Amici della ceramica Pesaro - Catalogo

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CERAMICA A PESARO NEL DECENNIO 1950-1960 Già alcuni anni or sono proponevo delle riflessioni sulla situazione della produzione ceramica pesa-rese nell’immediato dopoguerra, in occasione di una mostra dedicata alla Ceramica Italiana degli anni ’50 allestita ai Musei Civici di Pesaro (8 aprile-2maggio 1996). M’era parso interessante, e pertinente, rimarcare che a Pesaro ci fosse stato il recupero, e quindi la continuazione, di una realtà artistica antica a rappresentare il desiderio di risveglio della comunità isaurica in netto anticipo, ad esempio, sulle concettualità architettoniche, pur contingenti e necessarie, ancora ferme ai dettami di Piacentini, Pagano, Terragni. Si avvertiva nella città, potremmo dire, una concitazione di poetiche descrittive nelle cromie e nelle forme che troverà nella manifattura Molaroni - ma anche in quelle di Baratti, Franceschini, Imperatori, Sora, Giardini ed altri - la prima decantazione ed esaltazione ai rudimenti appresi. Se da una parte la Molaroni fungeva da grande levatrice in un processo maieutico che proponeva ad libitum la creazione di forme consolidate con i decori dalle lunghe radici come le raffaellesche, così ben proposte su base monocroma bleu, ed ancora l’istoriato e le produzioni della ripresa settecentesca: mar-gherita e rosa, era l’impulso moderno, contemporaneo che la fabbrica proponeva; la gran parte delle mae-stranze s’indirizzava sulla spinta delle poetiche e delle tendenze artistiche, nazionali ed internazionali, che venivano ampiamente recepite con ricche figurazioni dai toni marcati, risolti comunque con fantastica sen-sibilità. Si ritrovavano quindi gli epigoni di Guido Durantino, Nicola da Urbino, Francesco Xanto Avelli, Orazio Fontana, dei Lanfranchi, dei Patanazzi e dei Casali-Callegari - tanto per dare delle indicazioni schematiche - con la riproduzione delle storie antiche ma di sempre grande impatto, da un lato; dall’altro, inve-ce, gli artisti-designer, sperimentatori e sognatori - ma anche razionalisti che prestavano attenzione alle creazioni di Picasso o Salvator Dalì. A Pesaro esistevano due realtà: le botteghe di ceramica dove si decorava in istoriato scene popo-lari e di tradizione; e quello appunto di Gallucci ed altri, basata sul ‘900 con aperture a Morandi, Se-meghini, Tosi e De Pisis, scriveva in una traccia autobiografica Nanni Valentini nel 1983 con riferimento al periodo 1945-’50. Anche Giò Ponti andava comunicando sulla rivista Stile (1947) il recupero delle esperienze alla Ri-chard Ginori di anni prima nella ricerca di nuovi artisti/artigiani (Domenicando per ceramiche) cui suggerire le


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