pizza&core 55

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Anno X - n° 55

Euro 2,50 • Poste Italiane • Sped. in a. p. 45% • art. 2 comma 20/b legge 662/96 • Aut. DCO/DCBA 23/2003 del 23/01/2003 • Tassa riscossa • ANNO X • Edizione bimestrale • Contiene I.P.

Il magazine dedicato al mondo della pizza e della ristorazione

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n.55 2012

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uando si parla di crisi è quasi automatico pensare in negativo, il termine di per se evoca concetti come incertezza, difficoltà, sacrificio. Ma forse non tutti sanno che l’antico senso della parola è molto meno catastrofico di quanto la stessa lascia intendere. Crisi significa cambiamento, oppure passaggio concetti decisamente più “digeribili” di una parola che gli italiani vivono ormai come un autentico spauracchio. Non hanno però tutti i torti: assillati dallo spread, terrorizzati dal debito pubblico più alto del mondo, con la politica e politicanti allo sbando, e il nuovo governo dei professori che ha messo mano a una manovra tutta sangue e tasse, c’è davvero poco da stare allegri. Il 2012 ha tutti i connotati per essere un annus horribilis, se poi ci aggiungiamo anche la profezia dei Maya siamo belli che fritti. A parte le profezie la situazione è seria e le preoccupazioni concrete. Quello che desta maggiore preoccupazione è la durata di questa crisi. È infatti certo che prima che il sistema Italia ricominci a crescere ci vorrà qualche anno: sempre che la medicina che ci ha propinato il professor Monti faccia davvero il suo effetto. Che si fa nel frattempo? Reggerà la nostra economia, terranno le nostre imprese? E, per stare nei pensieri dei lettori di questa rivista, ristoranti e pizzerie come se la caveranno in questi magri anni che ci attendono?

editoriale

La crisi è certo, (comprese le liberalizzazioni) accentueranno la competitività: sarà una sorta di guerra, tosta e senza tregua. Non è detto che vinca il più forte sicuramente vincerà chi metterà in campo le tre T. No, non sono armi letali, ma solo tre indispensabili fattori per eccellere anche e soprattutto in tempo di crisi. La prima T significa Territorio: perché la differenza, è in meglio, dell’offerta gastronomica la fanno i cibi, le materie prime e gli ingredienti tipici del luogo in cui si opera. Rappresentano, e non tutti lo sanno, una ricchezza incalcolabile, altro che debito pubblico. L’Italia ha giacimenti gastronomici immensi, che sono buoni, anzi ottimi, perfetti per la cosiddetta cucina a Km 0 la quale, oltre ad assicurare al menù genuinità e in molti casi anche “novità”, di certo permette di migliorare i budget d’acquisto. E poi T come Tecnica: necessaria, indispensabile per padroneggiare ogni possibile aspetto che l’attività ristorativa richiede. L’arte della cucina, del forno non s’improvvisa, la competenza dei cibi e della loro preparazione richiede studio e applicazione: ergo, ristoratori e pizzaioli senza arte ne parte non potranno andate molto lontano. E infine T come Talento: anche nel far da mangiare ce ne vuole, è una virtù indispensabile e come tutte le virtù è invisibile all’occhio umano, ma è un po’ come il sale nella minestra, se non c’è te ne accorgi subito… e non mangi più. Giuseppe ROTOLO 3



Questo Numero in

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Editoriale

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IN AGENDA

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PRIMO PIANO: Senza pietà!

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PIZZABOOK: Il parere dei pizzaioli

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INTERVISTA: Pizza patrimonio dell’umanità intervista a Rosario Lopa

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Pizza Libera. Il valore della legalità

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DAL MONDO: Ristorazione negli States

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MERCATO & TENDENZE

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CIRIO, i locali del gusto

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InSOLIO FOOD: Sbizzarrirsi in cucina con la frutta secca

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PICCOLI PIACERI: La Grappa

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PIZZA CHEF: Salvatore Di Matteo

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BIRRA D’AUTORE: La birra in pizzeria

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VINO D’AUTORE: Cabernet

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PUBBLIREDAZIONALE: Esmach

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PUBBLIREDAZIONALE: Molini Spigadoro

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Euroiovine la qualità che conquista

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EVENTI

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Entra anche tu nella storia della Pizza: Ieri, Oggi e... Domani

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Ristonews.com il portale della ristorazione

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LA PROVOCAZIONE

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Abbonamento e gerenza

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inAgenda a cura di Marianna Iodice

Identità Golose 2012, congresso internazionale di Cucina e Pasticceria d’Autore, entra nel pieno della sua maturità celebrando l’ottava edizione in programma a Milano dal 5 al 7 febbraio. La novità più immediata è il raddoppio degli spazi: al nuovo auditorium del Milano Convention Centre di via Gattamelata si affiancheranno due sale tematiche, due sale degustazioni e un ancor più ampio circuito dedicato alle aziende espositrici per un totale di oltre 9000 m² di superficie attrezzata. Info: www.identitagolose.it.

Si apre a Brescia la prima edizione di Golositalia, il cui nome già preannuncia che ad essere protagoniste saranno le golosità della tradizione italiana; Golositalia si presenta come una manifestazione fieristica di respiro nazionale ed europeo, dedicata all’enogastronomia, alla ristorazione e alle attrezzature professionali. Saranno presenti 260 aziende, si attendono decine di migliaia di visitatori. Sono previsti concorsi per ristoranti, cantine e pasticcerie. L’evento si terrà dal 10 al 13 febbraio presso il Polo espositivoBrixia Expo. Info: www.golositalia.it Fiere del Gusto si terrà dal 12 al 15 febbraio a Ljubljana (Slovenia): è una fiera che abbraccia tutti i settori del food e del beverage come gelato, vini, caffè, tè, fast food, slow food, cibi tradizionali; nel contesto della fiera la Scuola Italiana della pizza di Udine organizzerà presentazioni dal vivo di come si prepara una ottima pizza. La fiere si svolgerà in 5.500 metri quadri di area espositiva. Info: www.gast.si Il Salon Professionnel Parizza (dal 15 al 16 febbraio) è il salone parigino dedicato alla pizza, alla pasta e al cibo italiano. Il salone Parizza, nell’area fieristica di Versailles, riunirà più di 80 espositori e 3000 visitatori. Con 13000 punti di ristorazione dedicati alla vendita della pizza, la Francia è considerata da alcuni esperti come il secondo mercato mondiale del settore. Il salone Parizza è un evento organizzato da Reed Expositions, leader nell’organizzazione di saloni professionali. Info: www.parizza.com

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inAgenda a cura di Marianna Iodice

RistorExpo 2012 - Questa del 2012 è la quindicesima edizione della fiera dedicata al mondo della ristorazione professionale che si tiene a Lariofiere di Erba (Co) dal 19 al 22 febbraio. Il tema è tutto nuovo: “Il cibo e le parole”. Protagonisti grandi chef italiani e dal Perù, giornalisti e opinion leader che accompagneranno i visitatori in un percorso articolato tra degustazioni, scoperte e racconti. RistorExpo vanta oggi un pubblico specializzato di oltre 20.000 operatori e una vetrina di prodotti enogastronomici di qualità. Info: www.ristorexpo.net

Sapore 2012 Tasting Experience torna a Rimini Fiera da sabato 25 a martedì 28 febbraio. Al suo interno ci sarà il 13° Concorso Mondiale della Nazionale Pizzaioli, concorso organizzato dalla NIP e dedicato alla pizza con prodotti bio, senza glutine e con farine alternative. Sempre nelle stesse giornate si terrà il 1° Trofeo La Pizza in Rosa, Il primo concorso pensato per pizzaioli donne, in collaborazione con la rivista “Ristorazione Italiana Magazine”. La finale si terrà martedì 28 febbraio. Info: www.saporerimini.it

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inAgenda a cura di Marianna Iodice

Sapore Grand Prix International Contest - La prima edizione del Concorso 1° Sapore Grand Prix - International Chef Contest, in programma a SAPORE Tasting Experience (Rimini Fiera, 25-28 febbraio 2012), vedrà in gara le categorie Students (studenti degli istituti alberghieri) e Juniores (chef da fine istituto scolastico ai 25 anni compresi) che gareggeranno nella giornata di lunedì e la categoria Professionals (professionisti over 26) che gareggerà nella giornata di martedì 28 febbraio. La formula del concorso ha avuto un’eco internazionale ed ha attratto anche l’interesse di professionisti esteri. Info: www.saporerimini.it

L’International Restaurant & Foodservice Mostra di New York, negli Stati Uniti d’America è interamente dedicata ai ristoratori e alla ristorazione: sono presenti tutti i prodotti e i servizi disponibili del settore food. Qui non mancheranno nuovi alimenti da inserire in menù e nuove idee per attirare i clienti. Tra gli eventi ci sarà l’esibizione della US Pizza Team, esperta di pizza acrobatica. L’evento Si terrà dal 4 al 6 marzo. Info: www.internationalrestaurantny.com

Campionato Terra Sarda - Il 2 aprile prenderà il via la settima edizione dell’ormai noto Campionato di Pizza Terra Sarda - Le Origini, la gara di pizza che raccoglie i migliori pizzaioli della regione sarda, ma non solo. Ad ospitare l’evento quest’anno sarà il ristorante cagliaritano “Su Stentu”. Anche per il 2012 l’agone vedrà i pizzaioli contendersi il primo posto in tante categorie. Il tema di quest’anno è “pizza fantasia”. L’iniziativa è organizzata da API Sardegna, rappresentata da Daniele Cubeddu. Info: www.accademiapizzasardegna.it 1 1



primo piano a cura di Gianni Amodio

Senza pietĂ ! Liberalizzazioni, crisi economica, troppi locali: ecco cosa cambia nel fuori casa

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per l’economia, ma “in una s soltanto per incrementare i

A

nno nuovo regole nuove: i pubblici esercizi dal 2 gennaio sono svincolati da orari dettati per legge per cui possono aprire i propri locali a propria discrezione: è questa la nuova liberalizzazione del settore che segue dopo sei anni la liberalizzazione sui contingenti numerici e le distanze minime introdotta nel 2006 da Bersani. Ogni bar, ristorante pizzeria, come ogni negozio commerciale potrà scegliere da mattino a sera il proprio orario di attività. Un bene? Sembra proprio di no. A parere di molti questa liberalizzazione ha in sé un peccato originale che potrebbe incatenare l’economia più che liberarla, inasprendo una concorrenza che vede i più piccoli soccombere ai più grandi. Per prima cosa va spiegato che gli enti locali devono

medicina per l’economia, anzi, sia persino controproducente. Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, lo dice chiaramente: senza altri provvedimenti la liberalizzazione sugli orari sarà una falsa speranza: «L’aumento dei prezzi di luce e gas, che dei appartengono alle spese appartengono obbligatorie delle famiglie, obbligatorie riducono inevitabilmente i riducono consumi liberi. Ragione in consumi più per intervenire con libepiù ralizzazioni più incisive anralizzazioni che in questi settori». che Come dire: il poco denaro Come nelle tasche delle famiglie si nelle traduce in negozi e pubblici traduce

Prolungare le aperture potrebbe avere una validità in un periodo positivo per l’economia, ma “in una situazione di crisi come questa, invece, finirà soltanto per incrementare i costi di gestione delle attività commerciali”. recepire nei propri regolamenti le nuove disposizioni; la legge approvata dal governo di Monti, infatti, concede novanta giorni di tempo agli enti locali per adeguare i propri ordinamenti a questa liberalizzazione. Roma è stata già pronta dal 2 gennaio, Napoli l’ha seguita: Luigi de Magistris, sindaco di Napoli, commenta positivamente la riforma: «Noi ci eravamo già mossi in maniera autonoma per promuovere le liberalizzazioni degli orari dei negozi. Questa legge nazionale è una strada che condividiamo in pieno». Al contrario a Torino l’assessore al Commercio Giuliana Tedesco non si dice entusiasta, tutt’altro: «Sono molto preoccupata per questa legge. E lo sono soprattutto per via della sicurezza: locali notturni e sale da gioco potranno darci molto da pensare». Messo per un attimo da parte l’ordine pubblico, che comunque va ben considerato, dato che anche i gestori hanno per legge alcune responsabilità in merito, ciò che intimorisce di più è che la liberalizzazione non sia una 1 4

esercizi vuoti. In una intervista al Corriere della Sera, Sangalli ribadisce: «la totale deregolamentazione fatta in questo momento rischia di indebolire il modello italiano di pluralismo distributivo, che è fattore rilevante di concorrenza e di qualità del servizio». Giuseppe Roscioli, presidente di Confcommercio Roma, è sulla stessa linea: secondo Roscioli prolungare gli orari di apertura, nei giorni feriali, può avere un criterio nel centro storico, vista la vocazione turistica dell’area. Ma non ne ha di certo in periferia. Prolungare le aperture potrebbe avere una validità in un periodo positivo per l’economia, ma «in una situazione di crisi come questa, invece, finirà soltanto per incrementare i


situazione di crisi come questa, invec costi di gestione delle attività comm costi di gestione delle attività commerciali». Sebbene bar, pizzerie e ristoranti potranno lavorare più a lungo vengono colpiti contemporaneamente «da un giro di vite sui tavolini all’aperto e l’occupazione di suolo pubblico in generale». Insomma, essere aperti di più non significa automaticamente lavorare bene e fare incasso, anzi, potrebbe rilevarsi solo una spesa. Un no secco arriva anche da Confesercenti che definisce quella dell’esecutivo “una misura che determinerà aggravi e chiusure, favorirà esclusivamente la grande distribuzione, e non avrà alcun effetto sui consumi”. Tale liberalizzazione è vista come uno strumento non adeguato a dare propulsione all’economia: ad avvantaggiarsene, potrebbero essere solo i centri commerciali e le grosse realtà imprenditoriali che potranno sobbarcarsi le spese di gestione, e che attrarranno a sé i consumatori negli orari di apertura che prima non erano previsti. Per guerreggiare contro la liberalizzazione degli orari che potrebbe colpire il commercio in genere, la Confesercenti, dice il vicedirettore generale Mauro Bussoni «ha inviato a tutti i presidenti delle Regioni una lettera con la quale si chiede di opporsi al provvedimento perché palesemente non costituzionale. Non c’è nessuna ragione per cui si tolgano competenze alle Regioni in materia di orari e di distribuzione commerciale, per avocarle direttamente al governo in regione della tutela della concorrenza».

E le Regioni, infatti, si stanno E opponendo opponendo perché rivendicano cano la propria autonomia. Toscana, Toscana, Piemonte, Veneto, Provincia Provincia autonoma di Trento, to, Puglia sono le prime che hanno hanno dichiarato guerra alla liberalizzazione liberalizzazione facendo appello pello alla Corte Costituzionale, organo che dirime i contenziosi fra Regioni e Stato. Il 2012 in definitiva s’è aperto con una guerra aperta: fra enti pubblici, fra concorrenti sul mercato che lottano per conquistare l’ultimo cliente fino all’ultima ora.

Il mercato: coma sta andando Sugli esiti concreti della liberalizzazione bisognerà aspettare; sul mercato invece si può ragionare già con i dati alla mano: questo nuovo anno, dicono i numeri, non promette per nulla tempi facili. Siamo in recessione. Qual è lo stato di salute dei pubblici esercizi? Come ha spiegato Mauro Bussoni, Vice Direttore della Confsercenti, in occasione dell’International Horeca Meeting organizzato da Italgrob a Novembre a Roma «da tre anni a questa parte il saldo della natimortalità dei pubblici esercizi è negativo, come anche s’è abbassata la vita

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media delle imprese; dal 2008 il 40% è andato fuori mercato. Le colazioni e la pizzeria mantengono, la ristorazione invece ha perso quindici punti percentuali. Più potere di acquisto alle famiglie, clima di serenità e qualità unita a servizio sono i punti su cui lavorare». Parole eloquenti che tratteggiano un mondo, quello della ristorazione, che zoppica: i locali nascono e muoiono velocemente, un turn over rapido che potrebbe significare la comparsa di attività improvvisate che non durano per mancanza di professionalità. Le aziende che chiudono sono di più di quelle che aprono, come in una sorta di selezione naturale darwiniana. Da un lato si potrebbe ipotizzare che questo farà bene alla concorrenza: rimangono in piedi i migliori. Dall’altro lato però questa mortalità dei pubblici esercizi ci ricorda che non è vero, oggi, che con la ristorazione “si sbarca il lunario sempre e si vive bene”, che nel fuori casa si può trovare un’occupazione sicura. Ci sono alcuni prodotti che tengono meglio di altri, colazione e pizza, che permettono a bar e pizzerie di navigare bene in questo mare turbolento che è la crisi.

Cosa fare per risollevarsi? In primis, dice chiaramente Bussoni, bisogna non abbassare la qualità pensando così di abbattere i costi. Naturalmente occorrerebbe anche una politica di governo che non affossi il potere di acquisto delle famiglie. Dicevamo, mai essere tentati nell’abbassare la qualità. Lo dice anche Oscar Farinetti (Eataly) che, nella stessa occasione del meeting romano, ha detto con forza la sua, forte dell’esperienza di un grande imprenditore che crede fortemente nel made in Italy. Le parole di Farinetti 1 6

sono state di grande impatto; il monito che egli ha fatto a tutti, industrie e pubblici esercizi, è quella di smettere di vendere “stili di vita”, atmosfere costruite, emozioni legate al consumo, ma di concentrarsi di più sul prodotto. Ogni prodotto va raccontato nelle proprie caratteristiche uniche e irripetibili: «Raccontare il prodotto significa fare marketing». Cosa significa questo per il gestore di un locale? Che un buon primo piatto fatto con prodotti locali va spiegato al cliente: da dove viene il pesce o la carne adoperata? Che caratteristiche ha il formaggio portato in tavola? Che tradizione racconta un piatto di polenta, una pizza, una focaccia farcita? La pietanza innovativa da quale idea originale è nata? Perché per il tal piatto va bene il tal vino, per la tal pizza la tal birra? Insomma, la gastronomia è come un libro fatto da tante pagine da leggere al proprio cliente ed è così che si fa cultura della tavola. Nella stessa occasione un importante contributo per capire meglio i settore del fuori casa l’ha dato Luciano Sbraga, Direttore Ufficio Studi FIPE: «Negli ultimi dieci anni il valore delle attività dei pubblici esercizi ha perso 11 punti percentuali. Se guardiamo i consumi delle famiglie, la crescita nel fuori casa è stata modesta. Negli ultimi 3 anni il settore ha addirittura perso 700milioni di euro. Le cause? Ad esempio la competizione interna: abbiamo 415 punti vendita per 100mila abitanti. Vorrei rompere però un luogo comune - conclude Sbraga - che gli esercenti siano poco professionali e che il settore sia immobile. Io credo che non sia vero, credo che il fuori casa sia un settore che innova, un settore vario, ma occorre intervenire ancora di più sulla formazione del gestore, non solo sulla presentazione del prodotto e sul servizio, ma anche sulle capacità del management».


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Pizzabook

Ecco a voi una rubrica nuova di zecca che prende parole e spunti da quella fonte sempre zampillante che si chiama internet. Nello specifico i “liberi” concetti che riportiamo in queste pagine sono stati selezionati da Facebook, il social network per eccellenza, il luogo-non luogo, dove mezzo miliardo di persone ogni giorno ha qualcosa da dire e da condividere. Ebbene, di questo immenso popolo fanno parte anche ristoratori e pizzaioli e sono proprio i loro commenti che siamo andati a cercare e vi proponiamo. Il tema è quello caldissimo delle liberalizzazioni: servono al mercato? Sono davvero utili per i consumatori? Apporteranno dei vantaggi agli operatori? Giuseppe Falbo - W la libertà Premesso che non vi è nessun obbligo di tener aperto il locale per 24 ore, questa libertà assoluta di orari potrebbe offrire delle opportunità di maggiori entrate a chi davvero riesce a gestire le 24 ore. Non è facile. Poi se qualcuno riesce a mantenere la “baracca” lavorando solo 8 ore, buon per lui. Insomma ognuno faccia da sé, essere liberi è una gran bella cosa. Gino Sorbillo - Sarà anche pizza by night Sono favorevolissimo perché tenendo aperta la pizzeria oltre i normali orari di apertura potremmo soddisfare quei clienti che hanno orari particolarmente anomali, ce ne sono tanti, praticamente si apre un altro mercato con notevoli opportunità di consumo. Edoardo Fiore - Che bello, apro quando mi conviene Mi piace la libertà di poter decidere i miei orari di apertura, così ho un’arma in più per controbattere la crisi che devo dire si sente davvero: i clienti diminuiscono, molti si accontentano di una pizza in due e, visto che si lavora solo nel fine settimana, potrò decidere di tenere aperto il locale quando davvero mi conviene. Scuola Professionale Pizzaioli - Il lavoro è mio e me lo gestisco io Siamo noi che investiamo il nostro denaro e il nostro lavoro, quindi perché limitarci? Angelo Petrone Lucullus – Pizza no, scarpe si Liberalizzazione degli orari non significa che uno deve stare aperto 18 ore, ma può spaziare negli orari che gli conviene. Forse al mondo ristorazione interessa poco in quanto i locali sono aperti quando gli altri sono in pausa, ma proviamo ad immaginare un negozio di scarpe che chiude alle 19,00 quando gli operai della fabbrica escono alle 18,00; è ovvio che se tiene aperto fino alle 22,00 è meglio. Valerio Valle - Più ore, più costi Personalmente la cosa mi garba perché ognuno deve essere libero di organizzare il proprio lavoro come meglio ritiene anche in funzione della piazza dove opera. Ma non credo che questa libertà d’orario possa aiutare veramente la ripresa economica. Infatti, non penso proprio che restando aperti più tempo si guadagnerebbe davvero di più, se non in pochissimi casi, visto che anche i costi aumenterebbero.

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Gino Sinopoli - Più ore più posti di lavoro Sono favorevole alla libertà di orario, così come avviene in molti paesi europei specialmente li dove c’è movimento. La vedo bene. Penso che ciò potrà favorire anche ad l’incremento dei posti di lavoro. Anna Maria Ruvolo - Il gioco non vale la candela Sarebbe bello, ma il gioco non vale la candela. Le tasse ci divorano e il personale dove lo mettiamo?

Pasqualino Barbasso - Futuro e libertà… d’orario Era ora che giungesse la libertà di orario anche nella nostra Italia, da 10 anni sono in giro per il mondo a promuovere la pizza italiana e ogni qualvolta vedevo dei locali aperti negli orari più disparati avevo la netta impressione che l’Italia fosse indietro anni luce!! Siamo entrati nel futuro finalmente.

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intervista a cura di Giuseppe Rotolo

Pizza patrimonio dell’umanità

l ' Unesco dice no!

“No, per il momento no! Provi a ripassare più in là.” Potrebbe essere stato questo, in estrema sintesi, il pensiero balenato nella testa dei commissari dell’UNESCO che hanno valutato negativamente la domanda del comitato che proponeva la Pizza Napoletana come patrimonio immateriale dell’Umanità. Ne parliamo con Rosario Lopa, funzionario del MIPAF, artefice a suo tempo, fra gli altri, della STG, personaggio da sempre vicino al mondo della pizza napoletana. Allora Lopa, come ha appreso l’esito della vostra istanza? «La prima indiscrezione è venuta fuori a Dubai nel corso di un congresso organizzato proprio dall’UNESCO. In quella sede si è saputo che la pizza era stata bocciata, ma era stata promossa l’arte dei liutai di Cremona. Notizia poi confermata con enfasi dagli stessi giornali di Cremona».

Insomma, si sono fatti una sviolinata da soli, giusto per fare una battuta? «Beh, ne avevano tutte le ragioni: è un riconoscimento importante e va detto che, loro, come comitato sono stati molto bravi, motivati e compatti, tutte qualità che invece sono mancate al nostro comitato promotore». 22 0

È quindi questo il motivo per il quale la pizza è stata bocciata, o piuttosto per il fatto che l’UNESCO avendo recentemente dato un riconoscimento alla DIETA MEDITERRANEA, dandola anche alla pizza correva il rischio di fare un doppione? «No, non credo che non sia stato dato in funzione della dieta mediterranea. Stiamo parlando appunto di una dieta, uno stile di vita se vogliamo, la pizza invece un prodotto con una sua storia ben precisa e una valenza oltre che una universale riconoscibilità». E allora perché non siete stati abbastanza bravi? «Dico che non siamo stati abbastanza uniti, come invece lo sono stati i cremonesi con i loro violini. Per quanto mi riguarda ho fatto il massimo avendo avuto la fortuna all’inizio di entrare in contatto con il comitato nazionale che propone all’UNESCO le candidature. Poi, quando abbiamo dovuto, (ed era necessario farlo) coinvolgere le istituzioni di Napoli e le associazioni di Pizzaioli Napoletane, sono sorti i primi problemi: solite divisioni, voglia d’improvvisare e la sempre malcelata voglia di coltivare il proprio orticello a scapito dell’interesse della pizza napoletana e di una progettualità di lunga durata». Quindi, nulla di fatto: ma in fondo, a cosa sarebbe servito questo riconoscimento se già la STG, da quello che si vede non ha prodotto alcunché se non ulteriori divisioni fra le associazioni di categoria napoletane? «Sarebbe servito eccome, avremmo avuto una risonanza a livello mondiale e sono certo che questa opportunità non avrebbe lasciato indifferente nessun operatore. Un tale riconoscimento avrebbe avuto la


forza di ricompattare tutta la filiera e stimolare una progettualità più ampia per la promozione del prodotto e con esse, ripeto, la filiera intera. Quindi un’operazione di marketing di primo livello, di cui la Pizza e Napoli hanno certamente bisogno. Ma così non è potuto essere, purtroppo!» Quindi la partita è chiusa definitivamente? «Non è detto, potremo tornare all’attacco per ottenere il nostro riconoscimento: la pizza napoletana per storia, cultura, tecnica e originalità ha tutte le caratteristiche per essere, a pieno titolo, patrimonio dell’Umanità, e i pizzaioli napoletani hanno il diritto, oltre che il dovere di proteggerla e promuoverla. Certo, mi rendo conto che questo processo impone armonia e condivisione, presupposti che io auspico vivamente alle associazioni partenopee».

Si intendono per “patrimonio culturale immateriale” pratiche, rappresentazioni, espressioni, conoscenze e i saperi – così come gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati ad essi – che le comunità, i gruppi e, in alcuni casi, gli individui riconoscono come facenti parte del loro patrimonio culturale. Tale patrimonio culturale intangibile, trasmesso di generazione in generazione, è costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi interessati in conformità al loro ambiente, alla loro interazione con la natura e alla loro storia, e fornisce loro un senso d’ identità e continuità, promuovendo così il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana”. La definizione di questo patrimonio culturale immateriale si manifesta attraverso cinque ambiti dell’attività umana: tradizioni, espressioni orali, incluso il linguaggio, intesi come veicolo del patrimonio culturale intangibile; arti dello spettacolo; pratiche sociali, riti e feste; conoscenza e pratiche concernenti la natura e l’universo; artigianato tradizionale. Ad oggi i riconoscimenti italiani sono: il canto a tenore della Sardegna, l’opera dei Pupi della Sicilia, la dieta mediterranea e prossimamente l’antica arte liutaia di Cremona.

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news

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Pizza Libera Il valore della legalita’

izza, non solo cibo, ma simbolo di una cultura, quella sana e bella che fa di Napoli una città piena non solo di sole, ma di gioia di vivere. Pizzaiolo, non solo un mestiere, ma un modo di lavorare esempio di fatica e di onestà. È anche per questo che la pizza è tra i migliori modi di veicolare un messaggio importante, quello di avere cura dell’etica del proprio territorio lottando ogni giorno contro la Camorra. La pizza della legalità si chiama “Libera”, una pizza buona come tante, ma speciali come poche, perché è stata venduta nelle pizzerie di Enzo Coccia, Antonio Starita e Gino Sorbillo, durante il mese di dicembre, con lo scopo di raccogliere fondi per Associazione di Don Ciotti, “Libera contro le mafie”. Non solo: Libera (ricotta di bufala, ciccioli, pecorino, basilico, mozzarella di bufala) è stata preparata con una mozzarella speciale anch’essa, quella a marchio “Libera Terra”, prodotta nelle terre confiscate alla famiglia camorrista dei Casalesi, oggi gestiti da “Le Terre di don Peppe

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Foto di Luigi SAVINO

Diana”, cooperativa che porta il nome del sacerdote che fu ucciso 15 anni fa a Casal di Principe per mano della Camorra. A supportare l’iniziativa è anche l’azienda Molino Caputo, che da sempre sostiene l’Associazione Pizzaiuoli Napoletani. Come ci dice Antonio Starita «Per tutto il mese di dicembre la pizza Libera è stata ordinata, a me e ai miei colleghi ha dato soddisfazione. È stata una bella iniziativa di sensibilizzazione contro la Camorra, e speriamo abbia un seguito». Antimo Caputo sottolinea che questo evento è uno dei tanti strumenti che possono portare alla riqualificazione della città e della regione: «Le nostre zone sono martoriate dalla criminalità - ci spiega - ma con Pizza Libera il territorio si stringe intorno al valore della legalità. Nel valore della legalità noi ci crediamo fortemente ed è per questo che Molino Caputo sostiene con le altre aziende e gli artigiani la filiera produttiva improntata alla legalità e alla qualità, perché nelle nostre zone è possibile lavorare onestamente producendo eccellenze».


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dalMONDO a cura di Marianna Iodice

Ristorazione negli States

Secondo Peter Thorpe

Apriamo una nuova rubrica per esplorare il mondo della ristorazione e della pizzeria in altre parti del mondo, attraverso il punto di vista di professionisti del settore. Iniziamo il nostro viaggio con Peter Thorpe. Peter lavora da quasi trent’anni nella ristorazione, e oggi è chef su uno yacht di gran lusso chiamato 2 4

Pelorus. Ha lavorato in un ristorante di cucina italiana in Florida per dodici anni, il Blue Heron, di fronte al mare. Peter è venuto in Italia per imparare a far pizza seguendo i consigli del noto maestro Coccia. Lo intervistiamo per domandargli com’è il mercato della ristorazione negli Stati Uniti.


In Italia, tu lo sai, il cibo è vissuto come un rito importante, ogni italiano è un po’ cuoco e noi italiani saremmo capaci di discutere ore e ore su come si prepara un piatto. Invece dalle tue parti cosa rappresenta il cibo? «Cucino da circa 28 anni e penso che la principale differenza tra l’Italia e l’America sia che in quest’ultima non abbiamo una vera cucina tradizionale come in Italia in cui a seconda del posto da cui provieni ci sono diversi piatti tradizionali, insomma dipende dalla geografia di origine. Gli USA sono un crogiolo di culture diverse, perfino gli italiani che vivono negli Stati Uniti cucinano in maniera differente fra loro, ovviamente la presenza di alcuni ingredienti è un fattore di cui tenere conto». Che differenze ci sono secondo te fra la ristorazione del tuo Paese e quella italiana? «Per quanto riguarda il gestire un ristorante negli USA, abbiamo ancora gli stessi problemi che potreste incontrate voi in Italia, cioè il costo delle materie prime, trovare bravi dipendenti, ecc. In una sola cosa siamo forse diversi, penso: in Italia la maggior parte della gente va fuori a cena e impiega ore nella scelta, ridendo, chiacchierando, incontrandosi con familiari e amici. Il turn over (il ricambio) ai tavoli è senz’altro minore che negli Stati Uniti. Negli USA abbiamo molti grandi ristoranti dove si va a passare ore di intrattenimento, ma molti di più in cui si va semplicemente per cenare. Qui lo stile di vita è molto diverso, si va di corsa, così la gente sceglie posti in cui mangiare velocemente e tornare di corsa al lavoro; molti americani cercano un posto dove il servizio sia veloce, contenuto nel prezzo e vicino al

posto di lavoro. Negli USA molti negozi o uffici non chiudono per ora di pranzo quindi molta gente mangia al volo sul percorso oppure si porta uno spuntino da casa. Sarebbe una cosa strana per un supermercato, o banca o negozio chiudere per un paio d’ore a pranzo». Quale tipo di cucina va per la maggiore? «In America quando ci incontriamo con gli amici per andare fuori a pranzo o a cena la prima domanda è: cosa preferite oggi? Cucina italiana, francese, americana, messicana, cinese, giapponese, alette, hamburger, barbecue, coreana, greca? Abbiamo così tante ottime scelte tradizionali. Non dico che i piatti riproducano fedelmente l’originale dei loro rispettivi paesi, poiché bisogna adattarsi con gli ingredienti disponibili. Penso che ci sia tanta varietà e che essa sia un’ottima cosa, non penso che una cucina sia meglio di un’altra, se fatta bene». Che suggerimenti darebbe ad un ristoratore italiano che volesse sperimentare la professione di ristoratore nel tuo Paese? «Io non ho mai pensato di aprire un ristorante a Napoli, sfortunatamente non conosco la lingua, il che non è un problema trascurabile. Lo stesso vale per un italiano che vuole aprirne uno negli USA, le cose vanno fatte bene! Oltre a conoscere la lingua penso che le cose fondamentali siano: fare ottimo cibo, ottimo servizio, essere coerenti. E di sicuro si avrà successo. Attualmente da noi è ottima la pizza napoletana, non buona come quella di Enzo, ma non male. Purtroppo però non possiamo trovare qui da noi i fantastici ingredienti che trovate voi in Italia!» 2 5


Mercato& tendenze Un nuovo libro per la storia della Pizza “Partenope in Pizzeria - Viaggio affascinante nella storia della Pizza”, edito da Edizioni FI, è il nuovo libro del giornalista Giuseppe Giorgio sul mondo della pizza. Il volume, la cui prefazione è stata curata da Pietro Gargano e dal giornalista Rai Mimmo Liguoro, si focalizza sul percorso storico di questo piatto e sul ruolo, prestigioso, di simbolo della tradizione partenopea e italiana. “La pizza - scrive l’autore - è ciò che lo stesso popolo partenopeo ha creato con i sentimenti dell’anima e la forza delle mani, è saggezza, è la città racchiusa in un simbolo. La pizza rappresenta ogni avvenimento, ogni stato d’animo, ogni ostacolo superato, ogni conquista, soddisfa bisogni e necessità trasformandosi, a tavola in un largo piatto o tra i vicoli piegata a libretto tra le ribollenti mani, nella vera protagonista della celebrazione di un rito. Nasconde in sé i segreti di ogni napoletano e di ogni pizzaiolo, che custodendone con fermezza e attaccamento i prodigiosi misteri, la sospinge giorno dopo giorno al di là del concetto del tempo”. Nelle ultime pagine l’autore formula le sue conclusioni finali sull’importanza di questo patrimonio gastronomico e culturale, coadiuvato dai contributi di personaggi noti che rispondono alla domanda: “Cosa rappresenta secondo lei la pizza per i napoletani?”. A dire la propria sono in tanti, come Luigi De Filippo, Marisa Laurito, Peppino Di Capri, Lello Esposito.

Ristoratori stranieri: è boom a Milano Nel Paese della gastronomia regionale, fatta di spaghettate, risotti, pizza, carne e pesce e tantissimi dolci, cresce la cucina internazionale e la cucina italiana gestita da titolari di altre nazionalità; l’Italia oramai si rapporta quotidianamente con la crescente presenza di stranieri nel settore fuori casa: tra il 2010 e 2011 è cresciuto dell’11,6% il numero delle imprese individuali con un titolare forestiero: i ristoranti sono diecimila (61,3%), oltre 6.000 sono i bar e i caffè (38,7%). Per quanto riguarda la gastronomia internazionale, la cucina più diffusa è quella cinese (con il 23,6% delle imprese individuali con titolare straniero attive nel settore, pari a 3.687 ditte); segue quella araba (20,3% pari a circa 3.200 ditte individuali, per la metà egiziani) e la cucina latino americana (7,5% del totale, 1.168 imprese). Il fenomeno della ristorazione straniera e della ristorazione italiana portata avanti da stranieri è particolarmente diffuso in una città cosmopolita come Milano: lo evidenziano le elaborazioni della Camera di commercio di Milano su dati del registro imprese 2011 e 2010; i numeri dicono che in Lombardia le imprese di ristorazione straniere sono ben 4.196, cioè quasi il 27% del totale. È proprio la provincia di Milano che “alza” la media, essendoci qui il più alto numero di ristoratori cinesi rispetto a tutta l’Italia. Milano è, inoltre, la seconda città d’Italia per le presenze di latino americani. 2 6


Mercato& tendenz

In ristorante aumentano le bollicine straniere

Nei ristoranti italiani l’offerta dei vini spumeggianti non si limita alle bollicine nazionali: l’80% delle carte dei vini propone anche etichette straniere. Lo evidenzia l’indagine realizzata da Vinitaly su un campione di circa 300 operatori del settore. Dei ristoratori che offrono alla loro clientela anche bollicine straniere, la quasi totalità sceglie la tradizione francese. Passando dalla provenienza al numero complessivo di etichette di bollicine proposte, dall’indagine emerge che il 31% delle carte dei vini ne contiene fino a 10, il 22% fino a 25, il 27% fino a 50, ma c’è anche un 8% di ristoranti che ne ha in cantina oltre 100. La propensione dei ristoratori a comprare bollicine straniere supera attualmente quella manifestata per le altre tipologie di vino. Il numero di chi offre bianchi, rossi o rosé non made in Italy, infatti, è più ridotta rispetto al dato emerso per i vini spumanti: se per questi ultimi i 4/5 dei ristoratori acquista all’estero, nel caso dei vini bianchi si scende al 63% e al 60% per i rossi, fino ad arrivare al 28% per rosati.

Mozzarella di bufala DOP: ottimo 2011

È stato un anno strepitoso, quello appena conclusosi, per la mozzarella di bufala campana DOP. Nel 2011 la produzione è aumentata del 4%, passando dai 36 milioni del 2010 ai 37 milioni e 500.000 kg dell’anno corrente. Anche il fatturato è cresciuto, registrando un ottimo +4%, passando cioè da 306 milioni nel 2010 a 320 milioni di euro. Sono andate a gonfie vele anche le esportazioni: ben 80 milioni di mozzarelle DOP hanno trovato sbocco nei mercati di tutto il mondo. Il Presidente del Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana DOP è soddisfatto, ma avverte che occorrono sempre grandi controlli, perché il mercato della contraffazione è in crescita: “Il mercato parallelo della contraffazione è un business da oltre 100 milioni di euro l’anno, con almeno 7 milioni di chili di mozzarella immesse irregolarmente sul mercato in Italia e all’estero”.

Valerio Valle e la pizza... a cucchiaio

Valerio Valle, pizzaiolo professionista, ha fatto dell’ arte di stupire la sua “mission”: presenta una nuova creazione da proporre a chi come lui è capace di vedere una pizza ovunque. Dopo l’ ultima specialità, la pizza liquida in Bicchiere presentata al Tech e Food 2011 di Monteprandone (AP) ecco arrivare nel 2012 la “pizza a cucchiaio”. La pasta di pizza viene manipolata finché non si ottiene una forma simile ad un cucchiaio, poi viene cotta in forno ad una temperatura compresa tra i 260° e i 290° C; quando il prodotto diventa ben dorato viene tolto dal forno e nella parte dell’ imboccatura, tagliando la parte superiore con un coltello, viene creato il fondo. Proprio nel fondo si concentrerà la guarnizione della pizza che ogni pizzaiolo potrà sbizzarrirsi a condire rendendo questo prodotto sublime e alternativo.

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i Locali del Gusto “Rosso Pachino” Rosso Pachino nasce dalla tradizione della pizza al taglio alla romana, tradizione portata avanti dal ’68 dalla famiglia Garritano. Questo locale, come ci racconta il titolare Nicola Garritano, è stato avviato nel gennaio 2006 e da allora raccoglie sempre molti apprezzamenti fra i clienti che qui possono gustare diverse specialità: pizza al taglio, disponibile con una quarantina di farciture diverse, gastronomia (primi, secondi e contorni), carne cotta nel girarrosto. Nelle ore serali il locale offre anche servizio di asporto o degustazione al tavolo di pizza tonda. La sala accoglie 35 coperti. Per le proprie specialità Rosso Pachino utilizza i prodotti della linea Cirio Alta Cucina, in particolare La Rustica che, come si vedrà nella seguente ricetta suggeritaci dal Signor Nicola, è perfetta per i primi piatti di pasta. Rosso Pachino si trova in Via Tor Vergata 295 a Roma.

La Ricetta

Mezzemaniche alla Sorrentina La Rustica Cirio Alta Cucina Uno degli emblemi della veracità Cirio, l’originale passata dal sapore antico, polposa come fatta in casa. Base ideale per ogni ricetta, risulta insuperabile nei primi piatti a cottura veloce. Un classico di gran classe. La Rustica Cirio Alta Cucina è disponibile nella conveniente confezione da 3 kg.

Preparare la salsa con La Rustica Cirio Alta Cucina, basilico, sale, pepe, olio extravergine di oliva. Preparare una crema con mozzarella e panna da cucina. Lessare le mezzemaniche e scolarle al dente. Mantecarle in padella con la salsa e metterle successivamente in teglia con la crema di mozzarella e panna. Far dorare in forno. In uscita spolverare un po’ di parmigiano grattugiato.

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inSOLITOfood

a cura di Marianna Iodice

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Sbizzarrirsi in cucina con la frutta secca


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In questo primo articolo della nuova rubrica Insolito food, dedicata ad ingredienti particolari in cucina, parliamo di frutta secca: quando si pensa a questi prodotti la mente vola quasi sempre ai dolci; la frutta secca, invece, può diventare con fantasia un ingrediente adattabile anche alla cucina “salata” per preparare primi piatti, secondi di mare o carne, insalate, appetizer. Inoltre la frutta secca è ottima anche dal punto di vista nutrizionale: è ricca di proteine, sali minerali e vitamine. A condurci in questo viaggio fra mandorle, noci, nocciole e pinoli è Massimo Meloni che ci regala i suoi preziosi consigli.

Massimo Meloni è uno Chef Meloni di cucina con solidi trascorsi di professionali. È È stato chef per Gualtiero Marchesi, Marchesi ha aperto diversi si ristoranti, è assaggiatore d’olio, di cioccolato, di vino d’olio, e formaggio. La sua società Food Show (www.foodshow.it) cura progetti di promozione e consulenza e contribuisce alla creazione di un metodo di formazione esperienziale. Massimo, come usa la frutta secca un noto chef come te? «La croccantezza delle mandorle e di tutta la frutta secca può darci un aiuto nelle preparazioni di consistenza “pastosa”. Le mandorle le uso intere, leggermente inumidite con albume, in modo che ci sia una pellicola aderente che farà attaccare il semplice sale o belle spezie come

curry, paprika, zafferano o curcuma. Il mio pesto di rucola è fatto con mandorle aggiunte agli altri ingredienti del pesto classico. Ah! Un suggerimento: prima di frullare il pesto mettete a bagno in acqua calda le mandorle per 30 minuti, saranno più facili da rompere e renderanno il pesto più cremoso. Per quanto riguarda i pinoli, ricordate che sono delicati; io li uso nelle impanature, per esempio quella realizzata con i grissini spezzati, schiacciati, ma lasciati sempre lunghi qualche centimetro. I pinoli sono anche ottimi con gli spinaci freschi (non me li bollite per carità!) lavati e privati dei gambi, saltati due minuti direttamente in padella con olio e aglio (che poi va tolto), con l’aggiunta alla fine di uvetta pre-ammolata e pinoli rigorosamente tostati. Le noci le trovo ottime per torte salate in genere, aperte, chiuse, strudel e vari fagottini di pasta filo, brick, sfoglia e all’olio. Ricordo la semplice e tipica salsa di noci alla ligure, che non è altro che un frullato di latte, mollica, poco aglio, noci e formaggio fresco tipo crescenza (ci vorrebbe ad onor del vero la prescinseua). Per le nocciole… personalmente non ho una grande stima di questa frutta secca, forse perché comunque la trovo più adatta ai piatti dolci, diciamo che sforzandomi (come è giusto che sia in questo campo creativo) l’ho trovata particolarmente adatta per un croccante agrodolce all’aceto balsamico, e l’ho aggiunta in granella tostata ad una polenta integrale servita di contorno a selvaggina in umido con una grattata di ricotta affumicata: era fantastica ! Aggiungerei inoltre tra gli ingredienti di questa famiglia le noci brasiliane e le noci Pecan e anche gli anacardi che amo fare tostati ed abbinati alle verdure saporite, come i carciofi, i broccoli, ma anche la zucca e le patate americane. Un’altra frutta secca meno usata in assoluto in cucina sono le arachidi, sia quelle salate tipiche dell’aperitivo “Dry snack” che quelle naturali che in molti chiamano “spagnolette” o noccioline americane. Preparo della pasta lunga (trenette, tagliatelle all’uovo, o spa3 1


ghetti integrali) e la condisco con germogli di soja spadellati in olio di semi con l’aggiunta di olio di sesamo e aglio, arachidi naturali o dolci (in questo caso non salare i germogli), qualche carota a julienne per dare colore, prezzemolo o coriandolo fresco (ma non a tutti piace). Si serve con peperoncino a piacere ». Grazie di questi suggerimenti Massimo… ma ci dai anche una ricetta speciale in esclusiva? «Va bene, in esclusiva la mia “Falsa Maionese alla frutta secca”; è sfiziosa e va bene dappertutto, a casa mia non manca mai e spesso la rubo dal frigorifero e, lo ammetto, la mangio anche direttamente con il dito, c’è più gusto! Allora la ricetta: 100 g di latte intero in cui lasciare in ammollo per mezzora 40 g di pinoli o altra frutta secca bianca (se mandorle, spezzatele prima), aglio (poco, è facoltativo), un pizzico di zafferano (sciolto prima in poco latte tiepido), 180 g di olio di semi di girasole (sarebbe meglio il vinacciolo, ma non si trova mai! Non usare altri oli, non montano!). “Zummare” ed è pronta… non capite? Si adesso ve lo spiego: frullare tutto insieme in una caraffa o un contenitore cilindrico con il mixer ad immersione, tipo Minipimmer per intenderci. Ah, dimenticavo: se si usa latte Uht la falsa maionese si conserva anche un mese, sempre in frigorifero e chiusa. Per concludere ringrazio la redazione per l’opportunità datami: è sempre bello per me parlare di cibo, un saluto ai lettori!» 3 2

Dimenticate l’immagine della frutta secca solo sulle tavole natalizie: mandorle, pinoli, noci, nocciole e arachidi sono ottimi da offrire ai vostri clienti tutto l’anno: un concentrato di gusto e salute da proporre con fantasia. La frutta secca è, infatti, un ingrediente versatile, ottimo da gustare da solo o per rendere speciale ogni piatto: è un ottimo modo per aprire il pranzo, stuzzicando con un buon aperitivo, o per arricchire ogni insalata o in cottura per panature speciali e per ricette di primi e secondi. La frutta secca è buona anche per farciture speciali sulla pizza! Per offrire la migliore frutta secca, croccante e aromatica, rivolgetevi ad una storica azienda come Chiellini. La storia di Chiellini inizia nel secondo dopoguerra con nonno Arrigo e il suo banchetto per la vendita di dolciumi e frutta secca nelle feste paesane toscane. Oggi, mantenendo la passione del passato per la genuinità, l’azienda Chiellini è proiettata verso il nuovo millennio, proponendo le migliori materie prime selezionate con cura e confezionate secondo le più avanzate tecnologie in tante linee adatte ad ogni esigenza. La linea Granchef, ad esempio, rappresenta il fior fiore in fatto di frutta secca dedicata ai professionisti della ristorazione. L’intera gamma è confezionata in atmosfera protettiva per garantire nel tempo la qualità e le caratteristiche organolettiche dei prodotti. Tra i prodotti Chiellini troverete tutta la frutta secca, dalle mandorle alle arachidi, tutta genuina e gustosa. In particolare segnaliamo i pinoli: vengono accuratamente selezionati per offrire alla clientela un prodotto di alta qualità proveniente da pinete italiane e, in particolar modo, dalla zona tirrenica toscana. I pinoli Chiellini conservano tutto il sapore e le caratteristiche del frutto appena colto, per ciò sono indicati nella preparazione di pietanze appetitose ispirate alla tradizione della cucina mediterranea: il tocco in più per rendere speciale la tua cucina. Chiellini srl - Via Nugolaio 64/D 56023 Navacchio Cascina (PI) Tel 050-779070 - Fax 050-769882 www.chiellini.net info@chiellini.net


inSOLITOfoo

Pizza Noci, Speck e Mascarpone

Ingredienti

Procedimento

Polpa di pomodoro, mozzarella, mascarpone, noci, speck.

Preparare la base Margherita, aggiungere il mascarpone e infornare. In uscita aggiungere lo speck e le noci.

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Pizza


PICCOLIpiaceri a cura di Gabriella Marchitelli

La grappa

un piacere slow

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a grappa appartiene alla tradizione italiana e la “cultura” del far grappa è codificata dalla legge: infatti, può dirsi grappa solo l’acquavite ricavata dalle vinacce ottenute da uve prodotte e vinificate in Italia, poste direttamente in alambicco e distillate in impianti ubicati nel territorio nazionale (regolamento 1576/89 dell’Unione Europea e decreto italiano 297/97). Dietro ogni bicchiere c’è una lunga storia e il lavoro di tante distillerie che, pur nell’innovazione di impianti moderni, mantengono una lavorazione accurata che rispetta le fasi tradizionali delle distillerie artigianali d’un tempo. In Italia il comparto produttivo della grappa (e degli altri distillati) conta all’incirca 135 distillerie e più di 500 imbottigliatori, aziende concentrate nel Nord del Paese, territorio storicamente cuore produttivo di questa acquavite di vinaccia tutta italiana. Negli ultimi anni, però, anche il Centro Sud Italia ha aperto le porte alla grappa ed è sempre crescente il numero di distillerie capaci di distillare grappe di alta qualità. Quando parliamo di grappa bisogna differenziare i vari tipi in cui si declina: nel corso degli ultimi anni, infatti, si è affermata la segmentazione

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dell’offerta, con l’obiettivo di soddisfare le richieste di un consumatore dal palato più esigente, desideroso di nuove sensazioni gustative. Così, alla generica grappa il mercato ha risposto con tante tipologie di grappe monovitigno. Se prima i distillatori offrivano poche etichette corrispondenti ad una ristretta gamma di grappe, oggi le tradizionali grappe plurivitigno sono affiancate da grappe monovitigno, grappe invecchiate, grappe aromatizzate, o grappe plurivitigno ottenute da miscele di vinacce corrispondenti alle composizioni di pregiati e noti vini (es. Grappa di Brunello, Grappa di Chianti ecc.).

I consumatori di grappa Quanti sono i consumatori di grappa? Gli ultimi dati dicono che gli estimatori di questa acquavite sono il 17% circa della popolazione italiana fra i 17 e i 69 anni. Un numero molto cresciuto rispetto agli anni ’90 quando invece che 8 milioni di consumatori si contavano solo 5 milioni di appassionati. Dal 2000 in poi il mercato della grappa ha visto una crescita molto florida, corrispondente ad una riappropriazione da parte degli italiani del


valore di questo prodotto. Se il numero degli abitudinari è sceso, è aumentato il numero di medi consumatori e dei consumatori occasionali, che bevono poche volte all’anno, ma sono attenti alla scelta di ciò che gustano. Possiamo dire che i consumi di grappa seguono tre tendenze. Il primo trend riguarda la continua crescita su livelli di consumo per lo più moderati dei giovani e dei giovani adulti. Anche le donne sono estimatrici: il secondo trend, infatti, riguarda il gentil sesso; aumentano in modo continuativo le donne che scelgono la grappa ad altre bevande alcoliche o superalcoliche. Il terzo trend riguarda l’allargamento dei consumi al Sud. Negli anni l’immagine della grappa s’è svecchiata, cosicché è diventato un prodotto amato da diverse fasce di consumatori. Non è da sottovalutare la recente filosofia del consumo ragionato e moderato dell’alcol: i giovani italiani trovano nella grappa un alcolico ideale in questo senso, dato che la grappa si sorseggia in piccole dosi a fine pasto. Per i nuovi consumatori, giovani e donne, la grappa rappresenta un prodotto conviviale, semplice,

una bevanda alcolica ritenuta “calda”, diversa dai “freddi” whisky e vodka e gin, o dai troppo “vivaci” rum, tequila e cocktail centro-sudamericani. La grappa non è solo rivalutata per il suo aroma e la qualità che c’è dietro alla sua lavorazione, ma è apprezzata nel mondo beverage anche per i momenti di consumo ad essa legati: la tavola, il fine pasto, la serata fra amici, è insomma una bevanda raffinata e slow. La grappa è in sintesi un “vissuto”: chi beve grappa ne enfatizza le caratteristiche organolettiche, a partire dal gusto: un sapore pieno e assolutamente particolare, inconfondibile. Dire grappa significa dire, per gli appassionati, benessere, relax, piacere da assaporare lentamente, genuinità.

Come si serve la grappa Bere la grappa è un piccolo rito fatto di lentezza, piacere e ricerca delle percezioni odorose prima ancora che gustative. La grappa, quindi, va servita in un certo modo se si vuole gustare al meglio ogni sensazione. Va versata per prima cosa ad una temperatura media, non fredda, ma soprattutto non calda. Per le grappe giovani la temperatura ideale è tra i 9 e i 13° C, mentre per quelle invecchiate (salvo rare eccezioni), la giusta temperatura si aggira intorno ai 17° C. Nel dubbio meglio servirla fresca: infatti l’errore può essere sempre corretto riscaldando il bicchierino nel palmo della mano. A proposito di bicchierino: molti sanno che la grappa va sorseggiata nel tipico tulipano: perfetto è il bicchiere a tulipano di medie dimensioni (100-150 millilitri), panciuto e con la imboccatura non eccessivamente stretta, fatto in cristallo o vetro sonoro. Inadatti sono, invece, i ballon e i bicchieri a palloncino che culminano con un’imboccatura (camino) stretta.

“Ringraziamo l’azienda Bonaventura Maschio per la collaborazione nella stesura dell’articolo e per le splendide immagini di un alambicco per la distillazione di acquavite d’uva e di un alambicco mobile per la distillazione della vinaccia, pezzi storici presenti nel museo dell’azienda”. 3 7


pizzaCHEF Salvatore Di Matteo Nasce a Napoli il 18 aprile del ‘74; figlio di Nicola, è l’ultimo erede che porta questo importante cognome fra i pizzaioli di Napoli. Salvatore rimane in pizzeria fino all’età di 18 anni, quando la sua strada lavorativa ha imboccato un percorso lontano dal mondo pizza. Nel 2009 papà Nicola lo richiama e lo invita a prendere il suo posto in pizzeria: comincia così l’ascesa di Salvatore. A settembre 2011 si classifica al primo posto nel concorso World Cup 2011 con il suo Ripieno Doc ed al secondo nella sezione Margherita Doc, superando ben 400 pizzaioli. Successivamente l’Unione Europea Pizzaioli e Ristoratori Tradizionali lo fregia del titolo di istruttore di laboratorio presso l’Università Popolare Internazionale della Pizza, mentre l’Associazione Vera Pizza Napoletana gli conferisce il riconoscimento di “pizzaiolo verace”.

La storia dell’antica pizzeria “Di Matteo” ha inizio per opera di nonno Salvatore: è il lontano 20 giugno 1936 quando Salvatore Di Matteo decide di dedicarsi esclusivamente alla piccola bottega situata nel cuore del centro storico. L’attività della bottega inizia come friggitoria e pizzeria d’asporto, ma negli anni ‘60 avviene una vera e propria modernizzazione grazie a Nicola e Gennaro, successori di Salvatore. Nel giro di pochi anni la piccola bottega di via Tribunali diventa una pizzeria con circa 100 posti a sedere. In breve la pizzeria Di Matteo diventa la più grande della zona, un luogo in cui si incontrano persone comuni, ma anche nomi importanti e volti noti come Marcello Mastroianni, Jack Lemmon, Paolo Villaggio, Massimo Ranieri, Fausto Leali, Eduardo De Crescenzo e tanti altri.

Pizza Radici

Ingredienti Ricotta vaccina, Mozzarella di bufala, Cicoli di maiale, pomodorini freschi a pezzi, basilico, formaggio parmigiano grattugiato, olio extravergine di oliva

Procedimento Stendere l’impasto e guarnire con ricotta vaccina, mozzarella di bufala, cicoli, pomodorini freschi a pezzi e infornare. In uscita aggiungere il basilico, il formaggio grattugiato e l’olio. 3 8


Pizza Fritta Ingredienti

Procedimento

• Provola • Pomodorini • Passato di pomodoro San Marzano • Basilico • Pepe

Stendere l’impasto e guarnire con provola, pomodorini, passato di pomodoro San Marzano, basilico e un pizzico di pepe. Chiudere e friggere in olio bollente.

Pizza

la ricetta

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BIRRAd’autore a cura di Franco Re rettore Università della Birra

La Birra in pizzeria

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a birra in pizzeria si coniuga sempre più al plurale. Diventa cioè “le birre”. Sono abbastanza lontani i tempi in cui una sola birra alla spina o due/tre marchi in bottiglia rappresentavano tutto ciò che si poteva ragionevolmente chiedere in pizzeria. Le specialità birrarie non sono entrate nelle pizzerie con una certa continuità fino all’alba del nuovo secolo. Prima erano privilegio quasi incontrastato del Super Horeca, ossia di pub, stuben e birrerie. In pizzeria le specialità brassicole sono entrate quasi in punta di piedi, di fatto ampliando la gamma delle birre in bottiglia, che al tempo esibivano quasi esclusivamente

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etichette a bassa fermentazione. All’inizio i fornitori hanno sdoganato birre di frumento, ossia Weizen e Bière Blanche, anche se organoletticamente non il massimo per l’abbinamento birra-pizza. A metà del decennio passato però hanno incominciato a farsi largo in pizzeria anche prodotti alla spina, soprattutto birre ad alta fermentazione. Addirittura qualche gestore illuminato ha incominciato a proporre specialità stagionali (Rulles Estivale in estate, Oktoberfestbier in autunno e Birre di Natale in inverno). Intendiamoci, i titolari o i gestori di locali che fanno questo tipo di scelte non sono numerosissimi, siamo nell’ordine del 5% al massimo. Eppure questo dato


è significativo. Non rappresenta solo casi isolati, gestori di pizzerie appassionati di birra. È una tendenza. Ciò vuol dire che da una parte sta la richiesta del consumatore, dall’altra sta la volontà del gestore nel differenziarsi e nel proporre prodotti sempre più complessi all’olfatto e al gusto. Tutto ciò nell’ottica di consigliare birre che possano meglio accostarsi alle pizze classiche, speciali o creative. Anche in pizzeria infatti, dopo aver proposto in passato liste di pizze più o meno fantasiose, vi sono sempre più classificazioni in base alla qualità e alla particolarità degli ingredienti che ovviamente si traducono in fasce di prezzo ben differenziate. In questo caso la proporzione rispetto alle pizzerie esperte in birra sale di molto e oggi possiamo dire che almeno il 20% delle pizzerie tradizionali usa questo sistema per posizionare più o meno in alto le varie pizze proposte. Vi è poi anche una corrente di pensiero che non considera solo le pizze salate ma ha anche implementato la cosiddetta “pizza da dessert” che, oltre a una quantità minore di pasta rispetto alla classica “Margherita” aut similia, sposa il gusto dolce rispetto a quello prevalentemente salato. Anche per queste vi è tutta una congerie di birre che si abbinano egregiamente con la nutella (più di un tipo di stout, soprattutto le sweet stout) o con la frutta che troneggia sul disco di pasta (le birre alla frutta a fermentazione spontanea come

Metti il Lievito nel Tuo Fatturato: diventa un Esperto di Birra

ad esempio le kriek, le framboise, le pecheresse, le fraise, le abricot e quant’altro). Il mercato della birra in pizzeria, è il caso di dirlo, è tuttora in fermento e se quelle avanguardie brassicole che finora hanno fatto la differenza si riveleranno profetiche e di conseguenza propedeutiche a uno sviluppo ancora più significativo della birra all’interno delle pizzerie, vorrà dire che la rivoluzione culturale della birra in Italia non sarà più una chimera ma una bella ma soprattutto profumata e gustosa realtà.

A B C d e ll a b i r razata con albicocche intere

omatiz o, misto Abricot: Lambic ar entazione del gran rm fe lla da te ot od osità e il Bière Blanche: pr la loro leggera crem r pe o on gu in st di a malto d’orzo si sapore dolciastro. oma di fragola eganti. Fraise: birra dall’ar ta per occasioni el at ad ni po m la ai c Framboise: Lambi luppolata. a, densa, lievemente pr as e, nt ce es rante la rv fe È ef vengono aggiunte du e ch e gi lie ci le al c Kriek: Lambi rticolare fermentazione. io che segue un pa lg Be l de le na io iz Lambic: birra trad uzione. disciplinare di prod alla pesca Pecheresse: birre gusto di orzo di birra scuro con ile st o un è t ou st Stout: la nore di luppolo. desca “birra tostato e intenso te significa in lingua te r ie nb ze ei W e in Weizen: il term di frumento”.

Tu, professionista della pizza, vuoi far crescere il fatturato del tuo locale e avere un’altra interessante prospettiva professionale? Diventa Cervoisier, un vero e proprio esperto di birra che conosce in tutti i suoi aspetti la maltata bevanda, la sa servire nel migliore dei modi e sa abbinarla in maniera corretta. L’Università della Birra ti può aiutare a diventare un perfetto Cervoisier e a ottenere un diploma che certifica legalmente la tua preparazione. Abbiamo altri tipi di corso, anch’essi con valore legale, che possono soddisfare ogni tua esigenza. Chi ci ha seguito diligentemente ha avuto significativi incrementi di fatturato, che in media hanno sfiorato il 30 per cento. Consulta il nostro sito www.universitadellabirra.com e contattaci con una e-mail a cerevisia@tin.it, per telefono allo 0332.458676 Fax 0332.459425 oppure al 348.3730178.

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Schöfferhofer Weizen

Blanche De Namur

Birra bionda di frumento con lievito, caratterizzata nell’area del fruttato con particolari doti rinfrescanti e digestive. Risulta particolarmente gradita per la bassa acidità. È una Hefeweizen tedesca ad alta fermentazione, dal colore biondo Intenso. Grado Alcolico: 5% Vol. Ottima per piatti leggeri, frutta, dolci. Distribuita da Radeberger. www.radeberger.it

È una birra bianca di altissima qualità. Bionda, dal colore lattiginoso e dal profumo fruttato e fine che rivela un aroma di spezie, come il coriandolo e l’arancio amaro. È una birra dissetante, dal sapore leggermente acido, dalla consistenza farinosa sulla lingua, non amara. Nel 2009 è stata votata miglior Wheatbeer al mondo al concorso internazionale Tastingbeers. Ottima servita tra i 2 e i 4 °C. Distribuita da Interbrau www.interbrau.it

abbiniamole con...

Witte Trappist La prima e unica birra trappista blanche in tutto il mondo. Dissetante e fresca con un carattere raffinato. Riconoscibile come una birra trappista bianca grazie all’uso principalmente di malto di frumento. Prodotta con varietà di luppolo molto aromatico. La Trappe Witte è non filtrata. Grado Alcolico: 5,5% vol. Temperatura 06/04 ° C. Distribuita da Interbrau www.interbrau.it

La Blanche Namur è ottima con tutti i tipi di carne, la birra La Trappe con piatti leggeri, La Blanche De Namur è ottima con tutti i tipi di carne, la birra La Trappe con piatti leggeri, mentre la Schöfferhofer Weizen con frutta e dolci. mentre la Schöfferhofer Weizen con frutta e dolci. 4 2



VINOd’autore a cura di Eustachio Cazzorla enogiornalista e sommelier degustatore

Cabernet

varieta’ tra le piu’ rinomate al mondo

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S

tiamo parlando di un vino rosso da vitigno internazionale d’origine bordolese, diffuso nelle zone del Médoc e delle Graves in Francia. Una varietà tra le più rinomate al mondo per profumi, tannini, colore e longevità. Fin qui tutto bene, se non fosse che questo vitigno a bacca rossa (acini piccoli, buccia spessa e di colore nero bluastra) in realtà sono due: Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon. Il primo è il più diffuso in Italia in quanto più facile da coltivare perché più resistente alle malattie della vite. Il secondo è ugualmente presente, ma in quote più contenute. I due Cabernet sono identici per alcune espressioni in vigna, come la facile capacità di adattamento, ma in realtà come vini differiscono per lievi sfumature sul piano dei tannini e dei profumi (sempre eleganti e netti). Legno di cedro e sentori di frutta rossa di sottobosco divengono toni minerali netti di grafite e piacevolmente erbacei per culminare fino alle marcate note di peperone verde nel Franc. Nel Cabernet Sauvignon il colore ha sfumature violacee che degradano molto lentamente verso l’aranciato con l’invecchiamento. Le note di frutta che restituisce il bicchiere è un piacevolissimo tocco di ribes, ma persistono, in forma meno marcata, le caratteristiche note eleganti erbacee e vegetali del Franc. Entrambi, per la notevole struttura e l’importante persistenza gusto-olfattiva, sono particolarmente adatti all’affinamento in legno. Sono due vitigni che si distinguono per l’eleganza al naso e al palato che non a caso entrano a giusta ragione nella “ricetta” specialissima del vino più famoso e costoso d’Italia, il toscano Sassicaia (Cabernet Sauvignon 85% circa e Cabernet Franc 15% circa). Dal 1948 agli anni ’60 furono tante le sperimentazioni, ma la prima annata è stata nel 1968 e da allora il vino del Marchese Mario Incisa della Rocchetta è andato solo in crescendo. Non a caso questo vino è stato il primo italiano ad af-

fermarsi con successo all’estero, ed è quasi universalmente riconosciuto come il padre di una nuova famiglia di vini italiani: i supertuscan. Nel 1978, in una degustazione organizzata dalla rivista inglese “Decanter” a Londra, una giuria, della quale facevano parte Hugh Johnson, Serena Sutcliffe e Clive Coates hanno dichiarato il Sassicaia (1972), come il miglior Cabernet Sauvignon tra i 33 vini provenienti da 11 paesi. E nel suo “Pocket Wine Book” del 1982, lo stesso Johnson descrive il Sassicaia come «miglior vino italiano». Tutto merito dei cugini Cabernet? La differenza in questi casi la fa anche il terroir, le componenti climatiche, territoriali (suolo e idrologia) degli impianti dei vitigni. In Italia i Cabernet sono arrivati nell’ottocento importati nel 1820 dal conte Manfredo di Sambury nei sui possedimenti in provincia di Alessandria. Nel 1882 venne accatastato a Portici (Napoli) un vigneto di Cabernet Franc, ma i Cabernet hanno trovato due patrie d’elezione: il Triveneto e la Toscana per l’appunto. In Friuli Venezia Giulia, nel Veneto e in Trentino Alto Adige furono impiantati nel dopoguerra per sostituire i vitigni a bacca rossa locali distrutti dalla fillossera a inizio ‘900 e successivamente dagli eventi bellici. I Cabernet sia presi singolarmente che insieme in uvaggio necessitano, non c’è dubbio, di una Pizza gourmet. I sapori di farcitura devono essere importanti, proteine nobili (meglio se di carni rosse e selvaggina da pelo), per un vino che predilige piatti strutturati. E allora che dire di una “Schiacciata al tartufo nero di Norcia” (con ricotta al pepe nero e mortadella di Bologna) della Pizzeria Gatta Mangiona di Roma, o la “Salsicce e friarielli” (con provola di bufala e pecorino grattugiato) della Pizzeria La notizia di Enzo Coccia a Napoli? E per chi vuole sperimentare, consigliamo l’innovativa Pizza al Manzo (tritato) e broccoletto romano (con salsa di ribes nero per ingentilirne i profumi).

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Cabernet Franc Moletto DOC È un vino rosso prodotto da viti armenère oramai trentennali. Una DOC Lison-Pramaggiore del 2010 dal colore rosso rubino brillante e dal profumo ricco con sentore erbaceo (rucola, pepe nero, quasi terroso). Il suo sapore è pieno. La gradazione alcolica è di 12,5% vol. È una storia di radici profonde, quella dell’azienda fondata nel 1960 da Mario Stival. L’azienda Moletto vanta oggi una squadra affiatata, come solo una famiglia sa essere, guidata dalla “cultura del vino”

Cabernet Montello e Colli Asolani Doc È prodotto da uve di Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon. Di colore rubino intenso. Ha un ricco bouquet (liquirizia, muschio e d erba appena tagliata), un gusto fresco e pieno. Gradazione alcolica: 12,5% vol. La cantina Montelvini è stata fondata nel 1969 da Armando Serena; sorge in Veneto nella zona Doc Montello e Colli Asolani, luogo noto nel mondo per i vini di grande stoffa.

Cabernet del Veneto IGT Di colore rosso rubino intenso. Di sapore asciutto ed armonico con spiccati sentori erbacei. Temperatura di servizio 17° C, gradazione alcolica 12% Vol. L’azienda vinicola Maccari nasce nel 1898 e da allora tramanda di generazione in generazione la cultura e la passione nel fare il vino. Immersa nei vigneti la sede storica è a Visnà di Vazzola (TV). Lì vengono prodotti i vini fermi in bottiglia tipici della zona Doc Piave, terra di pregiati vini rossi e patria del vitigno autoctono Raboso.

abbiniamoli co con...

IlIl Cabernet si accompagna bene con arrosti di carni bianche e rosse, pollame Cabernet si accompagna bene con arrosti di carni bianche e rosse, pollame nobile, cacciagione e selvaggina. nobile, cacciagione e selvaggina. 4 6



pubbliredazionale

Qualità e Sicurezza, Risparmio Energetico e Rispetto dell’ambiente:

E

protagonista

smach, sempre attenta ai cambiamenti e alle esigenze della vita moderna, ha messo a punto una linea compatta per un processo produttivo completo che garantisce sicurezza, risparmio energetico, rispetto dell’ambiente ed esalta la qualità e la genuinità del prodotto finito. Il GL MINI 12 apre la fila ed è anche il protagonista principale di questo processo produttivo in quanto è la base per assicurarsi prodotti di alto livello con qualità personalizzata ed ineguagliabile. Si tratta del generatore di lievito madre che, partendo da un ceppo madre solido al quale vengono opportunamente aggiunte farina ed acqua, consente di gestire in modo sicuro il lievito madre - pronto in qualsiasi momento della giornata - da incorporare agli impasti in percentuale differente a seconda del prodotto che si vuole ottenere. Assicura un notevole risparmio di tempo e conferisce al prodotto finito fragranza, aroma e leggerezza unici nel loro genere.

L’impastatrice automatica a spirale, a vasca fissa, a 2 velocità di lavoro, modello ISE NF accoglie impasti minimi di 3 kg e si propone come l’ideale sintesi tra robustezza strutturale, modernità costruttiva ed estrema versatilità d’impiego mantenendo qualità delle prestazioni, affidabilità e sicurezza a livelli d’eccellenza. L’impastatrice è in grado di lavorare qualsiasi tipo d’impasto grazie alle geometrie di spirale, piantone centrale e vasca. Le velocità di rotazione sono state accuratamente studiate per ottenere brillanti 4 8

risultati d’impasto contenendo dentro valori minimi l’incremento di temperatura. Segue GPC (Genuine Proofing Control), la cella di lievitazione programmata a controllo elettronico che può gestire lunghe lievitazioni (caratteristica dei prodotti con lievito madre) agendo sulla temperatura di mantenimento e di lievitazione e sul controllo dell’umidità. Questa cella può anche essere usata come ferma biga o armadio di lievitazione. GPC può lavorare a ciclo completo (ferma lievitazione e lievitazione automatica programmata), in sola conservazione positiva oppure in sola lievitazione (fase calda e umidità). Il suo piano d’appoggio è predisposto per servire da tavolo di lavoro o da supporto a GL MINI 12 creando così un’ideale duplice soluzione di spazio e di funzione (complementare dei due prodotti). Infine, il forno modulare a piani SOLEO, disponibile nelle versioni a 2, 4 o 6 teglie per piano è ideale per la cottura della pizza poiché garantisce cotture con effetto suolo come nei classici forni in muratura. Questo forno vanta consumi elettrici ridotti grazie al riscaldamento alternato delle resistenze e all’elevata inerzia termica ed isolamento efficace. Oltre ciò, gli sportelli in vetro trattato riflettono verso l’interno il calore permettendo una riduzione di circa 40°C della temperatura della superficie esterna e questo è garanzia che la maggior parte dell’energia viene impiegata per la cottura. Con l’utilizzo delle vaporiere, il forno Solo si presta anche a cotture di prodotti di panificazione e pasticceria.



Diventa anche Tu

“Amico della Dieta Mediterranea”

Essere “Mediterranean Diet Friend” è un impegno che Molini Spigadoro ha deciso di assumere a tutela del consumatore e degli operatori professionali, pizzaioli, panificatori e pasticceri… Parlare di benessere, salute, fibra non basta, bisogna poi applicare questi concetti nell’esperienza quotidiana. Molini Spigadoro per questo grazie alla garanzia “100% SANO” promuove le sue linee di farina, prima tra tutte NUTRIDEA, che oltre ad essere ricca di fibra e sali minerali, elimina la presenza di micotossine e altri contaminanti superficiali, attraverso un processo di SANIFICAZIONE dei cereali UNICO nel panorama molitorio. La linea di farine NUTRIDEA, adattandosi ai diversi usi di lavorazione, garantisce prodotti sani e ricchi di gusto, nel rispetto del modello alimentare della dieta mediterranea e permette di inserire anche la pizza a pieno titolo all’interno di una DIETA SANA. LE CARATTERISTICHE della linea NUTRIDEA e il “Mediterranean Diet Friend”.

Amico della Dieta Mediterranea MOLINI SPIGADORO

PIZZAIOLO

CONSUMATORE

Tutela la SALUTE del CONSUMATORE ed il LAVORO del PROFESSIONISTA

Ambasciatore di GUSTO E SALUTE

Sceglie un’ALIMENTAZIONE SANA e consapevole

Applica un processo UNICO di SANIFICAZIONE CEREALI

Promuove la SALUBRITÀ dei prodotti

È attento alla SALUTE

Promuove il progetto 100% SANO

Adatta la farina ad ogni tipo di IMPASTO

È attento al BENESSERE

Produce Farine RICCHE di FIBRA

Ottimizza la LAVORABILITÀ dell’impasto

È attento alla DIGERIBILITÀ

Sostiene la professionalità dei pizzaioli attraverso il progetto PIZZA NEL CUORE

Si differenzia proponendo una Pizza dal GUSTO UNICO

Abbina GUSTO e SAPORE

La pizza è uno degli alimenti più consumati oggi, non solo in Italia, per questo il pizzaiolo ha una grande responsabilità: promuovere una sana e corretta alimentazione, attraverso materie prime di qualità, un corretto uso delle tecniche e dei tempi di lavorazione e cottura. Chi è diventato “Amico della Dieta Mediterranea” utilizzando le farine ricche in fibra è assolutamente entusiasta, perché il consumatore apprezza le caratteristiche di GUSTO e BENESSERE e non vuole più tornare indietro. Molini Spigadoro SpA - Via IV Novembre, 2/4 - 06083 Bastia Umbra (PG) Italy - Tel. +39 075 8009216 - Fax +39 075 8009202 www.molinispigadoro.com 5 0

Nel numero scorso della rivista abbiamo pubblicato un erroneo indirizzo web dell’azienda Spigadoro. Ci scusiamo con i lettori. Il corretto indirizzo web è www.molinispigadoro.com


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la qualità che conquista I prodotti Euroiovine sono apprezzati ovunque in Italia; anche nelle regioni di tradizione casearia, come la Puglia, Euroiovine conquista i gestori che si intendono di prodotti buoni. Ecco cinque pizzerie della provincia di Lecce che si affidano all’azienda della famiglia Iovine.

zza i P o c c Che

Atelier dell Pizza Capri a ‘91

una Cassiano è o c s e c n ra coperti za di F cinquanta a Checco Piz it p s o e h ern sala c quanta cop in c pizzeria co re e s e ll ona e nelle be ato nella z ic b all’interno u è le a so n 5; ino. Il loc rquato Tas o ti nel giard T ia v in re i Lecce, anni e off e tt e s centrale d a d o alla za è apert izza tonda p le Checco Piz a n io ria di la la tradiz lla rosticce a d alla cliente ta a n g a eccese. accomp tradizione l napoletana i d e a e p e o arten ate tantissim rn fo s tradizione p o n o g na di legna ven a quaranti n u Dal forno a in te a ze, declin buone piz varianti.

Nasce come pi zzeria Capri nel ’9 1 proponendo ne l Sa le nt o la p izza a metro. Nel 2009 la pizzeria prende il n ome attuale. In tutti q uesti anni di attiv ità, il titolare, Luigi Stam erra, campione pluripremiato, ha sempr e innovato il prod otto per garantire una pi zza ottima per tu tti i gusti. Pizze lunghe an che quasi tre m etri, pizze con farine special i, pizze senza glut ine, pizze con farciture d essert e altro anco ra. Nella sua pizz eria non fa mai manca re la buona mozza rella Euroiovine.

Pizza & Core Pizza e Core ha due sedi a Lecce: la prima è una pizzeria con sala che può contenere 35 coperti è ubicata in Via Lupiae 22 ed è aperta dal 2003; la seconda è una pizzeria-rosticceria da asporto, Pizza&Core al metro (in Viale Marconi 63). Le due pizzerie sfornano una trentina di specialità e su tutte fila la ottima mozzarella fiordilatte o di bufala del caseificio Euroiovine. Come ci spiega il titolare Giuseppe Politi, la pizzeria ha scelto il caseificio campano «perché sul mercato non c’è davvero una mozzarella più buona». 5 2


inella c l u P i d o n Il reg pizzeria Il

Quella della ella di regno di Pulcin ’AragoLecce in Via F. D nes, 1 è na, ang. Via Vig oletana l’unica pizza nap Puglia riconosciuta in e Pizzaidall’Associazion dall’Asuoli Napoletani e Pizza sociazione Verace cale ha Napoletana. Il lo dalla ricevuto anche, ocale tra onoscimento di l ic r il o, nd ia gg ia Giuseppe Guida Pizza V gliesi. Il titolare, pu e ri ze iz p 00 za è le migliori 1 ché se la mia piz er «p e in ov oi ur E relDemetrio, sceglie grazie alla mozza he nc a è lia ug P tra le più buone in !». la cambierei mai on n e: in ov oi ur la E

Borgo Vecch io

Situato a Miggin ao in via R oma 35 , è un locale che lav o ra com e p ristorante izzeria, e ring. Ape caterto da se tte anni, sfo rna cen tinaia di p izze a se ttimana, in ottan ta versioni spiega p differenti erché sc . M arcello D eglie il c iovine: « e Vit aseificio Prima di campan is ci tutto mi Sig Greg o Europiace la orio, si v p e e r d s e che fa i o tà e amo l suo lavo nalità del re. E poi ro con se ci sono prodotti la bufala rieche rima e ngono d i qualità n il fiordilatte, el tempo ».

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eventi

La pizza si fa in 8 a

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ucina e pizza, roba da gourmet: Livigno a novembre ha ospitato il meglio della cucina con la kermesse Gourmet Festival, dedicata quest’anno al tema delle “Eccellenze della Valtellina”. L’evento è giunto alla nona edizione e ha visto quaranta professionisti, tra cuochi e pasticceri, unire le forze per proporre una rivisitazione dei prodotti tipici della Valtellina in chiave gourmet. Non sono mancanti ovviamente gli abbinamenti con i buoni vini del posto. Gourmet Festival oramai è un appuntamento che, cresciuto negli anni, riesce a dare lustro alla cucina di Livigno facendo diventare la gastronomia locale un elemento strategico dell’offerta turistica regionale. Il festival è stato poi, quest’anno, anche occasione per fare solidarietà: sono stati raccolti, infatti, fondi da destinare interamente all’associazione

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umanistica di Padre Paggi che opera in Bangladesh. All’interno del ricco programma del festival il piatto principe della tradizione italiana, la pizza, ha avuto un posto d’onore nella serata Gourmet Pizza, tenutasi il 26 novembre: il maestro pizzaiolo Tiziano Casillo e lo chef stellato Michelin Peri Mattias hanno preparato un menu fantasioso e invitante, dove la pizza è stata reinventata dall’antipasto al dessert in otto favolose portate: Happy Hour, Orto nel piatto, Povertà a Tavola, Sogno di Mare, La Flegrea, Piatto di Mezzo, Profumi d’autunno e Dolce preludio. Gourmet Pizza non s’è conclusa però con la cena che ha entusiasmato tutti i commensali; l’indomani mattina, nella giornata di sabato, Tiziano Casillo ed Ennio Parentini, esperto lievitista e responsabile Italmill, hanno tenuto un mini-corso aperto a tutti dal titolo “Il lievito naturale: cos’è e come utilizzarlo in pizzeria”.


Giubileo del Pizzaiolo

eventi

i pizzaioli orgoglio per Napoli

I

l “Giubileo del pizzaiolo”, organizzato dall’Associazione Margherita Regina nell’ambito delle iniziative natalizie programmate nella città di Napoli dalla Camera di Commercio, si è svolto nei giorni dal 7 al 10 dicembre in Piazza Dante, nel contesto della fiera “mercatello” organizzata dal borgo Dante-Decumani. L’iniziativa è stata finalizzata a sostenere ed incentivare l’attività del pizzaiolo, realtà che incide sulla sfera lavorativa creando nuove economie, ovunque si apra una pizzeria. Per l’occasione hanno partecipato almeno 250 pizzaioli provenienti dalla Campania, ma anche da altre regioni, in particolare dalla Puglia. In contemporanea si è svolta anche una fiera dell’antico, con la presenza di circa 50 espositori, espressione dell’antica tradizione napoletana nei settori di stampe d’arte, libri, antiquariato, artigianato d’autore, souvenir, quadri, sculture, strumenti musicali, gioielli e coralli. Piazza Dante, quindi, si è presentata come uno scenario “d’arte” suggestivo, espressione della tradizione dei mestieri napoletani, di cui il pizzaiolo è un esempio importante. La manifestazio-

ne è rientrata anche nel novero delle iniziative a corredo del Giubileo di Napoli, voluto dall’Arcivescovo di Napoli Cardinale Crescenzio Sepe. Il 7 dicembre il “Giubileo dei pizzaioli” è stato “benedetto” direttamente dal Cardinale Sepe che nella circostanza, oltre a rimarcare l’impegno della Curia Arcivescovile per il lavoro profuso durante l’anno Giubilare, ha lanciato un messaggio di augurio speciale per i pizzaioli. È stata molto gradita la presenza del Presidente del Tavolo Regionale di Partenariato, il consigliere regionale On. Luciano Schifone, del Presidente della Camera di Commercio, dott. Maurizio Maddaloni, del Presidente di Unimpresa Dott. Paolo Longobardi. Nel corso della cerimonia sono state consegnate alle Istituzioni pregiati omaggi raffiguranti il mondo della pizza, ed ai pizzaioli un attestato di partecipazione all’evento. Ha concluso l’evento l’Associazione Margherita Regina con l’esibizione della squadra acrobatica di pizzaioli più rappresentativa della regione. Claudio Ospite 5 5


eventi

L’Arena della pizza italiana

N

el contesto del Tirreno CT Carrara la Federazione Italiana Maestri Pizzaioli con Angelo Petrone (conosciuto come Lucullus) organizza L’Arena della Pizza Italiana con il supporto della rivista Pizza&core Un’iniziativa singolare, dove aziende, associazioni e liberi professionisti nel rispetto delle regole scendono in campo con il proprio bagaglio per arricchire, valorizzare e promuovere la pizza Italiana con prodotti, argomenti e le novità del comparto pizza. La vera novità riguarda le associazioni grandi e piccole che potranno richiedere giornalmente la postazione attrezzata con forno, banco, ecc. per proporre le novità, promuovere le iniziative e svolgere la propria gara, nonché esporre i loghi delle aziende partner nel contesto della fiera. Per i professionisti o chi vuole proporre qualcosa di particolare sarà disponibile una platea per incontri, dibattiti, corsi e presentazioni di programmi utili a sviluppare al meglio il proprio lavoro. Mentre le aziende potranno avere uno spazio per esporre brochure e materiale promozionale e cogliere l’opportunità per dare ulteriore visibilità alla propria azienda e creare nuovi contatti. Per informazioni e prenotazioni scrivere a angelo.petrone@libero.it cell. 327-145.93.56.

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eventi

I

Sapori di Puglia in gara

nnovare la pizza alla luce dell’equilibrio del gusto e alla luce di nuovi impasti (farro, kamut, farina integrale), ma soprattutto creare cultura del prodotto e concretizzare l’idea che una pizza può diventare “regionale” se nel prepararla si utilizzano esclusivamente ingredienti tipici locali. Questo è lo sforzo che l’Associazione Pizzaioli Pugliesi capeggiata da Luigi Stamerra sta facendo per portare avanti in Puglia una nuova sensibilità, legata alla qualificazione del prodotto pizza unitamente alla qualificazione della gastronomia regionale. Esempio di questo sforzo è il Campionato Pizza Tipica Regionale Pugliese, la cui primissima tappa s’è tenuta lunedì 16 gennaio a Barletta. Una cinquantina di pizzaioli provenienti da tutta la Puglia si sono cimentati in pizze classiche o alternative accomunate da una regola: sulla pizza solo prodotti regionali! La giuria è stata molto attenta ha posto numerose domande ai pizzaio-

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li, chiamati a spiegare nel dettaglio il tipo di impasto e di tecnica usata, nonché gli ingredienti scelti. È stato un tripudio di profumi e sapori: dal caciocavallo, alla cipolla di Acquaviva delle Fonti, passando per i cardoncelli e il formaggio Pallone di Gravina. I pizzaioli nelle farciture sono stati molto fantasiosi, ma la giuria, oltre alla ricchezza degli ingredienti, ha valutato l’armonia dei sapori, la cottura e la tecnica d’impasto. A primeggiare nella categoria Classica è stato Roberto Luongo, mentre nella categoria Alternativa è arrivato primo Domenico Piccinini. Per la Pizza Dessert il primo classificato è Michele Lamacchia. Primo posto per la categoria Larga a Damiano Sergi, premio speciale per la Critica ad Armando Messina Cacialli nipote del grande Ernesto Cacialli, premio Menù ad Umberto Ciavarella, premio Etica Professionale ad Andrea Carangelo, ed infine premio per la Tecnica a Mikea Semeraro.


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eventi

Pizza European Cup 2011 concluso con successo

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l 2011 è stato l’anno delle conferme, in uno scenario difficile e confusionario l’U.E.P.T.&R e la Follie Production sono riuscite ad organizzare ben 5 manifestazioni ad altissimo livello, Pizzaiolo dell’anno, Coppa Italia Pizza di Qualità, Coppa Mediterranea Pizza di Qualità, Pizza World Cup e Pizza European Cup. Proprio quest’ultima competizione si è svolta il 6 dicembre ad Andria (BT) presso la masseria Anema & Core dell’Istruttore Luigi Fucci; oltre 80 concorrenti si sono sfidati in un ambiente pre natalizio con la speranza di vincere il titolo come regalo sotto l’albero di Natale. Tante sorprese e tante conferme si sono viste in questa gara, campioni pluripremiati sono stati battuti dai propri allievi. Per l’ U.E.P.T.&R questa manifestazione è un vanto visto l’ottimo lavoro svolto dagli istruttori U.E.P.T&R - Pizza Style School che sfornano Pizzaioli Professionisti a livelli altissimi che, con umiltà, si mettono subito in discussione nel panorama delle competizioni del mondo pizza. Il 2011 è stato anche l’anno della nascita dei nuovi siti istituzionali quali www.uepter.it e www.corsopizza.it, ma in vista del 2012 arriveranno molte novità che stuzzicheranno la curiosità di molti. Durante la

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manifestazione si è svolta la riunione degli Istruttori U.E.P.T&R Pizza Style School, durante la quale sono state spiegate le direttive per il 2012 e sono state realizzate le riprese per lo spot pubblicitario che uscirà nel 2012. Un plauso speciale viene dedicato ad Antimo Caputo (Molino Caputo) che sostiene il progetto U.E.P.T&R da ben 7 anni, progetto che va avanti di anno in anno con una crescita costante e regolare grazie ad un grandissimo lavoro svolto dalle parti in causa. Concludiamo il 2011 salutando tutti i pizzaioli e dando appuntamento a febbraio 2012 per la Coppa Italia Pizza di Qualità a Velletri. Un saluto e ringraziamento speciale viene dato a sponsor e partner ufficiali quali: Pizza&core, Molino Caputo, Euro Iovine, Dolce & Salato. Di seguito i vincitori del Pizza European Cup per categoria; Calzone Doc: Trivento Antonio; Scenografica: Cacialli Enzo; Pizza Dessert: Miggiano Stefano Pio, Senza Glutine: Luongo Roberto, Pizza Classica: Di Matteo Salvatore, Margherita Doc: Caltabiano Gesualdo; Pizza In Pala: Rovezzo Aniello; Pizza In Teglia: D’aloia Francesco; Pizza Fritta: De Angelis Luciano; Spaghetto D’oro: Mello Angelo. Mario Folliero


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Entra anche tu nella storia della Pizza

Ieri, Oggi e... Domani Il meglio della Pizza in Italia

È un cammino incredibile, quello della Pizza, che dai vicoli della Napoli più povera di fine settecento ha conquistato i palati di tutto il mondo, diventando uno dei piatti più serviti sulle tavole, una delle pietanze più famose e richieste. Ma come s’è evoluto questo cibo nei suoi aspetti culinari, sociali, economici, di costume? Quali sono le attuali tendenze gastronomiche della pizza, quali le tendenze dei locali pizzeria? E come sarà la pizza di domani? A queste domande risponde “Ieri, Oggi e... Domani, Il Meglio della pizza in Italia”, uno speciale volume interamente dedicato alla pizza artigianale e ai suoi migliori inmigliori in-

terpreti, tra i quali ci sei anche tu. Un libro che cattura l’attenzione grazie alle tante immagini, anche d’epoca e ad una ricerca storica e giornalistica precisa, ma spiegata con passione. Tanti colori, tante sfumature, tanti aspetti, tanti protagonisti di un mondo che va dal settecento ad oggi e si proietta nel futuro. Oltre alle pagine dedicate alla storia e all’evoluzione della pizza, questo volume speciale conterrà una ricca galleria di foto e una sezione speciale dedicata interamente ai pizzaioli, il cuore pulsante del mondo pizza, e al loro locale. Ogni pizzaiolo sarà intervistato dalla nostra redazione e la sua pizzeria recensita con una o più foto. Il volume, rilegato con cura, sarà un libro di grande pregio che potrete, se vorrete, regalare come omaggio agli amici e ai clienti più affezionati. Non perdete l’occasione di aprire le pagine di un libro di valore, curato nei dettagli e trovare il vostro nome fra gli interpreti della Storia più bella della cultura italiana.

Vuoi essere anche tu fra i protagonisti del libro e raccontare la tua attivita’? Chiama in redazione allo 080.9306460 per avere tutti i dettagli dell ’ opera. 6 2


À T I V O N IlIl network al servizio della ristorazione italiana network al servizio della ristorazione italiana

.com

news

Dall’esperienza decennale della rivista Pizza&core sul mondo della pizza nasce il nuovo portale Ristonew.com, che ha l’obbiettivo di promuovere sul web il mondo della ristorazione a 360° e si rivolge a pizzaioli, cuochi, gestori di ristoranti e pizzerie. News giornaliere, interviste, approfondimenti, informazioni legislative, ricette sono solo alcuni dei contenuti del portale che, attraverso “sezioni del sito sponsorizzate” e “banner” di vario formato, garantirà agli inserzionisti alta visibilità e numero di contatti con il crescente numero di operatori della ristorazione che scelgono il web come luogo di conoscenza. Periodicamente una selezione di news pubblicate saranno inviate come newsletter al nostro database di e-mail di pizzerie e ristoranti. All’interno del portale ci sarà una sezione dedicata alla rivista Pizza&core con il magazine sfogliabile online.

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DEM (news letter personalizzate) Direct E-mail Marketing (DEM) da inviare verso nostra mailing list composta da 35.000 indirizzi e-mail di locali horeca: ristoranti – pizzerie /pub – hotel – sale ricevimenti.

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Laprovocazione

rubrica a cura del Direttore Giuseppe Rotolo

Luoghi comuni

“Dove si mangia non c’è crisi”

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Questo pervicace convincimento negli ultimi tempi ha ale convinzione (molto discutibile) è rafatto proliferare un esagerato numero di aperture di nuovi dicata nel cervello di molti almeno stanlocali. do a quanto ci riferiscono alcuni nostri Neo diplomati di buona volontà, ex cassaintegrati melettori che lamentano di essere scherno talmeccanici, muratori, casalinghe tuttofare con la nedi amici e clienti, i quali, nel commentare crisi e concessità di arrotondare e baby pensionati che non ce la giuntura non trovano di meglio da dirgli: “Ma di cosa fanno ad arrivare a fine mese; a questi aggiungiamoci ti preoccupi tu con la tua attività, tanto, dove si mangia anche gli extracomunitari, sempre più numerosi, che venon c’è crisi”. dono nell’apertura di una propria pizzeria la definitiva Possiamo ben comprendere l’incazzatura di questi amici conquista del benessere economico. Un esercito vario e ristoratori quando viene loro rinfacciata questa autentica variegato che si mette a far da mangiare e a bestemmia. sfornare pizze, a fare caffè e servire apeQuesto luogo comune - frutto probabil- Le ultime parole famose ritivi. Il più delle volte senza un’adeguata mente di antichi bisogni e di quando il “In Italia preparazione professionale. Il risultato è cibo per l’uomo era la necessità primai ristoranti stato che la qualità media dell’offerta delria - ha causato molti danni e stravolto sono sempre la ristorazione italiana è calata, e di conil mercato. Oggi, almeno nel mondo ocpieni” trocanto è aumento il rapporto della naticidentale, il mangiare è un atto che non mortalità delle aziende. Perché ,se molti desta più particolari apprensioni: di cibo locali ogni giorno aprono o passano di ce n’è a iosa, basti pensare alle tonnellate gestione, tanti altri ogni giorno chiudono e tonnellate che ogni giorno vanno a finimalinconicamente i battenti, perché senre nella spazzatura. za preparazione, anzi con l’improvvisaMa il retaggio resta forte e compatto zione, non si va da nessuna parte. Altro come un monolite: chi vende cibo fa che dove si mangia non c’è crisi. sempre affari. In Italia oggi fra bar, ristoranti, pizzerie Il problema più grosso è che dietro quee altri posti similari dove si può bere e sta convinzione sempre più inoccupati, disoccupati e cassaintegrati prossimi mangiare ci sono circa 300.000 locali. (purtroppo) a perdere il posto di lavoro hanno pensato, e Sono tanti, troppi per quella che è effettivamente la dopensano, che la soluzione più semplice alla loro necesmanda, il risultato è che nei locali entrano sempre meno sità di procurarsi un lavoro è uno stipendio sia quella di clienti e quando ci entrano, si contano i soldi in tasca e magari decidono di prendere una pizza in due. lanciarsi nel mondo della ristorazione: perché appunto, dove si mangia non c’è crisi.

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“Ristoratori= evasori”

Ossi e pardossi

A

bbiamo ricevuto negli ultimi tempi diverse telefonate di protesta circa la recente accusa che è stata rivolta al mondo della ristorazione accusato di evasione fiscale secondo media e tuttologhi secondo i quali nei ristoranti, bar e pizzerie si perpetra con insistenza uno degli sport preferiti dagli italiani: ovvero evadere il fisco. Non possiamo qui dire se la cosa è vera, o no, e quanto il fenomeno sia diffuso. Possiamo solo dire che pagare le tasse è sicuramente un atto di civiltà, pagarne il giusto invece è un atto di equità. Equità che negli ultimi tempi lo Stato Italiano non ha mai perseguitato con tanta tenacia. La verità incontrovertibile è che il fisco in Italia è sicuramente vessatorio e rapace perché pretende (e con Equitalia a suon d’ingiunzioni lo ottiene) più o meno il 50% degli utili che un cittadino porta a casa con il suo lavoro. Tuttavia, non possiamo certo nascondere che il fenomeno dell’evasione non esiste, però non si può di certo accettare che venga criminalizzato solo chi si occupa di ristorazione. L’evasione nel Bel Paese viene stimata in 120 miliardi di euro all’anno. Sempre secondo le stime in Italia gli evasori sarebbero 10 milioni. Ovvero tolti i bambini ,i ragazzi e anche i cari vecchietti gli italiani sarebbero, chi più chi meno, quasi tutti evasori. Evade chi non fa lo scontrino e la ricevuta fiscale, evadono i dipendenti statali che hanno il doppio lavoro (in nero), i professori che fanno doposcuola (in nero) gli infermieri che dopo il turno in ospedale vanno casa per casa a fare punture e prelievi: servizio benemerito si, ma scrupolosamente in nero. Poi dei professionisti come

dottori, dentisti, avvocati e similari per carità di Patria è meglio non parlare. Nell’araldica lista ci entrano poi di diritto e a pieno titolo gli evasori totali. E allora perché additare ristoratori e pizzaioli? Forse perché così il blitz è più spettacolare e assicura le prime pagine dei giornali, così com’ è successo durante le feste di fine anno a Cortina D’Ampezzo. Quando finanzieri e ispettori dell’agenzia delle entrate entrano in un locale per un controllo pare quasi che stanno penetrando nel covo di qualche mafioso - a proposito nei 120 miliardi di evasione all’anno ci sono pure le attività della criminalità organizzata, un industria, questa si, che non teme crisi e che lavora (lavora!?) unicamente in nero. Dicevamo, gli agenti irrompono quanto meno in coppia, ma a volte anche in quattro o cinque, e mettendo sottosopra il locale alla ricerca di chissà che. Rovistano ovunque, dal frigorifero alla cesta dei tovaglioli sporchi da mandare in lavanderia. Pronti a far di conto per inchiodare senza scampo il presunto evasore. L’accanimento, a volte, è fin troppo repressivo e non giustificabile per il grado di pericolosità sociale del soggetto perseguito. Il pizzaiolo, infatti, può attentare alla incolumità dei suoi clienti se sforna loro una pizza indigeribile! Piacerebbe sapere se questi signori funzionari adoperano lo stesso accanimento, lo stesso puntiglio, la stessa protervia quando vanno (sperando che ci vadano) a controllare le multinazionali i cui bilanci si perdono in scatole cinesi off-shore, oppure i potentati economici oppue - è ciò sarebbe auspicabile – chi fa soldi con il malaffare. Anche questo è un fatto di equità. Ma in Italia purtroppo l’equità non c’è, però in compenso abbiamo Equitalia. 6 5


Anno X - n°55/2012

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