A cura di. Le foto sapienti

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Cristina Cappelli Sergio Sut

Un giorno mentre stava attraversando un fiume Cura scorse del fango argilloso. Con idea ispirata lo raccolse e cominciò a forgiare una forma umana… Mentre contemplava ciò che aveva fatto, comparve Giove. Cura lo pregò di infondere parola e spirito a quel che aveva forgiato e Giove lo fece di buon grado. Quando però Cura volle dare un nome a ciò che aveva plasmato Giove pretese di imporre al manufatto il suo nome. Mentre Cura e Giove discutevano, comparve Terra e anche lei pretese di dare il suo nome a ciò che era stato plasmato con la sua materia. Chiesero a Saturno di fare da giudice ed egli sentenziò: “Tu Giove poiché hai dato lo spirito prenderai la sua anima dopo la morte e Tu Terra, che hai offerto il tuo corpo, alla sua morte avrai il suo corpo. Ma poiché è Cura che per prima diede forma a questo essere le starà accanto finchè vivrà. Poiché c’è tra voi una controversia sul nome, decido che sia chiamato Uomo, poiché è stato fatto dall’ Humus.

A cura di

(Igino, Liber fabularum)

Le foto sapienti

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COLLANA MEDIA&MEDINA

Non dicere ille secrita abboce


Cristina Cappelli

A CURA DI Le foto sapienti

Fotografie di Sergio Sut Copyright © 2008 Cartman Edizioni, Torino. Copyright © 2008 per le foto Sergio Sut. È vietata la riproduzione non autorizzata effettuata con qualsiasi mezzo, anche parziale. Cartman Edizioni Strada Cartman, 150 – 10132 Torino – Italia Tel./fax 0118905849 www.cartmanedizioni.it info@cartmanedizioni.it - redazione@cartmanedizioni.it Page layout: Paola Saporito In copertina: Iridescenze, Bruno Ciasca.

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Questo e-book è abbinato al volume A CURA DI. Narrazioni e pratiche di un lavoro sociale (Maria Teresa Battaglino e Cristina Cappelli)

ISBN 978-88-89671-08-5, F.to 240x165, 234 pp. (ill. b/n), euro 16,00


La vita quotidiana è cura. Il lavoro di cura è un caleidoscopio di eventi e di narrazioni possibili. Spesso è un lavoro invisibile. Alcuni mestieri, di donne e uomini, sono cura di un altro e dell’altro. Le donne sono da sempre artiste e maestre della cura nella vita di ogni giorno come nel lavoro domestico. Il pittore costruisce, il fotografo rivela. (S.Sontag) La fotografia… Si tratta in fondo, di cingere con una cornice una porzione del nostro campo visivo, mentre ci troviamo nel luogo giusto al momento giusto. Come gli scacchi o la scrittura è una questione di scelta tra una serie di possibilità, solo che, nel caso della fotografia, il loro numero non è finito, ma infinito. (J. Szarkowski)

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Un sapere nato e sedimentato nei gesti, nelle idee, nelle invenzioni ed “organizzazioni del fare”. Il lavoro di cura come miscellanea tra la memoria di noi e nuove capacità e competenze.

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Scrittura, tessitura e cura hanno molto in comune. Scrivere e tessere sono azioni che necessitano di cura ed il lavoro di cura è intreccio. Ma non c’è trama senza ordito.

Un telaio è un dizionario, un glossario, un’enciclopedia. Perché? Le parole non vengono a proposito; non hanno nulla di meccanico. No, è perché il tessitore, crea anche parole, e viola il territorio dei poeti, dà nomi alle cose che l’occhio non riesce a vedere. Ecco perché il telaio ha dato alla lingua più parole, più metafore, più modi di dire di tutti gli eserciti di scribacchini del mondo. […] 10

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Attraversati da una scrittura a volte incolta ma capace di esprimere con forza la necessità e l’urgenza che sono di ogni scrittura, i diari la rivelano nel suo momento sorgivo di segno, e di reliquia. […]In realtà tessere è semplice. Non è altro che una tecnica per intrecciare un filo trasversale detto trama o intreccio, ai lunghi fili dell’ordito, ad angolo retto. Per fare questo basta dividere i fili dell’ordito in modo tale da potervi passare la trama e poi richiuderli perché la tengano ferma. Tutto qui: ed è questo che governa ogni tessuto, in tutti i tempi e in tutti i regni della terra (A. Ghosh)

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Per affermare identità, cura di sé, testimonianza, memoria, volontà di resistere alla voragine del tempo, affondando e risalendo, raccontando, scrivendo (L. Gruef)

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Granai della memoria sono stati gli archivi della cooperativa. Gli Archivi Sociali, i cui documenti accompagnano la scrittura del libro, sono le fonti principali della pubblicazione. Un patrimonio di documenti raccolti fin dal 1988 e che prosegue tutt’ora. Archivi Sociali oggi è un bene pubblico, un archivio documentale ed una biblioteca. Trasformati in formato digitale sono consultabili anche via web. Voluti dalla Cooperativa sociale Progetto Muret nell’ambito delle attività svolte dal suo Centro studi e documentazione, che abita in: Spazzi, la Locanda degli Arrivanti Via Virle 21 Torino.

Intermezzo in ViaVirleVentuno tre imprese sociali: PROGETTO MURET LUCI NELLA CITTÀ ARCOBALENO Tre imprese d’amore e di denaro, come le chiamerebbe Antonia De Vita, Tra nuove palazzine e vecchie case, nel quartiere San Paolo a Torino, abitano un sogno ed un’ambizione. Il sogno: un luogo dove sfidare la sorte e il mercato. L’ambizione: offrire alla città una casa pubblica dove le differenze possono creare contaminazioni preziose, convivialità, nuovi pensieri e curiosi scambi.

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Sono tante le parole che si dicono, a volte diventa facile capirle, qualche volta è difficile capirsi. Parole, sono parole dette al vento che porta via con sé. E il dialogo tu sai meglio di me cos’è: un filo.

Nelle relazioni di cura c’è sempre un aspetto corporeo e uno invisibile…

L’ho tirato fra me e lui, con risolutezza, con ostinazione. Guardò alle case fuori dalla finestra. Su un filo della luce, in bilico come uccelli, stavano le parole. Sempre pronte a far tuffi e voli, a recapitare messaggi alati, a mettersi sventatamente a capo all’ingiù, a planare all’improvviso fra i rami di un pensiero. (G. Livi)

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…E quando il mio percorso individuale si inserisce in una dimensione collettiva io mi sento più forte, sento che sto dalla parte giusta… A partire dal nostro corpo possiamo arrivare ad una comprensione della realtà sociale e politica che tiene conto dei nostri limiti, delle nostre debolezze, delle nostre complessità. L’attenzione verso sé e gli altri, la capacità di non essere invadenti, un certo tipo di sensibilità, sono tutti strumenti utili non solo nel momento del massaggio, ma per stare al mondo in ogni istante.

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Io non voglio carezze e baci, voglio il sole, voglio fermare la malattia, vorrei essere una persona. Anni di manicomio. Dopo il decimo hai smesso di contarli. Hai ritrovato un quartiere distrutto.

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Quale miracolo ha permesso alla casa delle tue sofferenze di rimanere in piedi? Insomma si è sani per quella parte consentita dalle proprie difficoltà, dalle proprie debolezze…ed è subito sera

Vivo la mia vita insieme con altre persone, sono un essere umano. Mi piace stare solo in un angolo, solo, diviso dalla realtà della vita. Per questo vivo la mia vita aspettando solo giorni migliori.

Quando finalmente apro le antine, un mondo mi si presenta e le emozioni si muovono in me… A volte mi assale un senso di scoramento perché credo di non essere riuscito ad aiutare l’altro… “…tiriamo via dall’armadio, tutti gli abiti, sono tutti aggrovigliati. Ecco, così, via tutti. Ora ci dividiamo i compiti, io li ripiego e tu li riponi, cominciamo…“ e lì, fra una maglia ed una mutanda, un filo, ad un certo punto, compare, lo afferro, inizio a dipanarlo, spira dopo spira. Allora, in quel preciso istante, fra una maglia e una mutanda, mi sento bene, un po’ più in pace con me stesso…

Sono un essere umano. Le giornate passano una dietro l’altra si mangia, si beve, si gioca a carte, si prendono le medicine e poi si va a letto. Il mio sogno sarebbe quello di tornare a casa e vivere con i miei, felice. Vivere felice gli anni che passeranno.

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Dal grido di libertĂ , dalla domanda di libertĂ ... la rottura epistemologica che le realtĂ alternative al manicomio hanno portato alla luce.

Anche se quelli maggiormente evidenti sono i linguaggi della denuncia, della rivendicazione, ce ne sono altri, meno manifesti e dirompenti.

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Il manicomio non curava garantiva la ripetizione materiale e quotidiana a duro prezzo.

La casa ti dà molta libertà, averne una propria è un tesoro. È al contempo responsabilità e risorsa. 24

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La quotidianità si relaziona con la straordinarietà. Il gesto rinvia allo scambio, al dono, a volte si materializza in un abbraccio… quasi sempre le parole sono rischiose, perché esse rappresentano l’impotenza, lo scontro, il potere.

La cura è un’operazione complessa, dotata di temporalità imprevedibili, che attraverso gesti effimeri produce qualcosa di materiale come la vita dei corpi, è una attenzione multipla e mutevole, un vero corpo a corpo che di volta in volta stabilisce misure diverse per la sua stessa azione. (I. Farè) 26

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Portare per le strade la propria malattia e sofferenza può anche essere tollerato, ma ognuno rimane con il proprio fardello interiore se la malattia e la sofferenza non sono dicibili e se non hanno rappresentazioni sociali condivise. Questa consapevolezza era nata in ospedale nelle prime assemblee dei “matti”.

Se nel lavoro individuale il prendersi cura delle persone si intreccia con il prendersi cura degli spazi, facilitare relazioni, creare contesti collettivi di confronto, creare occasioni di scambio e di mutuo aiuto, nel lavoro sociale la cura si sposta nella comunità per rendere vivibile la cittadinanza acquisita. Nel lavoro di deistituzionalizzazione Degli Ospedali Psichiatrici l’assembla settimanale di comunità era l’officina progettuale in cui operatori e ospiti decidevano il funzionamento della stessa, la sua gestione e le sue regole. Dall’incontro e dallo scontro ci si misurava con un nuovo senso del vivere e si prendevano le decisioni… 28

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…da alcuni giorni è in difficoltà, non parla, è spesso in disparte, trema. Con gran fatica fa il proprio lavoro di pulizia. Invitata a fermarsi, rivolgendosi al proprio medico, reagisce con più impegno quasi a voler dimostrare che può farcela senza abbandonare e abbandonarsi, a chiudersi in casa. Intervengo, ne parliamo. Problemi di casa (abbandono del convivente), solitudine, il mondo contro. Le impongo di fermarsi, la mutua è un diritto, il contesto lavorativo ha le sue regole. La loro dirompenza non poteva avere dei messaggeri…

Il lavoro restituisce una dignità, un senso. Forse vale la pena ricordarlo, in un momento storico in cui tra il lavoro e il profitto sembra non sia rimasto più niente di mezzo. (Andrea Bajani)

Io, in mutua, non ci vado, al servizio non ci vado, non posso pensare di guardare le pareti di casa per 24 ore, non toglietemi l’unica opportunità per uscire di casa, il lavoro.

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La sua colf distese con cura sul letto del defunto i jeans, la camicia e il cappello sul cuscino, in modo da ricomporne le sembianze. - Perché ? – le chiesi. - Lui està ancora aqui – - Gli volevi bene? - Era buono come el pan. Ma estaba tanto mal, pobrecito. Siempre tormientado, siempre – - E da voi, in Perù, come si curano le persone tormentate? - La bruja prepara el brodo. Hay che se catturi un cane nero en plena luna, dopo se fa bollire la cabeza por alcune ore. - Invece delle medicine, bevono il brodo? - Sì señor, por un mes. Col brodo sarebbe guarito, ahora. Maria curva per via della schiena sempre dolente, reggeva il peso della vita quotidiana più di noi operatori del servizio psichiatrico. Cucinava, lavava, stirava e puliva la casa. E non solo quella! “E’ la mia mammina!” mi diceva avvolgendola, grande e grosso, tra le braccia, “questa qui ne sa più dei dottori!” soggiungeva ridendo. Ore 16.45 di un turno diurno a Villa Mainero. 15 minuti al termine della giornata di lavoro. In un impeto “educativo” decido che MP (infatti, mi soprannominò l’uomo dei bagni…) ha proprio bisogno di un bagno. La chiamo e inizia un dialogo assurdo in cui comincio a pensare come la mia trovata sia stata alquanto improvvida, ma proseguo…preparo tutto l’occorrente, prodotti di qualità, acqua alla giusta temperatura e così via…al momento buono la invito ad entrare nella vasca da bagno, lei annuisce tenendo in mano la sua gonna ‘stile Oxford’, la invito a posarla sulla sedia…mentre il tempo tiranno accelera le sue lancette, entra nella vasca con una gamba ed alla mia richiesta (vedete come cominciano a cambiare i termini…alla faccia dell’altro…il pensiero che mi sia fatto una “rupia” diventa realtà) di entrare anche con l’altra lei toglie la gamba precedente ed infila quella asciutta lasciandomi, dopo vari tentativi, di stucco … 32

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E’ attraverso la narrazione che una situazione acquisisce senso per sé e per gli altri perché è attraverso il narrare che vengono costruite le categorie che danno un nome ed un significato agli eventi narrati. Lo straordinario potere della conoscenza narrativa risiede, infatti, nel legame che, attraverso le narrazioni, le persone stabiliscono tra l’eccezionale e l’ordinario quando tentano di stabilire spiegazioni, giustificazioni ed interpretazioni dei comuni fatti quotidiani (S. Gherardi)

Ricercare altri punti di contatto, produrre nuovi nodi e legami per offrire altri e diversi sguardi. Scambiare e contaminarsi con i pensieri di chi ha incontrato la scrittura come avventura e desiderio di dialogare e comunicare, per passarsi un filo, intrecciare una conversazione. Con altri per realizzare un tessuto che possa essere utile oggi: un tessuto artigianale come artigianale è molta parte del lavoro sociale. La malattia può servire: io mi accorgo, incontrando le persone per strada, se sono tristi o felici veramente, vedo i loro sentimenti. Se la persona tende le mani, vuol dire che vuole aiutarmi, bisogna far tendere le mani in una maniera non aggressiva, non offensiva. 34

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Si può raccontare il lavoro di cura?

La narrazione è un processo che si snoda attraverso percorsi di memoria, dove ricordo e oblio si intrecciano in combinazioni mutevoli, sorrette da una ricerca di senso che lega indissolubilmente passato, presente e futuro.

L’esito della narrazione è una storia, entro la quale si cristallizza una molteplicità di elementi: fatti, opinioni, atteggiamenti, valori.

Sono storie da raccontare, da ascoltare, come potremmo dire, in tempi difficili, con Basaglia, abbiamo dimostrato che l’impossibile diventa possibile? Abbiamo imparato a pensare il nostro lavoro, a chi (davvero) sono stati i nostri maestri e con chi abbiamo fatto questa strada e quali segni ci hanno lasciato i nostri utenti e i nostri colleghi: questa narrazione può aiutarci a restituirci il senso del nostro lavoro, a scoprire nuovi gradi di libertà, oltre ai vincoli delle procedure, a condividere con gli altri (intrecciando altre narrazioni) questi significati, costruendo così un nuovo discorso pubblico sul nostro lavoro. 36

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