Regine - il lavoro delle donne

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Regine, lo sguardo attento

Cosa significa principessa, se non l’anima su cui cadde una scelta? Cristina Campo, Gli Imperdonabili

Regine. Il lavoro delle donne dai primi del novecento ad oggi esposizione fotografica CNA Pesaro e Urbino - CNA Impresa Donna patrocinio Comune di Pesaro Comune di Acqualagna Comune di Fossombrone si ringrazia Prefettura di Pesaro e Urbino

a cura di Cristina Ortolani collaborazione organizzativa Claudia Mares allestimento e stampa pannelli Max & Associati - Montelabbate

Avvertenze per la lettura In corsivo: citazioni da documenti, fonti a stampa e testimonianze orali. Le referenze iconografiche sono citate tra ( ); tra [ ] le note del redattore; salvo rari casi le indicazioni bibliografiche relative ai testi che accompagnano le immagini sono riportate al termine del percorso espositivo. Per le informazioni relative alle fotografie dell’archivio Foto Paci di Fossombrone ringraziamo Attilio, Ramona e Franca Paci. Le immagini appaiono con l’autorizzazione dei proprietari; siamo a disposizione degli aventi diritto per eventuali involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti.

Umili e forti, coraggiose, mai vinte e ricche di dignità; capaci di governare con la forza dell’attenzione, di uno sguardo che tutto sa abbracciare e molto comprendere: davvero sono regine le donne i cui volti si affacciano dalle immagini presenti in mostra. Segnati dalla vita, spavaldi di gioventù, il più delle volte anonimi, questi volti colpiscono per la loro verità, per la capacità di testimoniare luoghi, situazioni, pensieri prima ancora della fatica del lavoro, pure ampiamente documentata nei suoi diversi aspetti.

Immagini che compongono una storia (la storia?) scandita dai dettagli, dove una mano, un fazzoletto o una pentola acquistano il valore di simboli, emblemi araldici che rispecchiano vite, proprio come nelle fiabe care all’imperdonabile Cristina Campo. Insieme con Simone Weil, Maria Zambrano, Hannah Arendt (ma anche Anna Kuliscioff e le ‘nostre’ Sparta Trivella e Adele Bei), Cristina Campo è una delle voci affiancate alle fotografie, a segnare un contrasto che già dal titolo inquadra una scelta di prospettiva: voci di donne e uomini eccezionali ma anche voci meno note, come quelle che aprono il percorso espositivo in un dialogo sul senso del lavoro – del vivere – al femminile. Un’ultima annotazione. Lo sguardo al femminile è costitutivo del nostro racconto: un po’ perché da sempre custodire la memoria è affare da donne ma soprattutto perché molte delle fotografie che vedrete sono state scattate da donne, anche in tempi in cui fare la fotografa appariva piuttosto bizzarro. Grazie a tutti coloro, donne e uomini, che con le loro testimonianze, segnalazioni e immagini ci hanno aiutato a realizzare questo lavoro.

L’iniziativa è stata realizzata grazie al contributo di


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>>>> La nostra generazione ha un grande vantaggio: non deve dimostrare nulla perché le donne che sono venute prima di me hanno già dimostrato di essere brave nel lavoro come gli uomini Angela C., dirigente >>>> Le donne hanno un pochino più innata la tendenza a fare in prima persona... Fanno più fatica a chiedere. Fanno più fatica a dire di no Angela G., dirigente >>>> Le donne tendono a inventarsi di più il ruolo. Si ha meno esperienza e si possono quindi sperimentare comportamenti nuovi Giovanna P., giornalista >>>> Io voglio stare bene, non sono tutta lì… insomma, nel lavoro non c’è solo il lavoro Luisa B., imprenditrice >>>> Quando si tratta di muoversi, le donne non stanno lì a fare tante lagne Luigi C., funzionario CNA >>>> Tempi e modi, però, sono scanditi da rituali tipicamente maschili. Tipicamente maschile è infatti quel far tardi anche quando si può far presto Laura T., dirigente >>>> Quanti ruoli ho nella mia vita? Mamma, figlia, moglie... ma nel lavoro sono io, io e basta! Sabina C., bagnina Per le donne il lavoro non è l’unica ragione di vita Susanna M., impiegata >>>> Lavorare? per me è stata una gran roba bella Tina F., bagnina


1881. Industrie manufattrici - Sono 37, fra piccole e grandi, le filande di seta esistenti nella provincia, alcune delle quali, in Pesaro, Fano, Fossombrone e Urbino, di notevole importanza e tenute coi migliori sistemi. Vi lavorano per buona parte dell’anno non meno di 1.442 operai; e di questi 155 sono uomini, 1.000 donne e 287 fanciulli (dalla Statistica della Provincia di Pesaro e Urbino per G. Scelsi, Pesaro, 1881; ristampa anastatica, Provincia di Pesaro e Urbino, 1997). Nel 1880 in Italia il 49% dei 382.131 operai impiegati nelle industrie tessili sono donne.

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Anni Trenta del ‘900. A sinistra: Pesaro, un reparto della fabbrica di fettucce Scrocco (da O.T. Locchi, La provincia di Pesaro e Urbino, 1934); qui sopra: Fossombrone, interno di una filanda; sotto: Fossombrone, una famiglia mostra la propria produzione di bozzoli (archivio Foto Paci, Fossombrone)

...credo questo sia il nocciolo di tutta la questione femminile, convinta come sono di questa grande verità fondamentale dell’etica moderna, che vale per l’uomo come per la donna: che, cioè, il solo lavoro, di qualunque natura esso sia, diviso e retribuito con equità, è la sorgente vera del perfezionamento della specie umana Anna Kuliscioff, 1894

Dei cinque milioni di lavoratrici occupate alla vigilia del conflitto, tre erano addette all’agricoltura. Molte lavoravano nell’industria rurale domestica - canapa, seta, paglia, prodotti alimentari - o come braccianti avventizie nella raccolta dell’uva, delle ulive, delle barbabietole da zucchero, come mondine e nella mietitura o nel raccolto, specie dei prodotti commerciali quali il riso e il tabacco. Nel settore industriale, le donne costituivano il 28% della manodopera, addette in particolare alla produzione tessile, laniera e cotoniera, e alle altre manifatture leggere (Victoria De Grazia, Le donne nel regime fascista, 1993).

1900. In Italia il tasso di attività femminile è del 31%. Nell’industria del cotone lavorano 82.932 donne, 17.528 fanciulli, 34.750 uomini. Ci sono già 3.000 telegrafiste, 170.000 commesse. Su 1.100.055 parti muoiono ancora 3.034 donne

1905. Nasce a Urbino la Società dell’Industria Femminile che si incarica di smerciare in varie città, fra cui Roma, i prodotti dell’artigianato femminile

1906. Nella battaglia per il suffragio universale in Italia si apre anche quella per il suffragio femminile: una petizione firmata tra l’altro da Maria Montessori viene presentata al Parlamento. Sibilla Aleramo pubblica Una donna


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Il lavoro fisico costituisce un contatto specifico con la bellezza del mondo e, persino nei momenti migliori, un contatto di una pienezza tale che nulla di equivalente può trovarsi altrove. Chi ha le membra rotte per lo sforzo di una giornata di lavoro, ossia di una giornata in cui è sottomesso alla materia, porta nella sua carne la realtà dell’ universo come una spina. La difficoltà per lui è di guardare e di amare; se ci arriva, ama la realtà Simone Weil, 1942 Per tutti coloro che del tabacco conoscono solo il buon gusto della sigaretta è difficile avere una chiara idea delle condizioni di vita e di lavoro delle tabacchine. Esse sono sottoposte per ore, sotto l’occhio vigile delle “Maestre” e qualche volta dello stesso principale, ad un sistema di inumano supersfruttamento, curve sui banchi di

lavoro, nella impossibilità di muoversi. Per tutte le categorie, sia di lavoratori che di lavoratrici, vi è stato, seppure lento, un movimento delle retribuzioni nel dopoguerra, con l’applicazione del congegno sulla scala mobile, mentre per questa benemerita categoria... i salari sono rimasti quelli del 1948 (Adele Bei, 1951).

Anni Cinquanta del ‘900. A destra: Pole di Acqualagna, operaie dell’essiccatoio di tabacco (archivio Foto Paci, Fossombrone) Qui sopra: Belvedere Fogliense di Tavullia, Celestina Generali al lavoro nella fabbrica di fisarmoniche Bartolucci (raccolta Celestina Generali, Belvedere Fogliense/archivio Memoteca Pian del Bruscolo)

1907. Entra in vigore la prima legge sulla tutela del lavoro femminile e minorile. La legge n. 416 sul lavoro delle donne e dei fanciulli vieta il lavoro notturno alle donne di qualsiasi età

1908. Si tiene a Roma, con la presenza della Regina, il primo Congresso nazionale delle donne italiane, al quale partecipano oltre 1.400 donne; temi affrontati: istruzione, educazione, lavoro, violenza sessuale, voto, ricerca della paternità

1908. Emma Strada è la prima donna italiana a laurearsi in ingegneria. In Italia nasce il Corpo delle infermiere volontarie della Croce Rossa


Anni Trenta-Quaranta del ‘900. Sopra: Pesaro, Villa Fastiggi (archivio Biblioteca “V.Bobbato”, Pesaro/Fondo Pezzolesi); sotto: Fossombrone, cucitrici di bianco (archivio Foto Paci, Fossombrone)

1909. A Pesaro viene fondata la Società operaia cattolica femminile

Attenzione è la responsabilità, la capacità di rispondere per qualcosa o per qualcuno, che nutre in misura uguale la poesia, l’intesa fra gli esseri, l’opposizione al male Cristina Campo, 1961

1910. Con la legge n.520 viene istituita l’assicurazione di maternità, affidata alla Cassa nazionale di previdenza. E’ la prima legge di tutela della salute

1911, Montelabbate. Comizio della militante anarchica italopolacca Maria Rygier, nota per il suo impegno antimilitarista e anticlericale: molti curiosi sono andati ad ascoltarla (Il progresso, 24 gennaio 1911)

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Solitudine dei momenti in cui, accovacciati davanti alla stufa, si attende la fiamma del pezzetto di legna prima di mettere il carbone; solitudine della cucina davanti alla pentola dei legumi. Solitudine quando si lucida ginocchioni il pavimento, lungo il sentiero dell’orto in cui si va a cogliere un mazzo d’insalata. Solitudine delle lunghe ore di bucato, di rammendo, di stiratura Madeleine Delbrêl, 1966


06_mezzadre_1 Sopra: Alto Montefeltro, primi del ‘900 (archivio Biblioteca “V.Bobbato”, Pesaro); sotto: campagna intorno a Fossombrone, anni Cinquanta del ‘900 (archivio Foto Paci, Fossombrone) In alto a destra: Villa Fastiggi, Pesaro, fine anni Quaranta, donne mezzadre in posa con i propri polli che non consegneranno ai padroni ma al locale asilo (archivio Biblioteca “V.Bobbato”, Pesaro)

1912, Tomba di Pesaro (Tavullia). Viene fondata la Società Femminile di Mutuo Soccorso, che conta 170 aderenti oltre a un buon numero di socie onorarie (L’Idea, 25 agosto 1912)

La domenica spesso si andava nelle case contadine, sapevamo che erano contro questa guerra, contro i fascisti e i tedeschi, le donne contadine apparecchiavano, tagliavano prosciutto, salame, portavano fiaschi di vino. Noi di Parigi, uomini, donne, bambini, ci mettevamo a tavola con i contadini. Una cosa di questo genere non l’avevo mai vista in Toscana. La lotta partigiana a differenza di Parigi aveva altri aspetti, qui avevamo a che fare soprattutto con i contadini, ed io, come in Francia guardavo molto alle donne contadine, ai loro problemi. Quando ci si riuniva in piccoli gruppi, cosa volevano? La fine della guerra, il ritorno a casa dei loro uomini, marito, figlio, fratello, già, perché quasi sem-

1912. Anna Kuliscioff, in occasione della concessione del suffragio universale, fonda la rivista La difesa delle lavoratrici, che si pone in prima linea per l’estensione del voto alle donne

pre in ogni famiglia mezzadra vi erano uno o due uomini in guerra. Come vedevano il loro futuro? Un rapporto diverso della famiglia mezzadra con il padrone, non più il patto colonico fascista, le donne volevano l’asilo infantile per i più piccini, per i più grandicelli una scuola che insegnasse loro a leggere e a scrivere bene, ma soprattutto a saper fare bene di conto per affrontare il fattore, parlavano delle regalie che dovevano al padrone e a questo erano molto interessate, perché polli, tacchini, anatre, capponi, uova erano le donne ad allevarli e poi le corvé che dovevano andare a fare alla padrona di città, gratuitamente, soprattutto il bucato e le faccende più grosse (Sparta Trivella, 1990).

1919. In Italia, con la legge Sacchi, le donne sono riconosciute idonee alla maggior parte degli impieghi statali


su acutissime lamine in bianca maglia d’ortiche, ti insegnerò, mia anima, questo passo d’addio… Cristina Campo, 1956

Contadina, campagna urbinate, anni Sessanta-Settanta del ‘900 (archivio Foto Grandangolo, Casinina)

1921. In Italia le donne analfabete sono il 30,4% del totale, contro il 24,4% degli uomini

1923-1938. Tra i provvedimenti del regime fascista: le donne sono escluse dal ruolo di preside di scuola media; sono estromesse dai concorsi per uffici direttivi di istituti privati e pareggiati e per le cattedre di alcuni insegnamenti nelle scuole superiori; dal 1928 possano trovare occupazione negli impieghi pubblici e privati al massimo per il 10% dei posti disponibili

1926. Grazia Deledda riceve il premio Nobel per la letteratura

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Devota come ramo curvato da molte nevi allegra come falò per colline d’oblio,


Sopra: anni Sessanta del ‘900, la filatura della lana in una casa della campagna urbinate (archivio Foto Grandangolo, Casinina) Sotto: da sinistra, Pesaro, Irene Ricci lavora la lana per i materassi (raccolta Famiglia Benvenuti, Pesaro); Sant’Ippolito, donne al lavatoio, anni Settanta; a destra: Acqualagna, una donna monda le erbe di campo, anni Sessanta (archivio Foto Paci, Fossombrone)

1944. Gisella Floreanini è ministro nella Repubblica dell’Ossola. Nascono l’Unione delle Donne Italiane (UDI), il Centro Italiano Femminile (Federazione di associazioni femminili cattoliche) e l’ANDE (Associazione Nazionale Donne Elettrici)

1946. Anche in Italia viene riconosciuto alle donne il diritto di voto, nel referendum per la scelta tra monarchia e repubblica e nell’elezione dei membri dell’Assemblea Costituente

1946. Ventuno donne sono elette alla Costituente. Quasi tutte laureate, molte di loro insegnanti, qualche giornalista-pubblicista, una sindacalista e una casalinga; molte avevano preso parte alla Resistenza, pagando a caro prezzo le loro scelte come Adele Bei, Teresa Noce e Rita Montagnana

08_il lavoro delle mani

Resto a sciacquare i miei panni. Il rumore dell’acqua risuona solitario nella grande stanza lunga, dai lavatoi e il pavimento di cemento, con le finestre sull’orto, inquadranti alberi spogli. Il lavoro manuale in genere mi dona una libertà di pensiero e di riflessione, se non di meditazione: i pensieri si infilano uno dopo l’altro, mentre le mani sciacquano e torcono i panni uno dopo l’altro Chiara Lucia Garzonio, 1960-’70


Qui sopra: campagna urbinate, anni Sessanta-Settanta del ‘900 (archivio Foto Grandangolo, Casinina); a destra: Pesaro, Villa Fastiggi (archivio Biblioteca “V.Bobbato”, Pesaro/Fondo Pezzolesi)

1950. Viene approvata, dopo un lungo dibattito in Parlamento e nel Paese, la legge n.860 sulla tutela fisica ed economica della lavoratrice madre, relatrice Maria Federici

Come ò detto scriverò il mio pianto sù una pagina nera… che mai nessuno leggerà o potrà leggere Clelia Marchi, 1992

1951, Pesaro. Per la prima volta le donne entrano nel Consiglio provinciale: sono la comunista Gianna Mengucci, la socialista Adina Bartolini e la democristiana Maria Maddalena Guasco

1952. Angela Cingolani Guidi è la prima donna sottosegretario all’Industria e Commercio nel governo De Gasperi

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Non ti cancellerò mai dal mio cuore; come una bimba cancella con la gomma la parola sbaliata; che nel mio cuore: il tuo nome non l’ò cancellerò mai!


Anni Cinquanta-Sessanta del ‘900, manifestazioni politiche. Sopra, Pesaro (archivio Biblioteca “V.Bobbato”, Pesaro/Fondo Pezzolesi) Sotto: Fossombrone; la foto a destra rappresenta una manifestazione dell’Unione Donne Italiane, ed è databile al 1961 (archivio Foto Paci, Fossombrone)

Pesaro, 27 maggio 1951. Elezioni amministrative. Sono le prime elezioni per l’Amministrazione provinciale a suffragio elettorale universale maschile e femminile. Si affermano nettamente i socialcomunisti con 97.887 voti (54,7%) rispetto ai 77.867 voti dell’alleanza Dc, Pri, Psdi (43,4%).

Per la prima volta le donne entrano nel Consiglio provinciale e sono: la comunista Gianna Mengucci, la socialista Adina Bartolini e la democristiana Maria Maddalena Guasco (da www.bobbato.it, versione online della cronologia contenuta in La Provincia di Pesaro e Urbino. Caratteri, trasformazioni e identità, Venezia, 2003).

1958. È approvata la legge di tutela del lavoro a domicilio. Viene approvata anche la legge n.75, legge Merlin, che abolisce la regolamentazione della prostituzione

1959. È approvata la legge che istituisce il Corpo di polizia femminile

1961. È approvata la legge che ammette le donne a tutti i pubblici uffici e a tutte le professioni, comprese quelle che prevedono l’esercizio di attività giurisdizionali (magistratura)

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Ritengo che anche la parola sia una forma d’azione. Questo è il primo rischio. Il secondo è: noi diamo inizio a qualcosa; annodiamo il nostro filo al tessuto delle relazioni. Che cosa poi succederà, non possiamo saperlo. L’azione è semplicemente concreta, perché non si lascia conoscere. Questo è un rischio. Questo rischio è possibile solo se si ha fiducia negli uomini. Ciò significa fiducia in ciò che è umano in tutti gli uomini. Altrimenti non sarebbe possibile Hannah Arendt, 1964


Nata a Montelabbate, diplomata a Bologna, Ornella Monaldi è stata levatrice condotta nel suo paese per ben 42 anni. Secondo i suoi registri la signora Ornella ha assistito a una media di 70 parti all’anno: praticamente tutti i montelabbatesi del Dopoguerra sono nati sotto le sue cure amorevoli ed esperte. Sul suo Galletto Guzzi prima, sulla sua Cinquecen-

to poi, ha affrontato pioggia e neve per raggiungere i più lontani angoli delle campagne: a quei tempi il parto in ospedale era un’eccezione, spesso per lenzuola c’erano dei sacchi di concime lavati, e il neonato - dice la signora Ornella per corredino non aveva che una vecchia maglia della madre. Tutte si raccomandavano che volevano me, continua con una punta di orgoglio che si mescola alla timidezza: addirittura, ricorda, quando ero in viaggio di nozze, per quindici giorni non sono nati bambini a Montelabbate!

Sopra: Candelara di Pesaro, Luisa Talevi al telaio, anni Ottanta del ‘900 (raccolta Famiglia Giorgi, Candelara di Pesaro) Attiva fino a pochi anni fa, Luisa Talevi è una delle poche artigiane ad aver continuato la tradizione della tessitura a mano di Candelara e Novilara (due piccoli borghi del Comune di Pesaro), mantenuta viva per tutto il ‘900 dalle Pie Artigiane Cristiane di Novilara e Candelara. L’iniziativa, assunta sin dal 1929 dall’abate Terenzio Cecchini di Novilara, si è successivamente sviluppata anche a Candelara grazie all’opera del parroco monsignor Nicola Alegi,

che si attivò per offrire una formazione professionale alle ragazze in cerca di occupazione negli anni del Dopoguerra; l’attività ricevette poi ulteriore slancio dall’apporto della professoressa Egizia Bazzigaluppi Bargossi. Tra gli apprezzatissimi prodotti della tessitura di Novilara e Candelara ricordiamo i tappeti in lana e le tele di canapa e lino, oltre ai ricami eseguiti con diverse ­­tecniche; diminuita col passare degli anni, l’attività del sodalizio si interruppe definitivamente alla morte della professoressa Bargossi e dei due parroci (notizie raccolte da Martina Giorgi).

Qui sopra: anno scolastico 1948 - ‘49, Belvedere Fogliense di Tavullia (raccolta Pro Loco Fogliense/archivio Memoteca Pian del Bruscolo)

1964. Dietro pressione dell’Alleanza Internazionale Giovanna d’Arco, ai lavori della terza sessione del Concilio Vaticano II vengono ammesse le donne: 9 religiose e 7 laiche

1970. Primo Congresso del Movimento di Liberazione della Donna

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Sopra: Bologna, corso di Ostetricia all’Università, fine anni Quaranta del ‘900 (raccolta Ornella Monaldi, Montelabbate/archivio Memoteca Pian del Bruscolo)

1971. È approvata la legge n. 1044 per l’assistenza all’infanzia, che prevede l’istituzione di asili nido pubblici


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Anni Sessanta del ‘900, Fossombrone e Acqualagna (archivio Foto Paci, Fossombrone)

1973. Viene approvata la nuova legge n.877 sulla tutela del lavoro a domicilio

1976. È approvata le legge n.903 sulla parità di trattamento fra uomini e donne in materia di lavoro: essa dichiara illegittime le distinzioni di carriera, di qualifica, di retribuzione fra l’uomo e la donna

1976. Per la prima volta in Italia una donna, la democristiana Tina Anselmi, assume la carica di Ministro di un settore piuttosto difficile: quello del Lavoro


1979. Leonilde Jotti, comunista, è eletta presidente della Camera dei Deputati italiana. La francese Simone Weil è eletta presidente del Parlamento Europeo

1984. È istituita in Italia la Commissione nazionale per la realizzazione della parità e delle pari opportunità fra uomo e donna presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri

1986. Rita Levi Montalcini ottiene il Premio Nobel per la scienza

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A sinistra, sopra: Pesaro, gennaio 1958, le commesse della libreria Buona Stampa (raccolta Raffaella Corsini, Pesaro); sotto: Gabicce, 1960, lavoratrici d’albergo (archivio Biblioteca “V.Bobbato”, Pesaro) A destra, sopra: Pesaro, anni Sessanta del ‘900, la Standa; sotto: operaie della Pica laterizi (archivio Biblioteca “V.Bobbato”, Pesaro)


Sotto: da sinistra, Fossombrone, il mercato, anni Cinquanta-Sessanta del ‘900 (archivio Foto Paci, Fossombrone) e due immagini del mercato del pesce di Pesaro negli anni Ottanta (foto Marisa Betti B.F.I., Fotoclub, Pesaro)

Io non amo il declinare dell’anno, il trascorrere troppo rapido delle stagioni. Vorrei un tempo che non passa, l’ora della “persuasione”, poiché so che nulla di più bello del presente che vivo mi attende Marisa Madieri, 1978

1990. Con 7.238.000 donne occupate e 1.577.000 donne in cerca di occupazione la forza lavoro femminile è del 37%

1994. Al terzo Sinodo della Chiesa cattolica sulla vita consacrata, fra i delegati non Vescovi o non Cardinali le religiose donne sono più numerose dei religiosi maschi

1995. L’Italia ha un Ministro degli Esteri donna, Susanna Agnelli. Fernanda Contri è la prima donna che entra a far parte della Corte costituzionale, per nomina del Presidente della Repubblica

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Sopra: da sinistra, Pesaro, due immagini del mercato di Piazza delle Erbe, anni Settanta del ‘900; una fotografia scattata da Carlo Betti (archivio Biblioteca “V.Bobbato”, Pesaro, Fondo Comune di Pesaro e Fondo Betti)


Io sono una grande artista - disse. Aspettò un momento, poi ripeté: - Sono una grande artista, mesdames. (…) Povera? – disse Babette. Sorrise come a se stessa. – No. Non sarò mai povera. Ho detto che sono una grande artista. Un grande artista, mesdames, non è mai povero. Abbiamo qualcosa, mesdames, di cui gli altri non sanno nulla (Karen Blixen, Il pranzo di Babette, 1952).

Fotografie di cuoche dall’archivio Foto Paci di Fossombrone

1996. Il nuovo Governo Prodi, in cui sono tre le donne ministro e sette le sottosegretarie, nomina un Ministro per le Pari opportunità, Anna Finocchiaro

1996. Le donne morte per parto in Italia sono ora 20 su 530.289

2000. E’ approvata la nuova legge sui congedi parentali e i tempi delle città

15_il cibo, l’anima

La cucina è un luogo di trasformazione, nulla deve restare uguale. Il fuoco e i suoi alleati sono all’opera… Ciò che è duro deve essere intenerito; gli odori e i sapori che vi sono imprigionati devono rivelarsi: cucinare è come dare il bacio magico che ridesta il piacere addormentato. Ma da sola, la cucina è morta. Perché viva, occorre un’anima: il cuoco. Un pasto è l’anima del cuoco fatta cibo Rubem A. Alves, 1998


Molte delle fotografie delle nostre Regine sono state scattate da donne. Tra loro c’è Emma Parola (1890-1968), ritratta qui a fianco insieme con l’inseparabile macchina: fotografa ambulante a Montelabbate e dintorni tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta del ‘900, Emma ha realizzato tra l’altro alcune tra le più note immagini dello scoppio della polveriera di Montecchio (Sant’Angelo in Lizzola, 21 gennaio 1944). A destra: Montelabbate, anni Quaranta del ‘900: Anna Capponi in braccio a Marianna Carloni, fotografia di Emma Parola; sopra, Emma con la sua macchina fotografica (raccolta Anna Capponi Donati, Montelabbate/archivio Memoteca Pian del Bruscolo); sotto: due immagini dall’archivio Foto Paci di Fossombrone

16_la ragione si è fatta madre

Lo sguardo silenzioso non è inquisitore. Esso rende possibile il faccia a faccia perché è l’indizio di un orecchio attento - Bruno Chenu

Si direbbe che la ragione si è fatta madre, si è riempita di tenerezza materna, per poter consolare l’uomo in stato di abbandono Maria Zambrano, 1938


17_se fossi io

Provate anche voi: se voi foste voi, come sareste, e cosa fareste? Metà delle cose che farei se fossi io non le posso dire. E se io fossi io darei via tutto ciò che mi appartiene, affiderei il mio futuro al futuro. Se io fossi io sembra costituire il nostro più grande pericolo di vivere, sembra l’entrata nuova nell’ignoto. Allo stesso tempo sospetto che, passata la cosiddetta sbornia per la festa improvvisa, proveremmo finalmente l’esperienza del mondo Clarice Lispector, 1967-1973

Foto archivio Foto Paci, Fossombrone

Ripensandoci preferisco essere quello che sono e fare, nel mio piccolo, quello che posso. Alice Sturiale, 1996


Così esordisce Tina Filippetti, fanese di nascita ma bagnina a Pesaro dal 1950. Il suo stabilimento balneare (spiaggia di Ponente) ha visto passare quattro generazioni di turisti, dai primi bagnanti che negli anni del Dopoguerra arrivavano dalla campagna con la gluppa (me lo ricorderò sempre quel prosciutto, dice lei) ai turisti italiani e stranieri fino ai pesaresi, per i quali Tina è quasi un ‘monumento’: ma te Tina co t’ha, j’ann del Mont San Bartol? [ma te, Tina, cos’hai, gli anni del Monte San Bartolo?].

divisa, rendendola più pratica e funzionale: le divise erano fatte su misura, avevano le mezze maniche, ed erano scomode, specialmente per via del gran caldo. Allora ho provato a farne cucire una senza maniche: il principale ha fatto qualche osservazione, ha brontolato un po’, ma poi la cosa è passata. Qualche tempo dopo ci ho riprovato con una scollatura più accentuata, è andata bene anche lì…

Ascoltare la storia di Tina significa anche immergersi nell’atmosfera di un’Italia che non c’è più: i bagni pubblici, dove si affittava anche Ho cominciato nel 1950, come bagnina stipen- il costume (molti non lo sapevano indossare, e diata… nel 1956 ho rilevato la spiaggia insieme dovevamo aiutarli), i bagnanti quasi intimocon mio marito Ennio, e da allora la concessione riti che scendevano in spiaggia con la corrieè rimasta alla nostra famiglia [oggi se ne occu- ra, invece del costume volevano il ‘pigiama’ e gli pano, sempre sotto lo sguardo vigile di Tina, i zoccoli, chissà poi cosa pensavano di farci, con gli figli e i nipoti]. Quando ho cominciato a lavora- zoccoli, forse per i sassi… e per cambiarsi d’abire c’era, sì, qualche altra donna bagnina, una sul- to chiedevano il buss, invece della cabina. la spiaggia di Levante, un’altra in viale Fiume, ma io ero anche bagnina di salvataggio, avevo Certo, il sacrificio è stato grosso: con i miei genifatto il corso, sapevo nuotare e remare. tori abitavo Sottomonte [sulla Statale AdriatiAppena passata la Guerra, era il 1947 - ‘48, ave- ca, tra Pesaro e Fano] e tutte le mattine alle sei e vo fatto un sacco di domande di lavoro ma non si mezza prendevo la bicicletta e andavo in spiagtrovava niente, così quando il mio futuro princi- gia, per strada incontravo solo Polenghi, quello pale propose a mio padre il lavoro di bagnina lui del formaggio (dopo un po’ ci salutavamo, eravaaccettò, anche se le bagnine all’epoca non erano mo quasi diventati amici); stavo lì tutto il giorno, viste di buon occhio. e la sera tornavo a casa dopo sistemata tutta la Eravamo in divisa, tutti con il vestito bianco e spiaggia: certe volte non mi accorgevo nemmeno il cappello continua Tina, che con un sorriso di essere tornata, dalla fatica. malizioso ricorda come riuscì a modificare la

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Lavorare? per me è stata una gran roba bella Tina Filippetti, bagnina, 2007

Qui sopra, Tina Filippetti con l’allora fidanzato Ennio, Pesaro, 1951; a sinistra: Tina in divisa da bagnina, Pesaro, 18 luglio 1952 Sotto: Tina al lavoro, 1966 (a sinistra) e 14 luglio 1973 (a destra) (raccolta Tina Filippetti, Pesaro)

Non era come oggi, il lavoro della spiaggia: ogni persona che voleva un ombrellone bisognava fare il buco nella sabbia, piantare l’ombrellone e poi, la sera, toglierli tutti e sistemarli, e ogni giorno si ricominciava. Dovevamo anche liberare la spiaggia dai sassi, li raccoglievamo con il grembiule: insomma, era una gran fatica, infatti dopo un anno o due le altre bagnine lasciavano, perché non ce la facevano più.

na l’ho passata sui tetti dei capanni a pitturare, con la carrozzina portavo mio figlio al mare per allattarlo, ma il mio latte per la fatica era talmente ‘sudato’ che era tutt’acqua, e mio figlio non cresceva mai. Con la seconda figlia è stato più facile, avevo una E i figli? La famiglia? Solo verso la fine donna che mi aiutava, a casa. del suo racconto, e solo dopo qualche domanda, Tina lascia emergere le difficolE così sono passati gli anni, i ragazzi sono tà di conciliare la famiglia e i figli con un cresciuti, son diventati padri, poi nonni… lavoro faticoso e duro come quello della e io, con gli anni del Monte di San Bartolo, spiaggia: dopo il primo parto, la quarantisono ancora qui!


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Regine, lo sguardo attento

Cosa significa principessa, se non l’anima su cui cadde una scelta? Cristina Campo, Gli Imperdonabili

Regine. Il lavoro delle donne dai primi del novecento ad oggi esposizione fotografica CNA Pesaro e Urbino - CNA Impresa Donna patrocinio Comune di Pesaro Comune di Acqualagna Comune di Fossombrone si ringrazia Prefettura di Pesaro e Urbino

a cura di Cristina Ortolani collaborazione organizzativa Claudia Mares allestimento e stampa pannelli Max & Associati - Montelabbate

Avvertenze per la lettura In corsivo: citazioni da documenti, fonti a stampa e testimonianze orali. Le referenze iconografiche sono citate tra ( ); tra [ ] le note del redattore; salvo rari casi le indicazioni bibliografiche relative ai testi che accompagnano le immagini sono riportate al termine del percorso espositivo. Per le informazioni relative alle fotografie dell’archivio Foto Paci di Fossombrone ringraziamo Attilio, Ramona e Franca Paci. Le immagini appaiono con l’autorizzazione dei proprietari; siamo a disposizione degli aventi diritto per eventuali involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti.

Umili e forti, coraggiose, mai vinte e ricche di dignità; capaci di governare con la forza dell’attenzione, di uno sguardo che tutto sa abbracciare e molto comprendere: davvero sono regine le donne i cui volti si affacciano dalle immagini presenti in mostra. Segnati dalla vita, spavaldi di gioventù, il più delle volte anonimi, questi volti colpiscono per la loro verità, per la capacità di testimoniare luoghi, situazioni, pensieri prima ancora della fatica del lavoro, pure ampiamente documentata nei suoi diversi aspetti.

Immagini che compongono una storia (la storia?) scandita dai dettagli, dove una mano, un fazzoletto o una pentola acquistano il valore di simboli, emblemi araldici che rispecchiano vite, proprio come nelle fiabe care all’imperdonabile Cristina Campo. Insieme con Simone Weil, Maria Zambrano, Hannah Arendt (ma anche Anna Kuliscioff e le ‘nostre’ Sparta Trivella e Adele Bei), Cristina Campo è una delle voci affiancate alle fotografie, a segnare un contrasto che già dal titolo inquadra una scelta di prospettiva: voci di donne e uomini eccezionali ma anche voci meno note, come quelle che aprono il percorso espositivo in un dialogo sul senso del lavoro – del vivere – al femminile. Un’ultima annotazione. Lo sguardo al femminile è costitutivo del nostro racconto: un po’ perché da sempre custodire la memoria è affare da donne ma soprattutto perché molte delle fotografie che vedrete sono state scattate da donne, anche in tempi in cui fare la fotografa appariva piuttosto bizzarro. Grazie a tutti coloro, donne e uomini, che con le loro testimonianze, segnalazioni e immagini ci hanno aiutato a realizzare questo lavoro.

L’iniziativa è stata realizzata grazie al contributo di


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