Monteciccardo. Cronache, storie, ricordi

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Comune di Monteciccardo

Monteciccardo

cronache, storie, ricordi




Monteciccardo – cronache, storie, ricordi progetto editoriale, ricerche e testi Cristina Ortolani progetto grafico e impaginazione Maria Grazia Nardini coordinamento organizzativo Comune di Monteciccardo – Federica Gresta i testi di Cristina Ortolani sono rilasciati sotto la licenza Creative Commons “Attribuzione - Non Commerciale - Non opere derivate” 2.5. Italia le immagini appaiono con l’autorizzazione degli aventi diritto il materiale raccolto è stato inserito con la massima cura, tuttavia l’editore si scusa per eventuali involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti e resta a disposizione degli aventi diritto per le immagini di cui non è stato possibile rintracciare i titolari del copyright info Comune di Monteciccardo, tel. 0721 910586 – 0721 910589 Comune di Monteciccardo – 2009 in copertina: foto Archivio Diocesano di Pesaro e Giorgio Trebbi


Comune di Monteciccardo

Monteciccardo cronache, storie, ricordi di Cristina Ortolani



ciò che la memoria custodisce, è eterno


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La pubblicazione “Monteciccardo, cronache, storie ricordi”, a cura di Cristina Ortolani, rappresenta la conclusione di una ricerca e di un percorso importante che ha trovato una prima espressione nel progetto “Memoteca” dell’Unione dei Comuni Pian del Bruscolo. Questa iniziativa, per mezzo di una meticolosa indagine negli archivi e sul territorio, ha consentito di rinvenire numerosi documenti e fotografie dal passato fino ai giorni nostri. Partendo dal materiale raccolto, è stata quindi effettuata una ricostruzione fedele della storia dei nostri comuni che si è concretizzata in questo volume, che offre uno spaccato della società del secolo scorso nelle nostre valli, partendo dalla organizzazione rurale e contadina degli inizi del ‘900 e ripercorrendone la straordinaria evoluzione. Dalla lettura dei documenti, delle immagini e delle testimonianze, ad alcune delle quali ho avuto la fortuna di assistere, emerge una storia particolarmente intensa ed affascinante nella quale si evidenzia ancora una volta la forte trasformazione che ha interessato il nostro territorio: basti pensare, a questo proposito, che, con lo scoppio del ’44, è andato distrutto gran parte del centro storico dal Castello alla Chiesa del capoluogo; allo stesso tempo, però, emerge prepotentemente la capacità di recupero della nostra comunità che è riuscita a superare quella fase critica, a ricostruire e a mantenere inalterata la bellezza delle proprie colline. La produzione di questa importante testimonianza scritta è motivo di grande soddisfazione per me e per tutta l’amministrazione comunale. Se ne riconosce il merito anche alla cura e alla passione di Cristina Ortolani che ben ha saputo interpretare le cronache e i ricordi del nostro territorio. Un ringraziamento particolare va anche alla BCC di Fano ed al suo Presidente, che si sono resi immediatamente disponibili a contribuire alla realizzazione dell’opera, ai funzionari del Comune e a tutti i cittadini di Monteciccardo e non, che hanno contribuito con entusiasmo fornendoci notizie ed informazioni indispensabili per la costruzione del libro. Non mi resta che augurare a tutti una proficua lettura e una piacevole visione del DVD contenete le immagini del nostro patrimonio storico culturale.

Avv. Federico Goffi Sindaco di Monteciccardo



La centralità della persona, la unicità della sua fisionomia, della sua vita e della sua storia, l’importanza del contributo che ognuno dà alla comunità a cui appartiene sono valori fondamentali contenuti nello Statuto delle Banche di Credito Cooperativo. Per questo, le BCC promuovono iniziative che rendono protagoniste le persone comuni, quelle che non diventeranno mai famose, ma che insieme, hanno costruito e costruiranno la storia delle nostre comunità locali. In tale contesto valoriale, rientra il sostegno che la BCC di Fano ha dato alla realizzazione di questo libro: “Monteciccardo cronache, storie, ricordi” è un ritratto di Monteciccardo degli ultimi cento anni basato su storie ricordi e immagini dei cittadini. Un Comune che si racconta, con le parole, i volti e le tracce di ieri e di oggi. Che non si tratti di racconti di fantasia lo dimostrano i tanti documenti d’archivio, anche inediti, riportati all’interno della pubblicazione, a supporto della veridicità delle testimonianze raccolte. Un sentito ringraziamento va dunque alla curatrice di questo volume, per altro arricchito dal dvd, e a tutti i Monteciccardesi che, mettendo a disposizione ricordi personali, documenti e tanti album di famiglia, hanno ripercorso e scritto la storia degli ultimi cento anni del loro Comune.

Romualdo Rondina Presidente BCC Fano



ciò che la memoria custodisce, è eterno Nel giugno 2007 il Conventino di Monteciccardo ospitò l’inaugurazione del percorso espositivo della Memoteca Pian del Bruscolo, progetto dell’omonima Unione di Comuni nato per conservare e valorizzare le memorie della bassa Valle del Foglia. I cittadini di Monteciccardo parteciparono al lavoro della Memoteca con entusiasmo davvero contagioso, e il materiale raccolto già allora lasciava intuire una ricchezza sorprendente: la ricerca non poteva non avere un seguito e, una volta sparsa la voce, altre immagini sono arrivate, altri ricordi sono emersi dai cassetti e dagli album di famiglia, componendo un quadro sempre più preciso di Monteciccardo e delle sue vicende. Lungi dall’essere completo e definitivo (molte sono le tracce che attendono pazientemente di essere svelate e seguite), questo volume intende delineare un primo ritratto del paese dei ficcanasi tra il XVIII e il XX secolo, attraverso diverse fonti: alle cronache a stampa, alle testimonianze orali e alle immagini delle raccolte dei cittadini si aggiungono i pochi documenti provenienti dall’Archivio comunale, in gran parte distrutto sotto le bombe della II guerra mondiale, e quelli conservati presso l’Archivio parrocchiale e l’Archivio diocesano di Pesaro. Prima di augurare a tutti Buona lettura, desidero ringraziare tutti coloro che, a vario titolo, hanno collaborato alla realizzazione di questo volume e del dvd allegato: il sindaco di Monteciccardo, Federico Goffi, che ha fortemente voluto proseguire il lavoro iniziato con la Memoteca, prendendo parte attiva alle ricerche; i dipendenti comunali, prima fra tutti Federica Gresta, che ha coordinato il progetto con passione e competenza; un ringraziamento particolare va poi a Maria Grazia Nardini, per l’impegno profuso nel complesso lavoro di impaginazione. Infine, come sempre, il mio grazie va alle persone e alle famiglie che ci hanno accolto, mettendo a disposizione della nostra ricerca le loro memorie e le loro storie più care.

Cristina Ortolani


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I.

Memorie di Monte Cicardo

Il castello tra XIV e XVIII secolo


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Sant’Angelo in Lizzola

Villa Mancini


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Chiesa della Scuola Torrione Portanile

Porta Nuova

Sant’Eracliano

San Sebastiano

Catasto gregoriano, mappa di Monteciccardo, sec. XIX (Archivio di Stato di Pesaro)


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La prima pagina dell’edizione 1792 delle Memorie di Monte Cicardo castello del contado di Pesaro di Tommaso Briganti


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Le Memorie di Monte Cicardo di don Tommaso Briganti Nel 1784 Tommaso Briganti pubblica presso l’editore pesarese Gavelli le Memorie di Monte Cicardo. Nato il 7 novembre 1729 a San Costanzo di Fano, Tommaso Briganti è, come scrive Italo Mariotti, un prete di celebrata eloquenza e di riconosciuta dottrina affezionato a Monteciccardo per antichi vincoli familiari... e per soggiorni prolungati1. La famiglia di don Tommaso era originaria di Monteciccardo, dove aveva delle proprietà almeno dalla fine del Quattrocento: già dai registri del catasto sforzesco del 1506 e del catasto innocenziano del 1690 i Briganti risultano proprietari di edifici nel castello e nelle campagne circostanti2, mentre nella seconda metà del Settecento... un Giuseppe Briganti pressoché coetaneo di don Tommaso possedeva nel territorio di Monteciccardo cinque case, anche se lui stesso abitava in una casa non sua, di proprietà del “sig. can.co Angeli”. All’epoca della stesura delle Memorie, Monteciccardo è per Briganti soprattutto il luogo della villeggiatura: è infatti in campagna, nel tempo del maggior ozio3 che il dotto sacerdote si dedica alla storia del paese, trascrivendo parte di quei Libri della Comunità dei quali oggi non si ha più notizia, e che costituiscono invece una preziosa testimonianza sulla vita a Monteciccardo tra i secoli XV e XVII. Ospite forse di villa Monti, come ricorda ancora Italo Mariotti attingendo a una Cronistoria conservata presso l’Archivio Parrocchiale di Monteciccardo, o residente nella dimora di famiglia, dove secondo le sue stesse parole passa più mesi dell’anno, Briganti, come ogni rispettabile erudito settecentesco, setaccia archivi e campagne alla ricerca di frammenti del passato, che mette insieme seguendo le orme del suo maestro Annibale Degli Abbati Olivieri Giordani (1708-1789), autore tra il 1775 e il 1778 di diversi volumi di Memorie riguardanti i castelli pesaresi, editi sempre dal Gavelli. Proprio all’ormai anziano Olivieri, con il quale aveva collaborato in diverse occasioni, Briganti dedica le Memorie di Monte Cicardo, grato per il continuo comodo di prevalermi della copiosa e scelta vostra Biblioteca, e per le notizie lette in alcuni vostri rari manoscritti.


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Uno de’ più popolati Castelli del Pesarese Tra rari manoscritti e spogli d’archivio, la voce di Tommaso Briganti ci guida alla scoperta di Monteciccardo, partendo da quel castello che ne’ tempi addietro fu forse uno de’ più popolati del Pesarese, completamente distrutto dai bombardamenti del 27 e 28 agosto 1944, del quale è oggi difficile persino riconoscere le tracce. Documentato dal 1283, quando il Castrum Montis Sicardi compare tra i castelli soggetti alla città di Pesaro4, secondo alcuni fondato nel X secolo, il castello di Monteciccardo risulta ancora esistente, almeno in parte, nel 1851, quando il pittore e scenografo Romolo Liverani, assiduo frequentatore di queste campagne, lo ritrae in una serie di disegni. Poche immagini dei primi del ‘900 consentono di leggere ancora gli avanzi delle mura e del castello medioevale riportati nel 1925 dall’Elenco degli edifici monumentali della provincia della Rassegna Marchigiana, scrupolosamente segnalati dall’infaticabile Giovanni Gabucci nei suoi Taccuini5, e confermati da più recenti testimonianze orali. L’aspetto dell’antico castello di Monteciccardo risulta oggi fissato da due raffigurazioni seicentesche: la tempera di Francesco Mingucci (1626) e l’incisione di Giovanni Stefani per le Memorie del Briganti, datata 1784 ma tratta da un prospetto esattissimo in pergamena databile ai primi del Seicento, posseduto dai Padri Serviti del Convento di Santa Maria delle Grazie di Monteciccardo (il Conventino)6. Se le testimonianze iconografiche scarseggiano, piuttosto nutrite sono invece tra XVII e XVIII secolo le descrizioni del castello, a partire da quella, assai dettagliata, contenuta nel Campione (...) di Monte Cicardo, redatto tra il 1667 e il 17647. Giovanni Stefani, Prospetto del paese di Monte Ciccardo dalla parte del nord, incisione tratta dall’edizione pesarese delle Memorie di Monte Cicardo castello del contado di Pesaro, di Tommaso Briganti (1784)


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Il territorio di questo Loco consiste tutto in tre Ameni e piacevoli Colli... congiunti insieme d’Altezza poco differenti l’uno dall’altro; Ma però quello che è nel mezzo avvanza alquanto gli altri due, sopra il quale è posto l’antico Castello, secondo che ne mostrano le sue Antiche Muraglie, e la Pianta di questo tutta riguarda verso Oriente, e nella più alto parte di quello vi era la Fortezza, ovvero Rocca, quale negli anni di Nostro Signore 1441, 42, e 43 doveva essere in bonissimo termine, quando in quella si salvò il Valoroso Capitano Nicolò Picinino per la fuga datali dal Conte Francesco Sforza nella Rotta della Guerra fatta sotto Monte Lauro, ora Monte Luro li 5 Novembre 1443... quale fortezza era benissimo fondata, e benissimamente tenuta d’armi, e di soldati, quali sempre la custodivano, che si ha per tradizione che di continuo stavano dentro dodici Soldati per guardia; nella quale vi erano anche due Cisterne una delle quali ora si ritrova in buon termine, quale è la maggiore; La minore fu guastata per farvi una Conserva da Neve, quale ora non più apparisce: Detta fortezza fu poi guastata, e distrutta; quando si fecero le nuove Muraglie 2 Torioni per pigliare la somità del Monte, la materia della quale tratta fu posta in dette Muraglie, e Torrioni, come si crede e vede. Di che tempo sia stata dirocata non si sa, per non trovarsi memoria alcuna per la poca cura e negligenza de nostri Antichi, che Hanno lasciato perdere le memorie, scritture, e Libri antichi di questo Loco: Ma facilmente sarà stato nel tempo che imperavano li Signori Sforzeschi, quali nell’anno 1447 comprarono da Galeazzo Malatesta Pesaro e Fossombrone per 20 milla Fiorini d’Oro. La descrizione del Libro Campione dei Padri Serviti è confermata da don Tommaso Briganti: il castello di Monte Cicardo, oltre la situazione vantaggiosa, poiché niun altro monte vicino lo supera, benché sia posto quasi in piano, si rendeva più forte dai Torrioni e Cammini coperti, che ancor si scorgono. Secondo Briganti, inoltre, con le sue canne 491 e piedi 83 e tre Francesco Mingucci, Veduta del castello di Monte Ciccardo, da Stati, Dominii, Città, terre e Castella dei Serenissimi Duchi e Prencipi della Rovere, tempera (1626)


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Tommaso Briganti Dopo avere studiato filosofia e teologia nell’Università di Fano, l’abate Tommaso si trasferì a Cagli, dove fu ordinato sacerdote nel giugno del 1754, e perfezionò a Siena i suoi studi. (...) Si specializzò nell’eloquenza sacra, e ad essa si dedicò poi con successo, predicando in molti paesi e città: l’entusiasmo suscitato dai suoi quaresimali a Matelica tra il 1764 e il ‘69 fu tale che gli venne conferita la cittadinanza onoraria. Associato all’Accademia Pesarese, fondata da Annibale Degli Abbati Olivieri nel 1730, alla quale appartenevano tra gli altri Giambattista Passeri e Giannandrea Lazzarini, Tommaso Briganti si occupò anche di scienze naturali, come attesta il contemporaneo Domenico Bonamini. (...) Di quest’uomo dedito agli studi, fervido d’interessi e a lui devoto si servì da vecchio l’Olivieri “nel fare gl’indici delle monete pontificie, medaglie de’ papi e piombi”. Si può dedurre che l’Olivieri aveva spesso in casa il Briganti, di cui si serviva e che consigliava e indirizzava nelle sue indagini. [Briganti] Era ancora vivo nel 1806 (Italo Mariotti). Dal 1763 don Tommaso Briganti è rettore della chiesa di San Francesco, un tempo situata lateralmente alla porta del Castello dentro l’aggiunta delle mura, che sono que’ due Torrioni verso la Chiesa Parrocchiale, ma fuori del suo recinto. La Chiesa o oratorio di San Francesco era iuspatronato della Casa Barbieri, instituito l’anno 1558 dal q. Rev.do Sig. Francesco di Bartolomeo del Barbiero, la qual Chiesa e sue case che haveva contigue cascò et andò in ruina li 27 maggio 1636 in tempo che la possedeva il Sig. P.Bernardino Sarti, dal quale fu poi fatta rifabricare nella forma che hoggi [1697] si trova8. Per avere una dote meschinissima... restò il benefizio vacante, la chiesa sospesa, e prossima a rovinare, conclude Briganti: fu quindi facile per Antonio, fratello maggiore di don Tommaso, ottenere l’autorizzazione a trasferire la chiesa presso il suo casino, posto nella Corte di Monte Cicardo Fondo La Serra; ricostruita nel 1760, la chiesa fu benedetta il 2 maggio 17619. Nel 1776 don Giannadrea Ghirlanda, nella relazione sulla Parrocchia scritta per la vista pastorale del Cardinal De Simone (confronta infra), ricorda che il luogo dove sorgeva la chiesa di San Francesco era segnalato nel castello con una colonetta con croce di ferro.


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quarti del Piede Geometrico Pesarese [pari a 1.006 metri]10 il castello di Monteciccardo doveva essere alla metà del ‘300 tra i più grandi del contado di Pesaro: nel 1355 furono infatti 232 i capifamiglia che giurarono fedeltà alla Santa Sede e, qualora si aggiungano a questi tanti altri, che non dovettero comparire per qualche impotenza, e poi a proporzione tutte le Mogli, tutte le altre Donne, e i fanciulli e giovanetti, bisogna fare un calcolo di buona popolazione. E questa senza dubbio abitava tutta dentro il castello, perché così obbligava lo Statuto di Pesaro... Perciò la grandezza di questo castello superava di molto quella degli altri. Il recinto delle mura racchiudeva buon fabbricato con due strade diritte ben lunghe dall’Est all’Ovest, tre file di case con i suoi vicoli, ed un’altra strada egualmente lunga sulle mura dalla parte del Nord. Al Sud è situata l’unica porta col suo ponte levatojo, porticina piccola laterale per maggior comodo, con altra porta interiore, e molto sito coperto, essendovi sopra il Salone della Comunità. Questo è quel sito, che si chiamava Portanile, come ho letto in un Istromento [atto pubblico] del 1491... Questa voce PORTANILE... dall’indicazione dei lati, che ancor sussistono, si vede, che è quella ritirata dopo la seconda Porta interna, dove ora si affiggono tutti gli Editti e Notificazioni, e dove forse era il luogo destinato agli uomini d’arme, che lo Sforza teneva per tutti i suoi castelli. Sul finire del XVI secolo, prosegue don Tommaso, venuti i tempi di pace e di sicurezza, allora gli abitanti del Castello cominciarono a porsi alla larga, e fabbricare nel loro Territorio, che distinsero in tante ville... nominate distintamente LA SERRA, CAIFABRO, MONTE BEGNOLI, VALCELLI, E MONT’ALTO. Questi toponimi compaiono con lievi varianti già nel catasto sforzesco del 1506 e si ritrovano nuovamente in quello innocenziano del 1690 (Caifabro nel 1506 è indicato con il nome latino Domus Fabrorum e nel 1690 diventa Caifabri)11. Con tutto però che fossero abitate le Ville, la maggiore popolazione rimaneva dentro le mura, e con grande custodia. Lo Statuto obbligava per qualunque rumore chiudere subito le porte dei Castelli... E [nello Statuto] si stabilisce la pena di cento libre contro chi avesse ardito di entrare ne’ Castelli fuor che per la porta di giorno, e di notte libre dugento, perciò si manteneva il Portinajo, come si rileva da Consigli, e specialmente da quello del 14 aprile 1631 in cui si consegnano al nuovo Portinaro le chiavi della Porta colla provisione di grossi 10 per mese, col patto di custodire il Castello.


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I Libri dei Consigli della Comunità trascritti dal Briganti attestano l’esistenza in paese del macello e del forno, documentati rispettivamente dal 1562 e dal 1572, mentre un’osteria è citata dal 1625. Come già Tommaso Briganti rilevava, basandosi sull’Estimo catastale del 1506, gli abitanti di Monteciccardo erano tutti ben comodi, perché il loro Territorio si possedeva in maggior parte per non dir tutto dagli stessi castellani. Nel 1506 i residenti a Monteciccardo possiedono 233.547 canne sulle 284.387 (776 ettari) della superficie del territorio della Comunità12: indice di una situazione economica relativamente buona, che consentiva a molti di vivere con somma civiltà, ad altri attendere all’Armi, altri alle Lettere, non mancando ad essi le forze, e la comodità. Briganti nota anche che alcuni dei cittadini di Monteciccardo avevano possedimenti anche fuori dei confini pesaresi: nel 1466, infatti, sette abitanti del castello figurano aver pagato le Tratte per estrarre il grano raccolto ne’ loro beni nel territorio di Senigallia. La vita scorre tranquilla a Monteciccardo, prosegue don Tommaso: prova ne sia che, stando ai verbali dei Consigli, tante risoluzioni Consigliari o d’interessi, o di cariche, o di Deputazioni, si facevano sempre a viva voce, senza proteste, senza ricorsi, senza veruna discrepanza. Nel 1680 viene aperta nella cerchia muraria la Porta Nuova, così detta perché cavata nel maschio di una dirocata torre, la cui muraglia va parallela con la strada maestra che conduce al castello13. Ben visibile nel disegno del Liverani, collocabile all’incirca all’altezza dell’attuale bar della Società di Mutuo Soccorso, di fronte al Municipio, la Porta Nuova si era resa necessaria per comodo delle Compagnie nell’andare alla Parocchia, e ritornare al Castello... non vi essendo prima che la Porta verso il Macello, e prima di queste quando fu fabbricato il Castello, era la Porta verso il Borgo infondo al detto Castello, e vicino alla Porta era l’antica Chiesa Parrocchiale14. A fianco della Porta Nuova il Liverani ritrae la maestosa facciata della chiesa parrocchiale di San Sebastiano, così come era stata ricostruita nel 1736 per volontà di monsignor Filippo Spada, vescovo di Pesaro tra il 1702 e il 173815 che, ricorda sempre Briganti, aveva una predilezione speciale a questo Luogo, passandovi tutto il tempo estivo. L’esistenza della parrocchia di San Sebastiano Martire di Monteciccardo è documentata dalle Rationes Decimarum del 1300: non è nota l’esatta


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Francesco Mingucci, Territorio di Pesaro, dettaglio, da Stati, Dominii, CittĂ , terre e Castella dei Serenissimi Duchi e Prencipi della Rovere, tempera (1626); nella carta compaiono, oltre a Monte Ciccardo (n. 39), Monte Gaudio (n. 41) e Monte Santa Maria (n. 44), anche gli antichi toponimi di Caifabbro (n. 25) e Monte il Begnole (n. 26)


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Niccolò Piccinino e Monteciccardo Nel XV secolo la valle del Foglia è sconvolta dalle lotte tra le grandi famiglie della zona, che si contendono le terre del contado pesarese. L’8 novembre 1443 a Monteluro (Tavullia) si combatte una delle battaglie più celebri della storia, che vede protagonisti da una parte l’esercito di Francesco Sforza e Sigismondo Pandolfo Malatesta, dall’altra le truppe pontificie di Eugenio IV, guidate da Niccolò Piccinino e Federico da Montefeltro16. Di origini perugine, figlio di un macellaio, Niccolò Piccinino (1386-1444) subisce a Monteluro una clamorosa sconfitta: dopo la battaglia, il condottiero e i suoi soldati in ritirata trovano ricovero presso Monteciccardo. L’episodio è ricordato anche da Tommaso Briganti, che riporta in quest’occasione la notizia del saccheggio del castello, avvenuto proprio nel 1443, riprendendola dal Centone di storia della città di Pesaro, di Ludovico Zacconi (1555-1627). In questo [castello] trovò ricovero il Piccinino colla sua poca gente avanzatagli dopo la rotta avuta dagli Sforzeschi sotto Monte Luro. (...) Lo stesso vien riferito dal celebre Corio nella sua “Storia di Milano... In questo tempo venne la notte con grandissima pioggia, quando gli Sforzeschi dopo lunga e varia battaglia entrarono dentro la munizione del campo, e il valoroso capitano fu vinto dalla pertinace virtù degli altri. Il perché tutto il Campo andò a sacco. Piccinino, poiché tutto l’Esercito fu rotto, con pochi uscì dal campo, e tutta la notte per luoghi selvaggi, e fuor di via, andò errando insino che si condusse a Monte Sicardo di là dalla Foglia nel contado di Pesaro molto afflitto d’animo e di corpo”. Quanto tempo quivi si trattenesse non è indicato dagli Storici, concordemente asserendosi, che indi passò nella Marca. Bensì essendosi ricovrato in Monte Cicardo, convien credere, che i castellani fossero del suo partito, altrimenti non l’avrebbero accolto, potendo benissimo soli far fronte al suo poco avanzo, e renderlo ancora prigioniero, perché la popolazione non era piccola, come si è veduto, e in que’ tempi vivea tutta unita dentro il Castello. Perciò chi sa, che questo non fosse motivo, che soffrisse un grosso saccheggio l’anno 1443, come asserisce il Zacconi. Nell’immagine, Antonio Pisanello, medaglia di bronzo con il ritratto di Niccolò Piccinino (1440-’41 circa, National Gallery of Australia)


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ubicazione della prima chiesa ma, avvisa Briganti, dicesi che antichissimamente fosse anche più lontana sul colle in faccia e ora vicino a Sant’Angelo, dove si sono scoperte fondamenta di grosse pietre. Da tempo immemorabile la chiesa si trova fuori dalle mura del castello; l’attuale edificio fu ricostruito dopo la II guerra mondiale, con la facciata rivolta verso il paese, mentre la fabbrica settecentesca e la precedente erano rivolte verso ovest. La Chiesa di S.Sebastiano Parochiale di Monte Cicardo Castello della Diocese di Pesaro è posta fuori et appresso le Mura di detto Castello, vicino alla Porta Nuova di esso, lati li beni di Marco Ridolfi, Livia Penazza e strada publica... quasi all’occaso cento passi in circa lontana dalle mura del medesimo Castello. La Parochiale suddetta ha il campanile posto dalla parte del Choro a Cornu Epistole [a sinistra dell’altare] dell’Altar maggiore ...La campana maggiore è alta dall’orlo sin all’orecchie piedi doi oncie doi e larga in bocca piedi doi oncie una. Pesa libre settecentosettantacinque... (don Agostino Agostini, rettore della parrocchia di San Sebastiano, 1697)17. Nota, che la detta Chiesa Parochiale fu diruta, e fatta la nuova Chiesa... per ordine di Monsignor Ill.mo e R.mo Filippo Spada Vescovo di Pesaro... con licenza del quale da me Orazio Pompi rettore fu benedetta e posta la prima pietra fondamentale li 9 luglio 173218 (Orazio Pompi, rettore della parrocchia di San Sebastiano, dopo il 1732).

Romolo Liverani, da sinistra: Una entrata di Monte Ciccardo e Interno della Porta di Monte Ciccardo, disegni, 1851


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Bargelli, piazzari e portinaj nel castello di Monte Cicardo Tra i meriti delle Memorie di don Tommaso Briganti va annoverato anche quello di descrivere la quotidiana amministrazione del castello nel XVI-XVII secolo, illustrando nel dettaglio figure e mansioni oggi poco note. Cominciando dai diritti generali di questa Comunità ella veniva rappresentata da soli 12 uomini della maggior possidenza, e dei più probi... Questi 12 Individui non ambirono di avere altro titolo più luminoso, che quello di Massaro, per la qual voce non erano posti in derisione, perché ella è antichissima nella nostra lingua per significare un custode di cose mobili. ...Al Capo bensì, che eleggevano sul principio, e non imbussolavano [i bussoli o bossoli erano i contenitori nei quali si ponevano bigliettini con il nome dei candidati alle diverse cariche], davano il titolo di Capitano, lo facevano a bimestre per bimestre, assegnandogli un altro per compagno, si comincia dal Consiglio dei 31 dicembre 1559 dove si dà la Capitananza dei Massari a Benedetto del Bianco, e seguitasi per lungo tempo lo stesso stile. Questo Capitano poi faceva intimare i Consigli, nei quali si ordinava, e si disponeva dell’entrate della Comunità, dei proventi Pubblici, di tutte le Deputazioni fra Consiglieri, e dei Salariati. I Massari eleggevano in oltre il Gualdaro proprio, o sia Bargello [esecutore di giustizia], ed il Piazzaro [notificatore di giustizia], facendo loro prestare il giuramento. Davano un altro offizio sotto nome di Guardie, e in che consistesse viene spiegato nel Consiglio dei 30 Dicembre 1571, cioè, che doveva portar lettere a Monte Santa Maria, ed in altri luoghi, dove farà bisogno, servire il Capitano, il capo massaro, portar li pegni dell’accuse a Pesaro, ecc. E nel Consiglio dei 18 Dicembre 1605 si aggiugne, che verranno in giro, e nettare le muraglie, e tener pulito sotto le case della Comunità, e fare li aquajoli attorno le mura dove bisognano, a riscuotere doi gazette per uno da quelli sottoposti a pagare ecc. Mantenevano il Portinajo (il che si trova fino ai 14 Aprile 1631) perché tenesse custodito il castello.


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[La Chiesa] è lontana circa cento passi dalla porta detta Nuova ...Di buona strutura, tutta soffittata. La porta principale guarda il libeccio, ponente, ed è questa la porta per dove passano le donne, a una porta laterale al maestro tramontana per cui vi passano li uomini, e che corisponde sotto ad un logiato che incomincia col lato della porta medesima e termina con la cima della faciata. E’ diferente l’ordine presente della chiesa dall’antico: mentre prima vi erano quattro capelle interiori, due per parte, che incominciavano al di sopra della porta delli uomini, ora per altro ha quattro altari laterali, ma in ordine con le muraglie laterali e in giusta distribuzione. Vi è il suo presbiterio con altare isolato in mezzo, adietro vi è il coro, a cornu evangeli [a destra dell’altare, sinistra di chi guarda] la sagristia ancor questa sofitata. A cornu epistolae vi è una buona torre per le campane, nell’angolo a piedi della chiesa a mano sinistra vi è il fonte battesimale, vi sono alli due angoli a piedi del presbiterio due confessionali nuovi verniciati ed uno antico nell’angolo dirimpetto al batisterio. ...A mezzo la chiesa a cornu evangeli vi è il pulpito d’anoce in buon stato con crocifisso elevato, il qual crocifisso è della compagnia del Santissimo Rosario. Sono sparse poi per la chiesa molte sepolture, parte delle compagnie parte gentilizie. In questa chiesa vi sono vari banchi, quali non Romolo Liverani, Veduta degli avanzi di Monte Ciccardo, castello dei Sforza vicino a S.Angelo come nel 1851


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servono che per impedire la celebrazione della messa ed altre funzioni alli altari laterali. ...Nell’angolo sinistro entrandosi in chiesa a piedi vi è il sacro fonte battesimale come si disse, quale è un’urnetta di marmo scaiola guardata e racchiusa in un cancello di legno dipinto ed è coperto con padiglione di legno che si chiude a chiave... Non si è fatta per il passato la benedizione dell’acqua per il sacro fonte in questa chiesa, ma era costume andarla a prendere in Ginestreto il solo sabato di Pasqua, non però di Pentecoste (don Giannandrea Ghirlanda, rettore della parrocchia di San Sebastiano, 1776). Le rendite però del Paroco non sono state mai pingui (don Tommaso Briganti, 1784).

La chiesa di San Sebastiano, 1940 circa (raccolta Eleonora Mariotti Travaglini e Famiglia Mariotti, Pesaro)

Tra gli arredi della chiesa spicca ancor oggi la Madonna in trono con il Bambino tra i santi Pietro, Francesco, Caterina e Sebastiano, di Bartolomeo di Maestro Gentile da Urbino (ca. 1465 – prima del 1531)19, firmata e datata 1508. La tavola ornava l’altare maggiore: era affisso nella muraglia, contornato di legno intagliato con fondo marmoreo parte indorato, ed era posto tra due statue in ginocchioni, che rappresentano due angeli di figura ordinaria, parimenti indorate (don Andrea Melchiorri, 1802)20. La pala di Monteciccardo è l’ultima attestazione del lavoro del pittore urbinate nel contado di Pesaro. Tra le opere che Bartolomeo di Maestro Gentile da Urbino lasciò in questa zona Antaldo Antaldi cita una pittura a fresco del 1505, ora [1818] murata nella Parocchiale di Montecchio21, distrutta dallo scoppio di un deposito di esplosivi nel 1944, mentre per Ginestreto il pittore dipinse nel 1499 una Madonna in trono con il Bambino e Santi. Di fronte alla chiesa si trovava il Cimitero, trasferito alla fine dell’800 presso il Conventino. Il Cimiterio è posto avanti detta Parochiale e sua Loggia et è unito alla Chiesa mediante la muraglia di serra con chiave... (don Giannandrea Ghirlanda, 1776). Nel 1778, grazie all’intervento del cardinal De Simone, don Ghirlanda fece costruire la piccola chiesa di Sant’Eracliano vescovo, trasformata nel 1927 nel Monumento ai caduti della I guerra mondiale. La chiesetta fu fatta


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e dotata dalle Compagnie, ricorda Briganti, che avevano l’obbligo del mantenimento del vecchio Cimiterio; sull’altare si trovava una tela di Gianandrea Lazzarini (ora custodita dal Parroco) raffigurante il Santo mentre intercede presso la Vergine per le anime del Purgatorio22. Il Cimitero è posto in un crociato di strade, cioè di quella che dal castello conduce al convento dei PP. Serviti, e di quella che dalla Chiesa ora dei Pompei conduce a Sant’Angelo, ma su Beni Parocchiali, ed è distante dalla chiesa circa 50 passi. Questo è sotto l’invocazione di Sant’Eracliano, è nel giorno della festa di detto Santo si celebrano alcune Messe. Vi è il quadro sulla scalinata a un sol gradino di matoni, sei candelieri verniciati e croce simile. Fu fabricato dall’Ill.mo Sig. Canonico Teologo Ghirlanda23. A ricordo della chiesetta di Sant’Eracliano resta oggi una lapide murata nella parete esterna della chiesa parrocchiale. A destra della chiesa c’era invece la casa parrocchiale, in cui, secondo la relazione di don Ghirlanda, nel 1776 restano in piedi quattro camere e saletta con due camere al pianterreno, cantina, grotta e legnara della antica. Avendo io poi, con le dovute licenze, gettato a terra una camera bassa che era fuori d’ordine e inutile, con un picolo camerino e scala esterna, che era coperto da un logiato e prendeva quasi tutta la faciata delle case lasciando libera la sola muraglia esterna della camera, che allora serviva di cucina ed al presente è la scala principale, alzando io al presente da’ fondamenti la scala sudetta, l’ancova e quattro camere di seguito appoggiate al muro della chiesa, forno e scala segreta, il mantenimento delle quali spetta al parroco. In un credenzone nella casa parrocchiale si conservano anche i paramenti sacri più preziosi e le pianete feriali, che non è consigliabile tenere in sagrestia, troppo sogetta all’umido. La casa parrocchiale verrà ricostruita alla fine del XIX secolo. In fondo a via Ondedei, nei pressi dell’antica porta d’ingresso, si trovava la Chiesa della confraternita di Maria Santissima della Misericordia, più conosciuta come la chiesa della Scuola, anch’essa crollata in tempo di guerra. Detta anche Madonna della Neve, la chiesa della confraternita della Misericordia era posta dentro al castello con le case da due lati, e la strada pubblica da due lati la Compagnia del SS. Sacramento, e ser Domenico Bardoagni24.

Estate 1941, la famiglia Mariotti davanti alla chiesa di San Sebastiano; da sinistra a destra: in prima fila, Eleonora e Italo Mariotti, Maria Rondina (nipote del rettore); in seconda fila, la perpetua Marijna, Maria vedova Bartolucci (madre del rettore), Maria Mariotti (nata Ciuffoli, madre di Scevola Mariotti sr.); in terza fila, Scevola Mariotti sr. e la moglie Teresa e, in fondo, Scevola Mariotti jr., detto “Scevolino”(raccolta Eleonora Mariotti Travaglini e Famiglia Mariotti, Pesaro)


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Pianta della chiesa di San Sebastiano dallo Statuto della Chiesa Parocchiale di Monteciccardo, fatto l’anno 1697 da don Agostino Agostini, rettore della parrocchia. I numeri indicano le ventiquattro sepolture, appartenenti a diverse famiglie della parrocchia e alle Confraternite del Santissimo Sacramento, della Misericordia e del Rosario (Archivio della parrocchia di San Sebastiano, Monteciccardo)


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La chiesa della Scuola custodiva il quadro della Madonna con i tre cardi dai quali alcuni fanno derivare il toponimo di Monteciccardo, immagine detta la Madonna della Misericordia che si tiene in molta venerazione dal popolo. Non molto lontano dal Castello ha posto l’antico Ospedale di Sant’Antonio per i Poveri; già governato dalla Communità, e dall’anno 1711 fino al presente dal Vescovato. Documentato secondo Briganti dal 1472, nel 1574, all’epoca della visita di monsignor Girolamo Ragazzoni, inviato di papa Gregorio XIII nello stato dei Della Rovere per la visita pastorale, l’Hospitale in castro Montis Sicardi, retto dalla comunità, risulta avere 10 scudi di rendita e un letto25. Nel 1689 l’ospedale aveva sede in una casa a due piani, con tre stanze al piano superiore e due al piano terra, oltre ai servizi26. Era prima costume che a’ poveri pelegrini che vi allogiavano l’inverno si passava due baiocchi ed una fascina per cadauno, ora non più si costuma, e le donne non abitavano nella stessa camera con li uomini come fanno al presente con qualche scandolo. Si dotano con li frutti di questo [ospedale] le zitelle abbisognose del paese, avendo esso poca spesa e competente entrata... Manda i fanciulli esposti a proprie spese all’ospedale di Pesaro, ed accompagna i pellegrini infermi fino a qualche altro ospedale (don Giannandrea Ghirlanda, 1776). I Pellegrini d’oggi giorno sono i vagabondi, i fuggifatica, per non dir al-

Fuochi fatui Addì 19 giugno 1776 di martedì su le due ore di notte vidi io Rettore ed altri di mia famiglia alle due palle della croce del Campanile che stanno alle estremità del tronco a traverso di detta croce due fochi fatui o siano lampade che durarono accese con lume chiaro un buon quarto d’ora, e ciò accade in tempo buio, e piovoso, e si distinguevano che erano alle palle perché ne molti lampi che faceva il tempo restavano le due lampade nello stesso sito ma di molto smortise onde era un fenomeno vago a vedersi (don Giannandrea Ghirlanda)27.


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Monteciccardo 1560, arti e mestieri al castello I registri del catasto roveresco del 156028 riportano, accanto ai nomi dei proprietari di terre e case anche l’indicazione di alcuni mestieri: tra i proprietari di case del castello figurano un barbiero (Ventura di mastro Bastiano), quattro sarti (Ventura di Vico, Francesco di Bartolomeo di Vico, Iacomo di Cecco di Vico, Giovanni di Francesco di Vito), due mogli di calzolari (donna Antonia di mastro Guido e donna Francesca di mastro Perino; tra i calzolari c’è anche Vico di mastro Perino, che possiede terre in vocabolo Monte Maccione), due fabri (Giovanbatista di mastro Benedetto e mastro Bartolomeo di Iacomo) e due bastari (Francesco di Martino e mastro Giovanni di ser Girolamo). Tra XVII e XVIII secolo operano a Monteciccardo anche numerosi muratori e falegnami, i cui nomi possiamo ricavare dal Libro Campione dei Padri Serviti di Maria, più volte citato: nel 1661 mastro Giovanni Beltrammi (o Beltrami) esegue presso il conventino alcuni lavori non meglio specificati, mentre nel 1715 mastro Simone Beltrami, falegname, realizza la porta nova del convento con tavoloni e vernice rossa. Tra i muratori troviamo mastro Gasparro, che nel 1726 con due colleghi di Mombaroccio costruisce la terza navata nella chiesa del conventino e quattordici anni dopo, nel 1740, prende parte alla ricostruzione del muraglione contiguo alla cantonata del convento, insieme con Maestro Luca, Maestro Antonio con il Figlio Crescentini, tutti da Monte Cicardo. Infine, una curiosità: gli Stati d’anime segnalano a Monteciccardo, tra 1677 e 1680, una presenza costante di due meretrici che salgono a tre tra 1687 e 169329.


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tro di peggio; dunque non dovrebbero goder essi di quegli alloggi, che furono destinati a tal effetto, perché v’era un buon fine, ma impiegare l’entrate a sollievo de’ poveri locali. Parlando poi di quest’Ospedale di Monte Cicardo, se Monsig. Spada saggiamente unì l’amministrazione dell’entrate di questo, e degli altri luoghi Pii sotto un istesso Economo, e fece, che concorresse alle fabbriche necessarie delle due chiese Parrocchiale, e della Misericordia, in oggi, che queste cono ridotte a perfezione, sarebbe desiderabile, che l’amore del nostro vigilantissimo Vescovo Monsig. Barsanti verso de’ poveri, ordinasse, che le di lui rendite, in vece sieno impiegate ne’ Tempi di pietra, s’impiegassero a sollievo del tempij vivi, soccorrendo que’ poveri del luogo, i quali non per pigrizia, ma per infermità e decrepitezza languiscono abbandonati nell’estrema miseria (don Tommaso Briganti, 1784). A metà dell’800, l’ospedale è ormai definitivamente utilizzato per accogliere qualche vecchio miserabile della Parrocchia che non abbia mezzi di pagare la pigione. Al presente [1857] vi abita una giovane nubile miserabilissima priva di parenti. Possiede inoltre altra casa annessa ove dimora il custode dell’Ospedale, al quale vengono portati gli Esposti, che dal medesimo sono quindi trasportati all’Ospedale di San Salvatore di Pesaro.... fa carità ai poveri del Castello e parrocchiani nella ricorrenza di Pasqua e Natale, ...somministra dei soccorsi ai miserabili in capaci di procacciarsi il vitto e specialmente quanti sono infermi; dà un sussidio dotale alle zitelle povere ed oneste in occasione di matrimonio, secondo lo stato bisognoso; mantiene il Cimitero in unione alle altre tre Confraternite ...e pensa per lo trasporto delli Esposti in Pesaro30.


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Il Regolamento per gli spedali dello Stato Ecclesiastico in ordine ai poveri infermi pellegrini e viandanti..., 1768 (Archivio della parrocchia di San Sebastiano, Monteciccardo)


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Un’immaginetta sacra della Madonna della Misericordia venerata nella chiesa parrocchiale di S. Sebastiano M. in Monteciccardo (Archivio Diocesano di Pesaro, Fondo Gabucci) e la pala d’altare della stessa chiesa, dipinta da Bartolomeo di Maestro Gentile da Urbino, raffigurante la Madonna in trono con il Bambino tra i santi Pietro, Francesco, Caterina e Sebastiano (1508)

La Chiesa di San Daniele profeta Delle chiese un tempo esistenti a Monteciccardo San Daniele era, dopo la parrocchiale, la più importante. Situata su un colle verso il torrente Arzilla e Mombaroccio (ne sono ancora visibili i resti), poco distante dallo scomparso castello di Monte Ferro, San Daniele è segnalata nella visita pastorale del 1574 come simplici Ecclesia unita alla parrocchia, ma Briganti cita nelle sue Memorie alcuni documenti della fine del XIII e del principio del XIV secolo i quali sembrano dimostrare che fosse una Parrocchia, ed avesse come un territorio a parte. Nelle Memorie di Monte Cicardo Tommaso Briganti riproduce le iscrizioni poste sulle lapidi trovate presso la chiesa di San Daniele profeta: Finalmente da questi nomi, e cognomi così seguiti arguisco, che qualche Scuola, o Collegio ivi si dimorasse, e qualche fabbrica innalzato avesse o per culto Religioso, o per uso pubblico in quel Pago, o Vico del Pesarese, le quali fabbriche non mancavano nei Pagi, e nei Vici... Già in rovina nel 1654, San Daniele fu rifabbricata in faccia alla vecchia, in sito migliore continua Briganti; all’epoca della visita pastorale del 1776 così la descrive don Ghirlanda: entro non è sofittata. Vi è un solo altare, il quale è volto a scirocco. Il quadro rappresenta San Daniele in piedi con vari leoni, è contornato da una cornice di gesso greggia.


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Estrema miseria. Appunti di vita quotidiana Estrema miseria: a più riprese le parole di don Tommaso Briganti ci mostrano il progressivo decadimento del castello di Monteciccardo, di cui nel 1784 poco più vi rimane fuori del recinto delle mura e delle fabbriche della Comunità e de’ luoghi Pii. Il declino del castello inizia secondo don Tommaso nel 1600, quando cominciarono i Pesaresi a godervi della possidenza, e per alcune Famiglie passate alla Città col grado di Nobili, per altre Figlie Ereditiere entrate nelle Case Patrizie, e per altri beni in esse trasferiti per ragione di eredità. Anche il passaggio di molti beni ai monasteri e ad altri enti e congregazioni religiose della città contribuisce alla decadenza del castello, insieme con le frequenti divisioni dei Fratelli, le confiscazioni, la facilità d’obbligarsi per altri, che hanno rovinato molte case fino nel solo breve giro di nove lustri, dei quali sono testimonio oculare. Epidemie e cattiva alimentazione fanno il resto, mettendo a dura prova il paese (anche Monteciccardo risente delle carestie che si susseguono a cadenza ravvicinata durante i secoli XVII e XVIII, e se risulta ormai scongiurato il pericolo della peste, alta è ancora l’incidenza di tifo petecchiale, vaiolo e malaria31), e nel 1776 don Ghirlanda descrive al cardinal De Simone una situazione di grande povertà: vi sono in questa parocchia 117 famiglie [556 abitanti], tutte le quali, eccettuate alcune che sono povere ed abitano il castello o qualche altra casa a nolo per la campagna, le altre sono di contadini che lavorano terreni altrui; ancora, non vi è in questa parocchia alcun mestiere vivo, ma vi sono de’ poveri in abondanza, ecettuate due sole famiglie, le altre sono tutte povere, e molti ancora ve ne sono sparsi per la campagna. L’anno 1783 fu in questo paese di Monte Cicardo, ed altri, una gran penuria di tutto in specie di legumi, e frutta32. Ciononostante, Monteciccardo ha, almeno dal 1678 (ab immemorabili secondo don Ghirlanda), un maestro: il 1 gennaio di quell’anno, infatti, i Massari assegnarono Scudi 12 all’anno al P. Maestro Servita di detto luogo, perché facesse la Scuola, e perché tal emolumento era tenue, i Massari pensando al ben pubblico, obbligarono del proprio altri scudi 12. Non senza una punta di orgoglio, prosegue don Tommaso, il compenso


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Giovanni Gabucci a Monteciccardo Una delle voci che ci accompagneranno tra le storie di Monteciccardo è quella di don Giovanni Gabucci, che al paese dei ficcanasi e alle sue frazioni Montegaudio e Monte Santa Maria dedicò numerose pagine dei suoi Taccuini, oggi conservati presso l’Archivio Diocesano di Pesaro. Nato a Sant’Angelo in Lizzola il 9 febbraio del 1888, come egli stesso ebbe a scrivere nel 1922 non volle mai la Parrocchia, preferendo svolgere la sua attività pastorale come predicatore e coadiutore del parroco in vari paesi dei dintorni di Pesaro. A Sant’Angelo, dove fu viceparroco e dove morì nella notte del 5 settembre 1948, don Giovanni divideva con la sorella Angelina una casa nel castello, stipata di libri e carte. Ordinato sacerdote nel 1912, don Giovanni Gabucci fu nominato nel 1918 ispettore onorario per le opere di Antichità e Arte dalla Soprintendenza alle Antichità delle Marche e dell’Umbria; nel 1926 fu ammesso alla Scuola Vaticana di Paleografia e Archivistica, diplomandosi con ottimi risultati. Numerose le testate giornalistiche locali e le opere a stampa che lo video tra i collaboratori: da segnalare almeno La Provincia di Pesaro e Urbino di Oreste Tarquinio Locchi (1934), alla quale contribuì con le notizie sui castelli del pesarese. Nella composita eredità di Giovanni Gabucci un posto importante hanno gli appunti per le sue conferenze, con le quali il sacerdote almeno dal 1912, fino a pochi mesi prima di morire, presentò a un pubblico variegato le bellezze di Pesaro e dintorni. Alle parole si aggiungono in seguito anche le immagini, nel format della conferenza a proiezioni, come quella che l’8 dicembre 1922 Gabucci tenne a Montelevecchie (oggi Belvedere Fogliense, Tavullia), per l’inaugurazione del ricreatorio e del teatrino della parrocchia di San Donato. Molte di quelle fotografie furono scattate dallo stesso don Giovanni e sono custodite, insieme con centinaia di cartoline che Gabucci si faceva spedire da tutta Italia, in grandi album dal sapore naif. Monteciccardo, estate 1941. Don Giovanni Gabucci, il secondo da destra, è riconoscibile per il ciuffo bianco e gli occhiali (raccolta Eleonora Mariotti Travaglini e Famiglia Mariotti, Pesaro)


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del maestro sarà in seguito garantito da un lascito di sua zia Maddalena Briganti, vedova Vagnini, che il 3 Maggio 1732 assegnò all’Ospedale, il Capitale di Sc. 350 Ducali per accrescere al suddetto Maestro Scudi 13 annui, riserbandosi la nomina unitamente al Vescovo pro tempore per sé e per li suoi Eredi. L’obbligo del maestro è di insegnare a leggere, scrivere e la lingua latina. Si fa la scuola in una camera della Comunità, la quale passa tavolino e banche, che è sopra la porta vecchia del castello. Occupa al presente lodevolmente tale ufficio il signor don Girolamo Baldarelli di questo luogo che nel mese di dicembre dell’anno scorso fu eletto da sua eminenza

Una pagina dello Stato dell’anime di M. Cicardo del 1696 (Archivio Diocesano di Pesaro)


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reverendissima padrone con l’aprovazione del signor Antonio Briganti come erede. Si aggiunge che alcuni viventi in oggi, parenti e famigliari di detta Madalena, mi asseriscano che essa principalmente si mosse a questa lasciata perché non si trovava più nel paese chi sapesse o volesse servire la messa, per cui i sacerdoti erano moltissime volte costretti a servirsela uno per l’altro. La dottrina è insegnata a’ fanciulli tutte le domeniche prima delli vesperi; tutte le domeniche è solito il paroco la mattina nella messa spiegare il vangelo al popolo, purché vi sia concorso, e non essendovi concorso si rimette al giorno dopo pranzo in tempo che si insegna la dottrina. Nella messa parochiale ancora publicarsi le feste di precetto e divozione, e i giorni di digiuno che cadono nella settimana, e circa il digiuno la sera antecedente, dopo sonata l’avemaria, si suona a tocchi la campana grossa. La quaresima si predica in questa parochiale, non però l’avento. Era prima costume predicarsi ogni giorno. Sul principio di questo secolo, si incominciò a tralasciarsi il lunedì e il giovedì. Il predicatore è nominato dalla Comunità... ed essa li soministra per stipendio otto scudi romani... li passa mezzo scudo ducale per la cena del martedì di carnevale, mezzo passa di legna grosse e cento fascine di mozzicone e non di selva (don Giannandrea Ghirlanda, 1776).

Il terremoto del 1781 L’anno 1781 li 3 giugno giorno prima della Pentecoste verso le ore undici ed un quarto si sentì una grossissima scossa di terremoto, quale atterrò quasi tutta la città di Cagli, ed altri luoghi circonvicini a detta città, come pare grandi danni apportò alla città di Faenza, Forlì, ed a molti luoghi dello stato di Firenze, Pesaro, ed un non poco scrivellamento, a questo Convento, e Chiesa, qual terremoto ha continuato a dare delle scosse ora gagliarde e ora leggiere per tre mesi continui. Campione [...] di Monte Cicardo, Pesaro, Archivio del Convento dei Servi di Maria, iniziato nel 1667


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Persone divote33, i fratelli di cappa a Monte Cicardo Nel 1776 esistono a Monteciccardo tre confraternite laiche, due unioni di uomini e una di donne. Le confraternite si vestono tutte le seconde domeniche del mese con le altre due compagnie per fare la processione del sagramento e tutti li fratelli portano il lume acceso e lo danno ancora ad altri che non sono vestiti di cappa, annota ancora don Ghirlanda34. La più antica è la confraternita di Maria Santissima della Misericordia, fondata nel 1399. Questa Confraternita imitò quella della prima origine nel nome, nel fine e nel Sacco [bianco]. ...Fra gli esercizi virtuosi principalmente uno era di flagellarsi, vestirsi con un sacco bianco, onde venivano intesi, e chiamati egualmente Compagnie de’ Bianchi, Compagnie de’ Battuti... Ella si chiamò sempre Scuola, e i Frateli si battevano in que’ dati tempi... e conservano anche presentemente il Sacco bianco. Questa Compagnia solamente ha il suo proprio Archivio (Tommaso Briganti, 1784). Tra i principali compiti delle confraternite vi è quello di seppellire i morti, funzione assolta ancora nel 184935 dalla confraternita della Misericordia; quasi cento anni dopo, nel 1946, verrà istituita la Compagnia del Suffragio, con lo scopo di praticare la settima opera di misericordia corporale: seppellire i morti, assicurando a tutti, anche ai più poveri, un conveniente accompagno36. Catafalco di M. Ciccardo disegnato e dipinto da Annibale Pascucci di Sant’Angelo, disegno di Giovanni Gabucci, 1920-30 (Archivio Diocesano di Pesaro, Fondo Gabucci)


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La confraternita del Santissimo Sacramento, che don Ghirlanda dice eretta nel 1566 ma che Briganti ritrova già in un atto del 1562, veste di torchino, e ha il suo oratorio entro il castello, lati le case e la chiesa della Misericordia, dove si adunano i fratelli per fare le congregazioni e vestirsi di cappa. Alla confraternita del Sacramento spetta il mantenimento dell’altare maggiore della chiesa parrocchiale. Infine, la compagnia del Santissimo Rosario, che veste di roscio. Fondata nel 1599, dal 1627 è stata trasferita nella parocchiale, dove ha il suo altare. Anche la confraternita del Rosario ha il suo oratorio entro il castello, lati la strada e le case de’ signori Astolfi, dove si adunano li fratelli per discorrere delli interessi della compagnia e vestirsi di cappa. Alla compagnia del Rosario spetta il mantenimento del secondo altare a cornu epistolae di San Sebastiano: vi è il quadro che rapresenta Maria Santissima, san Domenico e santa Catterina; intorno al quadro sono distinti in altri tanti quadretti li quindici misteri del rosario... A lato vi è una lampada d’ottone apesa ad un bracio di ferro che dalla compagnia si fa ardere tutti li sabati, feste di precetto e feste della Madonna, per il cui mantenimento essa passa al rettore un quartarolo e mezzo d’olio. Vi sono poi le due unioni maschili, una de’ Bifolchi, che vanno alla cerca del grano e mosto per far cellebrare le messe nel giorno di detto santo [Antonio Abbate] nella parochiale; l’altra di Maria Santissima del Carmine che fa la cerca del solo grano, e serve le messe e cera e messa cantata nel giorno che si celebra la festa di detta signora. Riguardo all’Unione dei Bifolchi, don Ghirlanda aggiunge sarebbe però necessario, per ovviare mormorazioni, che depositassero o in mano del paroco o di altra persona il ritrovato delle questue. Dal 1775 vi è anche l’unione delle donne, composta dalle sorelle agregate alle tre compagnie, che fanno piccola cerca per solennizzare il padrocinio di Maria Santissima. Ancora nel 1849 alla confraternita della Misericordia è assegnato il compito di seppellire i morti, e nel 1946 verrà istituita a Monteciccardo la Compagnia del Suffragio, con lo scopo di praticare la settima opera di misericordia corporale: seppellire i morti, assicurando a tutti, anche ai più poveri, un conveniente accompagno. Importante anche il loro ruolo nelle feste religiose: tra le più sentite, a


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Monteciccardo, c’è ancora oggi quella di San Sebastiano Martire, titolare della parrocchia. Tra le feste legate alla vita contadina don Ghirlanda ricorda quella di Sant’Antonio Abate, protettore degli animali domestici, solennizzata a spese de’ Bifolchi la domenica dopo l’ottava di detto santo.

Prima pagina de L’Amico, bollettino della Diocesi di Pesaro, edizione di Monteciccardo (10 novembre 1946), con lo Statuto della “Compagnia del Suffragio”


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La Confraternita di Maria Santissima nel 1849 Questo Luogo Pio viene chiamato Chiesa, o Compagnia della Misericordia posta vicino la Parochiale ma fuori del Castello, di pertinenza alla Sacra Basilica Lateranense di Roma. Questa Chiesa non è consacrata, né risente alcuna servitù, vi è un solo altare sotto l’invocazione di Maria SS.ma. Pitture di celebri autori pare che non vi siano. Organo, Pulpito e Sepulture non vi sono. Vi è un piccolo Campanile con una picola Campana e si crede benedetta. Vi è l’areliquia [sic] di Maria SS.ma ma non si trova l’Autentica. (...) Questa Compagnia è povera, per cui tanto la Chiesa, che la Sagrestia è mancante di molti suppellettili e mobili necessari. (...) Questa Confraternita veste di Bianco ed è propria della chiesa, trasporta i Cadaveri alla Parochiale quando è invitata, in compenso poi gli viene datto dalla casa del defunto una Bernarda di grano. In quanto gli esercizi di pietà dirò che si presta a tutte le funzioni Parocchiali per cui si veste venticinque volte all’anno, per andare in Procissione, si dicono le litanie tanto nel andare quando nel ritornare all’Oratorio, e si dicono altre orazioni in Chiesa. Si fa una piccola questua di grano in Campagna, e questa serve parimenti per mantenere la Sagrestia. I fratelli sono n° 10. Questi si eleggono per pluralità di voti, gli ufficiali il Priore soltanto. (Relazione della Chiesa e Confraternita di Maria Santissima datte da me Don Francesco Costantini Ecconomo e Cappellano del suddetto Luogo Pio a V.E. Monsignor Giovanni Carlo Gentili Vescovo di Pesaro anno 1849, Archivio Diocesano di Pesaro)

Nell’immagine, timbro delle confraternite di Monteciccardo, 19 maggio 1910 (Archivio Parrocchiale di Monteccicardo)


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1802, Nota de suppelletteli della Chiesa della V. Compagnia della Misericordia di M.te Cicardo (Archivio Diocesano di Pesaro)


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Ogni confraternita ha il suo monte frumentario separato di stara venti di grano per ciascuno, che furono eretti... li 21 marzo 1667, con l’obligo che le sudette compagnie siano obligate a conservare detto grano, e quello distribuirlo ad imprestare a’ poveri del castello, e l’aumento sia libero per la compagnia. Ognuno ha il suo depositario, e sono: del Sagramento Andrea Volpara, del Rosario Cristofaro Scalogna e della Misericordia Pietro Crescentini, ed i libri li tiene il signor don Giovanni Crescentini, il quale è scritturale de’ sudetti monti frumentari (Tommaso Briganti, 1784). Quasi duecento anni dopo l’istituzione dei Monti frumentari, la situazione è assai diversa: ...Il fatto si è che la quantità di questo grano per la popolazione locale è troppo esuberante, per cui non volendolo lasciar marcire in magazzeno, convien mutuarlo a chicchessia e il più delle volte accade andar perdute delle partite, perché disperato il debitore, più disperata la sicurtà, e ciò sempre con danno del Luogo Pio. Per la Popolazione di Monte Cicardo una somma di 24 ovvero 25 stara di grano sarebbe sufficientissima. Il dippiù sarebbe ottima cosa, se S.E. R.ma Monsignor Vescovo pensasse erogarlo in altro uso... La prima istituzione di questi Pii Stabilimenti fu bella e santa, ma se que’ benefattori tornassero in vita e vedessero come sono corrisposte le loro beneficenze, io credo si pentirebbero del loro operato. In allora le popolazioni erano più cristiane e di retto pensare, ma oggi sono variate le circostanze de’ tempi e le persone beneficate dimentiche della giustizia e della gratitudine, non cercano che frodare e tradire i loro benefattori non vergognandosi (ottenuto, dietro preghiere e promesse il desiato intento) armarsi di arroganza ed orgoglio e di eccedere fino alle minacce mettendo talvolta anche in compromessi chi a tali beneficenze presiede...37


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Monteciccardo, Confraternita del SS.Sacramento, Libro del Monte Frumentario, una pagina dei taccuini di Giovanni Gabucci, 1920 - ‘30 (Archivio Diocesano di Pesaro)


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Scorcelli, archibugi, cadute dall’alto: casi di morte violenta dai libri della parrocchia di San Sebastiano L’atmosfera tranquilla descritta da don Tommaso Briganti è incrinata, come accade frequentemente nelle campagne ma anche in città, da incidenti ed episodi violenti che si concludono in maniera tragica. Tra scorcelli, archibugi e cadute dall’alto riportiamo alcune annotazioni dai libri dei morti conservati presso l’Archivio Parrocchiale di San Sebastiano di Monteciccardo38, utili a completare il quadro della vita quotidiana in paese. Se l’archibugiata appare per gli sbirri connessa ai rischi del mestiere, sorprende, oggi, trovare tra le vittime di spari e coltellate anche alcune donne. Meno insolite, purtroppo, le morti per il gran freddo e gli stenti che colpiscono i mendicanti, nonostante l’accoglienza offerta loro dall’ospedale. 13 Gennaio 1618 - Donna Cattarina moglie di Giacomo J. d’anni 60 incirca fu ammazzata con quattro scorcellate e fu sepolta die dicto qui nella chiesa di san Sebastiano. 1 giugno 1661 - Donna Marina figlia di Gio:.... D. C. alias della Marina passò da questa vita per archibugiata e fu sepelita nella chiesa di San Sebastiano di Monte Cicardo il giorno seguente senza sacramenti per essere morta subito. 5 aprile 1669 - Gio:Battista figlio di Francesco B. passò all’altra miglior vita per sparo di un archibugio e si le cacciò la codetta nella testa e di quella morì il quarto giorno. 10 di Agosto 1682 - Pierfrancesco figlio di Gio: A. da Monteciccardo ed abitante in questa cura, essendo andato il giorno avanti alla chiesa dei RR. PP. Osservanti di Monte Baroccio per essere elli divoto del Beato Sante fu ammazzato con cortellone ed era di anni 23 incirca, ebbe prima di morire l’assoluzione avendo, dopo segni di pentimento, l’estrema unzione. Fu sepelito nella chiesa delli medesimi RR. PP. con mia licenza che li diedi in scritto con patto di non ricever pregiudizio alcuno ed ebbi per accordo fatto sol suddetto Gio: quattro libbre di cera così volendo egli acciò fosse sepelito lassù. In fede, Agostino Agostini. 22 Maggio 1685 - Gio:Paolo figlio del Gio:B. D. alias Capeccio di età di anni 29 da MonteCicardo et abitante in questa cura essendoli stata tirata un’archibugiata dopo aver ricevuti li SS.mi sacramenti della Confessione


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Un dettaglio del Libro dei morti 1768-1817 della parrocchia di San Sebastiano

e Comunione et Oli Santi rese lo spirito al creatore. Il suo corpo è stato sepelito in questa parrocchiale. In Fede, Agostino Agostini – Rettore. 13 luglio 1687 - Ferdinando G. da Bologna sbirro di campagna di età di 45 anni in circa, essendo stato colpito d’archibugiata nella testa subito passò all’altra vita non avendo avuto tempo di ricevere sacramento alcuno. E’ stato sepolto in questa parrocchiale. Così è. Io Agostino Agostini Rettore. 17 Luglio 1700 - Francesco figlio di Antonio M. alias Prefetto, Piazzaro di questo luogo essendo stato ucciso con archibugiata et assolto da un sacerdote essendo di età di anni 50 incirca è stato sepolto in questa parrocchiale. 25 Gennaro 1708 - Benedetto G. Mantoano e Sbirro di Pesaro tenente morì di schioppettata dentro questo castello di Monte Cicardo d’età di anni 25 incirca e non hebbe altro che l’assoluzione sub conditione mentre morì quasi subito e il suo cadavere fu sepolto in questa chiesa nella sepoltura dei forestieri. In Fede io Oratio Pompi - Rettore. 29 Gennaio 1739 - Mastro Giovanni Z. da Monteguiduccio diocesi di Urbino uomo vagabondo e mendicante fu trovato morto dentro il forno della possessione del Sig. Pasquale Stefani e il suo cadavere fu sepolto in questa parrocchiale. 17 maggio 1742 - Agata Marta figlia di Pietro P. da questa cura ritornando da Montefabbri diocesi di Urbino dal Sig. Brancorsini fu ritrovata morta affogata nel fiume detto l’Apsa vicino al molino di detto fiume nel passo per caduta dalla scala per quanto può supporsi che serva per passare il fiume. Dentro i limiti della cura della Serra di detta Diocesi e così


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patita licentia al Sig. Arciprete di detto luogo fu da me levata e portato il di lei cadavere a questa chiesa ove fu sepolta in età di anni 20 incirca. In Fede Oratio Pompi. 26 giugno 1796 - Camilla di Pietro C. essendosi ritrovata.... appesa ad una trave con corda al collo rese l’anima a Dio, visitata dal Giudice ricevuta per altro (nulla osta)..... di mons. Vescovo Luigi Pandolfi è stata sepolta questa sera nella sepoltura dell’altare di San Girolamo in questa chiesa parr.le. In Fede Franco Andreatini Rettore. 12 Ottobre 1796 - Ludovico G. in età di anni 80 incirca essendosi ritrovato morto nella propria casa chiuso da catorcio per di dentro che credesi dal gran freddo. Quest’oggi fatte sul di lui corpo le solite esequie a tenore del rituale romano è stato sepolto nella sepoltura dei f.lli del SS.mo Sacramento.

1695, caccia al ladro Quando il 21 settembre 1695 gli sbirri della Legazione giunsero a Monte Ciccardo per arrestare Bernardino Vagnini, accusato di furto a danno di un sacerdote di Ginestreto, il sospettato era in casa sua ma sentendo il rumore de’Birri salì nel tetto di detta sua casa con una scala, e per un’apertura, che assai prima avea fatta nel detto tetto. Di lì riuscì a raggiungere la copertura dell’abitazione vicina e quindi saltò la pubblica strada larga otto piedi per raggiungere il tetto del magazzino della Compagnia della Misericordia e di seguito quello della sagrestia. Arrivato dove doveva afferrò la ramata della prima finestra di detta chiesa di dove fu distaccato da birri saliti sopra una scala, et essendo nell’arresto da medesimi percosso in due parti della testa, uscì dalle loro mani e provò d’arrivare nella ramata dell’altra finestra della Chiesa, ma ripreso nuovamente da Birri, legato lo fecero scendere per la medesima scala di cui s’era servita la corte per salire39.


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Catasto gregoriano, mappa di Monteciccardo, sec. XIX, foglio n. 4 (Archivio di Stato di Pesaro)


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Pianta del primo piano del Conventino di Monteciccardo. La pianta, conservata presso l’Archivio dei Padri Serviti di Pesaro, è databile tra il 1705 e il 1726 (da Londei-Mascia, Il Conventino di Monteciccardo)


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Sopraggiunto dalla Notte: Bernardino Fabbri e il Conventino di Monteciccardo La Chiesa sotto l’invocazione di Santa Maria delle Grazie, a cui va unito il Convento dei Padri Serviti, ebbe l’origine l’anno 1517 per un atto di Ospitalità usato dai PP. Serviti della Congregazione dell’Osservanza di Pesaro, che abitavano nella Grancìa di Calibano, a Mastro Bernardino Fabbri di Monte Cicardo. La gratitudine della ricevuta Ospitalità obbligò quest’uomo pio, che non aveva Figli, instituire di tutto il suo Asse (dopo la morte della sua Moglie, che lasciò usufruttuaria) il Convento dei Servi di Pesaro… (Tommaso Briganti, 1784). Il 28 agosto 1517, presso il notaio Giovanni Nardi q. Ser Pietro Paolo de Vite da Monte Le Vecchie, viene rogato l’atto con il quale Bernardino Fabbri, possidente di Monteciccardo, nominava eredi universali del suo patrimonio i Padri Serviti di Pesaro, con obbligo, ed aggravio, che da donna Lorenza Bartoli sua moglie… usufruttuaria… si edificasse in fondo Caifabbro sopra suoi beni ivi esistenti, un Convento della Religione dei Servi, e membro de Servi di Pesaro col titolo, e nome di Santa Maria delle Grazie40. Romolo Liverani, Veduta del conventino dei Serviti, sotto a Monteciccardo come nel 1851. Nel campanile si riconoscono lo stemma dell’Ordine dei serviti e l’orologio. Tra gli alberi si intravede il castello di Monte Santa Maria


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…Un certo Bernardino Fabbri, d’età molto aggravata, essendo un giorno andato a Pesaro, ed ivi trattenutosi per i suoi interessi tanto verso sera che giudicò per la debolezza e per la Vecchiaia non potere di giorno giungere all’Abitazione di Monte Cicardo distante da Pesaro Otto Miglia; onde si portò al Convento de’ Padri Zoccolanti Riformati, chiamati in Pesaro li Padri di San Giovanni, e chiedendo per carità l’alloggio per quella sera: ma per sua disavventura non vi essendo allora in Convento alcuno di que’ padri a quali egli aveva più volte fatta la Carità in Monte Cicardo, non poté ottenere la carità dell’Albergo; onde molto di malavoglia uscì dalla Città per ritornare a Monte Cicardo, e caminando a passo lento, giunto a Calibano solo due miglia distante da Pesaro, e sopraggiunto dalla Notte, e da una grande, e furiosa Pioggia, con Grandine, non ebbe forza di seguitare il viaggio, onde costretto dalla necessità con tutta umiltà chiese per l’amor di Dio l’Alloggio a molti di Calibano, e niuno lo volse ricevere; finalmente ricorso con lacrime a nostri Padri Serviti di Calibano, e subito fu ricevuto con tutta umanità e carità e fu trattato con tutta la Civiltà. Nel seguente giorno ringraziò vivamente li Padri e ricordevole, d’essere stato ricevuto con tanta benignità, promise, che sempre tenuto avria gratissima memoria di quella caritativa Ospitalità…41 Morì Mastro Bernardino poco dopo, e la moglie diede subito esecuzione alla volontà del marito. L’anno 1519 nel Capitolo generale adunato in Udine il dì 12 Maggio fu accettata la detta eredità e fu mandato in Priore il Padre Pietro da Pesaro, perché principiasse a fabbricare il Convento, il quale rimanesse unito a quello di Pesaro (Tommaso Briganti, 1784). I lavori per l’edificazione del convento risultano già avviati nel novembre 1520, periodo al quale risalgono le prime notizie della costruzione della chiesa; nel 1523 donna Lorenza conferma la donazione del marito ai frati, col Legato che debbano terminare il Convento di Santa Maria delle Grazie di Monte Cicardo nel luogo ove era stato incominciato e nel 1529 il priore Fra Domenico fa mettere la campana sul campanile42. Nel 1533 la chiesa del Conventino fu consacrata da Monsignor Niccolò, Vescovo d’Arbo, e nel 1583 nel Capitolo di Sermide fu dichiarato Convento indipendente con Priore assoluto nella Congregazione, ora Provincia di Mantova (Briganti). La struttura del convento raggiunse l’assetto definitivo sul finire del


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Settecento: sino ad allora i Padri Serviti ebbero un ruolo importante nelle vicende del paese, sia per la loro partecipazione alla vita religiosa, con il ministero della predicazione, sia per lo scambio quotidiano con gli abitanti di Monteciccardo. Oltre ai falegnami e muratori citati in precedenza, nel 1750, tra i diversi lavori effettuati ďŹ gurano gli accorgimenti necessari per rendere fori di clausura la camera vicina alla porta del convento, per poter ricevere anche le donne che vengano ad accomodare la biancheria43. Qualche anno prima, nel 1726, priore il Padre Maestro Giuseppe Maria Giovanni Gabucci, Camino nella sala del Capitolo del Conventino e Cisterna del Conventino ottagonale sostenuta da cariatidi di pietra, anni Venti - Trenta del ‘900 (Archivio Diocesano di Pesaro)


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Cavalli fu fatto fare un portico contiguo alla chiesa per commodo del popolo, e per levare al convento la soggezione di vederlo sempre pieno di contadini, e finalmente per ovviare altri disordini. …L’istesso anno, considerando che il portico sudetto… non riusciva di quel giovamento che si sperava, e vedendo crescere sempre più il concorso del popolo nella nostra chiesa propose alli padri di fare del sudetto portico una navata… E difatti fu cominciata li 19 luglio 1726, e fu terminata l’anno sudetto… nel mese di novembre44. In questa parochia vi è come si disse il convento de’ Servi di Maria, ed abitano al presente otto religiosi, e cioè Il padre Filippo Bruscoli priore, il padre Giuseppe Ferri, il padre Giuseppe Bruni, il padre Giacomo Massa, il professo sostegno Mora, fra Andrea Gentili, fra Pelegrino Stefani, fra Pelegrino Stagni (Giannandrea Ghirlanda, 1776). Abbandonato dai frati nel marzo 1798, in seguito alla soppressione degli ordini religiosi decretata da Napoleone, riaperto per un breve periodo tra il 1800 e il 1810, nel 1813 il Conventino fu venduto dal Demanio a Felice Corraducci di Sant’Angelo in Lizzola, fratello di padre Francesco Corraducci. Grazie agli appelli accorati di padre Francesco, appoggiati dalla popolazione, l’autorità ecclesiastica concesse nel 1815, all’epoca della Restaurazione, che il Conventino fosse riaperto, nonostante non raggiungesse il numero di dodici membri richiesto dalla riforma promulgata in quegli anni dallo Stato pontificio. I sei padri presenti all’epoca diventano quattro nel 1848, testimoniando la decadenza ormai certa del complesso monastico45. Il Conventino fu definitivamente soppresso nel 1861: dopo l’Unità d’Italia, l’edificio divenne di proprietà del Comune che ne utilizzò i locali come abitazione (tra l’altro per il medico condotto) e come scuola. Alla fine del secolo l’area adiacente alla chiesa fu adibita a cimitero, al posto del vecchio camposanto del paese46; nel 1897 il rettore della parrocchiale don Paolo Clementi è incaricato dall’amministrazione comunale, dietro compenso annuo di lire 10, di officiare e custodire la chiesa dell’ex conventino dei PP. SS. di proprietà comunale (l’incarico sarà rinnovato nel 1902)47 e nel 1900 troviamo l’edificio già utilizzato per manifestazioni culturali. Nel novembre 1902 il Consiglio comunale delibera di sostenere una spesa di 266,50 lire pel ristauro del campanile dell’ex convento dei


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PP. SS. minacciante rovina48. Scampato ai bombardamenti della II Guerra Mondiale, che distrussero quasi completamente il paese, il convento fu nell’immediato Dopoguerra sede del Municipio, e quindi nuovamente utilizzato come abitazione, fino agli anni Settanta del Novecento. Negli anni Ottanta ebbero inizio i lavori di restauro della struttura, riaperta nel 1988.

Uomini in alto affare,

Giovanni Gabucci, Monteciccardo, chiesa del Conventino, già dei PP. Serviti, lapide in marmo nero..., anni Venti - Trenta del ‘900 (Archivio Diocesano di Pesaro)

Fantasmi al Conventino Insieme con il suo tesoro, solitamente nascosto in qualche anfratto o passaggio segreto dei sotterranei del castello, ogni paese ha i suoi fantasmi, che appaiono a sorpresa preferibilmente facendo irruzione dalle crepe dei vecchi muri o sbucando all’improvviso dai cespugli. Non fa eccezione il Conventino, dove molti affermano di avere percepito strane presenze, a partire dallo spettro buongustaio che si annuncia con un appetitoso profumo di ciambellone appena sfornato, senza dimenticare il cagnolino che, almeno fino agli anni Trenta del ‘900 accompagnava i viandanti di passaggio sulla strada verso Ginestreto.


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personaggi illustri tra i Padri Serviti del Conventino Tra i Padri Serviti di Monteciccardo si annoverano diversi personaggi illustri, da Antonio Ridolfi, priore del Conventino nel 1651 e Confessore del Sacro palazzo apostolico a Roma a Padre Antonio di Monte Cicardo, morto a Macerata nel 1550, ottuagenario, in odore di santità. Più conosciuto è oggi Giulio Cesare Marinelli, autore di un trattato di musica intitolato Via retta della voce corale, overo Osservationi intorno al retto esercizio del canto fermo divise in cinque parti, pubblicato nel 1671 a Bologna, ben noto agli studiosi della materia, che anche sul web riportano stralci del suo lavoro49. Non ne abbiamo altre notizie, ma il già citato Libro Campione segnala anche Francesco Ondedei, Omo eruditissimo nella Geometria et Architetura, quale per molti Anni servi il Senato di Lucca e di Toscana, dove per memoria delta sua Professione diseccò molte Lagune, e le rese fertili, e si fabbricarono moltissime Fabbriche, che ora si vedono; infine, Ludovico Zacconi ricordava uomini molto virtuosi e onorati in Lettere, e in alto affare, come il Sig. Ardovino Gavelli Protonotario Apostolico, e Cavaliere extra muros di Clemente VII e il Sig. Girolamo Gavelli Zio del suddetto, che in Roma fu salvaroba [guardarobiere] di Pio IV e Gregorio XIII. Via retta della voce corale: il frontespizio e una pagina del trattato musicale di padre Giulio Cesare Marinelli


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Popolazione a Pesaro e sua diocesi 1591 - 1787 (Fonte: Stati delle anime)50 Monteciccardo, Montegaudio, Monte Santa Maria, Ginestreto, Sant’Angelo in Lizzola, Mombaroccio Anno

Monteciccardo

Montegaudio

Monte S. Maria

Ginestreto

S.Angelo in Lizzola

Mombaroccio

1591

785

283

332

894

1628

628

183

233

882

748

1392

1644

646

168

261

1044

803

1338

1656

654

173

238

1016

697

1400

1668

636

208

240

986

821

1448

1672

567

198

251

1070

891

1481

1678

617

175

275

1043

739

1481

1689

664

210

277

1122

827

1532

1701

612

192

276

1096

752

1472

1736

567

212

252

1206

824

1453

1787

564

201

316

1160

903

1806


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Fichi, cardi e ficcanasi. Il nome di Monteciccardo Nella bibliografia riguardante Monteciccardo, ampio spazio è occupato dalla discussione intorno al toponimo, sul quale gli studiosi continuano tuttora a interrogarsi. Oreste Tarquinio Locchi, ne La provincia di Pesaro e Urbino (1934)51, riporta l’informazione trasmessagli da Giovanni Gabucci, secondo il quale l’origine del nome sarebbe da ricondurre al cardo fiorito sul più alto dei tre monti, riprodotto in un vecchio quadro della Chiesa della Misericordia52. Gabucci ricavò l’ipotesi da Antonio Ridolfi, uomo di lettere e priore del Conventino di Monteciccardo nel 1651, il quale, dice don Tommaso Briganti, pretese erroneamente che il paese si chiamasse MONTE TRICARDO dai tre monti e dai tre cardi che formano l’arma della Comunità. Don Tommaso non tralascia di segnalare (e scartare) anche una possibile connessione del nome del paese con il greco sykon (fico), sostenuta da Francesco Fabbri, parroco di Monteciccardo tra 1626 e 1635, che nella sua Storia di Pesaro fa derivare il toponimo “dal seccarsi ivi de’ fichi”. In effetti, sebbene i fichi del contado di Pesaro siano citati da diverse guide turistiche dei primi del Novecento (ancora Gabucci ricorda che tra i doni richiesti da Francesco Maria II Della Rovere a Giulio Cesare Mamiani, conte di Sant’Angelo in Lizzola, figurava anche un mazzo di fichi, mentre Locchi riferisce dei rinomatissimi fichi di Ginestreto53), quest’ipotesi non appare convincente: come nota Italo Mariotti54, sembra che tutto sia nato da una speculazione pseudoetimologica, da una commistione cioè di sykon, siccare e Siccardus o Sicardus, nome di un presunto re di Sicilia che si sarebbe rifugiato su questi colli, chiamato in causa da Ludovico Zacconi nel suo Centone di storia della città di Pesaro. A proposito di nomi e di fichi, Mariotti ricorda comunque che Annibal Caro, nel Commento di ser Agresto (1539), insegna – nel suo tono burlescamente accademico – che “molti uomini e molti luoghi hanno avuto da’ Fichi nome immortale” e, a proposito di luoghi, che “in Toscana Fighine [Figline], Monte Ficale; nel pesarese Monte Sicardo; nella Marca Castel Figardo [Castelfidardo]...”. La congettura ragionevole – conclude Briganti - è che un qualche signore potente chiamato Sicardo nelle nostre vicinanze, o lo fabbricasse, o in que’ tempi, ne’ quali i Castelli si ribellavano dalle Città, lo fortificasse, e ne divenisse Padrone. “Congettura” condivisa dallo studio di Italo Mariotti, che elenca numerosi toponimi settimanici (cioè provenienti da un


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nome di persona di origine germanica) come, per restare in zona, Mombaroccio, Monteguiduccio o Colbordolo, in cui a Monte o Colle segue un nome di persona di origine germanica. (...) Sicardo, aggiunge Mariotti, è un nome germanico, derivato dal tedesco sigu/sigi ‘vittoria’ e hart ‘duro, forte’... Sicardo era per esempio un vescovo di Cremona del XII-XIII secolo. Largamente testimoniati sono poi cognomi come Sicardo e Siccardo, Sicardi e Siccardi. Non è invece documentato né approfondito da dotte dissertazioni il legame tra Monteciccardo e i curiosi: certo è che a tutt’oggi la tradizione assegna al paese dei tre colli la scherzosa nomea di paese dei ficcanasi, probabilmente dovuta, più che alle pettegole inclinazioni degli abitanti, alla posizione geografica che consente di spaziare con lo sguardo tra Pesaro, Fano e Urbino, controllando agevolmente i colli circostanti. Stemma del Comune di Monteciccardo, 1985 (Archivio Comunale di Monteciccardo)

Come risulta dal Decreto del Presidente della Repubblica Italiana datato 25 ottobre 1985, lo stemma di Monteciccardo reca la seguente blasonatura: di rosso, al cardo d’oro, munito di quattro foglie, due e due, quelle superiori poste in banda e in sbarra, quelle inferiori poste in fascia, nodrito sul monte all’italiana di tre colli, d’argento, fondato in punta, esso cardo accompagnato dalle lettere maiuscole M e S, d’argento, poste a destra e a sinistra del fiore55.


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La vita in villa Accanto a don Tommaso Briganti, molti sono i personaggi illustri e le famiglie e che tra il XVIII e il XIX secolo eleggono Monteciccardo e i paesi dei dintorni a luogo di riposo e svaghi. Sul limitare del territorio comunale, al confine con Sant’Angelo in Lizzola, si trova Villa Perticari: insieme con la chiesa di Sant’Egidio, costruita nel 1684, Villa Perticari diventerà col tempo parte di un sistema comprendente il bosco di cipressi sulla sommità della collina e il teatro “Giulio Perticari”, eretto nel 1851. Testimone di vicende che videro protagonisti i più grandi ingegni del XIX secolo, riuniti intorno a Giulio Perticari e a sua moglie Costanza Monti, Villa Perticari accolse tra gli altri, oltre al poeta Vincenzo Monti, anche Gioachino Rossini e Giacomo Leopardi. Della villa e del teatro, distrutti nell’estate del 1944, restano oggi solo poche immagini, a raccontare di un’età davvero irripetibile per la cultura di Pesaro e dei suoi dintorni.

Sant’Angelo in Lizzola (Pesaro), panorama da ponente, cartolina datata 16 agosto 1932. A destra si nota, tra la vegetazione, la Villa Perticari: don Giovanni Gabucci ha evidenziato il sistema Villa – Chiesa – Teatro (Archivio Diocesano di Pesaro, fondo Gabucci)


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Negli anni immediatamente precedenti la II guerra mondiale la canonica di San Sebastiano ospita la villeggiatura della famiglia di Scevola Mariotti, grande francesista; proprio all’ingresso del paese, si trova Villa Mancini, registrata dai documenti del catasto pontificio come casa di villeggiatura di Pompeo Mancini, con attigua casa colonica56. Poco distante si trova la casa di villeggiatura di don Antonio Masini di Mombaroccio (identificabile con Villa Costantini), sempre citata dal catasto pontificio insieme con altre ville scomparse o delle quali è incerta l’identificazione57. Il Libro Campione dei frati del Conventino ricorda anche che nel 1694, con l’occasione che il Cardinale Astolfi legato d’Urbino si trattenne nel Casino del signor Ardizi, …si fabricò la stalla di sotto il nuovo Granaro… nella stalla si fabricò mezza greppia essendo sufficiente per il bisogno del convento, e [il cardinale Astolfi] si servì della stalla per li suoi cavalli, ed egli fece fare l’altra metà della greppia ove stallavano dieci cavalli. Romolo Liverani, Veduta del Teatro Perticari in Sant’Angelo aperto l’autunno del 1851. In fondo alla strada si intravede la Villa dei Perticari.


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A destra, Villa Mancini nel 1969 (raccolta Eleonora Mariotti Travaglini e Famiglia Mariotti, Pesaro)

Villa Monti, marzo 2009 (fotograďŹ a Gabriele Giorgi, Pesaro)


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Villa Monti Senz’altro, però, la principale residenza di villeggiatura di Monteciccardo fu Villa Monti, che ancor oggi domina la strada tra Ginestreto e Sant’Angelo in Lizzola, all’angolo con l’attuale via dei Briganti, nascosta da una folta vegetazione. Ottimamente conservata, pressoché intatta nel suo impianto equilibrato e ben scandito, Villa Monti è di recente tornata in possesso dei discendenti della famiglia, che la fece costruire probabilmente nella prima metà del XVIII secolo. Gran parte dei documenti riguardanti Villa Monti si sono purtroppo persi a causa degli eventi bellici, ed è forse la scarsità di documentazione che ha consentito l’avvalorarsi dell’ipotesi di un legame tra Villa Monti e Costanza Monti Perticari, che non ha invece altri fondamenti al di fuori dell’omonimia tra le due famiglie. Le notizie che vi proponiamo ci sono state fornite dagli eredi dei Monti, Giancarlo Crescentini Anderlini e Giovanni Zaccarelli, che ringraziamo per la loro disponibilità e cortesia. Lavoro di Enrico Monti, disegno probabilmente databile alla metà dell’800 (Archivio Diocesano di Pesaro, fondo Gabucci)


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Sopra, a sinistra: Enrico Monti, autoritratto; a destra: l’elenco dei dipinti della quadreria di Villa Monti; sotto a sinistra: Enrico Monti con sua moglie (raccolta Giancarlo Crescentini Anderlini, Pesaro). Calice usato in Imola dal Sommo Pont. Pio VII – Monteciccardo, Villa Monti (Brigante); sul retro: ora della Sig.ra Emilia Monti ved. Mazzuccato. Sul retro della cartolina si legge una parte del timbro postale: 1926 (Archivio Diocesano di Pesaro, fondo Gabucci)


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Enrico Monti, Ritratto di giovinetta (collezione privata, Pesaro)


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Campo estivo a Villa Monti, 1951 (raccolta Famiglia Antonini, Sant’Angelo in Lizzola).


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Con ogni probabilità la villa nel suo attuale disegno fu edificata al posto di una vecchia casa colonica dal ramo pesarese dei Monti, originari di Sant’Angelo in Vado: Giancarlo Crescentini Anderlini, appassionato cultore della storia di famiglia ricorda infatti una lettera dell’amministratore di casa Monti in cui si accennava a certi ladri entrati nella proprietà (il toponimo odierno Strada dei briganti si riferisce tra l’altro a una tradizione orale incentrata sui malfattori che avrebbero avuto in questa zona il loro covo); l’amministratore ricevette disposizioni di abbattere l’edificio, e di ricostruire al suo posto la villa che vediamo oggi, dalla struttura affine a quella delle ville venete, completata, ricorda l’avvocato Crescentini Anderlini, dall’invenzione di Benjamin Franklin, ossia da tre parafulmini. Del complesso fa parte anche la chiesina privata tuttora esistente. Risparmiata dai bombardamenti, Villa Monti fu donata nel 1939 ai Missionari comboniani di Villa Baratoff di Pesaro da Emilia Monti Mazzuccato, figlia di Enrico, che ne mantenne però l’usufrutto. La villa divenne rifugio della famiglia, sfollata dalla città ma costretta ad una nuova partenza dall’arrivo delle truppe tedesche, che stabilirono a Villa Monti la sede del loro comando. Acquistata dopo la guerra dalla famiglia Zaffini (a lungo custode della villa) e nei primi anni Settanta del ‘900 dalla famiglia Morante, la villa è ritornata da alcuni anni nell’ambito della famiglia che l’aveva originariamente edificata: ne è infatti attuale proprietario Giovanni Zaccarelli, discendente dei Monti per parte di madre.Come ricorda il professor Zaccarelli, Enrico Monti fu sindaco di Monteciccardo: artista e intellettuale dai mille interessi, Monti prese parte insieme con Terenzio Mamiani, ultimo conte di Sant’Angelo in Lizzola, all’esperienza della Repubblica romana. Enrico Monti è ancora oggi ricordato come un uomo anticonformista, dalle grandi passioni e di grande fascino: senz’altro un protagonista del suo tempo. Pittore egli stesso, fu un grande appassionato d’arte: la pinacoteca di Villa Monti custodiva numerose copie di capolavori, oltre a due Canaletto. Sarebbe il personaggio ideale per un’intervista impossibile sul modello di quelle che fece la radio qualche anno fa, conclude con un sorriso Giovanni Zaccarelli ricordando il suo trisavolo.

Villa Monti, targa con lo stemma di famiglia, che ricorda il restauro del 1911


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San Giacomo e casa Bardovagni Tra le residenze del territorio di Monteciccardo c’è anche l’attuale Casa Marcolini, in passato appartenente alla famiglia Bardovagni, come ricorda il toponimo ancora esistente. Del complesso, che oggi ospita un’azienda agricola, fa parte anche la chiesa privata di San Giacomo: la Chiesa sotto l’invocazione di S.Giacomo Appostolo fu fabbricata dal Sig. D. Pietro Bardovagni nel 1684 per proprio comodo vicino al suo Casino fondo Monte Goccio. E’ Juspatronato laicale della casa Pompei, Nob. di questa città [Pesaro], come erede del suddetto, e vi faceva celebrare una Messa quotidiana. La scarsezza de’ Sacerdoti obbligò la Famiglia Pompei a trasferire altrove la celebrazione delle Messe nei giorni feriali; lasciandole però per le feste di precetto, e per alcune di divozione nella suddetta chiesa; il che ora si eseguisce da’ PP. Servi di detto luogo (Tommaso Briganti, 1784).

Festa alla chiesina di San Giacomo, 16 ottobre 1958 (raccolta Annamaria Marcolini, Corinaldo)


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…Vi è una chiesa presso il casino de’ nobili Pompei a loro spettante, eretta l’anno 1684 sotto l’invocazione di San Giacomo apostolo da don Pietro e Giovanni fratelli Bardovagni (Giannadrea Ghirlanda, 1776). San Giacomo dei Bardovagni (el Barduagn) - Il signor Luigi Marcolini di Sant’Angelo in Lizzola comprò (…) la Chiesa e il fondo attiguo dai signori Carnevali di Pesaro, e fece celebrare con diverse messe la festa del protettore. Da qualche anno la Chiesa non veniva più officiata per la caduta del soffitto nel presbiterio e per le lesioni ai muri. Nel 1937 i signori Marco e Marzio Marcolini (nepoti di Luigi) la fecero restaurare riaprendola al culto il 16 ottobre 1937 e celebrando la festa di San Giacomo, da vari anni sospesa, il 17 ottobre (Giovanni Gabucci, 1937). La chiesa di San Giacomo (raccolta Annamaria Marcolini, Corinaldo)

Catasto Gregoriano, mappa di Monteciccardo, secolo XIX, foglio n. 5, dettaglio (Archivio di Stato di Pesaro)


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Montegaudio Assai antico (compare per la prima volta nel già citato elenco dei castelli del 1283, insieme con Monteciccardo), del castello di Montegaudio, nato probabilmente quale postazione di vedetta restano oggi i ruderi dell’arco d’ingresso e il campanone, la campana della torre fatta fondere nel 1507 da Giovanni Sforza. Si racconta che le pietre ricavate dalla distruzione della porta del castello, ancora in piedi alla fine dell’Ottocento, siano servite a pavimentare la strada verso Monteciccardo. Le prime notizie della pieve di Montegaudio, intitolata a San Michele Arcangelo e posta ai piedi del castello, lungo la strada che da San Cristoforo ad Aquilam (Colombarone) conduceva alla Flaminia nei pressi di Fossombrone, compaiono nelle Rationes Decimarum degli anni 1290-’92. L’edificio odierno risale ai primi del ‘600 e custodisce un organo di Giovanni Cipro da Ferrara, precedentemente nell’oratorio dell’orfanotrofio di Santa Maria Maddalena di Bologna. All’interno del castello si trovava un tempo la chiesa della Madonna della Neve, appartenente all’omonima Confraternita e oggi ricordata da una celletta. L’anime spettanti a questa parrocchia ascendono al n. 196, famiglie 40. Le loro arti sono il contadino... case povere: n. 10 nollanti e gli altri sono 16 possidenti e 14 coloni. La santificazione delle feste viene osservata, tutti vivono in pace, disordini non vi sono né tampoco scandali da ripararsi. (...) Nella presente parochia vi è la scola la quale fu instituita da monsignor Radicati. [L’Ospedale possiede] due letti con due pagliacci e due lettiere, otto lenzuoli, tre coperte di borra, un lume a mano, una cassetta d’abete per uso de’ lenzuoli (1776)58.


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Francesco Mingucci, Veduta del castello di Montegaudio, da Stati, Dominii, CittĂ , terre e Castella dei Serenissimi Duchi e Prencipi della Rovere, tempera (1626)


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Catasto Gregoriano, mappa di Montegaudio, secolo XIX, foglio n. 4 (Archivio di Stato di Pesaro)


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La porta di Montegaudio nei primi anni ‘30 del Novecento in un disegno di A. Paci del 1933 e in uno schizzo dai Taccuini di don Giovanni Gabucci. Accanto al disegno don Gabucci appuntò Lo stemma dei Malatesta sovrastante la porta

fu levato nel 1925 e mai più rimesso non ostante le pressioni della Deputazione di Storia Patria di Pesaro. Dicesi già venduto (1930) (Archivio Diocesano, Pesaro)


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Romolo Liverani, Veduta degli Avanzi del Castello di Monte Gaudeo distretto di Pesaro nel 1851


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I resti dell’ingresso al castello di Montegaudio: a sinistra negli anni Settanta del ‘900 (raccolta Carmen Allegrucci D’Orazi, Monteciccardo); a destra in una foto del marzo 2009


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Taccuini di don Giovanni Gabucci, gli stemmi riportati sulla campana (1930, Archivio parrocchia San Michele Arcangelo, Montegaudio)


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Il campanone di Montegaudio: a sinistra, subito dopo il restauro (raccolta Famiglia Giorgi, Montegaudio); a destra in una foto del marzo 2009


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Alessio Verati, Memoria dell’organo di Montegaudio (Archivio Parrocchia di San Michele Arcangelo, Montegaudio)


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La chiesa parrocchiale di Montegaudio, dedicata a San Michele Arcangelo, a sinistra, gli anni Settanta del ‘900 (raccolta Carmen Allegrucci D’Orazi, Monteciccardo); al centro in un’immagine del marzo 2009 a destra, timbro della Parrocchia di San Michele Arcangelo, Montegaudio, 1892 (Archivio Diocesano di Pesaro)


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Monte Santa Maria Le prime notizie del minuscolo castello di Monte Santa Maria sono del 1233, quando parte di esso risulta appartenere alla famiglia Fabbri (gli stessi di Montefabbri, oggi frazione di Colbordolo). Citato nell’elenco dei castelli soggetti a Pesaro nel 1283, Monte Santa Maria comprendeva un territorio vasto, che si estendeva sino all’Arzilla, includendo gran parte dei mulini situati lungo il corso del torrente che separa Pesaro da Fano. La chiesa parrocchiale di Sant’Agata di Monte Santa Maria, castello e diocesi di Pesaro, è posta denntro il medesimo castello, fabricata sopra la muraglia castellana unitamente alle case della stessa... le familie che si trovano in questa parrocchia sono n. 716... non vi sono in questa (...)ad(...)a mestieri, arti, e vi è poca povertà, solo che questi parochiani hanno il mestiere di coltivare ed arare la terra. (...) Discordie nelle famiglie non vi sono e né tampoco fra privati59.

Francesco Mingucci, Veduta del castello di Monte Santa Maria, da Stati, Dominii, Città, terre e Castella dei Serenissimi Duchi e Prencipi della Rovere, tempera (1626)


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Prima pagina dello Stato dell’Anime esistenti nella Cura Parroc.le di S.Agatha del Castello di Monte Santa Maria descritto da me Ludovico Magi Rett.e adi 12 marzo 1693 (Archivio Diocesano di Pesaro)


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Sopra, a sinistra: Monte Santa Maria, una pagina dai taccuini di don Giovanni Gabucci (Archivio Diocesano di Pesaro); a destra, il Castello in un disegno di Romolo Liverani (1851); a pagina 85, sopra, la chiesa di Sant’Agata in un disegno di Romolo Liverani; sotto in una foto di marzo 2009


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Catasto Gregoriano, mappa di Monte Santa Maria, secolo XIX, foglio n. 4 (Archivio di Stato di Pesaro)


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Villa Betti e i mulini dell’Arzilla Sin dal Cinquecento, tra Monteciccardo e Mombaroccio, lungo il corso dell’Arzilla risultano attivi diversi mulini: dei quattordici censiti60, ben otto si trovano nel territorio di Monteciccardo. Il più antico dei mulini dell’Arzilla compresi nel territorio comunale di Monteciccardo risulta essere il molino Torre o mulino Betti, al centro dell’omonima frazione, documentato dal 150561 e, almeno dal 1703, di proprietà della famiglia Betti62. Proprio intorno al mulino si sviluppa l’abitato di Villa Betti a partire dal ‘700: sul finire del XVIII secolo, infatti, la famiglia Betti costruisce a pochi metri dal mulino e dalla vecchia casa a esso adiacente, sulla strada maestra, una casa più ampia e funzionale. Successivamente all’edificio si aggiunge un magazzino con un forno a legna e, nel 1814, anche la chiesetta dedicata a San Paolino (dal nome di Paolo Betti, che ottenne dal vescovo il permesso di costruirla), tuttora di proprietà privata ma aperta al pubblico. Grazie alla presenza della chiesa la zona, già molto frequentata nei giorni feriali per via degli affari legati al mulino, si fa sempre più viva anche nei giorni di festa e nel corso del tempo i Betti aprono al pianterreno della loro casa un negozio di generi alimentari e uno spaccio di rivendita di Sali e tabacchi, con annessa l’osteria. Tra gli anni Venti e Trenta del ‘900 il mulino risulta ospitare le lezioni della scuola. Catasto Gregoriano, Monteciccardo, allegato, 1894, detaglio del mulino Betti loc. Torre (Archivio di Stato di Pesaro)


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Catasto Gregoriano, Monte Santa Maria foglio n. 4, dettagli con il mulino del Cerqueto (sopra) e del Bastaro (sotto) (Archivio di Stato di Pesaro)


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Catasto Gregoriano, Monte Santa Maria foglio n. 4, dettaglio con il mulino del Gatto (sopra); sotto i mulini dell’Arzilla, 1692, disegno (Archivio di Stato di Pesaro; il disegno dei Mulini è tratto da I sentieri dell’Acqua, 2001)


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Sigle e abbreviazioni: AdP Archivio Diocesano di Pesaro ApM Archivio Parrocchiale di Monteciccardo AcM Archivio Comunale di Monteciccardo

Avvertenze generali L’Archivio Comunale di Monteciccardo è stato quasi interamente distrutto dai bombardamenti della II guerra mondiale ed è attualmente in corso di riordino. In esso sono conservati documenti a partire dalla seconda metà dell’800 (inclusi numerosi registri delle deliberazioni di Consiglio e di Giunta), ma in modo sistematico solo dalla fine della seconda guerra mondiale. Non sono stati rintracciati i registri del periodo 1644-1802, citati nelle schede del Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche (http://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/pagina.pl?TipoPag=comparc&Chiave=192244, consultato il 19 marzo 2009). Salvo diversa indicazione, tutti i documenti estratti dall’Archivio Diocesano di Pesaro provengono da: Parrocchie, busta Monteciccardo, dove sono contenuti anche disegni e appunti di Giovanni Gabucci riguardanti Monteciccardo. I manoscritti di Giovanni Gabucci su Montegaudio e Monte Santa Maria sono invece stati consultati presso l’Archivio della parrocchia di San Michele arcangelo di Montegaudio nella primavera 2007. Segnaliamo infine che il consistente ed eterogeneo archivio di Giovanni Gabucci conservato presso l’Archivio Diocesano di Pesaro è attualmente in corso di sistemazione. I paesaggi di Francesco Mingucci sono tratti da Città e castella (1626). Tempere di Francesco Mingucci Pesarese, Torino 1991. I disegni di Romolo Liverani sono tratti da L’Isauro e la Foglia: Pesaro e i suoi castelli nei disegni di Romolo Liverani, Pesaro 1986. Le mappe del Catasto gregoriano sono conservate presso l’Archivio di Stato di Pesaro e sono state consultate in formato digitale e sono state pubblicate con autorizzazione dell’Archivio di Stato di Pesaro n.206 del 4 aprile 2009 La numerazione delle note ricomincia ad ogni capitolo; le citazioni bibliografiche sono date la prima volta per esteso e successivamente abbrevviate.


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Note Italo Mariotti, Appunti su Monteciccardo, in Atti e memorie della Deputazione di Storia Patria per le Marche, n. 92 (1987), pp. 411-427. Salvo diversa indicazione, tutte le notizie su Tommaso Briganti provengono dallo studio di Italo Mariotti. 2 Cfr. Girolamo Allegretti – Simonetta Manenti, I catasti storici di Pesaro, vol. 1, tomo 1 – Catasto sforzesco (1506), Tabulati, Pesaro 2000, pp. 129-136; vol. 1, tomo 2 – Catasto roveresco (1560), Tabulati, Pesaro 2004, pp. 161-174 e vol. 1, tomo 3 – Catasto innocenziano (1690), Tabulati, Pesaro 1998, pp. 147-152. 3 Tommaso Briganti, Memorie di Monte Cicardo, Pesaro, 1784. Le estese citazioni dal Briganti, intorno alle quali è costruita questa prima parte del volume, sono però estratte dall’edizione pubblicata in Antichità picene, Fermo 1792, vol. XVII, pp. 121-159 e riportata nella sezione Documenti. 4 Già segnalato da Annibale Degli Abbati Olivieri nell’Appendice n. XIX delle Memorie della Badia di S.Tommaso in Foglia nel contado di Pesaro (Pesaro 1778), l’elenco dei castra et comunantie, cioè castelli e comuni della Marca Anconitana che pagano il salario al podestà, riporta i castelli sotto la giurisdizione del Comune di Pesaro. Fondato forse su un documento del 1213, l’elenco comprende tra i castelli a sud del Foglia, verso Fano, anche il castrum Montis Gaudii, il castrum Montis Sancte Marie e il castrum Montis Scicardi (Massimo Frenquellucci, All’origine del Comune, 1999, p. 155; Antonio Carile, Pesaro nel Medioevo. Problemi di storia delle istituzioni e della società in Pesaro tra medioevo e Rinascimento, Venezia 1989, pp. 3-5). Dal 1283, fino al periodo napoleonico, Monteciccardo seguirà le sorti della città di Pesaro, dal passaggio tra le signorie dei Malatesta e degli Sforza ai Della Rovere, fino alla devoluzione del ducato roveresco allo Stato pontificio nel 1631. Altre notizie su Monteciccardo, anch’esse in gran parte basate sulle Memorie del Briganti, si possono trovare in Luciano Tomassini, Monteciccardo tra il passato e il presente, Roma 1985. 5 Giovanni Gabucci, Taccuini, Monteciccardo (circa 1920-1948) Archivio Diocesano di Pesaro (d’ora in avanti, AdP), Parrocchie, busta Monteciccardo. Approfittiamo per segnalare qui che i Taccuini di Giovanni Gabucci contengono anche un elenco dei rettori della parrocchia, probabilmente ricavato da quello redatto da don Giuseppe Tebaldi, consultabile presso l’Archivio Parrocchiale di Monteciccardo e riprodotto parzialmente in Tomassini, cit.. 6 Tommaso Briganti accenna al prospetto esattissimo, di cui parla anche Enrico Ferdinando Londei in Il Conventino e il Castello di Monteciccardo, in E. F. Londei – Pino Mascia, Il Conventino e Monteciccardo, Pesaro 1995, p. 7. 7 Breve Descrizione del Loco di Monte Cicardo Castello di Pesaro, trascrizione di A. Antonelli e E. F. Londei, in Londei – Mascia, cit., pp. 47 - 49. 8 Stato della Chiesa Parochiale di S.Sebastiano di M.Cicardo…, manoscritto, Archivio Parrocchiale di Monteciccardo (d’ora in avanti, ApM). Il testo è datato 1697, ed è stato scritto da don Agostino Agostini, ma contiene anche annotazioni successive, di altri parroci: secondo la descrizione di don Giovanni Gabucci, il quaderno è ricoperto di cartoncino cenere cupo, e l’indicazione riportata sulla copertina è di don Giuseppe Tebaldi, rettore di San Sebastiano tra il 1909 e il 1928. 9 Origine e fondazione del benefizio semplice di S.Francesco, AdP. 10 E.F. Londei, cit., p. 20, nota 13. 11 Allegretti - Manenti, Catasto innocenziano, cit.. 12 Allegretti - Manenti, Il catasto sforzesco, cit.. 13 La visita pastorale del cardinale Gennaro Antonio De Simone alla Diocesi di Pesaro (1776-1778), a cura di Guido F. Allegretti, Pesaro 2007. Le notizie su Monteciccardo, (pp. 150-174), che citeremo più volte, furono fornite nel 1776 dal rettore della parrocchia di San Sebastiano Martire don Giannandrea Ghirlanda. 14 Girolamo Allegretti, La visita apostolica della diocesi pesarese (1574), in Frammenti, rivista dell’Archivio storico diocesano di Pesaro, n. 2, 1997, p. 103. 15 Cronotassi dei vescovi della diocesi di Pesaro, da www.arcidiocesipesaro.it/index.php/arcidiocesi/cronotassi.html, consultato il 27 febbraio 2009, ore 17.15. 16 Un accurato studio sulla battaglia di Monteluro è stato condotto da A.Turchini, in La sera di Monteluro, 8 ottobre 1443, in D. Bischi (a cura di), Tavullia tra Montefeltro e Malatesti, Urbania 1986, pp. 11-130. 1


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Stato della Chiesa Parochiale di S.Sebastiano di M.Cicardo…, cit. Id., aggiunta di don Orazio Pompi. 19 Notizie su Bartolomeo di Maestro Gentile sono contenute in Paride Berardi, Arte e artisti a Pesaro, parte seconda, in Città e contà, rivista della Società pesarese di studi storici, n. 14, Pesaro 2001. 20 Don Andrea Melchiorri, Stato della chiesa parrocchiale di S.Sebastiano del Castello di M.te Ciccardo Diocesi di Pesaro…, 1802, AdP. 21 Antaldo Antaldi, Notizie di alcuni architetti, pittori, scultori di Urbino, Pesaro e de’ luoghi circonvicini, a cura di Anna Cerboni Baiardi, Jesi 1996, pp. 23 e 107. 22 Giovanni Gabucci, I santi di Pesaro, calendario della Giunta diocesana, 1937 e Monteciccardo – Pesaro – Opere d’arte, dattiloscritto del 16 giugno 1946 contenente l’elenco delle opere d’arte contenute nella chiesa parrocchiale che restò demolita dal bombardamento del 28 agosto 1944, AdP. L’opera del Lazzarini, riferibile alla seconda metà del XVIII secolo, è citata nell’Inventario dei beni storico-artistici della parrocchia di San Sebastiano realizzato dalla Conferenza Episcopale Italiana come Madonna del suffragio con San Ludovico che intercede per le anime purganti (Conferenza Episcopale Italiana, ufficio nazionale per i Beni Culturali Ecclesiastici – Servizio informatico, Inventario informatizzato dei beni storicoartistici della parrocchia di San Sebastiano Martire, dvd, s.d.). 23 Melchiorri, 1802, cit., AdP. 24 Inventario de Mobili e Stabili della Chiesa di Santa Maria della Misericordia di M.te Cicardo…, 1643, AdP. 25 Allegretti, La visita apostolica, cit. 26 Tomassini, cit., p. 79. 27 Stato della Chiesa Parochiale di S.Sebastiano di M.Cicardo…, cit. 28 Cfr. Allegretti - Manenti, Il catasto sforzesco, cit. 29 Carlo Vernelli, La popolazione di Pesaro e del suo contado nei ristretti delle anime del Seicento, in Città e contà, rivista della Società Pesarese di Studi Storici, n. 13, Pesaro 2001. 30 AdP, Parrocchie, busta 40, Monteciccardo: 1857 - Risposte ai postulati di S. Visita risguardanti le tre Confraternite, il Venerabile Ospedale e i tre Monti Frumentari di Monte Cicardo. 31 Cfr. Carlo Vernelli, La popolazione di Pesaro tra le crisi epidemiche del 1591 e del 1817, in Pesaro dalla devoluzione all’illuminismo, Venezia 2005. 32 Origine, Principio e Progresso del Convento detto de’ Servi col titolo di Santa Maria delle Grazie di Monte Cicardo, trascrizione di A. Antonelli e E. F. londei, in Londei – Mascia, cit., p. 65. 33 Confraternita. Società, e adunanza di persone divote stabilite in alcune chiese, o oratorii, per celebrare alcuni esercizi di religione, e di pietà, o per onorare particolarmente un mistero, od un santo, non che per esercitare uffici caritatevoli. (…) I colori dalle confraternite si debbono usare nelle mozzette, ne’ veli pendenti dai Crocefissi, e negli stendardi. Di colori differenti sono pure le vesti, dette sacchi, e i cordoni coi quali i confrati si cingono i lombi. …per segno di mortificazione e di penitenza adottarono il colore cinerino; per segno di pensare alla morte presero il nero; per conservarsi puri di cuore e di costumi, usarono il bianco; per significare la carità verso il prossimo, e l’amore verso Dio, il bianco e il rosso; per figura di modestia, il colore paonazzo, venendo col verde espressa la speranza de’ celesti godimenti, come col celeste, e col rosso l’umiltà, e lo zelo per l’onore di Dio, e per la fede. I quali differenti colori furono una imitazione di quelli usati per le sante crociate dai valorosi combattenti, incedendo le confraternite nelle divote processioni a guisa di schiere, precedute da bandiere, croci, ed insegne, etc. (Gaetano Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, vol. XVI, Venezia 1872 p. 117 e 125, da http://books.google.com/books?id=sWQAAAAAMAAJ&pg=PA3&dq=moroni+”ec.+ec.+ec.”+”vol.+xvi” &hl=it#PPA3,M1, consultato il 28 febbraio 2009, ore 16,45). 34 Salvo diversa indicazione le notizie sulle confraternite provengono dalla relazione di don Ghirlanda per la visita pastorale del cardinal De Simone più volte citata (1776). 35 Relazione della Chiesa e Confraternita di Maria Santissima datte da me Don Francesco Costantini Ecconomo e Cappellano del suddetto Luogo Pio a V.E. Monsignor Giovanni Carlo Gentili Vescovo di Pesaro anno 1849, AdP; cfr. infra, p. 40. 36 Statuto della “Compagnia del Suffragio”, da L’Amico, bollettino della Diocesi di Pesaro, edizione di Monteciccardo (10 17 18


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novembre 1946). 37 AdP, Parrocchie, busta 40, Monteciccardo: 1857 - Risposte ai postulati di S. Visita ..., cit. 38 I Libri dei morti della parrocchia di San Sebastiano coprono un vasto arco di tempo, a partire dal 1601. Ringraziamo per le segnalazioni dall’Archivio Parrocchiale di Monteciccardo, Gabriele Bonazzoli, che ha trascritto parte dei documenti, e il parroco don Giuseppe Cenci, che ne ha consentito la consultazione e la riproduzione. 39 Sara Benvenuti, Et fui fatto priggione, voci dal carcere vescovile pesarese, in Frammenti, rivista dell’Archivio storico diocesano di Pesaro, n. 13, Pesaro 2009; p. 183. 40 Origine..., in Londei – Mascia, cit., pp. 49-50. 41 Id., p. 49. 42 Id., pp. 48-51. Il volume di Londei – Mascia contiene, oltre alle mappe e alla pianta dell’edificio, una serie di fotografie che documentano lo stato del Conventino all’epoca dei lavori di ristrutturazione. 43 Id., p. 55. 44 Id., p. 54. 45 Tomassini, cit., pp. 93-94. 46 Il 9 novembre 1878, Giacomo Falcioni, barbaramente ucciso nell’osteria comunale, …venne tumulato nel nuovo cimitero; ancora nel 1908, l’11 agosto, Nazzareno Forlani… trovato annegato, dicesi per alienazione mentale, nel pubblico lavatoio detto di Pescherini… fu portato per le esequie di rito nella chiesa parrocchiale e tumulato nel nuovo cimitero. Nel 1904, il perito Luigi Marcolini sarà incaricato di progettare l’ampliamento del nuovo cimitero (cfr. infra, p. ). 47 AcM, Registro delle delibere consigliari, 1895-1936, seduta del 24 febbraio 1902. 48 Id., seduta del 9 novembre 1902. 49 L’opera compare nei cataloghi di numerose biblioteche italiane e straniere, ed è stata ristampata in edizione anastatica dall’editore bolognese Forni nel 1980; sul web un breve estratto dal trattato di Marinelli si trova alla pagina http://www. webdesigning.it/palmachoralis/i=Ragionamenti%20di%20musica#Musica%20profana%20italiana%20fra%20400%20e %20500 (consultata il 17 marzo 2009 alle ore 18.05). 50 Vernelli, La popolazione di Pesaro e del suo contado nei ristretti delle anime del Seicento, cit., pp. 37-38. 51 Oreste Tarquinio Locchi, La provincia di Pesaro e Urbino, Roma 1934, p. 697. 52 Giovanni Gabucci, Monteciccardo, appunti per una conferenza, fogli sparsi, AdP, fondo Gabucci. 53 Giovanni Gabucci, A casa nostra, appunti per la conferenza tenuta presso il cinema “G.Branca di Sant’Angelo in Lizzola”, 13 marzo 1948, manoscritto, Archivio parrocchia di San Michele Arcangelo, Sant’Angelo in Lizzola e Locchi, cit., p. 247. 54 Mariotti, cit. Lo studio di Italo Mariotti già ampiamente citato in precedenza costituisce a tutt’oggi l’analisi più approfondita sul nome di Monteciccardo. In esso sono contenuti, in nota, anche brevi ricordi personali, legati alla villeggiatura trascorsa dallo studioso, allora bambino, presso la canonica di San Sebastiano negli anni della II Guerra mondiale. Molte fotografie dall’album della Famiglia Mariotti, che ringraziamo per la cortesia e la generosità, illustrano le pagine di questo volume. 55 Archivio Comunale di Monteciccardo (d’ora in avanti, AcM), fascicolo Stemma; all’epoca della consultazione (primavera 2007) il fascicolo era conservato presso l’ufficio del Sindaco. 56 Peris Persi – Elena Dai Prà, Ville e villeggiature sui colli pesaresi a sud del Foglia, Fano s.d., pp. 257-260. 57 Id. 58 Guido F. Allegretti, La visita pastorale..., cit., pp. 175-183. 59 Id., pp.187-189. 60 Cfr. I sentieri dell’acqua. I segni dell’uomo lungo il bacino del torrente Arzilla, Fano 2001. 61 Id., p. 66 62 Per le notizie riguardanti la famiglia Betti e Villa Betti ringraziamo Dante Trebbi, autore di numerosi volumi di storia locale riguardanti la provincia di Pesaro.




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II.

Miserabili e briganti.

Documenti e testimonianze dalla Repubblica Cisalpina all’Unità d’Italia


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Timbro della parrocchia di San Sebastiano, 1811


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Nel 1817, dopo la caduta di Napoleone e la Restaurazione degli antichi governi seguita al Congresso di Vienna (1815), con il decreto del segretario dello Stato Pontificio cardinale Ercole Consalvi, Monteciccardo diventa Comune principale, con appodiati (dipendenti) Montegaudio e Monte Santa Maria. Nel castello del capoluogo risultano all’epoca 704 residenti, 236 a Montegaudio, 382 a Monte Santa Maria (392 a Farneto, appodiato per un breve periodo)1. Lo Stato delle anime per il 1815 descrive una situazione in tutto simile a quella tratteggiata pochi anni prima in occasione della visita pastorale del cardinal De Simone: niuno dei possidenti in questa parrocchia dai beni di sua pertinenza riprende quanto basta al sostentamento della propria famiglia. L’indicazione miserabile compare a fianco di molti nomi; fanno eccezione le famiglie di Sebastiano Pascucci (abitante in casa propria), Giambattista Grazioli, fornaio, Sabatino Picinetti, contadino. Tra gli altri mestieri lo Stato delle anime registra diversi muratori giornalieri, vari contadini, il becchino Giuseppe Morelli, il calzolaio Nicola Fedrighelli e l’inserviente del parroco, Francesco Lorenzini. Vi sono poi cinque filatrici: Lucrezia Antonia Coli ved. Domenico Fiore, Maria Antonia Giommini, Dorina Battistini, e Cattarina e Maria Donini (le ultime tre abitano insieme, e sono casolanti di Giambattista Giangolini)2. Alcuni documenti, rintracciati presso l’Archivio Parrocchiale, l’Archivio Diocesano e l’Archivio di Stato di Pesaro, confermano lo stato di povertà in cui versa Monteciccardo nella prima metà del XIX secolo. La miseria che si respira per le strade del paese, così come in tutte le campagne dello Stato pontificio, non è estranea ai delitti registrati dagli atti del tribunale pesarese: nel 1844 l’uccisione di Teresa B. sconvolge le campagne intorno all’Arzilla, che in quegli anni assistono anche alle scorrerie del brigante Antonio Cola. Come un romanzo vi proponiamo qui di seguito quelle carte, con pochissime aggiunte, e con l’invito a lasciarsi prendere dall’atmosfera del racconto, che meglio di qualunque sovrapposizione di sguardi offre uno spaccato di quel periodo lontano.


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1830-1838. Giuseppe A., maestro3 Monteciccardo, 9 settembre 1830, il Priore Comunale al Vescovo di Pesaro Questo Consiglio non ha mai avuto diritto alla scelta del Maestro. Da prima spettava la medesima a Casa Briganti, fu indi devoluta a codesta Curia. Puole dunque la S.V. Ill.ma e Rev.ma liberamente nominare chi crede. Solo la prego notificarmi subito il prescelto onde possa percepire, oltre l’onorario a carico de luoghi pii, quell’emolumento di scudi otto annui destinatogli di recente dal Comune. Monteciccardo, 11 novembre 1838, Antonio Massimi a Monsignor Filippo Monacelli, vescovo di Pesaro Giacché da questo municipio saggiamente è stata disapprovata la riferma di questo pubblico maestro di scuola nella persona del Segretario Comunale Giuseppe A., dissi saggiamente perché era maestro senza scuolari, e per poter dire di far scuola conduceva i suoi due piccoli figli, ed un altro, che lo chiamava ogni volta a casa, altrimenti non avrebbe avuto alcuno; perciò il Consiglio riflettendo che questi erano denari sciupati, e che veniva defraudata la pia intenzione della benefattrice, che ha lasciato un fondo per tale oggetto, forse per questo avrà creduto dargli una sfavata con una contraria ballottazione. Vi sarebbero sicuramente molti fanciulli da istruirsi, ma i Genitori per più rapporti li hanno ritirati di mandarli a scuola, perché il maestro bestialmente li percuoteva, e poi essendo anche segretario comunale deve una volta la settimana, e più ancora, presiedere all’udienza, la quale si tiene nel locale contiguo alla scuola, ed in que’ tali giorni d’udienza que’ fanciulli doveano il più delle volte star aspettando, che quella terminasse per essere istruiti, ed intanto si sentivano improperi, spergiuri, imprecazioni, bestemmie da que’ tali, che erano in tribunale convenuti. Veramente bell’esempio da darsi a’ fanciulli. Ammesso tutto questo, ed altro, che resterebbe a dirsi, io azzardo colla presente fare all’E.V. una dimanda, cioè nominar me al disimpegno di tal ufficio giacché altra volta fui nominato nel 1837, e per varj anni esercitai quest’impiego, e non conviene a me il dirlo se con applauso, o biasimo, e non l’avrei forse lasciato se non mi fosse successa la disgrazia della frattura di una gamba, com’è all’E.V. ben nota, che dovetti per sette mesi continui guardare il letto, e non mi sono ancora del tutto rimesso avendo la piaga ancora aperta. Inoltre si agiunse la morte del povero mio fratello, che tante volte suppliva per me, e mi vidi impossibilitato proseguire


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quest’incarico. Ora però che anche questo mio Sig. rettore conoscendo la mia impotenza di supplire il più delle volte per lui e di giorno, e di notte, e d’inverno, e d’estate nell’assistenza delli infermi ha risoluto provedersi di Capellano nella persona credo del Sig. D. Francesco Costantini, perciò in allora ne’ giorni feriali restando libero, potrei comodamente attendere all’istruzione de’ teneri giovanetti, giacché monsignore siamo in tempi critici, e se queste pianticelle non sono coltivate produranno frutti acerbi alla società, alla religione. La popolazione sarebbe sicuramente contenta sulla mia scelta, ed io sarei sicuro di avere la scuola numerosa. Perdoni se ho azzardato tanto. Il desiderio di giovare a’ miei simili, per quanto permettono le mie forze, mi hanno stimolato a tanto, e per togliere anche ogni questione in paese. Monteciccardo 14 dicembre 1838, Giuseppe A. a Monsignor Filippo Monacelli, vescovo di Pesaro Con grandissima sorpresa mi è giunto il venerato dispaccio di V. Eccellenza con cui mi fa sapere che io dimetta spontaneamente l’ufficio di maestro entro il corrente mese… e ciò per salvare la mia reputazione…La V. eccellenza dice poi esserle pervenuti nuovi reclami a mio carico relativi al mio magistero. Ciò a me non fa sensazione alcuna, giacché so che i miei contrari sono soliti, per vincere, ad ostinarsi. Ma viva il Signore, si ha da scuoprire la verità, in qual parte questa esista. Chiedo a voi di valutare se questi reclami …siano veri, o falsi, e quali esser debbono per escludere un maestro dal suo ufficio, che pel lasso di anni quattro, e più, ha esercitato il suo magistero senza mai ricorso alcuno, con pace, e senza che niuno mai avanzasse querela, compatibile fino a ora col suo impiego di segretario e insomma ogni cosa era in suo favore. Ora solamente è divenuto incompatibile, ora solamente vi sono ricorsi, malgrado io abbia fatto sempre come pel passato il mio dovere per quanto ho potuto, ora solo vi è tutto a mio carico perché il sig. don Antonio Massimi mi è contrario, sì, lo dirò con franchezza per fini a ciò estranei, ed ingiustamente, perché il sig. rettore vuol provedere chi lo serve, voglio dire il chierico C., il quale ancora mi fece pregiudizio, avendo il medesimo provocato i consiglieri… sendo il medesimo andato da tutti questi pregandoli della mia esclusione…Chierico, che potrebbe, se avesse volontà d’imparare, badare a studiar per sé, onde seguire l’incominciata carriera, e non volere col pregiudizio degli altri, impossessarsi d’un


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impiego, che forse non saprà disimpegnare, perché insomma per forza si vuol ciò che si vuole, perché insomma si vuol perseguitare il suo simile. Oh povera giustizia! Oh benedetto evangelo! Da quelli ancora che debbono predicarti più di tutti, per dover essere lo specchio di tutti? Tant’è. Basta, io non debbo scrutinar tali cose.

Dal Libro dei Morti della parrocchia di San Sebastiano 1800 – 1833. Volò all’eterna gloria Addì 9 aprile 1800 Crispina esposta dell’Ospedale di Pesaro di mesi sette data in custodia a Sabatino Picinetti di questa cura, essendo infermata dal malore del vajolo passò all’eterna Gloria jeri sera, ed oggi è stata sepolta in questa chiesa nella sepoltura degli Angeli circa le ore 22. In fede, io d. Giuseppe Gessi (?) economo. Addì 22 gennaio 1833 Una fanciulla esposta nella notte in questo Ospedale quasi ignuda, e così lasciata sulla soglia della porta. Raccolta dalla Ospedaliera, e custodita fu dalla medesima battezzata, perché dà segni di morte imminente. In fatti poco dopo volò all’eterna Gloria ed in questa sera fatte le solite esequie il cadavere fu tumulato in questa Parochia nel sepolcro de’ Fanciulli. Così è. Andrea Melchiorri, rettore.

1804. Un funerale controverso Addì 27 ottobre 1804 Il Nobil Uomo Ill.mo Sig. Conte Andrea Perticari ammalatosi di malattia pericolosa in questo Casino di lui situato dirimpetto il Borgo del Feudo di S.Angelo nella Giurisdizione però di questa Parrocchia, furongli da me infrascritto rettore amministrati i SS. Sacramenti in primo il SS. Viatico, e


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poscia per ordine dei Medici l’estrema Unzione, ed infine la S. Benedizione in articulo mortis, che poi jeri matina circa le ore 10 passò da questa a miglior vita, me presente fino all’ultimo respiro, ed in questo giorno il Freddo Cadavere di lui dopo le solite esequie secondo il Rito del Rituale Romano, a cui v’intervenne il Paroco del suo Domicilio, fu sotterrato nella sepoltura gentilizia da lui elletta nella Chiesa di S. Egidio di S.Angelo. La Chiesa è di Juspatronato della Casa Perticari. E qui per lume dei miei successori (mentre sono eventi che possono accadere) devo notare, che trasportando il Cadavere dal Suddetto Casino nella Suddetta Chiesa su confini d’ambo le Giurisdizioni di comissione del M.to Rev.do Sig. Priore di S. Angelo dal suo Cappellano fu fermata la mia croce, e rinovate le funzioni, ed io escluso da ogni passo. Allora, perché non avea l’occorrente per trasportare il Cadavere nella mia Chiesa, abbassai la Croce e dimisi la Stola, per prudenza essendo presente una multitudine di Popolo partecipante. Fatto commesso contro ogni legge, e consuetudine.

1843. Mulini e briganti Dal 1834, per circa un ventennio, la figura di Antonio Cola (1809 – 1861), discolo e famoso ladrone4, occupa con la sua fama scellerata la scena criminale della provincia. A differenza del più noto Terenzio Grossi, le cui ‘imprese’ esprimono, subito dopo l’annessione, il disagio delle masse rurali davanti al regno d’Italia, Antonio Cola detto Fabrizj (o Fabrizio) non è un brigante sociale ma un delinquente puro, sicché nessun meccanismo di identificazione può instaurarsi tra lui e il mondo contadino da cui proviene. A capo di un’aggregazione occasionale di malviventi, Cola compie rapine e delitti da Urbino a Fano, con incursioni fin nell’eugubino, terrorizzando le campagne tra Romagna, Marche e Umbria. Nel 1834 i fascicoli processuali del tribunale penale pontificio segnalano una serie di rapine, tra cui quella ai danni di un possidente di Casa Rotonda (Monteguiduccio), che i briganti compiono partendo dalla fiera di Sant’Angelo in Lizzola; un mese dopo la banda è segnalata in azione a Ginestreto, dove ricomparirà intorno al 1840, anno che vede il Cola protagonista di una clamorosa evasione.


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Nel frattempo intorno al latitante si crea una sorta di leggenda: la sua cattiva fama è immensa, a volte non si capisce nemmeno se la Forza lo ricerchi con cognizione di causa. La notte sul 5 febbraio 1844, per esempio, carabinieri della brigata di Mombaroccio in missione per la cattura del famigerato bandito – così si legge nel loro rapporto – muovono su Monte Santa Maria, dove c’è un mulino che sarebbe suo rifugio occasionale. Qui arrestano il mugnaio, ma naturalmente non trovano traccia di Antonio Cola, che negli stessi giorni è all’opera in quel di Gubbio. D’appresso segrete relazioni credé la Forza de’ Carabinieri che il contumace Cola detto Fabrizio fosse solito di ricoverarsi nel Molino posto al Monte S. Maria ritenuto in affitto dall’inquisito Cipriano B., per cui la Brigata di Mombaroccio nella notte dal 4 al 5 febbraio (prossimo passato) accedette nel detto molino, ed ivi eseguendo una perquisizione rinvenne entro una cassa due pistole scariche, e nel cassetto di un ginocchio rinvenne altresì un coltello fermo al manico, per cui la Forza stessa previa l’apprensione delle armi suddette procedette all’arresto del Betti, ad onta che questi gli esibisse una patente di soldato di Cavalleria Provinciale rilasciata fin dal 1817 dall’allora Congregazione militare, e protestasse che il coltello non fosse suo. Considerando, che la qualità riferita alla ritenzione di una sola delle due pistole, e del coltello fermo al manico resta esuberantemente comprovata dal giudizio dei due periziori Luigi Zavatti e Giovanni Bellocci, assunti posteriormente alla prima perizia di ordine dello stesso Tribunale. (…) Che niun dubbio può cadere sulla reperizione di dette armi nell’abitazione dell’inquisito, tosto che oltre la propria confessione ne depongono due testimonj contesti, che furon presenti alla reperizione5.

1844. Teresa B., un barbaro delitto 31 gennaio 1844. Relazione del direttore di Polizia al presidente del tribunale di prima istanza Nel territorio di Monteciccardo esisteva certa Teresa B., contadina possidente, la quale abitava sola in un casinetto nella sua possessione e


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Maria Ardovini di Monteciccardo al vicario del vescovo, 6 aprile 1808 (Archivio parrocchia di San Sebastiano, Monteciccardo)


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contiguo al detto casinetto vi abita una famiglia di contadini lavoratori della posessione medesima. Dette sull’occhio di quest’abitanti rurali di Monteciccardo, che jeri la suddetta B. non sortiva di casa secondo il solito e che erano chiuse tutte le finestre della sua casa, per cui alcuni entrarono in qualche sospetto e circa le ore 22 si recarono a darne avviso al loro parroco, il quale andato sul luogo fece aprire la porta dell’abitazione e fu rinvenuta la ridetta infelice Teresa B. in un fondo della sua casa, resa cadavere da più ferite che sembrano state prodotte da un seghetto od instrumento consimile. Dalle indagini, che finora si potute praticare in via di Polizia su tale barbaro delitto, ho potuto rilevare che gravissimi sospetti cadono sopra un certo contadino detto Barbone o Barboni, e sopra la stessa famiglia colonica… poiché si sa che voleva dare in isposa una giovane alla medesima appartenente, all’accennato Barboni e la B. padrona si era opposta a tal maritaggio col dire che non le piacevano le qualità del Barboni minacciando che se si effettuava un tal matrimonio, avrebbe espulso la stessa colonica famiglia dalla possessione. Sono informato per segrete confidenze che le suddette voci circolano nel Comune di Monteciccardo e che il Priore comunale può essere in grado d’indicare alla giustizia i nomi di quelli che più se ne mostrano informati per dare utili notizie…

1 febbraio 1844. Il Priore comunale Luigi Masini …sono in dovere di avvertirla in via politica, correre voce in questo luogo che l’autore dell’orrendo misfatto sulla persona della sgraziata B. possa essere certo Giuseppe G. domiciliato in questo Paese, inducendo di ciò asserire nel sapere che costui sia dalla casa dell’infelice donna sull’ora circa di notte e poco dopo la moglie di certo Domenico F. di questo luogo cui era solita nelle altre sere di andare dalla B. per medicarli i vescicanti applicategli per mal degli occhi, ma non podde entrare in casa per quanto fortemente ella chiamasse e battesse alla porta, giacché niuno le rispose, sembrando che già a quell’ora fosse stato consumato l’orribile delitto. Più poi l’istesso G. nel giorno seguente è stato veduto a far spese in questa città nell’occasione che ora si ammogli, con qualche scudo, sapendosi bene non poter aver egli denari, giacché assai tenne il suo lucro nella professione di muratore, che esercita, presentando uno di essi scudi per scambiare a certo Sabbatino C. di questo Comune, che pure si trovava in Pesaro, dicendogli di averglielo dato un tal Pasquale C. pure di questo


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luogo, cui poi richiesto da certa persona, rispose di avergli dato non uno scudo sano, ma sibbene cinque papetti. Il medesimo Giuseppe si sa pure che negli anni addietro avea commesso qualche furtarello…6

1849. I villani contro la Repubblica romana A Ginestreto, piccolo castello a cinque miglia da Pesaro, la notte ultima del marzo e la domenica seguente 1° aprile [1849] una turba di Villani capitanata da un Domenico Oliva entrò in chiesa, e fatte benedire armi e bandiere, diede nelle campane a martello, poi uscì ad abbattere le insegne repubblicane, procedendo via via a Santangelo, a Monte Cicardo, a Monte l’Abate alla volta di Mombaroccio terra natale dell’Oliva, la più popolosa di quei dintorni. I cittadini chiusero le porte e respinsero gli insorti, che ripararono al convento dei frati zoccolanti posto sulla vetta del monte Beato Sante, di dove furono in breve ora vólti in fuga dai soldati che da Pesaro mandò il preside Cattabene7. Colà [in alcuni contadi e castelli della provincia d’Urbino e Pesaro] stabiliti i ritrovi a notturni convegni, colà fomentate le natie voglie di brigandaggio, colà istruite le popolazioni ad accorrere al canto delle chioccie marine, solito mezzo usato da’ quei contadini a chiamarsi la notte. E prolungato e continuo quel canto udivasi la notte ultima del marzo 1849, e la domenica infatti del primo aprile turbe di villani frammisti a pochi miserabili cialtroni di città sotto la guida d’un Domenico Oliva contadino pur esso apparivano a Ginestreto piccola terra a cinque miglia da Pesaro. Entrate tumultuariamente nella chiesa parrocchiale disturbano la sacra solennità della messa e tratto del confessionale il predicator cappuccino gli fanno benedire armi e bandiera, e d’accordo col parroco suonano furiosamente a stormo, ma dalla assordata campagna non muovono che pochi. Padroni del luogo atterrano il repubblicano stemma e rialzano con urli il pontificio. Imbaldanziti da questo primo successo s’avviano verso il vicinissimo castello Santangelo, passano a Monte Cicardo. indi a Monte l’Abate, e in ogni parte ubriachi e festanti sollevano il segno delle somme chiavi. Intendimento principal dell’Oliva e de’ compagni era d’introdursi in Mombaroccio, terra natale di lui, e castello fra i più


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popolosi di colà intorno. Quei buoni terrazzani però lor chiusero le porte sul viso e li respinsero, né altro quella masnada potè che riparare come a quartier generale al prossimo convento de’ Zoccolanti che sorgeva sul culmine del monte detto il Beato Santo. L’avvocato Andrea Cattabene Preside esimio di quella provincia sì lungo tempo tormentata da quel despota accanito del cardinal Della-Genga, non ebbe che a spedire una colonna mobile comandata dal tenente Rossi per disperdere a un tratto que’ sciagurati contemporaneamente aggrediti da una compagnia della Guardia Nazionale di Fano. La nostra truppa ebbe accoglienze e feste di gioia nei paesi tutti ove il giorno innanzi insolentirono quei briganti. Il Preside richiamò ai lavori del campo quei traviati invitandoli con generoso perdono: appena sostenne i promotori de’ quali il solo Oliva fuggì e dal cominciato processo si parve non essere di quella macchinazione innocenti qualche parroco e diversi frati8.

Dal Libro dei Morti della parrocchia di San Sebastiano 23 agosto 1855, il cholera a Monteciccardo Domenico Silvestri in età di anni 48 preso dal cholera, morto dopo ricevuti i SS. Mi Sacramenti cioè Penitenza, Sacro Viatico, Olio santo e Benedizione in articolo di morte ed assistito dal Sacerdote in fino all’ultimo di sua vita questa matina circa un’ora passò a miglior vita, ed oggi istesso fattesi le prescritte esequie fu sepolto nella Chiesa del Cimitero.

Nel 1855 si diffuse in Italia la più generalizzata delle epidemie di colera dell’Ottocento: quell’anno un terzo dei Comuni italiani venne colpito dal cosiddetto mostro asiatico. Quattro anni dopo, a Sant’Angelo in Lizzola, paese miracolosamente risparmiato dal contagio, la popolazione promosse in segno di ringraziamento la ristrutturazione della chiesa della Natività di Maria, detta della Scuola9 (distrutta dalla guerra, la chiesa si trovava all’angolo tra via Roma e l’attuale piazzale “G.Rossini”).


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Regno di Italia, Monte Cicardo 9 settembre 1810, Il Sindaco al Sig. PodestĂ del Distretto Secondo (raccolta privata, Pesaro)


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12 gennaio 1851, dal Ruolo dei contribuenti Provincia di Urbino e Pesaro – Comune di Monteciccardo ed appodiati Monteciccardo Giuliani Francesco, Fornaro ed Oste pubblico con locale del Comune Verdini Luigi, Macellaio pubblico e Pizzicagnolo con locale del Comune e spacciatore di Sali e Tabacchi Bottega Romani Giulio, Venditore con Bottega di Farina, Polente e poche Droghe Betti Domenico, con mole da Granaglie Betti Luigi, con mole da Granaglie Zanucchi Giambatta (Giambattista), con mole da olio di Oliva Monte Santa Maria Lavi Francesco, Fornaio, Oste, Macellajo, e Pizzicagnolo pubblico con locale del Comune Betti Giuseppe, con mole da Granaglie Ciavarini Giuseppe, come sopra Andreani Marco, come sopra Giuglini Cesare, come sopra Corraducci Vincenzo, con mole di Olio di Uliva Monte Gaudio Corsini Silvano, Fornaro, Oste Macellajo Pizzicagnolo con locale del Comune Spacciatore de Sali e Tabacchi Paolucci Vincenzo, Fabbro Ferraio ed Archibugiere con Bottega (Archivio di Stato di Pesaro)


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Note Nel primo decennio del XIX secolo, Monteciccardo risulta a sua volta unito per un breve periodo a Sant’Angelo in Lizzola; in un primo tempo anche Farneto fu appodiata a Monteciccardo ma, dietro le proteste degli abitanti… fu in seguito appodiato a Montelabbate (Tomassini, cit., pp. 53-56). 2 ApM, Stato delle anime, 1815. 3 AdP, busta Monteciccardo. 4 Cfr. Riccardo Paolo Uguccioni, Sulle tracce di Antonio Cola, discolo e famoso ladrone, in Città e Contà, rivista della Società pesarese di studi storici, n. 1, 1991, pp. 55 - 71. Esclusa la relazione riguardante la presenza del Cola nel mulino di Monteciccardo, tutte le notizie che riguardano il brigante e il contesto nel quale opera sono tratte dallo studio di Uguccioni. 5 AsP, Cipriano B. Ritenzione di armi proibite, Tribunale penale, busta n. 15, anno 1844. Per le notizie dal Fondo del Tribunale conservato presso l’Archivio di Stato di Pesaro ringraziamo Simonetta Bastianelli, che ha curato anche la trascrizione dei documenti tratti dai fascicoli processuali. Per maggiori dettagli sui casi accennati in questo capitolo, rimando alla sezione Documenti. 6 AsP, Latrocinio e ritenzione di arma da fuoco proibita in ogni grado. La Curia e Fisco contro Giuseppe G. muratore di Monteciccardo – carcerato, Tribunale penale, busta n. 15, anno 1844. Con il nome popolare di Papetto si indicava la moneta d’argento da due paoli o 20 baiocchi, emessa da Benedetto XIV (1740 - 1758) fino a Pio IX. Prendeva il nome dall’effigie del papa che vi era riprodotta. 7 Luigi Carlo Farini, Lo stato romano dall’anno 1815 al 1850, Torino 1851, pp. 397 – 398 (da http://books.google.it/books ?id=bpcKAAAAQAAJ&printsec=titlepage&source=gbs_summary_r&cad=0 , consultato il 20 marzo 2009, alle ore 15,30). 8 Federico Torre, Memorie storiche sull’intervento francese in Roma nel 1849, Torino 1854, pp. 177-178, da http://books. google.it/books?id=CVYpAAAAYAAJ&printsec=toc&source=gbs_summary_r&cad=0 (consultato il 20 marzo 2009, ore 15,45). 9 G.Gabucci, A casa nostra, cit. 1




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III.

Monteciccardo, 1860 - 1921


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Monteciccardo, 1903 (Archivio Diocesano di Pesaro, Fondo Gabucci, album di cartoline, dettaglio della cartolina a pagina 83)


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La Statistica Scelsi, 1871-1881 Nel 1861 il Comune di Monteciccardo, che comprende ormai definitivamente anche Monte Santa Maria e Montegaudio, conta complessivamente 1.479 abitanti1. La Statistica della Provincia di Pesaro e Urbino di Giacinto Scelsi2, una vera e propria fotografia dettagliata della nostra provincia nella seconda metà del secolo XIX, riporta per il 1871 un totale di 1.538 abitanti sull’intero territorio comunale, di cui 833 maschi e 705 femmine; Monte Cicardo castello risulta avere 95 abitanti nel centro (nel castello vero e proprio), e 975 nella campagna, per un totale di 1.070 residenti. Già decisamente meno popolati appaiono Montegaudio (52 residenti nel centro abitato, 125 nella campagna) e Monte Santa Maria (65 nel centro, 225 nella campagna). Vi sono poi alcuni abitanti con dimora occasionale e altri assenti dalle loro case. Dei 1.538 abitanti di Monteciccardo solo 41 maschi e 13 femmine sanno leggere; tra gli analfabeti 792 sono maschi, 692 femmine. La statistica registra tre scuole miste inferiori; tra gli allievi 44 sono maschi, 42 femmine, e la spesa per la scuola ammonta a 979 lire annue per lo stipendio dell’unica maestra, cui si sommano 150 lire per il materiale (i dati sulle scuole si riferiscono agli anni 1879-’80). Dieci anni prima, nel 1869, all’atto dell’elezione della maestra per la scuola mista del capoluogo, la vincitrice Francesca Lizio è assunta dall’amministrazione comunale con uno stipendio di 500 lire3. In tutto il territorio comunale risultano attivi due caffè, cinque rivendite di vino, tre di liquori; nel 1860 un calzolaio di Monteciccardo guadagna un salario giornaliero medio di 90 centesimi (contro 1,25 lire di Pesaro), che salgono a 1,25 nel 1880; 65 centesimi (90 nel 1880) è la paga media giornaliera di un muratore e di un servitore, mentre braccianti e fabbri vedono ricompensato il loro lavoro quotidiano rispettivamente con 75 e 90 centesimi (che diventano nel 1880, rispettivamente, 90 centesimi e 1,25 lire). Sono ancora in funzione l’Ospedale dei poveri, amministrato dalla Congregazione di Carità, e il Monte Frumentario; in paese operano un medico chirurgo condotto, che ha uno stipendio annuale di 2.500 lire, un flebotomo, una levatrice e un veterinario.


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La posta arriva ora con sette corse settimanali (mezzo di trasporto delle corrispondenze: Pedone; mezzo di distribuzione: agente rurale), contro le tre previste dal servizio postale del cessato governo pontificio. Nel maggio 1869, il procaccia postale Luigi Verdini chiede e ottiene un aumento di soldo di 30 lire, deliberato dal Consiglio comunale con sette palle bianche (voti favorevoli) e una soltanto di quelle negre: con l’aumento la retribuzione del postino arriva a 125,76 lire4. Due anni prima, nel gennaio 1867, anche l’Usciere comunale aveva fatto istanza per un aumento di soldo: con dieci palle bianche e negre numero una, il Giraldi ottenne che il suo stipendio fosse portato da 85,12 lire annue a 955. Quanto ai mezzi di trasporto, tre mezzi a due ruote sono da nolo o al servizio del pubblico (15 a due ruote e uno a quattro ruote al servizio dei privati); nove sono i carri a due ruote tirati da cavalli o muli, 139, infine, i carri a due ruote tirati da buoi. La Statistica Scelsi conferma che il territorio comunale di Monteciccardo è uno dei più estesi della provincia, con i suoi 25,42 km quadrati di superficie; per quanto riguarda le coltivazioni, la statistica registra circa 816 ettari di terreni seminativi semplici, 1.090 di terreni alberati e vitati, 420 ettari di prati naturali e pascoli, cui si aggiungono 74 ettari di prati artificiali. Infine, circa 75 ettari di terreno sono occupati da boschi cedui. Gli otto mulini sul corso dell’Arzilla funzionano a intermittenza, e nell’anno 1871 hanno prodotto 1469,77 quintali di grano e 2135,41 di granturco. Il censimento delle bestie conta 62 esemplari della specie cavallina (di cui 10 muli/mule, 34 asini/asine), 466 bovini (di cui 256 bovi da lavoro, 69 vacche), 760 tra capre e pecore (le pecore sono 657), 236 maiali (di cui 116 da ingrasso, 101 lattonzoli, 19 scrofe).


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L’inchiesta Jacini e le campagne pesaresi Le condizioni di vita nelle campagne italiane sono descritte dall’inchiesta promossa dal parlamentare Stefano Jacini, condotta tra il 1877 e il 1885 per raccogliere dati sulle condizioni dell’agricoltura, settore di fondamentale importanza per l’economia del paese, ma ancora trascurato dal governo dell’Italia post-unitaria. Per quanto riguarda la provincia di Pesaro, l’inchiesta descrive case per la maggior parte di due piani: la capacità delle stanze è varia, ma sempre insufficiente, rispetto al numero degli individui che vi sono alloggiati;Ai coloni mezzadri in generale è destinata una casa per famiglia; ma dei casanolanti [braccianti in affitto] non è così, e spesso incontri più famiglie coabitanti in una stessa casa. Assai precarie le condizioni igieniche: le case e le stalle sono disposte sempre in modo che la stalla resti al disotto o della cucina o delle camere da letto, con pavimenti così male connessi da lasciare libero vano agli affluvi che da quella si sollevano. Le case non hanno cessi, e mancano anche presso le famiglie più agiate; vanno nelle stalle o presso i letamai persino gl’infermi. Da magazzino serve spesso la camera da letto; i letti, aggiunge l’inchiesta, sono formati da un saccone ripieno di foglie di granturco, o di paglia, assai raramente rinnovato o ripulito, e sostenuto da così detti trespoli di legno, conservatori eccellenti di ogni specie d’insetti. A completare il quadro, oltre alla poca nettezza della biancheria, si aggiunge la viziosa abitudine generale di allevare negli ambienti stessi il baco da seta in proporzioni relativamente esagerate. (…) La nettezza pubblica non è del tutto trascurata, ma non quale richiederebbe l’igiene meno severa. I paesi mancano di fogne; pochi non hanno che parzialmente, in qualche via principale, scoli per acque piovane. Infine, non solo nelle case sparse o nei caseggiati meno in vista, ma anche nei paesi la pratica di allevare porci, pecore e coabitare con essi, per quanto dai regolamenti vietata, è però comunissima. Buoni i granai, e quasi per tutto asciutti, anche se è raro il caso di trovarli utilizzati nelle campagne, mentre il vino è così mal fabbricato, che per conservarlo durante l’estate convien riporlo nelle grotte6.


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Il progetto per la strada che unisce il Castello di Monteciccardo alla provinciale di Mombaroccio, seconda metà dell’800 (Archivio Comunale, Monteciccardo)


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Il castello tra Otto e Novecento Il 4 aprile 1897 il rettore della parrocchiale di San Sebastiano Paolo Clementi comunica all’amministrazione comunale che venerdì prossimo a circa un’ora e mezza di notte si farà la processione del cristo Morto, percorrendo la sola via del Castello. Lo stesso percorso, secondo il solito, effettuerà nel giugno dello stesso anno la processione del Corpus Domini7. La sola via del castello è chiaramente visibile nella mappa del Catasto gregoriano della prima metà dell’800 (l’attuale via Roma); alla fine dell’800, però, l’aspetto del paese si modifica profondamente per l’apertura della via che unisce il castello alla strada per Mombaroccio (l’attuale via Marconi)8. Sul finire del secolo si comincia la costruzione del Palazzo Comunale, disegnato da Luigi Marcolini di Sant’Angelo in Lizzola (spesa prevista: 9.500 lire). Ritenuto che il presente fabbricato trovasi ristretto e in cattive condizioni; vista la mancanza di un locale conveniente e adatto per l’Archivio Comunale, mentre al presente si serve di un piccolo ambiente disadatto, di proprietà della locale Congregazione di Carità, che da un momento all’altro potrebbe essere ripreso dalla predetta Congregazione pe’ i suoi bisogni. Ritenuto che col nuovo edificio si provvederebbe anche ad un conveniente ambiente per l’ufficio di Conciliazione e per lo Stato Civile dei quali si è privi, il 6 novembre 1898 il Consiglio comunale approva il progetto all’unanimità9. Qualche mese dopo la decisione è confermata, considerata anche la necessità di occupare queste classi lavoratrici che trovansi assolutamente prive di lavoro10. Non senza polemiche (nel luglio 1902 la stampa dà notizia di un ricorso riguardante la costruzione della nuova residenza municipale, tanto per ciò che concerne le varianti notevoli al progetto come per la sorveglianza11), i lavori si protrarranno fino al 1903, anno in cui il nuovo Municipio sarà finalmente collaudato, e arredato con sobrio decoro. Il 21 marzo 1903 l’appaltatore Guglielmo Giunta prepara una Nota per la spesa per l’arredamento della nuova residenza comunale, che ammonta a 365 lire trattabili. Pel pagamento potrà aspettarsi sino all’anno venturo, specifica Giunta. L’arredo prevede, per la Sala Consigliare, Banco della Giunta, Tavolini per i Consiglieri, Tavolino pel Segretario, Balaustra, Pradella (totale: 250 lire); per l’Ufficio del Sindaco: Scaffale, Tavolino, Pradella (35 lire); per la Segreteria: Scrivania, Pradella (50 lire), oltre all’Accomodatura e


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verniciatura degli scaffali per tutti gli uffici (30 lire)12. Alcuni di questi arredi sopravvivono tuttora all’interno degli uffici comunali, come il banco della Giunta, conservato nel seminterrato del Municipio. Nel 1903, l’estendersi alcun poco, con i nuovi fabbricati, di questo Castello, e il trasferimento della residenza municipale, rendono necessario collocare un fanale al bivio, e precisamente dinanzi alla residenza stessa, e sopprimere il lampione che trovasi sotto dell’arco, e che è inutile dopo lo spostamento dell’altro fanale ora situato all’angolo della casa delle Confraternite13. Dopo molto discutere e deliberare, la spesa per il fanale sarà approvata dal Consiglio Comunale nel 1904; dieci anni dopo, nel 1914, arriverà in paese la luce elettrica14. Monteciccardo, 21 marzo 1903, Nota per la spesa approssimativa per l’arredamento della nuova residenza comunale... (Archivio Comunale, Monteciccardo)


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Il Palazzo Comunale di Monteciccardo appena costruito, in una cartolina datata 1903. Sulla parte inferiore della cartolina è stata incollata una fotograďŹ a della Cappella dei Caduti, inaugurata nel 1927 (Archivio Diocesano di Pesaro, Fondo Gabucci, album di cartoline)


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Luigi Marcolini, Prospetto e pianta della nuova casa parrocchiale, 1889 (Archivio parrocchia di San Sebastiano, Monteciccardo)


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Tra le opere realizzate a Monteciccardo sul finire del secolo XIX c’è la nuova casa parrocchiale, anch’essa disegnata dal perito Luigi Marcolini. Il progetto della canonica, datato 1889, prevedeva due piani sopraelevati e il pianterreno ma, stante la spesa alquanto elevata, la costruzione di questo piano [il terzo], viene sospesa, come annota sul disegno lo stesso Marcolini. Ampia e ben organizzata, la nuova casa parrocchiale ha al pianterreno la cantina, la stalla, il magazzeno, la legnara e il telajo, mentre il piano rialzato è suddiviso tra la sala, la cucina, la camera, il camerino, lo studio e, vicino alla scala che sale dal piano inferiore, il salvarobbe.

Luigi Marcolini, progetto di ampliamento del cimitero di Monteciccardo, 25 febbraio 1905 (Archivio Comunale di Monteciccardo)


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Ancora Marcolini è incaricato dall’amministrazione, nel 1904, di progettare l’ampliamento del cimitero di Monteciccardo15, da qualche anno trasferito presso il Conventino. Il progetto è del 1905, e a lavori conclusi la spesa sarà di 608,24 lire. Nel 1899 l’amministrazione decide di contribuire con 200 lire all’impianto di un ufficio telegrafico a Sant’Angelo in Lizzola, a condizione che la linea passi nel raggio di un chilometro da questo capoluogo. Per avere il telefono in paese occorrerà invece attendere il 1914, quando anche Monteciccardo sarà collegato alla rete telefonica di Pesaro, insieme con Montecchio, Montelabbate, Sant’Angelo in Lizzola e Ginestreto16. L’orologio comunale, posto sul campanile della chiesa di San Sebastiano, scandisce il passare delle ore, alternandosi alla campana. Restaurato nel 1902 dal meccanico di Sant’Angelo in Lizzola Fortunato Iacomacci (185 lire l’importo del lavoro)17, l’orologio è moderato dal parroco, che nel 1903 scrive all’amministrazione richiedendo un aumento dell’assegno pel suono della scuola e carica: il consiglio osserva subito di non sapersi comprendere la ragione vera e sufficiente di un così improvviso e smodato pretendere del reclamante, il quale, del resto, percepisce qualcosina in più dell’incaricato di un tal servizio nella frazione di Montegaudio, e respinge con cinque voti su nove la richiesta del parroco18. 9 settembre 1943. Il moderatore del pubblico orologio lamenta a questo ufficio il facile accesso, da parte di persone estranee, nel campanile, tanto che l’orologio ha cessato di funzionare. Onde evitare probabili danni al patrimonio di questa Amministrazione da parte di incompetenti, e onde evitare spese non indifferenti a questa Amministrazione in conseguenza di quanto sopra, mi permetto pregarvi a non far accedere nel campanile se non il personale addetto (il commissario prefettizio al parroco di Monteciccardo, don Antonio Bartolucci)19.


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Monteciccardo, primi anni del ‘900: in fondo alla via principale del castello si intravede la chiesa parrocchiale di San Sebastiano, con il campanile e l’orologio comunale (raccolta Carmen D’Orazi, Monteciccardo)


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Persone & mestieri, piccola cronaca Secondo il censimento del 1901, Monteciccardo conta 917 abitanti (gran parte di loro risiede però fuori dal castello, nelle case sparse), Montegaudio 506, Monte Santa Maria 416. In paese, al civico 2 di via Casa comunale, risulta attiva l’osteria, con annesso il forno e un locale a uso abitazione. Nel 1895 è affittata per cinque anni a Giuseppe Crescentini per la somma annua di lire 62,50 ripartita in 4 rate trimestrali di lire 15,63; nel 1898 l’osteria passerà a Nazzareno D’Angeli, fornaciaio, di anni 40, a lire 64,85 annue20. Da un inventario degli arredi del forno comunale sappiamo che, all’atto del passaggio, l’osteria con annesso forno era fornita di: una panchella con tre scalini, bancone per impastare il pane, con relativa stanga, una madia in buon stato col coperchio,tavole per uso osteria con due panche, un barile in buon stato, un mezzo barile, stadera grossa della portata di kg..., una bilancia con serie dei pesi, un bancone del macello. Come spesso accadeva, anche l’osteria di Monteciccardo fu teatro di risse e fatti di sangue: il 9 novembre 1878, per esempio, Giacomo F. nubile di anni 25 venne ucciso barbaramente nell’osteria comunale. Dopo che furono fatte le prescritte esequie, il F. venne tumulato nel nuovo cimitero, annota il parroco nel Libro dei morti22. Dal 1° giugno 1905 funziona regolarmente l’ufficio postale. Titolare è Ludovico Astolfi, che disimpegna con molta lode il servizio, tanto dell’ufficio interno quanto del recapito della corrispondenza a domicilio, recapito faticosissimo perché dal capoluogo al confine di Monte Santa Maria ci sono più di dodici chilometri; e dal capoluogo alle campagne dell’Arzilla altri dodici chilometri, dovendosi passare per Sant’Angelo in Lizzola e Ginestreto. Ma se questo povero diavolo avesse lettere in uno stesso giorno per le due località, dovrebbe sgambettarsi una cinquantina di chilometri, ripeto, in un sol giorno, e ciò pel lauto compenso di una lira al giorno. Qui si è tanto compresi di ciò, che da tutti si confida che la Direzione provinciale delle poste farà proposta al Ministero per un aumento di stipendio, conforme ad equità e ad umanità, conclude il corrispondente de L’idea del 6 luglio 1905. L’Astolfi è dal 1899 presidente della Congregazione di Carità, al posto del calzolaio Gaetano Verdini23, e lo ritroveremo citato nelle delibere comunali nel 1923, quando verrà rimosso dall’incarico di flebotomo24. Nel 1902 altri due Astolfi compaiono


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Inventario degli oggetti di proprietà del Comune di Monteciccardo che dall’ex fornajo Crescentini Giuseppe si consegnano al Deangeli Nazzareno, 19 novembre 1898 (Archivio Comunale di Monteciccardo)


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Camera di Commercio ed arti in Pesaro Comune di Monteciccardo - Ruolo degli esercenti arti, industrie e commerci, 1891 (n.b.: l’elenco comprende tutti gli esercenti presenti sul territorio comunale, e non fa distinzione tra Monteciccardo, Montegaudio e Monte Santa Maria) Astolfi Maria in Sacchini, sartrice Andreani Domenico, mugnaio Baronciani Mariano, muratore Betti Odoardo, mugnaio Betti Terenzio, mugnaio Betti Vito, falegname Brunelli Giuseppe, spaccio sali e tabacchi, commerciante e oste Cappelletti Michele, commerciante in legna Ceccolini Gervasio, falegname Ceccarelli Vincenzo, commerciante in bestiame Furlani Giovanni, calzolaio Geminiani Pietro, legnaiuolo Giovanelli Giuseppe, oste e commerciante in legna Giovanelli Fortunato, oste e commerciante in legna Giovannini Agostino, commerciante in bestiame Giraldi Pietro, muratore Giunta Giuseppe, calzolaio Gregori Albina, sartrice Mainardi Pietro, legnaiuolo Mancini Luigi, fabbro-ferraio

Mancini Pietro, commerciante in legna Marcolini Angelo, fornace laterizi Masini Gaetano, calzolaio Marchionni Giovanni, mugnaio Nobili Terenzio, mugnaio Paci Giovanni, fornace laterizi Paci Domenico, fornace laterizi Paci Giulio, falegname e pirotecnico, con spaccio polvere pirica Renzoni Giuseppe, mugnaio Salucci Domenico, calzolaio Sani Giovanni, oste Tarini Natale, commerciante in legna e liquori Verdini Gaetano, calzolaio Gregori Luigi, oste Casabianca Maria, oste e spaccio privativa Paolucci in Mancini Fiore, spaccio generi diversi e oste Panicali Rutilio, falegname Raffaelli Pietro, bottegaio con generi diversi

sul libro paga del Comune: Nazareno, cantoniere, ed Ercole, messo comunale25, che ha preso il posto di Eugenio Giangolini. Medico condotto è, fino al 1911, il dottor Bramante Servici, al quale nell’aprile 1904 il Comune ha finalmente consentito di trasferire la propria abitazione dal conventino al castello26. Insieme con il segretario Mambrini e il cavalier Fanchiotti, il medico è uno degli animatori della vita sociale di Monteciccardo: nella premiazione scolastica del 28 ottobre 1900, per esempio, in difetto di un’aula che si prestasse all’uopo, è stata adoperata la chiesa dell’ex-convento dei PP.SS., abilmente trasformata e addobbata dall’egregio dottor Bramante Servici.


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Al geniale trattenimento partecipò una rappresentanza del vicino Comune di Ginestreto e di quel Pio Istituto e vi convenne un pubblico affollatissimo, tra cui signore e signori dei dintorni. Dopo i discorsi del sindaco Eugenio Costantini e del segretario comunale Cristoforo Mambrini, ebbero luogo i saggi di recitazione e canto fra i quali riuscirono graziosissimi due cori delle scolaresche del capoluogo e della frazione Monte Santa Maria, istruite l’una dalla propria maestra, Carolina Fanchiotti, l’altra dalla maestra signorina Veronica Andreatini cooperata dalla signorina Giuditta Belli, allieva del Liceo Rossini…. E così? anche quassù si vive, e si dimostra che la Rappresentanza Comunale tiene alto il prestigio del proprio paese. Villeggiante (così si firma il corrispondente de La provincia, sulle cui pagine appare il 28 ottobre 1900 la cronaca riportata sopra), tiene in serbo una sorpresa: è proprio nella giornata di festa dell’ottobre del ‘900 che sarà ritrovata la statuetta della Madonna che tra il 1903 e il 1914 occuperà più volte le sedute del consiglio comunale, prima di sparire, ricomparendo solo negli anni Novanta del ‘900. Speranza Palazzi Pretelli con i figli Marietta e Federico, 1910 circa (raccolta Gabriele Bonazzoli, Monteciccardo)


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Dopo Enrico Monti, primo sindaco del paese27, eletto nel 1866, hanno ricoperto l’incarico di primo cittadino Giovanni Paci (eletto nel 1873), Eugenio Costantini (1900) e, dal settembre 1905, il cavalier Anacleto Fanchiotti, originario di Caresana (VC)28. Monteciccardo, 1 maggio 1910. Circa l’una del 29 aprile ultimo si spense qui l’onesta esistenza del cav. Anacleto Fanchiotti, pensionato dello Stato, sindaco del Comune. Della stima, in cui era generalmente tenuto, sono riusciti una sicura conferma i funerali solenni e commoventi. Vi parteciparono il Consiglio comunale al completo, gl’impiegati; l’avv. Bianchi, consigliere prov. rappresentato dal segretario Mambrini, il Comandante la stazione reali carabinieri, maresciallo Fuoco, la Deputazione della Congregazione di Carità, il Sodalizio operaio, il presidente della federazione monarchica mandamentale, la squadra catastale, diretta dall’ing. Serafini; le rappresentanze comunali e delle Società Operaie di S.Angelo in Lizzola e Ginestreto; gli alunni delle pubbliche scuole, tutti con corone e bandiere, ed infine uno stuolo di amici e conoscenti (La Provincia, 13 maggio 1910).

Cristoforo Mambrini, segretario comunale Nel 1899, anno in cui si inizia a discutere della costruzione del nuovo palazzo comunale, prende servizio il segretario Cristoforo Mambrini, originario di Urbania, cultore delle belle lettere e instancabile animatore della vita di Monteciccardo e Sant’Angelo in Lizzola. Economo della Società Operaia di Mutuo Soccorso, socio fondatore della Cassa Rurale, immancabile nelle commemorazioni e nei funerali, dove figura come abile oratore, Mambrini svolge con zelo anche il suo compito di segretario comunale: l’8 dicembre 1900, per esempio, l’amministrazione gli concede una gratifica per l’opera volenterosamente prestata nell’assestamento degli uffici comunali che versavano in uno stato di vero disordine. Sposato da 1905 con Amalia Giangolini, Cristoforo Mambrini sarà nel 1948 anche l’autore di un sentito ricordo di Giovanni Gabucci.


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Monteciccardo, ode di Cristoforo Mambrini, pubblicata per la prima volta su La Provincia, 17 agosto 1913 (Archivio Comunale di Monteciccardo).


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Monteciccardo, i soprannomi (dagli Stati d’anime del 1908 e 1916) Angelini Francesco Allegrucci Luigi Allerucci Gaspare Bonazzoli Pietro Bonazzoli Angelo Betterini Eugenio Bigonzi Leo Balducci Pasquale Balducci Antonio Bartoli Francesco Barbieri Angelo Cesaroni Augusto Cecchini Giuseppe Corsini Pietro Carnaroli Emilio Casabianca Angelo Ceccolini Gervasio Crescentini Giuseppe Diotallevi Lazzaro Dorazi Pietro Deangeli Giovanni Deangeli Nazzareno Dell’acqua Francesco Del Lavoro Giuseppe Filippini Teresa Francesconi Augusto

Scialben Fratacc Fratacc Bartolà Bartolà Ciuflet Piren Ricard Calaben Mingòn Piròn Milord Fanez Cucù Bergugnen Palazon Ciclen Piròn Talev Belfior Scortalessa Marches Santicchia Camlet Palazzena Candur

Forti Nazzareno Filippini Attilio Forcina Pietro Fabbri Antonio Fradelloni Domenico Fradelloni Giuseppe Falcioni Giovanni Fulvi Giovanni Fori Benedetto Generali Achille Giangolini Girolamo Eugenio Giraldi Enrico Giuliani Serafino Giangolini Lattanzio Giangolini Giuseppe Giangolini Eugenio Guerra Raffaele Grassetti Nazzareno Giovannini Nazzareno Giangolini Vincenzo Giuliani Angelo Giuliani Giovan Battista Giuliani Nazzareno Giraldi Eugenio Giaoli Domenico Lucarelli Luigi Lucarelli Giovanni Mecchi Giuseppe

Pirèn Marchèt Bregon Guidén Vincenzen Vincenzen Ambrog Burgon Febi Guidén Romuald Cursor Baiochen Romuald Candlares Cascien Rossen Ciafetta Peschiera Ginglén Gabrièl Taiabésc Baiochén Cursor Diavlén Lucarèl Caslèn Brindlén


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Mecchi Giuseppe Marinelli Angelo Marinelli Vincenzo Marchionni Francesco Mattioli Primo Mainardi Vincenzo Mainardi Massimino Magini Odoardo Pedini Natale Pedini Antonio Pezzolesi Sebastiano Premuselli Giuseppe Piersanti Giuseppe Paolini Gaetano Paolini Cesare Pensieri Giuseppe Pieri Pasquale Pentucci Luigi Pioggia Pietro Pascucci Terenzio Righi Luigi Renzoni Cesare Romiti Augusto Rondina Pietro Righi Giovanni Righi Maria Roselli Zefferino Ridolfi Domenico

Brindlén Rasetta Rondell Ronc Palén Pitrulla Pitrulla Zappafond Morcìa Morcìa Tenevel Giovanel Bonapart Bruttalanot Moro Trulla Pasquel Cerquet Marcantoni Giulibel Soccolant Fischiet Ginevre Calcinel Pipèna Palina Gatt Trunchen

Ruggeri Egidio Romagna Giuseppe Stupici Ercole Simoncelli Antonio Sperindei Giuseppe Sacchi Pietro Scarpellini Giuseppe Stupici Giovanni Santini Giovanni Simoncelli Nazzareno Stupici Odoardo Sperindei Giuseppe Sperindio Nazzareno Sambuchi Carlo Terenzi Pietro Tesei Luigi Tomesi Giuseppe Ugolini Luigi Venturini Eusebio Vagnini Angelo Volpini Adamo Vitali Pietro Venturelli Giovanni Vitali Gaetano Vitali Nazzareno Vanzolini Augusto Volpini Lazzaro Zaffini Teresa

Tribulen Giorgen Fioret Smoncel Pietolen Curdela Fraton Fighett Genèr Smoncèl Fiorèt Pietulen Marcantoni Carlén Campquèdre Volp Dell’acqua Fucil Eusebi Ruglén Gambanera Centucel Burdon Pardonén Pardonén Gaièn Gambanera Palazena


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La Madonnina addolorata del Conventino Pochi anni fa venne ritrovata nei locali dell’Archivio Comunale una statuetta raffigurante una figura femminile: sepolta sotto pile di carta destinata al macero, se l’allora sindaco Giovanni Barberini non vi avesse inciampato casualmente, molto probabilmente sarebbe finita anch’essa tra lo scarto dell’archivio. La statuetta si trova tuttora presso l’ufficio del sindaco, dove era nel 1925, quando la rivista Rassegna Marchigiana (e, per noi, don Giovanni Gabucci) la segnala tra le Opere d’arte mobili delle Marche: Municipio, gabinetto del Sindaco, Arte marchig. del sec. XVII: Madonna assisa (è un’Addolorata) statuina policroma, tela rivestita di stucco, a. 0,25 [cm]; Arte dell’Italia centrale, sec. XVI. Nel gabinetto del sindaco si trova anche l’Annunciazione, affresco distaccato 0,57 x 0,229. Il 13 febbraio 1903 il Consiglio Comunale discute tra gli altri argomenti all’ordine del Giorno i Provvedimenti in merito alla statuetta di cartapesta ritenuta antica o artistica. Il Signor Presidente espone all’adunanza come per l’occasione della distribuzione dei premi agli alunni delle scuole elementari nell’anno 1900, tenutasi all’ex Convento dei PP. SS., accadesse che, guardandosi dal sig. Giuseppe Belli di Pesaro (intervenutovi con la figlia pianista) alle suppellettili ed agli arredi sacri, si trovasse una statuetta di cartapesta, dichiarata subito di qualche valore. Rileva come, ciò stante, egli avvisasse prudente di trAsPortarla tosto nella casa comunale per la migliore conservazione in una più sicura custodia, e come, ulteriormente, il Belli lo abbia richiesto della vendita, e sia finanche tornato appunto ad esaminarla. Facendola mostrare ai signori convenuti, lo stesso presidente significa che l’interessamento preso dal detto sig. Belli, il quale è tenuto per persona intelligente in fatto d’antichità, induce convincimento che la statuetta debba riputarsi antica o artistica e come tale avere qualche pregio. Dopo brevi considerazioni il Consiglio delibera di dare incarico al Sindaco Presidente di presentare la statuetta ai competenti dimoranti a Pesaro, per giudizi e pareri. Qualche mese dopo il signor Belli si fa avanti per l’acquisto della statuetta, unico offerente con la somma di lire 250: il 18 ottobre 1903 l’Amministrazione decide di alienarla, riservandosi di deliberare sulla destinazione della somma30.


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La statuetta in cartapesta ritrovata nel 1900 presso il Conventino, in una foto degli anni 19101914 (Archivio Comunale di Monteciccardo) e, nella foto di pagina 116, oggi


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Non sembra però che la trattativa sia andata a buon fine: il 30 luglio 1914, infatti, il Sindaco scrive al Prefetto di Pesaro per richiedere un giudizio autorevole sulla statuetta modellata in iscagliola sopra tela, con decorazioni policromiche su fondo dorato, dell’altezza di centimetri 35, che da periti è giudicata artistica, del XIV o al più dei primi del XV secolo, e di considerevole valore. Quasi due anni dopo, l’8 giugno 1916, un telegramma annuncia finalmente la visita dell’incaricato della Regia Soprintendenza alle gallerie e agli oggetti d’arte di Urbino, più volte sollecitata dall’Amministrazione31.

Sotto il Padre Priore Campelli il Padre Ferri l’Anno 1745 regalò alla Chiesa una statuetta della Madonna, la quale serve per portare in Pocessione tutte le terze Domeniche del Mese, adorna con piedestallo di Legno indorato ed un piccolo cuore con sette spade d’argento, con la spesa di scudi 2 e Bajocchi: sessanta del suo deposito. E più regalò il sudetto Priorato un Abitino ricamato d’oro buono per la Statua grande di Maria Addolorata… (Libro Campione, cit.)


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Mutuo Soccorso Nel 1901 la Società Operaia di Mutuo Soccorso inaugura il nuovo vessillo offerto dal presidente cav. Giovanni Paci. Fin dal mattino il paesetto era tutto imbandierato, raccontano le cronache; alle ore 11 si mosse il corteo dal Municipio: precedevano i concerti di S.Angelo in Lizzola e Ginestreto, seguivano le rappresentanze con bandiera di varie società dei dintorni, i soci della operaia di Monteciccardo col nuovo vessillo, e numeroso popolo32. Alle spese per i festeggiamenti per l’inaugurazione della bandiera concorre con un sussidio straordinario di lire 50 anche l’amministrazione comunale33. Secondo lo Statuto, approvato il 25 ottobre 1896, anno di fondazione della Società, la bandiera sarà tricolore, verde-bianco-rossa. Sul bianco sta scritto: Società Operaia Agricola di Mutuo Soccorso di Monteciccardo. Avrà inoltre una fascia sulla quale sarà scritto: Fratellanza34. Qualche tempo dopo, nel marzo 1902, riporta sempre la stampa, la Società ricambia la generosa offerta del cavalier Paci con la consegna di una pergamena, un perfetto e finissimo lavoro del giovane signor Vittorio Fanchiotti impiegato presso la Casa Albani e diplomato all’Accademia di Urbino35. Tuttora esistente (sulla facciata dell’edificio, di fronte al Municipio, è ancora visibile parte dello stemma), la S.O.M.S. sarà una presenza costante nella vita del paese, tra solidarietà e occasioni conviviali. Nel 1913, con rogito del notaio Nazzareno Olmeda (originario di Montelevecchie, con studio a Sant’Angelo in Lizzola), viene istituita in paese anche la Cassa Rurale di Depositi e Prestiti. Tra i soci fondatori ritroviamo molti dei personaggi che abbiamo già conosciuto: il sindaco Costantini, il rettore don Giuseppe Tebaldi, il segretario comunale Cristoforo Mambrini, Ludovico Astolfi. L’atto di fondazione è riportato sul Foglio degli annunzi legali della Provincia di Pesaro e Urbino del 5 aprile 1913: la Società, nell’intento di migliorare le condizioni morali e materiali dei soci, ha per oggetto l’esercizio del credito a loro esclusivo vantaggio… Possono appartenere alla Società soltanto persone ossequenti alla religione cattolica e alle vigenti leggi, di conosciuta moralità ed onestà …che risiedano nel territorio di Monteciccardo e luoghi limitrofi o vi tengano almeno frequente dimora o continue relazioni d’affari36. Tra le organizzazioni politiche di Monteciccardo c’è anche la Lega Contadini, sempre di ispirazione cattolica. Nel dicembre del 1914 anche


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Nozze d’argento L. Marcolini - E. Bartoli (senza data, ma circa 1900-1910) Da A. al B. - 1a fila in piedi - Andrea Marcolini, Lodovico Astolfi, M° Bruscolini, Segretario O. Geronzi, D. Riccardo Giannoni, Giuseppe Guidi, Luigi Andreatini, C. Mambrini Segretario di Monteciccardo; 2^ fila - in piedi Maresciallo Giacomazzi, M° Pizzagalli, Pavoni M° di musica, Dott. D’Erario, Vincenzo Sallua, Daziere Botticelli, Dott. Filippini, Aurora (?) Della Chiara, Nazzareno Mariotti, Enrico Garattoni; 3^ fila seduti - Paolina Sallua, Veronica Andreatini, Ersilia Guidi, Sig. Luigi Marcolini, Eugenio Costantini, Angelo Marcolini, 4^ fila seduti a terra - ?, Ciro Mariotti, Amelia Marcolini [seguono alcuni nomi illeggibili per via dell’inchiostro scolorito]; Sdraiato il cuoco Carucci Alessandro e sui ginocchi... [id.] (Archivio Diocesano di Pesaro, Fondo Gabucci)


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la Lega inaugura la propria bandiera: causa le non liete attuali vicende politiche, la festa ha un carattere modesto e privato. Non manca però, dopo il discorso dell’onorevole Albertone, una bicchierata tra Contadini. I quali si trattennero per parecchio tempo parlando dei loro affari in rapporto alla Lega, ed esprimendo la loro compiacenza per la lieta per quanto modesta festa37. Già da qualche anno, inoltre, anche Monteciccardo può contare sulle lezioni della Cattedra Ambulante Provinciale d’Agricoltura, istituita nel 1906 dall’Accademia Agraria di Pesaro, che invia nelle campagne i suoi esperti di agronomia e zootecnia per informare i contadini sulle innovazioni in materia. Domenica 3 dicembre 1905, per esempio, il giovane professor Caldana tiene una pubblica conferenza sull’importanza delle leguminose: concorse buon numero di proprietari e coloni, sì da gremire la sala della residenza comunale38. Comune di Monteciccardo, manifesto per la rinomata fiera di merci e bestiame denominata di Santa Eurosia, 1902 (Archivio Comunale di Sant’Angelo in Lizzola)


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Comune di Monteciccardo, manifesto per la nota fiera di merci e bestiame che si tiene all’ex Convento, 1917 (Archivio Comunale di Monteciccardo)

La nuova fiera del Conventino Tra la primavera e l’estate del 1900 il Consiglio comunale delibera di istituire una nuova fiera, che si svolgerà il mercoledì di Pasqua al Conventino. Sin da tempo remoto, scrive il segretario Mambrini, suole aversi all’ex Convento dei PP. SS., ora di proprietà comunale, molto concorso di gente nel giorno del mercoledì della Pasqua di Resurrezione. Potrebbe dunque riuscire ben facile di ottenerne una fiera forse non inferiore a quella già in vigore all’undici di maggio, detta di Santa Eurosia. L’istituzione di una nuova fiera porterebbe profitto ai privati, così forestieri come del luogo, mentre è opportuno notare che essa – atteso il giorno in cui avverrebbe – non andrebbe a danneggiar punto né il mercato settimanale, in lunedì, del vicino paese di Sant’Angelo in Lizzola, e né pure le fiere del dintorno39. Il Consiglio comunale si occupa spesso, in questi anni, anche dell’antichissima fiera di Santa Eurosia, dimenticata da lunghi anni tanto da ritenersi abolita, per la cui ripresa si è tanto adoperato durante la sua lunga amministrazione il sindaco Paci40: nel 1904, per esempio, i consiglieri si oppongono all’istituzione, il primo venerdì di maggio, di una nuova fiera di merci e bestiame in Montelabate, fiera che si scontrerebbe con quella dell’11 di maggio di una certa rinomanza in questo paese41. Feste straordinarie, a Monteciccardo, anche per la ricorrenza settembrina


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della Beata Vergine della Misericordia: Della musica per la Messa solenne, Vesperi, Litanie e Tantumergo è stato incaricato il M. Luigi Pavoni direttore della Cappella di Urbino; della paratura il sig. Luigi Tomassini; dei fuochi artificiali il sig. Paci Giulio di Montegaudio. Nel pomeriggio ci sarà anche la Processione e la sera l’illuminazione fantastica, per il paese suonerà il concerto di Sant’Arcangelo (sic) in Lizzola (L’Idea, 12 settembre 1903; corrispondenza datata 8 settembre).

3 Marzo 1913. L’atto di fondazione della Cassa Rurale di depositi e prestiti (Archivio Parrocchiale di Monteciccardo)


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Processo verbale di oltraggio verso persone investite di pubblica autorità per opera di Maria C. (pregiudicata) L’anno 1898 addì 12 novembre in S. Angelo in Lizzola. Noi sottoscritti... vicebrigadiere comandante ...e carabiniere a piedi, vestiti in divisa riferiamo all’autorità Giudiziaria quanto appresso: Ieri 12 corrente alle ore 10, si è presentato nel nostro ufficio il Signor Paci Giovanni Sindaco del Comune di Monteciccardo, facendoci la seguente denuncia, da lui poi in calce sottoscritta: “Nella sera del 4 corrente Novembre circa le ore 16, nel mentre che il sottoscritto recavasi a osservare i ristauri che si stanno eseguendo al locale dell’osteria pubblica, appartenente all’amministrazione comunale, sito nella frazione di Montegaudio non ancora sgombrata da certa Maria C. di Domenico, d’anni 44, domiciliata in Montegaudio suddetto, già cessata esercenta, abitazione resa ributtante dall’immondizie e sudiciume della predetta C.. In conseguenza di un intimo fattole da questa giunta Municipale, previa disdetta in tempo opportuno, di due ambienti che la stessa C. riteneva come spacciatrice di Sali e tabacchi, locale che il Comune rivendica per bisogno di ambienti per la pubblica istruzione; per questo fatto la suddetta cominciò ad inveire talmente contro il sottoscritto, caricandolo delle più schifose ignominie e titoli infamanti, quasi con successive minacce sulla vita. Davanti al Pretore, il Sindaco: in quella circostanza la C. mi oltraggiò colle espressioni: “siete razza pulita, puliti tutti del Municipio: non siete più capace di fare il Sindaco andate a dire la corona a casa”. Mi minacciò poi con la espressione “Badate che anche voi mangiate il pane come gli altri”. A lode del vero devo dire che non mi fece una minaccia seria... Il testimone Panicali Alfonso d’anni 23, falegname: ...il Sindaco s’inquietò perché la casa era assai guasta. La C. allora rispose “hanno messo in prigione gli altri e sarebbe stato meglio avessero messo in prigione i capi perché questi stanno sempre a tavolino per fregare i denari ai poveri” e... dalla bocca della C. sortì anche la parola di “porco”... Il testimone Giunta Archimede, d’anni 28, calzolaio: ...sentì la C. che diceva che invece di imprigionare il Segretario, sarebbe stato meglio che avessero messo in prigione i capi... Sentenza Il tribunale dichiara C. colpevole del reato ascrittole come al capo d’imputazione col beneficio delle circostanze attenuanti... La condanna alla pena della reclusione per giorni 25 e alle spese del giudizio oltre la tassa della presente. Pesaro 17 gennaio 189942


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Montegaudio, Casa della Scuola Comunale con Osteria e Macello (ora Spaccio) Disegno del cav. Enrico Monti, Sindaco di Monteciccardo dal 1866 al 1873 (Archivio Diocesano di Pesaro, Fondo Gabucci)


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Sant’Angelo in Lizzola, 8 settembre 1901. Veronica Andreatini, maestra di Monte Santa Maria, partecipa al sindaco di Monteciccardo di avere già iniziato le lezioni fin dal 3 corrente, come da verbale intelligenza

La scuola Il 18 novembre 1896 si riaperse la scuola elementare mista nel capoluogo di Monteciccardo. Da un pezzo gli alunni non l’avevano frequentata, causa la malattia della poi defunta maestra, quindi erano alquanto indietro nell’istruzione ed indisciplinati: ritornarono in seconda classe quelli che erano in terza e così nell’anno scolastico 1896-97, ebbi due sole sezioni: I con alunni 28, II con alunni 22. I bambini, di carattere docile, capirono facilmente quale contegno avevano da tenere e in iscuola e fuori: non ricorsi mai né a minacce né a castighi per avere la disciplina. Abituati a parlare in dialetto anche in iscuola, intendevano pochissimo l’italiano:


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ottenni però che poi lo si parlasse abbastanza benino. Frequentarono (ad eccezione di pochi) la scuola regolarmente, ed i risultati alla fine dell’anno furono alquanto soddisfacenti, considerato che i fanciulli mancarono di scuola, nell’anno scolastico 1896-97, di quasi mesi quattro, essendosi chiusa l’iscrizione l’ultimo gennaio 1897. (…) Colsi ogni occasione per far conoscere agli alunni i doveri verso se stessi, i genitori, i maestri, i superiori, i vecchi, i compagni, il prossimo e Dio. Monteciccardo, 19 settembre 1897, la maestra Pierina Carolina Fanchiotti43. Ai primi del ‘900 le lezioni scolastiche per i bambini del capoluogo si svolgono presso il Conventino. Il 23 giugno 1903 alcuni capifamiglia abitanti nel Castello e nelle adiacenze si rivolgono al Consiglio comunale per ottenere che venga la scuola elementare mista trasferita dall’ex convento al Castello stesso, sia allo scopo di agevolare, massimamente nelle cattive stagioni, la frequenza alle lezioni dei loro bambini, sia più ancora, per togliere finalmente lo sconcio lamentatissimo che l’aula scolastica sia in contiguità al cimitero. Il provvedimento è divenuto ormai improrogabile, concordano i consiglieri, anche perché, aggiunge il presidente del consiglio, il medico provinciale ebbe in una recente visita a deplorare una cotale violazione della legge sanitaria, e riconoscere più che mai acconcia la nuova casa della Congregazione, dove la scuola dovrebbe trovar posto insieme con l’abitazione dell’insegnante. La decisione viene però rimandata, perché la casa della congregazione non è stata ancora dichiarata agibile44. Quanto alle frazioni, a Montegaudio funziona nel 1899 una scuola facoltativa mista, che ha sede nel palazzo comunale insieme con l’osteria e il macello: nella casa comunale abita anche la maestra Zaira Astolfi, alla quale l’amministrazione chiede una pigione annuale di lire 45, da riscuotere mediante ritenuta mensile sullo stipendio45. A Monte Santa Maria, la rinuncia dell’insegnante Maria Cuomo rende necessaria l’elezione di una nuova maestra: nel novembre del 1899 posto è assegnato, con quattordici palle bianche e una nera a Veronica Andreatini, che percepirà un compenso annuo di 700 lire46. Infine, nello stesso anno il maestro Romolo Poderi di Ginestreto impartisce lezioni serali ad alcuni giovani della frazione Arzilla, per un compenso di 20 lire47.


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1874, il Carnevale di Montegaudio Pare non sia lecito pubblicare dell’Anno corrente il Carnevale. Poiché la maggior parte della povera gente Campano la vita con dolori, e stenti E se giungeremo tutti a nuova raccolta si dica pur miracolo un’altra volta. D’altra parte fa stupore l’osservare che molti, e molti si perdono nel ballare E così in Sant’Angelo lunedì passato Facevano tremare perfino il selciato. Anche il Botto Cipollino per ballare Ha già rotto tutti i mattoni del solaro. E se il Comune vorrà essere abbuonato non gli basterà i quattrini che ha cavato. Poi in ultimo rimedierà una Gatta coi Gattini Non basteranno tutti i denari dei festini. Dunque osservato tutto attentamente La Fame non trattiene i divertimenti. Dunque anche quest’anno non potrà passare L’ultimo Martedì di questo magro Carnevale senza dare al solito un Pubblico Divertimento.

Gratis, et amore, e senza complimenti. Prima di tutto gran pubblicazione Del buffone canuto vecchio Falcioni. Con alcuni savj avvertimenti A tutti i contadini possidenti. Quindi avremo di passaggio un gran professore Che leverà i denti e le ganascie senza dolore. Si fa chiamare il gran dottore Castracane Chi si servirà di lui non avrà più fame Con gran preparato di attrezzi e medicine da far vergogna al ciarlatano Castellini. In ultimo poi se si potrà La corsa della Tartaruga si farà. Con premi anche sufficienti Da restar tutti contenti E così si farà vedere che i Montegaudiesi non mancano al Dovere erminando il luttuoso teatro Del Carneval 1874. L’Impresa (Bando per il Carnevale 1874, da una copia conservata presso l’Archivio della parrocchia San Michele Arcangelo, Montegaudio)


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Montegaudio, la Famiglia Paci Giovanni Paci (1827-1904) fu uno dei maggior proprietari terrieri della zona: sindaco di Monteciccardo dal 1873 al 1900, fu anche presidente della Società di Mutuo Soccorso di Monteciccardo. La famiglia Paci (soprannome: Rasìn) è tra le più antiche di Montegaudio: tra i suoi esponenti ricordiamo anche Giulio (1859-1930), figlio di Giovanni, pirotecnico di ingegno, l’unico della nostra provincia, come ricorda Oreste Tarquinio Locchi nel 1934. (Giovanni Paci, raccolta Famiglia Paci, Montegaudio)

A destra, Casa Paci Giulio a Montegaudio in una foto di don Giovanni Gabucci (Archivio Diocesano, Pesaro, fondo Gabucci); sopra, Casa Paci (raccolta Maria Amalia Paci e Raffaello Ortolani, Pesaro)


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Montegaudio, tre immagini dall’album di casa Paci (raccolta Maria Amalia Paci e Raffaello Ortolani, Pesaro)


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Montegaudio, foto di gruppo davanti all’ingresso di casa Paci (raccolta Maria Amalia Paci e Raffaello Ortolani, Pesaro)


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Dedito alla bettola: Vincenzo A., un sindaco trascurato Monte Santa Maria 6 dicembre 1852, Giovanni Giovannini Rettore al Legato in Pesaro Pasquale Badia Stimo mio dovere di notificare a V. Ecc.za Rev.da la condotta di Vincenzo A. ch’è nella terna per essere eletto Sindaco della Comunità di Monte Santa Maria appodiato di Monte Cicardo. Il detto A. ha servito un’altra volta in qualità di Sindaco e condusse un sindacato non tanto lodevole per essere egli dedito alla bettola ed al giuoco anche in tempo di sacre funzioni e con frequenti litigj, e senza darsene pensiero alcuno per gli affari del Comune; l’altra volta che servì in qualità di Sindaco lasciò rovinare la casa comunale per non avere mai voluto accomodare il tetto che un vento aveva mossi vari coppi, e lasciando per lungo tempo piovere sopra de’ travi e travicelli ora sono quasi tutti fragidi. Aveva allora in mano certi denari per fare varie boccarole alle strade queste pure non sono state mai fatte. Era pure un patentato di Sant’Offizio per gl’indicati ed anche peggiori motivi li fu da quel titolo levata la patenta48.

1844, il timbro del Comune e della parrocchia di Monte Santa Maria, 1844


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Monte Santa Maria, due foto dalla raccolta di Renata Bonazzoli


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In cerca di fortuna. Da Monteciccardo a Ellis Island Negli anni tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento quattro milioni di italiani lasciano l’Italia diretti negli Stati Uniti: anche da Monteciccardo sono molti quelli che partono in cerca di fortuna. Ne ricordiamo alcuni, dei quali, grazie ai documenti dell’Archivio Comunale e ai registri dell’Ufficio d’immigrazione statunitense, abbiamo ricostruito parte del viaggio. Vincenzo Maestrini, da Monteciccardo; arrivato a Ellis Island (New York) il 3 aprile 1906; età: 33, sposato; viaggiò a bordo della nave Città di Torino, partita da Genova. Insieme con lui anche Primo Baronciani, Antonio Allegrucci, Giuseppe Pretelli, tutti di Monteciccardo. Remigio Vagnini, da Monteciccardo; arrivato a Ellis Island il 29 maggio 1906; età: 33, sposato; viaggiò a bordo della nave Liguria, partita da Genova. Eraldo Mancini, da Montegaudio; arrivato a Ellis Island il 27 marzo 1907; età: 30, sposato; viaggiò a bordo della nave Cretic, partita da Napoli. Natale Stupici, da Monteciccardo; arrivato a Ellis Island il 6 aprile 1907; età: 41, sposato; viaggiò a bordo della nave Algeria, partita da Napoli. Adelio (?) Forcina, da Monteciccardo; arrivato a Ellis Island il 6 aprile 1907; età: 21, celibe; insieme con Natale Stupici viaggiò a bordo della nave Algeria, partita da Napoli. Luigi Amadori, da Monteciccardo; arrivato a Ellis Island il 21 marzo 1911; età: 36, sposato; viaggiò a bordo della nave Berlin, partita da Genova. Insieme con lui anche Giuseppe Paolucci, Adamo Mainardi e Giuseppe Mariotti, sempre di Monteciccardo (da www.ellisisland.org).

Note

La nave Liguria, a bordo della quale partì per l’America Remigio Vagnini, uno degli emigranti di Monteciccardo, il cui nome è riportato sul registro dell’Ufficio immigrazione di Ellis Island, New York www.ellisisland.org


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âžľ Le pagine dei registri di Ellis Island con i nomi degli emigrati di Monteciccardo (www.ellisisland.org)


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Collezione celerifera delle leggi, decreti, istruzioni e circolari pubblicate nel 1861 ed altre anteriori, Torino 1861, pp. 9394 (da http://books.google.com/books?id=rPQGAAAAYAAJ&hl=it, consultato il 19 marzo 2009 alle ore 11.45). 2 Giacinto Scelsi, Statistica della Provincia di Pesaro e Urbino, Pesaro 1881; ristampa anastatica, Pesaro 1997; le citazioni sono tratte da quest’ultima edizione. 3 Archivio Comunale di Monteciccardo (d’ora in avanti AcM), Delibere di consiglio comunale, in Vari fascicoli degli atti originali del Consiglio dal 1866 al 1882, seduta del 29 agosto 1869. 4 AcM, Id., seduta del (?) Maggio 1869 (la data è illeggibile a causa di una macchia). 5 Id., seduta del 3 gennaio 1867. 6 Atti della Giunta Parlamentare per l’Inchiesta agraria e sulle condizioni della classe agricola, Roma 1881-1886 (in ristampa anastatica Bologna, Forni, 1978); le citazioni sono tratte da http://web.gioder.altervista.org/jacini, che riproduce, organizzati in forma di ipertesto, ampi stralci dell’inchiesta. 7 AcM, Busta 1897-1900, fascicolo Pubblica sicurezza. 8 AcM; il disegno è contenuto nella busta 1878, cat. 7-10, all’interno di un fascicolo intitolato 1878, Strada “Fontanelle”, comprendente vari progetti di strade: il titolo del fascicolo risale però agli anni ’70-’80, epoca dell’ultima sistemazione dell’archivio. 9 AcM, Registro delle delibere consigliari, 1895-1936, seduta del 6 novembre 1898. 10 Id., seduta del16 aprile 1899. 11 La provincia, 27 giugno 1906. 12 Guglielmo Giunta, Nota per la spesa approssimativa per l’arredamento della nuova residenza comunale proposto dal sottoscritto a richiesta del sindaco, 21 marzo 1903, AcM, busta 1904. 13 AcM, Registro delle delibere consigliari, 1895-1936, sedute del 27 dicembre 1903 e del 10 aprile 1904. 14 AcM, Indice delle delibere consigliari 1899-1935. 15 Id., seduta del 31 agosto 1904. 16 La provincia, 27 dicembre 1914. 17 AcM, Registro delle delibere consigliari, 1895-1936, seduta dell’8 settembre 1902. 18 Id., seduta del 13 febbraio 1903. 19 ApM, fogli sparsi. 20 AcM, busta 1897-1900. 21 Id. 22 ApM, Libro dei morti, 1817 – 1913. 23 AsP, Camera di commercio di Pesaro, busta 1869-1894, fasc. 1, 1889-’90. 24 AcM, Indice delle deliberazioni del Consiglio, 1899-1935, Ricorso contro il licenziamento del flebotomo Astolfi, 1923 e Liquidazione di indennità per il licenziamento del flebotomo Ludovico Astolfi, 1924. 25 AcM, Registro delle delibere consigliari, 1895-1936, sedute dell’11 e 24 novembre 1902. 26 Id., seduta del 10 aprile 1904. 27 Un elenco completo dei sindaci di Monteciccardo è in Tomassini, cit., pp. 59-60. 28 Cfr. ApM, Libro dei morti, 1817 - 1913, 30 aprile 1901. 29 Giovanni Gabucci, Monteciccardo, cit., AdP. 30 AcM, Registro delle delibere consigliari, 1895-1936, sedute del 13 febbraio e del 18 ottobre 1903. 31 AcM, busta 1904. 32 La provincia, 6 ottobre 1901. 33 AcM, Registro delle delibere consigliari, 1895-1936, seduta del 15 settembre e 3 novembre 1901. 34 Statuto della Società di Mutuo Soccorso eretta in Monteciccardo, 1896 (raccolta Giorgio Ligi). 35 La provincia, 16 marzo 1902. 36 3 Marzo 1913, atto di fondazione della Cassa Rurale (ApM) 1


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L’idea, 16 gennaio 1915. La provincia, 10 dicembre 1905. 39 AcM, Registro delle delibere consigliari 1895-1936, seduta del 10 marzo 1900. 40 La provincia, 26 maggio 1901. 41 AsP, Processo verbale di oltraggio verso persone investite di pubblica autorità per opera di Casabianca Maria (pregiudicata), Tribunale penale, busta n. 748, anno 1899. 42 AcM, Registro delle delibere consigliari 1895-1936, seduta del 15 agosto 1904. 43 AcM, busta 1897-1900 44 AcM, Registro delle delibere consigliari 1895-1936, seduta del 4 settembre 1903. 45 Id., seduta del 16 luglio 1899. 46 Id., seduta del 5 novembre 1899. 47 Id., sedute del 7 maggio e del 13 agosto 1899. 48 AsP, Delegazione, TIT II, Amministrazione comunale, busta n. 572, 1851-1856. 37 38




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IV.

Monteciccardo, 1922 - 1944


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Monteciccardo, cartolina, anni Venti – Trenta del ‘900 (fotografia Mauro Arceci, Colbordolo, Archivio Diocesano di Pesaro)


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Monteciccardo, 1922-1944. Cronache e immagini dal Ventennio Il 28 ottobre 1922 Benito Mussolini marcia su Roma, conquistando il potere; nel 1926 anche a Monteciccardo, come in tutte le altre province d’Italia, si insedia il podestà, il cavalier Angelo Bracci. All’ordine del giorno di numerose sedute del Consiglio comunale è la discussione intorno all’acquedotto, che comincia nel 1919 con i provvedimenti per l’esecuzione dei progetti per la provvista dell’acqua potabile nel paese, Castello di S.Maria e nel Villaggio di Montegaudio, prosegue nel 1923 con l’approvazione del progetto definitivo per l’acquedotto consorziale, e arriva almeno fino al 1931, quando all’ingegner Ferruccio Briganti, rinomato progettista, autore tra l’altro anche del progetto per l’acquedotto di Pesaro, viene liquidato il quarto acconto per onorari spese e di progetto dell’acquedotto consorziale1. Tra saggi ginnici, feste degli alberi, compleanni del duce e tutto l’apparato delle manifestazioni di regime, la più significativa realizzazione dell’epoca fascista a Monteciccardo resta il Monumento ai Caduti, edificato al posto della chiesina di Sant’Eracliano, opera che occupa a lungo sia il Consiglio comunale sia le cronache de L’ora, settimanale fascista della provincia di Pesaro e Urbino. Inaugurata nel 1927, la Cappella votiva fu progettata dallo scultore Leandro Ricci e, a lavori ultimati, arrivò a costare oltre 70.000 lire, contro le circa 30.000 previste. Con il progettista collaborò un ampio stuolo di artigiani, riportati nello Stato di liquidazione dell’opera conservato presso l’Archivio Comunale: tra le voci di spesa spicca di gran lunga il compenso al Ricci, che fu liquidato con 21.350 lire rispetto alle 23.870 richieste. Tra le altre spese segnaliamo le 800 lire con cui fu liquidata l’Arte Vetraria Pesarese di Antonio Tarini (1.031 lire la richiesta della ditta), le 500 lire spese per n. 4 targhe di marmi di trani lucide con 597 lettere (578,50 la richiesta, contro le 530 convenute), le 1.000 lire di cui si dovette accontentare Attilio Frulla per il cancello in ferro battuto (esclusa la posa in opera), esattamente la metà di quanto richiesto. Infine, a 1.560 lire ammontava la richiesta della ditta Brardinelli di Pesaro, per la fornitura di cipressi forti e di pini (la fattura fu contestata, perché non si hanno indicazioni circa l’impiego e l’età di tutte le piante… specialmente dei cipressi)2. Nel 1932 il castello conta 512 abitanti (324 nelle campagne), contro i 591


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di Monte Santa Maria e i 511 di Montegaudio, per un totale di 2.138 residenti3, mentre nell’elenco degli Esercenti di pubblica necessità operanti sul territorio comunale figurano il forno comunale, gestito da Antonio Allegrucci, la Trattoria Società Operaia di mutuo Soccorso, i rivenditori di privativa e generi diversi Esterina Bellucci, Luigi Gregori, Maria Tebaldi, Guido Mainardi, Paolino Betti, Archimede Giunta, Uberto Marinelli. L’Esattoria e tesoreria comunale è affidata alla Banca delle Marche e degli Abruzzi; nel settembre 1932 troviamo a Monteciccardo anche i Carabinieri, per il cui alloggio l’oste Igino Donati affitta al Comune un vano della mia casa, ad uso di bottega, per la somma di lire 130 annue4. Nel 1935 le delibere del Consiglio comunale riportano l’istituzione della farmacia5.

14 novembre 1932. Clelia Mariotti, maestra del capoluogo, chiede agli amministratori di voler provvedere una lampadina per la sua aula scolastica, perché, in questa stagione, alle ore 15 è già buio (Archivio Comunale di Monteciccardo)


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L’inaugurazione della Cappella Votiva Pesaro, 22 Ottobre 1927. Domenica scorsa Monteciccardo ha solennemente inaugurato la Cappella Votiva ai suoi gloriosi concittadini caduti per la Patria. L’opera è dovuta alla volontà del Podestà cav. Angelo Bracci e all’alto sentimento patriottico e cristiano di quella laboriosa popolazione che ha voluto così sciogliere il suo debito di gratitudine verso il suoi 42 eroici figli. L’elegante tempietto è opera dello scultore concittadino Prof. Leandro Ricci... Nell’interno, a sfondo dell’altare in una riuscitissima vetrata eseguita dal concittadino Tarrini il prof. Ricci ha voluto esaltare la rinascita della vita spirituale. Per l’occasione Monteciccardo era tutta festante e imbandierata e animatissima in attesa delle Autorità e delle rappresentanze del Capoluogo e dei Comuni del mandamento che arrivano circa le ore 10, ricevute dal podestà cav. Bracci, dal Segretario Comunale Cav. Mambrini e dal Segretario del Fascio sig. Giorgio Giorgi. Numerose le rappresentanze delle associazioni con bandiere, oltre una larga rappresentanza della Milizia. In questa pagina e alla seguente, il monumento ai Caduti inaugurato nel 1927 in due fotografie degli anni Trenta del ‘900 (Archivio parrocchia di San Sebastiano)


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Le Autorità e le rappresentanze sono accompagnate in Comune dove viene loro offerto dal Podestà un vermouth. Si forma quindi il corteo che al suono degli inni della Patria si reca alla Cappella Votiva per l’inaugurazione. (...) Durante la cerimonia del mattino e nel pomeriggio prestò servizio il Concerto della vicina Montelabate diretto dall’ottimo M° Romolo Piazzesi. Nel pomeriggio nella piazza maggiore del paese il Concerto Bandistico eseguì uno sceltissimo programma ed alla fine ogni pezzo d’opera fu fatto segno a molti e vivissimi applausi da parte della numerosissima popolazione. Al M° Piazzesi, che superando difficoltà non indifferenti e specialmente quelle d’ordine finanziario, è riuscito in breve tempo a formare una bella Banda degna di lode, inviamo da queste colonne il nostro plauso più sincero (L’Ora, settimanale fascista della provincia di Pesaro e Urbino, 22 ottobre 1927).


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21 aprile 1933, la Festa degli alberi (Archivio parrocchia di San Sebastiano)


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Sopra: agosto 1934, il campeggio dei Balilla moschettieri (Archivio parrocchia di San Sebastiano); sotto: 28 ottobre 1934, celebrazione dell’anniversario della marcia su Roma


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In questa pagina e alla seguente, immagini di un saggio ginnico negli anni Trenta del ‘900 di fronte al Municipio (Archivio parrocchia di San Sebastiano)


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Monteciccardo, 1934. Foto di gruppo di fronte al Municipio: sul retro della fotografia è riportata l’indicazione Combattenti 1934 (Archivio parrocchia di San Sebastiano)


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Monteciccardo, 28 gennaio 1933. Domenica scorsa i combattenti di Monteciccardo hanno inaugurato la loro Sezione raccogliendosi intorno al Presidente della Federazione provinciale, console Biscaccianti, in una colazione modesta, ma animata dal più schietto entusiasmo. Alla fine portò al console Biscaccianti, il saluto di tutti i combattenti del Comune, il Presidente della Sezione sig. Costantini, affermando che il numero dei soci (circa 80) che si raccolgono nella sezione dimostra che lo spirito trincerista è ancor vivo nei cuori. (…) Il canto delle canzoni di trincea unì in un sincero cameratismo tutti i convenuti (L’ora, settimanale fascista della provincia di Pesaro e Urbino, 28 gennaio 1933). Plebiscito nazionale, 29 marzo 1934 (Archivio parrocchia di San Sebastiano)


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Targhe con i nomi dei Caduti della Grande guerra (Archivio Comunale di Monteciccardo)

Dal Libro dei Morti della parrocchia di San Sebastiano Martire 12 giugno 1915 - Nazzareno Bonazzoli figlio di Pietro nato a Monteciccardo il 2 Gennaio 1894 è morto combattendo valorosamente a Plava, nel Triestino, il giorno 12 Giugno 1915; 13 agosto 1915 - Nazzareno Angelini figlio di Francesco e Rosa Bassoni, nato a Mombaroccio, di anni 23 è morto combattendo nel Triestino per la grandezza d’Italia il giorno 31 Luglio 1915; 30 agosto 1915 - Giuseppe Gennari figlio di Gregorio, nato a Montegaudio, marito di Giangolini Maria, di anni 23 è morto combattendo nella guerra Italo-Austriaca il giorno 4 agosto 1915; 27 febbraio 1916 - Guerrino Baronciani figlio di Mariano di anni 22, nato a Monteciccardo, è morto in un ospedale da campo, per malattia contratta combattendo nella guerra Italo-Austriaca il giorno 17 Febbraio 1916; 17 marzo 1916 – Mario Falcioni di Giovanni, di anni 21, nato a Monteciccardo, è morto di malattia infettiva in un ospedale da campo, contratta nella guerra Italo-Austriaca il giorno 17 Marzo 1916. Era uno fra i migliori giovani di questa Parrocchia. Pace all’anima sua; 12 ottobre 1917 – Saturnino Francesconi, figlio di Francesco della classe 1886, dietro gravi ferite riportate combattendo da valoroso nella guerra Italo-Austriaca è morto, prigioniero in un ospedale di Lubiano in Ungheria il 21 Giugno 1917. La famiglia oggi volle suffragare l’anima dell’adorato scomparso con solenni esequie; In Fede Sac. Giuseppe Tebaldi - Parroco


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Giuseppe Sigilli, 1915 circa (raccolta Famiglia Sigilli, Monteciccardo)


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Gruppo d’onore delle belle famiglie italiane, Mandamento di Pesaro, attestato rilasciato alla famiglia Lazzaro Pacini, ďŹ ne anni Trenta del ‘900 (raccolta Famiglia Fiorino Pacini, Monteciccardo)


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1931, Stato degli utenti dei pesi e misure – comune di Monteciccardo (comprendente le frazioni di Monte Santa Maria e Montegaudio) Allegrucci Guglielmo, muratore non capomastro, via Ondedei 4 Amministrazione Comunale, ufficio di Polizia, via Ondedei 24 Baiocchi Luigi, erbivendolo ambulante, via Molini 1 Bartoli Giovanni, oste, via Castello 8 Bellucci Esterina fu Giuseppe, rivendita privativa e generi diversi, via Ondedei 28 Geminiani Lucia, rivendita privativa e generi diversi, via Ondedei 28 Betti Giuseppe, molino ad acqua con meno di 4 palmenti, via Molini 18 Betti Paolino, rivendita privativa e generi diversi, via Molini 18 Berti Luigi, Lattivendolo ambulante, via S. Angelo 4 Canapeti Benilde, erbivendola ambulante, via Molini 18 Cappelletti Luigi, rivenditore di legna all’ingrosso, Paci 8 Ciccolini Alfredo, oste, Paci 7 De Angelis Giovanni, falegname che non dà legname, via S. Angelo 12 Ditta Giovannelli Egidio ed altri, Fornace di Laterizi a fuoco discontinuo, via S. Angelo 16 Donati Igino, oste, via Ondedei 28 Donati Igino, falegname che non dà legname id. 21 Forlani Giovanni, oste, via Ondedei 25 Giorgi Giorgi, Lattivendolo ambulante, via Castello 30 Giunta Archimede, rivend. di privat. e generi diversi, Paci 1 Gregori Adamo, lattivendolo ambulante, Paci 22 Gregori Amedeo, pollivendolo ambulante, Paci 22 Gregori Guerrino, pollivendolo ambulante, via Ondedei 20 Gregori Luigi, Oste con generi diversi, via Ondedei 27 Leoni Antonio, Mulino ad acqua con meno di 4 palmenti, via Canarecchia 7 Mainardi Guido, rivenditore di privativa e generi diversi, via Mombaroccio 42

Mainardi Guido, oste, via Mombaroccio 42 Mainardi Secondo, rivendita di legna all’ingrosso, Paci 22 Mainardi Vincenzo, Molino con una macina ad olio pesante, Monte S. Maria 9 Mainardi Palma fu Antonio, Molino ad acqua con meno di 4 palmenti, via Canarecchia 19 Marcolini Andrea, fornace di laterizi a fuoco discontinuo, via Molini 16 Marinelli Uberto, falegname che non dà legname, via Castello 14 Marinelli Uberto, rivenditore di privativa e generi diversi, via Castello 14 Mengacci Quinto, muratore non capomastro, via Ondedei 39 Nobili Giuseppe, molino ad acqua con meno di 4 palmenti, via Petricci 25 Nobili Giuseppe di Nicola, rivendita di articoli agricoli, Paci 1 Paci Carlo ed Alberto, pirotecnico, Paci 11 Paci Carlo ed Alberto, trebbiatrice, Paci 11 Panicali Alfonso, oste, Paci 1 Panicali Alfonso, falegname che non dà legname, Paci 11 Panicali Luigi, falegname che non dà legname, Paci 11 Panicali Rutilio, falegname che non dà legname, Paci 11 Panzieri Enrico, muratore non capomastro, via Conventino 6 Pascucci Nazareno, falegname che non dà legname, via Ondedei 15 Sabatini Gustavo, molino ad acqua con meno di 4 palmenti, via Mulini 18 Stefanelli Augusto, falegname che non dà legname, Monte S. Maria 4 Stupici Egiziano, muratore non capomastro,via Ondedei 13 Tebaldi Maria, rivendita di generi diversi, via Ondedei 18 Ufficio postale di 2a classe, Pesa della Corrispondenza, via Ondedei 18 Uguccioni Achille fu Luigi, Lattivendolo ambulante, Paci 6


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Monteciccardo, via Roma negli anni Trenta del ‘900 (Archivio Comunale di Monteciccardo)


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Monte Santa Maria, la nuova chiesa di Sant’Agata Il 29 maggio del 1932, festa di San Vincenzo, fu inaugurata a Monte Santa Maria la nuova chiesa parrocchiale costruita, come la canonica, dalla Santa Sede in sostituzione della vecchia fatta atterrare perché rovinata dal terremoto del 1916 e 1930. Fu preceduta da triduo eucaristico, annota ancora don Giovanni Gabucci, che ricorda anche la presenza del Concerto di Sant’Angelo, l’illuminazione e i fuochi di Paci6.

In queste pagine, tre immagini dell’inaugurazione della chiesa di Sant’Agata di Monte Santa Maria, conservate presso l’Archivio Parrocchiale di Monteciccardo; nella foto piccola: timbro della Parrocchia di Sant’Agata, 4 novembre 1911 (Archivio Diocesano di Pesaro)


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Montegaudio, 1935: Maria Cappelletti (raccolta Maria Giogi Cappelletti e Famiglia Giorgi)


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Monteciccardo, anni Quaranta del ‘900 (raccolta Famiglia Fiorino Pacini)


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Monteciccardo nelle parole di don Ciro Scarlatti (1880 - 1960) Assai conosciuto nella diocesi di Pesaro per le sue poesie satiriche e per la sua arte di oratore religioso, don Ciro Scarlatti detto Sferza, parroco di Farneto e poi di Serra di Genga, dedicò diversi componimenti a Monteciccardo7. Datato Monte Santa Maria, 5 febbraio 1929, è il brindisi composto in onore del cavalier Angelo Bracci, podestà di Monteciccardo e Montelabbate, ma non recitato perché il Bracci, per ragioni di servizio, non poté parteciparvi: (...) D’aspetto assai simpatico,/gentile, manieroso,/egli è con tutti affabile,/per tutti premuroso./Mostra nell’occhio limpido,/nel labbro sorridente,/ch’egli è cor magnanimo /e di sincera mente./Ed anche sotto il rigido/ vestito d’ufficiale/tradisce il suo bell’animo/di podestà ideale./Ma ancora è troppo giovane/ ed è per conseguenza/che non può aver la pratica/ch’è figlia d’esperienza. Rispettivamente del 5 febbraio 1930 e del 5 febbraio 1934 sono altri due brindisi composti per Monte Santa Maria (il 5 febbraio si ricorda Sant’Agata, alla quale è intitolata la chiesa parrocchiale del minuscolo borghetto), uno al commissario prefettizio di Monteciccardo, cavalier Giuseppe Rossi, l’altro al Dottore Novello Guido Marcucci: anche questo però non fu recitato perché, a causa della neve, mancarono alla cerimonia molti invitati e lo stesso Marcucci. Da Farneto don Ciro scrisse, tra il settembre e l’ottobre 1937, la Satira pungente contro Monteciccardo, caustico componimento ispirato al sacerdote dal comportamento scorretto di alcuni parrocchiani del paese, che a detta dello stesso don Ciro, lo costrinsero a rinunciare alla parrocchia di San Sebastiano a causa dell’età. Monteciccardo è nome adulterato, ma il vero nome è Monte dei Sicari, perché in antico è stato edificato da uno stuol di Briganti e di Falsari! Rinchiusi in quel maniero, han generato, scegliendosi le Mogli in Lupanari; e ai tardi lor nepoti han tramandato putrido sangue e cori da Corsari. A rendere più laida tal Genìa da qualche tempo giunser due Messeri da Montegaudio e da Montesantamaria l’uno bugiardo e l’altro falso e tristo, che, oprando uniti, ora scherzosi or seri, tradiscono gli Amici, i Santi e Cristo.


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Monteciccardo, 1941. I ricordi di Eleonora Mariotti Travaglini e di Glauco Mancini Tra la fine degli anni Trenta e i primi anni Quaranta, Monteciccardo ospitò il professor Scevola Mariotti che, insieme con la sua famiglia (la moglie Teresa, i figli Scevola jr., Eleonora e Italo e la nonna Maria), era solito trascorrere le estati nella casa presa in affitto dal parroco, don Antonio Bartolucci. Di questi luoghi Scevola Mariotti amava la quiete e la natura: la figlia Eleonora ci ha raccontato che proprio nel giardino di fronte alla casa parrocchiale il padre attese alla composizione del suo celebre dizionario di francese (Zanichelli, 1952), aiutato dalla signora Teresa che collaborava alla correzione delle bozze. In queste pagine, alcune immagini riferite a quel periodo, tratte dall’album della famiglia Mariotti8.

La famiglia di Scevola Mariotti sr. nel giardino davanti alla casa parrocchiale


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Anni Quaranta del ‘900 Eleonora Mariotti e, nella foto accanto Scevola Mariotti sr. con la moglie Teresa (raccolta Eleonora Mariotti Travaglini e Famiglia Mariotti Pesaro)


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Eleonora Mariotti e, a ďŹ anco, la Cappella dei Caduti nel 1941 (raccolta Eleonora Mariotti Travaglini e Famiglia Mariotti Pesaro)


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Nel 1941, a guerra iniziata, Scevola jr (affettuosamente detto Scevolino), già noto per la sua attività di filologo, ricevette a Monteciccardo la visita del suo amico Glauco Mancini, abusivamente in licenza: completiamo queste pagine con il ricordo di quell’episodio nelle parole dello stesso professor Mancini (immagini: raccolta Glauco Mancini, Pesaro). Estate 1941. Ecco una foto che può interessare i Pesaresi della prima generazione del ‘900. A sinistra è il prof. Glauco Mancini (venti anni), in servizio militare presso l’11° Rgt. Bersaglieri a Gradisca d’Isonzo (Gorizia), il quale, trasferito al 2° Rgt bersaglieri accampato nei pressi di Corinto (Grecia), è sceso dal treno a Pesaro per ritagliarsi abusivamente una licenza di mezza giornata, e in abiti civili, in bicicletta, si è recato a Monteciccardo, dove l’amico carissimo Scevola Mariotti è in villeggiatura con la famiglia. A destra è il prof. Scevola Mariotti, che già andava rapidissimamente affermandosi come filologo di fama internazionale. Tutto questo, qualcosa come 65 anni or sono. Ormai siamo usciti dalla cronaca per entrare nella storia, se qualcuno si ricorderà di noi; altrimenti saremo entrati nell’oblio, e “hic manebimus optime”, come disse il centurione (Glauco Mancini).


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Monteciccardo, 28 agosto 1944 27 VIII 1944 -Campanile atterrato dal bombardamento 28 VIII - distruzione della Chiesa, e di gran parte del paese, per cannoneggiamento e bombardamento aereo. La difesa fatta coi carri armati e un cannoncino ha occasionato il blocco di un carro armato inglese che fu incendiato ed i soldati che si arrendevano, tutti uccisi. Di qui l’accanito bombardamento segnalato dai due aeroplani di ricognizione, che ha portato la distruzione di Monteciccardo e Sant’Angelo8.

L’azione bellica del 27 e 28 agosto 1944, oltre al distruggere in massima parte il paese di Monteciccardo, ha causato anche la ruina delle migliori opere d’arte custodite nella chiesa parrocchiale, che restò demolita dal bombardamento del giorno 28. Per somma disgrazia furono travolti nella ruina anche il quadro di Bartolomeo di Gentile, i cui resti portati in Urbino e ricomposti dall’Istituto di Belle Arti, attendono di poter di nuovo brillare sull’altar maggiore… quando sarà rifatta la Chiesa. (…) Così andò perduto anche l’artistico Crocefisso a tutto rilievo, scolpito dal M° Simone de Martinatiis da Parma e le due immagini dell’Addolorata e di San Giovanni finemente dipinte (direi quasi miniate) da Pier Antonio Battista Palmarini di Urbino. Non so se i resti di questi lavori facciano sperare una ricostruzione oppure facciano la fine della Chiesa della Misericordia per la quale erano stati creati.

La chiesa rettorale di Monteciccardo all’interno era simile a quelle del SS. Sacramento di Gradara e di San Michele di Fanano (Giovanni Gabucci)9.


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Giovanni Gabucci, Sant’Angelo in Lizzola, 16 aprile 1946 - Monteciccardo = Pesaro = opere d’arte, elenco delle opere danneggiate dai bombardamenti del 27 e 28 agosto 1944 (Archivio Diocesano di Pesaro)


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Il 25 agosto del 1944 l’8a armata britannica era schierata a breve distanza dal fronte adriatico della Linea gotica, che era difeso dal LXXVI corpo d’armata corazzato dalla 10 a armata tedesca. Dal mare all’Appennino, le forze alleate erano schierate così: il II corpo d’armata polacco, il I corpo d’armata canadese e il V corpo d’armata britannico. Le forze tedesche fronteggiavano gli alleati con: la 1a divisione paracadutisti, le divisioni di fanteria 71a e 278a e la 5 a divisione di montagna. Lo schieramento alleato era imponente: 10 divisioni, 1.200 carri armati, 1.500 cannoni, 27 squadroni di bombardieri e caccia bombardieri della Desert Air Force. L’attacco iniziò alle 23,55 del 25 agosto 1944 con un pesantissimo bombardamento di artiglieria, cui seguì l’assalto della fanteria. La direzione di attacco verso Monteciccardo, che partiva da Montemaggiore e si sviluppava per Saltara e Mombaroccio, era affidata al I corpo d’armata canadese, fronteggiato dalla 71a divisione di fanteria tedesca. Lungo quella direttrice, nella giornata del 26, le truppe canadesi conquistarono: Saltara, Cartoceto, Monte Mattera e il convento del Beato Sante. L’assalto delle truppe venne accompagnato dagli attacchi aerei della DAF, che continuarono incessantemente nei giorni successivi. Il giorno 27, i tedeschi si ritirarono dietro la “linea, rossa”, che seguiva il corso del torrente Arzilla ed era l’ultima difesa prima della Linea gotica, attestata lungo il flume Foglia. I capisaldi tedeschi della “linea rossa” erano a Ginestreto e Monteciccardo, con postazioni di mitragliatrici, mortai e cannoni PAK. I canadesi assaltarono i due capisaldi con cinque battaglioni e contro Monteciccardo vennero impiegati i “Loyal Edmonton” e i “Seaforth of Canada”. Nel pomeriggio del 27 la DAF bombardò pesantemente Monteciccardo, che l’indomani mattina sembrava deserto, ma i tedeschi, che avevano ricevuto l’appoggio di due battaglioni del 4° reggimento paracadutisti, accorsero a difenderlo e il paese cadde solamente alla, sera del 28, al terzo attacco del “Loyal Edmonton”, appoggiato dai carri armati del 14° reggimento corazzato “Calgary”. Contemporaneamente, truppe della 46a divisione di fanteria britannica conquistarono Montegaudio, difeso dal Battaglione I del 191° reggimento della 71a divisione di fanteria tedesca10.


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Fanti del 48° Highlanders of Canada durante l’avanzata sulla Linea Gotica verso il fiume Foglia, 28-29 agosto 1944 (Archive and Libraries of Canada, da http://collectionscanada.gc.ca)


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La II guerra mondiale nei ricordi di Guido Albertini Ero un bersagliere. L’8 settembre 1943 mi trovavo a Kemum nel centro della Jugoslavia. I nostri comandanti non sapevano cosa fare e così fummo sopraffatti dai tedeschi, che ci ordinarono di prendere le biciclette, armarci e dirigerci verso una pineta dove ci attendevano altri tedeschi. Qui ci disarmarono, e da quel momento fummo loro prigionieri. Ci fecero camminare per otto giorni, senza viveri, e non rivedemmo più i nostri ufficiali. Con questo viaggio iniziò una interminabile tragedia fatta di fame, di sete, di maltrattamenti di ogni genere. Camminando per giorni e giorni arrivammo in una cittadina della Bosnia, Bihac. Qui selezionarono 50 di noi: tra questi capitai anch’io. Ci portarono fra due fiumi, dove ci accampammo con il poco che avevamo. Durante le giornate ci obbligarono a lavorare scaricando i treni che venivano dalla Germania con munizioni e viveri e ricaricando colonne di camion che rifornivano le truppe nelle zone interne. Intanto i fiumi cominciarono a straripare allagando i nostri accampamenti; fu così che alla vigilia di Natale decisero di trasferirci in una vecchia e malridotta stanza dove ci stiparono tutti. Giunse intanto la primavera; la Domenica delle Palme i bombardamenti da parte degli americani si fecero sempre più fitti, con tanti morti e feriti. Fra i maltrattamenti sempre più duri e il vestito che stava consumandosi addosso, decisi di fuggire alla ricerca dei partigiani. Ma una pattuglia di tedeschi mi scoprì sparandomi senza colpirmi; mi arresi ma capii benissimo che mi avrebbero fucilato. Durante quella notte vi fu un allarme, la guardia corse via e io ne approfittai per scappare. Il giorno dopo mi presero i partigiani che mi chiesero di collaborare con loro; naturalmente acconsentii. Così mi diedero le armi e mi assegnarono a una compagnia di sanitari. Andammo verso Kemun, poi verso Gaspic, attraversammo il passo di Catnich dove ci imbarcammo per liberare l’isola di Veglia. Liberatala, abbiamo proseguito verso Zara ove incontrammo una forte resistenza da parte tedesca. In pochi giorni li abbiamo sconfitti e dovettero ritirarsi. proseguimmo verso San Pietro del Carso e Trieste dove abbiamo trovato gli alleati. Era il 25 aprile del 1945. Guido Albertini, da Patria, 16 settembre 1990 In alto a sinistra: 5 febbraio 1943, Guido Albertini in trincea (raccolta Guido Albertini, Monteciccardo) In basso a destra: alcuni tipi dei Cetnici, 1943 (raccolta Guido Albertini, Monteciccardo)


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1944. Annibale Ninchi a Monte Santa Maria Attore possente, tra i piĂš grandi del teatro italiano del Novecento, Annibale Ninchi (Bologna, 1887 - Pesaro, 1967) fu assiduo e curioso frequentatore di queste zone. Costretto dalla guerra a rifugiarsi con la famiglia a Monte Santa Maria, ricordò quel periodo in due gustosi episodi della sua autobiograďŹ a Annibale Ninchi racconta (1946)11.

Il Cimitero di Monte Santa Maria


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Il nascondiglio del Sor Peppino Dopo un’altra mezz’ora, eccomi a Monte Santa Maria, di cui un poeta francese fermatosi là l’anno avanti scrisse questi versi tradotti da Gildo Passini: Quattro case una chiesa un campanile. Un prete sei famiglie una sol fede. Oche galline un forno ed un porcile. Alberi prati campi a cui si crede tanto all’avverso quanto al tempo amico. Dondolan pie blandendo le campane ogni pensiero come al tempo antico. A gara volan qui da le lontane plaghe d’Oriente, brune messaggere, rondini alate a costruire il nido d’amore rinnovato, a questo asilo, dove nascite e morti son leggere. Ronzano l’api. L’eco non ha un grido. Fortuna ancor non ha spezzato il filo. Monte Santa Maria! Buon’aria, buona gente, buon umore. Il campanile suona per la chiesa, la scuola, il tempo e il camposanto. Neppur la morte è triste in quel paese. Tre alte file di cipressi circondano quel cimiterino pieno d’ombra e di uccelli. Dev’essere dolce l’ultimo sonno sotto quegli alberi, in mezzo al verde. (...) Il sor Peppino è il riflesso parlante e sorridente di quella pace campestre. Cammina lavora e sorride... Non ha ancora quarant’anni; la sua calma è proverbiale... La prova della sua imperturbabilità la diede all’arrivo dei tedeschi venuti in ricognizione per piazzare i cannoni. “Dio! I cannoni! A Santa Maria!”. “Ci staranno poco”, rispondeva indifferente. Infatti ci rimasero... tre mesi. Bisognava affrettarsi, intanto, nascondere le migliori masserizie, tappeti argenteria vestiti biciclette biancheria. “Ma dove? dove? I tedeschi rovistavano dappertutto”. “Niente paura. Ci avrebbe pensato lui, il sor Peppino”.


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Il mio sipario Me lo portavo sempre dietro, anche quando non mi serviva più, il mio bel sipario di lana blu. (...) Ai margini centrali del suo bel blu cupo brillavano, vanitosissime, le mie iniziali d’oro. ...Quando l’ultima guerra bestiale e forsennata si scatenò, anche il mio sipario dovette seguire la mia sorte. Lo portai, insieme con gli ultimi avanzi dei miei superstiti costumi teatrali, a Monte Santa Maria, dove’ero sfollato con mia moglie e la mia bimba di tre anni... Il poco denaro ch’era rimasto era insufficiente alle spese giornaliere... Alcuni contadini venivano per casa a portarmi qualche provvista di farina. Quando videro che mia moglie estraeva da una cassa, per riporli meglio, i più vistosi costumi di teatro, rimasero colpiti dai velluti, le sete e i broccati d’ogni colore e chiesero se per le loro donne che ormai erano nude, avesse avuto da vendere qualche stoffa un po’ meno sgargiante. Per tutta risposta mia moglie aprì il cassone dove dormiva il mio sipario... “C’è da vestire l’intero paese”, disse il più anziano. ...Dopo qualche mese il mio sipario ebbe l’onore di essere trasformato in tanti tagli d’abito di solida stoffa pesante di color blu cupo. Tutto il paese e il circondario era vestito allo stesso modo, dallo stesso sarto che confezionava per quei contadini tanti completi blu, a doppio petto.


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Note AcM, Registro delle delibere consiliari, 1899-1935, elenco. AcM, Stato di liquidazione delle spese, allegato B alla nota n. 183 del 23 aprile 1930. 3 AcM, Popolazione residente al 20 dicembre 1932, Risposta alla richiesta della direzione didattica governativa di Gradara del 17 dicembre 1932. 4 AcM, fascicolo Alloggio per CC. Reali. 5 AcM, Registro delle delibere consiliari, 1899-1935, cit. 6 Giovanni Gabucci, Monte Santa Maria, taccuino, anni Venti-Trenta del ‘900 (Archivio della Parrocchia di San Michele Arcangelo, Montegaudio). 7 Tutti i brani riportati sono tratti da Ciro Scarlatti (Sferza), Poesie (a cura di Dante Simoncelli), Pesaro 1997. 8 Conversazioni con Eleonora Mariotti Travaglini della primavera 2007; ringraziamo sin d’ora la signora Mariotti Travaglini e suo fratello Italo per aver consentito in questa sede la riproduzione delle immagini dal loro album di famiglia. 9 AdP, Parrocchie, busta 40, cit., don Giovanni Gabucci, taccuino azzurro. L’elenco delle opere danneggiate dalla guerra, insieme con questi ultimi appunti di Giovanni Gabucci, scritti su foglietti destinati a una delle tante conferenze tenute dal sacerdote fino a pochi giorni prima della morte, provengono da una parte del fondo Gabucci ancora in attesa di catalogazione; al momento della consultazione erano contenuti in una scatola etichettata Sant’Angelo. 10 Amedeo Montemaggi, Offensiva della Linea gotica, Imola 1980, pp. 81-87. 11 Annibale Ninchi, Annibale Ninchi racconta, Bologna 1946, pp. 253 – 265. Le pagine dedicate da Annibale Ninchi a Monte Santa Maria sono riportate nella sezione Documenti. 1 2




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V.

Monteciccardo,

Montegaudio, Monte Santa Maria. Album del Dopoguerra


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Ministero dei Lavori Pubblici, Corpo Reale del genio Civile, Ufficio di Pesaro Comune di Monteciccardo, 30 settembre 1945 Perizia dei lavori di demolizione e sgombro macerie nell’abitato di Monteciccardo Importo L. 150.000 Cenni descrittivi L’abitato di Monteciccardo è stato sensibilmente danneggiato da bombardamenti aerei e di artiglieria durante le azioni belliche svoltesi nella zona nel mese di agosto 1944. Vari fabbricati sono da considerarsi in gran parte distrutti. Con la presente perizia si prevedono i lavori di demolizione delle strutture pericolanti, la rimozione delle macerie che ingombrano le aree pubbliche, nonché alcune opere murarie di rinforzo a tutela della pubblica incolumità.

Studio tecnico Olmeda, Pesaro: Progetto per la costruzione di una chiesa nel Comune di Monteciccardo (Archivio Parrocchia di San Sebastiano di Monteciccardo)


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Due immagini della chiesa di San Sebastiano Martire appena ricostruita, nei primi anni Cinquanta del ‘900 (raccolta Archivio Comunale, Monteciccardo)


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Cartolina della chiesa di San Sebastiano Martire, anni Cinquanta del ‘900 (raccolta Amalia Iacopini, Monteciccardo)


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Sopra: foto di gruppo per la prima Comunione (1950 - 1955, raccolta Carlo Allegrucci, Monteciccardo) Sotto (raccolta Amalia Iacopini, Monteciccardo)


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Ballo al Conventino 4 aprile 1945 - Il Rett. Bartolucci tiene chiusa la chiesa del Conventino nell’annuale ricorrenza della S. Pasqua. Causa il Ballo a M.Cicardo, riesumando un Decreto Vescovile del I II 1929, il quale proibiva ogni solennità in tali circostanze, e trattandosi di chiesa parrocchiale (come è quest’anno il Conventino per la ruina della Rettorale) si avrebbe dovuto celebrare la messa al solito orario. Trattandosi poi del precetto Pasquale si poteva dire la Messa e amministrare i sacramenti senza solennità e poi chiudere la Chiesa nel pomeriggio. Era una protesta più nobile benché meno... clamorosa e priva di incidenti, perché molti, non sapendo nulla, vennero da lontano senza potere soddisfare al precetto pasquale (don Giovanni Gabucci) . Originario di Villagrande di Mombaroccio, don Antonio Bartolucci fu parroco di Monteciccardo tra il 1937 e il 1956.


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Monteciccardo, Via Roma, anni Cinquanta del ‘900 (Archivio Comunale di Monteciccardo)


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Monteciccardo, anni Sessanta del ‘900: sopra, Leda Allegrucci insieme con suo ďŹ glio Marcello Bonazzoli (raccolta Gabriele Bonazzoli, Monteciccardo); sotto cartolina (raccolta privata Pesaro)


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Raccolta Carlo Allegrucci, Monteciccardo


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Due immagini dall’album della Famiglia Gilberto Sabbatini


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A sinistra Speranza Palazzi (raccolta Gabriele Bonazzoli, Monteciccardo); a destra Pino Marchetti in un’immagine dal suo album di famiglia


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Montegaudio, sopra: il matrimonio di Maria Cappelletti e Ilario Giorgi; sotto: Gabriele Giorgi loro ďŹ glio in una foto del 1955 circa (raccolta Famiglia Giorgi, Montegaudio)


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Montegaudio, anni Cinquanta Sessanta del ‘900: sopra, raccolta parrocchia San Michele Arcangelo; sotto Walter Panicali e sua moglie Olimpia Marcolini Panicali nella loro osteria (raccolta famiglia Walter Panicali, Montegaudio)


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Sopra, raccolta Famiglia Sigilli, Monteciccardo; nella pagina precedente, sopra, a sinistra: raccolta Fiorino Pacini, Monteciccardo; a destra: raccolta della Famiglia Vagnini, Monte Santa Maria. Sotto, Scuola Elementare di Monte Santa Maria, anno scolastico 1957 - 58 (raccolta Famiglia Vagnini, Monte Santa Maria)


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Monteciccardo – Marcinelle Marcinelle (Belgio), Mercoledì 8 agosto 1956. In uno dei pozzi della miniera di carbon fossile del Bois du Cazier scoppia un incendio che, rapidamente propagatosi, provoca la morte di 262 uomini di 12 nazionalità diverse, fra cui 136 italiani (il più giovane di 14 anni e il più anziano di 53 anni). Solo 13 lavoratori sopravviveranno. Rimasti senza via di scampo, i minatori imprigionati morirono soffocati dalle esalazioni di gas: le operazioni di salvataggio si protrassero fino al 23 agosto, quando uno dei membri delle squadre di soccorso risalito in superficie pose fine alle ricerche con la frase Tutti cadaveri! Nous sommes une cinquantine. Nous fuyons les fumées vers les quatres paumes... fu scritto con il gesso su di una tavoletta di legno da una delle vittime, mentre cercava di salvarsi (da www.emigrati.it e www.leboisducazier.be).

Marco e Giuseppe Vagnini, minatori a Marcinelle, in due immagini rispettivamente del 1927 e del 1952 tratte da documenti del locale ufficio immigrazione (raccolta Famiglia Vagnini, Monte Santa Maria))


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Sopra: due foto del funerale di Albino Biagioli, di Monte Santa Maria, morto in un incidente nella miniera di Marcinelle sei mesi prima della tragedia dell’agosto 1956 (raccolta Famiglia Vagnini, Monte Santa Maria)


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Ugo Barbieri a Marcinelle (raccolta Parrocchia San Michele Arcangelo, Montegaudio)


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Severino Foglietta “muso nero�a Marcinelle (raccolta Famiglia Foglietta)


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Due immagini dall’album della Famiglia Vagnini, Monte Santa Maria


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Il Conventino nel Dopoguerra (raccolta Famiglia Gilberto Sabbatini)


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Villa Ugolini La chiesetta di Villa Ugolini sorge quasi al limite tra i Comuni di Monteciccardo e di Mombaroccio, lì dove l’Arzilla fa da confine: in Ca’ Mainardi. E proprio da questo proprietario discendente da antica famiglia insediata sul posto da secoli, il signor Giorgio Ugolini aveva acquistato un fondo. Egli, all’avanzare del fronte bellico durante l’ultimo conflitto, si era rifugiato con la famiglia e con tanti altri compaesani in aperta campagna verso i monti sovrastanti Mombaroccio, e in una notte di fuoco aveva fatto voto alla Madonna di edificarle una chiesa se avesse fatto la grazia a lui e alla famiglia di salvarlo dagli orrori della guerra. Si salvò e il voto fu compiuto. Ne venne fuori questa deliziosa chiesetta inaugurata naturalmente con il matrimonio della figlia, ma consacrata il 9 agosto del 1953, dopo che il vescovo di Pesaro, con decreto del 5 agosto, ne aveva autorizzato la consacrazione. (...) All’esterno della chiesa, alla morte dell’Ugolini, per volontà delle popolazioni gravitanti intorno al luogo, è stata murata la seguente lapide: Nell’anno di Cristo 1953 / per la munificenza del / Comm. Dott. Giorgio Ugolini / è sorta questa chiesina. / I numerosi fedeli che la frequentano / nel 3° anniversario della morte del benefattore / a perenne testimonianza / della loro gratitudine. / 15 settembre 1957 (Tomassini, cit., p.75)


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Raccolta Carmen Allegrucci D’Orazi


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Dalla Sardegna a Monteciccardo, i ricordi delle famiglie Delà e Manca C’erano le rose, ma c’erano anche le spine. In queste parole, pronunciate con il sorriso ruvido di chi in fondo è soddisfatto delle proprie fatiche, la signora Maddalena Sanna Delà racchiude i suoi ricordi. Seduti intorno al grande tavolo della casa di Monte San Giovanni, la voce della signora Maddalena si intreccia con quella di suo marito Pietro Delà, nel racconto di una vita tra la Sardegna e Monteciccardo, dove oggi la famiglia Delà possiede un’importante azienda agricola, produttrice di ottimi formaggi tra cui un apprezzatissimo pecorino a latte crudo. Maddalena e Pietro, pastori sardi, come orgogliosamente si definiscono, sono originari di Bitti, in provincia di Nuoro, una zona tradizionalmente vocata alla pastorizia. Arrivato a Pesaro nel 1960, per il servizio militare, Pietro Delà decide di fermarsi nelle nostre campagne per tentare la fortuna, al pari di tanti altri conterranei: abbiamo iniziato a Fano, vicino al campo di aviazione, dove all’epoca c’erano campi adatti al pascolo, continua Pietro, e dopo un paio d’anni, ci siamo spostati qui a Monte San Giovanni. Avevamo dei soci, ma poi abbiamo proseguito per conto nostro, per un po’ hanno lavorato con noi i miei fratelli Filippo e Pasquale, poi Filippo ha avviato una propria attività a Montegaudio, mentre Pasquale è tornato in Sardegna. Oggi l’azienda si estende su una superficie di 150 ettari, distribuiti tra quattro comuni (Monteciccardo, Mombaroccio, Serrungarina e Montefelcino): dall’alto dei 400 metri del Monte San Giovanni si domina lo splendido paesaggio tra le vallate del Foglia e del Metauro. Il casolare dei Delà, che affianca la stalla e i moderni locali destinati alla lavorazione e alla vendita dei prodotti, è oggi accogliente e confortevole ma, dice la signora Maddalena, non è sempre stato così: la luce è arrivata negli anni Settanta, e una volta, come nella maggior parte delle case di campagna, non c’erano i vetri alle finestre… la neve scendeva sul letto, aggiunge Pietro, e l’acqua si andava a prendere con i secchi. Prima eravamo in affitto, poi un po’ alla volta abbiamo comprato la casa e le terre. Dopo un periodo di avviamento dell’attività, Pietro è raggiunto dalla famiglia: insieme con Maddalena arrivano qui anche i genitori di Pietro, Giovanna e Antonio. Per loro, abituati a un tipo di vita completamente diverso, l’incontro con la nostra realtà è ancora più difficile: strappati


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alle loro consuetudini, alla loro lingua, nei primi tempi stavano qui come ‘cani arrabbiati’, ricorda Pietro, hanno sofferto molto. Del resto, anche per noi che eravamo più giovani non è stato facile ambientarci, anche perché, dice Maddalena con qualche rammarico, non c’era una cultura dell’integrazione come quella di oggi, e i servizi per chi arrivava da fuori erano ancora scarsi. Alla famiglia Delà si deve l’introduzione nelle nostre campagne della razza ovina sarda, oggi assai diffusa: abbiamo portato qui anche certe tecniche di lavorazione del formaggio, ci spiega Pietro, sottolineando che queste non erano terre per la pastorizia a pascolo libero, è stato necessario un lungo processo di adattamento, per esempio, avevamo grandi difficoltà con l’alimentazione delle bestie, che è uno dei principali fattori per la qualità dei prodotti. Con la loro caparbietà e intraprendenza, i Delà hanno aperto la strada ad altre famiglie sarde, che negli anni SessantaSettanta del ‘900 si sono trasferite nella nostra provincia e in tutte le Marche importandovi la loro arte dalla storia millenaria. L’azienda agricola Monte San Giovanni conta oggi su un gregge di 600 pecore, e non è infrequente, per chi percorre in auto queste colline, dover rallentare per qualche minuto l’andatura per consentire agli animali di tornare all’ovile: un’esperienza che sembra fermare il tempo, regalando al guidatore frettoloso qualche attimo per assaporare il panorama. L’attività è oggi gestita dai figli di Maddalena e Pietro: Antonello, Mariano, Sara e Gianni che con la ‘supervisione’ dei genitori portano avanti la tradizione di famiglia, adeguando le antiche tecniche di lavorazione alle attuali esigenze del mercato: oggi abbiamo il nome, ci conoscono dappertutto…, afferma con passione Pietro, che non nasconde l’amore per la sua terra e il suo lavoro quando descrive nei dettagli le diverse fasi della produzione del formaggio. Con la Sardegna i Delà hanno mantenuto un forte legame: al loro paese tornano spesso, almeno in occasione della grande festa della Madonna del Miracolo, alla fine di settembre. Ma della Sardegna, cosa avete portato qui? chiediamo prima di salutarci, mentre l’occhio si sofferma sul ritratto dei genitori di Maddalena, che occhieggiano severi da una delle pareti. Il mestiere, conclude sorridendo Pietro, e la pasta, gli fa eco la nuora Diba, monteciccardese doc (è figlia di Egidio Tarini, che incontreremo tra qualche pagina), moglie di Mariano, mentre la loro figlia Eleonora corre verso la stalla, felice di assistere alla mungitura delle pecore.


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In queste pagine, alcune immagini dall’album della Famiglia di Pietro Delà , Monteciccardo


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L’azienda agricola di Filippo Delà si trova a Montegaudio, ed è oggi gestita dai figli Gianfranco e Antonella: siamo arrivati a Monteciccardo nel maggio 1959, racconta Filippo, eravamo un gruppo di scapoli, io, mio fratello Pasquale, Giorgio Burrai e Francesco De Cortes; nel 1966 si è aggiunta anche la famiglia di mia moglie, Annunziata Pira. Abbiamo portato con noi 600 capi, trasportati con i camion da Civitavecchia a Monteciccardo continua Filippo ricordando i primi, avventurosi tempi nella nostra regione: iniziammo l’attività in via Petricci, poi ci siamo spostati al campo di aviazione di Fano, dove insieme con mio fratello Pietro e altri soci abbiamo preso in affitto una casa. Nel marzo 1960 siamo tornati di nuovo in via Petricci, al confine tra Monteciccardo, Montefelcino, Mombaroccio e Serrungarina, e nel 1961, sempre con Giorgio Burrai, abbiamo cominciato ad acquistare il terreno, fino a quel momento eravamo in affitto. Avviata intorno al settore principale della produzione di formaggio (pecorino e ricotta, soprattutto, che Filippo Delà forniva anche ad alcune tra le maggiori industrie casearie italiane), l’azienda ha in seguito ampliato la propria attività con il commercio all’ingrosso di frutta e verdura. Fino al 1987 abbiamo mantenuto un gregge di circa 250 pecore, quando ci siamo trasferiti qui a Montegaudio, nel 1988, abbiamo venduto il gregge, e ci siamo concentrati sulla coltivazione dei cerali e dei foraggi, aggiunge Filippo. Anche per Filippo e sua moglie Annunziata è d’obbligo qualche domanda sull’impatto con un territorio e una cultura diversi da quelli d’origine: la Sardegna ci manca sempre, afferma Annunziata, che racconta della diffidenza iniziale da parte delle persone del posto, ci trattavano come stranieri, anche se poi abbiamo imparato a fidarci reciprocamente... anche la nostra attività ci causava problemi, perché eravamo visti solo come concorrenti da chi già lavorava il formaggio secondo un’altra tradizione. Uno dei problemi più sentiti era la lingua. Della nostra terra, dove torniamo ormai raramente, abbiamo mantenuto comunque molti usi, soprattutto la cucina.


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Immagini dall’album della famiglia Filippo Delà , Montegaudio


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La terza famiglia sarda che incontriamo è quella di Salvatore Manca, che a Monteciccardo arriva via Toscana seguendo la rete delle parentele: la signora Caterina Pira, moglie di Salvatore, recentemente scomparso, è infatti sorella di Annunziata Pira Delà (moglie di Filippo Delà). Nel 1967 Salvatore Manca si stabilisce a Palaia, nei pressi di Pontedera (Pisa); trasferitosi nel 1969 a Montegaudio, dove tuttora l’azienda Manca ha sede, Salvatore lavora dapprima come mezzadro per la famiglia Panicali, rilevando nel 1981 l’azienda agricola, il cui territorio si estende per circa 80 ettari. A capo dell’attività, che conta su un gregge di circa 600 capi, ci sono oggi i figli di Salvatore e Caterina. Ci siamo ambientati abbastanza bene, ricorda Caterina, certo, come succede a tutti, abbiamo un po’ faticato a inserirci subito in una realtà profondamente diversa dalla nostra. In fin dei conti ogni luogo ha le sue caratteristiche, e ha degli aspetti positivi e altri, invece, meno buoni. Anche per i Manca la cucina rappresenta uno dei legami forti con la terra d’origine, come la lingua: in casa continuiamo a parlare nella nostra lingua, conclude Caterina, e se sono diversi anni che io non rivedo la Sardegna, mio figlio Giovanni e sua moglie Giuseppina Demelas, sarda anche lei, ci tornano ogni anno.


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In questa pagina, immagini dall’album della famiglia Salvatore Manca, Montegaudio


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Egidio Tarini e la sua Cinquecento Una Cinquecento Fiat superaccessoriata, dotata di macchinetta per il caffè, radio e televisione e perfino della doccia: sono molte le sorprese dell’utilitaria di Egidio Tarini (classe 1935), uno dei più noti cittadini di Monteciccardo. Con la sua ormai mitica Cinquecento, Egidio non perde un raduno, e ha visto la sua creatività riconosciuta addirittura da Luca di Montezemolo, che gli ha scritto complimentandosi per questo esemplare davvero unico al mondo.


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Il Conventino, 1988 - 2008. Vent’anni di arte contemporanea Sopra, Paesaggio con il Conventino; sotto, il Chiostro del Conventino (foto Giorgio Trebbi)


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In questa pagina, sopra: alcuni tra gli artisti protagonisti delle prime edizioni del progetto Borderline; a destra: Ilario Giorgi al Conventino con la nipote Alessia nel luglio del 1988 (raccolta Famiglia Giorgi). Nella pagina a ďŹ anco, due immagini dell’esposizione d’arte contemporanea Terra Nostra (sopra, foto Giorgio Trebbi; sotto: foto Gabriele Giorgi)


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Monteciccardo, anni Sessanta del ‘900 (raccolta Eleonora Mariotti Travaglini e Famiglia Mariotti, Pesaro)


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A

!

rrivederci



Ringraziamo per la collaborazione Don Igino Corsini, Archivio Diocesano - Pesaro Don Giuseppe Cenci, parrocchia di San Sebastiano Martire - Monteciccardo Don Enrico Giorgini, parrocchia di San Michele Arcangelo - Montegaudio e parrocchia di Sant’Agata - Monte Santa Maria Don Giuseppe Signoretti - Tavullia Archivio di Stato - Pesaro Comune di Sant’Angelo in Lizzola Pro Loco - Monteciccardo Società Operaia di Mutuo Soccorso - Monteciccardo Guido Albertini, Carlo Allegrucci, Carmen Allegrucci D’Orazi, Anna Maria Angelini e i ragazzi della V dell’A.S. 2007/2008, Giovanni Barberini, Renata Bonazzoli, Amelia Costantini Iacopini, Giancarlo Crescentini Anderlini, Famiglia Filippo Delà, Famiglia Pietro Delà, Antonino Emma, Famiglia Severino Foglietta, Cesare Francolini, Maria Giorgi Cappelletti e Famiglia Giorgi, Sabrina Giovannini, Giorgio Ligi, Famiglia Manca, Eraldo Mancini, Glauco Mancini, Pino Marchetti, Anna Maria Marcolini, Eleonora Mariotti Travaglini, Italo Mariotti e Famiglia Mariotti, Famiglia Morante, Luigi Nobili, Maria Amalia Paci e Raffaello Ortolani, Famiglie Paci, Enrico Paci, Famiglia Fiorino Pacini, Olimpia Marcolini Panicali e Walter Panicali, Famiglia Leonardo Panicali, Gilberto Sabatini, Famiglia Sigilli, Egidio Tarini, Dante Trebbi, Giorgio Trebbi, Giuliano Vagnini, Giovanni Zaccarelli. Infine, un ringraziamento particolare a Simonetta Bastianelli, per le trascrizioni dei documenti dall’Archivio di Stato di Pesaro, e a Gabriele Bonazzoli, per le numerose immagini dall’album di famiglia e per le trascrizioni dall’Archivio Parrocchiale di Monteciccardo


A completamento dei capitoli precedenti riportiamo qui le Memorie di Monte Cicardo castello del contado di Pesaro di Tommaso Briganti nell’edizione apparsa su Antichità picene (1792), la trascrizione del fascicolo processuale relativo all’assassinio di Teresa B., avvenuto nel 1844 nelle campagne intorno a Villa Betti e le pagine dell’autobiografia di Annibale Ninchi Annibale Ninchi racconta (1946) dedicate a Monte Santa Maria. Tommaso Briganti, Memorie di Monte Cicardo, in Antichità picene, Fermo 1792, vol. XVII, pagg. 121-159 Latrocinio e ritenzione di arma da fuoco proibita in ogni grado, la Curia e Fisco contro Giuseppe G. muratore di Monteciccardo – carcerato, Tribunale penale, busta n. 15, anno 1844 (Archivio di Stato di Pesaro) Annibale Ninchi, Annibale Ninchi racconta, Bologna 1946, Il nascondiglio del sor Peppino e Il mio sipario (pp. 253 - 265)



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A completamento dei capitoli precedenti riportiamo qui le Memorie di Monte Cicardo castello del contado di Pesaro di Tommaso Briganti nell’edizione apparsa su Antichità picene (1792), la trascrizione del fascicolo processuale relativo all’assassinio di Teresa B., avvenuto nel 1844 nelle campagne intorno a Villa Betti e le pagine dell’autobiografia di Annibale Ninchi Annibale Ninchi racconta (1946) dedicate a Monte Santa Maria. Tommaso Briganti, Memorie di Monte Cicardo, in Antichità picene, Fermo 1792, vol. XVII, pagg. 121-159 Latrocinio e ritenzione di arma da fuoco proibita in ogni grado, la Curia e Fisco contro Giuseppe G. muratore di Monteciccardo – carcerato, Tribunale penale, busta n. 15, anno 1844 (Archivio di Stato di Pesaro) Annibale Ninchi, Annibale Ninchi racconta, Bologna 1946, Il nascondiglio del sor Peppino e Il mio sipario (pp. 253 - 265)


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Monteciccardo, 1844. Teresa B., un barbaro delitto

Latrocinio e ritenzione di arma da fuoco proibita in ogni grado La Curia e Fisco contro Giuseppe G. muratore di Monteciccardo – carcerato Avanti l’Ill.mo sig. Giudicante interino Vitali Pesaro 14 giugno 1844 Al Presidente del Tribunale di Prima Istanza di Pesaro ...Questa mattina è giunto nelle carceri politiche di Pesaro il suddetto detenuto, col mezzo dell’ordinaria corrispondenza, ed ho già disposto in via di Polizia, che sia passato nelle carceri criminali a disposizione di V.S. Ill.ma Per l’E.mo Legato, Il Consigliere Governativo Indice degli atti processuali Giuseppe G. del defonto Domenico, di anni 45, muratore di Monteciccardo, vedovo con figli

2 febbrajo 1844 Rapporto del Priore comunale di Monteciccardo sul rinvenimento del cadavere di Teresa B. Nel giorno di martedì 30 gennajo 1844 rinvenivasi Teresa B. contadina nubile, di circa 50 anni interfitta nella cantina a piano terra del suo casino nel circondario di Monteciccardo, ove sola abitava, ed osservavasi nelle stanze superiori violentato un comò, aperti i cassetti, sconvolte le robe contenute, con mancanza e dispersione di altri oggetti; niuna violenza scorgevasi nella porta principale del casale, munita di solo saliscendi a chiave esterna, da poter assicurare al di dentro con catorci; e soltanto vedevasi socchiusa la porta esterna posteriore della cantina, nel di cui locale giaceva il cadavere, qual porta non aveva alcuna cautela al di fuori, ma poteva solamente esser chiusa all’interno con stanga traversa. Nel dì successivo il Ministero processante verificava giudizialmente tutto ciò, e trovandosi il cadavere con sette vaste ferite. Una ferita cioè, orizzontale fra le sopracciglia, della lunghezza di un pollice larga tre linee, e penetrante oltre gl’integumenti due terzi dell’estremità dell’osso frontale. Altra semiorizzontale nel lato superiore del parietale sinistro, lunga un pollice, larga poche linee, e profonda fino all’osso, con qualche lacerazione dell’osso stesso. La terza ferita semiorizzontale situata sopra il muscolo temporale destro, lunga quattro dita traverse, con asportazione de’ comuni tegumenti, rottura dell’arco zigomatico, e penetrante dall’alto in basso sino alla cavità della bocca. La quarta ferita orizzontale nel labbro superiore della bocca, con asportazione di qualche linea del labbro medesimo, e con separazione dei sottoposti alveoli, e dispersione dei denti incisorj e canini.


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La quinta orizzontale sotto l’occipite e precisamente sopra l’atlante, lunga tre dita trasverse, larga sette in otto linee e penetrante tutta la sostanza muscolare. La sesta obliqua sopra l’apofisi petrosa destra, penetrante fino all’osso con lesione del medesimo. La settima ferita orizzontale con più lembi nella parte anteriore del collo, lunga quattro dita traverse e larga un pollice, con taglio totale della laringe, ed esofago, nonché delle carotidi: giudicavano i periti fisici che tali ferite erano state prodotte di fresco, cioè da circa due giorni indietro, a corpo vivo, e da istromento incidente e perforante, come coltello, seghetto od altro, da colpo pesante; che erano di loro natura mortali; e che la terza ferita, cioè quella del temporale destro e la settima, cioè quella del collo segnatamente, erano state cause della morte istantanea della donna. Avveravasi eziandio la forzatura al comò, per esserne stato aperto a leva un cassetto; e dallo sconvolgimento delle robe, e della dispersione di alcune scatole, e recipienti vuoti rimossi con sola bambace, si concepì l’abblazione di oggetti preziosi, e danari ivi esistenti. Dalle indagini di questa polizia potè darsi sospetto di tale delitto sopra certo Domenico B. garzone del contadino Antonio e famiglio M., coloni di essa B. abitanti a contatto del di lei casino, per essersi questa opposta validamente al matrimonio della figlia M. col suddetto B., talché tale sospetto estendevasi a tutta la famiglia M.. D’altronde il Priore comunale di Monteciccardo riferiva per voce pubblica, che autore del misfatto poteva essere Giuseppe G. essendo egli sortito dalla casa sull’un’ora circa di notte della sera antecedente di lunedì 29 Gennajo; e poco dopo, essendosi recata la moglie di Domenico F. come era solita, per medicare alla B. un vessicante, non poté entrare in casa per quanto chiamasse, e bussasse alla porta senza avere alcuna risposta, così che sembrava che in allora fosse stato consumato il delitto. Di più aggiungevasi che il G. aveva fatte nel giorno di martedì 30 alcune spese in questa città per passare a seconde nozze, presentando qualche scudo ad alcuno; ed inoltre s’imputava il G. di qualche furto commesso negli anni andati. Riferiva pure il suddetto priore, che i surriferiti indizi a carico del G., potevano gli autori del delitto essere riposti fino dal giorno precedente la notte di morte nella grotta od altro fondo del locale, giacché la B. in detta giornata vendendo il vino aveva introdotte persone in casa ed in cantina, che si è trovata socchiusa, e non per la porta principale. La Forza carabiniera egualmente aggiornava a carico del G., finché nella sera del 2 Febbrajo nel praticargli una perquisizione personale, e domiciliare, fu trovato detentore in propria casa di una pistola (mista-inerta) e per questa, e come sospetto del suddetto latrocinio, venne tradotto in carcere, esibendosi regolarmente l’arma reperita. Noi giudiziali costituiti G. rende esatto conto di quanto erasi a suo carico introdotto col dire che lunedì 29 Gennajo dopo essere stato al mercato di S.Angelo, ed indi a faticare da muratore in casa del contadino Vincenzo C. del territorio di Monteciccardo distante un miglio e mezzo circa dal Castello, al di là della casa della B., n’era partito alla mezz’ora di giorno circa riportando seco i ferri sotto il ferrajolo; che circa l’Ave Maria trovandosi presso la casa di detta B., che ben conosceva da prima per esservi stato più volte a lavorare, e per esservisi trattenuto in altre occasioni; e sapendo per di lei confidenza che avrebbe preso in affitto una possessione del sig. Conte Lodovico Belluzzi a Monte S.Maria coltivata dal contadino B., come ne era informato il fattore C.; nel recarsi che G. faceva in questa Città nel giorno successivo per estrarre alcuni documenti relativi alle sue nozze che andava a contrarre con certa Annunziata P. di Fontecorniale Diocesi di Urbino, volle portarsi a casa di essa B., per sentire se desiderava che avesse parlato col Belluzzi sul detto affare. Prima però si condusse all’annessa casa di lei contadino Antonio M., al quale ricercò di detta padrona, ed il medesimo dissegli che era in casa. Si portò allora a bussare alla porta della di lei casa, e vennegli ad aprire quasi subito la stessa Teresa, e stando ambedue sull’andito colla porta socchiusa, le domandò se voleva che parlasse col Conte Belluzzi sull’affare del predetto affitto, al che la medesima rispose affermativamente con alcune condizioni, e dopo averle significato che gli occorreva recarsi dal Parroco per avere la fede di morte della defonta sua moglie e che nel giorno appresso si portava in questa città per avere le fedi del suo stato libero, onde


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ammogliarsi, con altre parole se ne partì dandole la buona notte; e passando presso la casa del contadino M., anche al medesimo dette la buona notte, benché lo avesse invitato a stare a cena con lui. Dirigendosi in seguito verso casa sua al castello di Monteciccardo si condusse entro il molino da olio del sig. Zanucchi, ove eravi il suddetto Vincenzo C. con cui parlò relativamente al piccolo lavoro fatto in casa sua come sopra, e quindi sortendo da quel molino s’incontrò e parlò col fattore M., con Giuseppe A., conducendosi finalmente in casa. Qui dopo aver mangiato co’ suoi figlj, sull’un’ora e mezza di notte si recò in casa del Parroco per avere il suddetto documento, come un poco più tardi lo ebbe, perché il Parroco cenava e successivamente con Pasquale C. parente della futura sua sposa si ritirò in propria casa, dal quale ebbe uno scudo dal servire per gli altri documenti. Nel successivo martedì 30 Gennajo partì da casa sua sulla levata del sole unitamente a Sabbatino C., Antonio B., e Luigi B., dirigendosi in questa città per avere le fedi di stato libero, come ebbe da questa curia ecclesiastica, e per consegnare una bolletta di lavori fatti al prefato sig. Conte Belluzzi, de’ quali lavori era stato saldato dal fattore C. con bajocchi settantadue nel sabbato antecedente. Non poté però parlare col Conte rapporto all’affitto della possessione della suddetta B. perché seppe che il medesimo ancora trovavasi assente, e precisamente a S. Marino, e la bolletta dei lavori di cui sopra fu consegnata all’altro Belluzzi sig. Conte Alessandro alla presenza del C. suddetto. Circa le ore venti dello stesso giorno G. faceva recesso unitamente al C. e B. e presso Ginestreto seppero dal fattore M. e da Giuseppe T. che era stata assassinata in propria casa la B., il qual fatto produssegli una forte specie, per essere nella sera precedente stato in di lei casa ed avere parlato come sopra. Nella mattina di mercoledì 31 Gennajo se ne partì G. di buon’ora da casa, e si recò unitamente ad Antonio R. in Urbino per avere le fedi di stato libero da quella cancelleria vescovile della sua sposa, essendone ritornato il giorno successivo 1° febbrajo. (...) Perocchè al dire del testimonio Antonio M., G. si presento in di lui casa nella sera del 29 gennajo a mezz’ora di notte circa chiedendo della padrona Teresa; si portò alla casa di questa, ove si trattenne per meno di un quarto d’ora, e ripassando poi alla casa di esso M., ne partì ad un’ora scarsa di notte, col dire che si recava dal parroco per avere le carte relative alle sue nozze. Dopo mezz’ora circa presentatasi Domenica F., che era solita medicare un vessicante alla mentovata Teresa B., non le fu risposto in conto alcuno per quanto avesse battuto alla porta di casa, e chiamato, ed avesse anche ripetuto dopo essersi appositamente trattenuto in casa di esso M.. Così verificano giudizialmente il M. e la F.; talchè sembra fuori di dubbio che in questo intervallo di tempo sia stato eseguito l’enorme eccidio della B.. Ed intanto G. che n’era di già partito fu veduto nel molino da olio Zanucchi ad un’ora di notte circa, come assevera il testimonio Camillo E.; fu incontrato presso Monteciccardo ad un’ora ed un quarto di notte da Giuseppe A., e ad un’ora e quaranta minuti era in casa dal parroco. E gli altri indotti testimonj verificano tutte le altre respettive rimostranze. Delle asserte spese ed ostentazioni di danaro fatte da G. nel giorno 30 Gennajo in questa Città. Il solo testimonio C. assevera che G. facesse acquisto di un pajo di scarpe vecchie per due paoli; e dallo esame anche del Cecchini apparisce avergli dipoi fatte le somministrazioni di danaro surriferite. E comunque si esponga che più di venti anni a questa parte avesse G. commesso qualche furto e di danaro e di cosa sagra, però con piena reintegrazione, senz’alcuna giudiziale inquisizione, siccome resta giustificato, prese le di lui qualità, a detto dei fiscali testimonj, non sono svantaggiose. Erasi inoltre introdotto a carico del G. un’antica egreferenza [mal animo] contro la famiglia B., per non aver potuto da tre a quattro anni a questa parte contrarre il matrimonio con Colomba F., vedova B., cognata della prefata Teresa in allora convivente in famiglia, stante la contrarietà di questa e del Germano Girolamo B. ora defonto.


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E tuttochè si ammette da G. l’accennata relazione colla vedova Foschi B. e la di lui sensibilità al contrariatogli matrimonio siccome resta verificato; ed anzi avea di già nella prima gioventù amoreggiato con la stessa Teresa B., né per parte di questa gli fu fatta opposizione alle posteriori trattative coll’anzidetta vedova cognata, pur ne rimase tranquillo. Tutto però in allora finì pacificamente ed in piena armonia... ed in oggi G. aveva già fatti gli sponsali colla vedova Annunziata P. sunnominata. Laonde non essendovi altri elementi da coltivare nella parte specifica di latrocinio addebitata all’inquisito G. si riferisce la causa nello stato e termini a senso dell’art. 125 del Regolamento di procedura criminale comecchè addimostrante l’incompatibilità del medesimo per le savie deliberazioni di codesto eccelso tribunale. E’ confesso nei giudiziali interrogatorj l’Inquisito Giuseppe G. di essersi recato egli stesso nella sera del 2 febbrajo 1844 alzato da letto, e di avere aperta la porta di sua casa alla Forza Carabiniera, la quale entrata operò ivi un’accurata perquisizione, e rinvenne una pistola della lunghezza di circa un palmo, ed un cornetto di osso con poca polvere solfurea, che aveva e riteneva entro la sua casa non inchiavata, da molti anni addietro mentre la ereditò da suo padre. Detta pistola era scarica e nonostante dalla Forza venne presa alla presenza di due testimonj fu sigillata e portata via, unitamente al cornetto di polvere sopraddetto. La surriferita giudiziale confessione di G. resta pienamente verificata. ...Alla contestazione fattagli che per la ritenzione della suddetta pistola vietata in ogni grado, incorso era nella pena prescritta dalla vigenti leggi criminali, ha risposto col raccomandarsi ai superiori, che avrà fatto male, ma non aveva volontà di violare la legge Camillo Vitali Giudicante interino I vicini di Teresa B. di questo territorio Antonio G., Domenico F., Silvestro B. ed altri avendo veduto che la medesima B., siccome era malaticcia in questo giorno non aveva al solito aperto l’uscio di casa finestra, sospettando qualche sinistro avvenimento, hanno rotto un vetro sopra la porta di casa, potendo quindi aprire la stessa porta per entrare in detta casa. Infatti sono entrati, hanno salito la scala e si sono introdotti nelle camere, già scorgendo ivi comò aperti, rovesciati i cassetti ma il letto in cui era solita coricarsi la povera B., senza punto essere stato toccato non trovarono però la stessa B.; talchè discesero ne’ fondi della casa ed ivi e precisamente vicino alla soglia della porta della cantina che corrisponde colla cucina, hanno trovata l’infelice donna stesa supina sul suolo, quasi nuotando la di lei testa nel sangue morta da fortissime percosse ricevute sul volto... Il Priore comunale Luigi Masini

RELAZIONE del direttore di Polizia al presidente del tribunale di prima istanza 31 gennaio 1844 Nel territorio di Monteciccardo esisteva certa Teresa B., contadina possidente, la quale abitava sola in un casinetto nella sua possessione e contiguo al detto casinetto vi abita una famiglia di contadini lavoratori della posessione medesima. Dette sull’occhio di quest’abitanti rurali di Monteciccardo, che jeri la suddetta B. non sortiva di casa secondo il solito e che erano chiuse tutte le finestre della sua casa, per cui alcuni entrarono in qualche sospetto e circa le ore 22 si recarono a darne avviso al loro parroco, il quale andato sul luogo fece aprire la porta dell’abitazione e fu rinvenuta la ridetta infelice Teresa B. in un fondo della sua casa, resa cadavere da


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più ferite che sembrano state prodotte da un seghetto od instrumento consimile. Dalle indagini, che finora si potute praticare in via di Polizia su tale barbaro delitto, ho potuto rilevare che gravissimi sospetti cadono sopra un certo contadino detto B., e sopra la stessa famiglia colonica... poiché si sa che voleva dare in isposa una giovane alla medesima appartenente, all’accennato B. e la B. padrona si era opposta a tal maritaggio col dire che non le piacevano le qualità del B. minacciando che se si effettuava un tal matrimonio, avrebbe espulso la stessa colonica famiglia dalla possessione. Sono informato per segrete confidenze che le suddette voci circolano nel Comune di Monteciccardo e che il Priore comunale può essere in grado d’indicare alla giustizia i nomi di quelli che più se ne mostrano informati per dare utili notizie... 1 febbraio 1844 ...Sono in dovere di avvertirla in via politica, correre voce in questo luogo che l’autore dell’orrendo misfatto sulla persona della sgraziata Bajletti possa essere certo Giuseppe G. domiciliato in questo Paese, inducendo di ciò asserire nel sapere che costui sia dalla casa dell’infelice donna sull’ora circa di notte e poco dopo la moglie di certo Domenico F. di questo luogo cui era solita nelle altre sere di andare dalla Bajletti per medicarli i vescicanti applicategli per mal degli occhi, ma non podde entrare in casa per quanto fortemente ella chiamasse e battesse alla porta, giacché niuno le rispose, sembrando che già a quell’ora fosse stato consumato l’orribile delitto. Più poi l’istesso G. nel giorno seguente è stato veduto a far spese in questa città nell’occasione che ora si ammogli, con qualche scudo, sapendosi bene non poter aver egli denari, giacché assai tenne il suo lucro nella professione di muratore, che esercita, presentando uno di essi scudi per scambiare a certo Sabbatino C. di questo Comune, che pure si trovava in Pesaro, dicendogli di averglielo dato un tal Pasquale Cecchini pure di questo luogo, cui poi richiesto da certa persona, rispose di avergli dato non uno scudo sano, ma sibbene cinque papetti. Il medesimo Giuseppe si sa pure che negli anni addietro avea commesso qualche furtarello... Il Priore comunale Luigi Masini: Da alcuni elementi contenuti nei verbali sopra riportati si deduce che il barbaro delitto di Teresa B. avvenne nei pressi di Villa Betti, nelle campagne dell’Arzilla.


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Sommario Federico Goffi, sindaco di Monteccicardo Romualdo Rondina, presidente BCC di Fano Cristina Ortolani

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I. Memorie di Monte Cicardo. Il Castello tra XIV e XVIII secolo II. Miserabili e Briganti. Documenti e testimonianze dalla Repubblica Cisalpina all’Unità di Italia III. Monteciccardo, 1861 - 1921 IV. Monteciccardo 1922 - 1944 V. Monteciccardo, Montegaudio, Monte Santa Maria. Album del Dopoguerra Ringraziamenti Documenti

p. 13 p. 97 p. 115 p. 163 p. 201 p. 239 p. 303



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Finito di stampare nel mese di aprile 2009 dalla Grapho 5


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