La casa delle magnolie Preview

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Lettering

Officine Bolzoni

Supervisione

Michele Foschini

Proofreading

Francesco Savino, Vanessa Nascimbene e Teresa de Pasquale

Volume stampato in quadricromia su carta Lecta Gardamatt rough da 140 g/m2 per gli interni e i risguardi. Copertina stampata in quadricromia su carta Lecta Gardamatt Art da 130 g/m2

Font del fumetto: CCDaveGibbonsLower (Comicraft).

Font del colophon: Divenire (C-A-S-T).

Stampato nel settembre 2023 presso Abo grafika d.o.o. - Ljubljana.

La citazione di pagina 100 è tratta da Guarire dagli attacchi di panico di Mario Troiano, Edizioni Magi, 2005.

Via Leopardi 8 – 20123 Milano chiedi@baopublishing.it – www.baopublishing.it

Il logo di BAO Publishing è stato creato da Cliff Chiang.

La casa delle magnolie è © 2023 Flavia Biondi. Per l’edizione italiana: © 2023 BAO Publishing. Tutti i diritti riservati.

ISBN: 978-88-3273-903-9

PRIMA EDIZIONE

CEO Caterina Marietti CCO Michele Foschini

Redazione Leonardo Favia, Lorenzo Bolzoni, Francesco Savino, Sara Bottaini, Vanessa Nascimbene e Teresa de Pasquale Ufficio commerciale Simone Pappalettera Ufficio stampa Daniela Odri Mazza e Chiara Calderone Ufficio amministrativo Alessandro Virgara e Debora Magagnotti

Alle scatole piene di foto, ai sorrisi di chi c’è e di chi c’è stato, siete la parte più viva dei miei ricordi e la mia casa.

Respira.
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Cerca di sentire il tuo peso.
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Tutti i pezzi sono al loro posto.
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Sei a casa.
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Casa.

Se casa è dove qualcuno aspetta il tuo rientro, allora temo di non averne più una.

So di aver sofferto, ma mentirei se dicessi che me li ricordo.

Ricordo però il tuo viso.

E ancora prima di esso il vento.

Quando penso alla mia infanzia faccio fatica a ricordarmi i volti delle persone.

Il vento che gonfiava i prati.

Che alzava la pelle d’oca sugli alberi.

Quel rumore maestoso che issava miliardi di steli come vele di un galeone.

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Quel rumore che riusciva a spegnermi.

A sollevarmi.

A farmi sentire parte del mondo.

Cerco di ricordarmi com’era vivere in quelle stanze.

Ricordo la casa immersa nel sole. Nel brusio di una campagna benevola.

Nei miei ricordi sorge imponente a guardia del mondo.

Ricordo le mie mani di bambina aggrapparsi alle cose.

I miei piedi nudi sul bordo degli infissi.

Tu che mi pulisci la bocca con il fazzoletto di stoffa.

Sempre di stoffa.

Tu che osservi il mio viso, seria.

Ricordo il succo delle pesche che mi rimane colloso sul viso e sulle mani.
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Sembri misurare i miei occhi, la mia bocca, la forma del mio viso.

Mi accarezzi il bordo delle orecchie e poi ridi.

Dici che sei contenta che sono al mondo.

Ridi e poi sorridi.

EHI.

CIAO! SEI ARRIVATA?

SÌ, PROPRIO ORA E CREDO DI AVER PORTATO A UN NUOVO LIVELLO IL CONCETTO DI BAGAGLIO PESANTE.

DIO, AMELIA! MA QUANTO SEI OSTINATA?

A OGNI MODO, DOPO QUELLO CHE È SUCCESSO…

… POSSO CAPIRE CHE NON VUOI DORMIRE LÌ. ANCHE IO AVREI DEI PROBLEMI.

MA SICURA CHE NON VUOI VENIRE QUI DA NOI? ALMENO STASERA.

IO TE L’AVEVO DETTO CHE SE VOLEVI VENIVO A PRENDERTI IN AEROPORTO IN MACCHINA! ERA ESATTAMENTE QUELLO IL PROBLEMA. QUALE?

NON VOLEVO.

TI VOGLIO BENE ANCHE IO!

SICURA.

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MI ARRANGIO. SUL SERIO, È PIENO DI ALBERGHI QUI IN PAESE. DAMMI UN PO’ DI TEMPO PER RIPRENDERMI DAL VOLO, POI MI FACCIO VIVA IO.

AH, SÌ? COME PER IL SUO FUNERALE? SAI DA QUANTO TEMPO NON TI FAI VIVA?

SONO DICIOTTO MESI, AMELIA. DICIOTTO.

Oggi so che quelle stanze sono chiuse.

E in molti qui in paese ne saranno contenti.

Per anni hanno inventato storie su quella casa.

Non mi piace immaginarla sola, vuota, immersa nel silenzio. Sono sicura che qualche rumore le faccia compagnia ancora oggi.

Le cicale.

Il vento. Una castagna che piove su una lamiera abbandonata.

Il legno che in inverno ricresce.

Che si ingrossa.

Il crepitio di tagli che si aprono nelle travi.

Che conquista. Un millimetro alla volta.

Un millimetro ogni dieci anni.

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PREGO, VADA PRIMA LEI.

Che nome ha quel suono?

AH?

COME?

AH, NO… IO DEVO PROPRIO REGISTRARMI E TUTTO QUANTO.

ANCHE IO, MA NON HO FRETTA, VADA AVANTI LEI.

IO SONO LENTA.

LENTA?

VADA PURE PER PRIMA.

IN COSA?

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A DIRE IL VERO NON HO ANCORA CHIARO QUANTO DEVO RESTARE.

IN TUTTO.

MI SCUSI, POSSO ASCOLTARE ANCHE IO?

OKAY, ALLORA.

MI SERVE UNA CAMERA PER UNA SETTIMANA.

CERTO, MERCOLEDÌ PROSSIMO COMPRESO?

POSSO PRENOTARE DI SETTIMANA IN SETTIMANA O ANCHE GIORNALMENTE?

CERTO, SE HAI LE ORECCHIE DOVRESTI RIUSCIRCI.

È CHE DOVEVO FARE LA STESSA DOMANDA.

AH, ECCO. ALLORA LO SPIEGHI A ENTRAMBE. COSÌ VELOCIZZIAMO.

SE LA SIGNORINA È LENTA, DICO.

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NO. SÌ.

MI PRENDE IN GIRO?

AHM…

A OGNI MODO NON PREOCCUPATEVI, POTETE RINNOVARE LA PRENOTAZIONE ANCHE GIORNALMENTE SE C’È LA DISPONIBILITÀ DELLE STANZE. CHE AL MOMENTO, NON VI NASCONDO, È PIÙ CHE AMPIA.

NON ABBIAMO MOLTI CLIENTI IN QUESTA STAGIONE.

NÉ IN QUESTA STAGIONE, NÉ IN UN’ALTRA!

SOLO UN PO’.

SAVERIO, STAI BONO!

VE LA CAMPO IO QUESTA PENSIONCINA, POTRÒ ALMENO APRIR BOCCA!

CERTO, ALLORA FACCIAMO CHE PRENOTO PER UNA SETTIMANA, INTANTO.

ANCHE IO.

PER FAVORE, IGNORATE IL SIGNOR FERRI, È IL NOSTRO CHIACCHIERONE PREFERITO. DICEVAMO…

MAGARI.

COME?

BENISSIMO, SIETE INSIEME?

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SCHERZAVO. AVETE UNA CAMERA CON BALCONE PER I FUMATORI ACCANITI?

CERTAMENTE, GRADISCE ANCHE LEI?

PERFETTO, VI CHIEDO UN DOCUMENTO.

NO, HO SMESSO. CIOÈ, VA BENISSIMO UNA STANZA QUALSIASI.

AH, SE POSSIBILE…

LE CHIEDEREI UN NUMERO DI STANZA CHE NON CONTENGA NÉ IL SETTE, NÉ IL NOVE, GRAZIE.

Conosco gli hotel. Amo gli hotel.

Ho lavorato come assistente di volo negli ultimi sette anni, ne ho visti centinaia.

ANCHE TU AL SECONDO PIANO? SÌ.

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Funzionano tutti allo stesso modo.

Prenotazione.

Documento.

Chiavi.

Una monoporzione di solitudine a tua completa disposizione.

È confortante e spaventoso.

POSSO CHIEDERTI DELLA COSA DEI NUMERI?

La cosa che mi piace degli hotel è che nelle loro stanze la mia insonnia sembra sempre più romantica.

Camera.
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NO.

“Un viaggiatore resta sveglio, assorto nei suoi pensieri.”

Suona molto meglio di “Nevrotica ventisettenne, complessata dalla sua esistenza, non riesce a dormire”.

È oltremodo irritante constatare che milioni di persone nel mondo in questo momento riposano e tu no.

Proprio tu, l’unica stronza che domani si reggerà a malapena in piedi. Di nuovo.

Il sonno è qualcosa che mi sfugge da anni. Credo che mi spaventi l’immobilità delle stanze. Mi coglie scoperta, mi costringe nei miei pensieri.
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Immagino il vento e fingo di dormire.

Come fanno gli altri.

Penso che, se mi sforzerò di essere una pecora, un giorno imparerò a belare.

Ma di rado funziona.

Sono io che non funziono.

Così conto.
Respiro.
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Forse perché mi ricorda la culla sferragliante di un treno.

… piano, piano…

Riesco a sonnecchiare solo se mi raggomitolo su qualcosa che non sia un letto.

Forse mi crea meno aspettative.

… riesco a dormire.

Se penso a questo, alle volte…

Finché qualcosa non mi prende improvvisamente alle spalle.

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Al mattino c’è qualche istante di pace appena apro gli occhi, e poi arriva.

Ma non so perché succede.

Mi cerca da sotto la pelle finché non mi trova.

È paura. È panico.

Perché tra poco non sentirò più le gambe.

È bile che mi risale lo stomaco.

Devo sedermi a terra, veloce.

So cos’è.

Le mie mani saranno pezzi di ghiaccio inutili.

E perderò il controllo della persona che credevo di essere.

Devo rannicchiarmi.

So che passa pian piano se resto immobile e aspetto. So che a un certo punto tornerò a essere me stessa.

i

Passa. Respira. Respira. Passa tutto. Passa sempre. Tutti pezzi sono al loro posto.
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