Pizza&core n72

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nel forno. Incrostazioni che fatte analizzare da Report, sono risultate assolutamente non commestibili. Fortunatamente il presidente di Verace Pizza Napoletana, Antonio Pace, intervistato ammetteva che “si quelle macchie nere non vanno bene”, ma poi non riusciva a spiegare perché in alcune pizzerie la prassi era spacciata per un principio di qualità. Altra brutta figura l’hanno fatta quei pizzaioli che non sapevano come e perché usavano la farina 00, altri non sapevano neanche dell’esistenza di altri tipi di farine. Insomma, Iovene da giornalista scafato e tignoso ha condotto l’inchiesta con cinismo ed ironia, prendendosi a nostro avviso, un po’ troppo gioco dei pizzaioli che, ammesse e non concesse le loro responsabilità, non meritavano di essere così irrisi. Altra scenetta da film di Totò e Peppino si è vista quando il giornalista, saputo che a Napoli esisteva un (fantomatico) museo della pizza, vi si è recato con alcuni responsabili di un’associazione napoletana. Ma, colpo di scena, sono rimasti fuori dal portone, perché in quel momento nessuno sapeva dov’erano le chiavi. Non c’erano le chiavi, o non c’era il museo? Il fatto meriterebbe un’altra inchiesta. Ma lasciamo stare e spostiamoci su Venezia. Qui le cose, secondo Report, vanno ancora peggio. Si è scoperto che molte pizzerie spacciano per pizza artigianale delle basi pizza industriale e i turisti ignavi e di “bocca buona” le mangiano come autentiche delizie. In molti casi la questione sfiora la truffa, perché non tutti riportano sul menù o espongono adeguati cartelli informativi. Non parliamo poi degli ingredienti che finiscono sulla pizza e che giungono da ogni parte del mondo tranne che dall’Italia, terra, lo sappiamo, di eccellenze agricole. Anche in questo caso, e con queste circostanze, con tutte le evidenti mancanze di talune pizzerie e il poco professionale comportamento di alcuni gestori, la pizza è passata per la “cattiva” di turno. Il servizio era incalzante e passava da un problema all’altro e alla fine della giostra si è avuta l’impressione che si facesse di tutta un’erba un fascio. Siamo certi, purtroppo, che l’ignavo telespettatore, cattu-

rato dal racconto molto ben congegnato, si sia fatto una pessima impressione di pizza e pizzaioli. Insomma, cari amici pizzaioli, Report, con il tignoso Iovene coadiuvato dalla maestrina Gabbanelli, (che tutto e solo lei sa) ha senz’altro contributo a farvi perdere un bel po’ di clienti, oltre a far passare per ignoranti e sporcaccioni una categoria intera. Ma la pizza italiana è davvero quella che si è vista a Report? Perché massacrare un prodotto e un comparto che è uno dei pilastri della nostra economia? Si vede che la saccente dottoressa Gabbanelli non aveva meglio da fare, o poteri forti da disturbare e a preferito vituperare la povera, indifesa pizza. Fare rumore, destare scalpore: questi sono gli obiettivi di certe trasmissioni e di certi giornalisti. Certo fanno il loro mestiere: ma perché, ci chiediamo, non far un bel servizio sulle tante eccellenze che ci sono nel nostro paese e le tantissime pizzerie e pizzaioli che operano con professionalità e coscienza? Che fare dopo questa botta in testa? Competenza, professionalità, qualità, innovazione fatta con intelligenza e buon gusto, valorizzazione dei prodotti italiani, è questa la strada da seguire, e sono questi, del resto, i comandamenti che Pizza&core racconta e promuove da oltre 10 anni. Chi ama la pizza, chi lavora con passione e competenza ha poi un compito fondamentale: quello di comunicare qualità e valore ai propri clienti. Va gridato forte: la pizza italiana non è solo quella di Report. Conosciamo bene il settore e da sempre raccontiamo le storie più belle e qualificanti. Sappiamo che il mondo pizza è fatto per lo più da storie di valore e qualità, altrimenti la pizza non sarebbe diventato il fenomeno che è: peccato che quelli di Report non lo sanno, o fanno finta non saperlo. 6 3


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