Air one marzo 2014

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i Viaggi del Gusto

AIR ONE MAGAZINE by VDG MAGAZINE I VIAGGI DEL GUSTO | ANNO 4 | N.34 | MENSILE | EURO 3,50

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marzo 2014

L’ITALIA CHE FA L’ITALIA ecco il nuovo Made in Italy che avanza

Qualità, saper fare, prodotti su misura, innovazione: così le nostre imprese vincono la crisi e fanno volare l’export PERSONAGGI

CIBO&TERRITORIO

WINE PASSION

STORIE

ITINERARI

CONSUMI&TENDENZE

Matteo Lunelli Alberto Zamperla Ghigi, pasta 100% italiana Costa, Cruciani, Valcucine

Basilico, profumo di Liguria Cinque Terre nel bicchiere La pasta di Campofilone Il Dolcetto di Dogliani Montagne sconosciute Spello, autentica Umbria

Roma: la mappa del gusto Birra e vino? Sì, si può!

I migliori hotel, al prezzo giusto


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Milano Fashion Week Milano Fashion Week

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editoriale di Domenico Marasco

domenico.marasco@vdgmagazine.it

Il magazine che promuove l'Italia C’è un’Italia che sta cambiando l’Italia: diamole fiducia e prendiamola ad esempio Cari lettori, l’ottimismo, per noi, è una religione. Non ci stancheremo mai di esserlo e di ricordarlo. A maggior ragione quando ci ritroviamo ad ascoltare i pianti e i vaticini delle cassandre che, nel nostro Paese, sono sempre più insistenti e numerose. Del resto – ne siamo perfettamente consapevoli – nel mondo dell’informazione, le brutte notizie, gli scenari apocalittici, le previsioni catastrofiche, fanno audience e fanno vendere copie. Tant’è. Noi però preferiamo andare controcorrente, nella convinzione che si può e si deve ripartire dall’Italia migliore, quell’Italia “che merita” e che quindi deve essere raccontata. L’Italia delle eccellenze fatta molto spesso da quelli che tempo fa ho definito “i soggetti silenziosi dello sviluppo”. Talenti artigianali, uomini, aziende che ogni giorno, invece che piangersi addosso per la crisi, chiedere aiuti allo Stato o scappare all’estero, mettono a frutto le loro capacità, rendendo onore a quella tradizione storica che è il Made in Italy. Questo numero è dedicato proprio a loro, a chi ha cambiato, sta cambiando o cambierà in futuro il Made in Italy. Un pezzo di Paese che malgrado la crisi e la recessione, riesce a imporsi nel mondo e dare più di una speranza alla nostra asfittica economia. È “l’Italia che fa l’Italia”, come ci hanno detto Unioncamere e Symbola, gli enti che hanno ispirato la nostra indagine. Un’Italia fatta di migliaia di piccole aziende che si sono inventate di tutto per farcela. L’Italia della raccolta differenziata inventata da un maestro elementare di Capannori, o quella di Costa Group che ha arredato bar, ristoranti e locali di mezzo mondo. L’Italia del pastificio Ghigi salvato dal fallimento grazie alla volontà degli agricoltori romagnoli.

E ancora, l’Italia del Gat di Scansano, vicino Grosseto, dove 6 ragazzi, aiutati da oltre 100 persone, hanno acquistano un casale per farci un’azienda agricola. L’Italia del preside De Biase, che nel Cilento, ai suoi alunni fa fare l’orto di verdure per far scoprire loro la natura e farli mangiare più sano, bandendo le merendine. Ecco, un’altra Italia, diversa da quella depressa e in ginocchio che siamo abituati a vedere, esiste già. Basta solo scoprirla, tirarla fuori, valorizzarne la storia e indicarla a mò di esempio per tutti gli altri. E in questo i media hanno una grande responsabilità. Bisogna insistere a scoprire i semi migliori sparsi per il Paese e aiutarli a crescere. E smetterla invece di star dietro a Fiat, Alcoa e ai carrozzoni vari che hanno appesantito l’Italia. Basta dare soldi a questa gente irriconoscente! Piuttosto riprendiamoci le fabbriche costruite con i soldi dei contribuenti. E si aiutino da oggi in poi solo quelle aziende che credono nel nostro Paese, ed eroicamente resistono, invece che scappare all’estero. Le rivoluzioni si fanno con il buonsenso in testa e i risultati in mano. E di questi rivoluzionari, fidatevi, in Italia ce ne sono tanti. Buona lettura e buon viaggio del gusto!

P.S. La copertina di questo numero, consentitemelo, voglio dedicarla idealmente a mio padre, antico mastro artigiano delle scarpe. Ciao papà, e che ti sia lieve la terra.

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sommario sommario marzo 2014

60

12 Almanacco di Barbanera

76

48

14 Appuntamenti

22 La salute nel piatto

Vitamina C, alleata frizzante

24 Scienza & vita

Così nasce il senso del gusto

34 Cover story In mezzo alla crisi che morde, i consumi stagnanti e i grandi gruppi in fuga all’estero, ci sono tante aziende tricolori che si sono rimboccate le maniche e, scommettendo su qualità e innovazione, hanno conquistato i mercati globali, riempiendo di nuovi significati il concetto stesso di Made in Italy: creatività, artigianalità industriale, lavoro su misura. È "l'Italia che fa l'Italia", quella che onora la sua tradizione, offrendo nuovi modelli vincenti grazie a prodotti "con l’anima" dietro ai quali c'è una storia da raccontare

panorama

inviaggio

28 Pagine nere

60 Montagne sconosciute

L'Italia che non ci piace: burocrazia, spot turistici falsi, Expo senza idee

30 Scenari alimentari: il vino Debole sul fronte interno, l'italian wine

68 Autentici scorci d'Umbria

spopola all'estero aprendo nuovi mercati

72 Trento in sole 24 ore

Margarine al posto del burro: così i grassi trans rovinano la nostra colazione al bar

50 Mangiare alla romana Indirizzi e tendenze per scoprire come si sta oggi a tavola all'ombra del Colosseo

54 L'Italia che merita

Ilovesud.it, storia di un progetto che mette assieme le eccellenze di Calabria

56 Gianmarco Tognazzi

Dai ricordi di papà Ugo alla nuova vita in campagna: l'attore si racconta a tavola

Come passare una giornata gustosa e divertente nella città "più vivibile d'Italia"

76 Mezzano di Primiero

i beni di lusso salveranno l'azienda-Italia

marzo 2014

Facciamo tappa a Spello, suggestivo borgo d'arte ai piedi di Monte Subasio

32 Fatti e contraffatti

48 Matteo Lunelli L'erede di Cantine Ferrari ci spiega come

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Vette, valli, rifugi: ecco degli itinerari insoliti dalla Sardegna alle Dolomiti

Cultura, tradizione, paesaggi incantati: un paese-gioiello nel cuore del Trentino

78 Idee per i ponti di Pasqua

Venezia, Budapest, Palermo, Praga: proposte per tutti i gusti e tutte le tasche



sommario sommario marzo 2014

110

88

94

126 le selezioni

cibo&territorio

104 La storia in cucina, il vermouth

82 La pasta di Campofilone

106 Dulcis in fundo

Storico vanto del centro marchigiano, i maccheroncini adesso sono anche Igp

84 Basilico, profumo di Liguria Tutte le strade del pesto portano a lui:

il simbolo gastronomico della regione

88 Cinque Terre nel bicchiere

Tra le vigne di Buranco, l'azienda che ha saputo cogliere lo spirito di Monterosso

92 Il dolcetto di Dogliani

Radici contadine e Dna piemontese doc per questo vino "che si fa in 13"

94 Formaggi a caglio vegetale

Il segreto? Sta nel fiore di cardo. E lo sanno bene casari, buongustai e vegani

piaceri 110 Le mani raccontano

Agnone e le campane del Papa: un'arte

millenaria che non smette mai di stupire

112 I piaceri di Bacco

Birra e vino: siamo sicuri che sia un matrimonio davvero impossibile?

114 L'Italia in mostra: ForlĂŹ

La cittĂ romagnola si veste di Liberty e c'invita a scoprire scorci e segreti golosi

115 Soste d'Arte 117 Bellezza&Benessere

100 Il buono a tavola

120 Libri letti per voi

102 Orto dei semplici, la cipolla

123 OspitalitĂ Italiana 124 Shopping

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contributors marzo 2014

magazine

i Viaggi del Gusto FRANCESCA NEGRI

CLAUDIO MODESTI

PAOLA GULA

IGINIO MASSARI

Trentina d'origine, ha traslocato, per amore, a Bergamo. Giornalista enogastronomica, ha 7 figli in libreria, uno in passeggino e uno nella cuccia. Famosa per il blog Geisha Gourmet e per i tacchi a spillo vertiginosi, colleziona macchine da scrivere e sciabole per il sabrage dello champagne. pag.72

Medico, sommelier, wine&food taster e selector, cuoco nomade in case altrui e molto altro. Dopo aver bevuto bene e meno bene, svariate esperienze culinarie e continue collisioni tra professione e passione, s'è messo a scrivere. Per parlare di cibo e vino e dei loro connubi. pag. 32

Trascorre la vita tra libri, assaggi e i 4 figli, sempre con il computer appresso pur di non perdere l’occasione di scrivere. Nonostante il lavoro di giornalista e assaggiatrice la porti in giro per il mondo, si sente un'inviata speciale che racconta le vicende gastronomiche di una delle provincie più vivaci d’Italia, quella di Cuneo. pag. 94

È considerato il Maestro dei Maestri Pasticceri italiani. Pluricampione del mondo di pasticceria, insegna la sua arte sublime in ogni angolo del globo. La St. George University di Bruxelles l’ha laureato dottore Honoris Causa in Scienze culinarie. Ma a parte cucinare, ama scrivere. Da qualche mese anche per VdG magazine. pag. 106

hanno collaborato a questo numero:

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ISA GRASSANO

IDA SANTILLI

SILVANA DELFUOCO

Lucana di nascita, bolognese d’adozione. Da piccola sognava di fare l’hostess o la giornalista. Quando s’è resa conto che non avrebbe superato l’1,60 di altezza, ha ripiegato sulla seconda opzione. Ma non ha rinunciato ai viaggi e al turismo, di cui scrive con passione e competenza. Tra voli aerei e pagine da riempire, trova anche il tempo per pubblicare libri. L'ultimo è "Colazione da Tiffany". pag. 77

Molisana trapiantata a Roma, ha mosso i primi passi però a Bologna come giornalista della night life in una frizzante guida alla città. Quindi si è messa a raccontare l’Italia nascosta, i borghi poco battuti, il folclore, la gastronomia. Da qualche mese viaggia su un territorio a forma di otto, il territorio del tango…d’altra parte, lei si definisce una donna d’altri tempi. pag. 50

Nata in Emilia e finita a Torino per i casi della vita, grazie alla sua esperienza di Assaggiatore di formaggi e di salumi e, soprattutto, di Giudice del Tartufo, dal 2003 è approdata al giornalismo enogastronomico. Il suo scheletro nell’armadio sono invece i troppi anni passati a tentare di insegnare il latino a generazioni di liceali recalcitranti. pagg. 92-104-114

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Lucrezia Balducci Laura Bernardi Locatelli Germana Cabrelle Piero Caltrin Olga Carlini Nadia Catarinangeli Marco Cattaneo Gilda Ciaruffoli Giovanni Cocco Elena Conti Maria Pia Fanciulli Eleonora Fatigati Beatrice Ghelardi Riccardo Lagorio Lucia Lipari Edoardo Meoli Nomisma Giuseppe Pulina Antonio Romeo Giovanni Russo Fondazione Veronesi

Direttore Responsabile Domenico Marasco Coordinatore editoriale Francesco Condoluci Grafica e impaginazione Daniel Addai Editing Gilda Ciaruffoli Foto Editor Gianluca Congiu Foto Giulio Barreri Editore: Opera Italia Srl Via Pola, 15 20124 Milano Presidente: Roberto Patti Stampa: PuntoWeb Srl 00040 Ariccia (Roma) Distribuzione Italia ME.PE. S.p.A. Abbonamenti Opera Italia Srl - Via Pola 15 - 20124 Milano Tel. 02.86886479 - fax 02.89053290 abbonamenti@vdgmagazine.it Il Servizio abbonati è in funzione dal lunedì al venerdì dalle 10,00 alle 12,30. L’abbonamento può avere inizio in qualsiasi periodo dell’anno. L’eventuale cambio di indirizzo è gratuito. Informare il Servizio abbonati almeno 20 giorni prima del trasferimento, allegando l’etichetta con la quale arriva la rivista. GARANZIA DI RISERVATEZZA PER GLI ABBONATI L’Editore garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi dell’art. 7 del D. leg. 196/2003 scrivendo a: Opera Italia Srl Sede legale: via Pola 15 - 20124 Milano Redazione: via Pola 15 - 20124 Milano tel. 02.8688641 - fax 02.89053290 Registrazione Tribunale di Milano n. 92 del 10/02/2011

Sito: www.vdgmagazine.it Segreteria: Monia Manzoni - Tel. 02.8688641 ufficiotraffico@vdgmagazine.it L’editore ha ricercato con ogni mezzo i titolari dei diritti fotografici senza riuscire a reperirli. È ovviamente a piena disposizione per assolvere quanto dovuto nei loro confronti

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almanacco di barbanera

di M. Pia Fanciulli

Rinascite primaverili Mutevole e repentino, imprevedibile e instabile, dominato com’è da un passaggio affascinante come l’equinozio di primavera. Marzo è il mese delle feste che anticamente celebravano l’avvio di un nuovo ciclo dell’uomo e della natura. In una campagna al suo primo risveglio

Belli e sani I fiori non sono solo belli da vedere ma possono essere anche un ottimo alleato per la nostra salute. Come le primule che, grazie ai principi che contengono, favoriscono i processi metabolici, hanno una forte azione espettorante, agiscono su cuore e polmoni. I loro fiori si potranno utilizzare per la preparazione di tisane contro emicranie e vertigini. Primule anche per i trattamenti di bellezza. Si può ad esempio fare un bagno di vapore per la pulizia del viso aggiungendo due manciate di fiori freschi e un cucchiaino di bicarbonato a un litro di acqua bollente. Dopo aver tenuto il viso sopra al vapore per cinque minuti, si risciacquerà la pelle con acqua fresca, per poi applicare una crema leggera.

Orti e dintorni

Da ricordare

Sole e Luna

Mercoledì 19 marzo – Festa del papà Si celebra Giuseppe, sposo di Maria, padre di Gesù, falegname, e per questo patrono degli artigiani. Ma sotto la sua barba lunga, sotto il suo mantello, si cela anche l’anno vecchio che lascia il posto alla primavera. Marzo era infatti nel calendario di Romolo il primo mese dell’anno, che moriva il 19 per rinascere il 21, antico Capodanno, giorno dell’equinozio di primavera, della “prima stagione”. Poi, dai primi anni del XX secolo, il giorno di San Giuseppe è diventato anche quello della Festa del papà.

Il Sole Il 1° sorge alle 06.36 e tramonta alle 17.50 L’11 sorge alle 06.19 e tramonta alle 18.02 Il 21 sorge alle 06.02 e tramonta alle 18.13

Giovedì 20 marzo – Equinozio di primavera Dopo il Capodanno, l’arrivo della primavera è forse, nei 365 giorni del calendario, il momento più denso di significati. Astronomicamente parlando è segnato dall’equinozio, in cui notte e dì hanno uguale durata. Andando indietro nel tempo, l’equinozio era affollato di riti e feste in cui la ripresa della vita seminava la terra di fuochi e soprattutto danze per assicurarsi buoni raccolti: più alti fossero stati i salti dei "ballerini", più alto sarebbe cresciuto il grano. 12

marzo 2014

Le giornate si allungano. Il 1° marzo si hanno 11 ore e 14 minuti di luce solare, mentre il 31 se ne hanno 12 ore e 39 minuti. Si guadagnano 85 minuti di luce solare. La Luna Il 1° sorge alle 06.18 e tramonta alle 18.18 L’11 tramonta alle 03.05 e sorge alle 13.19 Il 21 tramonta alle 08.36 e sorge alle 23.21 La Luna è all’Apogeo martedì 11 alle ore 21. È al Perigeo giovedì 27 alle ore 20. Luna in viaggio In questo mese i giorni favoriti dalla Luna per gli spostamenti sono: 22, 23, 26, 27.

Con la primavera arriva il momento delle grandi manovre nell’orto: in Luna calante è tempo di seminare all’aperto indivie, lattughe, spinaci, bietole e carote; a fine Luna interrare i tuberi di patata; in crescente seminare zucchine e zucche, pomodori da conserva, peperoni e melanzane. Nel giardino, in Luna calante mettere a dimora arbusti da fiore e bulbi estivi, e potare le siepi. E poi ci sono i prati che riprendono, generosi, a donarci le gustosissime erbe spontanee: cicoria, vitalba, raponzoli, strigoli e, a fine mese, i primi asparagi.

Saggezza popolare • Marzo un sole e un guazzo. • San Giuseppe (19 marzo) frittellaio, di frittelle ne fece un caldaio. • Non c’è marzo così bello, senza neve sopra il cappello. • Sole di marzo, acqua di mare, donna che fischia: non ti fidare. • Luna marzolina fa crescere l’insalatina.


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appuntamenti

Ci vediamo a Pisa... nel 2015 Se vi sentite sempre avanti sui vostri tempi e vi sembra che il mondo giri troppo lentamente, è forse arrivato il momento di un viaggio in toscana. Nella città della Torre Pendente infatti si svolgono, dal 22 al 25 marzo, i festeggiamenti del Capodanno Pisano, che in un batter d’occhio vi proietta avanti di almeno 10 mesi! di Beatrice Ghelardi

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marzo 2014

Foto di Massimo Lenzo

marzo

Il sole penetra dalla finestra rotonda. Un raggio colpisce l’uovo di marmo sulla mensola posta sopra il pergamo di Giovanni Pisano. È il mezzogiorno del 25 marzo e nel Duomo si celebra il Capodanno. La data prescelta come inizio del nuovo anno “in stile pisano”, vicina all’equinozio di primavera, è quella dell’Annunciazione della Vergine. Si tratta di una tradizione che risale al Medioevo – periodo glorioso per la Repubblica Marinara –, che è stata portata avanti fino

al 1749 e che oggi rivive ogni 25 marzo, appunto, in Piazza del Duomo. Che è poi quella “dei miracoli”, patrimonio dell’Umanità nonché meta di turisti provenienti da tutto il mondo per ammirare il suo Battistero, la Cattedrale in stile romanico pisano, i Musei dell’Opera del Duomo e delle Sinopie, il Camposanto monumentale e, ovviamente, la Torre Pendente. Quest’anno il Capodanno sarà festeggiato con quattro giorni di eventi, dal 22 al 25 marzo. Durante questo periodo la città si accenderà di luci, anche per ricordare la candidatura della luminaria di San Ranieri del 16 giugno come patrimonio dell’Umanità Unesco, e fuochi d’artificio piromusicali. Non mancheranno appuntamenti con la storia e con le degustazione di


prodotti tipici; il 25 marzo, infine, nel giorno del Capodanno, un corteo di figuranti in costume si muoverà fino a Piazza dei Miracoli, dove, alle 12 in punto, Pisa farà il suo (anticipato) ingresso nel 2015!

Città universitaria. Città di palazzi, torri, ponti, tradizioni, teatro, cultura. Vivace e fascinosa, anche quando si mostra nella verve delle grandi manifestazioni storiche del giugno: la succitata luminaria del patrono San Ranieri e il Gioco del Ponte. Città viva e di natura, negli spazi dell’orto botanico e della fortezza del Giardino Scotto. Passeggiando tra le sue case, le sue chiese e la sua arte, all’interno delle antiche mura incontriamo Piazza dei Cavalieri, sede della Scuola Normale Superiore. E ancora, dopo aver percorso i portici medievali di Borgo Stretto, facciamo sosta al mercato di frutta e verdura di Piazza delle Vettovaglie, e ammiriamo lo splendore dei Lungarni decantati da Leopardi. Camminando a pochi metri dal fiume incappiamo in rari tesori culturali: il Museo Nazionale di San Matteo, il centro esposizioni di Palazzo Blu, la Chiesa di Santa Maria della Spina, l’antica fortificazione della Cittadella. E ancora ci muoviamo tra i negozi di Corso Italia verso l’arte contemporanea del murale di Keith Haring Tuttomondo. Pisa è tutto questo, e anche una meta di gusto. Una sosta la merita la cecina, per esempio, torta a base di farina di ceci da assaggiare negli storici locali de Il Montino, in Vicolo del Monte, e Da Filippo, nei pressi della stazione. Da provare anche il cioccolato artigianale, i dolci e il tè di De Bondt, in Via San Martino, le meringhe alla panna da Salza, in Borgo Stretto, la pasticceria di Dolce Pisa, in Via Santa Maria. A tavola i ristoranti propongono ricette della tradizione, come la zuppa e la trippa alla pisana, le acciughe alla povera, le bruschette, il baccalà, la torta co’ bischeri. Vi viene forse in mente un menù migliore per festeggiare il nuovo (anzi nuovissimo!) anno?

Foto: Comune di Pisa

Gusto e buongusto

In apertura uno dei monumenti più celebri d'Italia, la Torre Pendente; a fianco, il Duomo cuore dei festeggiamenti per il Capodanno Pisano. Qui, un gruppo di figuranti in costume

Scelti per voi dove mangiare La sosta dei cavalieri Nel centro storico, cucina della tradizione: da assaggiare la ribollita. Prezzo medio menù di terra 35 euro; di mare 40 euro (bevande escluse) Via San Frediano, 3 – Pisa Tel. 050.9912410 www.sostadeicavalieri.it Ristorante Da Gino Sorico locale del litorale. Ottime la pasta con le acciughe fresche e la frittura di paranza. Prezzo medio (bevande escluse): 50 euro Via Curzolari, 2 – Marina di Pisa (Pi) Tel. 050.35408 www.daginoamarina.it Antico Ristoro Le Colombaie In un fienile ristrutturato, da provare il coniglio leprino viterbese in umido. Prezzo medio (bevande escluse): 30 euro Via Montanelli, San Miniato Basso – Catena (Pi) Tel. 0571.484220 www.lecolombaie.eu

dove dormire Grand Hotel Duomo Camere e suite, molte con vista sulla Torre, dotate di tutti i confort. Doppia da 89 euro Via Santa Maria, 94 – Pisa Tel. 050.561894 www.grandhotelduomo.it Abitalia Tower Plaza In prossimità del Parco di San Rossore. Piscina all’aperto e un angolo wellness. Doppia da 120 Via Caduti del Lavoro, 46 – Pisa Tel. 050.7846444 www.abitaliatowerplaza.it Locanda Sant’Agata Appena fuori dalla città, in un antico podere nobiliare. Raffinato anche il ristorante con carta degli oli del Monte Pisano. Doppia da 59 euro SS 12 dell’Abetone e del Brennero Km5+812 San Giuliano Terme (Pi) Tel. 050.820328 www.locandasantagata.it

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appuntamenti marzo

di Gilda Ciaruffoli

7-10 marzo Solo extra vergine

2-3 marzo toscana verace
 Terre di Toscana è l’appuntamento dedicato alla regione vinicola italiana per eccellenza con degustazioni accompagnate dal dialogo con i vignaioli, gli chef e gli artigiani locali. A incontrarsi nelle belle sale dell’Una Hotel, sul lungomare di Lido di Camaiore, 130 tra i più grandi vignaioli toscani, per offrire un panorama di oltre 600 etichette in rappresentanza di pressoché tutti i distretti vitivinicoli regionali. Evento nell’evento, Golosizia rappresenta il giusto corollario alla manifestazione grazie a sfiziosi cooking show e degustazioni dei migliori prodotti regionali.

Olio Capitale, salone degli oli extravergine tipici e di qualità, vi aspetta nelle prestigiose sale della Stazione Marittima di Trieste. Una location d’eccezione, completamente affacciata sul mare, che rimarca l’importanza dell’unico Salone italiano dedicato esclusivamente all’olio extra vergine d’oliva, nel cuore pulsante della città, permettendo così ai partecipanti di coniugare la bontà dell’olio con la bellezza di Trieste.

Trieste – Friuli Venezia Giulia www.oliocapitale.it

15-17 marzo Made in Marche Festival Tipicità è la manifestazione che propone a foodies, slow-trotters e amanti del cosiddetto “turismo esperienziale” l’occasione di gustare, nello spazio di un weekend, tutto il bello e il buono di questa caleidoscopica regione. Ricchissimo il cartellone di iniziative che coinvolgono i visitatori in questo affascinante viaggio del gusto, tra prelibatezze enogastronomiche e percorsi turistici inediti, con la possibilità di conoscere anche le eccellenze della produzione artigianale e fashion locale e scoprire paesaggi e borghi “segreti”.

Fermo – Marche

Lido di Camaiore (Lu) – Toscana

www.tipicita.it

www.terreditoscana.info

8-9 marzo Golosi, in marcia!

3-9 marzo Un brindisi lungo una settimana La Settimana della Birra Artigianale è un evento nato per promuovere e far conoscere le produzioni di qualità sull’intero territorio nazionale grazie a eventi e iniziative commerciali legati ai migliori microbirrifici. Un turbinio di appuntamenti dunque rivolti soprattutto al grande pubblico di neofiti e curiosi, che potranno sfruttare un’occasione unica per conoscere le meraviglie brassicole dei produttori artigianali.

Località varie www.settimanadellabirra.it 16

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Golosaria tra i castelli del Monferrato è il festival dedicato alle eccellenze gastronomiche e culturali ambientato in decine di manieri e nei borghi del Piemonte. Durante le giornate di manifestazione, il territorio si trasforma uno show room, dove i castelli aprono le loro porte per ospitare produttori di cose buone provenienti da ogni parte d’Italia (quelli del Golosario, per l’appunto) e offrire in degustazione il vino nuovo.

Località varie – Piemonte www.golosaria.it

15 marzo - 24 maggio Bollicine di primavera Passeggiare per le colline dell’Alta Marca andando alla scoperta di piccoli borghi, antiche pievi, vecchi castelli oppure immergersi nei verdi vigneti che costellano Valdobbiadene e Conegliano alla ricerca di cantine, sono solo alcune delle attività che si possono fare partecipando alla Primavera del Prosecco Superiore. Protagonisti della rassegna, i vini del territorio, al centro delle degustazioni proposte dalle 15 mostre del vino in programma.

Località varie – Veneto www.primaveradelprosecco.it


SKIAREA CAMPIGLIO:

I vostri sogni sono diventati realtĂ


appuntamenti marzo

21-23 marzo Nati con la valigia Le mini-vacanze sono sempre più diffuse, ma non si tratta di ferie brevi: ad aumentare sono i piccoli turisti, intesi come bambini e ragazzi in viaggio con la famiglia o da soli, senza mamma e papà. È proprio ai desideri e alle esigenze dei più piccoli che si rivolge Children’s Tour il Salone delle vacanze 0-14, che si svolge nel quartiere fieristico di Modena e rappresenta oggi in Italia l’unica occasione di incontro e confronto tra le esperienze turistiche rivolte alle famiglie e quelle rivolte ai soli ragazzi che viaggiano ad esempio con la scuola o le associazioni sportive. Qui i genitori potranno infatti incontrare direttamente località turistiche, villaggi, alberghi e strutture ricettive, parchi tematici, camp sportivi e centri per le vacanze studio, fattorie didattiche e percorsi naturalistici che hanno dato vita a servizi ad hoc per il target 0-14. Per i piccoli protagonisti gli espositori hanno predisposto numerose attività di intrattenimento per far sperimentare loro un “assaggio” di vacanza attraverso laboratori creativi, spettacoli e attività all’aperto.

Modena – Emilia Romagna www.childrenstour.it

21-23 marzo A lezione di verde Vita in Campagna è un evento pensato per gli appassionati di orto, giardino, vigneto e piccoli allevamenti, che offre loro centinaia di corsi gratuiti all’interno di una fattoria ricostruita in fiera. Tra le novità di quest’anno un padiglione interamente dedicato ai prodotti tipici nazionali, un corso di fotografia naturalistica con il 4 volte campione del mondo Maurizio Bonora, corsi di assaggio di olio e miele, per imparare a fare il pane in casa, per lavorare i campi con i cavalli e coltivare le piante officinali.

Montichiari (Bs) – Lombardia

16 -18 marzo Com’è dolce restare in forma Per chi non vuole rinunciare al piacere di una cucina di alto livello ma farebbe di tutto per restare in forma, quella di Gusto in Scena è l’occasione giusta per scoprire le ricette di alcuni grandi chef e pasticceri che hanno saputo sostituire, attraverso la ricerca e la creatività, ingredienti di cui spesso si abusa in cucina. Tema della sfida di quest’anno (che si svolge presso la Scuola Grande di San Giovanni Evangelista di Venezia) è infatti la Cucina del Senza... sale, zucchero o grassi che sia. Ospite d’onore, Iginio Massari con il suo plumcake senza zucchero.

Venezia – Veneto www.gustoinscena.it 18

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www.vitaincampagna.it



appuntamenti marzo

27-30 marzo Colori & Sapori di Primavera

21-30 marzo Stelle? Mai state così vicine Cene Stellate è la prima edizione in Italia dell’iniziativa, realizzata da Dining City, che ha lo scopo di avvicinare gli appassionati della buona cucina al mondo dell’alta ristorazione nazionale. Uno strumento anti-crisi che permette di far conoscere il vero volto delle eccellenze del nostro territorio grazie all’aiuto dei più grandi chef italiani. I locali partecipanti proporranno per la cena un menu di cinque portate a prezzi speciali: 55 euro nei ristoranti 1 stella Michelin, 70 nei 2 stelle e 80 nei 3 stelle.

L’ultimo appuntamento del 2014 con Fiori d’Inverno è una mostramercato dedicata ai 3 prodotti tipici del territorio: Radicchio Rosso Tardivo di Treviso, Asparago Bianco di Badoere e Radicchio Verdon, che costituiranno anche gli ingredienti base delle numerose specialità che si potranno gustare presso i vari stand gastronomici.

Quinto di Treviso (Tv) – Veneto www.fioridinverno.tv

28-30 marzo Per vivere etico Moda artigianale, iniziative per bimbi e famiglie, mobilità elettrica, nuove tecnologie applicate alla sostenibilità e all’arredamento a basso impatto ambientale... sono questi alcuni dei fili conduttori dell’edizione 2014 di Fa’ la cosa giusta! la fiera nazionale del consumo critico e degli stili di vita sostenibili che si svolge come sempre nei padiglioni di Fieramilanocity. Alla gastronomia è dedicata la sezione Mangia come parli, con molte novità dedicate all’alimentazione sostenibile, all’agricoltura biologica e biodinamica, di filiera corta, a km zero e vegana. In calendario mostre, lezioni di cucina, degustazioni, laboratori e incontri.

Milano – Lombardia http://falacosagiusta.terre.it

Località varie www.diningcity.com

28-30 marzo Pedala che ti passa

22-23 marzo Fai l’Italia più bella Le Giornate Fai di Primavera sono una sorta di grande festa popolare che quest’anno vedrà l’apertura straordinaria di oltre 700 luoghi “segreti” in tutte le regioni d’Italia. Un grande spettacolo di arte e bellezza che ha come protagonista centinaia di siti particolari, spesso inaccessibili e che eccezionalmente potranno essere ammirati dal pubblico. Oltre alle singole visite, il Fai propone svariati itinerari culturali: aree archeologiche, percorsi naturalistici, borghi, giardini, chiese, musei, castelli, come anche trekking e biciclettate.

Località varie www.giornatefai.it 20

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Tre giorni nello spazio verde più bello e amato del capoluogo Toscano per una manifestazione tutta dedicata alla bicicletta. È il Florence Bike Festival che animerà lo storico parco delle Cascine con esibizioni, laboratori, pedalate in compagnia, prodotti tipici e gastronomia ma anche convegni e incontri. Il tutto in sella alla nostra fidata "due ruote"!

Firenze – Toscana www.bicifi.it

30 marzo -13 aprile Il segreto dei fiori ghiacciati La Festa della Fioritura a Lana e dintorni ritorna ad animare la primavera altoatesina. Fitto il calendario degli eventi, durante i quali verrà svelto il segreto dei “fiori ghiacciati” con visite ai meleti e degustazioni guidate. Il percorso gastronomico porta anche alla scoperta dei "sapori del maso", mentre un apicoltore introduce al mondo delle api. L’evento si conclude con la Festa dei masi in fiore, percorso da maso a maso che rivela la bellezza della cultura e della tradizione locale.

Lana (Bz) – Trentino Alto Adige www.lana.info



la salute nel piatto

A cura della Redazione

scientifica Fondazione Veronesi testi di

Vitamina C, una frizzante alleata È la più nota, la più utilizzata e, probabilmente, la più amata. Perché assumerla, sotto forma di frutta e verdura o di compresse, è piacevole per tutti, anche per i più piccoli. Ed è un bene, perché oltre a prevenire i malanni stagionali, l’acido ascorbico aiuta il nostro organismo in modi che forse neanche immaginiamo

Per saperne di più:

www.fondazioneveronesi.it

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Si può dire di una vitamina che è simpatica? È improprio, ma per la C uno strappo lo si può fare. C’è questa storia che a prenderla, in agrumi o in pastiglie, allontana d’inverno i raffreddori e gli altri mali da raffreddamento. C’è che a ingerirla in polvere sciolta in acqua o in compresse ha quel gradevole sapore “frizzante” di arancia o limone. C’è poi la vicenda epocale della sua vittoria contro una malattia che nei secoli ha afflitto in particolare i marinai delle navigazioni lunghe mesi a causa della mancanza di frutta e verdure fresche nella loro alimentazione. Scorbuto è il nome della patologia da carenza di vitamina C che fu capita da un chirurgo della marina militare inglese, James Lind, a metà del Settecento facendo esperimenti, a bordo della sua nave, di diete diverse somministrate a diversi gruppi di marinai. E per sottolineare le doti della vitamina C è sufficiente ricordare cosa lo scorbuto provocasse: fragilità capillare e ossea, san-

Donatella Barus

guinamento delle gengive e perdita di denti, spossatezza, disturbi del sistema nervoso... Non è poco, dunque, quello da cui possono salvarci, come terapia preventiva, un’arancia o un kiwi! Ma per il benessere del nostro organismo la sostanza che viene chiamata pure acido ascorbico (da “scorbuto”, appunto, con il prefisso “a” di negazione) fa ben di più. Intanto è un forte antiossidante, favorendo l’eliminazione di radicali liberi e ostacolando i processi di invecchiamento; protegge dall’ossidazione le vitamine A ed E; facilita l’assorbimento del ferro contenuto in altri alimenti. Grazie alla sua azione positiva sulla sintesi del collagene, è in grado di irrobustire i vasi sanguigni, aiuta la guarigione delle ferite e delle fratture ossee e mantiene sani denti e gengive. Ci sono anche indizi che la vitamina C possa contribuire a proteggere dall’insorgenza del tumore all’esofago. Ce n’è abbastanza per avere in simpatia questa vitamina?

Un pizzico di pepe Di quanta vitamina C abbiamo bisogno e dove si trova? La nostra necessità giornaliera è di 60-70 mg e a “saldare il conto” possono bastare 100 gr di peperoni crudi (151 mg di vitamina C) o di cavolfiore (60 mg). Altri alimenti ricchi di acido ascorbico sono: arance, limoni, mandarini, fragole, kiwi, mango, papaya, patate, pepe piccante e dolce, pepe verde, pomodori, ribes nero e rosso, peperoni rossi, broccoli, cavolini di Bruxelles, cavoli, cavoli ricci, crescione. Attenzione però: la vitamina C è insidiata dalla luce e dal calore. Preferite dunque cotture brevi e a fuoco basso e tenete gli alimenti che la contengono al buio.



scienza e vita

di Giuseppe Pulina Professore di Zootecnia speciale all’Università di Sassari

Tale madre tale figlio...

L’avrete certamente pensato ma forse non vi siete mai chiesti davvero il perché la minestra mangiata nella propria infanzia sia sempre (e per tutti) la più buona! E no, il merito non sta negli ingredienti genuini né nella maestria ai fornelli delle donne di una volta. Il “merito” è dell’epigenetica. Scopriamo insieme di cosa si tratta

Che la minestra della nonna sia sempre la più buona è universalmente risaputo. Meno noto è il perché. Questa percezione comune oggi è sostanziata da prime evidenze scientifiche che iniziano a gettare una nuova luce sulle modalità con le quali il gusto è condizionato negli animali e nell’uomo dall’ambiente materno e che in alcuni casi può essere trasmesso alla progenie. Ce ne parla il professor Antonello Cannas, ordinario di alimentazione e nutrizione animale all’Università di Sassari. Iniziamo a capire quali sono le modalità con cui riconosciamo il cibo e ci predisponiamo a mangiarlo... Diciamo subito che sono i sensi periferici a ricoprire un ruolo fondamentale nel controllo dell’assunzione del cibo. La percezione del cibo inizia infatti con l’acquisizione di informazioni riguardanti il suo sapore che vengono trasmesse alle diverse zone del cervello che consentono una discriminazione dei nutrienti in base proprio a gusto, olfatto e consistenza. Un concetto chiave in questo senso è quello di appetibilità di un alimento, termine che fa ancora discutere la comunità scientifica, ma che potremmo definire come il frutto dell’interrelazione tra il suo sapore e i suoi effetti postingestivi, e che quindi deriva dalle caratteristiche chimiche e fisiche dell’alimento mediate dallo stato nutrizionale dell’uomo e dall’esperienza precedente (effetti post-digestivi su benessere, salute...) nell’assunzione di alimenti con sapori simili. 24

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Si tratta in sostanza di risposte mediate dall’esperienza che ciascuno di noi matura nell’arco della sua vita... o c’è dell’altro? Effettivamente c’è dell’altro. Questa definizione di appetibilità infatti non tiene conto delle conoscenze, per certi versi strabilianti, sviluppate negli ultimi anni dall’epigenetica, una branca della genetica che studia tutte le modificazioni “ereditabili” che, pur senza alterare il Dna, influenzano l’espressione genica durante tutta la vita di un animale e, talvolta, in quella della sua discendenza. Questi effetti “impronta” sul genoma avvengono già nelle fasi più precoci della formazione di un embrione e proseguono nelle fasi di vita giovanile di animali e uomini. Le ricerche sull’uomo sono sinora limitate, mentre sono molto più vaste e complete quelle sugli animali. Ci faccia un esempio... Possiamo citare una ricerca condotta sugli ovini che si è basata sulla somministrazione ad alcune pecore in gravidanza di alimenti aromatizzanti con origano, ad altre degli stessi alimenti senza l’origano. Dopo i parti, si è osservato che gli agnelli nati dalle pecore del primo gruppo avevano acquisito dalle madri una forte preferenza per alimenti con origano. La cosa strabiliante è che questa preferenza negli agnelli era mantenuta per tutta la loro vita, e questo per il fatto che nella fase prenatale il loro genoma si era espresso in maniera da sviluppare, permanentemente, la sensibilità verso il sapore dell’origano modificando il numero e il tipo di recettori olfattivi e gustativi. Non si tratta quindi di una semplice memorizzazione di un sapore, ma di una modificazione permanente del sistema sensoriale dell’animale. Dunque, ciò che mangia la madre è ricordato dal figlio per tutta la vita? Anche di più. La nutrizione della madre non solo determina un effetto permanente nei figli, ma talvolta tale effetto è ereditabile per alcune generazioni. Questi meccanismi spiegano perché i cibi della nonna, che magari la madre mangiava in gravidanza, sono sempre e comunque più buoni degli altri, o perché ci siano marcate differenze nelle preferenze dei sapori fra le varie popolazioni del pianeta. L’epigenetica viene ora studiata anche per spiegare tante malattie nutrizionali e metaboliche o le dipendenze da varie sostanze. In conclusione: una futura madre può condizionare le preferenze alimentari dei

La nutrizione della madre determina effetti importanti nelle preferenze alimentari dei figli. Per fortuna però la variabilità dei recettori sensoriali ci permette di educare il nostro gusto e di apprezzare sapori nuovi

figli durante la gravidanza? Dal punto di vista nutrizionale, l’epigenetica potrebbe essere utilizzata per condizionare in maniera positiva (ma anche negativa) e permanente gli abiti alimentari e le percezioni sensoriali dei nascituri. Non sorprende quindi che sia studiata in campo medico, ma anche da grandi industrie alimentari, che finanziano ricerche sul controllo epigenetico dell’appetibilità degli alimenti, sulle ragioni delle diversità del gusto fra persone e popolazioni e su come influenzarlo. Oggi emerge sempre più chiaramente che parte della nostra sensibilità ai sapori è il frutto di ciò che nostra madre mangiava durante la gravidanza o ci faceva mangiare nei primi anni di vita. Per fortuna, l’elevatissima numerosità e variabilità dei recettori sensoriali non ci impedisce di educare il nostro gusto, di farlo variare nel tempo e di apprezzare sapori nuovi, che le nostre amate progenitrici non conoscevano o magari disdegnavano. marzo 2014

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Soc. Agr. Stella di

Non lontano dalla cittadina di origine romana Aquileia e da Palmanova, storica città fortezza fondata nel ‘500 dai Veneziani, si trova il comune di Pocenia. In quest’area della provincia di Udine, nei pressi della Riviera Friulana, la coltivazione della vite trova il suo territorio ideale, tanto che è zona di produzione degli ottimi vini Friuli Latisana DOC. E’ proprio qui che si trova l’Azienda vitivinicola Anselmi Giuseppe e Luigi fondata nel 1928 dai nonni Anselmi che hanno trasmesso ai figli ed ai nipoti la loro esperienza, coltivando la terra con grande senso di appartenenza.

www.vinianselmi.it


Panorama Panorama 50 48

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44 Cover story

28 Pagine nere

50 Mangiare alla romana

In mezzo alla crisi che morde, i consumi stagnanti e i grandi gruppi i n fuga all’estero, ci sono tante aziende tricolori che si sono rimboccate

le maniche e, scommettendo su qualità e innovazione, hanno conquistato i mercati globali, riempiendo di nuovi significati il concetto stesso di

Made

in Italy: creatività, artigianalità

L'Italia che non ci piace: burocrazia, spot turistici falsi, Expo senza idee

30 Scenari alimentari: il vino Debole sul fronte interno, l'italian wine spopola all'estero aprendo nuovi mercati

32 Fatti e contraffatti Margarine al posto del burro: così i

industriale, lavoro su misura.

grassi trans rovinano la nostra

È "l'Italia che fa l'Italia", quella che onora la sua tradizione, offrendo

colazione al bar

nuovi modelli vincenti grazie a prodotti

48 Matteo Lunelli

"con l’anima" dietro ai quali c'è

una storia da raccontare

Indirizzi e tendenze per scoprire come si sta oggi a tavola all'ombra del Colosseo

54 L'Italia che merita

Ilovesud.it, storia di un progetto che mette assieme le eccellenze di Calabria

56 Gianmarco Tognazzi Dai ricordi di papà Ugo alla nuova vita in campagna: l'attore si racconta a tavola

L'erede di Cantine Ferrari ci spiega come i beni di lusso salveranno l'azienda-Italia marzo 2014

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pagine nere

di Riccardo Lagorio

l’italia

che NON

Quella dell'Expo con “poche idee e tutte confuse”

All’apertura di Expo 2015, mancano poco più di 400 giorni. Ed è curioso rilevare che a circa un anno di distanza nessuno parla dei contenuti, nel senso che non c’è dibattito aperto, confronto sui temi. Del resto, da anni i politici (di ogni orientamento) parlano dell’Expo senza avere uno straccio di programma preciso sul tema dell’evento, che ha per titolo Nutrire il pianeta. Energia per la vita. Ai tavoli di lavoro non sono stati chiamati, come è normale nel Belpaese, i migliori, ma coloro che hanno i migliori rapporti con gli enti che erogano i quattrini. Se si avevano dubbi nel credere che ai vari enti di differenti livelli interessasse davvero la sorte del pianeta attraverso il cibo di domani, anche i più ottimisti devono arrendersi. Del resto basti dire che a Milano 2015 saranno presenti Slow Food e Monsanto. La prima, che si trova benissimo tra un contadino guatemalteco con pochi sacchi di fagioli e uno stand scintillante di Barilla o Lavazza come accade nei suoi Saloni, e la seconda - multinazionale sponsor della transgenica - che è il suo perfetto alter ego. Troveranno un accordo anche loro? La coerenza non è di questo mondo

ci piace Quella della Toscana geneticamente modificata

La fantasia, si sa, è una gran bella dote. Ma a volte, quando la si usa male e a sproposito, può diventare una iattura. È il caso dell’ultima campagna pubblicitaria della Regione Toscana, chiamata (in maniera evidentemente del tutto impropria) Divina Toscana: una reclame che mostra, attraverso 7 soggetti, un’immagine del tutto falsata di questa stupenda regione. Sarebbe bastato utilizzare degli scatti qualsiasi (anche amatoriali) per rappresentare al meglio gli scorci e le bellezze toscane. Da Carrara fin giù a Grosseto, del resto, bisogna impegnarsi parecchio per non riuscire a fotografare qualcosa di bello. Invece, gli immaginifici pubblicitari dell’agenzia romana Ls&Blu, forse anche per giustificare la parcella da 100 mila euri messa a disposizione da Toscana Promozione, cosa si sono andati a inventare? Una Firenze senza la torre di Palazzo Vecchio, dei faraglioni fittizi di Voleva riaprire, dopo il terremoto del maggio-giugno 2012. E tra mille difficoltà e sacrifici, ci stafronte alla spiaggia dell’Argentario, nuova quasi riuscendo. Ma, dopo le drammatiche scosse sismiche di un anno e mezzo fa, a bloccare ve e inesistenti rocce in mezzo alle Alpi le attività di un’azienda emiliana di salumi ci ha pensato, manco a dirlo, un cataclisma forse anApuane. Una Toscana, insomma, geneche peggiore del terremoto: l’italica burocrazia. Invece che soticamente modificata a suon di Photostenere, agevolare, supportare in ogni modo, un’azienda vittima shop. Ma c'era davvero bisogno? di un così grave dramma e nonostante ciò vogliosa di ripartire, i Misteri d’Italia funzionari pubblici – tra certificati antincendio impossibili da ottenere, sopralluoghi mai eseguiti, ritardi, fisco impietoso e cartelle esattoriali pazze – hanno fatto di tutto per mettere i bastoni tra le ruote del volenteroso imprenditore. Un delirio burocratico che si può comparare con quanto accade invece nel Regno Unito. Laddove per aprire un’azienda serve una comunicazione via rete, niente notaio ovviamente e niente Pec (la posta certificata). Europa a due velocità

Quella della burocrazia ammazza-imprese

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scenari alimentari

A cura dell’Osservatorio Agroalimentare Nomisma

E anche il vino fa le valigie Meno male che le etichette italiane piacciono sempre di più all’estero! Se infatti le vendite dipendessero dai consumi interni, cantine e vignaioli avrebbero di che preoccuparsi. Le bottiglie nostrane invece spopolano in ogni angolo del pianeta, consentendo all’Italia di conquistare la leadership in molti mercati internazionali

Per saperne di più:

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Il quadro attuale sui consumi di vino in Italia non lascia ben sperare per una ripresa nei prossimi mesi non solo a causa degli effetti della recessione economica ma anche alla luce del calo strutturale già in atto da diversi anni. Il mercato interno, pur rappresentando la destinazione del 50% del vino prodotto nel nostro Paese, in futuro vedrà ulteriormente ridursi la sua importanza. Diversa la situazione oltre i confini nazionali, dove di anno in anno aumentano i consumi e soprattutto le importazioni di questo prodotto. Ed è proprio all’estero che le imprese italiane stanno sempre più concentrando l’attenzione e gli investimenti, tanto da consentire all’Italia di conquistare la leadership in molti mercati. Secondo gli ultimi dati disponibili (gennaio-novembre), nel 2013 l’Italia si è posizionata prima per valore di vino importato in Germania, Stati Uniti e Russia, che insieme rappresentano circa il 28% delle importazioni globali. E dove non è riuscita a conquistare la leadership si è comunque collocata tra i principali partner negli scambi commerciali di vino (Regno Unito, Canada, Cina, Giappone, Svizzera e Brasile). In tutti questi mercati, nel 2013, le importazioni di vino dall’Italia hanno realizzato performance migliori rispetto alla media complessiva. Prendiamo ad esempio la Russia, dove, rispetto all’anno precedente, nel 2013 il valore delle importazioni di vini italiani è cresciuto del 29% contro il +13% del mercato, consolidando ulteriormente la nostra quota di mercato (og-

gi vicina al 30%). Lo stesso vale per la Cina, uno dei mercati maggiormente in espansione ma anche tra i più difficili da aggredire per le imprese vitivinicole. Nel corso del 2013, a causa di una diatriba commerciale che ha visto contrapposti il gigante asiatico e l’Unione Europea, le importazioni di vini comunitari hanno subito un calo significativo che ha riguardato principalmente i prodotti francesi e spagnoli. Questo calo si è tradotto in una riduzione del valore complessivo delle importazioni pari al 4,8%. Contrariamente a questo trend, l’Italia, che in Cina detiene il 7% del mercato, nel 2013 è riuscita comunque a incrementare del 6% i flussi in entrata. Dai dati più recenti emerge poi come la crescita delle importazioni non riguardi solamente le economie emergenti, ma anche Paesi dove il consumo di vino è più radicato. Vale la pena citare i casi della Svizzera, degli Stati Uniti, della Germania e del Regno Unito, dove i vini italiani hanno “sovraperformato” il mercato, con tassi di crescita superiori alla media delle importazioni totali di ciascun Paese.



fatti e contraffatti

di

Claudio Modesti

Croissant:

il grande inganno La colazione al bar: un’abitudine irrinunciabile per quasi tutti gli italiani. Ma siamo sicuri di sapere cosa mettiamo in bocca per accompagnare caffé e cappuccini? Di sicuro un prodotto a base di pasta brioche. Il problema è che al posto del burro, ci mettono dentro le margarine. Riempiendo le nostre arterie di pericolosissimi grassi "trans" Il croissant e i suoi fratelli (brioche, treccine...) sono protagonisti della colazione degli italiani. I 172 mila bar presenti in Italia sono assaltati ogni mattina dall’87% della popolazione che in un anno cumula 1,5 miliardi di consumazioni. Denominatore comune di questi prodotti è la “pasta brioche”. La Grande enciclopedia illustrata della gastronomia di Marco Guarnaschelli Gotti ne articola la ricetta su tre elementi sostanziali: farina, lievito e burro. Nel nostro Paese gli ingredienti più utilizzati sono: farina di grano tenero, margarina vegetale, lievito naturale, acqua, zucchero, uova fresche pastorizzate, burro, latte scremato in polvere, sciroppo di glucosio-fruttosio, lievito di birra, malto, sale, emulsionanti: E471, E322; aromi; conservante: E282. Tra miglioratori, aromatizzanti, conservanti ed emulsionanti, compare dunque un ingrediente non previsto dalla ricetta storica: la margarina, che dopo la farina è addirittura l’elemento più rappresentato. Va da sé che tali brioche e croissant sono di fatto dei surrogati, spesso addizionati con additivi per lunga conservazione. Veleno per le arterie Qui ad essere messo in discussione, tuttavia, non è tanto l’aspetto gastronomico tradizionale, quanto la salute. Le margarine (riportate nelle etichette anche come oli vegetali idrogenati, grassi vegetali idrogenati, grassi idrogenati) presenti negli “pseudo-croissant” sono lipidi non presenti in natura, costruite con miscele di oli vegetali che, attraverso un procedimento chimico (idrogenazione), acquisiscono solidità a temperatura ambiente. Dal 1950 sono state spacciate per prodotti salutistici e alternativi al burro e da allora sono 32

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presenti in quasi tutti i prodotti da forno. Il problema non è quello delle calorie che, pur elevate, sono equivalenti nei croissant a base di margarina o burro, ma piuttosto la marea di grassi vegetali idrogenati che rischiano di inondare le nostre arterie. Numerosi studi hanno stabilito infatti che le margarine sono determinanti nel processo di aterosclerosi; molto più dannose del Negli Usa è obbligatorio indicare burro, sono responsabili dell’invecchiamento precoce delle nostre arin etichetta la percentuale terie con aumento dei rischi di ictus e infarto. La causa? Il procedimendi grassi trans (TFA's). In Europa to di fabbricazione delle margarine alla formazione di acidi grasinvece il regolamento 1169/11 porta si “trans” – fortemente aterogeni, quindi velenosi per le nostre arterie non lo prevede e, anzi, rinvia – in percentuali elevatissime. Negli il problema di altri 3 anni Usa i dati indicano almeno 20 mila infarti e 7 mila morti all’anno derivanti dal consumo di grassi trans!

La ricetta tradizionale della pasta brioche prescrive come ingredienti farina, lievito e burro. Ma la grande industria, al posto del burro, ci mette le margarine, piene di grassi vegetali idrogenati

E il diritto alla salute? La Food and Drug Administration statunitense s’è pronunciata sui grassi saturi con la dicitura “generally recognised as safe”, identificandoli


concorrenza leale

Anche i tedeschi barano: il caso Romania A cura di Ospitalità Italiana – Isnart Testi di Giovanni Cocco e Lucrezia Balducci

come prodotti artificiali aggiunti. Negli Usa, dal 2006 è obbligatorio indicare in etichetta la percentuale di grassi trans. In Europa invece, il regolamento Ue 1169/11 sull’etichettatura dei prodotti alimentari, entrato in vigore nel 2012, sui grassi trans (TFA’s) si limita a disporre che entro 3 anni una commissione dovrà relazionare sulla loro presenza negli alimenti. Gli interessi dei produttori di margarine, insomma, prevarranno ancora per un po’ sul diritto alla salute dei cittadini. Per capire il valore economico del provvedimento, basti ricordare che solo in Italia sono 50 mila le tonnellate annue di margarine prodotte per uso domestico e industriale. Lo stesso regolamento Ue prevede che la percentuale di grassi trans non possa essere indicata “nemmeno in maniera volontaria” sulle etichette. I clienti dei bar italiani continueranno dunque a consumare “pseudo-croissant” senza sapere nulla della percentuale di TFA’s che andrà a incrostare le loro arterie. L’unica difesa, a questo punto, resta quella di scegliere esercizi pubblici che vendono croissant e brioche confezionati con la ricetta storica, quindi solamente con il burro e senza additivi per la lunga conservazione.

In Romania, il cibo made in Italy gode storicamente di un certo appeal. Tanto che le importazioni di prodotti agroalimentari italiani nel paese danubiano sono arrivate, soltanto nel primo semestre del 2013, ad avere un valore economico pari a oltre 147 milioni di euro. Una cifra che, stando ai dati dell’Ice e di Assocamerestero, consente all’Italia di posizionarsi al 7° posto tra i fornitori internazionali del settore. La Camera di Commercio Italiana per la Romania però non può mai abbassare la guardia sul fronte della tutela dei prodotti agroalimentari made in Italy. Già, perché quando la qualità di casa nostra si scontra sia con i prezzi ancora troppo alti per il tenore di vita locale che con la disinformazione del consumatore, spesso avviene il corto circuito del rispetto delle regole. Per acquistare un prodotto alimentare “autenticamente” italiano a Bucarest e dintorni (come del resto, in qualsiasi luogo ci si trovi, Italia compresa!) è dunque essenziale leggere l’etichetta per conoscerne la provenienza. Basti pensare che la Camera di Commercio italo-rumena, nel corso di un’indagine effettuata nel settembre 2013 presso grandi catene internazionali di supermercati e ipermercati, ha scovato ben 26 prodotti (11 latticini, 5 tipologie di pasta, 4 salumi e 6 conserve di pomodori) che beneficiano illegittimamente dell’origine italiana, sfruttano quindi l’italian sounding: nella gran parte dei casi veniva utilizzato un nome italiano malgrado l’origine straniera del prodotto.

Zottarelle e pastaldente: italiane solo di nome Esempio emblematico è quello dei tedeschi della Goldsteig che commercializzano una “Mozzarella Classica”, prodotta in Germania ma abbinata sulla confezione ai pomodori e al basilico per comporre i colori della bandiera italiana. Si arriva, poi, alla “Zottarella” che, in questo caso, trasforma il nome per rifarsi al brand tedesco (Zott) ma mantiene i tipici colori e riferimenti al tricolore. Tra i salumi, spicca invece il caso del prosciutto crudo a marchio “Abraham”. La confezione presenta il nome in italiano del salume e la bandiera italiana, con tanto di scritta in tedesco “originale Italiano”. Il luogo di produzione, però, è sempre la Germania. Anche la pasta è colpita da fenomeni di contraffazione, come nel caso di “Lapastaldente” della Monte Banato, brand rumeno del gruppo PanGram. Tra l’altro anche il nome stesso del brand è l’italianizzazione di un’area geografica della Romania (Munte Banat). La suddetta pasta è prodotta in Romania e di italiano ha solo il nome. Mangiare veramente italiano, insomma, non è poi così facile.

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Ecco l’Italia che fa l’Italia di Francesco Condoluci

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La Fiat, dopo cent’anni, cambia nome e sposta il suo core-business in Nordamerica. Le piccole e medio imprese – 27 mila negli ultimi dieci anni – delocalizzano nei Paesi dell’Est Europa e in altre zone del mondo dove la manodopera costa meno e la burocrazia non ingessa l’economia. I grandi stabilimenti, in ogni settore, chiudono o si ridimensionano e mandano in cassa integrazione migliaia di operai. Le multinazionali straniere – dalla Francia, dagli Usa, dal Regno Unito ma di recente anche da India, Cina, Corea, Qatar, Giappone – fanno shopping tra i brand storici del Bel Paese: 437 i passaggi di proprietà dall’Italia all’estero registrati solo tra il 2008 e il 2012. Sembra un bollettino di guerra, ma é la fotografia del sistema-Paese italiano, anno di grazia 2014. Cosa sta succedendo dunque al “Made in Italy”? Sta sparendo? Sta vivendo la parabola finale della sua lunga e onorata storia? Si appresta a diventare un’etichetta vintage, retaggio di un passato glorioso ma senza alcun sottostante economico nel suo Paese d’origine?

L’Italia non è un Paese senza futuro

In mezzo alla crisi che morde, i consumi stagnanti e i grandi gruppi in fuga all’estero, ci sono tante aziende tricolori che si sono rimboccate le maniche e, scommettendo su qualità e innovazione, hanno conquistato i mercati globali, riempiendo di nuovi significati il concetto stesso di Made in Italy: creatività, lavoro su misura, artigianalità industriale. È un'Italia, questa, che onora la sua tradizione del saper fare, offrendo nuovi modelli vincenti grazie a prodotti "con l’anima" dietro ai quali c'è una storia da raccontare

«No, non é così, altrimenti intorno dovremmo avere solo macerie». Lo dice Unioncamere, l’ente di raccordo delle Camere di Commercio nazionali e lo conferma Symbola, la fondazione “per le qualità italiane”. Le due istituzioni – che qualche mese fa hanno pubblicato assieme I.T.A.L.I.A., un report sulle prospettive dell’economia italiana negli anni a venire – non hanno timore ad andare controcorrente per testimoniare che, al di là della crisi drammatica che sta attraversando, l’Italia «non è un Paese senza futuro». E aggiungono che anzi, proprio in questa pesante fase congiunturale, il Made in Italy è più che mai «un fattore di successo». Sembra un paradosso, ma non lo è: basti dire che “Made in Italy”, oggi, secondo una ricerca di Kmpg, resta il terzo marchio più noto al mondo subito dietro Coca-Cola e Visa. E non solo: a dispetto della fortissima contrazione dei consumi interni e del calo vertiginoso del Pil marzo 2014

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cover story

l'Italia che fa l'Italia

nazionale, le aziende italiane continuano a salire nel saldo commerciale del settore manifatturiero e l’industria tricolore, in termini di fatturato all’estero, dal 2008 ad oggi, supera persino Francia e Germania. Il nostro, a livello internazionale, resta insomma uno dei paesi leader nelle esportazioni. Ma allora – direte voi – le imprese che chiudono? La disoccupazione crescente? Le famiglie in difficoltà? Come fa, tutto questo, a conciliarsi con il segno piú che c’è davanti alle prestazioni del Made In Italy nel mondo? La spiegazione è molto meno complessa di quello che potrebbe sembrare: oppresse e frenate, sul piano nazionale, da debito pubblico, economia sommersa, criminalità organizzata, ritardi strutturali, burocrazia lenta, politiche pubbliche inefficaci, consumi ridotti dall’austerità, le aziende italiane (o una buona parte, almeno),

Malgrado la recessione, il Made in Italy è più che mai un fattore di successo e resta il terzo marchio piú noto al mondo, dietro Coca-Cola e Visa

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si sono rimboccate le maniche e hanno fatto innovazione, modificando le loro specializzazioni, modernizzandole e “sincronizzandole” sulle nuove esigenze dei mercati. Così sono andate a conquistarsi mercati promettenti, dai Paesi Arabi a quelli emergenti come Cina, India, Brasile, e piazze minori ma ricche di prospettive come le ex repubbliche sovietiche. Debole, debolissima sul mercato domestico, l’azienda Italia, in buona sostanza, tiene botta nel mondo, cavalcando il cambiamento epocale che ha portato con sé la globalizzazione e l’era di Internet. Già, perché il dato che esce abbastanza chiaramente dalle analisi di scenario è che il Made in Italy non sta sparendo, ma sta semplicemente cambiando pelle, portando in alto le aziende che hanno saputo rinnovarsi e lasciando al palo invece chi è rimasto ancorato a vecchi modelli. Non è un caso che mentre la Fiat stentava e programmava la fuga dall'Italia, negli ultimi 4 anni un piccolo esercito di 332.488 imprese artigiane, per converso, faceva registrare trend positivi di crescita nei settori dell'information technology, della


Strategia di marketing e cultura dell’ospitalità, intrattenimento di qualità e certezza del sold out per alberghi e ristoranti. C’è tutto questo dietro al progetto del cosiddetto “capodanno dell’estate italiana”: un evento che richiama sulla costa romagnola oltre 2 milioni di turisti. Merito della sinergia pubblico-privata: un modello per tutto il comparto della promozione turistica nazionale Evento “di sistema” che da 9 anni (la prima edizione risale al 2006) coinvolge, sotto un’unica regia, 12 comuni, 4 province e migliaia di operatori della Riviera Adriatica dell’Emilia Romagna, tutti uniti per regalare ai turisti un indimenticabile momento di vacanza, la Notte Rosa può dirsi a pieno titolo un nuovo tipo di prodotto turistico. Nasce col duplice intento di riempire gli hotel in un fine settimana di “stallo” (il primo del mese di luglio) tra la partenza dei vacanzieri di giugno e l’attesa per i nuovi arrivi, e contemporaneamente rinnovare l’immagine mediatica della Riviera, offuscata dagli eccessi del divertimento notturno degli anni ’80-90. I romagnoli fanno propria la formula delle “notti bianche” parigine, tingendole di rosa, un omaggio alla donna, ma anche un colore che richiama convivialità e ospitalità, da sempre caratteristiche di questo tratto di Riviera. Dopo le prime edizioni, il “capodanno dell’estate italiana”, come è stato ribattezzata dai media, si è esteso all’intero fine settimana, spalmando gli oltre 300 eventi in programma tra venerdì e domenica sera (offrendo così ai turisti il pretesto perfetto per trascorrere un intero weekend al mare) e si è legato, edizione dopo edizione, a un tema diverso. Temi (dalla “Dolce Vita” alla “Luna”, passando per “il Sogno”) su cui si sono declinati, di volta in volta, gli eventi in cartellone, ma anche le scenografie che hanno vestito spiagge e centri storici delle località balneari protagoniste. Sono oltre 2 milioni i turisti che ogni estate si riversano sulla costa tra i Lidi di Comacchio e Cattolica per assistere a concerti, spettacoli e reading, e che, vestiti di accessori e abbigliamento pink, affollano piazze, viali, bar e ristoranti, musei e stabilimenti balneari, tutti rigorosamente aperti all night long. Il momento più atteso resta lo spettacolo di fuochi d’artificio di mezzanotte, con migliaia di persone che si riversano sulle spiagge per vedere insieme il cielo notturno accendersi di colori. L’appuntamento per l’edizione numero 9 è per venerdì 4 luglio.

Turismo

La Notte Rosa in Romagna

Per saperne di più:

www.lanotterosa.it

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l'Italia che fa l'Italia

green economy, dell'agroalimentare, della tutela ambientale, dei servizi alle persone (dati Ufficio Studi Confartigianato). Chi ha saputo cavalcare le opportunità offerte dalla rivoluzione tecnologica non solo è rimasto competitivo ma si è visto parare dinnanzi spazi di crescita illimitati. E la costante di questo profondo (e forse sottovalutato) processo di rinnovamento del Made in Italy è indiscutibilmente una: la qualità.

Puntare sui prodotti “su misura” Lo storico Carlo Cipolla sosteneva che gli italiani «all’ombra dei campanili sono capaci di produrre cose che piacciono al mondo». Niente di più vero. Se sui prodotti di largo consumo (dove contano quantità, produttività, economicità) la concorrenza dei Paesi a basso costo è praticamente imbattibile, nelle “nicchie”, nei prodotti di lusso, e nella fascia alta di gamma, l’Italia ha dalla sua un “saper fare” che fa parte del background storico e culturale del Paese. Design, creatività, “artigianalità industriale”, capacità di realizzare prodotti “taylor made”,

abbigliamento

I braccialetti “must” di Cruciani

L’accessorio portafortuna che dal 2011 fa impazzire il mondo è il frutto di un’intuizione: quella di comunicare coi giovani attraverso un monile low cost un po’ retrò (il macramè) che esaltasse però la tradizione manifatturiera italiana. Grazie a una geniale campagna di marketing, ne è nato un fenomeno globale, capace in due anni di vendere 14 milioni di pezzi e finire al polso di celebrities internazionali come Beyoncè e Paris Hilton. Oggi la linea Cruciani C è presente in ogni angolo del globo, da New York a Tokyo, da Rio de Janeiro a Dubai 38

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Il “prototipo” è nato nel giugno del 2011 da un’idea di Luca Caprai, erede di un gruppo tessile con sede a Foligno, specializzato, da quasi 60 anni, nella produzione di merletti di lusso. Il papà, Arnaldo, in occasione dei 150 anni dall’Unità d’Italia aveva realizzato, per la rete vendita di Cruciani, un braccialetto tricolore con 3 grandi quadrifogli. Un accessorio in macramé che racchiudeva in sé la qualità e la maestria artigianale tipicamente italiana dei pizzi realizzati ad ago dalla Arnaldo Caprai Gruppo Tessile. Da quell’accessorio, Luca ha avuto l’intuizione di crearne uno più piccolo ed elegante da vendere a un prezzo accessibile a tutti. Coraggio e passione hanno fatto il resto: i Caprai hanno investito sull’idea, riconvertendo la storica ditta

di famiglia in una giovane azienda orientata all’internazionalizzazione. In circa due anni l’accattivante braccialetto portafortuna ha venduto più di 14 milioni di pezzi in tutto il mondo, conquistandosi le prime pagine dei giornali di mezzo pianeta. Dal 2013 il brand Cruciani, in crescita costante, ha intrapreso un forte piano retail che li ha portati ad aprire 96 boutique monomarca lo scorso anno, mentre altre 206 sono in previsione nel 2014. «La nostra ricetta vincente è quella di abbinare a una capacità strategica anche una “visione” – spiega Arianna Caprai, che affianca il fratello Luca in azienda – saper sognare, intuire in che direzione va il mondo è fondamentale, in un’impresa. E poi bisogna crederci, fortemente. Altrimenti non si riescono


ad affrontare le difficoltà». Anche sul futuro del made in Italy Arianna mostra di avere le idee chiare: «Non è solo l’etichetta che, spesso, viene attaccata a prodotti provenienti dall’estero. Il Made in Italy è molto di più. Dietro a queste tre parole ci sono cultura, storia, talenti, idee, progettualità, amore per il “ben fatto” che viene dal vivere in uno dei Paesi più belli del mondo. L’Italia deve puntare su questa specializzazione, perché la nostra è una storia di emozioni, creatività, gioia, ben lontana dalle marche senz’anima».

Per saperne di più:

www.braccialetticruciani.it

alimentari

beni cioè su “misura” per i clienti: sono queste le caratteristiche vincenti del Made in Italy delle cosiddette “4 A” (Alimentari, Abbigliamento, Arredo, Automazione). Per intenderci, un consumatore asiatico, dovendo scegliere un’utilitaria, per risparmio, qualità e convenienza, preferirà comprare certamente una vettura sudcoreana piuttosto che una Fiat. Quando dovrà scegliere un paio di scarpe di lusso invece, si orienterà senz’ombra sul “Made in Italy”. Unioncamere e Symbola, nel loro report, sostengono che «in futuro lo spazio per i prodotti senz’anima si ridurrà sempre di più sul mercato, mentre avanzeranno quelli con la coscienza pulita e una storia da raccontare». Tessile, food, design, arredi per la casa e la ristorazione, nautica ma anche meccanica per l’edilizia, l’agricoltura, i mezzi di trasporto: i nuovi driver vincenti della manifattura “italian style” si stanno facendo largo sul mercato a suon di creatività e ingegno. Anche il turismo sta cercando, seppur faticosamente, di modernizzarsi e cercare nuovi strumenti di attrattività. E il fatto che i grandi gruppi stranieri com-

Ghigi, pasta 100% italiana

Dal rischio chiusura al rilancio internazionale, in soli 4 anni. La storia del pastificio Ghigi sembra uscita dal libro Cuore: consorzi agrari e sindaci del territorio che si uniscono per salvare azienda e posti di lavoro. Oggi Ghigi, primo pastificio industriale controllato interamente dagli agricoltori, esporta la sua pasta fatta con grano italiano 100%, in 32 Paesi, dal Nord Europa agli Usa

Una storia centenaria alle spalle, partita nel 1870, e un futuro che negli anni s’era fatto via via sempre più nebuloso, arrivando addirittura al tracollo definitivo. Nel 2007, il pastificio Ghigi – storico marchio Riminese che negli anni ’50 fu persino sponsor di Fausto Coppi – era stato infatti messo in “liquidazione coatta amministrativa”: una mazzata per i 35 dipendenti e gli agricoltori del territorio che gli conferivano il loro grano. E invece dal crac, è arrivata la rinascita. I Consorzi Agrari della zona, sul vecchio pastificio, hanno deciso di investire soldi ed energie, mettendo in piedi un nuovo progetto che prevedeva la creazione di una “filiera completa”: dalla produzione di grano italiano al 100% a quella della pasta fino alla commercializzazione. Un pastificio industriale – l’unico in Italia – interamente in mano agli agricoltori associati nei Consorzi: per realizzare l’idea ci sono voluti circa 35 milioni di euro. «E senza un solo centesimo di soldi pub-

blici – sottolinea con orgoglio il presidente del “nuovo” Ghigi, Filippo Tramonti – l’implementazione del progetto se la sono pagati gli agricoltori con l’aiuto delle banche». Tecnologia innovativa, gestione manageriale e “italianissima” produzione di grano duro di qualità: grazie a queste credenziali, il pastificio di San Clemente ha completato il rilancio. «La nostra produzione, partita nel 2012, oggi al 90% è destinata all’estero, dal Nord Europa agli Usa – spiega ancora Tramonti – lavoriamo in private label con le grandi catene e in piccola parte con il nostro marchio Ghigi». Per affermarsi nel mondo, si è puntato sull’esclusività della produzione: «Negli Usa, considerato il granaio del mondo, offriamo ai consumatori più esigenti un prodotto con caratteristiche inimitabili: grano italiano al 100% coltivato in Romagna, Marche e Toscana, e garanzia Ogm free». Dai 200 mila quintali di capacità produttiva del vecchio stabilimento si è passati ai 550 mila attuali, ma la linea arriverà a 800, grazie a un’impiantistica di prim’ordine. «Gli enti certificatori ci hanno giudicato il miglior pastificio d’Europa per tecnologia e sicurezza alimentare – conclude il presidente – e i nostri impianti sono diventati un modello». E pensare che 6 anni fa doveva chiudere.

Per saperne di più:

www.ghigi.eu

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l'Italia che fa l'Italia

arredi

Costagroup, intelligenza nelle mani

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Franco Costa ha cominciato vendendo farina ai fornai. Frequentando i panifici, si è accorto della necessità di cambiare l’immagine delle botteghe. «Cominciai da solo nel 1978 con la vendita e l’assistenza di macchinari per forni e pasticcerie – racconta – poi, nel 1986, con l’ingresso di mio fratello Sandro, è nata Costa Una buona dose di lungimiranza, Group. Per realizzarl’illuminazione giusta al momento la ci siamo mossi co(anche storico) giusto, gli occhi aperti me maestri artigiani, sulla realtà circostante, una manualità nel senso latino del e un approccio strettamente termine “arte”: poartigianale. È ciò che ha portato che chiacchiere, tanFranco Costa, dalla provincia di La ta tecnica. ManualiSpezia, a costruire, nel settore arredo tà, maestria e capacità e design per il food, una realtà di hanno nutrito l’attivirilievo internazionale che oggi vanta tà facendola crescere oltre 5 mila allestimenti di bar e in modo esponenziaristoranti e fattura 21 milioni di euro le. Una massima che ben rappresenta noi e il nostro lavoro è quella coniata da Don Bosco, ovvero “l’intelligenza è nelle mani”». Ad oggi sono quasi trent’anni che l’azienda è sui mercati nazionali e internazionali. La sua mission, da sempre, è stata la valorizzazione del food, portandola a diventare un punto di riferimento nel mondo per quanto concerne design e realizzazione degli arredi dei migliori bar, locali e ristoranti. Il suo quartier gene-

rale è nel verde dell’entroterra spezzino e ne fanno parte oltre 100 operatori coordinati dai titolari. È lì che avvengono tutte le fasi di produzione, dall’idea alla realizzazione al montaggio. Ogni mese sono 20 gli allestimenti, consegnati e installati da Costagroup in tutto il mondo. Nel 2014 il fatturato aziendale supererà i 21 milioni di euro, con oltre il 60% proveniente dall’estero. «Complessivamente abbiamo realizzato oltre 5000 allestimenti – spiega ancora Franco Costa, oggi presidente dell’azienda – e possiamo vantare collaborazioni con chef di fama internazionale, brand e referenze di altissimo livello quali Eataly, Fiat, Rossopomodoro, Heineken, Ferrero, Rana, Barilla, Parmacotto, Spc, Mc Donald’s». Dietro tanto successo, c’è un segreto: «Lavoro, lavoro, lavoro e tanta passione – ci svela Costa – guardiamo e riguardiamo i locali realizzati, stiamo attenti al mutare dei gusti e delle mode; ascoltiamo il cliente, ci prendiamo cura delle sue necessità, imbastiamo insieme il “vestito” del suo prodotto. Un “vestito” che io chiamo “contenitore”, perché è semplice, trasformabile e, soprattutto, deve mettere il prodotto in primo piano».

Per saperne di più:

www.costagroup.net


prino le nostre aziende, non è un caso: della forza (rimasta intatta) del Made in Italy evidentemente si è consapevoli più all’estero che in casa nostra. Ancora più emblematico il fatto che Google, il colosso mondiale del World Wide Web abbia deciso di puntare a valorizzare le nostre produzioni con il progetto “eccellenze in digitale”, una piattaforma on-line che mette a disposizione delle pmi artigiane italiane servizi per conquistare l’economia digitale.

Il Made in Italy si rinnova Se qualità, prodotti di alta gamma fatti “su misura”, innovazione tecnologica, propensione all’internazionalizzazione e filiera corta con vendita diretta ai consumatori sono le caratteristiche del nuovo schema vincente delle aziende del Made in Italy, la Rete è la direttrice che consente di mettere tutto questo a frutto. Lo dimostrano storie come quella del Caffè Carbonelli, una torrefazione napoletana che qualche anno fa stava per chiudere e che si è rilanciata, attraverso una campagna “virale” di

Mentre Fiat stentava e programmava la fuga all'estero, negli ultimi 4 anni un esercito di 332.488 imprese artigiane faceva registrare trend positivi in settori come information technology, green economy, agroalimentare, tutela ambientale, servizi alle persone

marketing sui social network: oggi Carbonelli è “il caffè italiano del web” per antonomasia. Oppure il caso della Toscana, che grazie all’utilizzo intelligente di strumenti social, è diventata la destinazione italiana più gettonata online. L'elenco è lungo e comprende anche tante "botteghe", attività artigianali rilanciate da giovani under 30 che hanno saputo arricchire la tradizione manuale dei loro nonni con un tocco di glamour e un pizzico di digitalizzazione (www. futuroartigiano.it) Infatti, si legge ancora nel report I.T.A.L.I.A., «sono tanti i protagonisti di questo Made in Italy rinnovato, che stanno affermando un modello di sviluppo nuovo, ma perfettamente in linea con la grande vocazione nazionale della qualità dove la bellezza è un fattore produttivo determinante e la cultu-

ra, sposata magari alle nuove tecnologie, un incubatore d’impresa». Aziende e soprattutto uomini che hanno saputo “guardare oltre” – oggi come anche qualche anno addietro – diventando oppure restando campioni nazionali del Made in Italy, a dispetto del declino e della recessione. Sono gli attori di “un’Italia che fa l’Italia” e che ha scommesso su innovazione, ricerca e nuove tecnologie, per rinnovare il suo saper fare, la vocazione imprenditoriale e artigiana, la creatività e la bellezza di cui è ricca. E il loro esempio non è che un punto di partenza per il resto del Paese.

Per saperne di più:

www.symbola.net www.uniocamere.gov.it www.eccellenzeindigitale.it

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design casa

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La rivoluzione di Valcucine Un’eccellenza di primissimo livello che nel mondo delle cucine è quasi leggenda. Nata 34 anni fa in Friuli, questa realtà deve il suo successo a una filosofia volta allo sviluppo equo e sostenibile e alla consapevolezza della propria responsabilità nei confronti di una tradizione italiana secolare, che prende forma attraverso il matrimonio tra industria e artigianato. Parola d’ordine? Personalizzazione È la prima cucina “dematerializzata”. Progettata e costruita per rispondere ad esigenze ecosostenibili, funzionali, estetiche e di resistenza all’usura. L’hanno inventata in Italia, a Pordenone, nello storico distretto del mobile di Livenza. «Sono alta tecnologia e semplicità nelle linee, le caratteristiche principali di una tra le più moderne cucine al mondo: Artematica – spiega Daniele Prosdocimo, communication manager di Valcucine – l’elevato livello qualitativo deriva dall’innovazione tecnica utilizzata per la creazione della prima anta monoblocco in laminato stratificato dematerializzata. È costituita da un telaio strutturale in alluminio a cui vengono applicate varie tipologie di pannelli di diversi materiali: laminato Hpl stratificato, laminato stratificato legno-laminato, medium-density laccato, vetro. Questo sistema favorisce un’altissima resistenza all’umidità, al calore e agli urti, una riduzione del peso con con-

seguente maggior durata delle cerniere, una maggiore silenziosità nella chiusura, una più facile riciclabilità. Artematica permette dunque di creare una cucina personalizzata, che soddisfi qualsiasi gusto estetico». Dal 1988, anno del lancio di Artematica, i premi non si contano più così come i successi sul mercato. Una storia di talento e design Italian style, capace di produrre, con materiali naturali e preziosi inserti artigianali, oggetti rigorosi, ergonomici ed ecosostenibili. «È l’etica il motore principale del nostro successo – continua Prosdocimo – in azienda perseguiamo l’idea di uno sviluppo equo e sostenibile. L’attenzione all’ambiente non si deve limitare al rispetto delle leggi, ma nasce dalla presa di coscienza di una responsabilità, che si manifesta nel momento in cui l’etica diventa un solido punto di riferimento. Riteniamo necessario un matrimonio tra industria e artigianato, per creare nuova bellezza capace di emergere dal grigio mondo dei prodotti standardizzati». In questo quadro, la rete di distribuzione aziendale non è solo uno strumento globale di vendita e di fatturati, ma «il modo per diffondere nel mondo il lavoro di un singolo artigiano», puntualizza Prosdocimo. Per saperne di più:

www.valcucine.it



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l'Italia che fa l'Italia

automazione

I meccanici del vino

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Industrie Fracchiolla progetta, produce e installa impianti per la fermentazione dei mosti e la stabilizzazione dei vini. Nel giro di 10 anni, grazie a macchinari unici, dall'elevato tasso di tecnologia, e dalla capacità di rispondere alle esigenze dei committenti internazionali, ha conquistato i mercati di Europa, Stati Uniti, Nord Africa e Canada di Piero Caltrin marzo 2014

Quarant'anni di cursus honorum alle spalle e una strategia tutta puntata sul futuro. Le Industrie Fracchiola sono una delle poche realtà italiane in grado di soddisfare le esigenze delle più moderne cantine internazionali, fornendo loro macchinari e apparecchiature sempre all’altezza. Nel mondo della meccanica per l'agricoltura, quest'azienda, che ha costruito la sua storia ad Adelfia, in provincia di Bari, rappresenta una "case history" di vera eccellenza italiana. Gestita da tre fratelli che hanno proseguito l'attività paterna internazionalizzandola e adeguandola alle nuove sfide del mercato, Fracchiola vanta una produzione che abbraccia l’industria alimentare, chimica, farmaceutica e petrolifera, ma la sua specializzazione è progettare, produrre e installare macchine e impianti per la fermentazione dei mosti e la

stabilizzazione dei vini. Sì, perché per ottenere un buon vino, sono necessari certamente un buon vitigno, un terroir particolare, e l'esperienza di un enologo qualificato. Chiaramente, il tutto – ça va sans dire – si deve amalgamare con la passione nel fare il vino. Ma una produzione che si rispetti, necessita anche di un’altra componente, non meno importante rispetto alle altre, per quanto meno “celebrata”. Stiamo parlando cioè della tecnologia necessaria al ciclo produttivo. «Macchinari tecnologicamente avanzati incidono quasi per il 60% sulla qualità finale di una produzione vinicola – spiega Rocco Fracchiolla, direttore commerciale – in una cantina il tempo infatti è fondamentale. Senza macchine adeguate, nel ciclo produttivo si perde tempo, e questo va a discapito della qualità». E lo sanno bene i produttori italiani i cui investimenti rappresentano


il 40% del fatturato aziendale. L'hanno però capito anche all'estero, mercato nel quale Fracchiolla si colloca in maniera eccellente, sia in Europa (in particolare Germania, Francia,Svizzera e Belgio) che in Nord Africa, Stati Uniti e Canada. Il percorso di internazionalizzazione dell'azienda è iniziato circa 10 anni fa mediante la formazione di export manager in collaborazione con istituti per il commercio estero, e oggi quella di Fracchiolla è una presenza stabili alle principali fiere internazionali. Merito di tanto successo sono in particolare due macchinari unici nel loro genere: il Gioiello e la Techno Press. A spiegarci le peculiarità di queste macchine straordinarie, è sempre Rocco Fracchiolla: «I vinificatori sono i macchinari in cui, dopo la raccolta e la pigiatura dell’uva, va a finire, assieme alle bucce e ai vinaccioli, il mosto, e dove viene fatto fermentare» sottolinea. «Il mosto pigiato subisce quindi, per 5-6 giorni, dei cicli di rimontaggio utili a non far solidificare le vinacce e a estrarre dalle bucce colore, antociani, tannini, polifenoli e aromi». La particolarità del Gioiello, tecnicamente un “vinificatore sgrondatore orizzontale a cappello sommerso” è quello di essere un macchinario che si dispone appunto in maniera orizzontale e consente di evitare i cicli di rimontaggio. «In sostanza, grazie a una sorta di cestello grigliato rotante nel quale la parte solida delle bucce viene forzata a non emergere e quindi a non solidificarsi, e impedisce al vino di diventare feccioso», chiosa la nostra interlocutrice.

Avanguardia “soffice” Altro fiore all’occhiello del gruppo è la Techno Press, altrimenti detta “pressa soffice”. L’obiettivo è premere la parte solida per far venire fuori il succo», prosegue Rocco Fracchiolla. Questa operazione un tempo veniva svolta dai torchi, ma per ottenere buoni risultati erano necessarie grandi pressioni; da 20 anni a questa parte, invece, la nuova tec-

In alto, un'immagine della Techno Press. Sotto la squadra Industrie Fracchiolla al gran completo. L'azienda conta su una forza lavoro composta da 130 dipendenti e uno stabilimento di 20.000 mq

nologia “soffice” consente di estrarre la parte liquida residua contenuta nelle vinacce a pressioni decisamente inferiori. «Una minore pressione – prosegue Fracchiolla – si traduce in un minore sfregamento e quindi in un minore maltrattamento delle vinacce e in una minore produzione di fecce, i piccoli residui solidi che galleggiano nella parte liquida. La Techno Press in particolare garantisce ulteriori vantaggi rispetto alle altre presse soffici – conclude – il primo è di natura enologica. I vini di qualità si fanno in ambienti salubri utilizzando attrezzature pulite perché i residui, come le bucce, che rimangono all’interno dell’apparecchiatura incidono sulla qualità del vino: la Techno Press è dotata di canaline estraibili facilmente smontabili e quindi altrettanto facilmente ripulibili.

Industrie Fracchiolla Spa 70010 Adelfia (Ba) Tel. +39 080 459 69 44 Fax. +39 080 459 68 10 www.fracchiolla.it In apertura, autoclavi per spumantizzazione da 150hl, pressione di esercizio 6bar conformi alla direttiva P.E.D.. Sotto, il Gioiello, vinificatore sgrondatore orizzontale a cappello sommerso

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l'Italia che fa l'Italia

Mister Luna Park Si chiama Alberto Zamperla ed è il "padre" delle giostre italiane che fanno girare la testa al mondo. Il segreto del suo successo? Metodo e filosofia di stampo statunitense, che ci illustra non senza una buona dose di polemica verso dinamiche e burocrazia italiane di Laura Bernardi Locatelli 46

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Non esiste parco divertimenti al mondo dove Zamperla non abbia installato almeno una delle sue attrazioni. L’azienda di Altavilla Vicentina, comune di poco più di 10 mila abitanti, rappresenta un esempio straordinario di piccola impresa artigiana in grado di scalare il mondo dal laborioso Nord Est e sfidare la crisi con lo stesso spirito con cui costruisce montagne russe e altre giostre da cardiopalma. La vena artistica del resto scorre da generazioni in famiglia: il fondatore Antonio Zamperla iniziò negli anni ’60 a costruire giochi fino ad allora pensati per gli adulti,

come gli autoscontri, in una versione per bambini; ed è stato il primo italiano a venir iscritto nello Iaapa Hall of Fame, l’albo d’onore dei grandi personaggi dell’industria del divertimento, assieme a Walt Disney e George Ferris, l’inventore della ruota panoramica. Prima di lui, il nonno Alberto fu uno dei pionieri del cinema, tra i primi a girare le piazze d’Italia con un cinematografo ambulante. Capostipite di questa dinastia "creativa", il bisnonno Angelo, un panettiere di Ferrara che perse la testa per un’amazzone e fondò con lei una compagnia circense!


La lezione americana A rendere internazionale l’azienda è stato però lui, Alberto Zamperla, "giostraio globale" che ha fatto rivivere Coney Island, ha inaugurato un parco giochi nella blindatissima Corea del Nord con l’esercito di Pyongyang a collaudare ogni attrazione e ha costruito il primo parco divertimento dopo la guerra in Iraq, poco fuori Baghdad. Anche il sultano del Brunei non ha potuto fare a meno di rivolgersi a lui per il proprio parco giochi regale. I segreti del successo sono ovviamente molti: «Ho avuto la fortuna di andare negli Stati Uniti a 24 anni. Mio padre è sempre stato un cultore dell’organizzazione americana e ha mandato me ad aprire la prima filiale. È lì che ho imparato molto». Grazie alla "lezione americana" l’azienda ha dunque fatto il salto di qualità: «Negli Stati Uniti nessuno ha paura ad avere successo perché è visto come un dono di Dio. La motivazione al guadagno appartiene alla cultura, ma non è mai subordinata alla preparazione e alla meritocrazia, valori che in Italia abbiamo quasi perso». Per Zamperla, ogni dipendente deve condividere i valori aziendali: «Quando assumo qualcuno la prima cosa cui guardo è la motivazione. Il lavoro o si fa con convinzione o non si fa. Poi ci vuole un po’ di fortuna: anche Napoleone cercava generali motivati ma bravi!». Non ci si inventa impresa multinazionale senza conoscenza: «Negli Stati Uniti ho imparato che bisogna essere in ogni momento a contatto con la clientela. In tutti i nostri uffici abbiamo un italiano responsabile, cresciuto qui ad Altavilla Vicentina e di cui so di potermi fidare, e un interprete culturale. Siamo tra i primi ad aver introdotto questa figura sin dalla fine degli anni ’70. Bisogna capire le tradizioni di ogni Paese per dare ai clienti ciò che vogliono, dal rispetto della legge coranica al divieto di rappresentare animali e altre figure. La conoscenza è la chiave del successo». Ingegneri e designer restano a Vicenza, mentre chi sbircia e copia le idee di Zamperla viene "castigato" negli Usa: «In Ita-

Il caso "Parco dei Dogi" Il sogno di Alberto Zamperla è oggi quello di lasciare il segno in Italia e nella sua regione, dando un nuovo slancio a Venezia. Stiamo parlando del progetto Parco dei Dogi che ridisegna il futuro, ripercorrendo i fasti del passato, dell’isola di San Biagio, tra il Canale della Giudecca e la laguna aperta: «Voglio far rivivere le tradizioni e il mito di Venezia, dalla battaglia di Lepanto al Carnevale, dalla lavorazione del vetro alla storia dell’Arsenale, in collaborazione con l’Università Cà Foscari – ci spiega Zamperla – Un grande progetto di edutainment che darà lavoro a 500 giovani e porterà nuovi turisti. Peccato che ogni giorno mi scontri con la burocrazia che mette sempre i bastoni tra le ruote».

In apertura, Alberto Zamperla sorride compiaciuto dall'alto di una delle sue "creazioni". In questa foto, mentre celebra il ritorno agli antichi fasti di Coney Island, a New York

Negli Usa la motivazione al guadagno appartiene alla cultura, ma non è mai subordinata a preparazione e meritocrazia, valori che in Italia abbiamo quasi perso lia non abbiamo grandi tutele del copyright. Non appena un concorrente fa una macchina simile alla mia mi appello alla giustizia statunitense che sanziona pesantemente chi crea confusione sul mercato». I brevetti dell’azienda, che si avvale di una struttura tecnica invidiata dal resto del mondo, sono moltissimi, ma a fianco delle innovazioni pensate per il divertimento ci sono quelle per la sicurezza e per un divertimento senza barriere: «Porteremo a Coney Island l’anno prossimo una montagna russa con un nuovo sistema di sicurezza con un solo supporto alle gambe, che lascia libero il corpo per dare una sensazione di libertà a 90 km all’ora. La nostra sfida è di abbattere le barriere del divertimento, creando giostre e aree della felicità per portatori di handicap». marzo 2014

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Ilpersonaggio

"Il lusso può salvare l’Italia" di Francesco Condoluci

Matteo Lunelli

Ha studiato in Bocconi e s’è fatto le ossa da Goldman Sachs, prima di prendere in mano l’azienda di famiglia. Quelle Cantine Ferrari che da cent’anni portano alto nel mondo il vessillo delle “bollicine” italiane. Ad appena 40 anni, Lunelli è già uno dei protagonisti del Made in Italy di ultima generazione. Non a caso è anche vicepresidente di Altagamma, fondazione che riunisce il gotha delle eccellenze tricolori Un capitano d’industria giovane, capace di muoversi sui mercati internazionali ma senza mai dimenticare lo storico legame con il territorio dell’italianissimo brand di cui è a capo. Matteo Lunelli è l’uomo giusto con cui provare a capire come, nell’era della globalizzazione, sta cambiando “l’azienda Italia” e dal quale farci spiegare se e in che modo l’imprenditoria nazionale può vincere la scommessa del futuro. Dottor Lunelli, negli ultimi anni migliaia di aziende hanno delocalizzato all’estero, puntando a vendere più lo stile italiano, che non il prodotto, ma snaturando così il concetto stesso di “Made in Italy”. Non c’è un’altra via d’uscita? Se si pensa alle aziende in difficoltà e al fatto che l’Italia è al 65° posto nella classifica mondiale dei Paesi dov’è più facile fare impresa, sembrerebbe di no. Ma la situazione va vista sotto un’altra lente. Non dimentichiamo che siamo il 5° Paese al mondo per la bilancia commerciale dei prodotti manifatturieri e, nonostante la crisi, esportiamo e primeggiamo in tanti settori. Nella fascia alta del mercato, nel cosiddetto “alto di gamma”, produrre in Italia resta un fattore distintivo e un elemento di successo. In uno studio condotto da Altagamma sull’atteggiamento dei consumatori di beni personali di lusso rispetto alla provenienza del prodotto, il made in Italy è risultato la denominazione

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di origine più citata come garanzia di qualità intrinseca. Molte aziende francesi infatti vengono a produrre in Italia. Allora forse, sul piano normativo, bisognerebbe tutelare meglio la nostra manifattura… Sì, ma attenzione a non essere estremisti. In un’economia globale è normale che in una produzione nazionale possano esserci componenti straniere. L’Italia del resto non è in grado di produrre tutto. Piuttosto bisogna preoccuparsi di “saper vendere” il Made in Italy, facendo leva su quei valori intangibili, quegli elementi legati a qualità, stile e storia, che lo rendono unico. Prodotto in italia, nel mondo, è sinonimo di prodotto di qualità. Puntiamo su questo e salveremo le nostre produzioni. Nel frattempo però, gli stranieri fanno shopping nel nostro patrimonio aziendale... È vero. Ma molte delle aziende cedute all’estero mantengono produzione, creatività e direzione in Italia. Tutti vorremmo che fossero 100% italiane, ma realisticamente la cosa importante è che restino “col cuore e il cervello” in Italia. Prendiamo la Ducati, oggi di proprietà tedesca: conta di più che preservi la sua italianità in termini di produzione, che nella proprietà. Le holding straniere sanno benissimo, d’altronde, che una Ducati prodotta fuori dal suo distretto di appartenenza, non avrebbe lo stesso appeal sul mercato. Oggi l’Italia dev’essere aperta agli investimenti esteri. Chiudersi sarebbe controproducente. Delocalizzare o non delocalizzare: cos’è che fa pendere la bilancia dall’una o dall’altra parte? Il prodotto italiano, nel mondo, si caratterizza per le "3b": bello, buono, benfatto. Abbiamo una manodopera specializzata, un “saper fare” risultato di tradizioni non replicabili. Poi ci sono gli svantaggi: costo elevato di energia e lavoro, cuneo fiscale, burocrazia. Fare impresa qui è più difficile che altrove, a maggior ragione nelle produzioni di largo consumo, dove l’incidenza dei costi sui processi produttivi

I modelli da seguire Tra le aziende “giovani” che hanno saputo imporsi nel mondo abbinando “saper fare” e innovazione, Matteo Lunelli cita il caso emblematico di Technogym. Fondata nel 1983 è da tempo leader mondiale nei servizi per il wellness; pur operando in un settore diverso da quelli tradizionali del nostro Paese, si è caratterizzata per la produzione di macchine e attrezzi da palestra con uno stile e un’identità fortemente “italiani”. O ancora, il caso Yoox, portale e-commerce partner delle grandi aziende di moda di Altagamma. Nato nel 2000, oggi primeggia nella vendita dei beni di lusso italiani nel mondo. «Casi come questi – commenta Lunelli – dimostrano che nonostante le difficoltà, l’Italia non è un Paese senza futuro».

In apertura, Matteo Lunelli, erede dell'impero Ferrari e vicepresidente (con delega per il settore alimentare) di Altagamma

Un’azienda italiana di successo oggi? Deve proporre un prodotto di qualità, saper utilizzare le nuove tecnologie digitali e avere, come mercato di riferimento, il mondo

è più alta ed è per questo che si delocalizza. Nel top di gamma invece, i gruppi sono meno sensibili ai costi. Ecco perchè bisogna investire di più nelle produzioni di lusso, le uniche che possono rilanciare la nostra economia.

Made in Italy e futuro: qual è la ricetta? Promuovere il turismo e attrarre i consumatori provenienti dai Paesi ad alto tasso di crescita. Il futuro parla la lingua dei nuovi mercati. Nei prossimi 20 anni ci saranno 500 milioni di nuovi consumatori e potenziali turisti: attrarli in Italia significa innescare un indotto economico di portata enorme. Le Cantine Ferrari si stanno muovendo da tempo in questa direzione, aprendo le porte ai visitatori dei Paesi più lontani. Nella convinzione che in un’era caratterizzata da un bombardamento continuo di dati e informazioni, la differenza può farla solo una visita “dal vivo”. Chiunque, a qualunque distanza, può assumere notizie sull’Italia, ma solo chi viene nel nostro Paese può vivere davvero un’emozione. marzo 2014

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consumi&tendenze

Mangiamo alla romana di Ida Santilli

Dagli spazi recuperati di edifici dismessi nascono ristoranti e bistrot. Quartieri periferici si riqualificano svelando un nuovo fermento. La Capitale della gastronomia si rinnova e porta in tavola socialità e proposte "fast" di alta qualità 50

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Per capire come è cambiato l’approccio della capitale alla cucina nel corso degli ultimi decenni, bisogna partire dagli albori, dalla tradizione giudaico-romanesca. E quando da Largo di Torre Argentina si arriva in Via del Portico d’Ottavia il perché è subito evidente: il "ghetto" è diventato infatti una vera e propria cittadella del gusto che custodisce gelosamente le ricette della tradizione dal 1555, anno in cui papa Paolo IV Carafa ordinò la separazione degli ebrei dai cristiani. Bellacarne è l’ultimo nato tra i ristoranti della via e, pur osservando fedelmente le direttive kasher, ha sposato uno stile originale che recupera elementi di sartoria (come le stampelle porta abiti per lo schienale delle sedie) in 200 metri quadri di spazio ben


diviso tra i tavoli e il banco. Il giovane chef italo brasiliano Alessandro Dalla Valle ci mette del suo: tra gli appetizer infila pomodori, hummus, babaganush, prima di deliziare il palato dei clienti con polpettine di abbacchio, kebab di vitello e tacchino (shawarma) con insalata israeliana e salsa tahina.

Local e social Negli ultimi anni alcune zone non lontane dal centro sono state protagoniste di progetti di riqualificazione urbana che hanno stimolato un nuovo fermento e, grazie all’estro di rinomati architetti, molti quartieri hanno cambiato volto. Ne è un esempio il quartiere Ostiense, un’interessante fucina del gusto:

dagli spazi recuperati di edifici dismessi, nelle strade che si snodano intorno al Gazometro e agli ex Mercati Generali, sono nati ristoranti etnici, wine bar, gallerie d’arte, spazi culturali e, dalla riqualificazione dell’ex Air terminal per l’aeroporto di Fiumicino inaugurato per i Mondiali di calcio Italia ’90, si è sviluppato Eataly. Si tratta spesso di locali “multi funzione” in grado cioè di soddisfare clientele diverse con proposte diversificate: il comune denominatore è la semplicità della proposta (dal menù non può sparire la carbonara, sempre richiestissima) e delle formule, nonché un rapporto qualità prezzo vincente. Dal recupero di un magazzino dove negli anni ’30 si producevano bombe, nel dicembre 2012 è nato per esempio Porto Fluviale. Si ispira ai bar di Barcellona e ai caffè di New York ma la miscellanea nell’arredo non stona e ben sposa il prodotto italiano; il concetto dei cicchetti riprende le tapas spagnole sviluppando l’idea del recupero anche a tavola. «Si gioca con la tradizione – ci spiega Gino CumiComun denominatore nale – la parmigiana di melandella giovane ristorazione romana zane, l’arancina, la caponata... è la semplicità della proposta la differenza sta nel formato (dal menù non possono mancare delle porzioni». Proprietario di carciofi e carbonara!) e delle Rosti, Marco Gallotta ha invece formule, nonché un rapporto recuperato un’ex officina mecqualità prezzo vincente canica a due passi dalla nuova linea metropolitana, al Pigneto: In apertura, Piazza Navona. Qui sotto, tre sale che si rincorrono una il fresco cortile del Rosti in zona Pigneto dentro l’altra, un grande giardino, un muro antico destinato ad accogliere proiezioni cinematografiche. Genuino già dal nome (che si riferisce alla frantumazione di arrosto, che lo slang romanesco usa per indicare il tipico piatto della domenica) e familiare nel modo di accogliere. La formula vincente? Il giardino con l’area giochi marzo 2014

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consumi&tendenze

è il più richiesto». E, immancabile, compare nel menù, accompagnato dal pecorino al fieno e dalla ricotta di pecora oppure nella zuppa con le patate e l’uovo in camicia. Ma la nostra attenzione cade sui delicati gnocchi di ricotta, broccoletti siciliani, bottarga e polvere di olive, da abbinare a una tra le 450 etichette che compongono la superba carta dei vini.

Un tocco “esotico”

II quartiere Ostiense è un’interessante fucina del gusto: dagli spazi recuperati di edifici dismessi sono nati ristoranti, wine bar e gallerie d’arte In questa pagina la vetrina di Bellacarne, ristorante kasher (creativo) tra le vie del ghetto

per i più piccoli e il bimboMenu, rivisitazione dell’happy meal, con mini hamburger, succo di frutta bio e mattoncini lego (di mais) per le costruzioni. Per chi è alla ricerca di una cucina più raffinata, sempre Gallotta ci accompagna da Primo, al Pigneto. In cucina massima attenzione è riservata al prodotto e alle preparazioni. Non a caso, Marco ci rivela che oggi i clienti romani scelgono il prodotto prima ancora del piatto: «il carciofo non tramonta e, insieme al pistacchio,

Scelti per voi

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Bellacarne Via del portico d’Ottavia, 51 Tel. 06.6833104 Prezzo medio 28 euro www.bellacarne.it

Rosti Via Bartolomeo D’Alviano, 65 Tel. 06.2752608 Prezzo medio: 20 euro www.rostialpigneto.it

Caffè Propaganda Via Claudia, 15 Tel. 06.94534255 Prezzo medio: 35 euro www.caffepropaganda.it

Porto Fluviale Via del Porto Fluviale, 22 Tel. 06.5743199 Prezzo medio: 22 euro www.portofluviale.com

Primo al Pigneto Via del Pigneto, 46 Tel. 06.7013827 Prezzo medio: 35 euro www.primoalpigneto.it

gECOBIOndo Via Gerolamo Cardano, 105 Tel. 06.5571048 Prezzo medio: 25 euro (senza vino) www.gecobiondo.eu

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Ricorda un po’ i bistrot parigini Caffè Propaganda, chef Marco Bravin, a due passi dal Colosseo, che sciorina stagionalità e materie prima di qualità con proposte accattivanti: il raviolo cacio e pepe al burro di malga e guancialetto croccante mette d’accordo il romano più intransigente e il turista in cerca di tradizione. Scegliere i dolci è come sfogliare un quotidiano: vi auguriamo una buona lettura perché la lista è ben assortita. Un cocktail è quello che ci vuole per chiudere la serata, soprattutto se nella carta spiccano distillati di pregio introvabili come il Pisco dal Perù: Desiré, George e Livio maneggiano shaker, ampolle, antichi bicchieri e gocce di segrete misture. Date loro uno spunto e vi creeranno la bevanda perfetta! È apparsa infine molto coraggiosa la scelta di Massimo Dolce di portare a Roma la cucina bio-vegetariana-vegana, proprio a due passi da Ostiense, in zona Marconi. Bisogna dunque vincere lo scetticismo ed entrare da gECOBIOndo con il desiderio di aprirsi a nuovi sapori. Si inizia con una insalatina di mela, semi di girasole e cioccolata fondente, vellutata di zucca con olio della Sabina, crostini di pane di farro e crema di ceci, e si prosegue con una lasagnetta ai porri condita con besciamella d’avena. Rustica il giusto la cicerchia, presentata con il seitan, servito con un sughetto di capperi e noce moscata. La carta dei vini annovera solo quattro etichette prodotte in un’azienda bio del parco dell’Appia Antica e il bis è libero.



storiedall'italiachemerita

Tutti insieme per il brand

Calabria È appena nato e ha già riscosso una serie di interessanti successi ILovesudit, progetto innovativo grazie alla partecipazione diretta di enti, aziende e singoli cittadini innamorati della propria terra: una regione splendida che tanto ha ancora da raccontare di Francesco Condoluci 54

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ILovesudit è un progetto ambizioso. Anzi, di più. È un impegno collettivo, quasi uno stile di vita. A dargli corpo l’agenzia di comunicazione e marketing Jureka che, nata nel 2012, mutua il nome da quello che tanti piccoli centri meridionali danno agli antichi quartieri urbani una volta abitati prevalentemente dai “giudei”. A fondarla “un paio di matti di Alessandria” Oscar Gastaldi e Ilenia Piccioni trasferitisi nel “profondissimo Sud” (a Cariati, Cosenza), decisi a scommettere sulla Calabria come si scommetterebbe su un brocco che gareggia contro Ribot: con coraggio e anche un pizzico di incoscienza. Così costruiscono una squadra o, meglio, un’officina creativa di giovani per iniziare un percorso irto di ostacoli. Le

parole prendono presto corpo in un progetto, ILovesudit appunto, un nome che racchiude un intero programma: se infatti l’amore, per definizione, è il più grande sovvertitore degli ordini precostituiti, ecco che la missione di Jureka è sconvolgere i canoni classici di una realtà che frena lo sviluppo, non solo economico ma, soprattutto, quello dell’impostazione culturale intesa nella sua complessità. Incarna, ILovesudit, il desiderio di valorizzazione e promozione del territorio grazie al contributo di una variegata serie di soggetti, un gruppo strutturato che si sviluppa in orizzontale e in verticale, composto da imprese, professionisti, associazioni, amministrazioni comunali, studenti, cittadini e chiunque voglia prender-


vi parte, che si sono aggregati, accompagnando, sostenendo e, soprattutto, credendo nel progetto. Sono Quelli di ILoveSudit che, dal gennaio 2013, si riuniscono in Tavoli di Lavoro: gli aderenti sottoscrivono un protocollo di intesa e si autotassano con una quota di adesione che costituisce un fondo per la realizzazione delle iniziative. Una vera novità nel panorama locale: con la decisione da parte dei soggetti aderenti di affiancare la comunicazione istituzionale, assumendosi l’onere e l’onore di portare alto il nome della regione. La filosofia è quella di promuovere il territorio non attraverso i prodotti identificati nella singola azienda, bensì di valorizzare il brand Calabria mediante una comunicazione che porti alla reale conoscenza del territorio. In quest’ottica, le eccellenze autoctone delle realtà imprenditoriali perdono la loro qualità meramente commerciale e assumono valore identitario, marchiandosi all’unanimità con il brand ILoveSudit.

Energia e dinamismo

Il progetto ILovesudit mette assieme associazioni, istituzioni e cittadini accomunati dal desiderio di promuovere la loro terra x

Brindiamo alla cultura del territorio ILoveSudit: Salone del Vino e dei Sapori del Sud è la manifestazione in programma dall’1 al 4 maggio presso il Palazzo delle Fiere di Schiavonea di Corigliano (Cs). Si tratta di un evento unico nel suo genere, contenitore e palcoscenico per i territori dell’Italia meridionale che vogliono proporsi al pubblico a partire dalle proprie eccellenze enogastronomiche. L’iniziativa costituisce un’azione di marketing finalizzata a promuovere non già un prodotto specifico, ma una “cultura del territorio”, una filosofia e uno stile di vita che privilegiano la qualità, la produzione sostenibile, la rintracciabilità, la stagionalità: in definitiva, l’eccellenza in tutte le sue accezioni.

Varie le attività già sviluppate o in via di definizione nell’ottica del progetto. A partire dal sito ilovesudit.com, piattaforma che consente l’interazione tra utenti registrati, i quali usufruiscono gratuitamente del portale per promuovere, diffondere e condividere eventi e notizie. C’è poi la fidelity card che consenta a chi ne è in possesso di usufruire di particolari sconti nelle realtà aderenti al progetto al fine di creare un circuito commerciale virtuoso. Tra le iniziative realizzate, destinate a ripetersi, il Festival del risotto e della pasta − Assaggia il territorio presso Rocca Imperiale dello scorso agosto. Il format, studiato sulla base del rapporto imprescindibile prodotto/territorio, ha visto un’affluenza di oltre sei mila persone in quattro serate nel centro storico e presso il Castello Svevo di Rocca.

menzione d'onore

Un “Cavaliere” al servizio dei calabresi La Calabria che eccelle miete riconoscimenti anche al di fuori dai confini regionali. È il caso di Peppino Accroglianò (nella foto), presidente del C3 International, Centro Culturale Calabrese e Associazione Internazionale dei Calabresi nel mondo, ma soprattutto storico mentore della comunità calabra a Roma. Su proposta del Consiglio dei Ministri, Accroglianò è stato nominato dal Capo dello Stato Giorgio Napolitano, “Cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana”. Un premio al lungo e accorato impegno che, attraverso il C3 International (76 mila iscritti e sezioni in tutto il mondo), Accroglianò ha dedicato «a coagulare le migliori intelligenze della politica e dell’economia per contribuire allo sviluppo del Mezzogiorno e alla promozione del patrimonio storicoculturale calabrese».

Per saperne di più:

www.ilovesudit.com www.saloneilovesud.it

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i viaggi del gusto di...

di Germana Cabrelle

Gian Marco Tognazzi: "io ho scelto la terra" Attore di cinema, teatro e televisione aveva solo sei anni (oggi ne ha 46) quando ha iniziato a calcare le scene in film come L’anatra all’arancia di Salce, Non toccare la donna bianca di Ferreri, e Romanzo Popolare di Monicelli. Giovanissimo ha trascorso alcune estati come assistente alla regia e successivamente si è diplomato come operatore alla macchina all’Istituto di Stato per la Cinematografia e la Televisione. Da qualche anno, in parallelo alla professione di attore, Gian Marco sta dando continuità al sogno enogastronomico di suo padre Ugo, la 56

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tenuta La Tognazza a Velletri, che ha ristrutturato e configurato come azienda e dove oggi produce vino e olio di qualità arrivando a conquistare un’ampia fetta commerciale del mercato agroalimentare italiano e internazionale. La Tognazza è l’azienda che tuo padre Ugo, antesignano della buona cucina, creò nel 1969. Perché hai deciso di seguire le sue orme? Papà ha iniettato lo spirito dell’agrono-


Il tuo vino e piatto preferito? Il mio vino preferito è il Mmitte di Lucera, ha un non so che di erotico. Nel piatto invece tiella di riso patate e cozze Delle ricette scritte a pennarello da tuo padre nel libro La mia cucina, invece, quale scegli? Sicuramente le farfalle fuxsia o le penne al pomomascarpone. Che ricordi hai di Ugo tra i fornelli? Dell’80% del tempo che passava in casa. Infatti io stesso sono cresciuto più in cucina che in salone. Qual è il piatto di tuo padre che ricordi di più? Impossibile dirne uno piuttosto che un altro perché lui cambiava in continuazione, sperimentava. Quindi è come dire qual è il suo miglior film o la sua migliore interpretazione. Molto Difficile. Partecipavi alle cene con gli “amici suoi”? Da piccolo, quando c’era la defezione di un ospite e a tavola c’era un posto vacante, ero considerato la prima riserva. Poi, crescendo, mi sono conquistato il posto di diritto, sia perché ero l’assaggiatore ufficiale dei suoi piatti, sia perché mi considerava una buona forchetta. Avevo anche raggiunto un’età che ai suoi occhi mi permetteva più “agilmente” di ascoltare certi discorsi, spesso parecchio coloriti.

mo dentro di me. Passata l’adolescenza e le naturali curiosità dei giovanissimi, ho deciso di tornare a vivere a Velletri: questo dunque vuole essere un modo di riappropriarmi del posto dove sono nato, e mi piace l’idea che i miei figli possano vivere a contatto con la natura i loro anni più belli, in un luogo più sano e incontaminato della grande città. Poi a Velletri ci sono i suoi prodotti e i prodotti della Tognazza: ricercati e selezionati, sono una vera eccellenza del made in Italy, e vengono apprezzati anche nel resto del mondo.

Tornare a Velletri, per occuparmi della Tognazza, è stato un modo di riappropriarmi della mia storia. Mi piace pensare che i miei figli crescano a contatto con la natura e i suoi migliori prodotti

Tuo padre produceva vino. Di chi è stata la scelta di battezzarli con i nomi della supercazzola tipo Antani per lo Shyraz e Tapioco per il Velletri superiore? L’idea è stata mia. I suoi vini non avevano un nome erano solo il bianco e il rosso della Tognazza. Quando abbiamo deciso di ripristinarli ho voluto trovare qualcosa che identificasse il suo vino con qualcosa che lo ricordasse ironicamente anche per il suo lato artistico e sicuramente la terminologia della supercazzola è in assoluto la cosa per la quale verrà ricordato e tramandato anche alle future generazioni. Tuo padre amava dire: “L’attore a volte mi sembra di farlo per hobby. Mangiare no, io mangio per vivere”. Anche per te è così? Certamente sì, e aggiungo… inevitabilmente sì! A maggior ragione in questo periodo storico, dove il mestiere dell’attore nel nostro paese non può che essere effettivamente considerato più di un hobby, vista purtroppo la devastante crisi produttiva che investe tutto il settore.

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InViaggio Viaggio In 76

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60 Montagne sconosciute

76 Mezzano di Primiero

Cultura, tradizione, paesaggi incantati: un paese-gioiello nel cuore del Trentino

Vette, valli, rifugi: ecco degli itinerari insoliti dalla Sardegna alle Dolomiti

68 Autentici scorci d'Umbria

78 Idee per i ponti di Pasqua

Facciamo tappa a Spello, suggestivo borgo d'arte ai piedi di Monte Subasio

Venezia, Budapest, Palermo, Praga: proposte per tutti i gusti e tutte le tasche

72 Trento in sole 24 ore Come passare una giornata gustosa e divertente nella cittĂ "piĂš vivibile d'Italia" marzo 2014

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inviaggio

Montagne che non t'aspetti di Riccardo Lagorio

Che stiate rincorrendo le ultime nevi dell’inverno o siate giĂ proiettati verso rinvigorenti passeggiate primaverili, vette, valli, passi, foreste e rifugi dovrebbero far parte del vostro immaginario vacanziero. PerchĂŠ limitarsi però ai soliti itinerari? Per gli amanti dello sci e delle arrampicate, lo Stivale tutto (isole comprese!) riserva infatti non poche sorprese 60

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Ph.Gaudenzio_Arch.TurismoFVG

Una bella immagine del torrente Cellina, che dà il nome alla celebre valle friulana

Il 76% del Belpaese è composto di montagne e colline, che talvolta sono croce negli spostamenti da un capo all’altro della penisola, ma delizia di sciatori e per coloro che amano passeggiate nella natura e all’aria aperta. In particolare le montagne sono un grande serbatoio di opportunità turistiche e, al di là di alcune arcinote località di svago, vi sono tante occasioni minori per sviluppare un turismo di fine inverno sulla neve o dedicato alle prime passeggiate primaverili. Come sulle Dolomiti friulane, selvagge per natura, che permettono di vivere intensi momenti lontano dalla folla malgrado sia una terra facile da raggiungere. Nel Pordenonese, la località perfetta per gli sciatori è Piancavallo, nata negli anni Sessanta grazie alla vicinanza alla pianura, alla comodità delle vie di accesso e alla bellezza del paesaggio, caratterizzato da una folta vegetazione di alta montagna. Stazione attrezzata per lo sci in tutte le sue declinazioni, conta su 25 km di piste per lo sci alpino e 30 per il fondo, impianti di risalita al passo coi tempi e neve programmata. Discesa, fondo, scialpinismo e pattinaggio vengono praticati anche a Claut, in Alta Valcellina, mentre lo scialpinismo si può praticare a Cimolais e lungo vari percorsi che si snodano in uno scenario intatto e silenzioso. Appena la neve sparisce, ecco il cielo dipingersi di svariati colori con l’arrivo dei deltaplanisti da ogni angolo del mondo che sfruttano le correnti d’aria che dal mare risalgono le valli. Caratteristiche di qui sono le austere architetture in pietra, con ballatoi in legno, che le popolazioni montane hanno preservato con passione. Ma anche l’arte del mosaico è assai diffusa: da oltre due secoli i mosaicisti di queste zone hanno fatto scuola nel mondo, decorando con abilità edifici pubblici e privati in tutti i continenti. Sono stati gli emigranti ad affinare e a diffondere l’arte della composizione di tessere colorate ricavate dai sassi dei fiumi, che ha consentito e consente tuttora di mantenere in vita, su marzo 2014

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inviaggio

Passeggiando a oltre 1800 metri di altitudine, tra la natura selvaggia presso Bruncu Spina

compagne di strada

Con le ciaspole sul Gennargentu

Peugeot 2008, buona per tutte le stagioni Elegante in città, avventurosa e sicura nel fuoristrada. Poliedrica come poche altre vetture del suo genere, la Peugeot 2008 non fa una piega se la togli dal traffico urbano, suo habitat naturale, per testarne fluidità del motore, guidabilità e comfort su strade montane disseminate di curve e tornanti. Noi l’abbiamo provata – nella versione “top di gamma” con cilindrata 1.6 da 115 cavalli, sistema start&stop e allestimenti “Allure” – per il nostro itinerario sulle Dolomiti pordenonesi. Ricavandone, alla fine, un giudizio più che lusinghiero: dietro le sembianze di crossover a trazione anteriore leggero e divertente, si cela un’auto comoda, spaziosa, confortevole, piacevolissima

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scala artigianale e industriale, un significativo filone economico. Tant’è che a Spilimbergo è stata aperta nel 1922 la Scuola Mosaicisti del Friuli, istituzione unica al mondo, attivissima ancor oggi e depositaria della grande tradizione artistica musiva che si ricollega al glorioso passato di Aquileia, Bisanzio, Ravenna e Venezia. Sequals, patria del grande pugile Primo Carnera, ne è la capitale. Al termine dei pendii con gli sci ai piedi o delle scivolate sull’aria con il deltaplano, vi aspetta la sapida cucina a base di minestre di orzo e fagioli o di riso con verze e musetto; tra i secondi spicca la selvaggina con polenta. Piatto tradizionale è il frico nelle sue mille varianti, una sorta di tortino a base di formaggio fuso di unica o più varietà, con patate o cipolle o tal quale.

da guidare grazie alla sua eccellente tenuta di strada, alla tecnologia intuitiva della sua plancia touch-screen e all’affidabilità del suo Grip control, il selettore che consente varie modalità di guida (tra cui neve, fuoristrada e sabbia) favorendo l’assetto. Appena ci siamo messi al voltante, la sportiva di casa Peugeot, ci ha messo subito a nostro agio, grazie anche al volante piccolo e alla seduta avvolgente. Un’auto nata per la città ma vocata all’avventura, che fa davvero invidia ai modelli di gamma più alta. Anche perché i consumi sono contenuti e il prezzo decisamente accessibile. Prezzo versione 1.6 8V e-HDi 115 CV: 21.800 euro

Una montagna davvero insolita per lo sci si trova in Sardegna. Letto bene: Sardegna. Nel Comune sardo più vicino al cielo, Fonni, esiste infatti l’unica località sciistica della regione in località Bruncu Spina, a oltre 1800 metri di altitudine, tra la natura selvaggia della Barbagia. Tre piste e l’immancabile fascino del fuoripista sono delle opportunità per godere al meglio di una montagna lontana dal clamore e dalla folla. Sempre più successo lo sta avendo anche la traversata del massiccio del Gennargentu con le ciaspole, attività che richiede buona dose di preparazione e adattamento. Ma che al tempo stesso permette di vivere a stretto contatto con un mondo ancora tutto da scoprire. Non distante, alle pendici del Monte Spada, che raggiunge i 1600 metri, la stazione sciistica Neve 2000 permette anche ai bambini e ai principianti di provare l’ebbrezza dei primi approcci agli sci. In verità anche sul versante meridionale del Bruncu Spina si possono apprendere i primi rudimenti di quest’arte, nel territorio di Desulo. Nelle giornate più limpide dal Bruncu Spina è possibile godere di un panorama su tutta l’isola e all’inizio della primavera non è difficile imbattersi in grup-


Una suggestiva immagine della Val di Viù (Pala Rusà)

Consigliata dal Cai: l’Alta Valle di Viù

Ph. Mario Alpinisti

Aspra e selvaggia, con un accesso che non invoglia le grandi masse turistiche, l’Alta Valle di Viù – la più meridionale delle tre valli di Lanzo, in Piemonte – cela magnifici itinerari facili, ma anche montagne difficili e di notevole altezza. Punto di partenza ideale è Usseglio. Immersa in un panorama inconfondibilmente alpino, tra le montagne che svettano, si nota a sudovest il Rocciamelone, la cui cima è possibile raggiungere anche da terno del bel complesso parrocchiale, questo versante; la Punta Lunella a raggiungete Viù, con i suoi antichi sud; la Croce Rossa a nord; ma soprat- ponti e la base di torchio “Carlo Falchero” risalente II tutto il monte Lesec. a.C.; e ancora ra, la cui inconCostituito ufficialmente il 23 Lemie, “luogo fondibile forma ottobre 1863 a Torino, è una libera delle streghe” (lacaratterizza il paassociazione nazionale che “ha miae) con la sua norama del paeper iscopo l’alpinismo in ogni sua bella cascata. L’itise. Terra ricca manifestazione, la conoscenza nerario consigliad’acque, il pianoe lo studio delle montagne, to dal Cai, perfetro di Usseglio è specialmente di quelle italiane, to per questa formato dale la difesa del loro ambiente stagione di mezla Stura di Viù, naturale” (art. 1 dello Statuto). zo, parte proprio uno dei tre rami Il Cai conta su 315.914 soci, divisi da Forno di Lemie che formano in 498 Sezioni e 310 Sottosezioni. (842 m) e descrive la Stura di Lanzo, l’anello Pessineamentre poco distanti si possono raggiungere il lago Villaretti-Grangette, per un dislivello artificiale di Malciaussia, il lago della complessivo di 600 metri. Rossa, uno dei più alti di Italia (oltre i 2600 metri) e quello della Torre; a Per saperne di più: sud, il piccolo lago Nero. Dopo aver www.portaleviu.com visitato il Museo alpino Tazzetti all’in- www.cai.it

Scelti per voi dove mangiare Hotel ristorante Furnasa Ricercata cucina piemontese bagnata da ottimi vini. Menù da 15 euro Via 24 maggio, 16 - Usseglio (To) Tel: 0123.83788 http://ristorantehotelfurnasa.com

dove dormire Albergo Rocciamelone Suggestiva struttura dal fascino retrò. Doppia da 60 euro Via Roma, 37 - Usseglio (To) Tel. 0123.83743/83789 www.albergorocciamelone.com

pi di mufloni che si spostano verso il fondovalle. Fitti ontaneti, macchia mediterranea e bassi cespugli caratterizzano il paesaggio quando la montagna non è ricoperta da neve, contesto ideale per salutari passeggiate primaverili, quando è frequente imbattersi in mandrie di pecore. Nei secoli i pastori hanno richiesto aiuto a una razza di cane dal fiuto speciale portato dai conquistatori romani e adattatosi bene all’ambiente. Questo cane fu utilizzato, per la sua innata aggressività, durante la Campagna di Libia nel 1912 per prevenire gli attacchi contro le truppe italiane e recentemente il pastore fonnese è stata riconosciuta come razza, stabilendone le caratteristiche genetiche. Come in tanti centri della Barbagia, a Fonni le strade sono elegantemente lastricate e le pareti di molte abitazioni e delle cinte perimetrali sono abbellite da singolari murales. Agnello alle braci e pecora bollita sono i piatti di rito, mentre tra i dolci non ci si può far mancare il savoiardo di Fonni, elaborato esclusivamente con zucchero, farina e uova e dalle dimensioni ben superiori a tutti gli altri biscotti di questo genere: ben 18 cm di lunghezza! marzo 2014

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Scelti per voi dove mangiare Ristorante Belvedere Dal grande focolare che domina la sala escono pregiati tagli di carne, tra le portate da non lasciarsi sfuggire. Curate camere al piano superiore. Si mangia con 30 euro Via Odorico Odorico, 54 Sequals (Pn) Tel. 042.793016 www.albelvedere.it Ristorante Miramontes Accomodatevi accanto al caminetto e chiedete al tavolo la Sardegna rurale. Non ve ne pentirete. Conto sui 30 euro S.P. Fonni-Desulo Fonni (Nu) Tel. 0784.57311

Una bella veduta del Parco Nazionale del Pollino

Basilicata segreta Ma anche all’estremo meridionale, in Basilicata, la montagna offre inaspettate occasioni di divertimento. Lo sci di fondo è praticabile nell’area del Pollino, lungo le piste di Rotonda e Terranova del Pollino, e sul Sirino intorno al lago Laudemio, il lago glaciale più a sud d’Italia mentre l’adrenalina della velocità è di casa sulle piste di Sellata-Arioso, del Volturino e del Sirino. La stazione sciistica Montagna Grande di Viggiano è anche dotata di una pista illuminata e piste per slittini e ciambelle da neve. Il comprensorio di Sellata-Arioso dista solo 20 km da Potenza passando dai 1250 metri del passo della Sellata ai 1710 del monte Arioso ed era frequentato già negli anni Trenta. Ma se discesa e fondo non bastano, ci si può inoltrare nei boschi delle montagne lucane con le ciaspole o le racchette da neve seguendo le piste e i sentieri. Nel Parco Nazionale del Pollino, a oltre 2000 metri, si trovano anche spazi liberi dedicati ai più piccoli per giocare con slittini e bob. In primavera è possibile sco64

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prire angoli inaspettati come grotte, dirupi, anfratti come il canyon del fiume Raganello e l’abisso del Bifurto, mete di speleologi da tutta Europa. Abbandonato il manto bianco, la montagna ricomincia a caratterizzarsi per la presenza di pini loricati e del verde intenso delle piante officinali. In quest’area della montagna tricolore c’è spazio per conoscere uno dei siti più antichi abitato da essere umani, risalente al Mesolitico, in località Calda di Latronico, e uno dei riti più ancestrali, come la Festa dell’abete che si tiene a Rotonda in primavera e prevede l’offerta di un larice a Sant’Antonio. Questo centro è un’autentica miniera di prodotti locali, preservati grazie alla dedizione degli abitanti: dalla melanzana rossa al fagiolo poverello e al pomodoro costoluto, attori principali di sapide ricette. Per saperne di più:

www.piancavallodolomitifriulane.it www.bruncuspina.it www.sciareinbasilicata.it www.parcopollino.gov.it

Ristorante Da Peppe Scrigno di ricette locali dove le materie prime del territorio raccontano una Lucania ancora sconosciuta. Si mangia con 25 euro Corso Giuseppe Garibaldi, 13 Rotonda (Pz) Tel. 0973.661251

dove dormire Albergo Vittoria Camere semplici ma dotate di tutto ciò di cui il viaggiatore necessita. Doppia da euro 70 euro Piazza IV novembre, 5 Claut (Pn) Tel. 0427.878429 www.albergovittoriaclaut.it Hotel Sa Orte In pieno centro, camere ben attrezzate, buono il riposo. Doppia a 60 euro Via Roma, 14 Fonni (Nu) Tel. 0784.58020 Hotel Picchio Nero Di grande fascino il contesto, confortevoli le stanze. Punto di partenza per le piste da sci o per avvicinarsi ai sentieri del Pollino. Doppia da euro 75 Via Mulino, 1 Terranova di Pollino (Pz) Tel. 0973.93170 www.picchionero.com



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Bagaglio

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Autenticamente

Umbria di Nadia Catarinangeli

Impossibile non riconoscere, anche in lontananza, l’architettura compatta di Spello, dolcemente adagiata alle pendici del Subasio. Paesaggi suggestivi incorniciano il borgo umbro, via d’accesso d’inaspettata bellezza al monte tanto caro a San Francesco d’Assisi. Qui si respirano, ancora oggi, aria fresca e una forte spiritualità 68

marzo 2014


Percorrere all’alba la strada che, tutta tornanti, scende dalla cima del monte Subasio quando ancora l’inverno non ha lasciato il posto alla primavera, muovendosi lungo il versante orientale che guarda verso Spoleto, Trevi e Montefalco, significa immergersi nell’abbraccio umido di una foschia persistente dalla quale emergono fieri i campanili dei borghi. I raggi del sole distribuiscono luce soffusa e filtrano oltre le nuvole, fino a trapassare i rami argentei degli ulivi che si scorgono un po’ ovunque in lontananza, distribuiti in ordine sui terrazzamenti. Un itinerario percorribile in auto, certo, ma anche in bicicletta e a piedi, e che ci introduce alle bellezze di una terra dal grande fascino, ricca d’insediamenti religiosi che trasudano spiritualità e non pochi stimoli per i gourmet vogliosi di conoscere la locale cultura enogastronomica. A partire dall’olio extravergine prodotto con le cultivar moraiolo, frantoio e leccino, i cui alberi segnano un percorso che, scendendo dalla cima del monte verso Spello, ci porta a incontrare il borgo di San Giovanni, nella cui chiesa benedettina San Francesco sembra aver operato uno dei tanti miracoli. Proseguendo, ci s’imbatte nel Mulino Buccilli, antico mulino a palmenti che macina ancora oggi grano a pietra. Il paesaggio cambia a poco a poco, e ai pascoli erbosi si sostituiscono cespugli di ginepro rosso e boschi di roverella, orniello e acero. Sul Subasio crescono spontanei anche asparago, rosa canina, malva e cicoria, le cui radici, i fiori, i frutti e le foglie arricchivano un tempo la tavole delle famiglie più povere e oggi vengono considerate vere e proprie prelibatezze della cucina locale.

In apertura, Porta Venere con le sue Torri di Properzio, nella leggenda luogo di prigionia del paladino Orlando

Umbria

Spello

La materia prima dell’arte L’estrazione e l’utilizzo della pietra rosa del Subasio, detta anche pietra di Assisi, hanno origini remote. Roccia calcarea di colore rosato caldo e delicato, inizialmente destinata a uso prevalentemente edile, la pietra rosa del Subasio connota oggi le produzioni di molti artisti e artigiani che la plasmano nascosti nei loro laboratori, tra vicoli e salite, coltivandone silenziosamente la preziosità.

marzo 2014

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inviaggio Due immagini che esprimono bene l'importanza dei fiori per la cittadina umbra: da una parte una tipica viuzza decorata di vasi, dall'altra l'Infiorata del Corpus Domini. Sotto, il Subasio

Nel cuore freddo del Mortaro Spello, con il suo territorio, e il monte Subasio in prima fila, rappresenta un importante campo di studio per la geologia della regione ed è oggetto di una mostra permanente allestita dal Laboratorio Ecologico di Geo-Paleontologia nella sede dell’Ente Parco Monte Subasio. Qui è curioso osservare da vicino fenomeni carsici quali fosse e doline, localmente chiamate mortari. Il Mortaro Grande, il più evidente, si presenta come un imbuto profondo circa 60 metri e largo 300 e, assieme al Mortaro Piccolo, ha costituito, per secoli, la riserva di ghiaccio degli abitanti della valle, assumendo la funzione di un vero e proprio frigorifero: la neve che cadeva durante l’inverno infatti veniva compressa nelle doline in modo tale che potesse durare più a lungo; all’occorrenza tagliata in blocchi, era trasportata nei centri abitati e venduta per la conservazione degli alimenti. Per saperne di più sulla Mostra Permanente di Geo-Palentologia: Tel 339.7743826

Sono loro infatti i protagonisti di Subasio con Gusto manifestazione che – giunta alla sua IV edizione, in programma quest’anno dal 4 al 6 aprile – unisce tradizione popolare, cultura scientifica ed enogastronomia. Tornando sulla strada, ecco ergersi di fronte a noi il Santuario della Madonna della Spella, fondato nel 1080, con la sua incredibile vista che si apre fino ai Monti Sibillini, a Foligno e ai Monti Martani; di notevole fascino anche l’Abbazia di San Silvestro, o per lo meno quel che rimane del grande complesso monastico fondato probabilmente da San Romualdo nel 1025. È qui che sgorga l’omonima fonte: acqua limpida e gelida alla quale si attribuiscono proprietà terapeutiche. Sulla cancellata della chiesa era tradizione annodare cuffiette e camiciole di neonati offerte dalle mamme che avevano ottenuto la grazia. L’ultimo incantevole centro abitato nel quale ci si imbatte sul fianco meridionale del monte è Collepino, centro murato dal fascino antico e ultima vedetta che osserva e protegge il borgo sospeso nel tempo di Spello.

La città rosa A questo punto della discesa, dunque, la meta è vicina. E la via per raggiungerla non potrebbe essere più suggestiva. Si fiancheggia infatti l’acquedotto romano lungo un sentiero che trapassa uliveti e tratti di macchia mediterra70

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Il centro storico di Spello, generoso di splendide vedute e opere d’arte

Scelti per voi dove mangiare La Bastiglia Antico mulino alle falde del Subasio. Ristorante con cucina dalle tendenze creative, e hotel. Prezzo medio: 40 euro (bevande escluse) Via Salnitraria, 15 – Piazza Vallegloria Spello (Pg) Tel. 0742.651277 www.labastiglia.com La cantina di Spello Atmosfera avvolgente e calda. Cucina all’insegna della tradizione regionale. Prezzo medio: 35 euro (bevande escluse) Via Cavour, 2 – Spello (Pg) Tel. 0742.651775 www.lacantinadispello.it

nea e si arriva in prossimità di un’imponente porta d’accesso alla parte alta della cittadina, Porta Montanara. L’ingresso a Spello colpisce subito per le delicate tonalità di rosa che caratterizzano vicoli e balconi abbelliti da colorati arredi floreali. Un concorso premia ogni anno i più belli, e non potrebbe essere diversamente visto che qui le Infiorate del Corpus Domini sono una vera e propria istituzione. La cittadina è tutta una sovrapposizione di architettura medievale e arte rinascimentale, sorte sulle fondamenta di un importante passato romanico: di quest’epoca, la Julia Hispellum conserva ancora l’anfiteatro, la Porta Venere, la Porta Urbica e la Porta Consolare. Nella parte bassa del borgo una Villa tardo romana augustea racchiude splendidi pavimenti a mosaico e una necropoli ospita tombe a fossa riferibili all’Età del Ferro. Il centro storico è generoso di splendide vedute e opere d’arte, fra le quali val bene una visita la cappella Baglioni della chiesa di Santa Maria Maggiore. Affrescata dal Pinturicchio è un esempio di superba pittura del Rinascimento italiano. Poco distanti le chiese di Sant’Andrea, di San Claudio, di San Lo-

renzo e la chiesa Tonda. Da visitare. Lungo le viuzze, botteghe artigiane svelano le opere in pietra rosa del Subasio e corda, macramè e legno d'ulivo. Dulcis in fundo, la tavola: i piatti della tradizione sono semplici e gustosi, arricchiti con olio extravergine di oliva da accostare a un fresco calice di vino locale. Tutta l’area che si estende intorno al Subasio infatti presenta condizioni ottimali per la viticoltura e l’olivicoltura, tanto che le produzioni della zona hanno ottenuto per i vini il riconoscimento della Doc Assisi e delle Igt Umbria e Spello; e per l’olio la Dop. Da qui passano inoltre la Strada dell’olio extra vergine Dop Umbria e la Strada dei Vini del Cantico. Itinerari ben segnalati, attraversano luoghi di elevato interesse storico e culturale a spiccata vocazione enogastronomica. Lungo i loro margini vigneti, oliveti, cantine e frantoi pronti ad accogliere curiosi ed enoturisti durante tutto l’anno. Per saperne di più:

www.parks.it www.prospello.it www.stradaoliodopumbria.it www.stradadeivinidelcantico.it

Il Molino Ex frantoio del trecento nel centro storico. È possibile gustare una cucina umbra che si rifà all'antica tradizione locale, con tocchi di creatività. Prezzo medio: 30 euro (bevande escluse) Piazza Matteotti, 6/7 – Spello (Pg) Tel. 0742.651305

dove dormire Hotel Palazzo Bocci Struttura settecentesca dove storia, tradizione e arte convivono con le nuove tecnologie. Ambienti esclusivi ed eleganti. Doppia da 130 euro Via Cavour, 17 – Spello (Pg) Tel. 0742.301021 www.palazzobocci.com Albergo del Teatro Raffinato hotel nel caratteristico centro storico di Spello, tra i resti dell’Arco di Augusto e il Teatro Comunale. Doppia da 95 euro Via Giulia, 24 Spello (Pg) Tel. 0742.301140 www.hoteldelteatro.it Hotel Il Cacciatore All'interno delle mura medievali della città, l’albergo dispone di una bella terrazza panoramica. Doppia da 85 euro Via Giulia, 42 Spello (Pg) Tel. 0742.301603 www.ilcacciatorehotel.com marzo 2014

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inviaggio

Trento in sole 24 ore Archivio ApT Trento - Foto A. Campanile

di Francesca Negri

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Il 2013 le ha consegnato lo scettro di città italiana dalla migliore qualità della vita. Per chi combatte ogni giorno con traffico, caos e smog, è difficile immaginare come si svolga una giornata ideale in quest’oasi di tranquillità. Difficile... ma non impossibile! Scopriamolo insieme

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Celebre in quanto sede del Concilio, il Duomo di Trento si affaccia su una delle più belle piazze d'Italia. A caratterizzarla il Palazzo Pretorio e la fontana del Nettuno

Trentino Alto Adige

Trento

Una vita tranquilla, lontana da caos, frenesia metropolitana e inutile mondanità, per un quotidiano fatto di aria buona, sport e natura; e ancora teatro, Università di primo livello e servizi efficienti per i cittadini. E tanta genuinità. Soprattutto a tavola. A Trento si vive bene. Molto bene. Tanto bene, che il Sole 24 Ore le ha conferito il primo posto sul podio delle città con la migliore qualità della vita in Italia. Un paradiso dunque, dove, lontano dai circuiti più modaioli, è possibile trova-

re ristoro per tutti i sensi, appagati dall’arte, dalla natura e dalle sfiziose proposte gastronomiche locali. Sfogliamo insieme l’agenda del “buon vivere trentino” e scopriamo così il segreto di tanto successo.

Ore 9. Cornetto e caffè Colazione al Lott. Non lasciatevi ingannare dall’aspetto di questo piccolo bar al limitare del centro storico (Corso 3 novembre, 56) e a due passi dal Teatro Sociale. È qua che troverete i cornetti più buoni di Tren-

to: a forma di piccoli boomerang sono una delizia irresistibile. Gli amanti delle meringhe sappiano inoltre che qui le farciscono al momento di panna montata freschissima. Se invece è la vista che volete privilegiare, non dovrete fare altro che accomodarvi a uno dei bar di piazza Duomo, tra le più belle d’Italia. Il caffè migliore però lo bevete alla Casa del Caffè, in Via S. Pietro, dove Luca Torta vi racconterà l’affascinante mondo del suo laboratorio di torrefazione artigianale, nato ai primi del Novecento. marzo 2014

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inviaggio

Archivio ApT Trento - Foto De Stefano

Ore 10. Nel ventre di Trento

Gli scenografici interni del MuSe, struttura inaugurata nel luglio 2013 e già record di ingressi

A Trento si vive bene. Tanto bene, che il Sole 24 Ore le ha conferito il primo posto sul podio delle città con la migliore qualità della vita in Italia. Un paradiso di tranquillità dove, lontano dai circuiti più modaioli, è possibile trovare ristoro per tutti i sensi

A tavola, tra sacro e profano Volendo andare alle radici della gastronomia trentina, dobbiamo partire da una cucina di sopravvivenza, tipicamente contadina e tutta basata su polenta (di mais, di patate, di grano saraceno), crauti, lardo, minestroni e un po’ di formaggio e burro. Tutto cambiò nel 1545, anno di apertura del Concilio. Lo storico evento infatti rivoluzionò usi e costumi locali, facendo confluire nelle cucine di Trento abitudini gastronomiche e prodotti (soprattutto vini) provenienti dalle più diverse regioni. Ne è un esempio il pasticcio di maccheroni, probabilmente proveniente dalla corte di Ferrara e tutt’oggi protagonista delle grandi occasioni cittadine. Per anni, per lo meno fino al 1563, le cucine locali sfornarono dunque – per le corti dei ricchi prelati, dei conti vescovi e dei potenti –, 74

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succulenti piatti di cacciagione, volatili, daini, camosci e caprioli spesso cucinati sui carboni, ma altrettanto frequentemente pasticciati con burro, formaggio e latte. Poi il cambio di stile: la Chiesa cattolica romana si apprestò, con la chiusura del Concilio, a varare una mirata controriforma che non trascurò nemmeno di porre stabili e rigorosi freni a feste e banchetti, e ferrei dettami in materia di digiuni e astinenze. L’ombra del sacro penetrò come mai era accaduto prima nella cucina italica e, in primis, in quella di Trento: il mangiar magro diventò la via per la salute dell’anima. Tra Otto e Novecento la dominazione austriaca provocò infine nella regione una sorta di decadentismo gastronomico dal quale oggi Trento e Trentino stanno cercando di risorgere. Con successo? Non vi resta che assaggiare per credere!

Dopo aver ricaricato le energie, prendete parte a uno dei percorsi di trekking urbano organizzati dall’azienda di promozione turistica locale. Il consiglio è quello di scegliere tra l’itinerario La Tridentum sotterranea, che vi porta nel cuore della città romana, sotto le strade e le piazze medievali, alla scoperta di siti archeologici come la Basilica Paleocristiana, la Casa Terlago, Palazzo Lodron e lo Spazio Archeologico Sotterraneo del Sas; oppure il percorso Intrighi e misteri ai tempi del Concilio dove, tra scorci rinascimentali, palazzi, conventi e contrade potete scoprire i retroscena di un pezzo di storia religiosa e politica che ha influenzato il mondo, concludendo in bellezza la visita a Palazzo Roccabruna, casa dei prodotti tipici trentini. Tappa d'obbligo infine il nuovissimo MuSe, Museo della Scienza che porta la firma di Renzo Piano.

Ore 13. A pranzo con la tradizione Vi è venuto un leggero languorino? A due passi da Piazza Duomo c’è l’Osteria a le due spade, nata nel Cinquecento, proprio ai tempi del Concilio. Venti in tutto i posti a sedere; piatti concreti e gustosi da accompagnare a una delle etichette della più fornita cantina di Trentodoc della città. Se preferite qualcosa di più rustico, scegliete il Forst, dove potete trovare tutte le birre dell’antica casa di produzione di Merano spillate al momento e una selezione dei piatti più tipici, dai wuerstel ai canederli.

Ore 15. Vai con lo shopping! Scordatevi di trovare le insegne di Gucci, Dolce e Gabbana o Armani. Qui l’alta moda lascia spazio “all’altra moda”, quella da montagna, tra loden e il miglior abbigliamento tecnico sul mercato. Riservate poi il giusto tempo all’enogastronomia. I salumi più buoni li trovate a La Gastronomia Mein in via Roggia Grande; a due passi da lì tutte le mattine si svolge invece il mercato della frutta e della verdura. I vini divertitevi ad assaggiarli all’Enoteca provinciale o da Grado 12, in Largo Carducci.


Quasi quasi mi trasferisco! Sono 36 i parametri utilizzati nell'indagine del Sole 24 Ore per scannerizzare le principali città italiane, raggruppati in sei macro-aree che indicano Tenore di vita, Affari e lavoro, Servizi ambiente e salute, Popolazione, Ordine pubblico e Tempo libero. Il Trentino si riconferma al primo posto della classifica, con la provincia di Trento in rimonta rispetto a Bolzano (che scende al secondo posto), e con il capoluogo che costruisce il suo primato soprattutto nell'area del business grazie alla presenza di start up innovative e all'elevata occupazione femminile. Proseguono nella top ten Bologna, Belluno, Siena, Ravenna, Firenze, Macerata, Aosta, Milano.

Scelti per voi Archivio ApT Trento - Foto A. Garzetti

dove mangiare Le due spade Prezzi da 30 euro Via Don Arcangelo Rizzi, 11 Tel. 0461.234343 www.leduespade.com Duo Tapas Restaurant Prezzi da 30 euro Via Torre Vanga, 14 Tel. 0461.159 4461 www.duoristorante.it Locanda Margon Menu bolllicine: 120 euro Via Margone di Ravina, 15 Tel. 0461.349401 www.locandamargon.it

dove dormire Hotel America Tre stelle in posizione strategica al limitare del centro storico. Doppia da 90 euro Via Torre Verde, 50 Tel. 0461.983010 www.hotelamerica.it Aquila d’oro A due passi da piazza Duomo, ogni stanza dispone di un angolo wellness. Doppia da 100 euro Via Belenzani, 76 Tel. 0461.986282 www.aquiladoro.it B&B Palace In Piazza Duomo, nel magnifico attico di un palazzo antico. Doppia da 60 euro Via Belenzani, 47 Tel. 0461.261524 www.bb-palace.com

Spettacolare veduta notturna della città, situata nella valle del fiume Adige

Ore 17. Pause di dolcezza L’ora del tè si trascorre alla Pasticceria Bertelli, in Via Oriola, la più rinomata del centro storico. Qui non dovete perdervi i famosi gigli, pasticcini formati da una coppetta fatta con l’impasto di lingua di gatto e riempita di una crema chantilly con gocce di cioccolato e qualche altra "diavoleria" che li rende irresistibili. L’alternativa è la Casa del Cioccolato in Via Belenzani, con la sua ampia selezione di praline artigianali per tutti i gusti. Se invece siete a zonzo in automobile, il Dolce Creolo di Via Maccani vi delizierà con i suoi squisiti gelati artigianali e la millefoglie più buona della città.

Ore 18.30. Happy hour alla trentina Gli aperitivi “alla milanese” qui non sono ancora approdati. L’appuntamento per un buon bicchiere di vino che accenda la fame è al wine bar Scrigno del Duomo e al Duo Restaurant, quest’ultimo forte soprattutto sui

coktail accompagnati da tapas in versione locale (dal canederlo alla carne salada).

Ore 20. Una notte stellata… Il gourmet che è in voi non smette di reclamare attenzioni? Saltate in macchina e dirigetevi a Ravina di Trento. Poi inerpicatevi sulla collina senza preoccuparvi della strada un po’ tortuosa. In dieci minuti approderete alla Locanda Margon, il ristorante di Cantine Ferrari, magistralmente condotto da Alfio Ghezzi, una stella Michelin. L’imperativo è scegliere il menu bollicine, per fare un percorso nel piatto e nel bicchiere che non dimenticherete. Ma se volete scegliere alla carta, non dimenticate di ordinare il salmerino alpino relitto glaciale, un piatto che da solo merita il viaggio e che non descriviamo per non togliervi la sorpresa di una scenografia sorprendente! Per saperne di più:

www.visittrentino.it

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week-end cultura

di Olga Carlini

Uno spettacolo di paese

Mezzano (Tn) 76

In Trentino, Mezzano di Primiero incanta nella sua disarmante semplicità. Sorta di museo a cielo aperto, dove le tradizioni prendono vita e si trasformano in segni d’arte, la sua unicità è stata notata anche oltreoceano. La prossima estate infatti risuoneranno qui le note della Music Academy di New York marzo 2014

Sembrano prendere vita i muri e le vie di Mezzano, borgo gioiello della Valle del Primiero, sorto al cospetto delle splendide Pale di San Martino. E lo fanno grazie alla felice intuizione della comunità di unire tradizione e arte, ma anche utile e dilettevole. Rito inossidabile di ogni paese di montagna è infatti quello di fare scorta di legna per l’inverno. Ecco, a Mezzano negli ultimi anni questa attività è stata messa nelle mani di artisti e creativi che, grazie a un concorso annuale, fanno vivere le cataste, trasformandole in segni d’arte capaci di incarnare la nuova ruralità del paese, che ogni anno si arricchisce dunque di fantastiche installazioni. E non è questa l’unica attrattiva del borgo. Qui, infatti, il passato altrove dimenticato, rinasce nelle antiche case contadine in pietra e legno sapientemente ristrutturate; nel campa-

nile a cipolla di San Giorgio, dai chiari richiami tirolesi; nelle piazze abbracciate alle fontane ma soprattutto in un continuo, fiero e convinto, omaggio alla natura. Serbatoio di vita alpina, Mezzano offre al visitatore diversi itinerari a tema, che invitano a rintracciare nel borgo i “segni sparsi del rurale”: acqua (fontane, lavatoi, lavanderie, canali d’irrigazione e stoli, ovvero rari acquedotti in cunicolo), orti (ben 400 i giardini dove le verdure convivono con splendidi fiori), architetture (come è tipico: abitazione, stalla, fienile, cantina e depositi sotto un unico tetto), dipinti murali (databili tra il XVI e il XX secolo), e antiche iscrizioni (sopra le porte, sulle facciate, negli architravi). Se ci fosse bisogno di un ulteriore sprone che vi porti a visitare questo borgo, nel novero dei Più Belli d’Italia, aspettate l’estate. E più precisamente il mese che va


idee per tutte le tasche

di Isa Grassano

Parco in rosa La Festa della donna? Si festeggia in giardino. Riapre il Parco Giardino Sigurtà, a due passi dal Lago di Garda, e le donne hanno accesso gratuito. Così si potrà fare una camminata sul Grande Tappeto Erboso, cimentarsi nella soluzione del Labirinto o passeggiare tra piante e fiori colorati. E gli uomini? Se in compagnia di una donna, entrano con biglietto a tariffa ridotta (euro 9,50, anziché 12). Valeggio Sul Mincio (Vr) – Veneto www.sigurta.it

Dal 7 luglio al 10 agosto, Mezzano si trasforma in un palcoscenico diffuso dove cantanti d'opera, pianisti e cori si esibiscono ispirati dalla natura e dall'arte che caratterizzano questo affascinante borgo montano dal 7 luglio al 10 agosto: è proprio qui infatti che la prestigiosa Music Academy di New York ha scelto di tenere i propri corsi di perfezionamento estivi. Per l’occasione il paese si trasformerà in un palcoscenico diffuso, con gli artisti americani ed europei (cantanti d’opera, strumentisti, pianisti e formazioni corali di grande talento) dell’Academy – certamente ispirati dal commovente scenario rurale di Mezzano, tanto diverso dallo skyline futurista di New York – che si esibiranno in un programma intenso e di altissimo livello, per uno spettacolo unico, sicuramente difficile dimenticare. Ottima base per visitare il borgo e assistere agli spettacoli è l’Hotel Garnì Paradisi, dove rilassarsi in modo consapevole, visto che la struttura è stata pensata come un ambiente sostenibile dal punto di vista architettonico e energetico, senza rinunciare alla tradizione montana, evidente nelle forme e negli arredi… e nemmeno a un tuffo nelle eleganti sale del suo centro benessere!

dove&come Hotel Garnì Paradisi Camere da 50 euro a notte Via Del Pian, 25/A Tel. 0439.725389 www.hgparadisi.it www.mezzanoromantica.it

Parigi non è mai stata così romantica! Avete in programma un viaggio nella Ville Lumière con la vostra dolce metà? Da non perdere il Museo della Vita Romantica, ai piedi di Montmartre e circondato da un viale alberato. All'interno della bella struttura si possono ammirare numerose testimonianze dell’epoca romantica, come i ricordi della scrittrice George Sand. Parigi – Francia www.parigi.it/it/museo-della-vita-romantica.php

I giardini segreti di Roma

Sciando in Val Varaita

Voglia di stare all’aria aperta? Se si è almeno in sei, si può andare alla scoperta dei Giardini Segreti di Villa Borghese. Basta scegliere tra tre percorsi guidati: il Parco dei Daini, il Giardino del Lago, il Pincio. Necesario prenotare in anticipo.

Siete incontenibili sportive o appassionate di cime innevate? Attenzione: l’8 marzo le piste si colorano di rosa e si scia a costo zero! Nel comprensorio di Pontechianale tutte le donne hanno lo skipass giornaliero gratuito.

Roma – Lazio www.turismoroma.it/a-roma-free

Val Varaita (Cn) – Piemonte www.skiareapontechianale.it

Genova per noi Un fine settimana per scoprire Genova e la sua storia. Tornano, sabato 29 e domenica 30 marzo, i Rolli days, giornate all’insegna dell'apertura straordinaria di splendidi palazzi storici, edificati tra la fine del ’500 e l’inizio del ’600 da nobili famiglie come residenze private. Tra le strutture aperte per l'occasione: i Musei di Strada Nuova, Palazzo Bianco e Palazzo Tursi. Genova – Liguria www.visitgenoa.it marzo 2014

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viaggi per tutte le tasche

di Piero Caltrin

Un “ponte”...da non perdere Tra poco più di un mese arriverà il primo periodo di festa dell’anno. Sì, perché se Pasqua è domenica 20 aprile… quella di allungare un po’ la vacanza al successivo 25, è un’idea invitante che è balenata nella testa di molti! Se anche voi vorreste approfittarne per regalarvi una pausa di relax, organizzatevi scegliendo le migliori destinazioni grazie alle proposte dell’agenzia di viaggi online Logitravel.it che rende tutto piú semplice offrendo molte opzioni tra cui scegliere e sconti fino al 65%. C'è un viaggio per tutti i gusti: city break in Europa, soggiorni al mare, crociere e pacchetti vacanza personalizzati

Praga Prima tappa è la città delle cento torri, una delle più belle del mondo. Numerosi ponti, monumenti, palazzi e musei convivono nel suo centro per rapire il cuore dei turisti. Avvolti da magia, storie e segreti, vi sentirete catapultati all’interno di una favola dalla quale non vorrete piú uscire. Imperdibili le visite alla Città Vecchia e alla sua piazza, al Ponte Carlo, all'Orologio Astronomico sulla Piazza del Municipio, al Castello, al Clementinum... Con Logitravel.it è possibile trascorrere Pasqua a Praga da 353 euro con voli e soggiorno di 3 notti all’hotel Caesar Prague con prima colazione

Budapest È la città con il maggior numero di sorgenti termali al mondo. Il Danubio, fonte di ispirazione per numerosi artisti, separa con la sua immensità Buda e Pest, due grandi centri che oggi si fondono per creare una delle principali capitali europee; enormi ponti congiungono le due rive unendo così l’antica sede reale e zona residenziale piú elegante, al cuore economico e commerciale della città. Scoprite il piacere di perdervi nelle sue vie piene di storia e capirete perché Budapest è conosciuta come la “perla del Danubio” ed è visitata ogni anno da oltre 6 milioni di turisti. Con Logitravel.it è possibile viaggiare a Budapest a partire da 214 euro 78

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Per saperne di più: www.logitravel.it

Parigi È un classico che non delude mai. Nella città della luce e dell’amore l’unico problema è non sapere da dove iniziare! Visitare la Torre Eiffel, il Louvre, il Palazzo di Versailles, l’Arco di Trionfo, Notre Dame, Montmartre, gli Champs Elysées, la Senna, oppure trascorrere un giorno a Disneyland, ma soprattutto gustare la squisita cucina francese. Logitravel.it mette Parigi a vostra disposizione da 209 euro con voli e 3 notti presso l’hotel Timhotel Place d’Italie Butte Aux Cailles

Venezia Per chi stesse pensando a una destinazione piú vicina, la prima scelta è ovviamente la romantica città italiana dei canali con il suo gruppo di 120 isole collegate da ponti, che la rende unica al mondo. San Marco, la piazza più famosa, è il punto di partenza delle visite; esplorerete quindi il maestoso Palazzo Ducale e gli ornamenti architettonici della Basilica di San Marco. Altra attrazione principale è il Canal Grande, che può essere attraversato a piedi sui famosi ponti oppure navigando in gondola o vaporetto. Nelle Gallerie dell’Accademia si trova la più grande collezione di arte veneziana. Logitravel.it propone soggiorni presso l’hotel Ca’ del Moro a partire da 46 euro persona/notte

Palermo Se preferite muovervi verso il Sud Italia, questa è la destinazione ideale. Si tratta di un centro dalla storia millenaria, dove la dominazione araba ha lasciato grandi testimonianze della propria presenza. Città che rappresenta il punto di unione tra la cultura occidentale e quella orientale, è ricca di monumenti bellissimi e la gastronomia non é di certo da meno, con i celebri dolci che costituiscono uno dei punti di eccellenza della cucina siciliana: la cassata e i cannoli. Da gustare ancora: arancini di riso, babbaluci, crocchè, panelle, caponata, cardoni, sarde a beccafico, sfincione… Prenotando su Logitravel.it è possibile alloggiare all’hotel Orleans a partire da 28 euro persona/notte

Se, infine, quello che avete in mente è una crociera, una vacanza sul mare che vi farà scoprire ogni giorno una nuova città lasciandovi coccolare da un servizio eccellente... Logitravel propone la Crociera Città d'Arte e Meraviglie Mediterranee. Si tratta di 8 giorni a bordo della nave Msc Splendida con partenza da vari porti italiani: Genova, Napoli e Messina. È possibile prenotare a partire da 790 euro in cabina esterna con balcone… un lusso che rende questa crociera un'esperienza a 360 gradi!

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Cibo&Territorio Cibo&Territorio 84

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82 La pasta di Campofilone

92 Il dolcetto di Dogliani

Radici contadine e Dna piemontese doc per questo vino "che si fa in 13"

Storico vanto del centro marchigiano, i maccheroncini adesso sono anche Igp

84 Basilico, profumo di Liguria

94 Formaggi a caglio vegetale

Tutte le strade del pesto portano a lui: il simbolo gastronomico della regione

Il segreto? Sta nel fiore di cardo. E lo sanno bene casari, buongustai e vegani

da pag. 100 Rubriche

• Il buono a tavola • Orto dei semplici • La storia in cucina • Dulcis in fundo

88 Cinque Terre nel bicchiere Tra le vigne di Buranco, l'azienda che ha saputo cogliere lo spirito di Monterosso

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cibo&territorio

Un maccheroncino da 110 e lode di Elena Conti

Lo scorso novembre il prodotto simbolo di Campofilone, borgo medievale della provincia marchigiana di Fermo, è entrato di diritto nel novero degli alimenti Igp: un importante traguardo tagliato assieme alla pasta di Gragnano, entrambi espressione della migliore gastronomia nazionale

Prima hanno preso la laurea, poi addirittura l’Igp. Un curriculum di tutto rispetto per i maccheroncini di Campofilone. Sembra uno scherzo, ma è andata davvero così. Rita Serafini, ascolana di origine, romana di adozione, nel 2002 studiò infatti il caso dei maccheroncini di Campofilone per la sua tesi di laurea in economia aziendale all’Università di Bologna e dalla sua ricerca è nato un libro, I maccheroncini di Campofilone hanno preso la laurea, nel quale l’autrice prende per mano il lettore e lo guida in una passeggiata immaginaria alla scoperta di Campofilone, antico borgo in provincia di Fermo, nelle Marche, e lo fa proprio attraverso il racconto della storia dei maccheroncini.

Gesti antichi e sguardi al futuro Piccolo centro agricolo dalla struttura medievale, posto sopra un colle della bassa Valle dell’Asso, a 210 metri sul livello del mare, Campofilone si erge a soli tre chilometri dalla costa adriatica e la pasta locale, detta tradizionalmente "maccheroncini", è l’espressione più autentica della cultura di questo luogo. La tecnica di produzione è stata tramandata di generazione in generazione ed è rimasta immutata nel tempo: il segreto sta tutto nell’essicazione e nel taglio; per il resto servono uova e farina di grano tenero doppio zero oppure semola di grano duro. Nella tradizione venivano usati coltelli affilatissimi per il taglio della pasta, riservati esclusivamente a questo tipo di preparazione. I gesti poi sono 82

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Al ragout è meglio Le caratteristiche uniche che rendono i maccheroncini inconfondibili sono una percentuale di uova per l’impasto superiore alle altre paste all’uovo – da 7 a 10 per 1 kg di farina – e un essiccamento lento che determina un’elevatissima resa del prodotto: se 250 gr di pasta all’uovo comune servono infatti per 2 porzioni abbondanti, la stessa quantità di maccheroncini di Campofilone è sufficiente per preparare ben 4 porzioni! Buoni in tutte le salse, danno il meglio se preparati con ragout di carne e conditi due volte su di un tagliere di legno di abete. Al primo passaggio, i maccheroncini appena scolati devono essere coperti con la parte più liquida del sugo, che verrà rapidamente assorbita dalla pasta, poi va aggiunta la parte del ragout più consistente, come condimento, per servire infine con un’abbondante dose di formaggio grattugiato.

Scelti per voi dove comprare L’oro di Campofilone Pastificio artigianale Leonardo Carassai Via XX Settembre, 38 Campofilone (Fm) www.pastificiocarassai.it Maroni & Marilungo Pastificio artigianale Via Santa Maria, 17 Campofilone (Fm) www.maronimarilungo.it

quasi un rituale, con le piccole matasse di pasta che vengono gettate sul dorso del lungo coltello e si arrotolano con un leggero fruscio di seta mentre dita veloci pettinano quella che sembra una capigliatura bionda, stendendola su una carta bianca. «Il conferimento dell’Igp avvenuto lo scorso 13 novembre a questo splendido prodotto – commenta con un entusiasmo coinvolgente Rita Serafini, oggi assistente alla segreteria generale Aicig, l’Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche – era esattamente quello che mi auguravo undici anni fa nella mia tesi. Adesso i maccheroncini sono la seconda pasta italiana Igp, con la registrazione che è arrivata a pochi giorni di distanza da quella di un’altra grande pasta, quella di Gragnano, e non posso che affermare con soddisfazione che finalmente ci saranno nuove occasioni per questo importante alimento, vero simbolo del nostro paese!”.

Marche Campofilone

Occhio ai consumi La registrazione Dop/Igp è un’ottima occasione per creare un segmento di prodotto più elevato, con remunerazioni diverse per i produttori, dove il vantaggio distintivo è rappresentato soprattutto dalla provenienza del grano, spesso oggetto di attenzione da parte dei consumatori, preoccupati da tanti allarmi che hanno coinvolto materia prima Ogm proveniente all’estero. marzo 2014

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cibo&territorio

Profumo di Liguria di Edoardo Meoli

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Il basilico è davvero la colonna olfattiva della regione, perché solo qui, tra le alture di Prà e la Riviera, nasce quello genovese, base dell’aromatica salsa che della zona è simbolo. Un’ottima occasione per testarne l’unicità è visitare Genova alla fine di marzo: è qui infatti che, il 29, un Campionato Internazionale lo vedrà protagonista assieme a un centinaio di contendenti che si sfideranno a suon di mortaio

Il basilico che “cresce nella tegghia e profuma le tue case”. Così nei ricordi d’infanzia, Camillo Sbarbaro descrive l’ortaggio simbolo della Liguria. Signore incontrastato degli orti e dei vasi coltivati in terrazzo, da qualche anno l’unicità dell’ocymum basilicum di Genova è stata riconosciuta anche dall’Europa che, per identificarlo, ha dettato regole severe: il basilico Dop, infatti, deve essere prodotto in quantità massima di 700 mazzetti al metro quadro nelle serre o 200 mazzetti al metro quadro in campo aperto, con foglia ellittica e assenza totale di aroma di menta. E se la Liguria tutta è terra fertile per questo aromatico prodotto – a Ponente troviamo ottime piantine Dop dalle parti di Andora, Diano, Ceriale, Ortonovo e nella piana d’Albenga, che è forse la zona a più alta densità produttiva; nel Levante a Sori e Recco, mentre nello Spezzino un ottimo basilico viene prodotto nella Bassa Val di Magra e nel Sarzanese – madrepatria incontrastata ne è Prà, le cui colline a pochi metri dal mare hanno un clima ideale per la crescita dell’ortaggio. La bella cittadina è un punto di partenza fondamentale per un tour alla scoperta del territorio e della Riviera ligure, da organizzare magari in occasione del Campionato Mondiale del Pesto che si svolge nella vicina Genova e che vede scendere in campo 100 coraggiosi provenienti da tutto il mondo, armati di pestello e mortaio, per sfidarsi nella preparazione del pesto genovese secondo tradizione.

La parola al “pestologo” Nel mortaio, secondo la ricetta tradizionale, devono finire: dieci mazzetti di basilico ligure, 30 gr di Parmigiano, 30 gr di pecorino sardo stagionato, 50 gr di pinoli, due spicchi d’aglio sbucciato, un bicchiere di olio extravergine d’oliva, sale. Solitamente si inizia a pestare l’aglio e si versa il basilico con il sale per ultimi, ma ogni “pestologo” ha la sua formula. Fondamentale è saper dosare bene l’olio extravergine, rigorosamente ligure. marzo 2014

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Sfida al profumo di basilico L’appuntamento è per il 29 marzo, quando Palazzo Ducale ospiterà la finale del Campionato Mondiale del Pesto. Per quell’occasione saranno disponibili un pacchetto vacanza a tema e i ristoranti di Genova Gourmet proporranno menù fissi al sapore di basilico (dal 21 al 30 marzo). Ad accorrere in città per l’occasione moltissimi stranieri che, oggi più che mai, per il pesto impazziscono letteralmente, facendone uno dei maggiori business da esportazione che Genova può giocarsi sul mercato globale. «Già adesso, senza fatica, potremmo vendere all’estero il 50% in più di basilico», ha dichiarato a questo proposito Mario Anfossi, presidente del Consorzio di tutela del basilico genovese, lanciando un appello: «Dobbiamo riconvertire i terreni agricoli che oggi producono fiori od ortaggi che non si vendono». E se l’obiettivo del Consorzio è quello di arrivare a produrre 60 milioni di mazzetti di basilico (a fronte degli attuali 42 milioni), di sicuro c’è invece che il Campionato inventato otto anni fa da Roberto Panizza e Sergio Di Paolo è un ottimo mezzo di promozione e valorizzazione internazionale di questa preziosa meteria prima. La gara è infatti

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aperta a tutti, professionisti o semplici appassionati, provenienti da ogni angolo del mondo. La giuria è composta dal Presidente dell’Associazione Palatifini e da 30 persone accuratamente selezionate fra cuochi professionisti, esperti di cucina, giornalisti e opinion leader di settore che premieranno il miglior pesto preparato al mortaio durante la gara, giudicato secondo parametri quali: manualità, colore, finezza, consistenza ed equilibrio tra gli ingredienti che, tenuto conto del disciplinare del Consorzio del Pesto Genovese, sono: il basilico genovese Dop della riviera ligure, i pinoli italiani, l’aglio di Vessalico (Imperia), il Parmigiano Reggiano Dop, il fiore sardo, il sale marino delle saline di Trapani, l’olio extravergine di oliva Dop Riviera Ligure. In premio, oltre alla gloria, un pestello in legno di olivo con il manico rifasciato d’oro. Nelle precedenti edizioni, l’età media dei concorrenti è stata di 40 anni, con sfidanti provenienti dalle località più remote, come Tokio, Los Angeles, Guayaquil e Buenos Aires. Per saperne di più:

www.pestochampionship.it

In queste immagini, alcuni momenti del Campionato Mondiale del Pesto. Nella pagina a fianco, il porto di Genova

Occhio ai consumi Scoperto dalla grande industria alimentare negli ultimi vent’anni, il pesto viene venduto sugli scaffali dei supermercati con evidenti e spesso ingannevoli riferimenti alla tradizione ligure o genovese, anche quando il basilico utilizzato di ligure non ha proprio nulla. Mai come in questo caso vale il consiglio di non fidarsi e di leggere bene (ma molto bene) l’etichetta!


La fine? Nel mortaio Se ce ne fosse bisogno, un dato che rende bene l’importanza del pesto per la storia, e l’economia, della regione è la quantità di aziende produttrici in Liguria: sono circa 110 quelle che producono pesto Dop, per un fatturato complessivo di circa 8 miliardi e mezzo. Solo un quarto di queste realtà coltiva basilico tutto l’anno, mentre il rimanente 75% lo coltiva solo in determinati periodi; il 50% della produzione complessiva comunque viene esclusivamente impiegato proprio per il pesto. Accanto alle realtà industriali, ovviamente, quelle domestiche: qui, la tradizione vede grande protagonista il morta-

Senza un po' di fatica non è possibile ottenere il vero pesto. La tradizione infatti prevede per la preparazione l'uso esclusivo del mortaio, rigorosamente in marmo con pestello di legno io, dove il basilico Dop trova la sua fine naturale. Rigorosamente in marmo con pestello di legno, questo strumento antico è sopravvissuto alla modernizzazione e agli elettrodomestici; i “tritatutto” infatti sono indubbiamente una comodità e non sempre si ha il tempo e la voglia di pestare il basilico a mano, ma non c’è scampo: il vero pesto si ottiene solo con la forza delle braccia! La differenza, del resto, c’è e si sente. L’avrebbe riconosciuta senza dubbio anche Frank Sinatra che, probabilmente grazie al sangue ligure che gli scorreva nelle vene (la madre Dolly era dell’entroterra di Levante), era golosissimo proprio del pesto fatto con il basilico di Prà che sosteneva essere il migliore e che – quando non gustava dopo uno dei suoi memorabili show nei locali di Genova e Santa Margherita, tassello importante della memoria storica locale – si faceva spedire negli States dal suo amico-ristoratore Zeffirino. E se lo diceva persino The Voice, bisogna proprio crederci!

Scelti per voi dove mangiare I tre merli Affacciato sul Porto Antico, durante il Campionato propone menù a prezzo fisso (38 euro) con trofiette al pesto al basilico Dop con fagiolini. Calata Cattaneo, 17 Genova Tel. 010.2464416 www.itremerli.it Il genovese Locale nuovo ma molto tradizionale gestito da Roberto Panizza, inventore del Campionato. Tra le specialità proposte per l'occasione (prezzo fisso 25 euro) gnocchi con pesto al mortaio e lattughe ripiene. Via Galata, 35 Genova Tel. 010.8692937 www.ilgenovese.com Vitturin 1860 Con i suoi 160 anni è il locale più antico di Recco. Per il periodo del Campionato propone menù a 40 euro con un’originale focaccia col formaggio al pesto. Via dei Giustiniani, 50 Recco (Ge) Tel. 0185.720225 www.vitturin.it

dove dormire Nh Marina Albergo affacciato sul mare del Porto Antico, nel cuore di Genova. Ottimo il ristorante il Gozzo. Doppia da 109 euro Molo Ponte Calvi, 5 Genova Tel. 010.25391 www.nh-hotels.it

Grand Hotel Savoia Storico albergo del centro, ha ospitato esponenti di blasonate famiglie internazionali. Doppia da 135 euro Via Arsenale di Terra, 5 Genova Tel. 010.27721 www.grandhotelsavoiagenova.it Manuelina la Villa A Recco, l’atmosfera è quella della più classica villa ligure, incorniciata dal verde. A due passi, il famoso ristorante Manuelina. Doppia da 90 euro Via Roma, 278 Recco (Ge) Tel. 0185.720779 www.manuelinalavilla.com

dove comprare Pesto Parodi Punto vendita aperto da Luciana Parodi, vincitrice della prima edizione del Campionato. Via Volturno, 6a Genova Tel. 389.2497454/347.4008497 www.pestoparodi.com Fratelli Sacco Siamo nel cuore di Genova Prà: da cinque generazioni per un pesto al mortaio inconfondibile. Via Branega, 45 Genova-Prà Tel. 010.663214 Rossi, il pesto genovese Da anni produce e distribuisce un grande pesto genovese fresco. Via Della Libertà, 42 Genova Tel. 010.503239 www.pestogenovese.it

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Buranco,

Cinque Terre nel bicchiere Una terra bellissima e impervia, difficile da addomesticare ma che, una volta domata, sa ripagare con prodotti dalla qualità inconfondibile. A preservarne storia e aromi pochi intrepidi appassionati, come il Senatore Luigi Grillo con la sua azienda vitivinicola che prende il nome dal Rio Buranco di Gilda Ciaruffoli 88

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Giosuè Carducci lo considerava l’essenza di tutte le ebbrezze dionisiache. Giovanni Pascoli ne richiese l’invio di poche bottiglie “in nome della letteratura italiana”. Gabriele D’Annunzio lo descrisse come “profondamente sensuale”. Prima di loro ne parlarono anche Plinio, Boccaccio e Petrarca. Ma singolare lo è già dal nome, questo passito dal colore dell’ambra e del topazio, eccellenza senza rivali delle Cinque Terre. Si chiama infatti Sciacchetrà, termine curioso le cui origini sono a tutt’oggi un mistero. Greche forse, secondo una tradizione che vede arrivare proprio dalla penisola Ellenica l’usanza di lasciar appassire le uve migliori per farne un nettare da donare agli dei; Sciacchetrà dunque da Shekar, parola armena che indica il vino offerto a Dio, o, più prosaicamente, Sakkar, saccarosio, in riferimento alla sua dolcezza. Senza guardare troppo lontano, c’è da dire che nel dia-

letto dell’estremo levante ligure ritroviamo i termini sciac e trai (schiaccia e lascia lì) che a ben vedere danno anche un’indicazione precisa sulla lavorazione delle uve per ottenere un passito. In ogni caso, certo è che a usare per la prima volta in modo “ufficiale” il nome Sciacchetrà fu il pittore Telemaco Signorini a fine Ottocento nel suo testo di memorie Riomaggiore, e che dal 1973 questa delizia rientra nel novero delle Doc Cinque Terre. Costituito da uve Bosco, Vermentino e una piccola quantità di Albarola, è un vino intenso e persistente, dai profumi che rimandano all’albicocca candita, ai fichi secchi, alle erbe aromatiche della macchia mediterranea.

Storie di angeli matti Un vino unico, dunque, prodotto in quantità esigue da poche aziende votate all’eccellenza. Proprio come la Società Agraria Buranco, nata


– nelle aspre e feconde terre di Monterosso – dalla passione del suo titolare, il Senatore Luigi Grillo che, dopo anni di onorata carriera politica, decise nel 2006 di assecondare e far convergere due dei suoi grandi amori: quello per il vino e quello per le fascinose asperità di questo angolo di Liguria a strapiombo sul mare così incredibilmente bello da visitare e così incredibilmente impegnativo da coltivare (non per niente Veronelli definiva “angeli matti” i vignaioli locali!). Incastonata in uno splendido anfiteatro naturale protetto dai venti, la proprietà prende il nome dal vicino Rio Buranco che, prima di buttarsi nel mare, attraversa questo caratteristico lembo di Liguria, Patrimonio dell’Umanità Unesco. Siamo nei pressi di Monterosso borgo che può essere considerato la capitale delle Cinque Terre: ubicato al centro di un piccolo golfo naturale, protetto da una modesta scogliera artificiale, è una vera perla e uno dei paesi più accoglienti della Riviera di Levante. Immerso in tanta bellezza, l’occhio inesperto forse non immagina quindi le difficoltà che questo paradiso riserva al vignaiolo. «Da secoli questa zona è nota per l’unicità del paesaggio viticolo e la particolarità dei propri vini, entrambi determinati da mille anni di isolamento dal mondo», ci racconta Sergio

“Tanto erto e sassoso ch'è difficoltoso alle capre montarli […] Arido e seco, e nondimeno tutto pieno di fruttifere vigne […] E vindemiano uve, dalle quali si esprime il vino tanto eccellente quanto dir si possa» (Monterosso in un documento del XVII secolo) Pappalardo, enologo di casa Buranco, lasciandoci immaginare il duro lavoro di secoli – dei monaci Benedetteini prima e dei contadini poi – che ha trasformato questa zona impervia, quasi disabitata e sottoposta all’attacco dei pirati saraceni, nella meraviglia che vediamo oggi. «Il secolo appena trascorso ha però repentinamente aperto questo scrigno contenente preziose perle di cultura materiale per venderle al mercato dell’omologazione dominante. Di tutta risposta, proprio per preservarne l’unicità, alla fine del ’900, alcune persone hanno sentito il desiderio di conoscere il passato di questa terra e darle un nuovo slancio verso il futuro. Così è nato Buranco: una valle contenente un microcosmo dove è bello perdersi nel tempo appena ritrovato».

Liguria Monterosso

In apertura e nella pagina successiva, la meravigliosa vista mare dei vigneti Buranco e qui un'immagine della vendemmia

Carducci considerava lo Sciacchetrà l’essenza di tutte le ebbrezze dionisiache. Pascoli ne richiese l’invio di poche bottiglie “in nome della letteratura italiana”. D’Annunzio lo descrisse come “profondamente sensuale” marzo 2014

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Scrigno di piaceri «In questo territorio – prosegue Pappalardo – la vite viene coltivata da circa un millennio su stretti terrazzamenti contenuti da muretti a secco. Il terreno è povero di sostanza organica e molto ricco di elementi minerali: fattori che già per se stessi garantiscono l’alta qualità dei vini prodotti, determinando altresì un notevole incremento dei costi di produzione. Le particolari condizioni pedoclimatiche trasferiscono al vino un carattere unico. La primavera mite e piovosa consente già in marzo il risveglio delle prime gemme e favorisce un rapido accrescimento dei germogli, mentre l’estate calda e secca, promuove la maturazione dei tessuti della pianta e l’accumulo di zuccheri negli acini, rendendo possibili le prime vendemmie (Telemaco Signorini) alla metà di settembre». «Durante il corso del tempo nel comprensorio si sono susseguiti vari vitigni, alcuni ormai scomparsi» ci spiega l’enologo. Attualmente il più caratteristico è il Bosco. «Questo vitigno ama il calore del sole e il riverbero del mare, di cui fa tesoro nella sua lenta maturazione e si comporta in modo tale che si potrebbe definire “un vitigno bianco dall’anima rossa”; proprio per questo conferisce ai vini una forza austera e selvaggia». Molto diffuso è anche il Vermentino che si è adattato benissimo alla zona selezionando piante molto rigogliose anche in condizioni di siccità. «Portato a buona maturazione dà ai vini dagli aromi fruttati e floreali con grande morbidezza gustativa». Terminiamo quindi con l’Albarola che, presente da secoli, «ha dimostrato un adattamento straordinario dando luogo a piante di grande longevità – conclude Pappalardo – Il grappolo è piccolo con acini molto serrati tra loro; a piena maturazione l’acino conserva colore tenue e aroma molto fragrante. Ideale per mosti vinificati con macerazione fermentative, conferisce fragranza ed eleganza a vini che, al palato, raccontano una storia». Quella delle Cinque Terre, aggiungiamo noi, e di quello scrigno di virtù e bellezza che è il territorio aspro e fertile di Monterosso.

“Vengono stese al sole le migliori uve per ottenere il rinforzato o Sciaccatrà, che così è chiamato un vino forte quanto il marsala, squisitissimo, un vero liquore da beversi in piccoli bicchieri, color dell'oro più brillante»

Monterosso da gustare Dopo aver assaggiato un sorso di Sciacchetrà, accompagnandolo a una fetta di pandolce genovese, a formaggi di pecora stagionati o a fegato d’oca passato in padella con lo stesso vino, non dubitiamo vi venga la curiosità di provare anche gli altri vini Buranco, come il Magiöa Doc, dal profumo di camomilla e erbe secche, da assaggiare assieme alle immancabili alici, o il Cinque Terre Dop, dal quale emerge prorompente il profumo dei limoni di questo roccioso angolo di Liguria. Grande sarà la sorpresa infine nel degustare il Rosso Buranco, sorta di unicum per il territorio, blend di uvaggio bordolese mediterraneo (Cabernet Sauvignon e Merlot) con uno australiano (Cabernet Sauvignon e Syrah). Per assaggiarli tutti, niente di meglio di un soggiorno presso uno dei tre appartamenti messi a disposizione dell’Agriturismo Buranco, dove fare una vera full immersion non solo nella natura ma anche nei sapori delle Cinque Terre, grazie alle piccole (in quantità) ma enormi (nel gusto) produzioni di miele, olio, grappa, limoncino e dei migliori frutti della terra ligure.

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Società Agraria Buranco Via Branco, 72 Monterosso al Mare (Sp) Tel. 0187.817677 www.burancocinqueterre.it www.agriturismoburanco.it


Baia degli Dei Loc. Le Castella - 88841 Isola di Capo Rizzuto (Kr) Tel. 0962.795235 - 0962.795642 - Fax 0962.795643 - info@baiadeglidei.com - www.baiadeglidei.com


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Tredici volte Dolcetto di Silvana Delfuoco

Massima espressione delle radici contadine dell’animo piemontese, questo rosso asciutto (il nome non vi inganni!) diffuso dalle Langhe all’Astigiano all’Alessandrino, vanta svariate denominazioni d’origine. Ultima nata è la Docg Dogliani: una scommessa che, in meno di 2 anni, si sta già rivelando vincente 92

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Siete amanti dei vini dolci? Attenti allora a non scegliere un Dolcetto! Il piemontesissimo douset, il vino più diffuso nella tradizione regionale, dall’inconfondibile sapore asciutto e dal retrogusto piacevolmente amarognolo, nulla ha curiosamente a che fare con la dolcezza della sua uva, ottima sulla tavola e per preparare la cugnà, la salsa speciale con cui da queste parti si è soliti accompagnare bolliti e formaggi stagionati. Ma non stupitevi troppo e, soprattutto, non pensate male dei vignerons langaroli e monferrini: lungi da loro qualsiasi intento burlone! Pare infatti che questo strano nome, lo stesso del vitigno “padre”, derivi dal termine dialettale dusset, piccolo dosso: la collinetta su cui crescono le uve migliori, quelle che danno il vino buono. Una garanzia per la qualità del prodotto, anche per questo chiamato con un nome di famiglia.


Anche nella storia di un vino tra i più antichi e collaudati nella produzione piemontese non mancano certo le novità. Come il Dogliani Docg, produzione fortemente voluta a partire dalla vendemmia del 2011

Asti Alessandria

Piemonte

Armonie di fiori, frutti e tradizione A ognuno il suo Dunque il Dolcetto, più ancora dei suoi ben noti e blasonati fratelli maggiori Barolo e Barbaresco, esprime al meglio il senso delle radici contadine e vignaiole dell’animo piemontese, tanto da essere diffuso, con ben 13 denominazioni d’origine, in sei diverse zone di produzione, tutte comprese in una vasta fascia a sud-ovest della regione, quella davvero benedetta dal cielo… e dal dio Bacco in particolare! Si va dalle Langhe, un tempo terra di malora e oggi sinonimo di eccellenza enogastronomica, con il Dolcetto d’Alba Doc, e la piccola, felice, nicchia del Diano d’Alba Docg, alla zona in provincia Asti dove si produce il Dolcetto d’Asti Doc, per continuare nell’alessandrino con il Dolcetto d’Acqui Doc, fino al Dolcetto di Ovada Docg. Ma anche nella storia di un vino tra i più antichi e collaudati nella produzione piemontese non

Prodotto con 100% di uva dolcetto, con rese che non possono superare i 70 quintali per ettaro, il Dogliani Docg può avvalersi della dicitura “Superiore” con una gradazione minima di 13° e l’invecchiamento minimo di un anno. Di un bel rosso rubino, unisce al profumo intenso di fiori e frutti freschi un sapore secco armonico con un retrogusto ammandorlato e fragrante. Si sposa benissimo con tutti i grandi piatti della cucina piemontese: dagli antipasti di carne cruda, magari insaporiti da un’abbondante grattata di tartufo bianco d’Alba, agli agnolotti con sugo di arrosto, ai risotti, al fritto misto, ai grandi bolliti… Per saperne di più:

www.ildogliani.it

mancano certo le novità. L’ultima in ordine di tempo è rappresentata dal Dogliani Docg, presentato ufficialmente a Roma nel 2012 e nel dicembre scorso anche a Torino. Una produzione di eccellenza, fortemente voluta a partire dalla vendemmia dell’annata 2011 dagli stessi produttori, che ha visto fondersi insieme due storiche denominazioni: il Dolcetto di Dogliani e il Dolcetto delle Langhe Monregalesi. Una scommessa che si sta già rivelando vincente: puntare sul nome del territorio legandolo in modo irripetibile a quello del proprio vitigno storico.

Il Dogliani Docg Quella che si stende a sud del territorio albese, e che si prolunga dalle colline intorno a Dogliani fino a quelle di Mondovì, è in effetti una terra che sfugge ai confini precisi delle carte geografiche, dove la cultura e i sapori delle tradizioni, dal dialetto al paesaggio, sono facili da scoprire senza l’ausilio di mappe stradali, da queste parti davvero superflue! Le vigne che si affacciano sulla pianura di Cuneo e sulle Alpi che la circondano nascono e crescono in un particolare terroir, dove le brezze più fresche permettono di evitare colpi di calore, dannosi alla delicatezza di quest’uva, e di rallentarne la maturazione per conferire così freschezza e nerbo alla struttura del vino. Le aziende inoltre sono quasi tutte a conduzione familiare, capaci di imprimere la loro passione e il loro carattere al vino: gente che vuole mantenere la propria identità e quella della terra su cui vive, per trasmetterne l’eredità alle generazioni future. marzo 2014

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Caglio vegetale? Grazie al cardo! di Paola Gula

Sono ricette antiche, a volte di millenni, quelle recuperate da un buon numero di casari che, negli ultimi anni, hanno deciso di riportare in auge una pratica a lungo considerata solo una curiositĂ storica. Per la gioia di buongustai, vegetariani... e non solo

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Strano fiore il cardo. Di sicuro non bello, nei secoli è riuscito a farsi apprezzare per i suoi molteplici talenti. Uno dei più antichi è quello di “guardiano” che gli è valsa la promozione a simbolo nazionale della Scozia. Narra una leggenda che fu grazie ai suoi aculei, accidentalmente finiti sotto il piede di un incursore vichingo, che un attacco degli invasori nordici fu sventato e gli scozzesi riuscirono così a sconfiggere i nemici. Sì, grazie al cardo! In Sicilia e in Sardegna se ne produce il miele: raro, colore dell’ambra, pungente, intenso. Caterina Sforza, una delle grandi donne nel Rinascimento, sosteneva che il cardo “guarisce i mali di testa, cura l’udito, aguzza la memoria, guarisce dalle vertigini, cura il cervello e la vista, libera la milza, elimina il catarro e migliora le membra deboli dei paralitici”. Una panacea, insomma. In effetti, scavando, si scopre che nell’antichità non aveva praticamente alcun impiego gastronomico. A scriverne per la prima volta due medici sabaudi, un po’ stupiti dall’utilizzo che se ne faceva nei dintorni di Asti, dove i contadini, a inizio inverno, usavano sotterrare quella pianta medicamentosa fino a ottenerne lo sbiancamento e la conseguente inusitata tenerezza. Il risultato è quello che noi oggi conosciamo come il cardo gobbo, presidio Slow Food. Lo stupore era anche dovuto al fatto che, prima di allora, il cardo era principalmente coltivato per il “latte” che si ottiene spremendo i gambi del fiore. Una sostanza che risultava fondamentale per il processo di coagulazione del latte nella caseificazione. In sostanza quello che oggi chiamiamo caglio vegetale.

Buono per tutti Molto usato in passato, si ottiene da fiori di piante spontanee come il cardo selvatico, oppure dal latte di fico. Il risultato era un formaggio delicato e più cremoso di quello lavorato con il caglio animale; in Spagna sono due i formaggi a denominazione di origi-

L’origine fa la differenza La cagliatura è un passaggio fondamentale nella lavorazione dei formaggi. Per effetto del caglio – miscela in grado di provocare la coagulazione del latte – la massa proteica, non più solubile nell’acqua, precipita infatti sul fondo del contenitore a formare la cagliata, che viene raccolta e lavorata per dare vita al formaggio. Il caglio può essere di origine animale, vegetale o microbica. Al giorno d’oggi, il più usato è quello animale ed è quello che compare nel disciplinare di tutti i formaggi Dop in Italia. Si estrae dallo stomaco dei vitelli oppure degli agnelli o dei capretti che vengono macellati nei primi giorni di vita esclusivamente per questo scopo. Il caglio microbico è certo meno cruento, ma si estrae da muffe che in alcuni casi possono risultare geneticamente modificate. Il vantaggio di questo tipo di caglio è il basso costo, pertanto viene utilizzato in produzioni su larga scala e di certo non di alta qualità. marzo 2014

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cibo&territorio

Occhio agli acquisti Nessuno si è mai preoccupato di disciplinare l’uso del caglio vegetale, tant’è vero che non esiste nemmeno una definizione precisa che distingua quello ottenuto da fiori o da piante, dal caglio di origine microbica, portando a una confusione tra le due tipologie aumentata ancora dal particolare – non di poco conto – che, secondo la legge italiana, non esiste l’obbligo di indicarne l’origine in etichetta.

In questa pagina, alcune fasi della lavorazione dei formaggi e gustose scaglie di formaggio a cagliata naturale stagionato

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ne prodotti con il caglio vegetale, la torta del casar e il queso serena, mentre in Italia non esistono esempi certificati di questa lavorazione. Anzi, fino a qualche anno fa rappresentavano una sorta di curiosità “archeologica”. Ultimamente però lo scenario è un po’ cambiato e i formaggi a caglio vegetale sono improvvisamente ritornati in auge. Il motivo è piuttosto semplice ed è da ricondurre al numero sempre maggiore di vegetariani nel nostro paese: anche se non si tratta di carne, infatti, il fatto che la produzione di formaggio implichi l’uc-

cisione di un capo di bestiame allo scopo di ottenerne il caglio, fa in modo che tutta una categoria di alimenti proteici venga esclusa dalla dieta di chi segue questo regime alimentare. E così, i produttori più attenti hanno iniziato a caseificare secondo antiche ricette. Emblematico in questo senso il caciofiore di Columella prodotto con il latte ovino dall’azienda agrituristica Acquaranda di Trevignano Romano secondo le indicazioni dell’agronomo Lucio Giunio Moderato Columella scritte nel De Re Rustica circa... duemila anni fa! L’azienda



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I produttori più attenti hanno iniziato a caseificare secondo antiche ricette. Emblematico in questo senso il caciofiore di Columella prodotto con latte ovino secondo le indicazioni dell’agronomo Lucio Giunio Moderato Columella scritte nel De Re Rustica circa... duemila anni fa! inoltre fa parte dell’Associazione Produttori Formaggi Storici della Campagna Romana che ha lo scopo di riscoprire antiche ricette e antiche lavorazioni, molte delle quali prevedono proprio l’utilizzo del caglio vegetale.

Anche stagionato L’azienda che negli ultimi anni è diventata “leader di settore” invece ha preso spunto nella sua produzione da una tradizione famigliare. La storia è quella dei cugini Egidio e Mario Fiandino, noti da tempo per il loro burro e il Grana Padano, che hanno recentemente deciso di seguire la traccia abbozzata dal nonno Magno che, già nei primi Anni 50, aveva capito che per ottenere il caglio in alpeggio sarebbe stato meglio utilizzare i fiori di cardo, facilissimi da reperire, piuttosto che sacrificare un vitellino. Magno Fiandino quindi li essiccava e li conservava nell’aceto; una sperimentazione che si è rivelata decisamente utile quando i nipoti hanno deciso di ripercorrere la sua strada. Il know how familiare, i moderni mezzi tecnici e la qualità elevata del latte hanno loro consentito infine di raggiungere obiettivi interessanti sia dal punto di vista gustativo che commerciale; e se i primi figli di quest’esperienza erano in linea con la tradizione del caglio vegetale, morbidi e delicati, la vera rivoluzione è arrivata con il gran kinara, ovvero il primo formaggio prodotto con caglio vegetale, stagionato oltre 12 mesi. In sostanza, la versione “per vegetariani” del Grana Padano!

Scelti per voi dove comprare Azienda agrituristica Acquaranda Via dello Sboccatore, 8 Trevignano Romano (Rm) Tel. 06.9985301 www.acquaranda.it Azienda agricola Poggio di Camporbiano Loc. Larniano, 22a San Gimignano (Si) Tel. 0571.678030 www.poggiodicamporbiano.it Fattoria Lischeto Strada Provinciale del Monte Volterrano Volterra (Pi) Tel. 0588.30414 www.agrilischeto.com Caseificio Pinzani S.P. 52 per Casole d’Elsa Località Montemiccioli Volterra (Pi) Tel. 0588.35043 www.caseificiopinzani.com Azienda agricola Sant’Anna dei Fratelli Sanna SP 34 di Murlo Monteroni d’Arbia (Si) Tel. 0577.378007 www.fratellisanna.it Fattorie Fiandino Via Termine, 25 Villafalletto (Cn) Tel. 0171.930014 www.fattoriefiandino.it

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di Antonio Romeo

il buono a tavola

Docente istituto alberghiero IPSSEOA di Soverato (Cz)

to a cubetti e sbollentato in acqua salata per 10 minuti; salare, bagnare con aceto e cuocere per 10 minuti. Aggiungere basilico, prezzemolo e capperi. Tagliare i pomodorini a metà e togliere i semi; frullarli a crudo con olio, sale, pepe, succo di limone e di arancia, foglioline di cerfoglio, vodka. Passare il tutto al setaccio fine e conservare in frigo. Disporre un coppa pasta nel fondo del piatto e sistemarvi la caponata; adagiare sopra i medaglioni di astice e togliere il coppa pasta; versare la crema di pomodoro e condire con olio evo.

La primavera è servita Le giornate tiepide e la terra feconda ci invitano a creare per la nostra tavola piatti leggeri, in armonia con la natura. La cucina diventa più aromatizzata. Le cotture veloci lasciano spazio ai singoli profumi. Per un lento risveglio dei sapori

Insalata di cipollotti, cime di rapa e mozzarella

Caponatina di melanzane con code di astice

Ingredienti: • 3 peperoni gialli • 3 filetti di acciuga sott’olio • 1 mazzetto di cipollotti • 1 mazzetto di cime di rapa • 1 kg di mozzarella di bufala • 1 dl di aceto di mele • olio evo, sale e pepe

Ingredienti: • 3 astici da 1 kg • 3 melanzane • 1 cuore di sedano • 1 kg di pomodori datterini • 1 spicchio di aglio • 1 cipolla • 1 limone • 1 arancia • 2 dl di aceto • 30 gr di vodka • 20 gr di capperi • 100 gr di pinoli • 1 mazzetto di cerfoglio, uno di basilico e uno di prezzemolo • 3 dl di olio evo • sale e pepe

Procedimento: Arrostire i peperoni, spellarli e pulirli. Soffriggere l’aglio in camicia; unire i filetti di acciuga e i peperoni, quindi aggiungere un po’ d’acqua fredda e cuocere per 20 minuti. Frullare e passare al setaccio fine, quindi aggiungere l’aceto di mele. Pulire le cipolle, stufarle in una padella con un po’ di olio. Pulire le cime di rapa, sbollentarle e condirle con olio evo e aglio fresco intero. Versare la crema sul fondo del piatto. Tagliare la mozzarella di bufala a fette. Sistemare a corona i ciuffetti di cime di rapa, i cipollotti stufati e le fette di mozzarella. Irrorare di olio evo e insaporire con sale e pepe. 100

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Procedimento: Cuocere gli astici in acqua bollente acidulata per 10 minuti, raffreddarli e sgusciarli. Spellare e tagliare le melanzane a cubetti, saltarle con olio e aglio in camicia, aggiungere la cipolla a rondelle, i pinoli e il sedano taglia-

Minestra di fave e cicorietta con polipo grigliato Ingredienti: • 600 gr di fave fresche • 1 mazzo di catalogna • 50 gr di cipollotto • 2 spicchi di aglio • 100 gr di pancetta affumicata • 100 gr di spinaci • 50 gr di prezzemolo • 2 l di brodo • 800 gr di polipo • 2 dl di olio evo • sale, pepe rosso e peperoncino Procedimento: Tritare la cipolla e schiacciare l’aglio, farli soffriggere in una casseruola con un po’ di olio, unire la pancetta tagliata a dadini e aggiungere fave snocciolate, basilico e prezzemolo. Bagnare con del brodo e continuare la cottura per 40 min. Qualche minuto prima di spegnere aggiungere gli spinaci, passare la minestra al frullatore, aggiustare di sale e tenere a caldo. Pulire la catalogna, cuocerla in abbondante acqua salata, strizzarla e tritarla; saltare in padella con olio e aglio in camicia. In un’altra pentola mettere il polipo a bollire per 30 minuti e lasciarlo raffreddare nella sua acqua; tagliare i tentacoli e grigliarli in padella antiaderente. Sistemare la crema in una fondina, adagiarvi sopra la catalogna, condire con il pepe rosso e sistemare sopra il polipo grigliato. Irrorare con olio evo.


TRA I VIGNETI NELLA CAMPAGNA STORICA DI VENEZIA In the countryside of Venice La famiglia Candoni De Zan produce pregiati vini utilizzando uve selezionate The Candoni De Zan family produces prestigious wines from selected grapes grown in their vineyards

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orto dei semplici

di M. Pia Fanciulli

Coltiviamola così Oltre a quella primaverile, la cipolla è tra gli ortaggi che conoscono anche una semina nella stagione invernale. Si comincia quindi, insieme all’aglio, dal mese di dicembre e si prosegue. I vasi e il terriccio La cipolla cresce su tutti i terreni, ma è meglio evitare quelli troppo umidi perché la farebbero marcire. Ben si adatta anche a una coltivazione in vaso. L'importante è che terra o terriccio abbiano abbondante concime nei primi 10 cm di terreno. Annaffiare solo se necessario.

Cipolla, regina della cucina Bianca, rossa o dorata è forse il più semplice, ma anche il più diffuso tra gli ortaggi, quello che davvero, da secoli, non manca mai da campi e cucine. Grazie anche a una coltivazione semplice e alle sue poche esigenze: si può seminare, con bella soddisfazione, anche in vaso

L’uso della cipolla si perde nella notte dei tempi. Tipica dell’area mediterranea dove entra in un’infinita varietà di piatti, nel mondo egizio ascese addirittura al rango di moneta. Tale era infatti la sua importanza da divenire merce di scambio, negandone il consumo al popolo, per essere invece impiegata nei riti sacri come balsamo per mummificare le salme. Della famiglia delle Liliacee, Allium cepa deve il suo nome scientifico alla radice celtica all, “caldo”, “bruciante”, con evidente riferimento al suo sapore, mentre in latino cepa indica appunto la cipolla. Immancabile negli orti, disposta regolarmente nei solchi affilati, espone le sue belle foglie tubulose da cui partirà lo stelo della sferica infiorescenza. Le cipolle, che si piantano anche a dicembre, si estraggono dal terreno quando ormai fa caldo e il loro bulbo è grosso e succoso, decora102

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to dal ciuffo delle bianche radichette vermicellate con cui s’abbarbicano al terreno. Ammazzettate e sapientemente intrecciate, vengono poi appese in bella mostra sotto i porticati. Saranno ritirate alle prime piogge, quando, ormai asciutte, potranno durare fino alla prossima primavera per la gioia del palato e della vitalità. Crude sono infatti un ottimo diuretico, disinfettano l’intestino, contribuiscono ad abbassare la pressione del sangue e il glucosio. Cotte sono un delicato lassativo. Il bulbo fresco, applicato sulla pelle svolge azione disinfettante e neutralizza l’effetto delle punture di insetti. Infine è utile anche come corroborante. Per contrastare la tipica profumazione acuta che fa lacrimare, dovuta ai composti solforati che contengono, basta conservare le cipolle al fresco o lavarle con l’acqua subito prima di tagliarle.

La semina La semina si fa da dicembre ad aprile, spostandola anche più avanti nelle regioni del nord Italia dove si può effettuare fino a giugno. L’importante è però che venga fatta in Luna calante, interrando i semi radi a 5-7 cm uno dall’altro, in solchetti poco profondi e ricoperti con 1-2 cm di terriccio. In primavera diradare a 15 cm. Piantine e bulbilli si interrano invece a 5 cm in aprile-maggio e a 10 cm dopo un mese. Punti deboli I danni maggiori possono essere causati dalla larva della mosca e dalla tignola. Può essere utile in questo caso la consociazione carota-cipolla e l’irrorazione delle giovani piantine con litotamnio, concime naturale utilizzato nell’agricoltura biologica e biodinamica. Buono a sapersi La cipolla protegge la gran parte delle piante dagli insetti e conferiscono intensità al profumo delle rose. Ostacola invece la crescita di piselli e fagioli. Raccolta e conservazione Da luglio a settembre, con il tempo sereno per evitare marciumi, si procede alla raccolta in Luna crescente per il consumo fresco, in calante per la conservazione o la preparazione di sottoli, sottaceti, marmellate. Si effettua estirpando le cipolle quando le foglie ingiallite iniziano a seccare. È comunque utile lasciare seccare bene i bulbi al sole. Mai tagliare le foglie. Per una buona conservazione devono essere raccolte mature e prive di lesioni. Si ripongono in cassette di legno in strati di non più di 10 cm, ben distanziate dalle pareti e dal pavimento. La temperatura media dei locali non deve superare 3-4 °C. In casa evitare di conservarle in frigorifero.


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la storia in cucina

Anche se ormai è diventato poliglotta, abituato com’è ad andare in giro per il mondo, la sua lingua d’origine resta il piemontese, anzi il torinese stretto. Della sua nascita conosciamo infatti luogo e data: la regale Torino del 1786. Stiamo parlando del Vermouth, anzi del Vermut, come si scriveva allora, il più noto degli aperitivi di casa nostra, che dopo un’immeritata parentesi di oblio oggi sta ritornando di gran moda. Senza scomodare il grande Ippocrate, padre della medicina, che già aveva teorizzato i benefici terapeutici degli infusi di vino, o il gaudente Apicio, chef della Roma Imperiale, che aveva pensato al vino con l’aggiunta di miele e di pepe come bevanda dissentante, il nostro Vermouth è certo tutt’altra cosa. La sua invenzione si deve all’ostinata perseveranza di un agronomo quasi in Era il 1786 quando, avvolto odore di alchimia, Benedetto Cardalla notte nella città magica, pano, che nel suo laboratorio sotto i Benedetto Carpano mescolava portici della centralissima piazza CaMoscato bianco di Canelli stello era finalmente riuscito a vina “misteriose” erbe aromatiche... cere la sua scommessa: trovare una bevanda che unisse alla piacevolezza O almeno a noi piace immaginarlo del Moscato bianco di Canelli anche così il padre del Vermouth, mentre le virtù di particolari sostanze aromadà vita all’aperitivo più famoso tiche. E siccome tra queste spiccava d’Italia, e al più antico, oggi come l’Artemisia absinthium, Wermut in mai tornato a fare tendenza tedesco, Carpano decise di battezzare così il frutto delle sue fatiche. In breve il successo del Vermouth fu tale che persino il sovrano dell’epoca, Vittorio Amedeo III, ne divenne un appassionato estimatore, tanto che anche a corte lo si sostituì al tradizionale rosolio. Ma per arrivare al Punt e Mes, che del Vermouth è la versione amara, bisognò aspettare quasi un secolo, quando prese le redini dell’azienda Bernardino Carpano, il nipote di Benedetto, il vero artefice della sua trasformazione. Da allora l’aperitivo torinese ne ha fatta di strada, diventando l’ingrediente indispensabile di numerosi cocktail – ricordate il Vesper Martini prediletto da James Bond, il mitico agente 007? – e moltiplicando il numero dei suoi produttori: Martini, Cinzano, Cora, Gancia… E la sua recente rinascita nei gusti del pubblico, non soltanto italiano, sta restituendo coraggio alle piccole produzioni artigianali, finora patrimonio di pochi affezionati, e vede l’apertura di nuovi locali “di tendenza”. Chissà se li frequenterà anche una grande estimatrice del Vermouth come la professoressa Baudino, che ha il volto televisivo di Veronica Pivetti, ma che in realtà è frutto della fantasia della torinesissima Margherita Oggero?

di Silvana Delfuoco

Alchimie torinesi

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Padre di tutti gli aperitivi, il Vermouth è un'importante base per molti cocktail, come il Martini, ma viene anche utilizzato come ingrediente nella preparazione della carne



dulcis in fundo

di Iginio Massari

Messaggi d’amore

Un giorno nelle nevi di San Pietroburgo, l’attuale Leningrado, centinaia di donne scendono in piazza. Sono operaie e mogli di soldati al fronte e chiedono a gran voce la fine della guerra. Non ne possono più di una vita di stenti e di fatiche, chiedono compatte il ritorno degli uomini dal fronte: è il 23 febbraio del 1917. Nasce quel giorno la Festa della donna (le altre storie che vi hanno raccontato sono venute dopo), quella che noi Marzo è il mese delle feste in famiglia. Con la donna celebriamo l’8 marzo (per via delle differenze tra protagonista l’8, quando il mondo si tinge di giallo e mimose il nostro calendario e quello gregoriano), colorana celebrarne bellezza, forza e coraggio. E il papà, che il 19 do di gialle e allegre mimose scrivanie d’ufficio si merita, anche lui, una coccola tutta speciale e cucine di casa. E se la scelta del fiore simbolo della donna è stata più che altro “funzionale” (ai primi di marzo non c’è grande alternativa), vero è che la mimosa ben si presta allo scopo: così tenera e delicata, con quelle foglioline che si ritraggono, mosse da lieve tropismo. Basta sfiorarle con la mano... Poi c’è il colore, il giallo, simbolo del passaggio dalla morte a uno stato di luce, antico emblema di rinascita. Giallo che è anche quello della torta mimosa, la più richiesta in pasticceria. E perfetta se l’8 marzo si ha in programma un incontro a due, se la festa è il pretesto per un moLa mimosa è un fiore mento decisamente più intimo, se si è alle prese davvero femminile: con un (si spera romanticosì tenera e delicata, co) tête-à-tête. Resta comunque valido il consicon quelle foglioline che glio di puntare sempre su si ritraggono, timide. Basta dolci o regali non troppo impegnativi. Non si sbasfiorarle con la mano... glia mai, ad esempio, a offrire al proprio partner del cioccolato, un classico messaggio di amore e di seduzione. Resta infatti il dolce afrodisiaco per eccellenza, perfetto per gli innamorati. Ma scorrendo il calendario, in marzo troviamo pure la Festa del papà. Stavolta il colore che più ricorre non è il giallo, ma il rosso, simbolo di forza, di calore, di passione. Il papà per eccellenza è San Giuseppe, e il 19 marzo è il giorno a lui dedicato dalla Chiesa. Sino ad alcuni anni fa, regalo classico erano bottiglie di vino, liquore, scatole di sigari. Ora, in tempi di maggior attenzione alla salute e al benessere, l’immagine del papà deve essere giovane. Il più a lungo possibile. Non lo si vuole più in pantofole, impegnato a lavorare, ma anche a fumare o a bere nel chiuso dello studio. Ad andare per la maggiore sono sempre più spesso dolci cremosi, come le zeppole al Sud. E il messaggio è chiaro. Caro papà, ti regalo un dolce perché vorrei che tu fossi davvero un poco più dolce; noi figli siamo tutti parecchio cresciuti, siamo anche più grandi e grossi di te, ma vorremmo ogni tanto una tua carezza, un tuo abbraccio, una tua Immancabile l'8 marzo la torta mimosa firmata da Iginio Massari mano sulla spalla. Noi ci siamo. E tu? 106

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Vini di Sicilia dal 1860

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Piaceri Piaceri 112

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110 Le mani raccontano Agnone e le campane del Papa: un'arte millenaria che non smette mai di stupire

112 I piaceri di Bacco

Birra e vino: siamo sicuri che sia un matrimonio davvero impossibile?

da pag. 115 Rubriche

• Soste d'arte • Bellezza&Benessere • Libri letti per voi • Ospitalità Italiana • Shopping

114 L'Italia in mostra: Forlì La città romagnola si veste di Liberty e c'invita a scoprire scorci e segreti golosi marzo 2014

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lemaniraccontano

Agnone e le campane di Sua Santità di Giovanni Russo

campane ad aver scandito, nel corso dei secoli, la vita e lo sviluppo di questa comunità.

La forma della fede

Da queste parti, infatti, quella Rintocchi lenti, solenni e ritmati accompagnano il nostro di forgiare il bronzo è un’arte che affonda le sue radici nella cammino nel cuore verde, montuoso e genuino del centro-sud notte dei tempi, antica quasi d’Italia. Siamo in Molise, dove arte, storia e fede si fondono quanto i volti scolpiti e rugosi insieme al bronzo per dare vita a maestosi capolavori voluti degli anziani che ti guardano indai papi di ogni epoca e celebrati in tutto il mondo curiositi dall’uscio di casa. Pare che in paese le campane si fabLe stradine tortuose, il tempo e lo spazio brichino fin dall’anno Mille, ed è sorprendendilatati. E in fondo alla via di accesso, il bor- te scoprire come la tradizione si sia tramandago antico. Sembra quasi di sentirlo il rintocco ta fino ai nostri giorni, conservando immutate delle campane a festa. Ma è solo suggestione. le tecniche di lavorazione. Tutto comincia con Agnone Agnone, città del Sannio molisano in provin- una sagoma in legno e una struttura in mattoni, cia di Isernia, è oggi conosciuto nel mondo co- “anima” di queste calotte bronzee; vari strati di me “il paese delle campane”. Gli habituè, da argilla spalmati da mani esperte compiono poi Molise queste parti, in realtà, ci vengono anche per la il miracolo che conduce alla creazione finale. I ndocciata, maestoso rito di fuoco che, nei giorni fregi, gli stemmi e le iscrizioni si fanno infine dell’Avvento, vede sfilare per strada migliaia di con la cera sciolta sui carboni ardenti. Per ultienormi fiaccole accese. Ma sono soprattutto le mare l’opera, ci vogliono dai trenta ai novanta 110

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giorni, ma qui il tempo, più che un problema, è un prezioso alleato. Proprio ad Agnone hanno preso forma molte campane divenute poi celebri in ogni angolo del globo: da quella per il centenario del Santuario di Lourdes alla Kennedy Bell, dalla campana di Medjugorje per l’anno mariano a quella per lo storico incontro tra Papa Giovanni Paolo II e Mikhail Gorbacíov nel 1989, fino alla grande campana costruita per il centro sportivo di Sapporo in Giappone.

Campanari di ieri e di domani­ Ma la più bella e imponente – 50 quintali per 2 metri di diametro – resta quella del grande Giubileo, impreziosita dalla visita in fonderia, fatta nel corso della sua fabbricazione, da Papa Wojtyla in persona. Un evento che, ovviamente, ha lasciato un segno profondo nell’animo di Armando, attuale titolare, assieme al fratello Pasquale, della millenaria Pontificia Fonderia Marinelli, la più antica al mondo, l’unica sopravvissuta tra le dinastie dei campanari agnonesi, e l’unica ad avere il privilegio di potersi fregiare dello stemma pontificio per contrassegnare le sue creazioni. Una fabbrica talmente importante che accanto alle sue officine è sorto il Museo Storico della Campana, mostra privata di inestimabile valore. «Fino agli anni Cinquanta, si costruivano dei laboratori di fonderia sul posto, sotto i campanili, per ovviare ai problemi logistici del trasporto – ci racconta Armando Marinelli – e al momento della colata era coinvolto l’intero paese. Molto diffusa l’usanza di gettare nel bronzo bollente anelli, collane e bracciali in oro come atto di fede». A quei tempi, la fonderia Marinelli era gestita da Ettore – il papà dei due fratelli – la cui pressoché totale sordità non gli impediva di percepire con le mani le vibrazioni del suono e capire se la campana aveva la giusta intonazione. Oggi la produzione avviene ad Agnone e le campane vengono poi trasportate nei luoghi di destinazione, ma la tradizione è ancora rigorosamente rispettata, con la presenza dei committenti e di tutti i dipendenti al momento della fusione.

In apertura, il suggestivo interno della Pontificia Fonderia Marinelli; in questa immagine gli esterni. Sotto, i fratelli Marinelli e una sala del Museo Storico della Campana

Da queste parti, quella di forgiare il bronzo è un’arte che affonda le radici nella notte dei tempi, antica quasi quanto i volti scolpiti e rugosi degli anziani che ti guardano incuriositi dall’uscio di casa Per saperne di più:

Proprio come in un rito propiziatorio e benaugurante. «Da noi sono passati scultori, cardinali, generali – ricorda ancora Armando – ma, per quanto mi riguarda, il personaggio più legato alla fonderia è stato Giulio Andreotti, grande collezionista e appassionato. Anche il mondo culinario non è insensibile al tintinnio, tanto che siamo i fornitori ufficiali della campana col manico in legno e il simbolo identificativo, per i soci dell’Accademia della Cucina». In un futuro nemmeno tanto lontano, quest’azienda antichissima sarà nelle mani del giovane figlio di Armando, Ettore “junior”, forgiatosi all’Accademia delle Belle Arti di Napoli, l’ultima generazione di una stirpe di “campanari” maestri di una forma di artigianato che sconfina nell’arte e rappresenta una delle tante eccellenze che identificano il nostro Paese. «Io però voglio dare alla nostra fonderia un respiro e una vocazione sempre più europea» avvisa il ragazzo!

www.comune.agnone.is.it www.prolocoagnone.com

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ipiaceridiBacco

Birra&vino:

scene da un matrimonio di Marco Cattaneo

La strana coppia. Lui è un rosso corposo, lei una bionda leggera. Lui un bianco frizzantino, lei una torbida ambrata. Cosa hanno in comune? I lieviti, a volte. O il mosto. O ancora, la stessa barrique. Su questo amore sono in tanti a scommettere. Assaggiare per credere... In Italia il clima, il territorio e la tradizione hanno da sempre favorito il diffondersi del vino come bevanda nazionale. Della birra poco si sa nel passato della nostra penisola. Sicuramente la importarono Fenici e Greci; la bevvero gli Etruschi e i Romani la conobbero conquistando i popoli dell’Europa del Nord, che in tutta risposta ne versarono a fiumi invadendo lo Stivale. E così via, per secoli, lungo i quali volenti o nolenti, gli Italiani appresero gradualmente a bere e ad apprezzare la birra. Nacquero quindi fabbriche storiche (Peroni, Poretti, Forst, la Moretti...) e birrerie artigianali, oggi tanto importanti da aver dato vita a un vero e proprio italian style. Quasi inevitabilmente, l’aspetto più interessante di questo stile autoctono è il connubio fra la rampante birra e il vino, storica gloria nazionale. Ecco nascere dunque birre rifermentate con 112

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lieviti da vino; birre a cui si è aggiunto, nella produzione, mosto di vino; birre, infine, fatte maturare in botti precedentemente utilizzate per l’invecchiamento di vini, perlopiù pregiati. Nelle vesti di vostro personale cervoisier – ovvero “degustatore di birra”, quello che il sommelier è per il vino – lasciate che vi illustri alcuni interessanti esempi di felici “matrimoni alcolici”.

Lievito e mosto

Cominciamo con il connubio birre e lievito di vino. Il Birrificio Loverbeer, a Marigliano (Torino), condotto dall’ottimo Valter Loverier, produce la Beerbera, birra a fermentazione spontanea, generata dai lieviti presenti nell’uva Barbera appena pigiata, a cui è aggiunto il mosto di birra. Anche Birra Pasturana, in provincia di Alessandria, per la birra Filare utilizza un lievito di vino, quello dello Champagne. Sempre con lievito di Champagne è prodotta la Sedicigradi, della Birra del Borgo, a Borgorose (Rieti), poi affinata in barrique di rovere francese per un anno. Passando alle birre correlate col mosto, una curiosità è fornita dal Birrificio Barley, di Maracalagonis (Cagliari), dove Nicola Perra produce la BB10 e la Bbevò con mosto di due vitigni autoctoni, la prima di Cannonau e la seconda di uva Nasco; in sostituzione dello zucchero usa poi la sapa, ovvero il mosto cotto. Nel 2009 Agostino Arioli del Birrificio Italiano, a Limido Comasco (Como), ha realizzato la Musa d’autunno, con mosto d’uva Nebbiolo; Toccalmatto di Fidenza

In ambito "birroso" l'italian style ormai famoso nel mondo ha tra le caratteristiche principali il felice connubio fra la rampante birra e il vino, storica gloria nazionale


(Parma) produce la Jadis con mosto d’uva Fontana, mentre i vicini del Birrificio del Ducato, a Busseto (Parma), hanno creato l’Equilibrista, in collaborazione con la tenuta di Bibbiano, con mosto di Sangiovese. Ad Alvignano (Caserta), il Birrificio Karma vanta una birra, la Centesimale, realizzata con mosto cotto di uva Pallagrello, un vitigno autoctono, come autoctono è il Timorasso, il cui mosto dà vita alla Tibir, del Birrificio Montegioco (Alessandria).

La botte piena...

Vino e birra: due bevande meravigliose, sublimi prodotti delle fatiche agricole dell’umanità sin dai tempi antichi. Due bevande che hanno molto da imparare l’una dall’altra (Charles Bamforth – professore di Scienze e Tecnologie della produzione di birra presso l’UC Davis)

Un articolo a parte lo meriterebbero le birre affinate in barrique. Non si può non partire da Teo Musso, re e imperatore del Birrificio Baladin, ora con sede a Farigliano (Cuneo). Fra i tanti prodotti, ha creato una linea detta Cantina – Riserva Teo Musso, in omaggio alla professione del padre, viticoltore. Tre birre particolari, Xyauyù, Xyauyù Barrel, Xyauyù Fumé, sono lavorate con la tecnica della macro ossidazione, messa a punto in Francia, che consiste nell’ossigenare la massa in fermentazione; un’operazione non scevra da rischi ma che permette di ottenere vini e birre di rara complessità. La linea è completata dalla Birra Lune, con aggiunta di farro, invecchiata in botti da grandi vini bianchi, e da Terre, con aggiunta di riso nerone, invecchiata in botti da grandi vini rossi. Il già citato Birrificio del Ducato ci permette di degustare l’Ultima Luna, una complessa birra senza gas ma ricca di corpo e complessità, affinata in botti da Amarone. A Milano il Birrificio Lambrate esibisce la sua Imperial Ghisa, cha ha riposato in botti di rovere previamente accarezzate da Passito siciliano. Ad Arcidosso (Grosseto), il Birrificio Amiata usa le botti di vino rosso di Bolgheri per la sua magnifica Vecchia Bastarda. Sono ancora mille gli esempi che si potrebbero fare. Ma fermiamoci qui, prima che inizi seriamente a girarci la testa! marzo 2014

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l’italiainmostra

Forlì,

crocevia del ’900 di Silvana Delfuoco

Rigorose facciate che si stagliano nette su un tessuto urbano scarno, pulito (dove la mano degli architetti del Ventennio c’è e si vede) tra le quali, per contrasto, fremono da sempre spiriti caldi, ribelli. E scorre in quantità il Sangiovese. Qui, nel bel contesto dei Musei San Domenico, si torna a parlare di Liberty 114

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soste d’arte

di Gilda Ciaruffoli

Forlì

Emilia

I mondi industriali 014 A lungo dimenticate, le immagini legate alla produzione industriale solo recentemente sono state riconosciute come documenti di importanza artistica e testimonianze di un mondo che, nel nostro quotidiano, è pressoché scomparso. La Fondazione Mast mette in mostra la sua collezione che indaga l’evoluzione dell’industria negli ultimi 150 anni attraverso lo sguardo di grandi nomi della fotografia internazionale, come Doisneau, Evans, Hine. fino al 30 marzo Mast – Bologna www.mast.org

Montserrat al Forte di Bard In apertura, piazza Aurelio Saffi, cuore della città

Difficile identificare al primo colpo il vero carattere di Forlì, capitale di fatto della Romagna. Razionale ed eclettico, come la rigorosa architettura dei palazzi che fiancheggiano l’asse portante di viale della Libertà, o passionale e sanguigno, come il temperamento di tanti suoi figli, illustri o meno noti, dal capitano di ventura Giovanni dalle Bande Nere ai patrioti “carbonari” Aurelio Saffi e Piero Maroncelli? E come dimenticare il Du-

C’è un legame speciale tra il Forte di Bard e il monastero benedettino di Montserrat, nei pressi di Barcellona. Lo si vede subito, osservando i due siti aggrappati alla roccia, lo si scopre studiandone la storia e lo si sente visitando la mostra che la struttura valdostana ospita. Si tratta delle principali opere della collezione che il monastero – refugium pulchritudinis e luogo di dibattito tra fede e cultura – custodisce. Un viaggio nella storia dell’arte durante il quale si incontrano Caravaggio, Monet, Picasso, Dalì... ma anche maestri catalani meno noti al grande pubblico ma di particolare interesse come Casas (in foto) e Rusiñol. Un’occasione unica nel suo genere, perché le opere in futuro saranno visitabili solo presso il monastero catalano. fino al 2 giugno Forte di Bard (Ao) www.fortedibard.it marzo 2014

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soste d’arte

l’italiainmostra

Non solo piadina

Il passato nel bicchiere Cosa lega la cittadina di Alba a mummie, faraoni e piramidi? Ce lo racconta Il vino nell’Antico Egitto, innovativa mostra archeologica che, attraverso la storia del vino, indaga il grandioso Regno in epoca Romana. Coltivazione, vendemmia, messa in anfora, vinificazione, invecchiamento e commercializzazione; e ancora la vita nei campi e l’uso del vino in ambito religioso, il tema dell’alimentazione e quello dell’aldilà: sono queste le trame che si intrecciano, come rami di una vite ideale, tra le sale della mostra. Il percorso è illustrato da circa 50 reperti. 22 marzo – 19 maggio Chiesa di S.Domenico Alba (Cn) www.ambientecultura.it

Quando ci si siede a tavola, la terra della piadina diventa un trionfo di primi piatti, le m’nestre come si dice da queste parti: asciutte o in brodo, la sostanza non cambia. Sempre gli stessi sono infatti i passatelli, piatto dei giorni di festa. Vicinissimo è poi Sogliano sul Rubicone, patria del mitico formaggio di fossa, di cui ogni anno si festeggia la sagra il 25 novembre, quando le “fosse”, rimaste chiuse per circa tre mesi, vengono riaperte davanti ai numerosi, e impazienti, visitatori. E a conclusione di un pranzo non troppo dietetico, niente di meglio di una coloratissima, e altrettanto calorica, zuppa inglese, rigorosamente preparata con i savoiardi bagnati nell’alchermes. Perché anche Forlì, alla pari di altre città della regione, ne rivendica la primogenitura. Prima di ogni giudizio, l’assaggio è d’obbligo!

ce, Benito Mussolini, nato a Predappio, a solo 15 km dal centro cittadino! In realtà il zitadòn (cittadone), come ancora la chiamano da queste parti, ha attraversato secoli di storia superandone con lungimirante tolleranza gli inevitabili stravolgimenti. Una città dalle solide radici, dove, da sempre, laicità e religione si sono fronteggiate senza mai sopraffarsi, come testimonia la scritta Libertas sulla croce bianca, in ricordo delle crociate, dello stemma cittadino: solido caposaldo della Romagna pontificia dal XV al XVIII secolo, ma anche luogo di secolare accoglienza, a partire dal Medioevo, di una prospera comunità ebraica. E soprattutto patria della piadina e del Sangiovese: strumenti inoppugnabili della migliore diplomazia, in grado di placare felicemente ogni possibile contrasto.

Metafisica e bancarelle

Arte Laguna Centodieci artisti internazionali in rappresentanza della migliore creatività contemporanea. Sono i finalisti dell’8° Premio Arte Laguna i cui 5 vincitori assoluti – uno per ogni categoria in concorso: pittura, scultura e installazione, video arte e performance, arte fotografica, arte virtuale e digitale –

saranno annunciati nella serata inaugurale del 22 marzo. A esaltare le opere in mostra, un magnifico spazio espositivo: quello delle affascinanti Tese di San Cristoforo. 23 marzo – 6 aprile Arsenale di Venezia www.premioartelaguna.it 116

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Raggiungere il centro cittadino dalla Stazione Ferroviaria è come fare un salto indietro nel tempo, tra gli anni '20 e i '40 del XX secolo, in una città ridisegnata, dalle facciate dei palazzi alla struttura di viali e strade, con mano rigorosa e spesso felice dagli architetti del Ventennio. Ma una volta arrivati in piazza Saffi, cuore pulsante di Forlì e tra le più vaste d’Italia, ecco spalancarsi “uno scenario metafisico alla Giorgio de Chirico”, come l’ha definita lo storico dell’arte Antonio Paolucci. La Basilica romanica di San Mercuriale, con il suo altissimo campanile così simile a quello di San Marco; il Palazzo delle Poste, capolavoro degli anni '30; l’imponente Palazzo Comunale, dall’im-


Scelti per voi dove mangiare Osteria Don Abbondio A due passi dai Musei San Domenico, cucina di territorio. Prezzo medio: 35 euro Piazza Guido da Montefeltro, 16 Tel. 0543.25460 www.osteriadonabbondio.it Casa Rusticale dei Cavalieri Templari Cucina familiare in un'antica Domus Templare riadattata ai nostri tempi. Prezzo medio: 45 euro Viale Bologna, 275 Tel. 0543.701888 www.osteriadeitemplari.it

Uno stile per l’Italia moderna Un incontenibile slancio vitale sotto cui serpeggia una sottile inquietudine esistenziale e sociale. Questo, in sintesi, il senso dell’esperienza artistica del Liberty, nelle sue varie sfumature europee (Art Nouveau, Jugendstil, Modern Style). «La borghesia dell’epoca trova per la prima volta il suo stile – ha ricordato durante l’anteprima alla mostra lo storico e critico Antonio Paolucci, presidente del Comitato scientifico – Uno stile fatto soprattutto per il piacere di vivere la bellezza anche tra le pareti domestiche: la casa, il salotto, il bagno… E per la prima volta la donna assume il ruolo di

Visitare Forlì è come fare un salto indietro nel tempo, tra gli anni '20 e '40 del XX secolo, in una città ridisegnata con mano rigorosa e spesso felice dagli architetti del Ventennio

protagonista: seduttrice, dominatrice, indiscussa regina cordium». Terzo appuntamento dedicato all’arte del Novecento ai Musei San Domenico, la mostra fa dialogare tra loro pittura, scultura e arti decorative: da Segantini a Boldini, da Longoni a Casorati a Baccarini, passando per le vetrate, i ferri battuti, le ceramiche, i manifesti, i mobili, fino ai vestiti di Eleonora Duse, ai merletti di Aemilia Ars, agli arazzi di Zecchin. fino al 15 giugno Musei San Domenico www.mostraliberty.it

pianto risalente all’anno Mille; quello del Podestà, dalla gotica facciata in cotto, e infine il rinascimentale Palazzo Albertini, in perfetto stile veneziano: dieci secoli di storia affiancati, in una armonica coesistenza di stili unica nel suo genere. E qui, punto d’incontro dei quattro corsi principali della città, gli assi viari dell’antico impianto romano, si svolge con cadenza bisettimanale il mercato ambulante, uno dei più grandi della Romagna: da sempre il modo più autentico per vivere la piazza, come vuole la tradizione della provincia italiana.

Casa Artusi Ristorante e Osteria all’interno del primo “Centro di cultura gastronomica”, nato nella patria di Pellegrino Artusi. Prezzo medio (bevande escluse): 35 euro Via A. Costa, 31 Forlimpopoli (Fc) Tel. 0543.748049 www.casartusi.it

dove dormire Hotel della città et de la ville Nato dall’estro di Giò Ponti, 4 stelle nel centro storico. Doppia da 180 euro Corso della Repubblica, 117 Tel. 0543.28297 www.hoteldellacitta.it Hotel Lory In pieno centro, piccolo e confortevole hotel rinnovato di recente. Doppia da 70 euro Via Giovita Lazzarini, 20 Tel. 0543.25007 www.lory-hotel.com Agriturismo La Sarzola In posizione panoramica a metà strada tra Forlì e Forlimpopoli. Doppia da 75 euro Via Maglianella, 9 Magliano (Fc) Tel. 0543.89470 www.sarzola.it

dove comprare Salsamenteria Tomba Salumi tipici in un emporio ultracentenario. Corso Diaz, 74C Tel. 0543.20054 Cioccolateria Gardini – L’Artigiano Da provare il cioccolato al sale dolce di Cervia e le praline al formaggio di fossa. Via Ettore Benini, 38 – Vecchiazzano (Fc) Tel. 0543.480375

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bellezza e benessere

di

Gilda Ciaruffoli

Per riscoprire la salute... allo specchio Dallo scorso anno è attivo presso il San Raffaele di Milano un progetto grazie al quale le pazienti oncologiche possono, per la prima volta, godere dei benefici di trattamenti estetici studiati su misura per ogni singolo caso. Una vera e propria terapia. E una vera e propria rivoluzione. Non solo per l'Italia «Ho deciso di incontrare gli amici dopo tanto tempo». «Ho lasciato che mi fotografassero di nuovo». «Mi sono sentita come una bambina la notte di Natale». Sono queste le toccanti parole raccolte dalle psicologhe del San Raffaele in occasione di Salute allo Specchio. A pronunciarle le donne che hanno partecipato alle tre giornate nelle quali si articola il progetto attivo presso l’ospedale di Milano dallo scorso maggio, e grazie al quale per la prima volta in Italia le pazienti oncologiche possono godere dei benefici di una serie di trattamenti estetici a loro, fino a oggi, preclusi. Massaggi al viso che leniscano gli arrossamenti, ridonino all’incarnato idratazione e soprattutto luminosità; delicati massaggi alle mani e ai piedi. Una vera e propria parentesi di relax, parte di un progetto pilota unico nel nostro Paese, ma all’avanguardia anche a livello europeo. «Fino a oggi i medici sconsigliavano vivamente ai 118

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pazienti oncologici di concedersi un trattamento estetico; dal canto loro le estetiste sentivano di non avere le giuste competenze per trattare persone il cui fisico è già bersaglio di un numero di sostanze attive importanti, e dalla cute particolarmente sensibile», ci spiega Angela Noviello, titolare del centro Milano Estetica Cosmetic Surgery and Medical Spa e direttore per l’Italia di Oncology Esthetics, che proprio della parte estetica del progetto è responsabile. Ruolo questo che le è stato affidato dalla dottoressa Valentina Di Mattei – ricercatrice presso l’Università Vita Salute del San Raffaele e responsabile del progetto Salute allo Specchio, avviato con il sostegno iniziale di Avo Segrate –, in quanto prima in Italia ad aver conferito, a seguito di un corso negli Stati Uniti, la necessaria certificazione per svolgere questo particolare tipo di trattamenti. La sua competenza unica ha trovato immediato


Tre giorni insieme

Nell'immagine in alto, Angela Noviello presso la sede di Milano Estetica di Via Borgospesso a Milano. Sotto, le dottoresse che compongono lo staff di Salute allo Specchio, da sinistra: Letizia Carnelli e Valentina Di Mattei (psicologhe), Giorgia Mangili (oncologa), Paola Zucchi e Elena Pagani Bagliacca (psicologhe). A destra, la stanza del San Raffaele adibita a Spa

riscontro tra gli oncologi e gli psicologici del San Raffaele che, prosegue Angela, «hanno capito da tempo l’importanza di questo tipo di approccio e da anni cercavano di fare partire un progetto di questo tipo. La mia specializzazione ha dato loro la giusta serenità per decidere di intraprendere davvero un percorso così importante». Perché anche gli oncologi italiani si sono aperti a questa possibilità? Può sembrare strano, ma è esperienza quotidiana di molti medici: tra le prime domande poste da un paziente in seguito a una diagnosi di cancro c’è quella relativa alla caduta dei capelli, come ci ha spiegato la dottoressa Di Mattei. Quella estetica è dunque un’esigenza reale e, oncologi e psicologi, si sono resi conto di quanto importante sia fornire una risposta concreta. Tanto più che i benefici di un trattamento estetico effettuato con la giusta competenza, i giusti strumenti e la necessaria preparazione, non sono solo di carattere psicologico, ma comportano anche conseguenze positive sul percorso clinico del paziente.

za americana, grazie anche alla collaborazione di Morag Currin ideatrice del sistema Oncology Esthetics che da 20 anni porta avanti la ricerca relativa a questo tipo di trattamenti. Questa opportunità è riservato alle donne? Al momento sì, a partecipare sono le pazienti con patologie ginecologiche in corso. Si tratta di un progetto pilota per il quale è stato scelto questo target, ma non ci sono limiti né dal punto di vista del sesso né da quello delle varie patologie. Gli incontri di Salute allo Specchio proseguiranno fino a giungo ma il nostro obiettivo è quello di portare questa esperienza in tutte le strutture ospedaliere italiane. E anche nei centri estetici, grazie a corsi di formazione specifici – operativi già dal prossimo aprile presso il San Raffaele – che formino estetiste la cui preparazione nel trattare i pazienti oncologici sia giustamente certificata.

«La prima giornata del progetto – ci spiega Angela Noviello – è dedicata alla bellezza, con esperti che insegnano alle pazienti come truccarsi, come scegliere la giusta parrucca e come giocare con i foulard. Tra le pazienti si crea subito una certa confidenza e l’atmosfera leggera le aiuta a spostare l’attenzione dalla malattia alla vita. Il secondo giorno entro in scena io con il mio team: in una sala ospedaliera ricreiamo l’atmosfera di una Spa, con musica, profumi e luci soffuse. Utilizzando i prodotti più consoni, trattiamo mani, piedi e viso; a seconda delle esigenze della paziente prevediamo detersione, maschere, leggeri massaggi. Ciò che riusciamo a realizzare durante questi incontri – conclude Angela – non ha prezzo: le donne che vi hanno partecipato escono dall’ospedale più sicure di sé e ci confidano, durante la terza giornata, quella dell’incontro con le psicologhe, di aver riscoperto in quelle poche ore la propria femminilità». Per saperne di più:

http://avo.avosegrate.org www.milanoestetica.it

I benefici di un trattamento estetico effettuato con la giusta competenza, non sono solo di carattere psicologico, ma comportano anche conseguenze positive sul percorso clinico del paziente

Dunque può essere considerato una terapia? Vorremmo che lo diventasse, e la cosa meravigliosa è che i medici stessi iniziano a sostenerlo. Il trattamento estetico, personalizzato in base alla storia clinica della singola paziente, aiuta a rilassarsi e a recuperare un miglior rapporto con il proprio corpo. Del resto non stiamo facendo altro che trasferire in Italia decenni di esperien-

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libri letti per voi

di Lucrezia Balducci

Luci e ombre dell'olio italiano L'universo dell'extravergine made in Italy, visto con gli occhi di un osservatore "esterno", che ne riconosce le grandi eccellenze ma anche le peggiori aberrazioni

Giornalista americano free-lance che collabora con importanti testate internazionali, con questo volume Tom Mueller accende i riflettori su quello che definisce “il sublime e scandaloso mondo dell’olio di oliva”. Sublime, come le belle storie raccontate in chiave romanzata dei tanti agricoltori e produttori, i «grandi artigiani dell’olio italiano, che curano e coccolano le loro piante», come li definisce lo stesso Mueller. Piante che nascono in una terra che l’autore descrive con minuziosità, fino ad accompagnare il lettore in un viaggio dalla Liguria alla Puglia, lungo un percorso che svela i visi e gli sguardi di chi lavora sodo per produrre qualità. Scandaloso, perché dopo aver vagheggiato di 120

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Edizioni EDT 254 pagine 18 euro

tradizione, famiglie e storia, Mueller punta lo sguardo sull’altra faccia della produzione, quella dell’olio che di “extravergine italiano” non ha nulla; quello che, nella maggior parte dei casi, proviene da altri paesi, in primis Tunisia, Grecia, Spagna e Turchia; quello che giunto in Italia si trasforma, per così dire, in “olio extravergine italiano”. Olio adulterato, a cui si aggiungono aromatizzanti e coloranti; sottoposto alla tecnica della deodorazione soft che permette a un olio lampante (quello per la combustione delle torce, per intenderci) di assumere caratteristiche che lo facciano catalogare come extravergine. Ecco quindi entrare in scena i “boss dell’olio”. Con la testimonianza di uno tra gli indagati per contraffazione, Leonardo Marseglia, secondo il quale “il 98% dell’olio di oliva venduto in Italia come extravergine non è di ottima qualità”, con la conseguenza che quel 2% di olio eccellente (che costerebbe 40-50 euro al kg) non basta a soddisfare la domanda dei consumatori. Dove finisce l’olio adulterato? Tra i grandi marchi: la sentenza che incriminò Domenico Ribatti nomina Nestlè Italia, Astra Olearia di Unilever, Cirio-Bertolli-De Rica e Oleifici Fasanesi. Numerosi, poi, i casi internazionali, nei “nuovi mondi”, come li definisce Mueller, come quello della Italcal Trading e la Coachella Valley Edibles di Los Angeles, segnalate sia dalla Food and Drugs Administration che dalla North American Olive Oil Association che hanno rintracciato adulterazioni avvenute con oli di più bassa qualità. «Gli Stati Uniti d’America sono il paradiso dell’illegalità nel settore oleario a causa di leggi troppo permissive», sottolinea Mueller. Stati Uniti che, d’altra parte, sono un mercato molto importante per l’extravergine nazionale. Dunque, come valorizzare le nostre vere produzione d’eccellenza oltreoceano? «Mostrando agli americani le facce dei produttori, mostrando gli uliveti, fornendo loro coordinate gps per raggiungerli; il tutto utilizzando le potenzialità del web, siti o QR Code in etichetta. Gli americani vogliono conoscere, capire e “toccare con mano” la storia di un prodotto italiano. Dovrebbe succedere un po’ quello che succede per il vino e i grandi produttori italiani, i cui nomi e volti sono noti e celebrati nel mondo. Per l’olio invece avviene esattamente l’opposto – conclude Mueller – Il consumatore medio americano vede le grandi marche da supermercato come l’apice dell’italianità, e non ha mai sentito nominare l’artigiano, né tanto meno degustato il suo olio-nettare».


I prodotti Terrae Luni sono preparati in modo artigianale, nel rigoroso rispetto della più genuina cucina pontremolese

Nel nostro laboratorio tutto avviene come in un antico rito, lentamente viene colata sui testi roventi la profumata pastella che dà vita ai Testaroli di Pontremoli, primo piatto principe delle specialità del luogo, che prende il nome dai “testi” usati per la tradizionale cottura sotto le ceneri. I nostri prodotti conservano tutto il profumo dell’antica terra di Lunigiana e si impongono a salvaguardia di un patrimonio prezioso, interpretando l’identità della nostra buona cucina. Terrae Luni è il simbolo di questa tradizione che sempre fa della qualità il suo fondamentale valore. Lunigiana Preziosa area artigianale S. Giustina Pontremoli (Ms) Tel. 0187831459 www.terraeluni.it


libri letti per voi

di Eleonora Fatigati

Il giro del mondo in 80… sigari

Noir (e “rouge”) in cucina

Un altro punto di vista

Terzo capitolo dei “non ricettari” firmati da Andrea Gamannossi che aggiunge un po’ di peperoncino alle sue misteriose storie...

Chiediamo ad Attilio Brilli, professore di letteratura anglo americana all’Università di Siena, di raccontarci il diario di viaggio scritto da Dorr.

Meglio un ingrediente piccante o il brivido di una storia noir per stuzzicare l’eros? Sia gli ingredienti afrodisiaci che un intrigante noir possono esaltare i nostri sensi. Tuttavia ritengo che il triangolo cibo-amore-morte sia il compendio della passione. Eros e thanatos... Tra i piatti raccolti nei menù, quale ci consiglierebbe per “animare” una serata? Ho cercato di suddividere la parte gastronomica in quattro menù, separando i piatti più hot da quelli più romantici. Ne scelgo alcuni: ostriche gratinate con pepe rosa e champagne, pennette di farro aromatizzate alle violette selvatiche, mousse di venere al cioccolato e caffè... da consumare con la persona del cuore! Chi ha letto i due volumi precedenti sarà felice di ritrovare il capitano Amelia alle prese con le sue vicende di amore, cucina e mistero. Sono previste per lui altre avventure? Il capitano dei carabinieri Alessandro Amelia mi è molto caro in quanto le sue storie sono ambientate nel mio paese, Scandicci. Oltre che limitarmi ai racconti mi piacerebbe un giorno scrivere un intero romanzo con Amelia come protagonista. Chissà... Mauro Pagliai Editore 68 pagine 6.50 euro

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Chi era David F. Dorr? Siamo nell’Ottocento. Dorr era uno schiavo nero che sapeva leggere e scrivere. Ha accompagnato il suo padrone in Europa e nel Vicino Oriente redigendo per lui un diario di viaggio ricco di aneddoti e suggestioni. Quali sono gli elementi di originalità del diario? Dorr non imita la letteratura dei “bianchi” colti come Melville e Twain che compiono lo stesso viaggio nel medesimo periodo raccontando le grandi architetture o i paesaggi pittoreschi. Piuttosto, privilegia il dialogo con la gente umile. Grazie a Dorr abbiamo una prospettiva diversa sul “Vecchio mondo“ che completa quella di altri scrittori. Ci fai qualche esempio? Dorr è attratto da eventi o mestieri inconsueti. A Roma non resta impressionato tanto dal Colosseo quanto da una fabbrica di maccheroni e descrive il modo in cui vengono prodotti; a Napoli ci racconta il miracolo di San Gennaro, la vita brulicante di strada, la sfrontatezza delle prostitute. Ibis edizioni 176 pagine 14 euro

Di Phileas Fogg, il ricco londinese del romanzo di Verne Il giro del mondo in 80 giorni, c’è anche il richiamo al cognome, che rimanda alla nebbia leggera che il fumo del sigaro diffonde nell’ambiente. Fumo che pervade (e letteralmente disegna) le pagine del libro del giornalista televisivo Paolo Brinis Il giro del mondo in 80 sigari, condensato da gustare lentamente, in contemplazione e relax, proprio come quando si fuma un sigaro o si sorseggia un vino in copita. In leggera sospensione. Fra passione e rito. In effetti, il volumetto è un viaggio di fantasia a bordo di una immaginaria mongolfiera sulla quale salgono personaggi illustri, per conversare di sigari e altre amenità. E così nel libro, che davvero si legge piacevolmente, si incontrano Winston Churchill ed Ernest Hemingway, Orson Welles e Caterina di Russia, Lord Brummel, Fidel Castro, Porfirio Rubirosa, Groucho Marx e finanche Sigmund Freud e Mike Bongiorno. In una girandola di aneddoti curiosi che avvincono e intrigano e sprigionano simpatia come una spirale di fumo.

Edizioni CasadeiLibri Collana Porte della percezione 
 Illustrazioni di Riccardo Dalisi 
 84
pagine 16 euro


ospitalità italiana

diM. Olga di PiaCFarlini anciulli

Che lo spettacolo abbia inizio Accoglienti sale interne e uno splendido giardino dove cenare con i profumi delle piante fiorite e delle erbe aromatiche provenienti dall’orto; un ottimo servizio e una genuina cordialità... sono questi i protagonisti della pièce che, da oltre 70 anni, va in scena al ristorante Penati, storico indirizzo dell’ospitalità (italiana!) del Lecchese

“Il ristorante, nel mio immaginario, è un luogo dove ogni giorno si svolgono due rappresentazioni teatrali: quella del mezzogiorno, più informale, e il galà del ristoratore con lo spettacolo della cena. È con vero piacere, quindi, che vi invito a visitare questo teatro, con i suoi spettacoli che vanno in scena da oltre 70 anni”. Lo scrive Piergiuseppe Penati, nipote di Pierino, fondatore del celebre ristorante di Viganò Brianza, in provincia di Lecco, che del nonno ha raccolto un’eredità prima di tutto sentimentale, di amore per la cucina e per la sua “messa in scena”. Lo scrive, dicevamo, nel volume Al Ristorante come a teatro, pubblicato nel 2013 per celebrare i 70 anni di storia del locale fondato nel 1942. Immerso tra le colline brianzole, il ristorante Penati si affaccia sul verde con un perimetro di grandi finestre dalle quali, nelle giornate limpide, si riconoscono in lontananza i profili dell’Appennino Ligure. In estate, si può pranzare nel giardino, protetti da un grande faggio; sullo stesso giardino si affaccia anche la saletta degli specchi al primo piano, ambiente intimo dove godere di una cucina creativa e di grande sapore, preparata con materie prime di qualità e sempre

Pierino Penati Ristorante Via XXIV Maggio, 36 Viganò Brianza (Lc) Menù del Giorno: 25 euro Prezzo medio Grande Carta: 60 euro Tel. 039.956020 www.pierinopenati.it

attenta alla tradizione. In tavola soluzioni per tutte le esigenze. Si va infatti dai piatti più classichi del Menù del Giorno – con tipicità della zona come il risotto giallo o l’ossobuco alla milanese, a fianco di grandi classici come gli gnocchi al pomodoro o la zuppa di farro –, alla Grande Carta le cui proposte sono firmate da diversi chef e tra le quali è possibile gustare foie gras d’anatra, sfoglia croccante, nocciole, gelatina di mela verde e yogurt; pasta e fagioli “cocco di Spello” con astice arrostito; filetto di manza Fassona, cipolline, patate e rape. Per concludere, una nota dolce scelta tra le tante offerte della carta dedicata alla pasticceria: sabaione caldo al Marsala e biscottini “ovis mollis”; mousse di Yuzu ricoperto di cioccolato bianco con croccante di riso; cioccolato biondo, mango e croccante di frutta secca… La cantina infine è ricca di etichette importanti e pregiate, che riposano insieme a bottiglie di aziende “minori” che si sanno far notare attraverso il passaparola.

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shopping shopping

di Lucia Lipari

Stile sicuro!

Love is in the air

Con le temperature che salgono e il sole che torna a bagnare il Bel Paese, non c’è niente di meglio di un viaggio in moto o una passeggiata nel verde in motorino. Ma chi l’ha detto che i centauri debbano rinunciare allo stile? Ad accontentare tutti ci pensa Momodesign con le sue proposte sportive sì, ma dall’estetica irresistibile. Proprio come il casco moto Fgtr Glam. Prezzo: 179 euro

Le flip flop Slim con tiras rosa fluo, esclusiva Hawaianas, ci parlano d’amore attraverso una divertente grafica che vede come protagonista la coppia di paperi più simpatica dei fumetti. Prezzo: 27,90 euro

La musica è cambiata

È l’ora dell’eleganza

Le cuffie negli ultimi anni hanno subito una mutazione: da semplici accessori per sentire musica a veri fashion must scelti con attenzione per enfatizzare il proprio look. Ce lo dimostrano le nuove Momentum On di Sennheiser. Prezzo: 199 euro

Scintilla la collezione Diamond di Bulova. Le casse degli storici orologi infatti prendono luce grazie ai diamanti che vi sono incastonati a mano. A completarne il fascino il bracciale multimaglia con chiusura dèployante. Prezzo: 470 euro

Per camminare sulle nuvole

Le stampe di Kenzo tornano a vestire le sneaker Vans. Pattern brillanti che si rifanno a un immaginario onirico, animate come sono da tigri volanti, fulmini e nuvole. Prezzo: a partire da 90 euro

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Chi ha paura del fashion? Inconfondibile stile pop per la nuova capsule collection Koralline. La t-shirt con la sua stampa all over dalla quale emerge spavaldo un volto di donna è un chiaro omaggio all’arte di Roy Lichtenstein. Disponibile in 3 varianti di colore. Prezzo: 49,50 euro


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Poder� L� Casin� Chianni (Pisa)

Nel fiabesco contesto collinare del comune toscano di Chianni, immerso nel verde della valle compresa tra il fiume Era e il Fine, il Podere Le Casine si estende su una proprietà di 14 ettari complessivi, che comprendono una zona di bosco (10 ettari), un vigneto e un uliveto. Il Casale in pietra si sviluppa su due piani, caratterizzati da ambienti ampi e dal gusto rustico. Ariosa la cucina al primo piano, che si affianca a un salone con camino. La taverna è invece dotata di forno a legna e la cantina è caratterizzata dal clima ideale per ospitare le botti di vino. Completano la struttura, un ampio stanzone di ingresso, un magazzino, 8 posti letto, 3 servizi e una scenografica piscina (18x8 m) che raggiunge i 2,5 m di profondità.

Trattativa privata marisalamperti@alice.it Tel. 377.5391080


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selezioni

I professionisti dello stile Qual è il biglietto da visita di ogni ristorante, bar o struttura alberghiera? Quale la caratteristica che ci colpisce al primo sguardo? L’atmosfera, senza dubbio, ma soprattutto il modo di porsi del personale, l’impeccabilità e l’abbigliamento che lo distinguono. L’abito, dunque, fa il monaco? Scopriamo insieme l’opinione di chi da anni si occupa di abbigliamento professionale

«Per quanto sembrino cose di secondaria importanza, la missione degli abiti non è soltanto quella di tenerci caldo. Essi cambiano l'aspetto del mondo ai nostri occhi e cambiano noi agli occhi del mondo». Lo scriveva Virginia Woolf nel 1928, ma si potrebbe ricondurre a questa massima anche la filosofia che guida l’attività dell’azienda Isacco, attiva dal 1992 nella produzione di abbigliamento professionale. «È nostra convinzione che la qualità di un servizio passi anche dall’abbigliamento, ovvero dal modo che il professionista ha di porsi nel suo lavoro» ci spiega un referente aziendale della realtà con sede in provincia di Bergamo che è stata capace di declinare lo stile italiano all’abbigliamento professionale e che ha esportato tale stile in tutta Europa. «Il modo di presentantarsi, e dunque la scelta di vestire divise di elevata qualità, ha poi un ruolo di centrale importanza nel mondo della ristorazione – proseguono dall'azienda – È proprio dietro un bancone, tra i fumi della cucina o durante il servizio al tavolo, infatti, che diventa necessario per il personale avere una presenza quanto più rassicurante per il cliente. La mise scelta è dunque una sorta di biglietto da visita grazie alla quale è possibile identificare la qualità di un locale, la sua pulizia e la capacità di accogliere l’ospite. Ne sono un esempio concreto chef, sommelier e barman ultimamente ospiti fissi di ogni trasmissione televisiva: sempre impeccabili, trasmettono nelle loro uniformi quella perfezione estetica che viene facilmente interpretata come eccellenza professionale. E spesso è proprio così!». Questione di colore Isacco ha assunto un ruolo di primo piano in ambito europeo soprattutto grazie alla vasta gamma di divise in catalogo, in grado di distinguersi per forme e colori e rispondere alle diverse esigenze di ogni categoria. Responsabile della creatività, lo stili-


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Versatili, pratici, personalizzabili Tutti le proposte Isacco – camici, casacche, pantaloni, gonne, bermuda, maglieria, polo, magliette, calzature, accessori, divise da chef, giacche da sala e da ricevimento, gilet e coreane, grembiuli, anche quelli per i bambini, camicie, cappelli, divise per sommelier (ma anche un’ampia gamma di tovagliato antimacchia realizzato su misura e completo di accessori, per dare al locale uno stile unico) – sono personalizzabili e hanno un’ottima vestibilità, adattandosi facilmente alle diverse fisicità. Ciliegina sulla torta, infine, la notevole praticità nella gestione, che permette all’acquirente di lavare ogni capo anche in lavatrici non professionali, con gli stessi risultati e un notevole risparmio economico.

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sta interno all’azienda che, per delineare un design efficace e azzeccato per ogni situazione, svolge in prima istanza dettagliate ricerche di mercato valutando le tendenze più attuali in ambito nazionale e internazionale, ponendo particolare attenzione a elementi fondamentali come tessuti, tagli e praticità. «È la gestione del colore a contraddistinguere la produzione – ci spiegano ancora da Isacco – dai nostri prodotti, infatti, non solo emerge un attento studio su nouance, fantasie e armonie nelle sfumature: le divise che proprioniamo sono sempre caratterizzate da un colore di base, elemento fondamentale per facilitare l’abbinamento di ogni singolo capo. Si può dire che questa sia effettivamente la formula vincente che rende unico il nostro design». Ma la qualità del prodotto Isacco non è solo garantita da un team altamente qualificato, viene infatti persino testata direttamente in azienda. «Si tratta della classica prova del nove – prosegue il referente aziendale – In sede si effettuano molteplici prove di lavaggio per testare ogni singolo prodotto prima che venga spedito al committente. In questo modo verifichiamo in presa diretta la tenuta di tessuti e colori». Altro punto forte della produzione è la vastità della scelta, grazie alla quale ognuno può trovare la soluzione pià adatta alle proprie esigenze e lasciar emergere così la propria unicità. Molti i riscontri entusiastici ricevuti da Isacco per la sua produzione. Ce lo conferma, ad esempio, Darwin Foglieni chef e titolare del ristorante Ol Giopì e la Margì di Bergamo che, da 15 anni, si fornisce da questa prestigiosa azienda, e che dichiara: «Troviamo il prodotto Isacco unico nel suo genere con una vestibilità ottima; siamo soprattutto soddisfatti dei materiali resistenti ai lavaggi, molto frequenti nel nostro mestiere, e dell’ampia possibilità di scelta di prodotto. Si tratta di veri specialisti del settore!».

Isacco Via Cesare Battisti sn Grumello del Monte (Bg) Tel. 035.4491198 www.isacco.it


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Il profumo della storia La famiglia Centonze, proprietaria della tenuta Case di Latomie dal 1953, ha riservato da sempre alla coltivazione dell’ulivo un posto di assoluta importanza, puntando da subito sull’agricoltura biologica. L’azienda è incastonata all’interno di un’area di grande interesse storico e paesaggistico, tutto da scoprire

Lungo le pendici che dolcemente degradano verso il mare cristallino di Selinunte da secoli coltivate ad uliveto, sorge dal 1953 l’azienda agricola biologica Case di Latomie. Sua caratteristica principale è l’essere immersa in un importante contesto archeolivicolo. Di cosa si tratta? Capirlo è semplice, basta fare un passo indietro nel tempo… perdendosi nei terreni della bella tenuta. Qui, un suggestivo scenario di ulivi secolari e lussureggianti agrumeti si adagia tre antiche conigliere (muri di recinzione in pietra a secco) e latomie (dal greco “pietre tagliate”), cave del 700 a.C. dalle quali i greci scavarono e tagliarono tutti i blocchi usati per edificare la loro più grande colonia d’occidente, Selinunte, che dista solo 7 km dalla tenuta. All’interno delle latomie si trovano alberi pluricentenari che fuoriescono quasi per magia dal tufo o addirittura, in alcuni spettacolari casi, si fondono del tutto con la roccia dando origine a forme indescrivibili per bellezza e unicità. Il successo dell’olio Centonze è dato proprio da questo ultimo aspetto e cioè dal fatto che gli alberi presenti in azienda, essendo posti sulla roccia e non sulla piena terra, si nutrono dell’abbondate minerale presente nel tufo calcareo. In condizioni del genere si trova anche l’albero più antico presente in azienda, una sorta di enorme caverna di 1300 anni che ostenta sul suo ceppo due genetiche diverse: quella dell’ogliastro selvatico da cui discende e quella di quel che esso è divenuto nei secoli dopo l’innesto nettamente visibile che lo ha reso un fiero albero di Nocellara del Belice. Uno spettacolo da vedere, in occasione magari di una visita in azienda, che mette a disposizione degli ospiti 27 camere, ma anche due piscine e una Spa oltre che un ristorante a Km Zero, dove assaporare il gusto unico dell’olio Centonze e la sua particolare rotondità. Di colore verde intenso, l’olio nato in questo contesto unico da olive di Nocellara del Belice (le sole in Italia a fregiarsi di due riconoscimenti Dop, da olio e da mensa) ha profumo fruttato d’oliva appena spremuta e una composizione aromatica molto ricca e complessa; ha tono erbaceo, sentori di pomodoro e carciofo, con sicure sensazioni di amaro e piccante da medie ad intense.

Case di Latomie Strada Statale 115, dir. Selinunte Km 0+500 Castelvetrano (Tp) Tel. 0924.907727 - 330.664802 www.oliocentonze.com www.casedilatomie.com


Vuoi imparare a cucinare? A partire dal 17 marzo 2014, per quattro lunedì, VdG magazine terrà, assieme agli Allievi e allo chef Pierluca Valsecchi della Fondazione Luigi Clerici, dei corsi di cucina nei locali di VdG market a Cernusco sul Naviglio. 1° corso

3° corso

impasti base e miscele delle farine

impasti base e biscotti

2° corso

4° corso

pasta all’uovo, di semola e pasta ripiena

arancini gustosi ripieni, timballi e tortini

Arte bianca, pizza e focaccia

Pasta fresca

Dolci

Arancini e timballi

Il costo di partecipazione ad ognuno dei corsi è di 30 euro a persona. Per i corsisti, a fine serata, è contemplata la degustazione dei piatti preparati, in abbinamento a dei vini. Per iscrizioni e informazioni, telefonare al numero 02.94433020-21.

VdG Market Via Ungaretti 7 Cernusco sul Naviglio (MI) Orario: dalle 19 alle 22


maGazine

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Freschi calici di primavera Con l’arrivo del caldo e del sole primaverili, entrano in commercio le nuove annate dei bianchi a marchio CVA Canicattì che si distinguono per i loro sentori fruttati e per la loro freschezza

Con una base produttiva di oltre mille ettari vitati, disseminati su diversi territori dell’agrigentino, l’azienda CVA Canicattì è immersa in uno degli areali che maggiormente gode di ottime condizioni pedoclimatiche per la coltivazioni della vite. È qui che le peculiarità dei territori contribuisce a donare un eccezionale valore organolettico alle diverse varietà impiantate che consente a CVA Canicattì di poter disporre in cantina di uve qualitativamente diverse e selezionate per concentrazione e maturazione grazie anche al disciplinare di produzione interno condiviso da tutti i 480 vignerons soci dell’azienda. Con l’arrivo della primavera entra in commercio l’annata 2013 dei bianchi a marchio CVA, che si presentano con un tenore alcolico moderato, freschi al palato e molto fruttati, con una bella acidità naturale soprattutto per il Grillo. L’annata si è contraddistinta per un aumento della qualità ottimale delle uve grazie al buon andamen-

to climatico registrato in primavera nel territorio agrigentino. L’estate mediamente fresca ha fatto il resto, dando vita a uve dal grande profilo organolettico. Il Fileno, il top dei bianchi a marchio CVA, è l’ultimo entrato in commercio: questo vino è un Grillo in purezza coltivato in media collina, che con modernità e piacevolezza, anche in questa nuova versione, esprime le migliori tipicità di questo importante vitigno della tradizione siciliana con sentori di frutta gialla matura, ginestra, frutta secca e sfumature speziate. A precedere il debutto dell’annata 2013 del Fileno sono stati i tre bianchi della Linea Aquilae, tutti in versione monovarietale: il Grillo, caratterizzato da profumi netti e armoniosi di fieno, mimosa e camomilla, il Cataratto che rivela una fascinosa mineralità di fondo unita a una trama fruttata e floreale molto spiccata, e lo Chardonnay che si distingue per sua carica aromatica e per la sua intensità di profumi.

In foto, l’annata 2013 dei bianchi a marchio CVA. Da sinistra, Grilllo, Fileno, Chardonnay e Cataratto

CVA Canicattì Contrada Aquilata snc- Canicattì (Ag) Tel. 0922.829371 www.cvacanicatti.it


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