiamenti degli accompagnatori: 1 - strumentalizzazione e sfruttamento; 2 - pretesa di presunta perfezione o di aspettata guarigione; 3 - oppressione; 4 - maltrattamento; 5 - sottoconsiderazione; 6 - assistenzialismo; 7 - patologizzazione; 8 - ricatto affettivo; 9 - imbiosi; 10 - repulsione. Tutti questi aspetti, certamente da approfondire nei loro significati e nelle loro sfumatu-

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vicina geograficamente, storicamente e culturalmente, il Cristianesimo. Ci sono dunque antropologie che sono improntate alla dipendenza buona, che non la considerano un problema ma una condizione esistenziale formidabile in termini rasserenanti, generativi, rigenerativi, salvifici. Come sono state devastanti le civiltà e le culture che hanno imposto una dipendenza distruttiva, basti pensare ai totalitarismi devastanti del secolo scorso, così può diventare micidiale anche una nuova ideologia dell’autonomia e dell’autodeterminazione. E chi non raggiunge la definita autodeterminazione, la preconfezionata autonomia? I pericoli di emarginazione, di catalogazione nell’elenco delle vite non degne di essere vissute, di subdola rinnovata sub umanizzazione dei disabili intellettivi sono sempre incombenti. Studiosi del settore risponderanno immediatamente che non ci sono questi pericoli, che è tutto sotto controllo, ma degenerazioni da mezzi a fini assoluti sono all’ordine del giorno, molti sono confusi e debordano senza ritegno facendo credere a sprovveduti giovani educatori in formazione che è a questi fini che bisogna puntare nell’attività educativa scatenando agitazione e accanimenti seguiti da delusioni cocenti. Ecco perché è importante chiarire i termini e circoscrivere la loro portata.

re, la gran parte connessi, fanno comprendere di primo acchito che la dipendenza può avere delle conseguenze letali per la persona disabile, la può annichilire, la può rendere schiava, oggetto di uso, abuso e selvaggia sperimentazione, in un miserabile scenario di disumanizzazione. L’essere umano fragile e precario è in balia degli eventi, di aguzzini camuffati da operatori presunti qualificati, da genitori presunti amorevoli, di volontari presunti oblativi. No, non c’è niente di predefinito nelle etichette, conta come e per che cosa si vive davvero, cosa si fa per, come si vive con. Spesso la vittima non è cosciente di essere tale, subisce e si adegua più o meno passivamente, anche perché non ha forza, capacità, coscienza, strategie, volontà di reagire. Spesso il carnefice non è consapevole del proprio nefasto agire, neppure l’equipe degli accompagnatori, travolta da teorie e da modalità operative pretenziose in maniera sconsiderata o, d’altra parte, sbrigative, dozzinali, brutali. C’è però anche una dipendenza buona. Ecco il decalogo (da approfondire, non esaustivo; ben vengano le aggiunte) per gli accompagnatori educatori con le seguenti caratteristiche: 1 - essere un punto di riferimento autorevole, con esempio di vita di fedeltà, coerenza, bontà, magnanimità, serenità, calma, progettualità, gratitudine, fermezza e tenerezza; 2 - fornire protezione e sicurezza; 3 - impostare e vivere relazioni valorialmente e affettivamente significative; 4 - valorizzare; 5 - coltivare sensibilità, pazienza, sopportazione, perseveranza; 6 - far maturare gradualmente fiducia in se stessi e nelle proprie potenzialità personali, uniche e irripetibili, con speranza realistica; 7 - generare serenità, gioia, benessere globale; 8 - orientare con discrezione, verso la possibile libertà responsabile creativa; 9 - essere vicini con empatia, condivisione, tolleranza, compassione, perdono; 10 - far cogliere in qualche modo orizzonti di senso esistenziale.

IL PROGETTO EDUCATIVO PERSONALIZZATO A GARANZIA DEL PROGETTO DI VITA

Ecco l’importanza di un approccio non individuale ma comunitario alla disabilità: non ci si salva da soli, ma insieme. La persona fa parte di una comunità e la più in difficoltà è al centro della vita comunitaria, al centro del servizio collegiale, al centro della collettività, in spirito di servizio, nella logica del bene comune. Per persone con disabilità intellettiva, magari pluriminorate, magari anche con disturbi comportamentali dovuti alla propria condizione e storia, necessitanti di un accompagnamento permanente, parziale o totale, ci vuole il Progetto Educativo Personalizzato (PEP), a salvaguardia del progetto di vita personale. Ma è ineludibile questo accompagnamento ad esempio per una persona adulta con disabilità intellettiva già avanti negli anni? Sì, è indispensabile sempre, inderogabile un prioritario accompagnamento dalla tonalità educativa nel cammino della vita, cioè di

La dipendenza buona è propria delle grandi religioni di lunga tradizione sparse nel pianeta, nella loro migliore accezione, interpretazione, incarnazione, a partire da quella a noi più MAGGIO-AGOSTO

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all’accompagnamento educativo. Ma è così indispensabile? Sì, è necessario un aiuto pedagogicoeducativo speciale ai genitori appena si scopre la disabilità, non solo per sapere come educare il proprio figlio dalle esigenze speciali, non comuni, dall’accompagnamento più complesso, più difficile, ma anche per una riprogettazione della vita comunitaria familiare, oltre il possibile trauma e lo scoramento iniziale. Sì, dobbiamo puntare su comunità educative di accoglienza, non assistenziali, non terapeutiche, pur garantendo la basilare assistenza e le necessarie cure, in spirito di famiglia nella migliore accezione, luoghi della convivenza comunitaria, della sostanzialmente gioiosa condivisione, della bella e proficua cooperazione, del corroborante mutuo aiuto, della entusiasmante festa, del rivitalizzante perdono, dove si affrontano insieme progettualmente, costruttivamente e pedagogicamente anche i problemi, i conflitti, le difficoltà, le crisi, i fallimenti e le sofferenze che certamente pure caratterizzano le vicende umane di singoli e comunità. Solo le comunità educative di accoglienza possono sostituire la famiglia, quando questa non riesce, non vuole o non si trova più nelle condizioni di potere seguire e accompagnare il proprio congiunto disabile, perché così si dà davvero una nuova casa a queste persone, una nuova famiglia, una bella esperienza comunitaria, una sostanziale dinamica realizzazione individuale e collettiva. Ecco, con questi ragionamenti sullo sfondo, diventa solo apparente l’antinomia autonomie (meglio la e della a finale)-dipendenza e così più sereno il lavoro degli accompagnatori educatori, oltre i rischi di burn out.

accompagnatori che si possano definire educatori, qualificati pedagogicamente, intendendo l’educazione nella sua triplice sinergica accezione: 1 - progettare, realizzare, valutare e verificare contesti di accoglienza in cui la persona si possa sentire accolta; 2 - sviluppare dinamicamente il potenziale personale, per tutto l’arco della vita e integralmente, cioè tenendo in considerazione in armonia tutti gli aspetti della personalità, corporeo-motorio, intellettivo, affettivo-sessuale, espressivo-comunicativo, operativo, morale, spirituale; 3 - realizzare una vera integrazione, come messa al centro delle attenzioni della comunità della persona con disabilità, indipendentemente dalle sue capacità. Il PEP deve contenere, sulla base di un profilo personale redatto dall’equipe educativa degli operatori: 1 - gli biettivi o finalità o tappe di vita; 2 - le opportune modalità di accompagnamento unitario da parte dell’equipe per il perseguimento e raggiungimento delle tappe di vita; 3 - le eventuali proposte di vita e attività. È doveroso un aggiornamento e nuova redazione almeno annualmente in apposita riunione d’equipe. Il PEP è dinamico come sono dinamiche persone, relazioni, comunità, lungo tutto l’arco della vita della persona con disabilità, che è, come tutti, in continuo cambiamento. Il ridursi a scialbe riedizioni dei PEP solo formali, quando fa capolino negli educatori la tentazione di dire “Lo conosco…è sempre stato così…ma cosa vuoi che cambi…” e battute simili, è segno palese della rinuncia

Bibliografia essenziale (per opportuni approfondimenti)

G. Alberti, V. Mariani (a cura di), Progettualità di vita delle persone con diverse disabilità, Edizioni del Cerro, Tirrenia(Pi), 2012.

L. Bianchini, V. Mariani, A. Valentini, La persona disabile: dignità e promozione integrale, Nuove Frontiere, Roma, 2009.

M. Cairo, V. Mariani, R. Zoni Confalonieri, Disabilità ed età adulta. Qualità di vita e progettualità pedagogica, Vita e Pensiero, Milano, 2010.

• • •

L. d’Alonzo, Integrazione del disabile. Radici e prospettive educative, La Scuola Brescia, 2008. V. Mariani, Pedagogia della vita comunitaria, AVE, Roma, 2001. J. Vanier, La comunità. Luogo del perdono e della festa, Jaca Book, Milano, 1991. MAGGIO-AGOSTO

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PERSONE CON DISABILITÀ E INCLUSIONE. TRA POLITICHE E SERVIZI GLORIA GAGLIARDINI, SIBILLA GIACCAGLIA GRUPPO SOLIDARIETÀ

fronti della realtà delle persone con disabilità. Perché ripartire da significati così - apparentemente - generali? Perché in tempi difficili come quelli attuali, aumenta la consapevolezza che le politiche sociali per essere politiche inclusive devono necessariamente avere chiari i modelli di riferimento: - cosa differenzia una politica inclusiva da quelle dell’inserimento e dell’integrazione; - quali strumenti avere per rimanere desti di fronte alle logiche separanti; - come uscire da logiche esemplificative dei servizi. Ferrucci parla di una politica inclusiva come di politiche integrate che riescano davvero a creare un sistema di sostegni da un lato e dare spazio ai rapporti interpersonali dall’altro, che sappiano dunque entrare nella vita degli attori che ne usufruiscono. Quali sono dunque i pericoli da cui ripararsi? “Un’ipertrofia identitaria” con la creazione di categorie di persone e con politiche rivolte solo a loro, negando dunque le identità e creando una falsa normalità. Da un atteggiamento di vittime da un lato e di salvatori dall’altro che non aiuta alla crescita consapevolezza. L’avanzare degli specialismi2, pone ulteriori problemi: trattamenti speciali, associazioni legate non più solo alle patologie ma alle tecniche, uno specialismo che tende a mettere ai margini contesti e normalità. Ed è qui che si gioca l’inclusione.

Sforzo comune di questi incontri, che hanno visto la partecipazione e il coinvolgimento di molti soggetti del territorio, è stato quello di provare a immaginare nuove rotte per l’inclusione delle persone con disabilità, a partire dal ridare significato alle definizioni, provare ad analizzare lo stato dell’inclusione per osservare le ripercussioni sui servizi: tra questi il centro diurno e il diritto al lavoro delle persone con disabilità intellettiva. Ci sembra interessante notare come i tre seminari abbiano lanciato quasi un appello ai territori, un invito a rischiare, ad immaginare, a cambiare marcia per poter elaborare nuovi percorsi inclusivi, sulla scia forse di quello che la storia dell’integrazione ci insegna a partire dal movimento degli anni ’70 verso la deistituzionalizzazione. Un invito, a reagire a logiche riparatorie e a pensare soluzioni di emancipazione che abbiano a cuore le persone. Questo impone professionisti consapevoli e una comunità attenta.

LA COMPLESSITÀ DELLA RETE Osservare e stare dentro alla complessità significa oggi accettare la sfida di unire reti informali, no-profit, politiche, servizi, programmando insieme nella prospettiva del bene comune, non in una logica riparativa ma di empowerment. A chi si candida a gestire servizi viene dunque chiesto qualcosa in più, passare dall’ortodossia all’ortoprassi” (Canevaro), cioè un modo di fare che sia creativo, che sia trasgressivo alla rigida regola dei trattamenti specifici, che risponda all’umanità della persona con disabilità e al suo diritto all’inclusione reale. Ci troviamo di fronte a parole quali inserimento, integrazione, inclusione con il rischio di usarle come sinonimi una dell’altra, senza che ognuna di queste, detti un passaggio culturale nei conMAGGIO-AGOSTO

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Dopo la prima edizione del 2011 1 , abbiamo riproposto anche in questo anno, sulla scia degli interrogativi sollecitati, la seconda edizione del ciclo di seminari, Persone con disabilità. I diritti, i bisogni, le politiche, i servizi (vedi box). Di seguito una sintesi dei principali contenuti emersi

L’IDENTITÀ DEI PERCORSI E DEI SERVIZI Il rischio di una deresponsabilizzazione delle istituzioni nella programmazione delle politiche inclusive va di pari passo con quello dei servizi che limitano l’inclusione alla gestione privata tra fruitori e ai gestori degli stessi. I servizi dunque vanno interrogati nei ruoli e nelle funzioni; prendiamo ad esempio il cen-

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tro diurno che oggi è messo di fronte a nuove problematiche: come l’invecchiamento, l’aggravamento delle condizioni di salute e la condizione delle persone che diventano disabili in età adulta, soprattutto per esiti di traumi. Il centro deve lavorare per riconoscere l’identità della persona con disabilità: infatti, sulla base di come si imposta la relazione di cura ed educativa, l’operatore riconosce o disconosce l’identità della persona, senza dimenticare mai che quest’ultima ha le sue radici nella famiglia e che si costituisce anche di altre “tessere”, relative ai diversi contesti che il disabile stesso frequenta (Burlina). Il lavoro del centro diurno deve cioè essere messo a disposizione per costruire quotidianamente l’identità della persona disabile e garantirle al tempo stesso il diritto a diventare adulta, acquisendo la massima autonomia possibile. Cosa significa per una famiglia mandare un figlio adulto con disabilità al centro diurno? Si è ribadita in tal senso la necessità di affiancare la famiglia in questo percorso - prima dell’ingresso e dopo – nella consapevolezza che il centro diurno apre e chiude ogni giorno e che le sperimentazioni quotidiane di autonomia e identità che gli operatori programmano in tale struttura con il disabile devono essere poi riproposte e sperimentate anche al di fuori. Solo in questa prospettiva, infatti, il centro diurno non verrà più visto dalla famiglia come “fine dei sogni” o “unica possibilità di sollievo”, sensazione che purtroppo spesso i genitori si trovano a percepire, alla fine del percorso scolastico per i loro figli adulti, che non avranno possibilità di essere inseriti nel circuito del mondo del lavoro. Nel lavoro quotidiano di cura ed educazione, questo si traduce nella personalizzazione dell’intervento (piano educativo): vale a dire che solo dopo aver conosciuto il disabile, la sua storia, la sua famiglia, potrò costruire un percorso personalizzato, finalizzato alla costruzione della sua identità; percorso che ovviamente l’équipe dovrà rivalutare e modificare, in un modello quasi “artigianale” (Paolini). Personalizzazioni, insomma, finalizzate all’autodeterminazione, cioè al riconoscimento del diritto della persona disabile di essere capace di decidere per se stessa: in questo senso il centro diurno è aperto e diventa una forma di appartenenza. Il rischio per i genitori, infatti, è che il desiderio di protezione dei figli superi quello di farli crescere e diventare MAGGIO-AGOSTO

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adulti, non riconoscendo la loro potenziale individualità. Per fare questo, gli educatori devono essere ben consapevoli di quello che fanno, sul loro lavoro e sulla qualità degli incontri. Con gli stessi interrogativi ci siamo posti di fronte al tema del diritto al lavoro. Nonostante i cambiamenti culturali, legislativi, politici ci si pone tutt’oggi di fronte al quesito se esista davvero una consapevolezza del lavoro come diritto per tutti. Se non si è ancora affermato, perché? Perché in molti territori si avviano ancora le persone disabili nei soli servizi sociosanitari? Quali sono le condizioni, i presupposti, gli strumenti per praticare il diritto al lavoro? Su questa traccia si è articolato un ampio confronto che ha dato adito a numerose domande e sollecitazioni. Ripartire da tanti anni fa, da quando si è cominciato a voler superare i contenuti della legge 482 del 1968; a voler cambiare, a voler immaginare persone con disabilità come persone capaci anche di assumere un ruolo e un lavoro, aiuta a riflettere sull’oggi. Come la storia dimostra, le leggi spesso normano sperimentazioni già in atto, come successe poi con la legge 68/ 1999. Quando ancora non c’era ancora l’idea che persone con disabilità intellettiva potessero lavorare, famiglie e operatori, hanno lottato per poterne affermare il contrario. L’esperienza, oggi, insegna di come sia indispensabile la presenza di una regia che governi una rete di soggetti (centri per l’impiego, scuole, aziende, operatori della mediazione, cooperative) insieme a strumenti adeguati. Avranno un nome diverso nella gamma dell’offerta formativa: progetto formativo, borsa lavoro, tirocinio, assunzione ecc…

L’IDENTITÀ DELLE PERSONE: RICONOSCERLE ADULTE Il diritto di essere adulti va difeso con maggiore convinzione perché si traduca poi in possibilità reali. Da quali condizioni oggi bisogna ripartire? Anzitutto l’idea culturale che si ha della persona disabile, l’idea dunque che possa diventare adulta. Che possa maturare una propria identità. Come ci invita a riflettere Lepri: “L’essere adulti è il tema e il lavoro è uno strumento per vivere questa condizione, non il contrario!”. Avere un ruolo sociale, partecipare alla vita della collettività, sentire di farne parte; se da qui si iniziano a programmare percorsi allora si possono strutturare solide reti di integrazione lavorativa. “La con-

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a gestire se stessi in contesti diversi, a stare dentro a ruoli sociali, dentro a regole, a contesti di lavoro, a vivere le frustrazioni, a stare con i propri limiti. Imparare questo, significa imparare a stare nella società; ma è proprio la società ad avere una grossa responsabilità (operatori, familiari, scuole, centro di socializzazione, tutti). Stare nelle situazioni vere, reali richiede però tempo, un tempo che inizia molto prima del diciottesimo anno di età e dove molti sono chiamati in causa, a

dizione adulta - come spiega Lepri - non è una condizione acquisita una volta per sempre, è un processo psicologico anzitutto che fa i conti con molti fattori sociali, contestuali, familiari, intellettivi e soprattutto relazionali”. L’obiettivo per le persone con disabilità intellettiva non è imparare un lavoro (studi nel tempo hanno dimostrato che il problema non sta nell’apprendimento di una mansione da svolgere) ma devono essere accompagnate ad imparare a lavorare. Imparare cioè

Gruppo Solidarietà Corso di formazione 3ª edizione

La programmazione sociosanitaria nella regione Marche Analisi, verifica, prospettive Corso di secondo livello MOIE di Maiolati Spontini (AN) 9 - 16 - 23 ottobre 2012 Obiettivi e Contenuti. Il corso si propone come momento di approfondimento, riflessione e confronto sullo stato delle politiche regionali in materia sanitaria, sociosanitaria e sociale. In particolare si intende verificare lo stato della programmazione sociosanitaria regionale in tre aree di intervento: disabilità, salute mentale, non autosufficienza (anziani e soggetti con forme di demenza). A partire dalla presentazione dei principali provvedimenti normativi regionali (l. 20/2000, 20/2002 e atti applicativi) riguardanti i servizi sanitari e sociosanitari – che verranno messi a confronto con la legislazione nazionale (d. lgs 229/1999; dpcm 14/2/2001; dpcm 29/11/2001) l’attenzione verrà posta, in particolare, su alcuni aspetti di sistema: fabbisogno, standard, tariffe, ripartizione della spesa tra sociale e sanitario, modalità di accesso. Il corso prevede una modalità interattiva. Lezioni frontali si alterneranno a momenti di confronto ed elaborazione da parte dei partecipanti. Destinatari. Il corso – di secondo livello - è rivolto a persone (compresi rappresentanti di organizzazioni di utenti e volontariato) con buona formazione di base che si occupano di programmazione sociosanitaria. E’ indispensabile una buona conoscenza della normativa sopra indicata. Conduzione. Fabio Ragaini, Gruppo Solidarietà. Note tecniche. Il corso si svolgerà a Moie di Maiolati Spontini, via Fornace 23 (biblioteca comunale, sala J. Lussu), dalle ore 15.00 alle 18.00. Si rilascia attestato di frequenza. Iscrizioni. Il numero massimo di partecipanti previsto è di 25. Il costo di partecipazione è di 80 euro da versare su ccp 10878601 intestato a Gruppo Solidarietà - Castelplanio (l’iscrizione comprende anche i volumi del Gruppo Solidarietà; La programmazione perduta. I servizi sociosanitari nelle Marche; I dimenticati. Politiche e servizi per i soggetti deboli nelle Marche, Quelli che non contano. Soggetti deboli e politiche sociali nelle Marche). L’iscrizione verrà registrata al momento dell’avvenuto versamento (inviare fotocopia della ricevuta via mail o fax). Prima di effettuare il versamento accertarsi che ci siano posti disponibili. Informazioni ed iscrizioni: Gruppo Solidarietà, Fornace 23, 60030 Moie di Maiolati (AN). Tel e fax 0731-703327, e-mail grusol@grusol.it - www.grusol.it.

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lavoro comporta reinventarsi e reinventare anche il ruolo di un altro soggetto quello delle cooperative di tipo B che vivono nei territori e che stanno attraversando un fase complessa per sostenersi nel mercato e continuare la mission della solidarietà. Forse, che la soluzione sia ripartire proprio dalle comunità locali? Certamente sì, con persone e strutture capaci di gestire i percorsi, coinvolgere le famiglie come attori importanti alla riuscita del percorso, avviare cioè processi di consapevolezza e di emancipazione per una reale partecipazione alla vita collettiva. Ma occorre una regia adeguata, senza la quale il rischio è quello della dispersione e dell’irrilevanza degli interventi.

partire dalla famiglia, con la quale va stabilito un patto educativo, che ne riconosca il ruolo (con tutte le problematiche, difficoltà e distorsioni che ciò può implicare).

IL RUOLO DELLA COMUNITÀ DI APPARTENENZA “La prospettiva inclusiva, proprio per sua natura, interroga il servizio sulla sua appartenenza: dove si colloca e a chi si rivolge?3” I servizi per essere realmente luoghi di inclusione e di apertura devono essere “di tutti”, luoghi della comunità. Perché è nella comunità che si allenano quelle competenze, prerequisiti per attivare poi percorsi di emancipazione. A tal proposito per esempio, una delle maggiori difficoltà riscontrate attualmente - che è anche causa di fallimenti sul piano degli inserimento lavorativi - è che le persone con disabilità arrivano adulti senza aver allenato competenze relazionali. Si vive cioè la sensazione “di un territorio che viene percepito dalle persone ma non attraversato, scevro di relazioni, di opportunità, legami abbandonati solitamente dopo la scuola dell’obbligo”4. Spiega Verdozzi: “si dovranno mettere in campo soluzioni innovative per far sperimentare alla persona disabile un ruolo sociale prima del lavoro: introdurre le persona in contesti in cui ci siano ruoli, gruppi, regole come ad esempio le organizzazioni del territorio, il volontariato, in cui possano maturare esperienze di socialità adulta”5; mettere le persone in situazione per poi affrontare il mondo del lavoro. Per studiare soluzioni nuove però bisogna assumere il coraggio di un’inversione di marcia, immaginare nuovi orizzonti per far nascere - come un tempo - novità di percorsi.”. Se vogliamo continuare a credere sostenibile l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità, è necessario sganciarsi dalla logica della certificazione (le possibilità di accesso secondo tradizionali categorie giuridiche: aventi diritto sulla base della riduzione della capacità lavorativa, percentuali di invalidità, diagnosi) alla logica del diritto alla partecipazione sociale di tutti; è proprio vero che possibilità e invalidità sono coincidenti in una determinata persona? Nella disabilità intellettiva, bassi livelli di invalidità non determinano automaticamente buone capacità di inserimento. Dunque: è importante conoscere la persona, la sua storia precedente, il contesto da cui proviene, e da questi fattori programmare interventi. La crisi attuale del MAGGIO-AGOSTO

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CONCLUSIONE ED INTERROGATIVI APERTI Quanto sintetizzato non può che riprendere alcuni dei contenuti dei seminari. Se di filo conduttore si può parlare ci si può riferire all’emersione del “come bisogna essere”, più che del come “bisogna fare”. Non è un caso che così poco si sia parlato di tecniche e invece così tanto ci si sia interrogati sul “come”. Un’interrogazione che riguarda tutti. Le istituzioni, ed i cittadini, le politiche ed i servizi. Riguardo questi ultimi il problema della precarietà del lavoro è emerso con forza; una precarietà che ostacola la progettualità; così come deve essere richiamato il rischio di lavorare nella logica della prestazione o della mansione. Logiche contrarie a quella del processo che determina risposte creative e di crescita con la persona disabile. Questo ha un significato ampio, che aprirebbe a nuovi modelli di lavoro, a ripensarsi dentro ai servizi, a ripensare il ruolo degli educatori e al significato profondo dei gesti educativi; riscoprire la fortuna di lavorare con persone che ci ricordano la dimensione del limite, in una società che sembra invece averne paura. Quali percorsi e proposte rilanciare ai territori e come? La necessità di regole condivise, una indispensabile passione per il bene comune, pensarsi come parte di una comunità che sente la responsabilità di modellarsi per rispondere alle esigenze di tutti e di ciascuno. E’ necessario un cambiamento di sguardo, una svolta culturale nel modo di relazionarsi; è necessario cambiare marcia, prendendo ispirazione da don Milani: “Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne insieme è la politica, sortirne da soli è l’avarizia”6. Da dove iniziare per fare questo ulteriore passo in avan-

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ti? Sono interrogativi aperti che ci invitano a prendere coscienza dei problemi ed affrontarli in modo responsabile, in una logica so-

ciale di rete. “L’inclusione è un allargamento di orizzonti per tutti, una possibilità di evoluzione umana reciproca” (Canevaro).

Obiettivi e contenuti. I problemi connessi con la riduzione dei finanziamenti per interventi e servizi sociali e sociosanitari rischiano di far trascurare i temi dell’integrazione delle persone con disabilità nella società, dei crescenti rischi di istituzionalizzazione, della qualità dei servizi. Il pericolo, impegnati nella resistenza, è quello di non avere tempo di analizzare le evoluzioni, le necessità, le strade cui ci si incammina. Parlare di diritti, di servizi rispondenti ai bisogni, di qualità degli interventi è oggi decisamente fuori moda, mentre il ritorno alla logica della beneficenza appare essere molto più di una minaccia (..). In questa prospettiva proponiamo la seconda edizione del ciclo di seminari inaugurato lo scorso anno, nella quale, a partire da una riflessione più generale sulle prospettive della integrazione, si affronteranno due aspetti specifici: il ruolo di un servizio sociosanitario come il centro diurno e l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità intellettiva. 30 marzo 2012, Inserimento, integrazione, inclusione. Con Andrea Canevaro, Docente di pedagogia;Università di Bologna, sede di Rimini, Fabio Ferrucci, Docente di sociologia, Università del Molise. Dall’inserimento siamo giunti all’inclusione. Anche se nessuno a parole tende a mettere in discussione l’integrazione delle persone con disabilità nella società, pare evidenziarsi una pericolosa tendenza: i servizi si possono pure mantenere, ma per fare questo occorre accettare una semplificazione erogativa che, tradotto, significa logiche da contenitore. Le politiche inclusive invece necessitano di accettare la sfida della complessità. 20 aprile 2012, Centri diurni. Luoghi di separazione o di inclusione? Con Mauro Burlina, Psicologo, responsabile ufficio disabilità, Ulls 6 Vicenza, Mario Paolini, Pedagogista, formatore,Treviso. C’e sempre chiarezza tra obiettivo del servizio e gli strumenti utilizzati per raggiungerlo? Il Centro diurno (diversamente denominato nelle diverse regioni), è un servizio territoriale (strumento) fondamentale per lo sviluppo ed il mantenimento delle capacità delle persone, per sostenere la famiglia, per ritardare l’istituzionalizzazione, per integrare nella comunità locale; oppure è un servizio chiuso ed escludente? Centro diurno e comunità locale; Centro diurno come luogo di presa in carico. Su queste questioni si intrecceranno analisi, riflessione e proposta. 18 maggio 2012, Lavoro e disabilità intellettiva. E’ così difficile? Con Carlo Lepri, psicologo, Centro studi integrazione lavorativa, Asl 3 Genova, Enrico Verdozzi, Responsabile Servizio integrazione lavorativa (Sil), Ussl Belluno. E’ davvero così difficile per le persone con disabilità intellettiva poter lavorare? Quali sono le condizioni e gli strumenti indispensabili per raggiungere questo obiettivo? Per quali ragioni si è sempre investito poco nei servizi per il lavoro rispetto a quelli sociosanitari? Quanto conta l’immagine che abbiamo (a partire dai servizi) delle persone con disabilità?

Note 1 Gloria Gagliardini Persone con disabilità. I diritti, i bisogni, i servizi, in Appunti sulle politiche sociali, n. 5/2011. 2 Vedi, A. Canevaro , “Verso il superamento degli specialismi esclusivi”, in, L’integrazione scolastica e sociale, Febbraio 2012. 3 Roberto Medeghini, Quali servizi nella prospettiva inclusiva?, in Animazione Sociale n. 261/2012, pag. 49. 4 Giuseppe Vadalà, La voce del disabile nel tratteggiare la vita sociale, in Animazione Sociale n. 261/2012, pag. 60. 5 Trascrizione personale del convegno. 6 Scuola di Barbiana, “Lettera a una professoressa”, Libreria Editrice Fiorentina. MAGGIO-AGOSTO

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IL PROGETTO AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO. COME IN LOMBARDIA SI GARANTISCE L’ATTENZIONE ALLA PERSONA ZACCHEO MOSCHENI, DANIELA POLO, PAOLO ALIATA, GRUPPO DI PROGETTO REGIONALE ADS

re di progetto e coordinatore dell’azione territoriale) CO.GE. Comitato di Gestione del Fondo Speciale per il volontariato in Lombardia (promotore di progetto e finanziatore), Associazione Ledha e Associazione Oltre noi … la vita (partner attuativi) e i lavori sono stati seguiti dalla regione Lombardia divenuta partner istituzionale.

La legge 6/2004, riformando il codice civile, ha istituito un nuovo strumento giuridico, l’amministrazione di sostegno, per garantire la tutela delle persone prive in tutto o in parte di autonomia, uno strumento che consente di ottenere per tutte le persone, a vario titolo “fragili”, una tutela modulata sulle effettive esigenze. Questa legge ha dettato un’inversione di rotta rispetto ai fini che la legislazione precedente consentiva di raggiungere, mettendo al centro l’attenzione alla persona, i suoi bisogni e il rispetto delle sue aspirazioni e delle sue potenzialità, anziché la gestione degli interessi patrimoniali. Con la nuova concezione di “protezione giuridica” la buona gestione delle risorse personali e la rappresentanza nei negozi giuridici negli atti amministrativi deve essere funzionale alla qualità della vita della persona fragile, che può agire rappresentata in maniera esclusiva dall’amministratore di sostegno o con il suo affiancamento e supporto, secondo il livello di capacità e autonomia conservate e l’Amministratore di Sostegno (AdS) dovrà essere scelto con riguardo alla sue capacità di relazione, alla capacità di tener conto di bisogni e delle aspirazioni del beneficiario e dovrà possedere la “diligenza del buon padre di famiglia”, unica caratteristica prevista dal codice civile. Questa lettura dell’istituto giuridico guida l’impostazione del Progetto regionale AdS che è attivo sul territorio lombardo dall’aprile 2009 e che ci apprestiamo a presentare.

La conduzione dell’azione è affidata ad un Gruppo di Progetto composto da un Projet Leader con funzioni di coordinamento di tutte le azioni e collegamento con il Comitato di Pilotaggio composto dai promotori e finanziatori, da un operatore dell’Associazione Ledha - che ha una mission dedicata alla tutela dei diritti delle persone con disabilità con la funzione di curare gli aspetti relativi alla comunicazione e all’animazione del territorio in sinergia con i propri servizi informativi e di comunicazione attivi sul territorio regionale, e da un operatore dell’Associazione Oltre noi … la vita - che ha una mission dedicata alla protezione giuridica - con la funzione di garantire la corretta applicazione della legge 6/ 2004, favorire l’utilizzo dello strumento dell’Amministratore di Sostegno nel progetto di vita, e opera valorizzando nell’impresa le proprie risorse di volontariato, di studi e pubblicazioni, di esperienza nell’area formativa. Altri protagonisti nell’esecuzione del progetto sono: - i CSV delle varie province che hanno avuto il compito di animare il proprio territorio e facilitare la costruzione della rete interassociativa locale, di organizzare momenti formativi, diffondere comunicazioni, coinvolgere le istituzioni locali, - le Organizzazioni del privato sociale che si occupano di persone fragili nelle aree della sono state chiamate e sollecitate a “fare

Il progetto regionale AdS è stato pensato per “dare gambe” ad una legge molto importante per le famiglie e per le persone fragili, ma che in Lombardia faticava ad affermarsi. E’ stato co-progettato da Fondazione Cariplo (promotore di progetto e finanziatore), Coordinamento regionale dei CSV (promotoMAGGIO-AGOSTO

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Il progetto regionale AdS è stato pensato per “dare gambe” ad una legge molto importante per le famiglie e per le persone fragili, ma che in Lombardia faticava ad affermarsi. L’articolo descrive il percorso fatto e le modalità di realizzazione. A tre anni dall’attivazione né traccia in primo bilancio

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- Per gli enti privati - titolo II° c.c. (Associazioni, Fondazioni…): gestire le Amministrazioni di Sostegno quando la famiglia non c’è, non è in grado o non è stata reperita altra persona idonea, costruire percorsi per nuove sinergie tra pubblico e privato per assicurare una gestione delle AdS coerente con i principi della legge 6/2004 - Per i servizi sociali e sanitari: applicare l’art. 406 - 3° comma: “I responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona, ove a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l’apertura del procedimento di amministrazione di sostegno, sono tenuti a proporre al giudice tutelare il ricorso di cui all’articolo 407 o a fornirne comunque notizia al pubblico ministero”.

rete” per costruire un’azione sinergica sull’amministrazione di sostegno incrementando la loro capacità di occuparsi di autotutela e di advocacy e diventando interlocutori competenti per gli enti del territorio in un’ottica di sussidiarietà - i Comuni, gli Uffici dei Piani Zonali, le Province, le ASL con i propri Uffici di Protezione Giuridica istituiti con la L.R. 3/2008, i Tribunali Ordinari con gli Uffici della Volontaria Giurisdizione e i Giudici Tutelari, sono stati tutti sollecitati all’interazione con le organizzazioni del privato sociale in un’ottica di sussidiarietà.

PUNTO DI PARTENZA DEL PROGETTO REGIONALE ADS LOMBARDO: ANALISI DEL BISOGNO Tutti le persone maggiorenni che a causa di una malattia o di un evento traumatico perdono in maniera totale o parziale la capacità di intendere, volere, comprendere, valutare, decidere, agire, esigere i propri diritti e tutelare i propri interessi, necessitano di una forma di protezione giuridica. Hanno cioè bisogno di avere accanto a sé una figura giuridica che li rappresenti e sostituisca nella cura di sé e dei propri interessi, sia garante della loro miglior qualità di vita possibile, che rispetti i loro desideri e aspirazioni e amministri le loro risorse. Per attivare la protezione giuridica di queste persone fragili e adulte è necessario che un parente o i servizi sociali promuovano un ricorso al Giudice Tutelare del territorio per ottenere un decreto di nomina di un Amministratore di Sostegno. Tale premessa rende evidenti i numerosi livelli di responsabilità che si prospettano dall’applicazione della legge 6/2004: - Per la famiglia: capire e agire con competenza (preparazione del ricorso per la nomina di AdS), accettare il ruolo e imparare a svolgerlo (supporto), progettare il futuro identificando un “fiduciario” tra i parenti, amici, conoscenti… che potrà subentrare al famigliare AdS in caso di necessità; - Per la società civile: sviluppo di un volontariato maturo e consapevole, formazione del volontariato, supporto competente agli AdS volontari - Per le istituzioni pubbliche: gestire le Amministrazioni di Sostegno quando la famiglia non c’è, non è in grado o non è stata reperita altra persona idonea, valorizzare le potenzialità del privato sociale con l’obiettivo di contenere la quantità delle gestioni d’”ufficio” delle AdS MAGGIO-AGOSTO

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QUALCHE NOTA SULL’APPLICAZIONE DELLA LEGGE 6/2004 Fondamentali per il progetto lombardo ed elementi traccianti di ogni intervento promosso sono: - la finalità della legge, definita dall’art. 1, ovvero tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni di vita quotidiana; - il titolo XII° del codice civile riformato, divenuto oggi Delle misure di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia, - il rispetto delle aspirazioni del beneficiario. I concetti veicolati dal nuovo linguaggio, cioè la minore limitazione possibile della capacità di agire al posto di interdizione, protezione giuridica al posto di tutela, beneficiario al posto di persona incapace, salvaguardia di autonomia nella gestione della vita quotidiana al posto di revoca totale della capacità di agire, e infine il rispetto delle aspirazioni ci portano in un mondo nuovo dove la persona è al centro e la società si deve rendere parte attiva per supportare, proteggere, garantire, rappresentare chi è in difficoltà e non è in grado di autodeterminarsi. Anche la relazione che si forma tra Amministratore di Sostegno e beneficiario è profondamente diversa dalla relazione tra interdetti e tutori (o tra inabilitati e curatori) perché l’AdS, dovendo agire con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della persona del beneficiario, deve tenere conto sia dei biso-

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formazione finalizzati all’accompagnamento delle famiglie e al reperimento di volontari disposti ad assumersi il ruolo di AdS. Alcune città hanno creato “elenchi pubblici” di persone che hanno espresso disponibilità a rivestire questo ruolo e i giudici tutelari possono farvi riferimento per reperire AdS per persone prive di supporto familiare o amicale; sono stati attivati, soprattutto dalle organizzazioni del terzo settore, sportelli di supporto alle famiglie per la compilazione del ricorso da presentare al giudice tutelare; qualche percorso di formazione e aggiornamento degli operatori sociali è stato attivato, soprattutto grazie al ruolo delle provincie che hanno un compito istituzionale in questa materia. Professionisti del mondo legale hanno messo a disposizione il loro apporto professionale, sviluppato formazione, si sono resi disponibili per assumere il ruolo di AdS, spesso a fianco del terzo settore con preziosi interventi di volontariato. Molti siti web hanno veicolato e amplificato i decreti più aperti e illuminati emessi dai giudici tutelari creando cultura e aiutando la legge e la nuova cultura della protezione giuridica ad implementarsi. Abbiamo osservato anche qualche deviazione dallo spirito della legge con il tentativo di “professionalizzare” il ruolo dell’Amministratore di Sostegno offrendo costosi corsi di formazione (soprattutto on line) che promettono grandi possibilità di lavoro nei servizi per anziani e per persone con disabilità associando questa figura ai percorsi formativi degli OSA e degli ASA. Vale la pena ricordare che il ruolo di AdS è un ruolo gratuito e spetta al giudice tutelare il compito di riconoscere un equo indennizzo, a fronte di gestioni particolarmente complesse, da addebitare al beneficiario.

gni che delle aspirazioni del beneficiario, deve informarlo sugli atti da compiere e deve riferire al Giudice Tutelare su eventuali dissensi col beneficiario. Queste nuove dimensioni evidenziano non solo la funzione di protezione che l’AdS deve svolgere ma anche la delicatezza necessaria che va posta nello scegliere la persona più idonea a svolgere questo compito, persona che non deve avere conflitti di interesse con il beneficiario per avere pienamente a cuore i suoi bisogni. In funzione delle nuove responsabilità derivanti dall’applicazione delle legge 6/2004 si individuano nuovi ruoli e nuovi compiti per quanti gravitano, a vario titolo, intorno alle persone non autonome: - La famiglia: deve acquisire abilità per diventare parte attiva e competente sia nel procedimento (preparazione del ricorso) sia nella gestione del ruolo di AdS deve imparare a progettare il futuro identificando un eventuale persona in cui riporre la fiducia in caso di impossibilità a proseguire nel compito o per il “dopo di noi”; - I servizi sociali e sanitari: hanno l’obbligo di presentare un ricorso al Giudice Tutelare (o effettuare una segnalazione al Pubblico Ministero) quando vengono a conoscenza di fatti che rendono opportuna l’attivazione di una amministrazione di sostegno; - I giudici tutelari: si trovano ad operare in stretta connessione con famiglie, servizi sociali ed enti territoriali; - Gli enti locali e le istituzioni di cui al titolo 2° del c.c., ossia le associazioni e le fondazioni: i loro rappresentanti legali possono essere chiamati a svolgere l’incarico di amministratore di sostegno quando i giudici tutelari rilevano ragioni che portano ad escludere dalla nomina i familiari o altre persone fisiche; - Il volontariato: il Giudice Tutelare, avendo la facoltà di nominare AdS anche persone diverse dai familiari e dai responsabili degli enti ha la necessità di individuare nel territorio altre persone idonee, e noi aggiungiamo disponibili e competenti.

IL PROGETTO REGIONALE ADS LOMBARDO Non ci sono molte iniziative coordinate e sistematiche, in grado di rispondere ad un disegno razionale di welfare capace di assorbire questa nuova cultura e attrezzare risposte. L’esperienza più strutturata è il progetto regionale AdS lombardo che sta tentando di innescare iniziative di sistema coinvolgendo tutti i soggetti direttamente e potenzialmente interessati dalla protezione giuridica e promuovendo un’azione di sussidiarietà reale, non solo auspicata, tra istituzioni e organizzazioni non profit. L’esperienza sui territori lombardi ci consen-

COS’È CAMBIATO DOPO L’ENTRATA IN VIGORE DELLA LEGGE 6/2004? Nei primi cinque anni di concreta applicazione della legge sono state attivate in maniera del tutto volontaria e scoordinata molte iniziative. Nella maggior parte dei casi si è trattato di interventi di sensibilizzazione e di MAGGIO-AGOSTO

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Gli obiettivi specifici del Progetto regionale AdS lombardo sono: - Lo sviluppo della capacità di advocacy delle organizzazioni del terzo settore e incrementare la loro capacità di autotutela in materia di protezione giuridica - La creazione di premesse per sviluppare un’azione sussidiaria tra terzo settore e istituzioni - La dotazione in ogni territorio di servizi di supporto al “sistema” della protezione giuridica, in grado di diffondere e sostenere nel tempo la figura dell’amministratore di sostegno garantendo le opportune consulenze attraverso un’azione di segretariato sociale, - L’informazione e formazione delle famiglie, degli operatori sociali pubblici e privati, - La sensibilizzazione dei territori per reperire persone disposte a diventare amministratori di sostegno e l’organizzazione e gestione di registri di AdS volontari, - La formazione delle persone che intendono svolgere la funzione di AdS, - Lo sviluppo di competenze di base omogenee e qualificate attraverso un coordinamento stabile delle esperienze e dei servizi, la circolazione e promozione di informazioni, studi, esperienze e soluzioni, raccolta di criticità ed individuazione di soluzioni.

te di sostenere che solo in presenza di un soggetto del terzo settore che riconosca priorità alla tematica della protezione giuridica e di un ente territoriale attento, è possibile innescare un’azione di sistema in grado di sostenere il ruolo dell’AdS: è solo coagulando le forze ed operando con forte sinergia e compenetrazione che si può sviluppare quel processo culturale che porta allo sviluppo e al radicamento di un articolato sistema per la protezione giuridica delle persone fragili. Il Progetto AdS lombardo fa propri i principi cardine dell’interpretazione della legge 6/ 2004: - l’AdS non deve essere visto come la semplice soluzione di problemi burocratici ma come la persona che si occupa e si preoccupa responsabilmente della qualità della vita nel tempo della persona disabile - l’AdS deve essere reperito innanzitutto nella rete familiare e amicale sollecitando la famiglia per una progettazione responsabile del “dopo di noi”; laddove non fosse possibile, è necessario attivare una rete di volontari con capacità relazionali, motivazione e condivisione del proprio ruolo sociale - l’AdS “istituzionale” deve essere considerato scelta residuale e riservata a situazioni di particolare complessità e onerosità - l’AdS “volontario” adeguatamente preparato e sostenuto nell’esercizio del suo ruolo deve costituire risorsa per le famiglie impossibilitate a trovare una soluzione in proprio - L’AdS “volontario” potrà essere una risorsa anche per i servizi sociali territoriali che, avendo l’obbligo di presentare i ricorsi, potranno presentarli con la contestuale indicazione della persona idonea ad essere nominata perchè coinvolta prima nel progetto di vita individualizzato.

SITUAZIONE A 3 ANNI DALL’AVVIO DEL PROGETTO ADS LOMBARDO

REGIONALE

Sono operativi 15 Progetti AdS territoriali, uno presso ogni territorio ASL in cui agisce un UPG, impegnati in: - percorsi di sensibilizzazione per sollecitare innanzitutto le responsabilità famigliari all’adozione del ruolo e all’individuazione di persone di fiducia per questo compito nel “dopo di noi” così da assicurare continuità nella tutela ed essere protagonisti del futuro dei propri congiunti, circoscrivendo il rischio che la mancata identificazione di un AdS trovi una soluzione d’emergenza nella nomina d’ufficio di un ente (la legge esclude dall’esercizio delle funzioni di AdS il personale che ha in cura o in carico il beneficiario in quanto si ravvisa conflitto d’interesse); - percorsi di sensibilizzazione per il reperimento, di volontari AdS; - percorsi di formazione differenziati per volontari, famigliari e operatori sociali; - gruppi di mutuo aiuto per il sostegno agli AdS nominati; - attivazione di sportelli che svolgono un’azione strategica di informazione per le fami-

La Lombardia, con la legge regionale n. 3/ 2008 e successive circolari applicative, ha istituito presso ogni ASL un Ufficio per la protezione giuridica delle persone fragili (UPG) e il Progetto AdS regionale ha tenuto in gran conto questa opportunità investendo nell’incremento della capacità di advocacy del terzo settore, promuovendo protocolli d’intesa tra le associazioni territoriali rappresentative di tutte le aree di fragilità, accompagnando la predisposizione di progetti AdS locali e sostenendo tutto con un sistema di comunicazione attraverso il portale dedicato www.progettoads.net MAGGIO-AGOSTO

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glie, di accompagnamento per una impostazione corretta ricorsi, di supporto agli AdS nominati per un espletamento corretto del loro ruolo, oltre a sviluppare iniziative individualizzate per mettere in rapporto tra loro AdS volontari e persone fragili nell’ottica di contenimento delle nomine d’ufficio affidate agli enti; - dialogo costante con le istituzioni in un’ottica di sviluppo di un nuovo welfare fondato sulla sussidiarietà.

- Un sistema di “Comunicazione” che oltre a gestire il sito web con il Portale regionale e i 15 siti collegati del progetti, redige newsletter e articoli frequenti per la stampa. L’attuale fase prevede un intenso lavoro di analisi dei risultati e una riflessione per identificare strategie e risorse utili a dare stabilità al “sistema per la protezione giuridica delle persone fragili” e incardinare la sussidiarietà quale elemento fondamentale del futuro welfare.

E’ REPLICABILE QUESTA ESPERIENZA?

Qualche numero: - 211 Associazioni direttamente nelle reti di progetto con 309 realtà associative rappresentate e coinvolte, - 128 azioni locali di sensibilizzazione, attività capillare di informazione e formazione, - 35 sportelli e punti di incontro/prossimità aperti, - 11 protocolli d’intesa tra Progetti e Istituzioni e stabili interlocuzioni con i Tribunali. - Appuntamenti periodici della “Comunità degli Addetti” del Progetto Ads, formata dai capofila e dai referenti, luogo di incontro e laboratorio di idee, confronto e messa a punto di strategie

Se prima della legge 6/2004 la tutela degli incapaci (per usare il linguaggio del vecchio codice civile) era un problema ignorato e affrontato nell’emergenza sia dalle famiglie che dalle istituzioni, l’azione per “dare gambe” a questa legge promossa dal Progetto regionale AdS lombardo ha sviluppato una consapevolezza nuova intorno alla necessità di dare protezione giuridica ad ogni persona fragile e porre ciascun individuo in grado di essere pienamente cittadino, dandogli quella rappresentanza giuridica che gli permette di avere dignità, visibilità e voce per esigere i propri diritti.

Se gli operatori si fanno tessitori di relazioni Essere operatori inclusivi significa essere operatori tessitori di relazioni, in grado di promuovere e facilitare scambi e concrete opportunità di esperienze comuni tra le persone che vivono dentro/ attorno ai servizi e le persone che vivono nel contesto a cui il servizio appartiene. Ciò implica il saper rivolgere non solo lo sguardo ma anche la propria azione fuori dal servizio, vuol dire promuovere occasioni d’inclusione sociale e di sensibilizzazione attraverso la costruzione di esperienze e contesti dove relazionare, annodando reti informali che coinvolgano in progetti concreti di varia natura semplici cittadini, istituzioni, scuole, gruppi informali, biblioteche, centri per anziani, la cooperazione sociale e i luoghi della relazione, dello svago, della cultura. Significa creare occasioni dove poter star bene insieme. Ne consegue, per i servizi, la necessità d’investimenti culturali, attraverso la formazione, momenti di scambio e confronto, per consentire agli operatori di far propri i valori insiti nel concetto di cittadinanza, di recuperare la dimensione sociale del proprio ruolo, di acquisire o valorizzare quelle competenze che travalicano l’aspetto strettamente tecnico e di diventare anche operatori inclusivi, ristabilendo quei connotati tipici dell’azione sociale che la standardizzazione rischia di soffocare. Gli operatori devono perciò essere accompagnati e formati ad acquisire una professionalità in grado di assumere il rischio insito nel lavorare per l’inclusione sociale: accettare l’incerto abbandonando il certo, affrontare il difficile anziché il facile, accogliere la sfida al cambiamento al posto della routine rassicurante, perché l’inclusione è precisa nella sua definizione, ma molto meno nella sua realizzazione. È per questo che occorre abbandonare la sicurezza delle mura del servizio e della relazione duale operatore/utente, per andare nel mondo reale ad abitare i luoghi di vita delle comunità. È il primo ineludibile passo per incontrare e conoscere i contesti entro cui promuovere inclusione, riannodando le maglie delle reti sociali e valorizzando il potere delle relazioni e del capitale umano e sociale, senza i quali nessuna inclusione è possibile.

Angelo Nuzzo, In Animazione Sociale, marzo 2012 MAGGIO-AGOSTO

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cetto di sussidiarietà: la Regione Lombardia ha infatti accompagnato l’intero processo predisponendo norme e creando le condizioni per l’instaurarsi di relazioni proficue. Attualmente la Regione Lombardia, consapevole che il Progetto regionale AdS si concluderà al 31 dicembre 2012, sta operando per potenziare il dialogo tra gli Uffici di protezione giuridica e i 15 progetti AdS locali, sta sviluppando i presupposti e le condizioni di sostenibilità del sistema tracciato, sta tesaurizzando l’investimento e l’esperienza di un terzo settore che ha dimostrato la capacità di saper prendere in carico un tema, di incidere sulle strategie di welfare, di mantenere nel tempo la coerenza programmatica sostenuta dal profondo valore del rispetto della persona.

Grazie al Progetto regionale AdS il terzo settore ha acquisito le necessarie competenze tecniche e strategiche per dialogare con efficacia con le istituzioni e, mentre il progetto espande le conoscenze e le competenze, tutti si arricchiscono attraverso la contaminazione dei saperi, delle relazioni e delle strategie con una modalità di lavoro che appassiona e coagula energie ed entusiasmi. E’ certamente un modello esportabile per tutta la parte progettuale e per le azioni finalizzate al raggiungimento degli obiettivi programmati. Per consentire invece l’impianto di un “sistema” sussidiario per la protezione giuridica delle persone fragili è determinante, come in Lombardia, l’assetto normativo e culturale oltre alla maturazione del con-

Il buonismo e il minimo storico dell’impegno istituzionale Il dato culturale che balza agli occhi è la rinuncia sempre più evidente da parte dello stato al suo ruolo di garante dei diritti di cittadinanza attraverso la gestione di servizi pubblici di qualità. Nella marcia indietro sul welfare universalistico lo stato si è ritirato, in nome del libero mercato e della competitività, non solo dagli interventi sull’economia ma anche dalla regolazione dei bisogni sociali. L’impegno istituzionale nei confronti dei servizi pubblici ha ormai raggiunto il minimo storico. Essi vengono considerati unicamente per il loro costo economico con la conseguenza di ricorrere sempre più spesso all’appalto delle attività, nella logica perversa delle “offerte al ribasso”. I servizi vengono appaltati e i privati “concorrono” per aggiudicarseli facendo inevitabilmente prevalere le logiche dell’impresa su quelle del sistema. In questa ottica la disabilità diventa un business e la persona disabile un bene da contendersi all’interno del mercato. Costretto alla concorrenza (spesso più formale che sostanziale) per la scarsità e l’incertezza delle risorse pubbliche, il cosiddetto “terzo settore” si trova spesso nelle condizioni di dover rinunciare alle attività di promozione professionale dei propri operatori, creando condizioni di disimpegno e di demotivazione se non di vero e proprio sfruttamento. Si determinano situazioni nelle quali la ricerca di spazi di lavoro e l’adeguamento alle richieste di risparmio economico inducono il mondo del “sociale” a predisporre risposte di tipo assistenziale anche laddove i bisogni dovrebbero essere affrontati in una logica di rete e di mediazione. In altre parole ricompare la propensione ad assistere in luoghi separati appositamente dedicati alle persone disabili, piuttosto che ad educare promuovendo l’integrazione con progetti individualizzati. L’ampia diffusione di forme di “buonismo” verso i disabili, che lasciano ben trasparire quale sia la rappresentazione che le sostiene, associate alla esaltazione della sussidiarietà, promuovono il volontariato a nuovo eroe del momento. I volontari con la loro generosità, più o meno ingenua, sono spinti in prima linea a garantire diritti che il pubblico ha deciso di delegare alla logica del buon cuore. Le famiglie e le persone disabili, prive di operatori professionalmente qualificati per accompagnare e mediare lungo il percorso di integrazione sociale, rischiano di trovarsi in un deserto di solitudine. La conseguenza è quella di affidarsi a qualunque proposta si presenti come rassicurante oppure quella di dover sostenere una estenuante lotta quotidiana per il riconoscimento dei diritti. Carlo Lepri, In, Viaggiatori inattesi. Appunti sull’integrazione sociale delle persone disabili, Angeli, 2011

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SERVIZI E PRESTAZIONI SOCIOSANITARIE NELLE MARCHE. REGOLAMENTARE GLI INTERVENTI E APPLICARE COERENTEMENTE I LEA Riportiamo di seguito l’appello sottoscritto da oltre 40 organizzazioni della regione Marche nel quale si chiede alla Regione di applicare coerentemente i livelli essenziali di assistenza sanitaria per quanto riguarda le prestazioni sociosanitario e di definire altri aspetti fondamentali del sistema dei servizi. Sono in corso di definizione iniziative a sostegno dell’appello. Potranno essere seguite attraverso il sito del Gruppo Solidarietà, www.grusol.it La regione Marche non ha dato applicazione sistematica alla normativa nazionale in materia di livelli essenziali di assistenza per quanto riguarda le prestazioni sociosanitarie (contenuti Dpcm 29.11.2001, allegato 1c). A tale carenza si aggiunge la mancata definizione per molti servizi sociosanitari di altri aspetti fondamentali ai fini della loro erogazione: fabbisogno, tariffe, standard assistenziali. Gli effetti di tale indefinizione si ripercuotono sia sullo sviluppo dei servizi territoriali che del loro funzionamento. Da un lato si produce un’indeterminatezza dell’offerta, dall’altro, la risposta si caratterizza per una disomogeneità del servizio sia in termini di prestazioni che di costi (standard, tariffe, diversa ripartizione degli oneri tra sanità e sociale, in mancanza di definizione regionale). Una situazione che si evidenzia chiaramente dall’esame delle determine dell’Asur che contengono convenzioni con strutture private che erogano servizi sanitari e sociosanitari (disabili, anziani non autosufficienti, demenze, salute mentale). Dagli atti emerge infatti, non solo una fisiologica difformità in termini di standard e tariffe in assenza di determinazione regionale, ma anche un’applicazione del dpcm 29.11.01, nella gran parte dei casi, distorta e contraddittoria. Quasi sempre nei casi di compartecipazione, vengono stabiliti oneri sanitari più bassi di quelli previsti dalle disposizioni nazionali; ciò determina un aggravio dei costi a carico di utenti e, quando compartecipano, dei Comuni. Urge dunque: - una rapida e coerente applicazione della normativa sui LEA da parte della regione Marche che deve arrivare a definire la ripartizione dei costi solo dopo aver individuato, anche sulla base del documento (2007) del Ministero della salute sulle prestazioni semiresidenziali e residenziali, cosa definisce una fase intensiva, estensiva e di lungoassistenza; cosa connota un servizio a bassa intensità assistenziale; la chiara distinzione, ai fini della ripartizione degli oneri, nei servizi per la disabilità tra quelli per gravi da quelli per persone con disabilità in assenza di gravità; - sanare senza indugio le incongruità di servizi nei quali si è in presenza di incoerenza tra classificazione e funzione. In particolare riguardo le strutture che: a) hanno autorizzazione (e regole di funzionamento) per prestazioni di bassa intensità ed ospitano invece utenti con necessità assistenziali più alte; b) accolgono tipologia di utenza difforme da quella per la quale sono state autorizzate (ad esempio autorizzazione disabilità, utenza psichiatrica); - definire, laddove non sia stato fatto, il fabbisogno di strutture, comprendendo anche la ripartizione territoriale. Non si può, infatti, prevedere un fabbisogno su base regionale senza ripartizione territoriale che deve declinarsi con riferimento distrettuale/Ambito e non di Area vasta. - stabilire per ogni tipologia di struttura lo standard di assistenza, definendo oltre il minutaggio anche le figure professionali addette; determinare conseguentemente in modo trasparente la tariffa corrispondente; - abrogare la dgr 1785-2009 che determina la ripartizione degli oneri solo di alcuni dei servizi diurni e residenziali rivolti alle persone con disabilità, prevedendo per strutture rivolte a disabili gravi una ripartizione di oneri sanità/sociale come quella per disabili non gravi. MAGGIO-AGOSTO

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Riguardo, infine le cure domiciliari, continua a non essere applicata la norma prevista nei Lea sulla ripartizione al 50% degli oneri riguardanti l’assistenza tutelare; a ciò deve accompagnarsi una convinta promozione della domiciliarità attraverso una chiara definizione delle regole di funzionamento delle cure domiciliari, sia in termini di prestazioni erogate che di dotazione oraria. Le sottoscritte organizzazioni chiedono pertanto alla Regione Marche una sollecita definizione di quanto sopra indicato, attraverso un percorso partecipato e condiviso.

Associazioni promotrici Gruppo Solidarietà, Moie di Maiolati (An), Unione italiana lotta distrofia muscolare (Uildm), Ancona, Ass. nazionale operatori sociali e sociosanitari (Anoss), Ancona, Cooperativa Progetto Solidarietà, Senigallia (An), Cooperativa Papa Giovanni XXIII, Ancona, Ass. nazionale genitori soggetti autistici (Angsa Marche), Ancona, Ass. Il Mosaico, Moie di Maiolati (An), Cooperativa Labirinto, Pesaro, Ass. nazionale tutte le età attiva per la solidarietà (Anteas), Jesi, Centro H, Ancona, Tribunale della salute, Ancona, Ass. nazionale guida legislazione handicappati trasporti (Anglat Marche), Ancona, Ass. nazionale persone disabilita intellettiva relazionale (Anffas), Jesi, Alzheimer Marche, Ancona, Ass. italiana malati Alzheimer (Aima), Pesaro, Cooperativa Oblò, Monte san Vito – An, Tribunale diritti malato, Ancona, Ass. italiana assistenza spastici (Aias), Pesaro, Fondazione Paladini, Ancona, Ass. Tutela salute mentale per la Vallesina, Jesi, Fondazione A.R.C.A. Autismo Relazioni Cultura e Arte, Senigallia, Ass. nazionale persone disabilità intellettiva relazionale (Anffas), Ancona, Cooperativa Grafica & infoservice, Monte san Vito – An, Cooperativa Irs L’Aurora, Ancona, Coordinamento nazionale comunità accoglienza (Cnca), Marche, Comunità di Capodarco, Fermo, Cooperativa Atlante, Ancona, Fondazione Opera Pia Mastai Ferretti, Senigallia, Unione nazionale associazioni per la salute mentale (Unasam Marche), Ancona, Cooperativa Casa Gioventù, Senigallia (An), Comitato regionale vita indipendente, Montappone – Fermo, Cooperativa Archè, Senigallia (An), Ass. ACE-Integra, Pesaro, Associazione nazionale educatori professionali (Aned Marche), Ancona, Cooperativa Coopera, Senigallia (An), Ass. nazionale per la promozione e la difesa dei diritti civili e sociali degli handicappati (Aniep), Ancona, Cooperativa Crescere, Fano. Ordine assistenti sociali Marche, Ancona, Ass. nazionale persone disabilita intellettiva relazionale (Anffas), Pesaro, Antigone Marche, Ancona, Cooperativa La Gemma, Ancona, Cooperativa Ama L’Aquilone, Castel di Lama (Ap), Ass. Un Tetto, Senigallia (An), Ass. La Crisalide, Porto S. Elpidio – Fermo.

Informazioni: L’appello è aperto alla sottoscrizione. La segreteria è presso il Gruppo Solidarietà, via Fornace 23, 60030 Moie di Maiolati Spontini (An). 0731.703327, grusol@grusol.it - www.grusol.it. MAGGIO-AGOSTO

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Iscra Bini Gloria Gagliardini Daniela Giaccaglia Sibilla Giaccaglia Maria Elisa Gigli

segnalazioni librarie antropologia

Borri Matteo, Storia della malattia di Alzheimer, Il Mulino, Bologna 2012, pp. 182, Euro 16. Il volume racconta la storia delle ricerche sulla malattia di Alzheimer, a partire dal contributo portato dal medico tedesco Aloysius “Alois” Alzheimer con lo studio del caso di Auguste Deter. L’analisi storica mostra come alla comunità scientifica europea dei primi decenni del ventesimo secolo fossero ben note molte domande che ancora oggi orientano la ricerca. Deserti Claudia, Deserti Annalisa, Noi...tu...la nonna e l’Alzheimer, Edizioni Miele, Gagliano Del Capo 2011, pp. 161, Euro 12,50. Un padre racconta alla figlia Annalisa, che abita lontano da casa, come è cambiata la vita della famiglia da quando la nonna, sua suocera, si è ammalata di Alzheimer. Le lettere descrivono situazioni paradossali, ingestibili, le difficoltà di chi con amore e sofferenza si prende cura di una persona amata e si trova solo, a lottare contro la malattia e l’indifferenza delle istituzioni.

Baglioni Emma, Sull’uso pratico delle emozioni, Nuova Cultura, Roma 2011, pp. 140, Euro 16. Emma Baglioni ricostruisce il liberalismo progressista di Martha Nussbaum partendo dalle emozioni e facendo parlare direttamente la scrittrice. Quest’ultima scrive l’ideologia del liberalismo partendo da una proposta di un individualismo relazionale concreto basato sulla complessità dell’uomo che non può essere visto come individuo astratto, ma come soggetto di emozioni e bisogni, calato in una realtà sociale nella quale occorre dare importanza alla dignità del soggetto vivente. Eagleton Terry, Il senso della vita, Ponte Alle Grazie, Milano 2011, pp. 155, Euro 15. Qual è il senso della vita? Una domanda alla quale l’autore risponde interpellando celebri pensatori come Aristotele, Catullo, Shakespeare, Sartre, Spinoza, Marx, Cechov, Freud, Wittgenstein, Beckett e Monty Python. Il senso della vita, secondo Terry Eagleton non sta solo nella emersione progressiva delle potenzialità di ciascun individuo, ma anche nella capacità di porre in essere progetti creativi assieme ad altri individui e alla società nel suo complesso. Fernandez Elisabetta, Appassionatamente corpo, Il Segno Dei Gabrielli, Negarine di S. Pietro Cariano 2012, pp. 126, Euro 13. Passando dalle notazioni bibliografiche di tipo medicobiologiche a quelle storico-filosofiche, il volume richiama la contraddittorietà, affascinante e problematica, della realtà del corpo. Ogni individuo è un corpo e, nel contempo, ha un corpo che è l’esito di un continuo processo teso a trasformare un’entità naturale in un’entità sociale, frutto delle interazioni con l’ambiente, racchiudendo, quindi, in sé passato, presente e futuro.

carcere AA.VV., Genitori comunque, Angeli, Milano 2012, pp. 142, Euro 19. Il libro nasce da una ricerca promossa da SVEP (Centro Servizi per il Volontariato) di Piacenza sulla condizione dei padri detenuti. I ricercatori, scandagliando il materiale narrativo offerto dalle interviste dei detenuti, analizzano i vissuti e le dinamiche della relazione tra i genitori reclusi e i loro figli, enucleandole alla luce di alcuni diritti fondamentali dei minori: il diritto alla “presenza” paterna, il diritto all’affettività e il diritto alla verità. Vianello Francesca, Il carcere, Carocci, Roma 2012, pp. 110, Euro 13. Nato per finalità didattiche, il volume presenta in maniera agile e chiara le principali questioni relative al carcere. Il primo capitolo traccia un quadro dell’evoluzione storica; il secondo si occupa degli aspetti fondativi della pena detentiva; il terzo delinea l’organizzazione sociale della vita carceraria così come emerge dalle principali ricerche sociologiche ed etnografiche; il quarto offre una panoramica sulle attuali condizioni del carcere e della popolazione detenuta.

anziani AA.VV., Ferite invisibili, Angeli, Milano 2011, pp. 252, Euro 29. Il testo riporta i risultati di una ricerca, effettuata attraverso interviste somministrate a familiari caregiver di anziani non autosufficienti, volta ad esplorare la fatica emotiva e non solo fisica che il lavoro di cura comporta. Si è focalizzata l’attenzione su vissuti e relazioni complessi, sino all’esplorazione del legame tra situazioni di stress in senso ampio e agiti di mal-trattamento. La ricerca è curata dalla Caritas Ambrosiana. AA.VV., Una sciarpa di seta bianca, Wip Edizioni, Bari 2011, pp. 126, Euro 10. Il testo, curato dall’associazione Alzheimer Bari, raccoglie le testimonianze di familiari di malati di Alzheimer, che raccontano cosa significa prendersi cura di una persona cara alla quale lentamente e inarrestabilmente vengono rubati gli affetti, i sentimenti, la parola e la memoria. Sofferenza, fatica, dolore, ma anche e soprattutto amore e reciprocità e un invito a fare in modo che gli anziani dementi e i loro familiari non debbano vivere in solitudine. MAGGIO-AGOSTO

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chiesa Cecconi Andrea, Riccioni Gian Franco (a cura di), Lorenzo Milani, Pagnini, Firenze 2011, pp. 163, Euro 15. Lorenzo Milani viene raccontato dalla sorella minore Elena a partire da una raccolta di foto di famiglia. Nella prima parte l’infanzia e l’adolescenza; nella seconda intitolata la seconda nascita - la vita dopo l’ordinazione sacerdotale. Immagini che parlano di un intenso percorso affettivo e di fede. Ellul Jacques, Il fondamento teologico del diritto, Il Segno dei Gabrielli, Negarine Di S. Pietro Cariano 2012, pp. 172, Euro 14. Per Ellul il diritto naturale non è in primo luogo una filosofia

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del diritto, ma un fatto che si impone in un dato momento della storia del diritto. Non si tratta di credere all’esistenza di un diritto cristiano, cioè un diritto vincolante per tutti a partire dalla legge di Dio. L’opera di Ellul tratta invece di ciò che il diritto rappresenta nel regno di Cristo. Guzzi Marco, Dodici parole per ricominciare, Ancora, Milano 2011, pp. 127, Euro 14. Una lettura che si propone come cammino di trasformazione interiore, a partire dalla riscoperta della ricchezza della tradizione cristiana e del significato del messaggio messianico. Ricominciare, cristianesimo, speranza, laicità, pace, poesia, fragilità, fede, autorità, male, Dio, aldilà: sono queste le dodici parole che disegnano la cornice attorno cui si articola questo inviti al cambiamento e alla conoscenza di se stessi. Isetta Sandra (a cura di), Io sono il signore, colui che ti guarisce, Dehoniane, Bologna 2012, pp. 394, Euro 34. Nel testo vengono pubblicati gli atti di un convegno svolto a Genova nel 2010, sul tema del confronto tra religione e malattia. Rileggendo brani ed episodi del Vecchio e del Nuovo Testamento, si analizza il senso della malattia come metafora della condizione umana, nel rapporto con il sacro, evidenziano i mutamenti nel modo di concepire ed affrontare sofferenza fisica, dolore e morte. Martini Carlo Maria, Marino Ignazio, Credere e conoscere, Einaudi, Torino 2012, pp. 84, Euro 10. Una conversazione con struttura dialogica tra il cardinale Martini, biblista ed esegeta gesuita, e Ignazio Marino, chirurgo specializzato in trapianti d’organo e senatore del PD. Fede e scienza si mettono in reciproco ascolto per confrontarsi, con mente e spirito liberi, su grandi interrogativi etici: inizio della vita, cellule staminali, embrioni, sessualità e celibato dei sacerdoti, accanimento terapeutico, eutanasia e testamento biologico. Salvarani Brunetto, Il fattore R, Emi, Bologna 2012, pp. 156, Euro 12. Comprendere il fattore R, le religioni, per conoscere il mondo in cui viviamo e per capire la sua evoluzione: questo è l’obiettivo principale di questo lavoro. Studiare le piccole curiosità come i concetti chiave delle varie religioni, seguire le metamorfosi delle religioni al tempo della globalizzazione offre degli spunti di riflessione complessi ma necessari per capire anche le dinamiche della società. Taylor Charles, Dotolo Carmelo, Una religione ‘disincantata’, Messaggero, Padova 2012, pp. 77, Euro 7,50. Un filosofo ed un teologo si interrogano sul futuro della religione nella società moderna: è proprio vero che secolarizzazione, ambiguità, perdita di fiducia e precarietà stanno sminuendo il senso dell’esperienza religiosa. Secondo gli autori no e al contrario la religione, e in particolare il cristianesimo, oggi più che mai, contribuiscono alla ricerca di senso dell’essere umano, interpretandone e accogliendo il desiderio nostalgico di assoluto. Toscani Franco, Piazza Stefano, Fede e pensiero critico nell’età globale, Cleup, Padova 2010, pp. 256, Euro 18. Un’antologia di scritti che si interrogano sul rapporto tra fede e pensiero critico nell’era della globalizzazione; MAGGIO-AGOSTO

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vengono quindi affrontati temi come la laicità, l’ecologia, la povertà, l’eguaglianza e la dignità, il dialogo interreligioso, la libertà di coscienza. La fede è chiamata a riflettere in modo responsabile, critico ed autocritico sulla sfide della nostra epoca. Vecchio Giorgio, Un giusto fra le nazioni: Odoardo Focherini (1907 - 1944), Dehoniane, Bologna 2012, pp. 189, Euro 16. Odoardo Focherini viene ricordato come uno dei “Giusti tra le Nazioni”; cristiano praticante, iscritto all’Azione cattolica e antifascista, durante l’occupazione nazista si adoperò a favore degli ebrei per aiutarli a fuggire clandestinamente. Venne arrestato dai tedeschi e rinchiuso in un campo di concentramento dove morì nel 1945; la biografia di un uomo normale che muore da eroe nel nome della sua fede.

cooperazione Ianes Alberto, Le cooperative, Carocci, Roma 2011, pp. 140, Euro 10,50. Le Nazioni Unite hanno riconosciuto alle cooperative di essere uno dei fattori principali dello sviluppo economico e sociale. L’impresa cooperativa è andata controcorrente investendo risorse e capitali nel momento della crisi e basandosi non tanto sul profitto ma sulle persone e sull’uguaglianza. Il volume presenta un’analisi dettagliata delle cooperative, delle loro caratteristiche e peculiarità, delle origini in Italia e in Europa e del loro sviluppo sul mercato.

disagio giovanile AA.VV., Generare possibilità nei territori, Gruppo Abele, Torino 2012, pp. 96. Il testo riporta l’esperienza di “Albachiara”: una rete nazionale, nata dall’intuizione e volontà della Provincia di Pistoia e del Gruppo Abele di Torino, che coinvolge attualmente, enti locali, associazioni e cooperative, gruppi informali e singole persone, scuole e centri di aggregazione. Tutti soggetti impegnati in modo e con intensità diverse sui territori per imparare l’arte della cittadinanza, della legalità e della giustizia sociale. Albiero Paolo (a cura di), Il benessere psicosociale in adolescenza, Carocci, Roma 2012, pp. 330, Euro 31. Il libro affronta il tema del benessere psicosociale in adolescenza in un’ottica multidisciplinare, integrando teorie classiche e modelli recenti, confrontando i risultati di varie ricerche, analizzando l’intreccio di fattori individuali, relazionali e ambientali, quali: lo sviluppo celebrale; l’acquisizione dell’autonomia; le caratteristiche delle relazioni familiari e amicali; l’insorgenza di comportamenti a rischio; il contesto sociale e urbano di crescita del soggetto. Bandura Albert, Adolescenti e autoefficacia, Erickson, Gardolo Di Trento 2012, pp. 84, Euro 10. L’autore del saggio esamina lo sviluppo e il risveglio adolescenziale da una prospettiva agentiva. Secondo questa prospettiva, gli esseri umani hanno capacità di auto-organizzazione, proattività, autoregolazione e autoriflessione; dimensioni che contribuiscono a determinare il corso della propria vita, anziché esseri meri prodotti delle circostanze.

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ascolto di noi stessi e riscoprire il legame intrinseco che ci lega alla natura e superare l’arroganza distruttrice antropocentrica. Boschini Marco, La mia scuola a impatto zero, Sonda, Casale Monferrato 2012, pp. 94, Euro 10. L’autore, dalla sua esperienza come coordinatore dell’Associazione nazionale dei comuni Virtuosi, ha deciso di scrivere un libro di ricette virtuose volte a ridurre l’impatto ambientale e a consentire il risparmio di energia e di denaro negli istituti scolastici: dalla mensa sostenibile alla riduzione del fabbisogno energetico; dalla raccolta differenziata e dal riciclo consapevole alla produzione di energia pulita; dalla valorizzazione dell’acqua del rubinetto al “piedibus”. Campiglio Emanuele, L’economia buona, Bruno Mondadori, Milano 2012, pp. 170, Euro 14. L’esistenza di problemi che l’odierno assetto economico non è stato in grado di risolvere appare oggi evidente agli occhi dei più. Il libro presenta a riguardo aspetti diversi del cambiamento: i comportamenti individuali; le reti sociali; e i macro-attori come governi, banche, istituzioni internazionali. In questo modo l’economia buona non solo è rispettosa delle esigenze degli individui e dell’ambiente, ma risulta anche una buona economia: efficace, realistica, equilibrata. Farruggia Alessandro, Fukushima, Marsilio, Venezia 2012, pp. 239, Euro 17,50. Un libro inchiesta sull’incidente nucleare di Fukushima per ricostruire verità nascoste di questa catastrofe che ha provocato morte, contaminazione, emissione di grandi quantità di materiale radioattivo con conseguenze disastrose non solo per il Giappone ma per molti altri paesi del Pacifico. Questa crisi nucleare inoltre ha costretto tutte le nazioni ad interrogarsi sulla sicurezza delle centrali e sulle politiche energetiche.

Frattini G., Melica S., Salvetti C., Movimento, sport ed espressività corporea, Erickson, Gardolo Di Trento 2011, pp. 270, Euro 19,50. Forme nuove di disagio giovanile si evidenziano nel quadro socioculturale attuale, destando forti preoccupazioni. Le autrici del libro, insegnati di scienze motorie con un’esperienza “sul campo” molto ampia e diversificata, hanno voluto suggerire ai lettori gli strumenti motorio-educativi per prevenire e affrontare il disagio giovanile: gioco, sport, attività espressive. Masoni Marco Vinicio, Sono preoccupato per mio figlio, Erickson, Gardolo Di Trento 2011, pp. 208, Euro 14,50. Non tutti i genitori incontrano le stesse difficoltà con i figli, così l’autore ha deciso di suddividere il libro in “problemi”. Un problema, un capitolo. Dopo ogni capitolo è presente una sezione denominata “Facciamo il punto…”, una specie di questionario di verifica in cui ci sono domande con più risposte ed occorre scegliere quella più adatta in base alle considerazioni fatte nella trattazione del singolo problema per trovare nuove ed efficaci strategie educative. Ripamonti Chiara A., La devianza in adolescenza, Il Mulino, Bologna 2011, pp. 319, Euro 24. L’autrice descrive il fenomeno della devianza in adolescenza secondo un’ottica integrata che considera le variabili biologiche, psicologiche e sociali coinvolte nel fenomeno. Dopo un’analisi volta ad individuare le origini del comportamento aggressivo e deviante, vengono illustrate le diverse e più frequenti manifestazioni di tale comportamento. Infine, vengono proposti alcuni modelli di intervento per prevenire e gestire tali disturbi.

ecologia AA.VV., Guida al consumo critico, Ponte Alle Grazie, Milano 2011, pp. 590, Euro 18,50. Il libro si apre con una serie di consigli su ciò che bisogna fare per consumare in maniera responsabile. Ad essa segue una seconda parte che si sofferma sui seguenti settori: i prodotti alimentari, i prodotti per l’igiene personale e della casa. Ogni settore è analizzato da un punto di vista dell’utilità, dell’impatto ambientale, dell’impatto sociale e si conclude con alcuni consigli pratici. Infine vengono fornite informazioni sulle imprese. AA.VV., Per un nuovo paradigma, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2011, pp. 157, Euro 10. A pochi anni dalla scomparsa, il testo ricostruisce il pensiero di Edward Goldsmith, uno dei fondatori del movimento ecologista. La sua proposta, rivoluzionaria e profetica, fatta di impegno politico e ricerca, a partire dalla critica della società industriale, denuncia la necessità di un cambiamento di rotta, per proteggere il funzionamento delle società umane nel loro ambiente naturale, ispirandosi allo studio delle antiche culture tradizionali ed indigene. Baker Christoph, Ama la terra, Emi, Bologna 2008, pp. 126, Euro 10. L’attuale modello di sviluppo finalizzato al consumo e alla produzione materiale senza limiti, ha avvelenato ed affamato la terra; è ora di superare i rischi e l’ottusità di una visione solo economica della vita. Per affrontare la crisi ambientale l’autore propone una riflessione filosofica e religiosa; “ci vuole sentimento” per metterci in MAGGIO-AGOSTO

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economia Cassidy John, Come crollano i mercati, Einaudi, Torino 2011, pp. 466, Euro 24. A partire da un’analisi della cornice storica, politica ed intellettuale, nel testo vengono analizzate le complesse circostanze che hanno reso possibile l’ascesa dell’ideologia del libero mercato, per capirne quindi le motivazioni del fallimento e dell’attuale crisi economica . Un importante contributo per comprendere, a partire dalla lettura delle teorie economiche, del pericoloso meccanismo finanziario che si sta autodistruggendo. Miglietta Angelo, Quaglia Giovanni, Etica e finanza, Cittadella, Assisi 2012, pp. 146, Euro 13,80. Il libro ripercorre le tappe del processo di finanziarizzazione dell’economia e le sue attuali conseguenze. Dalle positive finalità di sostegno e servizio alla produzione e circuitazione dei beni si è passati a una sorta di egemonia e autoreferenzialità della finanza, che rischia di far crescere le disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza. Occorre ricomporre la dicotomia tra etica e finanza per riuscire ad uscire dal contesto di crisi attuale.

educazione Bauman Zygmunt, Conversazioni sull’educazione, Erickson, Gardolo Di Trento 2011, pp. 146, Euro 12. All’interno del libro sono riportate venti conversazioni

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tenute tra l’autore Zygmunt Bauman e l’intellettuale Riccardo Mazzeo. Gli interscambi sono avvenuti sul ruolo dell’educazione e degli educatori oggi, alla luce della profonda incertezza che i giovani vivono rispetto al loro futuro. Le certezze dei nostri predecessori caratterizzano un’era ormai distante. Bellemo Cristina, Diamoci una sregolata!, Erickson, Gardolo Di Trento 2011, pp. 233, Euro 14,50. Il volume attraverso delle storie affronta il tema dei divieti, delle regole, di come vengono vissuti dai bambini, che fanno fatica a capirne il senso, e dai grandi, che trovano difficoltà nel farsi capire. La storia permette al bambino di immedesimarsi nel vissuto del protagonista di ogni storia; “le storie ci permettono di prendere qualcosa e di portarlo oltre, dentro la nostra storia, dentro le nostre esperienze”. Bobbio Andrea, Pedagogia dell’infanzia e cultura dell’educazione, Carocci, Roma 2011, pp. 197, Euro 20. Il saggio si propone di definire le radici epistemologiche della pedagogia dell’infanzia, che si occupa dell’educazione dell’essere umano nel periodo evolutivo (sia nella dimensione biologica che socio-culturale). Nella seconda parte vengono descritte le pratiche pedagogiche e le categorie fondamentali della relazione educativa: cura, intenzionalità, metodo, autoriflessività; infine un approfondimento sull’identità dell’educatore, sulla formazione e necessità di supervisione. Cattaneo Cristiana, Torrero Claudio, Tornare a educare, Effata’, Cantalupa 2009, pp. 172, Euro 12. “Educare significa...rispondere ad un’esigenza di senso che è propria dell’essere umano”; nel volume viene descritto il senso filosofico e culturale dell’atto educativo, denunciando i rischi catastrofici - a livello individuale e collettivo - di un presente disorientato tra nichilismo, narcisismo, mancanza di regole condivise. E’ necessario tornare ad occuparsi in modo responsabile dell’alfabetizzazione emotiva e morale delle nuove generazioni. Codello Francesco, Stella Irene, Liberi di imparare, Terra Nuova, Roma 2011, pp. 185, Euro 12. Gli autori, partendo da una ricostruzione storica e teorica dell’insegnamento non autoritario e libertario, giungono ad illustrare le scuole democratiche del mondo. Ricostruiscono, attraverso una mappatura a schede, i progetti di ispirazione libertaria che sono nati o stanno nascendo in Italia e all’estero ed infine, forniscono alcuni indirizzi e informazioni per diffondere l’homeschooling. Colombo Maddalena, Lomazzi Vera (a cura di), Costruire legalità con gli adolescenti, Erickson, Gardolo Di Trento 2012, pp. 185, Euro 17. Il volume presenta i risultati della ricerca “Costruire legalità partendo dalle percezioni giovanili”, svolta all’interno degli istituti secondari di secondo grado bresciani. Una larga rappresentanza di studenti intervistati ha idee abbastanza chiare sul valore della legalità e le sue dirette implicazioni per la qualità della vita sociale. Viene confermata l’importanza di percepire testimonianze credibili da parte del mondo adulto. Colozzi Ivo, Scuola e capitale sociale, Erickson, Gardolo Di Trento 2011, pp. 245, Euro 18. Partendo dal coinvolgimento di un campione rappresentativo delle scuole secondarie di secondo grado MAGGIO-AGOSTO

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della provincia di Trento, è stato misurato e analizzato: il capitale sociale delle scuole, cioè la quantità delle relazioni di collaborazione tra le scuole e le altre istituzioni del territorio, la volontà/capacità delle scuole di aumentare il capitale sociale delle famiglie ed infine, il capitale sociale degli studenti delle classi. Crepet Paolo, L’autorità perduta, Einaudi, Torino 2011, pp. 195, Euro 16,50. L’autore torna ad occuparsi di educazione e di famiglia, soffermandosi sul degrado educativo. La responsabilità di tale imbarbarimento ricade sugli adulti che scelgono il ruolo più facile, quello di mantenere i figli a vita, ma anche i giovani fanno la loro parte rinunciando ai loro sogni per una manciata di Euro Viene pertanto ribadito che educare significa preparare le nuove generazioni alle difficili, ma anche magnifiche, sfide del futuro. Daffi Gianluca, Così impari, Erickson, Gardolo Di Trento 2011, pp. 163, Euro 15. Il libro, a fronte delle esperienze che l’autore ha raccolto negli anni, vuole mettere in dubbio l’ondata di buonismo educativo di cui siamo stati vittime in questi ultimi anni e mostrare come la “severità intelligente” degli adulti costituisce un ingrediente indispensabile per una buona educazione che i genitori devono recuperare, senza timore di perdere l’affetto e l’amicizia dei figli. De Mauro Tullio, Ianes Dario (a cura di), Giorni di scuola, Erickson, Gardolo Di Trento 2011, pp. 140, Euro 15. Raccolti in questo volume sono i racconti di professori e dirigenti di vari ordini di scuola da quella dell’infanzia e quella di secondo grado. In un momento, come questo, dove molti aspetti della scuola vengono messe in discussione, le testimonianze di questi professori vogliono dare un messaggio di speranza per chi nella scuola ci lavora con passione e professionalità. Sono racconti di difficoltà, di paure ma anche di strategie e di successi. Durrande Pierre, L’arte di educare alla vita, Qiqajon, Magnano 2012, pp. 130, Euro 13. L’autore, filosofo, si rivolge ad un giovane studente che si sta formando per diventare educatore: lo fa scrivendogli delle lettere Questo colloquio sulla prassi educativa inizia con una riflessione sull’antropologia del corpo che è strumento di ogni nostro incontro; perché”per diventare educatori bisogna avere la possibilità di accostarsi all’essere umano nella sua verità”; e ciò è possibile solo riscoprendo e coltivando la propria umanità per aprisi con fiducia all’altro. Frabboni Franco, La sfida della didattica, Sellerio, Palermo 2011, pp. 152, Euro 15. Il libro chiede ai suoi lettori di rivolgere al sistema scolastico del nostro Paese uno sguardo di speranza, dopo due Ministri del Ventunesimo secolo (Letizia Moratti e Maria Stella Gelmini), che hanno profondamente smantellato il sistema di istruzione e formazione. Riflettori puntati su tre aspetti importanti: il culturale, il pedagogico e il didattico per orientare e restituire dignità alla scuola. Gentili Giuseppina, Intelligenze multiple in classe, Erickson, Gardolo Di Trento 2011, pp. 146, Euro 16,50. Il libro intende fornire un contributo teorico e pratico per utilizzare la teoria delle intelligenze multiple, elaborata da Howard Gardner, nei contesti scolastici, presentare

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strategie e modelli didattici efficaci, promuovendo così la cultura della personalizzazione. Gilardi Roberto, Portinari Franco, Ho un sogno per mio figlio, La Meridiana, Molfetta 2012, pp. 149, Euro 16,50. Che cosa significa educare oggi? La risposta, presentata in questo libro, può essere sintetizzata in “sette passi per educare”. I sette passi seguono in modo progressivo lo svolgimento cronologico di una relazione educativa: riconoscimento, cura, attenzione; interesse, stimolo, curiosità, gioco; sostegno, incoraggiamento, svezzamento; conoscenza, territori, competenze; supporto, aiuto, consiglio; valori, orientamento, scelte; limiti, regole, conflitti. Lamberti Stefania, Apprendimento cooperativo e educazione interculturale, Erickson, Gardolo Di Trento 2010, pp. 224, Euro 19. Dopo la presentazione delle metodologie del cooperative learning, dell’educazione e della didattica interculturale, l’autrice mostra come il cooperative learning possa essere considerato fra le metodologie più efficaci per l’educazione nella società complessa, pluralistica e multiculturale. Vengono anche offerte indicazioni operative e didattiche concrete, che gli operatori scolastici hanno la possibilità di riproporre in classe. Perticari Paolo, Alla prova dell’inatteso, Armando, Roma 2012, pp. 351, Euro 27. Si parla già da tempo della scomparsa dell’educazione in molti contesti formativi, compresa la scuola, che risulta sempre più “disadattata” nel rispondere alle sfide della società contemporanea. Il progetto “Moltitudini”, attraverso la ricerca-azione, intende lanciare la sfida di un possibile rinnovamento che passi attraverso la strada degli insegnamenti profondi e non più della malaripetizione. Ruggeri Giacomo (a cura di), Cambiati dalla rete, Messaggero, Padova 2012, pp. 183, Euro 14. Il volume raccoglie contributi e riflessioni sul mondo della comunicazione, della rete e dei social network. Il loro ruolo nei processi educativi appare sempre più rilevante: le tradizionali agenzie educative sono state in gran parte soppiantate dal flusso mediatico. Emerge l’importanza di riuscire ad educare alla conoscenza di questi mezzi e dei loro linguaggi e a una più diffusa competenza quanto al loro uso. Sassé Margaret, Pronti, attenti, via!, Erickson, Gardolo Di Trento 2012, pp. 159, Euro 18. Questo libro vuole essere uno strumento per aiutare i genitori a comprendere le tappe dello sviluppo del cervello che i figli hanno nei primi anni di vita. Le attività descritte dall’autrice sono disposte in sequenza e sono importanti per creare le fondamenta di un apprendimento soddisfacente. Ogni bambino segue un ritmo di sviluppo e, in teoria, tutti dovrebbero attraversare stadi normali, sequenziali e prevedibili. Scalari Paola (a cura di), A scuola con le emozioni, La Meridiana, Molfetta 2012, pp. 268, Euro 26. Il libro prova a ridare senso all’apprendimento che avviene a scuola, dando parola ai docenti, affinché mettano in campo esperienze di buone prassi e lasciando ai genitori la possibilità di dar forma al loro disagio e al loro urgente bisogno di aiuto. Acquista importanza anche il ruolo dei servizi territoriali, impegnati nella MAGGIO-AGOSTO

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prevenzione del disagio e nello sviluppo psico-socioeducativo dell’infanzia e dell’adolescenza. Strocchi Maria Cristina, Promuovere relazioni positive in classe, Erickson, Gardolo Di Trento 2010, pp. 97, Euro 17. Il volume presenta il progetto ideato e sperimentato dall’autrice grazie all’apporto di idee degli alunni di una classe della secondaria di secondo grado che si sono proposti, attraverso la costruzione di un teatrino e di alcuni burattini, di fare da tutor per insegnare le abilità comunicative ai bambini. Un modo efficace per favorire l’apprendimento delle abilità di comunicazione assertiva nell’ambito delle attività didattiche contrastando le distorte modalità di comunicazione.

famiglia AA.VV., Crescere assieme, Il Mulino, Bologna 2011, pp. 256, Euro 20. Il libro presenta una ricerca sulle principali problematiche legate all’adozione internazionale, dalle relazioni familiari al difficile rapporto con la scuola, all’inserimento nella società dei figli adottivi. Per integrare lo studio dell’esperienza familiare con quello della vita postadolescenziale, la ricerca è stata sviluppata su due studi in parallelo: uno condotto sui genitori adottivi di figli ancora minorenni al momento dell’intervista e l’altro direttamente sui figli adottivi ormai maggiorenni. AA.VV., Diventiamo mamma e papà, Erickson, Gardolo Di Trento 2012, pp. 216, Euro 16. Una guida per uomini e donne che devono attraversare il passaggio alla genitorialità. Il programma “Diventiamo mamma e papà affronta tematiche quali le aspettative verso il diventare genitori, il rafforzamento della relazione di coppia attraverso la comunicazione, la risoluzione dei problemi, le difficoltà familiari, gli eventi di vita negativi, il ripensare alle esperienze d’infanzia, l’isolamento, l’ansia, la depressione, le abilità di fronteggiamento e l’attaccamento al bambino. De Cesaris Anna Maria (a cura di), La gestione della crisi familiare, Angeli, Milano 2012, pp. 136, Euro 17. L’evoluzione dell’istituzione familiare analizzata prestando particolare attenzione alle questioni connesse all gestione della crisi dei rapporti coniugali (dunque separazioni e divorzi, loro cause ed effetti sulle persone interessate). I mutamenti registrati prima in ambito sociale e poi sul piano giuridico hanno portato all’affermarsi di nuovi modelli di aggregazione sociale ed ad una maggiore incidenza del fenomeno della disgregazione familiare. Donati Pierpaolo ( a cura di), Famiglia risorsa della società, Il Mulino, Bologna 2012, pp. 344, Euro 29. La famiglia è ancora una risorsa per la società? Partendo da questo interrogativo si passa ad analizzare le relazioni di coppia, le relazioni genitori-figli, il rapporto famiglia-lavoro e la famiglia come capitale sociale, per comprendere se la famiglia normo-costituita sia un vincolo limitante e segregante,1“ come sostengono le tesi postmoderne, oppure una risorsa vitale. Nella seconda parte vengono presentati i risultati di una ricerca condotta sulla popolazione italiana. Donati Pierpaolo (a cura di), La relazione di coppia oggi, Erickson, Gardolo Di Trento 2011, pp. 315, Euro 29. Il rapporto affronta il tema della relazione di coppia oggi

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in Italia; in particolare come nascono nuovi conflitti e vuoti di coppia, come cresce l’incapacità di stabilire legami significativi duraturi, come si può aiutare a mantenere in vita la coppia e riuscire a farla crescere come relazione ricca di umanità. Riva Crugnola Cristina, La relazione genitore bambino, Il Mulino, Bologna 2012, pp. 311, Euro 26. Nella prima parte del libro, l’autore traccia una mappa dettagliata delle prime fasi dello sviluppo relazionale infantile ed esamina alcuni strumenti in grado di valutare le distorsioni delle relazioni genitori-bambini. Nella seconda parte illustra modelli di prevenzione e intervento rivolti a genitori e bambini, al fine di sostenere la genitorialità. Rossi - Doria Marco (a cura di), Genitori e insegnanti, Astrolabio, Roma 2011, pp. 202, Euro 12. Il testo spiega come possono genitori ed insegnanti collaborare ed allearsi sinergicamente per contribuire alla crescita emotiva ed intellettiva dei bambini ed aiutarli ad affrontare le difficoltà dell’apprendimento in modo motivante. In particolare, rivolgendosi a scuola e famiglia, vengono affrontate alcune problematiche del processo educativo: inserimento degli alunni stranieri in classe, i disturbi dell’attenzione e dell’iperattività, il ruolo della creatività. Ruspini Elisabetta (a cura di), Studiare la famiglia, Carocci, Roma 2011, pp. 318, Euro 27. Una serie di contributi esplora i vari aspetti del mutamento che ha interessato la famiglia come istituzione sociale (nella prima parte del libro) e presenta alcune questioni di metodo nello studio di questo fenomeno (nella seconda). Il disincanto che caratterizza l’atteggiamento verso la famiglia lascia emergere fenomeni nuovi (le relazioni tra generi e generazioni, l’organizzazione della vita familiare, le esperienze di paternità e maternità). Valcarenghi Marina, Mamma non farmi male, Bruno Mondadori, Milano 2011, pp. 191, Euro 18. L’attenzione dell’autore è rivolta alle difficoltà nel rapporto fra madre e figli. In particolare, si cerca di analizzare che cosa è cambiato nelle ultime generazioni, quali antiche sofferenze sono ancora vive e quali nuovi problemi sono emersi, quali conseguenze sono rintracciabili o ipotizzabili sul futuro dei figli e infine, quali sono i possibili interventi da porre in essere. Woods Mark, ...anch’io sono incinto, Terra Nuova, Roma 2012, pp. 233, Euro 14. I nove mesi della gravidanza vissuti con gli occhi del futuro padre; consigli pratici e divertenti per capire cosa sta accadendo alla mamma e al nascituro. Per essere informati ed affrontare la maternità in modo condiviso e consapevole, preparandosi al parto e ai primi mesi dopo la nascita, facendo il possibile per rendere questa esperienza unica e confortevole per la coppia.

sione del disturbo e gli aspetti distintivi che riguardano la dislessia in età adulta. Infine alcuni aspetti delle tecnologie pensate per le persone con DSA. AA.VV., Gli alunni con disabilità nella scuola italiana: bilancio e proposte, Erickson, Gardolo Di Trento 2011, pp. 247, Euro 21. Il rapporto, realizzato dall’Associazione TreeLLLe, dalla Caritas Italiana e dalla Fondazione Giovanni Agnelli, documenta l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità in Italia. Emerge l’incapacità del sistema vigente di sviluppare, in modo diffuso e stabile, pratiche educative per un’efficace integrazione scolastica e, in prospettiva, sociale e lavorativa degli alunni con disabilità. Vengono pertanto presentate linee progettuali innovative. AA.VV., Manuale di lingua italiana per sordi stranieri, Cartman, Torino 2012, pp. 194, Euro 25. Un manuale per lavorare con persone sorde immigrate, in particolare con stranieri che sono giunti in Italia dopo il dodicesimo anno di vita e che non hanno quindi usufruito di interventi specializzati precoci. Il testo, diviso in unità didattiche propedeutiche, propone una serie di esercizi (spiegati con immagini e disegni che si basano sul modello delle coppie minime), per insegnare le competenze linguistiche essenziali per il recupero linguistico, l’inserimento, l’istruzione e il lavoro. AA.VV., Studio efficace per ragazzi con dsa, Erickson, Gardolo Di Trento 2011, pp. 255, Euro 21. Alla luce dell’esperienza clinica maturata, gli autori descrivono un programma per potenziare le abilità di studio e/o ridurre le difficoltà specifiche in ragazzi dai 9 ai 15 anni con disturbi o difficoltà di apprendimento. In questo modo il soggetto con DSA viene messo nella condizione di individuare e sfruttare le strategie che gli consentono di “compensare” il disturbo. Banzato Sabrina Paola, Mattioli Loretta, Metodi e strumenti dell’integrazione scolastica della persona disabile, Maggioli, Santarcangelo Di Romagna 2011, pp. 121, Euro 18. Il libro, dopo aver esposto i metodi e gli strumenti e le metodologie che contribuiscono alla qualità dell’integrazione scolastica della persona disabile, ripercorre le esperienze della Provincia di Pesaro e Urbino, sottolineando l’importanza della pianificazione e della gestione dei processi di integrazione. Biggeri Mario, Bellanca Nicolò (a cura di), Dalla relazione di cura alla relazione di prossimità, Liguori, Napoli 2010, pp. 190, Euro 21,90. Il testo propone una reinterpretazione delle politiche sulla disabilità a partire dall’approccio delle capability di Amartya Sen. Uno schema teorico utile per programmare interventi sociali che pongono l’attenzione sulla pluralità di fattori personali e familiari, sociali, ambientali, economici, istituzionali, che agiscono nella determinazione del processo di benessere individuale del soggetto disabile, includendo aspetti non materiali, come la dignità, il rispetto verso se stessi e gli altri, l’amore e le attenzioni (intese come care). Caretto Flavia, Dibattista Gabriella, Scalese B., Autismo e autonomie personali, Erickson, Gardolo Di Trento 2012, pp. 196, Euro 18,50. Il Volume intende offrire un valido aiuto a genitori, insegnati e educatori che lavorano per favorire un percorso

handicap AA.VV., Dislessia in età adulta, Erickson, Gardolo Di Trento 2012, pp. 184, Euro 18. Dopo un iniziale approfondimento della normativa e della legislazione in ambito universitario che interessa soggetti con DSA, gli autori raccontano alcune esperienze di vita di persone con dislessia. Vengono riportati i risultati di alcune ricerche volte ad indagare i protocolli diagnostici riferiti all’adulto, le caratteristiche dell’espresMAGGIO-AGOSTO

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di educazione all’autonomia dei soggetti autistici. Partendo dalla comprensione dell’autismo “dall’interno”, gli autori passano a spiegare come valutare le abilità di base e integranti, quali sono i prerequisiti necessari, gli ambiti e i problemi specifici dell’intervento e come progettare l’attività educativa. Coduri Luisa, Educare il bambino con disabilità, Erickson, Gardolo Di Trento 2012, pp. 249, Euro 18. Il libro racconta la crescita di un bambino che non ha il peso di una minorazione e la mette in parallelo con quella di alcuni suoi amici disabili che stanno affrontando gli stessi tratti di cammino. Viene messa il rilievo l’interazione tra ogni bambino e gli eventi della storia, l’ambiente nel quale vive, le risorse di cui dispone, le relazioni che stabilisce e l’educazione che riceve. De Stefano F., Crescenzi A., Sebastiano M.T., Il procedimento di interdizione, inabilitazione e amministrazione di sostegno, Giuffre’, Milano 2011, pp. 356, Euro 34. L’introduzione nel nostro ordinamento, nel 2004, dell’istituto dell’amministrazione di sostegno, ha operato una profonda revisione dei meccanismi di protezione dei soggetti che si trovino nell’impossibilità anche parziale o temporanea di provvedere ai propri interessi. Nel volume si offre una rimeditazione complessiva delle regole che riguardano il procedimento alla luce della giurisprudenza di legittimità e di merito, anche con cenni comparatistici che offrono ulteriori spunti interpretativi. Di Renzo Magda, Mazzoni Silvia (a cura di), Sostenere la relazione genitori - figlio nell’autismo, Scientifiche Magi, Roma 2011, pp. 124, Euro 15. Viene presentato un progetto di ricerca con l’obiettivo generale di osservare e valutare le relazioni familiari dei bambini con Disturbo dello Spettro Autistico seguiti presso l’Istituto di Ortofonologia di Roma. Sono state focalizzate le seguenti dimensioni e adottati specifici strumenti per valutarle: la coordinazione familiare (Lausanne Trilogue Play clinico), la soddisfazione di coppia (Dyadic Adjustment Scale) e lo stress genitoriale (Parenting Stress Index-SF). Fogarolo Flavio (a cura di), Il computer di sostegno, Erickson, Gardolo Di Trento 2012, pp. 247, Euro 23. Nel presente lavoro vengono prese in esame le più diffuse tipologie di disabilità motoria, visiva, uditiva e DSA. Vengono presentate le tecnologie informatiche hardware e software attualmente presenti a supporto di tali disabilità. Nel presentare ognuno di questi strumenti si fa particolare attenzione a tutelare il rapporto tra l’alunno con disabilità e l’insegnante e fra l’alunno e i suoi compagni perchè il supporto tecnologico deve anche far crescere il gruppo classe. Fogarolo Flavio, Scapin Caterina, Competenze compensative, Erickson, Gardolo Di Trento 2010, pp. 216, Euro 19. Partendo dall’idea che un’efficace compensazione sia la migliore risorsa per l’autonomia di studio dell’alunno con dislessia e con disturbi specifici di Apprendimento, gli autori superano il concetto di “strumenti compensativi” per puntare sullo sviluppo delle “competenze compensative”, ossia sulle abilità, le strategie e gli atteggiamenti personali che consentono di superare disturbi di letto-scrittura o, comunque, per ridurne gli effetti negativi. MAGGIO-AGOSTO

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Guiot Giorgio, Meini Cristina, Sindelar M. Teresa, Autismo e musica, Erickson, Gardolo Di Trento 2011, pp. 156, Euro 18,50. Vengono presentati il modello DIR e la tecnica Floortime, messi in pratica in alcune scuole dell’infanzia e primarie di Torino; basati su giochi e attività realizzabili con la voce, il movimento e gli strumenti musicali per promuivere comunicazione e socializzazione di alunni autistici. Infine, una raccolta di dodici canti originali e dieci canti tratti dalla tradizione popolare infantile, che gli insegnanti potranno sottoporre a tutta la classe, per favorir il coinvolgimento dei bambini autistici. Leopizzi Sabrina, Vicari Paola, Solari Silvano, Autismo e acquaticità, Erickson, Gardolo Di Trento 2010, pp. 155, Euro 18,50. Il libro descrive un’esperienza, attiva da anni a La Spezia, nella quale l’acquaticità è diventata uno strumento importante per aiutare bambini con disturbi dello spettro autistico a migliorare le loro capacità di relazione e di comunicazione. Vengono delineate le modalità organizzative e metodologiche dell’attività condotta, offrendo così, agli operatori del settore e ai genitori, uno strumento dal quale trarre spunti progettuali, attuativi e teorici. Lepri Carlo, Viaggiatori inattesi, Angeli, Milano 2011, pp. 125, Euro 17. Un breve riferimento alla teoria delle rappresentazioni sociali, una ricostruzione storica sull’evoluzione delle più significative e ricorrenti immagini della disabilità e una spiegazione dei c.d. “bisogni di normalità”, così si apre il saggio di Carlo Lepri. L’autore passa a descrivere le diverse fasi in cui, negli ultimi quaranta anni, si è articolato il concetto di integrazione sociale, che oggi appare, “in difesa”. Levi Gabriel (a cura di), Lavorare con gli autismi, Armando, Roma 2012, pp. 239, Euro 19. All’interno del volume sono stati raccolti i contributi del gruppo di ricerca clinica che lavora nell’Istituto di Neuropsichiatria Infantile di Via dei Sabelli a Roma sui disturbi dello spettro autistico. Vengono altresì presentate ricerche cliniche attuali condotte in sei regioni italiane. Melazzini Mario, Io sono qui, San Paolo, Cinisello Balsamo 2011, pp. 124, Euro 19,50. L’autore racconta l’incontro con Lei, la malattia, la Sclerosi Laterale Amiotrofica per condividere con i lettori il percorso che gli ha permesso di fare della sua sofferenza, del suo dolore, della sua fragilità, una concreta e reale esperienza di vita. Medico, oggi Melazzini è direttore del Centro clinico NeMo specializzato nelle cura e ricerca delle malattie neuromuscolari e presidente dell’AISLA; in allegato al libro un dvd. Scataglini Carlo, Il sostegno è un caos calmo, Erickson, Gardolo Di Trento 2012, pp. 110, Euro 13. Il libro racconta la scuola, così come l’ha vissuta l’autore, e il lavoro dell’insegnante di sostegno. Emergono le fatiche, le tribolazioni, gli insuccessi e gli errori di un’esperienza di lavoro ventennale. Questi ultimi sono niente rispetto alla soddisfazione dei percorsi di integrazione che hanno avuto successo. Stella Giacomo, Savelli Enrico, Dislessia oggi, Erickson, Gardolo Di Trento 2011, pp. 93, Euro 10. Il libro analizza le pratiche cliniche ed educative correnti

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relative alla dislessia evolutiva; particolare attenzione viene rivolta ai problemi della diagnosi e del trattamento, da un lato, e dei percorsi di istruzione, dall’altro, evidenziandone le principali criticità e cercando di capire come potrebbero evolvere nei prossimi anni, anche per effetto della recente legge 170/2010 e dei decreti attuativi che l’accompagnano.

Giunipero Elisa, Robbiati Flaviana (a cura di), I Rom di via Rubattino, Paoline, Milano 2011, pp. 245, Euro 17,50. Per i bambini Rom del campo di via Rubattino, a Milano, la scuola è stata il primo luogo di un’interazione sociale non facile, ma possibile. Proprio a partire dalla loro scolarizzazione, per tanti residenti del quartiere oggi i rom non sono più una categoria di persone sconosciute e minacciose. Quella mattina del 19 novembre del 2009 durante lo sgombero del campo di via Rubattino, gli autori ricordano la forte mobilitazione dei cittadini in favore dei rom e dei loro diritti. Locchi Maria Chiara, I diritti degli stranieri, Carocci, Roma 2011, pp. 271, Euro 25. La disciplina della condizione di straniero negli ordinamenti europei (ma anche negli USA e nell’Islam) è il punto di riferimento di un’analisi che permette di evidenziare convergenze e differenze in particolare tra gli stati europei per quel che riguarda principi e valori costituzionali e politiche migratorie. La prospettiva storica consente di ricostruire e se necessario decostruire la nascita e l’affermarsi di categorie e istituti giuridici assunti talvolta come dati incontestabili. Marceglia Silvia, Portami con te, Il Segno dei Gabrielli, Negarine di S. Pietro Cariano 2012, pp. 160, Euro 12. Greta e David sono i due protagonisti di questa storia ambientata a Verona: studenti dello steso liceo, lui è nigeriano e musulmano. Iniziano a frequentarsi e si innamorano, ma vengono travolti dai fenomeni di xenofobismo e razzismo che scoppiano nella città. L’ignoranza e la paura del diverso li separano, ma forse la loro voglia di futuro riuscirà ad essere più forte… Sasso Chiara, Riace, terra di accoglienza, Gruppo Abele, Torino 2012, pp. 117, Euro 10. In seguito agli sbarchi di immigrati sulle coste di Lampedusa a partire dagli anni novanta e in particolare nell’estate del 2008, Riace, piccolo paese della Locride, decide di ospitare centinaia di profughi, accogliendoli nelle case sfitte e disabitate. Un progetto di solidarietà in una zona depressa della Calabria; la trasformazione del fenomeno migratorio da minaccia ad opportunità, economica e culturale.

Tressoldi Patrizio E., Vio Claudio, Il trattamento dei disturbi dell’apprendimento scolastico, Erickson, Gardolo Di Trento 2012, pp. 160, Euro 21. Il testo fornisce le indicazioni per il trattamento dei diversi disturbi specifici dell’apprendimento. Al suo interno sono riportati: un inventario ragionato di tutti gli strumenti oggi disponibili in Italia fondamentali per il percorso riabilitativo e per le problematiche associate e indicazioni utili per la valutazione degli esiti degli interventi clinico-riabilitativi. Venuti Paola, Intervento e riabilitazione nei disturbi dello spettro autistico, Carocci, Roma 2012, pp. 203, Euro 21. Il libro vuole far chiarezza sui possibili interventi a soggetti di diversa età che manifestano disturbi dello spettro autistico. Viene presentato il lavoro clinico e di ricerca condotto presso il Laboratorio di Osservazione, Diagnosi e Formazione dell’Università di Trento, finalizzato ad individuare gli indicatori precoci nella diagnosi di autismo ed effettuare uno studio approfondito della relazione genitore-figlio. Vicari Stefano, Valeri Giovanni, Fava Leonardo, L’autismo, Il Mulino, Bologna 2012, pp. 296, Euro 24. Il volume riassume le conoscenze più recenti e scientificamente fondate in materia di autismo: dalle caratteristiche neurobiologiche del disturbo alle ipotesi cognitive che lo descrivono, fino ai trattamenti. In particolare, viene presentato il modello terapeutico basato su un approccio neocomportamentale, che valorizza il coinvolgimento dei genitori, attuato nel Centro per il trattamento dell’autismo “Una breccia nel muro” a Roma.

immigrazione Baroncelli Carla, E la casa dov’è?, Ediesse, Roma 2012, pp. 223, Euro 10. Racconti di vita che aiutano a capire la complessità di quello che viene definito “disagio adulto” e ad individuare possibili interventi sociali. Si tratta di un impegno portato avanti dai volontari del Comitato cittadino antidroga di Ravenna, che gestiscono il dormitorio pubblico Re di Girgenti, presso il quale, ogni giorno, molte persone suonano chiedendo asilo.

internazionale AA.VV., Atlante delle guerre e dei conflitti nel mondo, Terra Nuova, Roma 2011, pp. 236, Euro 20. Si tratta della terza edizione dell’Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo, realizzato in collaborazione con l’Alto Commissariato per i Rifugiati dell’Onu; le schede dedicate ai conflitti (divisi per continente) sono divise in quattro punti: situazione attuale e ultimi sviluppi, per cosa si combatte, quadro generale. La documentazione è impreziosita da numerose foto e cartine geografiche. De Bellaigue Christopher, Terra ribelle, Edt, Torino 2011, pp. 317, Euro 22. L’autore, giornalista inglese corrispondente estero in Turchia, inizia ad interessarsi al passato di questa moderna nazione e si reca nella remota regione di Varto (Anatolia orientale) dove ha avuto luogo uno dei più feroci massacri ai danni della minoranza etnica degli armeni. I risultati delle sue ricerche, interviste con gli esuli

De Luca Vittorio, Siamo tutti migranti, Paoline, Milano 2012, pp. 184, Euro 14. Nel volume viene argomentata l’importanza di giungere ad una pacifica convivenza con gli stranieri. La diffidenza e la paura impediscono di vivere autenticamente le relazioni sociali e portano alla chiusura nei confronti dello straniero. Solo attraverso una conoscenza approfondita del variegato fenomeno migratorio, è possibile far nascere un atteggiamento di apertura fiduciosa verso l’immigrato, di accoglienza e di serena convivenza. MAGGIO-AGOSTO

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sono raccolte in questo volume, che denuncia le colpe di un drammatico genocidio che il governo turco ancora oggi rifiuta di ammettere. Sanna Ignazio, I fondamentalismi nell’era della globalizzazione, Studium, Roma 2010, pp. 260, Euro 18. Il volume si interroga sugli squilibri, le diseguaglianze del processo della globalizzazione, a livello finanziario, religioso, dei diritti, della comunicazione e dell’informazione; un processo di disgregazione che favorisce la diffusione di fondamentalismi e l’affermazione delle chiusure identitarie. Nonostante tutto è possibile un’altra globalizzazione, fondata sull’economia civile ed umanizzata e sull’incontro con l’altro, per la condivisione di un’identità aperta, universalistica. Vincenti Umberto (a cura di), Codice dei diritti umani e fondamentali, Plus Edizioni, Pisa 2011, pp. 422, Euro 20. I diritti umani fondamentali vengono elencati e spiegati in questo codice a partire dalle principali documenti internazionali (convenzioni, carte e trattati); uno strumento non solo di conoscenza giuridica ma di promozione della solidarietà. Questi alcuni testi raccolti: dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, convezione sullo stato del rifugiato e dell’apolide, trattato di Lisbona, convenzione sui diritti delle persone con disabilità…

AA.VV., Dati e prospettive nelle adozioni internazionali, Istituto Degli Innocenti, Firenze 2012, pp. 267. Il rapporto prevede la rilevazione e lo studio sistematico dei dati inerenti le procedure di adozione internazionale in Italia relative all’anno 2011. In particolare, vengono rilevati i dati relativi ai soggetti e ai tempi dell’adozione e al percorso adottivo. Infine viene effettuata una comparazione di tipo internazionale tra i vari Paesi di accoglienza. Aime Marco, Fiabe nei barattoli, Emi, Bologna 2011, pp. 77, Euro 11. Si tratta di una seconda edizione di una raccolta di storie da raccontare ai bambini per informarli su problematiche ambientali, di economia globale, di sfruttamento dei lavoratori (anche minorenni) in parti povere del mondo….E queste fiabe illustrate sono ambientate pro“oprio in un supermercato dove la protagonista, la bambina Chiara, si perde, ed incontra tanti personaggi che le spiegano come vivere in modo diverso, rispettando la natura, gli altri e il proprio benessere. Cambi Franco, Di Bari Cosimo, Sarsini Daniela, Il mondo dell’infanzia, Apogeo, Milano 2012, pp. 246, Euro 16. Il testo ricostruisce l’iter di comprensione dell’infanzia a partire dal Settecento per arrivare ai giorni nostri attraverso tre prospettive dominanti: storico-teorica, culturale-sociale, scientifico-letteraria. Partendo da una prospettiva interpretativa di tipo pedagogico, gli autori hanno sottolineato il valore in sé dell’infanzia e la necessità di tutelarla e di comprenderla in maniera più approfondita. Daffi Gianluca, Prandolini Cristina, Mio figlio è un bullo?, Erickson, Gardolo Di Trento 2012, pp. 127, Euro 15. Il libro, partendo da una riflessione sulle false credenze riguardo ai bulli e al loro universo relazionale, indirizza lo sguardo dei genitori e degli insegnanti sugli elementi critici per comprendere i segnali di bullismo e intervenire sul soggetto prima che venga etichettato socialmente come “cattivo”. Acquistano importanza gli interventi sull’ambiente familiare, sulle competenze sociali del minore e sull’etica. Di Giorgio D., Donadoni M.A., Keìron: gioco e formazione, La Meridiana, Molfetta 2012, pp. 276, Euro 25. Il libro vuole essere una guida pratica, con esempi e riferimenti, per coloro che considerano il gioco come un importante strumento didattico. Vengono illustrati gli elementi generali sulla valutazione della performance formativa ottenuta: essi permettono ai partecipanti e ai committenti di comprendere pienamente il valore formativo di quanto hanno sperimentato. Fedeli Daniele, Attaccamento e apprendimento, Junior, Azzano San Paolo 2012, pp. 118, Euro 14. Il volume intende riflettere sulle basi relazionali dei processi di apprendimento, utilizzando la teoria dell’attaccamento come chiave per la comprensione del modo in cui il bambino organizza le proprie modalità conoscitive del mondo fisico e sociale. In particolare, l’accento viene posto sul rapporto tra attaccamento e apprendi-

lavoro Bianchi Ornella, Chianese Gloria (a cura di), Lavoro, salute, sicurezza, Ediesse, Roma 2011, pp. 478, Euro 25. Nel testo viene pubblicato un numero monografico degli Annali curati dalla Fondazione Giuseppe di Vittorio, dedicato al tema della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. La panoramica storica (che prende avvia dal Novecento) della prima parte introduce e offre spunti di confronto per i temi approfonditi di seguito: le normativa giuridica, l’evoluzione del ruolo del sindacato e le diverse politiche di tutela in Europa ed Italia. Ghirigato Italo, Comunicazione efficace, Lavoro, Roma 2011, pp. 110, Euro 10. Il libro è un manuale sulla comunicazione che ha come ambito applicativo la salute e sicurezza sul lavoro. Muovendosi su una linea esplicativa che passa dall’ “io” al “noi”, tratta: della comunicazione verbale e non verbale, dell’autostima, dell’ascolto attivo e dell’empatia, dell’assertività, della gestione dei conflitti con equilibrio e sobrietà ed infine, delle regole per la tenuta delle riunioni per un’efficace gestione delle dinamiche di gruppo. Orzes Rudy, Pra Baldi Alvaro, Sperimentazione di uno strumento per la valutazione di competenze trasversali nel sociale in situazione esperenziale e lavorative, Cleup, Padova 2011, pp. 127. Nel testo vengono analizzati i risultati della sperimentazione di un sistema di valutazione centrato sulle competenze trasversali necessarie nel mondo del lavoro cooperativo sociale, in particolare a livello manageriale. Il modello è strutturato nel confronto tra questionari autodescrittivi ed eteroosservativi (realizzati da parte di colleghi) per orientare il percorso lavorativo e formativo dei soggetti coinvolti. MAGGIO-AGOSTO

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mento: due diverse e sovrapponibili modalità di accostarsi alla costruzione dei propri stili cognitivi da parte del soggetto in età evolutiva. Ongari Barbara, Tomasi Francesca (a cura di), Nido d’infanzia 5, Erickson, Gardolo Di Trento 2012, pp. 172, Euro 17. Viene proposta una rassegna ampia di esperienze di ricerca effettuate in asilo nido aziendali e non: il nido aziendale delle Università di Trento e di Milano Bicocca, alcuni nidi municipali di Torino e di Roma, nidi gestiti dal comune di Cesena ed altri gestiti dalla Cooperativa Sociale Azalea di Verona. Secondo le autrici, la ricerca sui piccolissimi è la strada da percorrere se si vuole realizzare servizi educativi di qualità. Pè Alessandra, Ruggiu Antonella, Il giusto processo e la protezione del minore, Angeli, Milano 2011, pp. 253, Euro 24. Nei procedimenti minorili e familiari è sempre presente una dicotomia tra necessità del contraddittorio, parità delle parti, imparzialità del giudice, certezza dei tempi – da una parte – e l’assoluta prevalenza dell’interesse del minore su ogni altro interesse in gioco – dall’altra. Ne scaturiscono procedure del tutto peculiari e ancora in evoluzione, che nel volume vengono analizzate da una molteplicità di punti vista, fornendo utili spunti di approfondimento. Terranova Nadia, Amit Ofra, Bruno, Orecchio Acerbo, Roma 2012, pp. 36, Euro 16. Questo libro illustrato e cartonato per bambini racconta la storia di Bruno, un bambino che imparò a volare. E’ la storia di Bruno Schulz, scrittore e pittore ebreo polacco, morto nel ghetto di una piccola città della Galizia durante l’occupazione nazista. Le immagini e la storia restituiscono il ritratto di questo artista dalla testa grande e lo spirito ludico e fantastico dei bambini.

di Firenze è stato avviato il Laboratorio permanente per l’Educazione alla Pace, un fantastico atelier in cui progettare, sperimentare e monitorare percorsi di formazione per la pace. Questo laboratorio permanente ha scelto come paradigmi teorici e metodologici di riferimento la nonviolenza e la maieutica reciproca, mettendo in luce il suo carattere trasformativo. Bellettato Enzo, Diario di un obiettore, Emi, Bologna 2012, pp. 253, Euro 14. Enzo Bellettatto racconta la sua esperienza di obiettore di coscienza; era il 1968 quando l’autore dopo aver iniziato il servizio militare chiede di poter essere trasferito al servizio civile usufruendo della legge Pedini. Questa possibilità gli viene negata e lui decide di fare obiezione di coscienza e si rifiuta di proseguire il servizio militare; viene quindi arrestato e incarcerato per disobbedienza militare. Di Sisto Monica, Un commercio più equo, Altreconomia, Milano 2011, pp. 142, Euro 12. Sono passati trenta anni, da quando nel 1980, è nata la prima Bottega del mondo a Bolzano. Nel testo vengono ricostruite le radici del movimento equosolidale, le peculiarità dell’esperienza italiana, le problematiche, i cambiamenti e le sfide future per promuovere relazioni sociali ed economiche fondate sulla reciprocità, la cooperazione e la giustizia. Novara Daniele, Litigare per crescere, Erickson, Gardolo Di Trento 2010, pp. 202, Euro 19. In questo libro il litigio viene considerato come occasione per apprendere nuove competenze e garantire al gruppo una maggiore coesione, una maggiore capacità integrativa: il conflitto come possibilità di sperimentarsi, mettersi alla prova, ma anche come opportunità di rafforzare il senso di appartenenza al gruppo stesso. All’educatore il compito di cercare di restituire il problema ai bambini, piuttosto che sottrarlo. Scalfaro Oscar Luigi, Una costituzione viva. vivissima, Cittadella, Assisi 2012, pp. 126, Euro 12. L’autore ripercorre le tappe che hanno portato all’elaborazione del testo della Carta Costituzionale, ricreando soprattutto il clima che ne ha caratterizzato i lavori e soffermandosi su episodi che rivelano gli umori e le passioni dei personaggi che hanno concorso alla sua redazione. Da ultimo, la controversa questione della riforma della Costituzione bocciata dal referendum popolare del 2006.

omosessualità Mcneill John, Cercare se stessi...per trovare Dio, Piagge Edizioni, Firenze 2011, pp. 51, Euro 5. Un’intervista al teologo John McNeill, che per primo si è fatto portavoce della critica teologica alla tradizionale condanna ecclesiastica delle relazioni lesbiche e gay, studiando il significato morale dell’omosessualità da tutti i punti di vista: teologico, biblico e psicologico. Ha fondato un gruppo di sostegno spirituale per gay e lesbiche, diventando uno dei pionieri della lotta per i diritti delle persone LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender).

politiche sociali AA.VV., 45° rapporto sulla situazione sociale del paese 2011, Angeli, Milano 2011, pp. 583, Euro 45. Il Rapporto Censis interpreta i più significativi fenomeni socio-ece“onomici del nostro Paese relativi all’anno 2011. Dopo una serie di considerazioni generali, viene analizzato il modello italiano, le cause del ristagno economico e i possibili percorsi di crescita. Vengono infine presentate le analisi per settori: la formazione, il lavoro e la rappresentanza, il welfare e la sanità, il territorio e le reti, i soggetti e i processi economici, i media, il governo pubblico, la sicurezza e la cittadinanza. Del Colle Enrico, Il welfare territoriale, Angeli, Milano 2012, pp. 174, Euro 21. La ricerca riportata all’interno del libro è finalizzata a valutare, in chiave prevalentemente quantitativa, le

pace AA.VV., Lezioni di cittadinanza, Gruppo Abele, Torino 2012, pp. 223, Euro 12. Un’antologia di interventi di intellettuali, magistrati, economisti, sacerdoti, medici che nella cornice di Fontanafredda, azienda agricola nelle Langhe, si sono confrontati in undici serate su temi della convivenza civile e l’armonia sociale. Al centro di questi reading di umanesimo 11 parole: futuro, informazione, legalità e costituzione, polis, integrazione, salute, armonia, terra, lavoro e ricerca, memoria, bellezza. AA.VV., Manuale di educazione alla pace, Junior, Azzano San Paolo 2012, pp. 342, Euro 32. Da alcuni anni nella facoltà di scienze della Formazione MAGGIO-AGOSTO

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differenti situazioni dei Paesi e dei territori europei in tema di welfare, ossia di tutela dei diritti sociali e di offerta di servizi alle persone, provando, poi, ad individuarne le esigenze più impellenti e ad elaborare metodologie volte ad assicurarne i miglioramenti e le convergenze verso obiettivi il più possibile omogenei. Folgheraiter Fabio, La grammatica del welfare, Erickson, Gardolo Di Trento 2011, pp. 85, Euro 9. Il libro affronta le dimensioni, le caratteristiche e le contraddittorietà dei sistemi di welfare postmoderni. In particolare, l’autore si sofferma ad osservare il momento generativo della “relazione di aiuto”, l’istante in cui avviene il primo contatto tra un operatore e un problema sociale determinato, sul quale applicarsi per risolverlo. Nicoli M. Augusta,pellegrino Vincenza (a cura di), L’empowerment nei servizi sanitari e sociali, Il Pensiero Scientifico, Roma 2011, pp. 258, Euro 18. Il libro, prendendo spunto da una elaborazione pratico-teorica sul tema dell’empowerment nei servizi sanitari e sociali dell’Emilia-Romagna, analizza i contesti e le modalità operative attraverso cui “l’empowerment individuale”, ossia la capacità dei singoli di esprimersi e governare il proprio destino, possa divenire “empowerment della comunità”, e cioè degli stessi servizi. Violini Lorenza (a cura di), Verso il decentramento delle politiche di welfare, Giuffre’, Milano 2011, pp. 503, Euro 50. Gli interventi raccolti nel volume trattano di diritto alla salute e di organizzazione sanitaria, con una riflessione estesa, nella seconda parte, ad altri recenti orientamenti del diritto regionale in materia di Università, federalismo fiscale, istruzione e formazione professionale, disabilità. Nel settore della sanità, in particolare, gli studi di diritto regionale rispecchiano il clima conflittuale tra Stato e Regioni in materia di ripartizione delle competenze.

De Stefani Renzo, Psichiatria mia bella, Erickson, Gardolo Di Trento 2012, pp. 141, Euro 14. Il libro riporta storie di “matti” che, grazie all’aiuto dei familiari, amici, operatori e alla loro forza di volontà, hanno ritrovato la voglia di vivere, dimostrando che, assieme e con gli strumenti giusti, la “follia” si può curare. Attraverso due brevi racconti e undici ritratti, viene presentato un approccio innovativo e originale “fareassieme”, che il Servizio di salute mentale di Trento sta continuando ad attuare per affrontare con successo gli aspetti della malattia mentale. Fanelli C, Jerkov J., Sainte Fare Garnot D., Le mie sere con Lacan, Riuniti, Roma 2011, pp. 217, Euro 22. La figura, il pensiero di Lacan, ricostruito a partire dalle interviste a sei allievi, che lo hanno frequentato, ammirato e che si sono confrontati con lui sui temi essenziali della pratica psicoanalitica. Ci restituiscono, a partire da riferimenti teorici, clinici e aneddoti personali, la complessità e il fascino della ricerca sull’inconscio attraverso la psicoanalisi e la linguistica. Lombardozzi Alfredo, Psicoanalisi di gruppo, Borla, Roma 2012, pp. 248, Euro 30. Il volume, curato dall’Istituto di Psicoanalisi di Gruppo, è dedicato alla descrizione ed analisi degli strumenti e dell’efficacia del gruppo analitico nel trattamento dei disagi e delle sofferenze psichiche dei bambini e degli adolescenti. A partire dalle osservazioni cliniche degli autori che da anni svolgono percorsi di gruppo di psicoanalisi infantile, vengono delineati nuovi orizzonti teorici e terapeutici. Vicari Stefano, Villani Alberto, Psichiatria pratica dell’età evolutiva, Il Pensiero Scientifico, Roma 2012, pp. 292, Euro 22. Il manuale vuole essere uno strumento utile ad ampliare le conoscenze teoriche e pratiche sui disturbi psichiatrici in età evolutiva, in modo da mettere genitori, insegnati e pediatri nella condizione di riconoscere i primi segni, per avviare una diagnosi precoce e un trattamento tempestivo. Viene altresì ribadita l’importanza di una collaborazione attiva tra il Neuropsichiatra infantile e il Pediatra di famiglia, vero conoscitore della crescita del bambino.

psichiatria Borgna Eugenio, La solitudine dell’anima, Feltrinelli, Milano 2011, pp. 194, Euro 15. Una riflessione sugli aspetti psicologici, umani e spirituali “sulle solitudini della vita di ogni giorno” che muovono dolori fisici, sofferenze del corpo e dell’anima. L’autore, psichiatra, si è confrontato spesso con le diverse forme della solitudine che sottraggono alle relazioni e alla speranza; ne ha ricercato i tempi e le radici nelle emozioni interiori, e ricorrendo anche a testi poetici e narrativi, riscopre le parole per riscattare tanta sofferenza. Cielo Susanna, Ramella Benna Stefano, Il tempo di comunità, Antigone, Torino 2011, pp. 179, Euro 20. Nel testo viene contestualizzata la nascita e lo sviluppo delle comunità terapeutiche per pazienti psichiatrici (prima in Francia e Gran Bretagna e solo successivamente in Italia), evidenziando il significato nel superamento dell’istituzionalizzazione totale. Sono quindi descritti metodologie di intervento, percorsi riabilitativi nel ciclo di vita della famiglia, strumenti di lavoro (organizzazione, formazione e supervisione) in comunità. MAGGIO-AGOSTO

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psicologia AA.VV., In dialogo con l’inconscio, Scientifiche Magi, Roma 2011, pp. 102, Euro 16. I saggi raccolti all’interno del libro rappresentano una rilettura di alcuni temi fondanti della psicologia junghiana: l’immaginario psichico, gli archetipi, la sincronicità, il rapporto con l’Ombra e con l’inferiorità psichica, il sentimento religioso e la funzione trascendente. In rilievo, il lascito più importante, ovvero la relazione tra il sistema dell’Io e le immagini dell’inconscio. Albisetti Valerio, Liberi di amare, Paoline, Milano 2012, pp. 183, Euro 18,50. L’autore incentra la sua analisi sul tema dell’amore e invita i suoi lettori a non cadere nei due estremi che spesso caratterizzano le relazioni: il rifiuto o l’apoteosi dell’altro. Spiega che il rapporto con l’altro è determinato dal come ci relazioniamo con noi stessi nel cammino di maturazione per formare la nostra identità. È auspicabile pertanto riuscire a gestire le dinamiche tra il bisogno dell’altro, senza cadere nel suo sfruttamento, e il desiderio dell’altro, senza cadere nel suo possesso.

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le dei sopravvissuti a una calamità o a un grave incidente. Per descrivere le modalità di intervento si è fatto riferimento alle esperienze realizzate dagli Psicologi delle Emergenze Alfredo Rampi con il modello psicodinamico multiplo per le emergenze.

Aleo Salvatore, Di Nuovo Santo, Responsabilità penale e complessità. il diritto penale di fronte alle altre scienze sociali, Giuffre’, Milano 2011, pp. 207, Euro 19. Nato dal confronto tra un penalista ed uno psicologo, il libro rende conto degli intrecci complessi tra la nozione di responsabilità così come costruita nell’ambito del pensiero giuridico, in particolare a partire dall’ottocento fino al codice penale vigente, e il punto di vista della psicologia giuridica, con particolare riferimento al concetto di responsabilità morale. Emerge la necessità di un approccio integrato e capace trattare i singoli casi in maniera individualizzata. Bandelloni Laura, Maccafani Paride, Le bambine perfette, Cleup, Padova 2012, pp. 105, Euro 13. Tre brevi racconti per comprendere in modo esaustivo un argomento complesso come quello delle forme patologiche del comportamento alimentare: anoressia e bulimia. Nella seconda parte del libro “Come intervenire?” vengono affrontate le modalità d’intervento e d’aiuto, finalizzate a ritrovare una nuova consapevolezza di sé entro i termini di un’esistenza normale. Bramucci Andrea, G come gelosia, Cittadella, Assisi 2011, pp. 120, Euro 10. La gelosia ha il potere di influenzare e indirizzare le relazioni; essa assume forme diverse in ogni fase della nostra vita: nel bambino è litigiosa, nell’adolescente è competitiva, nell’adulto è alla ricerca di conferme e nei genitori all’inseguimento del tempo che fugge. Il volume approfondisce il sentimento della gelosia, i percorsi che può intraprendere, le fonti, le conseguenze psicopatologiche e ciò che ognuno può imparare dall’analisi di tale sentimento. Castiglioni Marco, Corradini Antonella, Modelli epistemologici in psicologia, Carocci, Roma 2011, pp. 231, Euro 21,50. Il testo indaga le radici epistemologiche della psicologia, passando in rassegna le principali teorie: comportamentismo, cognitivismo, costruzionismo sociale, l’approccio sistemico relazionale, la psicoanalisi; ogni approccio viene presentato negli elementi essenziali e vengono descritte i differenti paradigmi epistemologici. In conclusione, una riflessione sul dibattito tra scienze naturali e scienze dello spirito nell’Ottocento e tra cervello e mente delle neuroscienze oggi. Cucci Giovanni, P come perdono, Cittadella, Assisi 2011, pp. 110, Euro 10. Nel testo vengono descritte le difficoltà, ma anche i benefici psicologici ed emozionali del gesto del perdono; la persona che ha subito un male, e decide di intraprendere un percorso di liberazione e guarigione, verso l’altro ma soprattutto verso se stessi. Questo processo di liberazione viene analizzato dal punto di vista psicologico, e filosofico, spiegando come trasformare il rancore in empatia, in molte situazioni significhi tornare a vivere. Di Iorio Rita, Biondo Daniele (a cura di), Psicosoccorso, Scientifiche Magi, Roma 2011, pp. 232, Euro 18. Il libro esplicita i principi di base di primo soccorso psicologico che hanno orientato gli interventi volti a prevenire le potenziali conseguenze sulla salute mentaMAGGIO-AGOSTO

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Gini Gianluca, Psicologia dello sviluppo sociale, Laterza & Figli, Roma 2012, pp. 150, Euro 20. Il volume descrive come emerge, nel corso dello sviluppo, la capacità del bambino di comprendere il sistema relazionale e di interagire con gli individui in maniera competente. Dopo una rassegna dei principali modelli teorici e metodi di ricerca utili alla comprensione dello sviluppo sociale del bambino, si passa ad analizzare ambiti specifici dello sviluppo sociale: lo sviluppo del sé e della cognizione sociale, le relazioni con gli adulti, le relazioni con i pari e l’adattamento sociale. Goldwurm Gian Franco, Colombo Federico (a cura di), Psicologia positiva, Erickson, Gardolo Di Trento 2010, pp. 152, Euro 20. Il libro descrive l’esperienza degli autori che da anni operano nel campo della psicologia positiva, riportando le ricerche e gli interventi condotti anche all’estero, in particolare negli Stati Uniti d’America. Nel panorama scientifico italiano costituisce una novità per lo specifico taglio “applicativo” delle varie tecniche presentate volte a favorire il benessere, oltre che prevenire l’insorgenza della patologia mentale, o possibili ricadute psicopatologiche. Mastroberardino Serena, Psicologia della menzogna, Carocci, Roma 2012, pp. 123, Euro 10,50. Una guida che indaga il mondo della “bugia” e del suo manifestarsi dal punto di vista dello psicologo. Partendo dalla definizione del comportamento che indichiamo come menzogna e dai motivi che spingono a mentire, vengono descritti i disturbi della personalità di cui la menzogna patologica può essere sintomo; vengono inoltre illustrati gli strumenti utilizzati per identificare chi mente con l’utilizzo dell’analisi del comportamento o con l’ausilio di macchinari. Possamai Tiziano, Consulenza filosofica e postmodernità, Carocci, Roma 2011, pp. 124, Euro 14. Il testo si interroga sul ruolo della consulenza filosofica nell’attuale contesto storico-culturale; la nascita e l’affermazione di questa pratica come professione specifica, coincidono infatti con la diffusione del postmodernismo. Analizzando questo fenomeno, si studiano e ricercano anche i meccanismi sociali che lo sottendono e muovono, mettendo in luce contraddizioni e future potenzialità. Rinaldi Luigi, Stanzione Maria (a cura di), Le figure del vuoto, Borla, Roma 2012, pp. 190, Euro 25. Nel testo viene proposta una lettura con approccio psicoanalitico dell’esperienza soggettiva del vuoto che si manifesta in malesseri tipici della nostra società, quali l’anoressia, la bulimia, la depressione. In queste condizioni prevale il sentimento di mancato investimento dell’immagine di Sé; a partire dall’analisi di alcune storie cliniche, si evidenziano i presupposti teorici dei trattamenti, allargando l’orizzonte alle implicazioni culturali ed antropologiche di questi sintomi.

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sanità

Schachter Joseph, La seconda edizione della vita, Bollati Boringhieri, Torino 2011, pp. 254, Euro 18,50. A partire dalla lettura ed interpretazione di sette casi clinici, il testo descrive il lavoro psicoanalitico, soffermandosi sulle trasformazioni efficaci che sono avvenute nella vita di questi pazienti. A partire dall’analisi empirica delle terapie, vengono spiegati i meccanismi trasformativi della cura psicoanalitica, sottolineando la qualità della relazione tra terapeuta e paziente, il diverso esito rispetto ad altri modelli psicoterapeutici e l’applicabilità per patologie e disturbi diversi. Turoldo Fabrizio, Le malattie del desiderio, Cittadella, Assisi 2011, pp. 154, Euro 13,50. L’autore propone una riflessione filosofica ed eticomorale sulla tossicodipendenza e l’anoressia. Le definisce malattie del desiderio; i tossicodipendenti, così come le anoressiche e bulimiche, si ammalano perché non riescono a realizzare il fortissimo desiderio degli altri, o lo fanno solo in modo parziale e distorto: è necessario un doloroso percorso di introspezione e responsabilizzazione per riprendere contatto con se stessi e intrecciare relazione di autentico riconoscimento. Verlato Maria Luisa, Identità alla deriva, La Meridiana, Molfetta 2011, pp. 120, Euro 16. Le domande di questo libro sono nate riflettendo sui cambiamenti, in questi ultimi anni, nel lavoro con quegli adolescenti o giovani adulti, che al di là del disagio o della sofferenza per cui chiedono aiuto, sembrano sempre più smarriti, alla deriva, arrabbiati. Sono molto simili ai dubbi, agli interrogativi che si pongono genitori, insegnati, educatori, psicologi, sociologi. Cosa sta succedendo a queste nuove generazioni? Cosa è stato fatto bene? Come cambiare rotta?

Soranzo Barbieri Pia (a cura di), Il gatto e le farfalle, Cleup, Padova 2011, pp. 56, Euro 20. Si parla molto di umanizzazione delle cure oncologiche, di attenzione alla persona, ma all’atto pratico ogni individuo affronta il dramma a modo suo, spesso nel silenzio, nella solitudine. L’autrice, nonché moglie di un paziente che ha fatto parte di questo mondo, ha pensato che il disegno e la pittura potessero aiutare a superare l’angoscia di un periodo così doloroso. Viene illustrata l’esperienza del Laboratorio artistico IOV realizzato presso l’Istituto Oncologico Veneto. Taroni Francesco, Politiche sanitarie in Italia, Il Pensiero Scientifico, Roma 2011, pp. 336, Euro 26. Il libro tenta di ricostruire un resoconto del profilo politico ed intellettuale delle politiche sanitarie in Italia dal secondo dopoguerra all’inizio del nuovo secolo. Il quadro delle politiche pubbliche in Italia che emerge, viene comparato con il National Health Service britannico e con il sistema americano.

servizi sociali Folgheraiter Fabio, Fondamenti di metodologia relazionale, Erickson, Gardolo Di Trento 2011, pp. 643, Euro 38. Il volume intende approfondire il paradigma della relazione sociale nelle pratiche di welfare e delineare le potenzialità del caring accanto alle consuete modalità cliniche del curing. Nello specifico, l’autore fornisce il linguaggio e gli strumenti logici per approfondire l’essenza dei problemi sociali e predispone condizioni per la loro soluzione. Ripamonti Ennio, Collaborare, Carocci, Roma 2011, pp. 269, Euro 25. Il libro descrive l’importanza di operare nella direzione di un welfare societario e plurale basato su principi e metodologie capaci di valorizzare le risorse e le competenze, formali e informali, professionali e volontarie, presenti in una comunità, per affrontare problemi e migliorare la qualità di vita delle persone. La collaborazione diventa così il processo cardine del lavoro psicosociale della nostra epoca e l’orientamento guida per gli approcci partecipativi.

razzismo Bartoli Clelia, Razzisti per legge, Laterza & Figli, Roma 2012, pp. 180, Euro 12. La disuguaglianza può nascere dalle leggi, dando luogo a ciò che viene definito “razzismo istituzionale”. Il libro racconta diversi casi di questo tipo di razzismo nel nostro paese, che diventano spunto per riflessioni teoriche. Il razzismo è trasversale e persino razionale, nel senso che è una strategia “efficace” (non “giustificabile”) per gestire l’irruzione dell’altro, in una realtà sociale consolidata. Nella parte finale, un decalogo per ripensare le politiche dell’immigrazione. Eichengreen Lucille, Le donne e l’olocausto, Marsilio, Venezia 2012, pp. 154, Euro 14. Un libro di memoria che racconta la condizione femminile durante l’Olocausto; dal ghetto di Amburgo, al campo di sterminio di Auschwitz. Ricordi di donne, bambine, figlie, madri che raccontano anni di torture, fame, privazione della dignità; l’autrice, sopravvissuta a questo orrore, ormai anziana, restituisce loro in queste pagine il diritto di essere ricordate. Giannini Giorgio, Vittime dimenticate, Stampa Alternativa, Viterbo 2012, pp. 118, Euro 14. Il libro intende ricordare le vittime della barbarie nazista, affinché la loro tragedia non si ripeta. Rom, omosessuali, disabili, Testimoni di Geova perseguitati dai nazisti perché, per il loro modo di essere e di vivere, rappresentavano un “pericolo” per il Terzo Reich. MAGGIO-AGOSTO

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società Asslander Friedrich, Grun Anselm, Non ho tempo!, Paoline, Milano 2010, pp. 257, Euro 18,50. È evidente che la nostra vita, il nostro successo, la nostra gioia di vivere dipendono in maniera decisiva dal nostro rapporto con il tempo. “Non ho tempo” è una frase che ricorre spesso nel sentire comune. Gli autori hanno cercato di dimostrare come i problemi di tempo si possano risolvere con una consapevolezza spirituale, con un atteggiamento diverso, che mira più al progresso spirituale e personale che non al raggiungimento continuo di nuovi successi. Avagliano Mario, Palmieri Marco, Voci dal lager, Einaudi, Torino 2012, pp. 414, Euro 14. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, molti italiani vennero deportati nei campi di concentramento nazisti per motivi politici (partigiani, sospetti fiancheggiatori, coloro che si rifiutarono di prestare servizio nelle leve

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della RSI). Il libro raccoglie lettere (a familiari, amici, fidanzate…) e frammenti dei diari di alcuni deportati; testimonianze di drammi individuali che dolorosamente illustrano anche una terribile vicenda storica. Bagnasco Arnaldo, Taccuino sociologico, Laterza & Figli, Roma 2012, pp. 199, Euro 20. Una selezione guidata di temi e problemi propri degli studi e delle ricerche sociologiche più rilevanti per comprendere il mutamento sociale. Muovendo dalla angolazione della sociologia economica, il lavoro si occupa di cambiamenti del capitalismo, resistenze allo sviluppo e varietà regionale, teorie della società e questioni di metodo; lo fa attraverso l’opera di autori come Becattini, Gallino, Putnam, Beck, Boudon, Giddens, solo per citarne alcuni. Beck Ulrich, Disuguaglianza senza confini, Laterza & Figli, Roma 2011, pp. 57, Euro 9. La percezione della disuguaglianza sociale nella vita quotidiana, nella politica e nella ricerca si basa su una visione generale che pone confini territoriali, politici, economici, sociali e culturali. I confini territoriali, statali, economici, sociali e culturali pur continuano a sussistere non coesistono più. Questo aumento di intrecci e interazioni al di là delle frontiere nazionali, impone la rimisurazione della disuguaglianza sociale. Corlazzoli Alex, L’eredità, Altreconomia, Milano 2012, pp. 126, Euro 13. Il sottotitolo del testo recita: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, le loro idee camminano sulle nostre gambe. Sono raccolte infatti le testimonianze di coloro che hanno raccolto l’eredità di due magistrati nella lotta contro la mafia; giudici, avvocati, uomini e donne delle

forze dell’ordine, esponenti di associazione di volontariato, giornalisti, politici, familiare delle vittime (come Rita Borsellino) e anche pentiti che continuano dopo venti anni la loro lotta per la giustizia. De Bono Edward, Fai girare la testa, Erickson, Gardolo Di Trento 2011, pp. 194, Euro 14,50. Il libro, partendo dalla spiegazione di come il pensiero umano tradizionale risulti povero e incompiuto, arriva a suggerire un metodo di pensiero in grado di renderlo più efficace. Tale metodo deve essere frutto della creatività, della progettualità, della conoscenza, delle informazioni, della democrazia e della percezione. Ferraris Maurizio, Anima e iPad, Guanda, Parma 2011, pp. 185, Euro 16,50. Nel saggio l’autore ricorre alla tecnica, identificata con l’iPAd, per descrivere il funzionamento della mente umana, un apparato scrittorio, una tabula (di cartesiana memoria) dove sono registrate tracce. “Lo spirito è il risultato di iscrizioni e registrazioni dentro e fuori di noi”; un’interpretazione materialistica dello spirito che con prospettiva etica, escatologica e sociologica, sopravvive come memoria individuale e collettiva. Guarino Mario, Mercanti di parole, Dedalo, Bari 2012, pp. 301, Euro 16. Il libro ripercorre lo stato dell’informazione dal Ventennio fascista ad oggi. Durante la dittatura, giornalisti, scrittori e autori erano costretti in gran parte ad allinearsi al potere per poter esercitare il proprio lavoro e salvaguardare la propria vita; in un regime democratico il professionista della parola dovrebbe sentirsi libero da lacci d’ogni genere, in realtà, l’autore documenta con fatti, nomi e cognomi la persistenza di “asserviti ai poteri forti”.

Selezione di materiale come occasione di riflessione e formazione per il lavoro sociale I due quaderni sono pubblicati a cura della rivista Prospettive Sociali e Sanitarie nella collana I Quid, raccolte ragionate e commentate degli articoli che trattano specifici temi. Interazioni in rete presenta i risultati di una ricerca-azione che posto in essere due azioni: il dispositivo etnoclinico, sia per la cura dei disordini nella famiglia migrante sia come laboratorio di ricerca, formazione, consulenza e accompagnamento agli operatori della cura; il lavoro nel territorio con gruppi omoculturali, che condividono la stessa lingua madre, o gruppi religiosi, comunità etnico-nazionali per prendere contatto con i confini della trasformazione, e riformulare le nuove appartenenze che l'esperienza della migrazione suscita. In Povertà, esclusione sociale e politiche di contrasto vengono raccolti gli articoli pubblicati sulla rivista Prospettive Sociali e Sanitarie sul tema della povertà ed esclusione sociale dal 1993; nella selezione si è preferito scegliere quelli che consentivano di mettere a fuoco tre differenti chiavi di lettura del tema povertà: la configurazione del fenomeno, le politiche di contrasto ai diversi livelli di governo e l'integrazione tra misure di sostegno al reddito e di attivazione, in Italia ed in Europa. Maria Grazia Soldati, Giuliana Crescini, Interazioni in rete, Milano 2010, pp. 76, 10 euro, Daniela Mesini, Emanule Ranci Ortigosa (a cura di), Povertà, esclusione sociale e politiche di contrasto, Milano 2011, pp. 135, 10 euro MAGGIO-AGOSTO

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mostra che espressione d’istituzione e prodotto sociale, e che quindi sono anche possibili strategie di trasformazione verso una democrazia sessuale. Seccia Domenico, La mafia innominabile, La Meridiana, Molfetta 2011, pp. 157, Euro 16. L’autore racconta l’esperienza come sostituto procuratore presso la Direzione distrettuale antimafia di Bari. Efferati omicidi, tentati delitti, casi di lupara bianca,

Rea Caterina, Corpi senza frontiere, Dedalo, Bari 2012, pp. 174, Euro 16. Nel saggio il sesso e il corpo sono considerati nella loro dimensione storica, sociale e politica; la tesi argomentata è che si tratta di una categoria non originaria e naturale, ma frutto dei rapporti di potere e delle logiche della dominazione maschile. Partendo dalla lettura e confutazione dei pensieri essenzialisti e naturalisti, si di-

Strumenti per la didattica, l’educazione, la riabilitazione, il recupero e il sostegno I libri pubblicati dalla casa editrice Erickson, nella collana i Materiali, si propongono come preziosi strumenti per insegnanti, educatori, genitori per accompagnare i bambini e gli adolescenti lungo il percorso di conoscenza e di crescita individuale e sociale, con l’obiettivo di potenziare le abilità cognitive, emotive e relazionali di base delle giovani generazioni. Le parti introduttive che descrivono ed inquadrano gli argomenti trattati, sono arricchiti da materiale operativo: le schede contengono le attività, proposte, giochi con la spiegazione di obiettivi, destinatari, materiale necessario, spunti di valutazione e verifica. Storie per dodici mesi è pensato per la scuola dell’infanzia e al biennio della scuola primaria: accompagnati dal personaggio Picalù, i bambini scopriranno i cambiamenti che avvengono durante il trascorrere dei mesi e delle stagioni, attraverso storie da leggere insieme, disegni da realizzare, giochi e divertenti schede didattiche da colorare. Rivolto alla stessa fascia di età, Maschi contro femmine? presenta spunti di riflessione teorica e soprattutto itinerari didattici e ludici per educare i bambini e le bambine alla parità di genere, superando stereotipi, evidenziando le somiglianze e le differenze; spunti importante e facilmente realizzabili per mettere in pratica sin dai primi anni la pedagogia dell’uguaglianza, non solo a scuola ma anche nel contesto familiare (a cui è dedicato l’ultima parte del libro). Educazione alla cittadinanza si compone di schede operative sui principi fondamentali della Costituzione per formare futuri cittadini che conoscono la legge e i principi della democrazia e a questi si ispirano in ogni comportamento; le unità didattiche si compongono di proposte di letture per approfondire l’argomento (dal punto di vista sociologico, storico - costituzionale) prove di verifica e mappe concettuali per rappresentare e collegare le informazioni. Il primo volume di Storie per pensare propone percorsi didattici – rivolti a studenti della scuola primaria e secondaria finalizzati al potenziamento cognitivo – in particolare della creatività – a partire dall’ascolto di musica: i diversi training prendono avvio dalla narrazione di una storia, con il collegamento a schede operative (di ascolto, metacognitive), un glossario, la descrizione degli strumenti musicali e la biografia dei compositori. Il secondo volume invece, è composto da attività (training narrativi) e proposte per la scuola primaria, per il potenziamento di abilità cognitive e creative, a partire dallo sviluppo delle diverse forme di pensiero: motivante, flessibile, strategico (strategie di pianificazione, scelta del metodo di studio e problem solving, gestione dello stress in ambito scolastico) e focalizzato (diversi tipi di attenzione). In allegato al volume un CD. Mauro Neri, Storie per 12 mesi, Gardolo di Trento 2011, pp. 155, 18.50 euro; Roberta Fregona, Cristina Quaranti, Maschi contro femmine?, Gardolo di Trento 2011, pp. 152, 18.00 euro; Ferruccio Bianchi, Patrizia Farello, Educazione alla cittadinanza, Gardolo di Trento 2011, pp. 332, 19.50 euro; Barbara Colombo, Maria Chiara Mazzi, Storie per pensare. Volume 1, Gardolo di Trento 2010, pp. 235, 16.50 euro; Barbara Colombo, Storie per pensare. Volume 2, Gardolo di Trento 2011, pp. 177, 17.00 euro

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sparizioni di corpi, ammazzamenti in pieno centro, ricchezze sviluppatesi troppo velocemente: l’innominabile mafia Garganica che può essere combattuta ed estirpata attraverso la forza dell’impegno e della passione. Sen Amartya, L’azione giusta, Ediesse, Roma 2011, pp. 123, Euro 10. Il volume raccoglie i contributi di una giornata di studio con Amartya Sen, professore presso la Harvard University e Premio Nobel per l’economia nel 1998, che è stata interamente dedicata alla riflessione sulle crescenti ingiustizie evidenziabili nel tessuto sociale. Alla discussione sono seguite la presentazione di casi concreti di azione per la giustizia, promosse dal sindacato SPICGIL in diverse realtà territoriali.

Verdone Luciano, Una società senza valori può sopravvivere?, Paoline, Milano 2012, pp. 150, Euro 12,50. Il libro affronta l’analisi del progressivo dissolvimento dei miti dell’Occidente: il benessere senza fine, i posti fissi, gli stipendi, le pensioni intoccabili, i diritti sociali inalienabili, determinando il disorientamento e il malessere generalizzato. Ma se dei miti crollano, secondo l’autore, altri ne nascono; si possono così aprire le porte a nuovi scenari magari più umani e solidali.

volontariato AA.VV., Africa sognare oltre l’emergenza, Paoline, Milano 2012, pp. 269, Euro 16,50. La prima parte del libro ripercorre la strada fatta dall’autore Gino Filippini nei suoi primi venticinque anni di Africa. Successivi documenti svelano l’evoluzione che porterà l’autore all’impegno più sconvolgente della sua vita: i quindici anni passati a Korogocho, descritti nella seconda parte dalle lettere riportate in modo integrale. Infine gli approfondimenti sulla metodologia d’intervento nell’aiuto e sulla spiritualità.

Simone Raffaele, Presi nella rete, Garzanti, Milano 2012, pp. 227, Euro 17. Il volume esamina i cambiamenti che la mediasfera (i media che ci circondano) produce nella mente. In particolare, il riassestarsi della gerarchia degli organi di senso, il sorgere di inedite forme di intelligenza, la metamorfosi del testo scritto e la virtuale scomparsa del concetto di “autore”, gli slittamenti del modo di leggere e scrivere, la nascita di forme di vita “fasulle”. Infine, un’analisi dei movimenti di piazza mediati e regolati telematicamente, a partire dagli Indignados. Todorov Tzvetan, Di fronte all’estremo, Garzanti, Milano 2011, pp. 305, Euro 14. L’autore di questo saggio, Todorov Tzvetan filosofo e saggista bulgaro, a partire dalle esperienze dei lager nazisti e sovietici, propone una riflessione sull’esperienza psicologica e morale degli individui che sono sopravvissuti. Fulcro dell’analisi è comprendere come questo tragico passato si è proiettato sulla vita etica della società occidentale presente. Tonello Fabrizio, L’età dell’ignoranza, Bruno Mondadori, Milano 2012, pp. 151, Euro 15. Si sente parlare continuamente di “società dell’informazione”, ma in realtà, secondo l’autore, siamo entrati senza rendercene conto nella cosiddetta “età dell’ignoranza”. Ci sono molte persone ignoranti, nonostante ci troviamo a vivere in un’era in cui, grazie ad Internet e alla telefonia mobile, la conoscenza è a portata di mano e le comunicazioni sono istantanee. È auspicabile riappropriarsi di risorse etico-cognitive per non veder minate le basi della democrazia.

MAGGIO-AGOSTO

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Marelli Sergio, Ong: una storia da raccontare, Carocci, Roma 2011, pp. 182, Euro 20. Una riflessione critica sull’evoluzione delle Ong e della cooperazione internazionale. A partire dalla prima esperienza di volontariato internazionale, rappresentata dalla Croce Rossa (metà del 1900), la ricostruzione analizza le tappe principali di questa storia: il secondo dopo guerra, la nascita delle nazioni Unite, gi Anni ’70 e le origini della cooperazione governativa, gli Anni ’80 e l’affermazione delle ONG, il declino degli anni ’90, il caso Ruanda, la svolta dopo l’11 settembre. Rossi Emanuele, Zamagni Stefano (a cura di), Il terzo settore nell’Italia unita, Il Mulino, Bologna 2011, pp. 259, Euro 22. Il volume raccoglie alcuni saggi che ricostruiscono la storia del Terzo settore in Italia, a partire dall’Unità d’Italia fino ai nostri giorni. Emerge la diversità di considerazioni che lo Stato italiano ha avuto nel corso della sua storia nei riguardi del Terzo settore e i risultati raggiunti sul fronte sia del progresso civile, che dello sviluppo socio-economico.

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