Amici della ceramica Pesaro - Catalogo

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Professori e li elenca: An-dreani, Melis, Borgiotti, Gallucci. Come si vede i nomi elencati sono quelli dei suoi insegnanti - riveduti a distanza di tempo e tutti ricompresi nei loro aspetti positivi - e quelli di pittori: non di ceramisti. Io continuo a sottolineare questo passaggio, poiché è importante per la comprensione corretta dei fatti: la maggioranza dei giovani studenti di quegli anni era curiosa e interessata al problema dell’arte, la Ceramica era la disciplina che più si accostava e alla pittura e alla scultura… da qui la scelta. Nessuno di loro ha proseguito il lavoro ceramico, i migliori sono, chi più chi meno, noti nell’ambito delle arti visive. Ciò non vuol dire che lo studio e l’applicazione fossero del tutto disinteressate e che con la ceramica in sé nulla avessero a che vedere, anzi si può dire l’esatto contrario e cioè che per mezzo di questo apprendistato fra materia e idea, fra forma e decorazione avvennero dei veri e propri innamoramenti, tanto intensi e partecipati da far passare gli aneliti espressivi di una creatività e artisticità ancora acerbe, in decorazioni in cui la spontaneità e la freschezza apparivano in tutta la loro me-raviglia di segno, di pittura, di composizione. Lo aveva compreso, in altro contesto, anche Polidori, il quale per gli atti del Convegno Nazionale dei Ceramisti Italiani tenutosi a Pesaro il 23-24 agosto 1952 scriveva: “Insomma per fare ”decorazione” occorre qualcosa di meno e nel contempo qualcosa di più, che non occorra per fare della “pittura”: essere cioè meno dotati di assoluti valori figurativi, ma in compenso possedere maggiore facilità, essere più versatili: (…)”. È proprio quanto proponevano i giovani studenti della Mengaroni, i quali avevano una ma-turità figurativa alta, ma sempre di ragazzi, ancora in formazione, con tante cose da capire e comprendere: qui quel certo grado di superficialità e di giocosità che si risolvono in apparenti esemplificazioni formali, ma solo apparenti, poiché il livello di stilizzazione raggiunto è, appunto, derivato dalla bravura pittorica alquanto ingentilita, ma mai banale o scontata sui cliché dell’infantilismo grafico. I riferimenti sono sempre riconducibili alla stilizzazione sapiente, quella prodotta per mezzo della consapevolezza del risultato che si vuole ottenere e, per di più, ottenuta con l’immediatezza di chi è molto capace e sapiente della gestualità grafica e dei valori della rappresentazione. Era la stilizzazione dei Sironi, dei Campigli, dei Carrà, ad incuriosire le ricerche formali degli stu-denti, perseguite autonomamente o se affiancate da qualche insegnante, questi non apparteneva alla cera-mica; ma ad entusiasmare gli animi fu la conoscenza dell’opera di Picasso e di tutta la stilizzazione operata da Matisse, Chagall, Braque… ma incominciava, fra il ’43-’45, anche l’irruenza dell’Espressionismo A-stratto e l’Action Painting: questi mutamenti artistici i giovani li percepivano nelle aule, non nelle botteghe intente alla produzione.


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