Nicetino Montinaro. La vita e la fede di... un uomo semplice

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NICETINO MONTINARO La vita e la fede di… un uomo semplice

GIOVANNI CISTERNINO


Nello stilare questo lavoro hanno inoltre collaborato: Vincenzo CANDIDO, Arianna CORPUS, Antonio CURLANTE, Maria Rosaria CURLANTE, Antonio DE GIORGI, Nicetino MARCHESE, Maria Assunta PETRACHI, Angelo SANTORO, Donato SANTORO, Salvatore SINDACO e un amico sincero (così si vuole firmare l’anonimo articolista).

Un ringraziamento particolare va all’amico Salvatore Sindaco per aver collaborato fattivamente per la buona riuscita di questo lavoro.

Matrice di Melendugno: Statua del “Cuore di Gesù”. La grafica di copertina è opera di Simone de Rinaldis

Il Salentino Editore S.r.l.® Via Larghi Case Sparse, 3 73026 Melendugno Tel. 0832 831481 Fax 0832 833918 www.ilsalentinoeditore.com info@ilsalentinoeditore.com ISBN 978-88-96446-02-7 Collana: Fede e Vita Impaginazione di Douglas Rapanà – Edita Lecce


Invito alla meditazione

“Io sono la risurrezione e la vita (dice il Signore); chi crede in Me, anche se morto, vivrà; e chi vive e crede in Me, non morrà in eterno. Credi tu questo?” [Vangelo S. Giovanni, vv. 11, 25-26]

Firma della veggente Ivanka Ivankovic



INDICE

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Poesia “Per Te Nicetino” di Arianna Corpus

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11

Premessa di Gabriella Quarta

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13

Introduzione

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17

Introduzione del parroco di d. Leonardo Giannone

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19

Nicetino MONTINARO. La vita e la fede di… un uomo semplice

p.

19

1. NICETINO NEL PERIODO CHE VA DALLA FANCIULLEZZA FINO ALLA GIOVINEZZA

p.

23

2. LA VITA LAICA, LAVORATIVA E… LA “VIA CRUCIS” DI NICETINO

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39

3. IL PELLEGRINAGGIO AL SANTUARIO DELLA MADONNA DI MEDJUGORJE

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50

4. FONDAZIONE E SVILUPPO DEL “CENACOLO DI PREGHIERA” A MELENDUGNO

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57

5. RIFLESSIONI O PICCOLO “TRATTATO SPIRITUALE” DI NICETINO INTORNO ALLA FEDE CATTOLICA OVVERO NICETINO CI INSEGNA COME PREGARE

p.

62

6. CONTRAPPUNTI DI VITA E DI FEDE OVVERO MOVIMENTO ANTI OZIO SULLA FEDE

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75

p

79

7. CONDIZIONI SULLA PREGHIERA 8. L‘ULTIMO “CANTO D’AMORE” ALLA VITA, OVVEROSSIA NICETINO INVIA A NATUZZA EVOLO A PARAVATI

UNA LETTERA CHE

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83

9. L’ULTIMO SALUTO ALL’AMICO NICETINO DI NICETINO MARCHESE

p.

84

10. UN PROGETTO DIVINO DI SALVATORE SINDACO

p.

95

11. NICETINO: “IL CANTORE DI DIO” DI VINCENZO CANDIDO

p.

96

12. NICETINO: ESEMPIO D’AMORE DI UN AMICO SINCERO


p. 97 p. 100

13. LA VITA È UN GRANDE MISTERO DI ANTONIO CURLANTE 14. NON TI CONOSCEVO… DI MARIA ROSARIA CURLANTE

p. 100

15. A NICETINO DI ANTONIO DE GIORGI

p. 101

16. PICCOLA RACCOLTA POETICA, SCRITTA DA MELENDUGNESI, IN ONORE DI NICETINO DI ARIANNA CORPUS, ANTONIO DE GIORGI, VINCENZO CANDIDO, NICETINO MARCHESE

p. 104

17. LETTERA AD UN AMICO DI MARIA ASSUNTA PETRACHI

p. 105

18. AVEVO UN FORTE DESIDERIO DI CONOSCERLO DI PIÙ DONATO SANTORO

DI

p. 106

19. TUTTO INIZIA USCENDO DA SCUOLA

p. 108

20. CONCLUSIONI

p. 113

BIBLIOGRAFIA

p. 115

GLOSSARIO

p. 127

BIOGRAFIA


Ci piace inserire questa poesia in premessa poiché spiega, in un certo senso, il titolo di copertina

Per Te Nicetino Noi tutti vogliamo pensare che Nicetino è sempre presente in mezzo a noi! Vogliamo pensare a Nicetino che ha scelto di vivere, pienamente, ogni respiro. Che ha allontanato la paura e ha abbracciato l’Amore per la meraviglia, per le cose semplici, per Gesù e la sua dolce Mamma. Vogliamo pensare a Nicetino raccolto in preghiera e in un umile silenzio!

Arianna Corpus



Premessa Ho voluto intensamente questo libello non solo per onorare la memoria di mio marito Nicetino ma, soprattutto, per mettere in evidenza la pazienza e la fede che ha avuto, nonostante la sofferenza che ha dovuto sopportare per ben 24 anni. In realtà egli ha accettato non solo la sua sofferenza ma, a questa, ha unito anche le sue preghiere per amore del prossimo e tutto ha offerto a Dio-Padre. Spero che questo umilissimo libretto raggiungendo, soprattutto, le case degli ammalati dia loro un sollievo, sia di conforto per le loro vicissitudini e, ancora, spero che possa servire come “…l’umile testimonianza di un servo…” per tutti coloro che sono lontani dal Signore affinché dia loro uno sprone, un incoraggiamento a trovare la retta via. Melendugno, lì febbraio 2011 Gabriella Quarta



Introduzione Ho sempre avuto un amore profondo per la persona di Niceta Montinaro, da me familiarmente conosciuto come Nicetino. Egli ha caratterizzato gli ultimi 15 anni della mia vita spirituale (fino al 2004 epoca della sua dipartita), in quanto profondo studioso, conoscitore, testimone con la propria vita di tutta la Sacra Scrittura e riverente a papa Giovanni Paolo II continuatore degli insegnamenti di Gesù Cristo. Con infinita semplicità spesso mi ammaestrava nelle cose del Signore e diceva: “…ormai la Bibbia è stata tutta svelata, perché così ha voluto il Signore. l’Apocalisse, per esempio, è tutta interpretabile…”. Ricordo che egli – durante le numerose fredde e lunghe serate invernali davanti al suo caminetto – spiegava a me e all’amico Angelo Santoro (il quale, peraltro, è un suo amico d’infanzia, col quale andavo spesso a trovarlo) alcuni passi del Vangelo o altri passi del Vecchio e del Nuovo Testamento; con lui avevamo anche degli amichevoli scontri dialettici per cercare di capire in profondità quello che il Signore ci voleva dire ma …l’ultima parola quasi sempre toccava a lui. Per la grande spiritualità che Nicetino ci trasmetteva, per il modo originale ed esaustivo di chiarirci le diverse problematiche inerenti la vita di ogni giorno e l’interpretazione della Sacra Bibbia lo chiamavamo scherzosamente e bonariamente Gran Maestro. Ma l’identificazione scherzosa col passare del tempo è divenuta consuetudine, così ogni qual volta ci mettevamo d’accordo di andare a trovare l’amico Nicetino dicevamo: “…Andiamo a trovare il Gran Maestro?”. La sua vita – anche se da laico – l’ha voluta consacrare al Signore. Ricordo che egli mi sottolineava che doveva fare testimonianza, perché: “…se no il Signore mi dirà che sono io il colpevole per non averti messo in guardia o non averti annunciato la Buona Novella”, così come aveva detto, più di 2000 anni fa San Giovanni Battista.


Non credo di sbagliare se affermo in modo estemporaneo che Nicetino rappresenta, veramente, la metafora di Cristo qui a Melendugno. Una persona che ha voluto, veramente, imitare Cristo per quanto, nei suoi limiti, gli è stato possibile. Affascinato dal suo carisma e dall’amicizia che mi donava, in occasione della nascita della mia ultima figlia Miriam non ho avuto alcuna esitazione, insieme a mia moglie Marinella, a scegliere per il suo Battesimo, come padrino e madrina Nicetino e la consorte Gabriella. Dopo la sua morte mi sono sentito un pò orfano, perché avevo perso non solo un amico ma …il compare, il confidente, una persona, insomma, per me molto cara. È stato il faro che ha illuminato la mia costanza o la mia incostanza (delle umane cose) lungo il percorso di una parte della mia vita; egli mi ha dato tanta sicurezza nella fede. La moglie Gabriella, qualche tempo dopo la morte del compianto Nicetino, mi ha dapprima invitato, poi spronato a più riprese, a scrivere un libello sulla figura di suo marito. Devo confessare, però, che preso da mille impegni ho avuto per diverso tempo una sorta di torpore a intraprendere …questo lavoro. In occasione delle feste natalizie dell’anno 2007, una sera, insieme a mia moglie Marinella e la piccola Miriam, sono andato a farle gli auguri di Buon Natale e Buon Anno (per quello che per Gabriella potevano rappresentare). Quella sera Gabriella ha colto l’occasione per rinnovare con decisione il suo desiderio di scrivere questo libello sulla figura del compare Nicetino. È stata l’occasione che, finalmente, ha scosso il mio torpore; così con lena io e la commare Gabriella ci siamo messi a compiere il lavoro, sperando in un buon risultato, con l’aiuto del Signore. Ora che, finalmente, il lavoro è dato alle stampe, tengo a precisare che non ha assolutamente nessuno scopo di lucro e sarà distribuito alle persone, con la speranza che l’eventuale ricavato possa servire – com’è volontà mia e di Gabriella – per mezzo del parroco, ad aiutare, per quanto è possibile, le persone che sono in difficoltà economica. Attraverso questo libello Nicetino (come più volte teneva a sottolinearmi) si rivolge, soprattutto, a quelli che non hanno più fiducia in loro stessi, quando affermano: “Ho fatto tanti misfatti che Dio non può più 


perdonarmi…”. Nicetino a questi dice: “Sbagliato… non siete voi che dite quelle cose ma è il diavolo che è in voi che cerca in tutti i modi di appiattire la vostra personalità e spiritualità. Gesù perdona sempre quando ci rivolgiamo col cuore umile e pentito”. L’uomo che vuole salvare la propria anima ricerca sempre nuovi stimoli per ritrovare la propria identità spirituale e anche quella dell’essere Uomo [vedasi a questo proposito, soprattutto, la seconda parte del paragrafo 6]. All’interno di questo lavoro intercalerò di tanto in tanto (con discrezione) alcuni passaggi della vita di Gloria Polo, tratti dalla sua pubblicazione, che ho avuto la fortuna di avere [ma vi è anche un CD] dal titolo Testimonianza di Gloria Polo, fatta il 05/05/2005 nella chiesa di Caracas. Ella è una persona che ho avuto modo di conoscere, appunto, attraverso i suoi scritti e che allo stesso modo del nostro Nicetino – ha avuto l’esperienza di premorienza e del tunnel (del quale molte persone ne danno testimonianza). Sebbene abbiano vissuto a latitudini diverse del mondo – entrambi cercano di condurci verso il Signore. Tutto quello che la signora Polo testimonia lo fa solo attraverso quello che il Signore gli ha fatto vedere nel Libro della Vita. Ella afferma: “..che quando ci presenteremo davanti a Dio per essere giudicati…Tutti vedremo quello che abbiamo fatto e quello che non abbiamo fatto e le relative conseguenze per noi e per gli altri! Vedremo le conseguenze nel Libro della Vita (A: vedi glossario)”. Concludo sottolineando come Nicetino, nella sua totale e spasmodica ricerca di Dio, ci insegna, anche oggi, non solo a pregare, ma come amare Dio, come cercarlo, come applicare il Vangelo nella vita di ogni giorno e… a quelli che, per vari motivi, sono lontani da Dio, dà gli stimoli e l’incoraggiamento per ripartire “spalancando, senza esitazione, le porte a Cristo, l’Unico …che non tradisce mai, nessuno…”, come ha tenuto a sottolineare S. S. Benedetto XVI durante la “Giornata Mondiale dei Giovani” tenuta a Sidney (Australia) nel luglio del 2008. Laus Deo Melendugno, lì Gennaio 2011 Giovanni Cisternino 



Introduzione del parroco Sono onorato di introdurre la seguente raccolta di testimonianze su Nicetino Montinaro. Ringrazio la moglie di Nicetino e i curatori del libretto per la pazienza che hanno avuto con me, prova concreta della loro stima e amicizia. Ho conosciuto Nicetino nel 1996, quando venni a Melendugno come vicario parrocchiale. Fui subito informato della presenza di un gruppo di preghiera che si radunava settimanalmente nelle case dei vari componenti. Una sera presi parte a uno di quegli incontri e considerai che l’attenzione e la preghiera di tutti erano rivolte verso un’immagine di Gesù posta sul tavolo al centro del cerchio. Al termine della preghiera mi venne spontaneo proporre ai presenti di svolgere gli incontri successivi non più a casa davanti ad una semplice immagine ma in Chiesa, alla presenza del S. S. dell’Eucarestia. La proposta fu accolta da tutti con grande entusiasmo e da allora quello che prese il nome di Cenacolo di Preghiera si sarebbe svolto nella Cappella del S. S. Sacramento e del Crocifisso della Chiesa parrocchiale di Melendugno. Ricordo con piacere la mia presenza e il breve commento alla Parola di Dio erano attesi con trepidazione da parte di tutti. Nicetino guidava l’incontro settimanale con fervore, testimone di una speciale amicizia con Cristo, provata col fuoco della sofferenza. Si pregava soprattutto per i malati della comunità parrocchiale, esprimendo nella preghiera di intercessione lo slancio della propria carità verso di essi. Per Nicetino era il momento per condividere con i fratelli il legame che lo congiungeva a Cristo e renderli partecipi dei doni che il Signore gli elargiva durante la settimana.


Quando nel novembre del 2004 son tornato a Melendugno come parroco, ho ritrovato con grande stupore il vecchio Cenacolo ma non più Nicetino, venuto a mancare all’affetto dei suoi cari e degli amici cinque mesi prima. È comprensibile che il gruppo lo rimpianga ma nella comunione che si è consolidata nella fede e nella preghiera è ancora vivo il ricordo e si rinnova ogni anno nell’anniversario della sua morte. Il 21 giugno del 2004 Nicetino ha chiuso gli occhi alla luce di questo mondo ma, secondo la nostra fede, è venuto alla luce della gloria di Dio. Quel santo volto che egli mirava nelle rappresentazioni degli artisti terreni e contemplava nelle specie del Pane consacrato durante la Messa, ora rifulge in tutto il suo spirito, premio accordato dalla Pietà celeste alla sua fedeltà e pegno sicuro della risurrezione finale cui aneliamo anche noi, pellegrini sulla terra. Melendugno, 16 febbraio 2011

d. Leonardo Giannone

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Nicetino MONTINARO La vita e la fede di… un uomo semplice 1. NICETINO NEL PERIODO CHE VA DALLA FANCIULLEZZA FINO ALLA GIOVINEZZA

Montinaro Niceta (detto Nicetino) nasce a Melendugno (provincia di Lecce) il 18 marzo 1948 (muore a Melendugno il 21 giugno 2004), da Antonio e Maria Carrozzo. È figlio unico e fin dalla più tenera età è molto seguito dai suoi genitori – cattolici praticanti –, i quali gli impartiscono le prime nozioni della vita cristiana e i principi dell’essere cristiani, dai quali principi non si staccherà più sino alla morte avvenuta prematuramente. Un amico comune, Angelo Santoro (da noi intervistato) lo ricorda ancora oggi con molto affetto e stima. Da ragazzi abitavano in case vicine: Nicetino abitava nella casa che fa angolo di piazza Monsignor Durante (quella che attualmente è adibita a merceria Petrachi), Angelo abitava nella casa di via Dante all’attuale civico 3. Rammentando il periodo dell’infanzia in cui frequentavano insieme la scuola elementare a Melendugno, Angelo Santoro dice: “Ricordo che quando andavamo a scuola, e parlo della seconda metà degli anni Cinquanta, inizio anni Sessanta, del XX secolo, epoca in cui l’Italia era uscita da appena 10-15 anni dal secondo conflitto mondiale, la maggior parte delle famiglie melendugnesi versavano in non buone condizioni economiche, ma nonostante questa precaria situazione… ogni giorno Nicetino, era uno dei pochi ragazzi che si presentava a scuola col grembiule nero sempre pulito e stirato, con il fiocco azzurro perfettamente annodato sotto il colletto bianco; per questo sembrava un figlio di papà noi, invece, an-


Anno Scolastico 1957-58, 5a Elementare, Nicetino vicino al prof. Vito Colaci

davamo per lo più senza grembiule e con i pantaloncini rripizzati (rammendati) o macchiati d’olio. Mentre quasi tutta la scolaresca, durante la ricreazione, mangiava fichi secchi o cornule (carrubbe) che generalmente noi tenevamo nella cartella, Nicetino, invece, cacciava il suo bel panino profumato con la mortadella, la frittata o altro. Egli era uno dei ragazzi più bravi della classe, ma già d’allora si capiva che aveva un fisico delicato anche se non presentava alcuna malattia… Noi ragazzi all’uscita della scuola spesso giocavamo con le figurine di giocatori (gira e bbota, a ppà, a scoppulu, an facce lu parite), a biglie (o palline), a risciu (N.d.A.: era un cerchio disegnato a terra dove i “birboncelli” lanciavano il loro soldino fortunato) giocandoci quei pochi soldini che avevamo, oppure, facevamo ’a mazzate (botte) mentre Nicetino se ne tornava subito a casa. Quando facevamo a botte tra noi ragazzi le borse scolastiche che erano fatte, generalmente, di cartone o di plastica le distruggevamo in pochissimi mesi perché c’è le tiravamo in testa o dove colpivano casualmente; mia 


madre Libera Maria per evitare di comprare continuamente cartelle decise di farmene fare una di legno da un falegname: mesciu Giuanninu Francubbollu – che era tra l’altro zio di Nicetino – ma questa poteva diventare molto pericolosa durante le zuffe tra noi ragazzi all’uscita della scuola… Per fortuna non è mai successo niente anche se la mia cartella di legno era un deterrente per molti ragazzi, i quali desistevano dall’aggredirmi e anche perché ero considerato, insieme a Carlo Friseddhra, compagno di classe, il… giamburrasca di turno abbastanza pericoloso… e attaccabrighe; ero, insieme a Carlo Durante detto Friseddhra, la disperazione del maestro Vito Colaci, il quale, invece, teneva in grande considerazione Nicetino sia per la sua educazione e compostezza, sia per il suo profitto a scuola e ce lo additava come esempio da seguire e imitare. Col passare degli anni e della maturità, poi, sono cambiato completamente…”. Quella lontana Melendugno della fine degli anni ’50, inizio anni ’60, poteva contare al massimo 5.000 abitanti, divisa in rioni e i ragazzi che correvano nelle sue polverose strade (senza asfalto) erano divisi in gruppi

1967, Nicetino con la Chenga degli amici

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di amici, detti gruppi erano composti non solo dai compagni di scuola ma anche da ragazzi del vicinato; ogni gruppo era denominato in vernacolo: Chenga. L’amico Angelo Santoro, continuando nel suo commento dice: “Ricordo che vi erano i gruppi o meglio le chenghe te li Santi Medici, te la Santa Croce, te le Serre, te le Chisureddhre, te la Pezza ecc. Io e Nicetino – essendo vicini di casa – facevamo parte te la chenga te le Serre ma io ero il capo Chenga indiscusso. Altri componenti erano Egidio Montinaro (figliu te mesci’Augustu, noleggiatore), Antonio Petrachi (figliu te mesciu Ninu, il calzolaio) ecc. Spesso facevamo dei dispetti alle persone grandi – le quali con decisione ci apostrofavano ‘rghià… perditibu sciuscietti!’ che significava: andate via (o alla larga) ragazzini!, ma capitava spesso di giocare o bisticciare non solo con le altre Chenghe del paese ma anche all’interno del nostro stesso gruppo… Generalmente i componenti, all’interno di ogni gruppo, avevano molto rispetto per il Capo ma, a me, una volta accadde che mentre ci radunavamo nel nostro Covo abituale sito proprio sulle Serre dove vi era la presenza di un bel Furnieddhru (ossia un trullo), di molte e grosse rocce affioranti e… del mio trono “da re”, proprio questo lo trovai completamente insozzato da qualche ragazzo. Molti anni dopo fu proprio Nicetino a ricordarmi che quel trono lo aveva insozzato lui… quasi a volermi rammentare che sin da allora provava intolleranza per i “Capi” e le persone autoritarie in genere e questa sua avversione verso gli autoritarismi l’ha sempre avuta, prediligendo il dialogo tra le persone e l’amore fraterno. Rammento che era solito dire, anzi era proprio il suo motto di quel determinato periodo: vivi e lascia vivere”. Dopo la scuola elementare, Nicetino frequenta la scuola Media statale a Vernole dove consegue nell’anno scolastico 1961/62 la licenza media. Successivamente, frequenta l’istituto tecnico industriale statale “E. Fermi” di Lecce, conseguendo il Diploma di Perito Industriale, Capo Tecnico ramo Elettrotecnica, nell’anno scolastico 1966/67. Passato il periodo della giovinezza, viene assunto presso la Regione Puglia – Assessorato alla Formazione Professionale nucleo provinciale di Lecce – in qualità di insegnante dove resta fino alla pensione.

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Nicetino con la moglie Gabriella

Pellegrinaggio sul monte del Podbrdo


Il gruppo insieme alla veggente Yelena Vasili (al centro della foto in piedi) vicino alla sua Casa.


Matrice di Melendugno – Statua del Cuore di Gesu


BIBLIOGRAFIA

1) Polo G., Testimonianza, fatta nella chiesa di Caracas (Venezuela) il 05/05/2005, traduzione dallo spagnolo in italiano di padre Leone Orlando, pp. 2-4, 6, 8-11, 16-20, 22-25, 2728, 38, 40-41, 44-45, 58-60, 62-64, 66. 2) San Paolo, Lettere ai Corinzi, 1,13-14; 1,109; 12,4-11; 1Cz, 18-25. 3) San Paolo, Lettere ai Filippesi, vv. 4-4,9. 4) Vangelo secondo Matteo, apostolo, vv. 6, 8; 7,7-11; 18,19-20; 21,21-22; 24,11-12. 5) Vangelo secondo Marco, apostolo, vv. 11; 11,20-25; 13,19-20; 16,17; 22-25. 6) San Pietro, apostolo, seconda Lettera, 2,12-22. 7) Fagiuoli G., Le Apparizioni della Madonna di Medjugorie, Peruzzo, supplemento ai volumi 17-18 “I grandi Narratori”, Milano, 1985, pp. 10, 18, 20, 22, 61-62, 65. 8) Tornese N., Noi Crediamo – piccolo catechismo – Risposta ai testimoni di geova, pentecostali e altre sette, scuola tipo-litografica Istituto Anselmi, Napoli, 1982, volumi 15. 9) San Paolino da Nola, Epistola 10 a Severo. 10) AA. VV., Biblioteca Sanctorum, IX, Roma, 1967, p. 894 e segg. 11) Tautu L., La Badia di S. Niceta presso Melendugno (Lecce), sta nel volume La Chiesa greca in Italia dall’VIII al XVI sec., Atti del convegno storico interecclesiale (Bari, 30/04 – 04/05/1969), Antenore, Padova, 1973, vol. III, pp. 1187-1197. 12) S. Niceta da Remesiana, Catechesi preparatoria al Battesimo, traduzione, introduzione e note a cura di C. Riggi, Roma, 1985 (Testi patristici 53). 13) Cisternino G. - Cisternino M., Terra di Acaya e Roca ovvero L’Abbazia greco-latina di San Niceta in Melendugno e le sue grancie, Zane, Melendugno, 2007, pp. 35-39. 14) Valtorta M., La persona e gli scritti – Il Poema dell’Uomo-Dio, Pisani, anno 1975, volumi 10; vol. VIII, p. 360, vol. IX, p. 21 compresa la nota 5. 15) Marinelli V., Natuzza di Paravati, Serva del Signore, Mapograf, Vol. I°, 1983, pp. 1, 44, 65-68, 235, 262. 16) Valente V., Natuzza, la radio dell’altro mondo a Paravati, F.lli Palombi, Roma, 1950. 17) Santangelo I.A., Preghiere, Comunità editrice, Adrano (CT), pp. 5-8, 10. 18) Santa Faustina Kowalska, Diario, p. 230. 19) San Giovanni evangelista, Libro dell’Apocalisse, 22, 12; 22, 13. 20) AA. VV., Potenza Divina d’Amore, divulgato da Tempio e centro d’irradiazione per la glorificazione dello Spirito Santo, p. 111. 21) Libro del profeta Isaia, vv. 29-14; 44, 6; 22) Atti degli Apostoli, vv. 10, 4. 23) Libro di Tobia, vv. 12,8-9. 24) 2a Lettera ai Tessalonicesi, vv. 2, 3-4.


25) Libro dell’Esodo, vv. 15,26. 26) Vangelo secondo San Luca, apostolo, vv. 6, 19; 11, 9-13; 18; 21, 20-24. 27) San Paolo, Lettera ai Colossesi, vv. 1,24. 28) Libro della Genesi, vv. 1,5-8; 5,13-18. 29) Vangelo secondo Giovanni, apostolo, vv. 11,25-26; 14,11-14. 30) Libro 1 Cronache, 12,9. 31) Libro del Siracide, vv. 2,1. 32) Libro dei Proverbi vv. 3,1-12. 33) Hierzenberger G. - Nedomansky O., Tutte le apparizioni della MADONNA in 2000 anni di storia, Piemme, Casale Monferrato (AL), 2001, pp. 207-215, 260-272, 435-443. 34) Borrelli B., Fatima Messaggio di tragedia o di speranza, (Spunti), “Luci sull’Est”, Roma, 2003, pp. 32-35. 35) Salmi, 33,10. 36) Leite F., Francesco di Fatima: Una piccola grande storia, 2000, “Luci sull’Est”, Roma. 37) Leite F., Giacinta di Fatima: La pastorella della Madonna, 2000, “Luci sull’Est”, Roma. 38) De Angelis V., I miracoli della Madonna: da Lourdes, Fatima, Medjugorie, tutte le apparizioni mariane fino ai nostri giorni, Antares, Palermo-Andria, 2001.

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GLOSSARIO

A) Libro della Vita: Gloria Polo ci dice: “Tento di spiegare cosa si vede nel Libro della Vita. Io ero molto ipocrita, falsa, di quelle persone che davanti ti elogiano e dietro parlano male di te. Davanti tutto bello e dentro… non sente quello che sta dicendo. Io, per esempio, elogiavo qualcuno dicendo: ‘come sei bella, che bel vestito, ti sta molto bene, ma dentro mi dicevo: mi fa schifo, sei brutta e, per di più, pensi di essere una regina!’. Questa era la mia maniera di pensare. Nel Libro della Vita vediamo tutto questo, ma con una differenza, che vediamo anche i pensieri. Tutte le mie bugie era scoperte ‘al rosso vivo’ e tutti le potevano vedere… Ho visto con molto dolore quando una signora mi ha dato 4.500 pesos più del dovuto come resto, in un supermercato di Bogotà. Mi sono accorta di questo e mi dicevo: ‘Guarda quella brutta vecchia, mi ha dato 4.500 pesos in più e adesso mi tocca tornare indietro. Io non torno indietro. Nella domenica mi sono confessata, dicendo: ‘Padre, io mi accuso di avere rubato 4.500 pesos, non li ho restituiti, me li sono tenuti!’. Non ho nemmeno fatto attenzione a quello che il sacerdote mi ha detto, ma, sapete, il maligno non poteva accusarmi di essere una ladra! Il Signore, allora, mi ha detto: ‘La tua è stata una mancanza di carità per non aver restituito i soldi, e per te 4.500 pesos non erano niente, ma per quella donna erano l’alimentazione di tre giorni. La cosa più triste è che il Signore mi ha fatto vedere quella donna che soffriva e, per colpa mia, ha passato tre giorni senza mangiare, lei e i suoi bambini…”. Questo per farci capire che significa fare peccato ma, la signora Polo, ha fatto moltissimi altri esempi [Tratto da: Testimonianza di Gloria Polo, Chiesa di Caracas (Venezuela) del 05/05/2005, traduzione dallo spagnolo in italiano di padre Leone Orlando, pp. 58-59]. B) False religioni: Su questo argomento vi è anche la testimonianza della dottoressa, dentista, venezuelana (ma noi supponiamo che sia di origine italiana, date le sue generalità) Gloria Polo, la quale così attesta in una sua testimonianza: “Una signora mi aveva raccontato che (…) era andata a trovare un pastore, che qualcuno gli aveva raccomandato, e tutto era migliorato! Io, subito chiesi che mi dicesse dov’era per andarlo a trovare anch’io. Immaginate la mia infedeltà! E sono andata a trovarlo. Egli mi ha fatto una preghiera e mi ha imposto le mani e mi ha fatto ricevere la comunione, ma alla loro maniera. Io ricevevo la comunione nella mia religione, il Corpo e il Sangue del Signore, e ora vado da un’altra parte a ricevere la comunione, come se fosse la prima volta! Erano celebrazioni molto animate, saltavano, applaudivano… io dicevo: ‘Quei preti cattolici sono così lenti e antipatici e le loro Messe fanno dormire. Non si possono comparare con queste che ti fanno sentire così bene, felici! Questi non credono alle immagini, dicono che sono idolatria. Per questo non mi sono più inchinata davanti al Crocifisso. Quando frequentavo questa chiesa evangelica, di fronte a casa mia abitava una vecchietta povera, molto povera. Io l’aiutavo, dandogli dei soldi per pagare la luce, l’acqua e, ogni


tanto, gli compravo qualcosa da mangiare. Lei mi amava molto! Ma quando non abbiamo Dio nel cuore, anche le opere buone, finiscono per sporcarsi con i nostri peccati. Io frequentavo le chiese evangeliche perché le celebrazioni erano allegre. E poi, come dicevano, bloccavano gli spiriti maligni e cose del genere. Il fatto è che, quella vecchietta era cattolica, ma io ho usato la mia amicizia, e sono riuscita a convincerla… ho distrutto la sua fede e, per causa dei miei consigli e delle mie idee, è morta senza ricevere i Sacramenti. Non li ha voluti perché non erano importanti per lei. Vedete come influenziamo quelli che vivono vicino a noi. Se il male è dentro di noi, finiamo per trasmetterlo agli altri, come ho fatto con quella vecchietta! Ma più tardi, quando quel pastore mi ha chiesto la decima, mi sono infuriata, perché ero già in rovina e ora, per di più, gli dovevo dare il 10 per cento del mio stipendio. Mi è passata, completamente, l’emozione del protestantesimo…” [v.: Testimonianza di Gloria Polo, Chiesa di Caracas (Venezuela) del 05/05/2005, traduzione dallo spagnolo in italiano di padre Leone Orlando, pp. 40-41]. C) Catechismo: A proposito del catechismo, teniamo a sottolineare che colui il quale per primo (o uno dei primi) ha stilato e fatto adottare nel mondo cristiano-latino-romano il Catechismo è San Niceta da Remesiana, un santo molto conosciuto nel IV secolo d. C. nelle contrade di Melendugno. Con l’avvento del cristianesimo per ben due volte, nel 397 e nel 401, passa attraverso la strada Traiana-sallentina, Otranto-Roca-Melendugno-Lecce e diretto a Roma, per venerare le tombe degli apostoli e per incontrarsi col Papa. Il santo vescovo di Remesiana, Niceta (a quanto afferma San Paolino da Nola nella sua “Epistola 10 a Severo”), egli “con la predicazione del Vangelo rese miti e mansuete popolazioni feroci e barbare”. Niceta è uomo di grandissima dottrina, insigne oratore e di profonda virtù (Biblioteca Sanctorum, IX, Roma, 1967, pp. 894 e segg.), giunto presso il fatiscente tempietto dedicato al Dio Mercurio (Melendugno), lo trasforma da tempio pagano in tempio cristiano, finché nel 1167, come si sa, Tancredi d’Altavilla, conte di Lecce non edifica un grande monastero retto dai monaci basiliani. Quando San Paolino da Nola indicherà a Niceta la strada da percorrere per ritornare nella sua sede vescovile di Remesiana (ora Bela Palanka in Serbia) per quanto riguarda il Salento gli dirà: “Traversata tutta la Puglia, giungerà in Calabria (Messapia-salentina), e, superata Roca altrimenti detta …statio di Luppie – la quale alcuni eruditi ora ritengono di chiamare Torre San Cataldo, e altri dicono che non vi è alcun vestigio dell’antica cittadina – giungerà a Otranto che dai Greci è detta Hydro, e volgarmente ora, Otranto”. È lecito pensare che durante il tragitto di ritorno, del vescovo di Remesiana, da Roma a Otranto, egli passi anche dalla sede vescovile di Roca (Lupiae), dove lo attendono molti giovanetti entusiasti di accoglierlo con canti di gioia, e di ascoltare le parole della fede profferite da quel santo uomo. Il carme che San Paolino da Nola dedica all’amico Niceta è un canto di commiato ma in esso è contenuta l’esaltazione e la conferma che la grande opera di evangelizzazione che Niceta compie nel mondo slavo ma anche qui nel Salento, a Roca e a Melendugno, è tenuta in grande considerazione anche dal Papato romano, tanto che ancora ai nostri giorni noi leggiamo i testi e la catechesi dettata da Niceta [v.: Niceta da Remesiana, Catechesi preparatoria al Battesimo, traduzione, introduzione e note a cura di C. Riggi, Roma, 1985 (Testi patristici 53)]. San Niceta da Remesiana ha tanto amato il popolo della sede vescovile di Roca e Melendugno che, a quanto afferma il Tautu [v.: La Badia di S. Niceta presso Melendugno, pp. 1196-97], dopo la morte del vescovo

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Niceta, questo è traslato e sepolto nel monastero di Melendugno, da lui stesso rifondato, dal momento che qui ha, ancora, molti amici (come ci ha fatto sapere la precedente lettera di San Paolino da Nola) [v.: G. Cisternino - M. Cisternino, Terra di Acaya e Roca ovvero L’Abbazia greco-latina di San Niceta in Melendugno e le sue grancie, Zane, Melendugno, 2007, pp. 35-39]. D) Demonio o Satana: Gloria Polo nella sua Testimonianza ci descrive, possiamo dire, con diversi particolari, la figura di Satana. Ecco quello che dice: “Pensate un po’ quanto egli è astuto! Fa credere che non esiste e, così, può agire liberamente, senza ostacoli (…). Un giorno ho sentito un sacerdote che diceva che l’Inferno e i diavoli non esistono (…). Si, istruisce gli uomini, facendogli credere che non esiste per poter condurli più facilmente alla distruzione. Arriva a confondere, perfino, coloro che credono in Dio. Alle volte ci sono delle apparizioni ed egli fa credere che sono false. Confonde il popolo in molti modi, approfittando delle debolezze di ciascuno (…). Non avevo più paura del peccato e la mia relazione col Signore si deteriorava sempre di più. Ho cominciato a dire a tutti che il demonio non esiste, che era un’invenzione dei preti, idee inventate per manipolare la gente (…). Molte persone vanno a Messa e, allo stesso tempo, dai maghi. Il maligno gli fa credere che non c’è niente di male in questo e che tutti andremo lo stesso in Cielo, perché andando là non facciamo male a nessuno. Il demonio conduce tutto questo con strategia ben preparata. Dovete sapere che quando le persone vanno dai maghi, non importa per quale motivo, il demonio mette la sua marca su di loro. Quando andiamo in questi luoghi – cartomante, spiritismo, astrologia – il demonio mette la sua marca su di noi. Quando, per la prima volta, sono andata in uno di questi luoghi con una mia amica anch’io sono stata marcata dalla bestia. A partir da quel giorno, ho cominciato a sentirmi male, ero perturbata, avevo incubi notturni, paura, timori, angustia e, perfino, un profondo desiderio di suicidarmi! Piangevo, mi sentivo infelice e non sono più riuscita ad avere pace. Pregavo, ma sentivo il Signore lontano da me, mai più ho sentito quella prossimità con Dio, come quando ero bambina. Mi costava molto pregare, era sempre più difficile! Chiaro! Avevo aperto le porte alla bestia, il Maligno era entrato nella mia vita. Il Signore mi ha mostrato come nella mia vita si era realizzata una terribile degradazione della mia Anima, come un processo di morte spirituale. È stato qualcosa di tanto grave, che sono arrivata al punto di non credere più a niente. Mi ha mostrato che quando ero bambina camminavo mano nella mano con Dio; avevo una relazione profonda con Lui, ma il peccato, poco a poco, mi ha allontanato da Lui. E mi ha detto anche che tutti coloro che mangiano il Suo Corpo e bevono il Suo Sangue indegnamente, mangiano e bevono la loro condanna. E io avevo mangiato e bevuto la mia condanna! Vedevo nel Libro della Vita, come il demonio era disperato perché quando avevo 12 anni ancora credevo in Dio, ancora adoravo il Santissimo Sacramento con mia madre; il demonio era proprio disperato per questo. Quando ci confessiamo, dobbiamo chiedere allo Spirito Santo che ci illumini, che ci doni la Sua Santa Luce per schiarire le tenebre della nostra mente. Il maligno, infatti, ottenebra la nostra mente, così pensiamo di non avere peccati, che tutto va bene, che non abbiamo bisogno del sacerdote, che loro sono più peccatori di noi… Che la confessione è ‘fuori moda’…” [Tratto da: Testimonianza di Gloria Polo, chiesa di Caracas (Venezuela) del 05/05/2005, traduzione dallo spagnolo in italiano di padre Leone Orlando, pp. 6, 24-25, 27-28].

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E) Aborto: Mi piace spiegare il dramma dell’aborto attraverso gli scritti testimoniati dalla signora Gloria Polo: “Fratelli, che tristezza! Che grande dolore! Vedete come il demonio ci fa vedere le cose come se fossero niente, senza importanza! Come se l’aborto provocato fosse la cosa più naturale del mondo! Perfino che è da stupidi preoccuparsi. Che si deve godere del sesso senza rimorsi e sensi di colpa! Ma volete sapere perché il maligno fa così? Perché spinge le persone a fare così? Perché egli ha altre ragioni, ha bisogno di sacrifici umani, perché con l’aborto egli diventa più potente. Nessuno può immaginare lo spavento, il timore e il senso di colpa che avevo quando sono arrivata in quella clinica, ben lontana da casa mia, per fare l’aborto! Il medico mi ha fatto l’anestesia. Ma quando mi sono ripresa non ero più la stessa! Avevano ucciso quel bambino che c’era dentro di me e io sono morta con lui (piange). Sapete, il Signore mi ha mostrato nel Libro della Vita, quello che non vediamo con gli occhi della carne, quello che è successo quando il medico mi ha fatto l’aborto. Ho visto il medico con una specie di tenaglia, afferrare il bambino e ridurlo a pezzetti! Ed egli che gridava, gridava con tanta forza! Basta che sia solo a un minuto dalla fecondazione è già un’anima adulta. Anche se si prende la pillola del giorno dopo, o qualche altra cosa, si stà uccidendo un bambino. Con un’anima adulta, completamente formata, perché l’anima non cresce come cresce il corpo, è creata da Dio, direttamente, nello stesso momento che lo spermatozoo incontra l’ovulo, nello stesso istante. Nel Libro della Vita ho visto come l’anima, nello stesso momento che le due cellule si toccano, forma una scintilla luminosa, bellissima, come un sole, che sprizza dal Sole di Dio Padre. In un secondo l’anima viene creata da Dio, adulta, matura, piena, a immagine e somiglianza di Dio! Quel bambino è immerso nello Spirito Santo, che esce dal Cuore di Dio! Il ventre di una mamma, nello stesso momento che comincia una fecondazione, rifulge con luce brillante: la luce dell’Anima e della comunione di Dio con l’Anima stessa (…). Nel momento della fecondazione, c’è una scintilla di luce divina, una esplosione bellissima, e si è formata l’anima, bianca, ma non come il bianco che noi conosciamo! Dico bianco perché è il colore che più gli assomiglia. È di una bellezza meravigliosa che non è possibile descrive con le parole. Quella bellezza, quella luce brillante è l’anima, luminosa, radiante e piena di Amor di Dio. Un Amore di Dio impressionante. Non so se avete prestato attenzione ai bebè, che molte volte ridono, ridono da soli, emettendo suoni e balbuzie. Sapete, stanno parlando con Dio. Sì, perché sono immersi nello Spirito Santo. Anche noi siamo immersi, ma con la differenza che loro sono ancora innocenti e percepiscono la presenza di Dio (pp. 49-50). Quando, invece, hanno tirato fuori quel bambino… quella vita… Ho visto come il Signore tremava, quando gli toglievano quell’anima dalle mani. Quando lo uccidono, il bambino grida, e tutto il Cielo comincia a tremare. Ho visto, nel mio caso, quando ho ucciso il mio bambino, l’ho sentito gridare forte, tanto forte! Ho visto, nello stesso tempo, Gesù crocifisso soffrire, per ogni anima abortita! Il Signore grida dalla croce, con tanto dolore… tanto dolore! Se lo avessero visto, nessuno avrebbe il coraggio di provocare un aborto… (piange). Adesso vi domando… quanti aborti si fanno nel mondo? In un solo giorno? In un mese? Immaginate come è grande il nostro peccato! Il dolore, la sofferenza che provochiamo al nostro Dio, e quanto Egli è misericordioso, quanto ci ama, nonostante la mostruosità dei nostri peccati! Il dolore che provochiamo a noi stessi e come il male si impossessa di noi! Ogni volta che si sparge il sangue di un bambino è un olocausto a satana, e questi acquista più potere. L’Anima grida, ripeto, è un’anima adulta, matura, anche se il bambino non ha occhi, ne carne, ne corpo, l’Anima ha tutto, è un’Anima adulta. Il suo grido, mentre lo stanno uccidendo, fa tre-

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mare il Cielo, mentre, un grido di giubilo e di trionfo invade l’Inferno. L’unica comparazione che mi viene in mente è come la finale del mondiale di calcio, quella euforia invade tutto lo stadio, uno stadio immenso, pieno di demoni che gridano come pazzi. Quei demoni hanno gettato sopra di me il sangue di tutti i bambini che ho ucciso o in qualche forma ho contribuito a uccidere, con l’aborto; l’anima mia da bianca che era, è diventata completamente nera. Dopo gli aborti, ho pensato che non avevo altri peccati, ma Gesù continuava a mostrarmi come avevo ucciso attraverso il mio piano familiare, sapete perché? Perché usavo quel contraccettivo a forma di “T” di ottone, per evitare la gravidanza. Ho cominciato a usarlo a 16 anni, come contraccettivo, fino al giorno che sono rimasta fulminata. Solo quando volevo ingravidare lo toglievo, ma appena potevo me lo mettevo un’altra volta. Voglio dire a tutte le donne che usano questo metodo, questo genere di dispositivi intrauterini, che stanno provocando aborti. So che a molte donne è successo quello che è successo a me durante il periodo mestruale; molte volte vediamo uscire coaguli di sangue più grandi del solito e sentiamo dolori più forti del normale. Andiamo dal medico, ed egli non dà molta importanza, ci ordina degli analgesici, quando i dolori sono molto forti, o delle iniezioni, e ci dice di non preoccuparci, sono cose normali, perché c’è un corpo estraneo, ma non c’è nessun problema. Sapete cosa è questo? Sono piccoli aborti! Sì, piccoli aborti! Aborti provocati da questi dispositivi intrauterini. Sì perché, come ho già detto, appena lo spermatozoo si unisce all’ovulo, a partire da questo momento, si forma l’Anima, che non ha bisogno di crescere perché è già adulta. Questi dispositivi intrauterini non permettono che l’ovulo fecondato si impianti nell’utero, e muore. È espulsa quell’anima! Un microaborto è un’anima adulta, completamente formata, che non gli è permesso vivere. È stato molto doloroso per me vedere quanti bambini fecondati sono stati espulsi. Quante anime, quelle scintille divine, non riuscivano a unirsi al corpo a causa del “T” di ottone. E come gridavano quei bambini strappati violentemente dalle mani di Dio! Ma la cosa più grave è che non potevo dire che non lo sapevo! Quanti bambini sono morti per questo? Per questo mi sentivo tanto depressa, il mio ventre che doveva essere generatore di vita si era trasformato in un cimitero, in un luogo per uccidere bambini! Pensate, la mamma, proprio lei a cui Dio ha dato il dono così grande di dare la vita, di accudire ai figli, proteggerli, contro tutto e tutti, quella stessa mamma, con tutti questi doni, uccide il suo figlioletto…! Il demonio ha trascinato l’umanità, con la sua strategia malefica, a uccidere i nostri figli. Adesso comprendo perché ero sempre amareggiata, depressa, di cattivo umore, maleducata, brusca, frustrata… Chiaro, mi ero trasformata, senza sapere, in una macchina di morte, e questo mi faceva sempre più affondare nell’abisso. L’aborto è il peccato più grave (quello provocato, non quello spontaneo) perché è uccidere i figli nel ventre della madre. Uccidere un bambinetto innocente e indifeso e dare forza a satana. Il demonio ci comanda perché stiamo spargendo sangue innocente! Un bambino è come un agnellino innocente, senza macchia! E, chi è l’Agnello senza macchia? È Gesù. In quel momento quel bambino è a immagine e somiglianza di Gesù! Per questo, sopprimendolo, c’è un legame con il mondo delle tenebre. Questo atto permette che molti demoni escano dall’Inferno e distruggano l’umanità. Si toglie una specie di ‘sigillo’, un sigillo che Dio aveva posto e che impediva agli spiriti maligni di uscire fuori. Ma ora quei sigilli si aprono e i demoni escono fuori, come larve orribili, per perseguitare l’umanità e farla schiava della carne, del peccato, del male. È come se gli avessimo fornito la chiave dell’Inferno per poter uscire. E i demoni escono fuori, demoni di prostituzione, di perversione sessuale, di sata-

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nismo, di ateismo, di suicidio, di perdita dei valori morali… e il mondo diventa sempre di più cattivo. Pensate quanti bambini si uccidono tutti i giorni? Questo è un trionfo del maligno! I demoni esistono, anzi, non solo esistono, ma mi vengono a prendere… vedevo infatti alcuni demoni che chiedevano la ricompensa che gli era dovuta per aver accettato la loro offerta col peccato. Il pagamento ero io stessa: Chi Io! I peccati hanno le loro conseguenze. In quel momento ho cominciato a vedere che dalle pareti della sala operatoria (dove io ero) uscivano moltissime persone. Apparentemente sembravano persone comuni, ma avevano uno sguardo pieno di odio, pauroso, diabolico, che mi faceva tremare. Prendevo coscienza che erano demoni. Era come se avessi ricevuto una sapienza speciale; comprendevo che a ciascuno di loro dovevo qualcosa, il peccato non era stato gratuito e la mia più grande infamia e menzogna è stata quella di aver detto che il demonio non esiste. Far credere che non esiste, ecco il più grande stratagemma che permette al demonio di lavorare senza essere disturbato! Adesso scopro con terrore che egli non solo esiste, ma, mi circonda, viene a prendermi. Immaginate che spavento! Che terrore! La mia mente scientifica e intellettuale non mi serviva per niente, adesso… (p. 8). Per questo prezzo di sangue innocente, molti, moltissimi demoni lasciano l’Inferno, e sono liberi in mezzo a noi! E noi pecchiamo, anche senza saperlo! La nostra vita, poco a poco, si trasforma in un Inferno, con ogni tipo di problema, di malattia, di mali che ci affliggono, che non è altro se non pura e semplice azione del demonio. Ma siano stati noi che gli abbiamo aperto le porte; con i nostri peccati gli abbiamo permesso di circolare liberamente nella nostra vita. Non è solo con l’aborto che pecchiamo! Ma l’aborto è uno dei peccati più gravi! Ero i preda a un grande terrore, ma quando stavo per entrare in quel buco, San Michele Arcangelo mi ha trattenuta, afferrandomi i piedi. Il mio corpo era già entrato dentro, ma i piedi erano rimasti fuori, trattenuti da sopra. È stato un momento tremendo, molto doloroso. Avevo ancora un piccolo barlume di luce, e questo incomodava i demoni, che si lanciarono contro di me, come sanguisughe. Erano degli esseri orribili. Potete immaginare, che orrore, nel vedermi coperta da quelle orribili creature. Io continuavo a gridare come una pazza! Quelle creature bruciavano. Erano tenebre vive, odio bruciante, che divora! Non ho parole per poterle descrivere… però anche quei demoni terribili si prostravano là, semplicemente per aver sentito la Voce del Signore. Anche satana, con tutto il suo orgoglio, al suono di quella Voce, è caduto in ginocchio!Era impressionante vedere che, quando il Signore passava, tutte le creature, e perfino quei spaventosi demoni, si prostravano fino a terra, in adorazione. E la Santissima Vergine Maria, anche Lei ho visto profondamente prostrata ai piedi del Signore, a pregare per me (…). E dopo, abbiamo anche la faccia tosta di dare la colpa a Dio, per tante miserie, tante disgrazie, tante malattie, tante sofferenze! Dio, invece, nella Sua bontà infinita, ancora ci offre il Sacramento della Confessione; ci offre la possibilità di pentirci e di purificarci dai nostri peccati. Nella Confessione si rompono i lacci che ci tengono legati a satana e alla sua influenza malefica. Così possiamo lavare la nostra anima…. Voglio sottolineare il fatto che la scienza, sulla base di questa testimonianza, non riuscirà mai a scoprire come avviene tutto questo meccanismo, nè potrà mai capirlo. Dio non ci permetterà mai di compiere attraverso la scienza ulteriori scempi, già ne facciamo tanti. Vedi bomba atomica, inquinamento, buco dell’ozono e, conseguente, scioglimento dei ghiacciai ecc. ecc. [Tratto da: Testimonianza di Gloria Polo, chiesa di Caracas (Venezuela) del 05/05/2005, traduzione dallo spagnolo in italiano di padre Leone Orlando, pp. 8-9, 11, 32-37]

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F) Paradiso, Purgatorio, Inferno: Un giudizio centrato, sulla nostra destinazione finale cui andremo incontro dopo la nostra morte corporale, è stato da noi estrapolato [rilevandolo da alcune dichiarazioni fatte da alcuni defunti che hanno parlato con Natuzza, queste testimonianze sono state raccolte dal Dr. Nicola Valente (1906-1974) ed estratte da un suo libro (v.: Natuzza, la radio dell’altro mondo a Paravati, F.lli Palombi, Roma, 1950; vedasi inoltre, V. Marinelli, Natuzza di Paravati, Serva del Signore, Vol. I°, pp. 44, 65-68, 235)]: “O voi che ascoltate – dicono le Anime del Paradiso – sappiate che questa è una cosa che permette Iddio, la ragazza (si riferisce a Natuzza) non è che uno strumento cieco, voi vi trovate di fronte alla radio dell’altro mondo, ascoltateci: sappiate che vi è l’Inferno, il Purgatorio, il Paradiso, che basta un solo peccato mortale commesso in mala fede e non confessato in mala fede, o confessato senza sincero pentimento, per precipitare nel fuoco dell’Inferno, e che per commettere un peccato non è necessaria l’azione ma è sufficiente l’intenzione. Chiedete perdono a Dio con sincero pentimento dei vostri peccati mortali commessi in mala fede, altrimenti la Giustizia non vi potrà mai perdonare; ma chi chiede a Dio perdono viene preservato soltanto dal fuoco eterno, come chi li ha commessi in buona fede, poiché la colpa deve essere espiata, quando non è sufficiente l’espiazione in codesto mondo, in Purgatorio con pene diverse. Gesù, nel giudicare uno spirito, eccezion fatta per quelli gravi, non infligge una pena per ogni peccato, ma li considera insieme e dà un giudizio complessivo, infliggendo una o varie pene. La durata di ogni pena varia a seconda dell’entità del peccato, a seconda della penitenza fatta, del bene fatto e delle indulgenze guadagnate, che sono da Dio concesse in relazione ai propri meriti, e pertanto l’indulgenza plenaria viene concessa per intero soltanto a chi ha raggiunto la perfezione. Chi nega l’esistenza di Dio e non si ravvede chiedendoGli perdono con sincero pentimento, va all’Inferno, in quanto nessun ateo può essere tale in buona fede, essendo Dio in noi. Chi professa false religioni, purché chieda perdono con sincero pentimento dei peccati mortali commessi dopo l’espiazione delle pene relative ai suoi peccati, va in un luogo che non è il Limbo, (perché al Limbo vanno solamente i bambini non battezzati) dove soffre soltanto per la mancanza della Visione Beatifica di Dio, e vi rimane fino al giorno del Giudizio Universale, giorno in cui, ricevendo nel grado meritato la Grazia Santificante, che Gesù ha restituito alla umanità col suo Olocausto, sarà assunto dalla pienezza della grazia in Paradiso. Chi ha dubbi sulla Fede dubita della sua salvezza durante le pene, non sapendo cioè se si trova in Purgatorio o nell’Inferno e non riceve alcun sollievo. Chi non fa elemosine, potendole fare, non riceve nè suffragi nè indulgenze, i quali vengono da Dio dati alle Anime più bisognose, nè il conforto di Gesù; e chi, pur facendole, non le adegua alla propria ricchezza, riceve suffragi, indulgenze e il conforto di Gesù in proporzione al bene fatto. Aiutate i vostri trapassati con Comunioni, con digiuni, con astinenze e col tralasciare pasti, con elemosine, con preghiere, con Messe celebrate e ascoltate. La carità che avrete per i trapassati, oltre a procurare loro i suddetti suffragi, procurerà a voi del bene nei bisogni materiali e nei bisogni spirituali presenti e soprattutto in quelli dell’altra vita, bene che è relativo ai vostri meriti, all’entità della carità usata e alle preghiere che i trapassati, ricambiando la vostra carità, faranno per voi, non potendo pregare per loro stessi. Potete applicare a loro le indulgenze, che diminuiscono il tempo della pena, facendo anticipare l’assunzione in Paradiso, e la diminuzione è relativa ai meriti vostri e dello spirito che le riceve. Offrite anche a noi ciò che offrite alle anime del Purgatorio, perché, pur non avendone bisogno, l’offriamo a Gesù, il Quale lo dà alle anime più bisognose. La carità che ha maggior valore è la Comunione, e sebbene consenta alle anime del Purgatorio mezz’ora di

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sollievo, il suo maggior valore lo guadagna lo spirito che si comunica. A questa carità seguono per importanza il digiuno e l’elemosina. Pensate di essere fedeli, buoni, umili e caritatevoli. Dio vi dà la ricchezza perché sappiate amministrarla, l’intelligenza per servirLo. Com’è bello il Paradiso! Com’è bello Gesù, le sue Bellezze, oh che delizia, oh che delizia! Ma è bello da Salvatore, non da Giudice, da Giudice è terribile!… Beato chi sa soffrire in codesto mondo, perché godrà per l’eternità. O mamme e padri di famiglia, pensate all’educazione dei vostri figli, educateli alla religione, altrimenti sarete responsabili delle loro colpe. Non vi private di figli perché è un peccato grave, potendo venire alla luce delle anime sante. Battezzateli anche in acqua, se non fate in tempo, perché i bambini non battezzati vanno al Limbo – luogo dove si soffre solamente per la mancanza della Visione Beatifica di Dio – non avendo avuto la Grazia Santificante, che viene donata col Battesimo, e vi rimarranno fino al giorno del Giudizio Universale, giorno in cui, ricevendoLa, saranno assunti in Paradiso. Non essendo però la colpa dipesa dalla loro volontà, dopo il Giudizio Universale, la Giustizia compenserà la sofferenza che ha fatto loro acquistare dei meriti relativamente alla sua durata. Sappiate che in codesto mondo siete in Licenza e che qui è l’eternità; chiedete perdono a Dio con sincero pentimento dei vostri peccati mortali, commessi in mala fede, altrimenti andrete all’Inferno, ma chiedete perdono pure di quelli commessi in buona fede e di quelli veniali. Perché non fate il precetto? Perché non volete forse dare soddisfazione ai Sacerdoti? In quel momento essi rappresentano Gesù Cristo e non vi deve interessare se siano difettosi. Andate a Messa, santificate le feste, osservate tutta la legge di Dio, mettetevi sulla retta via. Gesù è triste, molto triste, perché nel mondo vi sono molti peccati. Pregate, pregate, altrimenti i mali del mondo, che sono causati dai peccati non saranno mai attenuati. Le anime dell’Inferno dicono: “O se potessimo…, vorremmo sopportare qualunque sofferenza, pur di salvarci. Siamo precipitate in questo fuoco eterno perché abbiamo negato l’esistenza di Dio, altre perché non Gli abbiamo chiesto perdono delle nostre colpe. Sono nel fuoco eterno per testimonianza falsa e per calunnia; se mi fossi confessata, Gesù mi avrebbe perdonato”. Per quanto riguarda l’Inferno vi è, anche, la testimonianza di Santa Faustina Kowalska la quale viene guidata da un Angelo attraverso l’Inferno il 20/10/1936. Ecco quello che ella scrive nel suo diario [v.: Preghiere, op. cit. pp. 5-8]: “Oggi, guidata da un Angelo, sono stata negli abissi infernali. È un luogo di grandi torture e lo spazio che occupa è vastissimo! Di tutti i tormenti, il maggiore sta nella perdita di Dio. Sarei morta contemplando queste torture, se non mi avesse sostenuta l’onnipotenza di Dio. Sappia il peccatore che il senso con il quale pecca lo torturerà per tutta l’eternità. Ne scrivo per ordine di Dio, affinché nessuna anima si scusi dicendo non vi è Inferno, che nessuno vi è stato e che non può sapere come vi si stia. Io, suor Faustina, per ordine di Dio, sono stata negli abissi infernali per testimoniare che l’Inferno esiste. Adesso non posso parlare; ma ho l’ordine di lasciare tali cose per iscritto… Ho notato che nell’Inferno si trovano in maggior numero le anime di coloro che non credevano alla sua esistenza… Ora prego con ardore ancora maggiore per la conversione dei peccatori”. Gesù parlando dei tempi che precederanno la fine del mondo dice: “Sorgeranno molti falsi profeti e sedurranno molti. E per il moltiplicarsi dell’iniquità, in molti si raffredderà la carità [v.: Mt. 24,11-12]. Quei giorni saranno di una tribolazione tale, quale non è mai stata dal principio di tutte le creature che Dio ha creato, fino a ora, nè più ci sarà; e se il Signore non abbreviasse quei giorni, nessuno si salverebbe; ma egli ha abbreviato quei giorni in grazia degli eletti che ha scelto [v.: Mc. 13,19-20]”. Inoltre intorno al Paradiso, Purgatorio e Inferno, su di alcuni

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testi che parlano delle numerosissime esperienze di Natuzza, ella ci fa sapere che: “Il Purgatorio non è un posto particolare, ma uno stato interiore dell’Anima, la quale fa penitenza negli stessi luoghi terreni dove ha vissuto e ha peccato, dunque anche nella stessa casa abitata durante la vita. Talvolta, le Anime fanno Purgatorio anche dentro la Chiesa, quando è stata superata la fase di maggior espiazione. Le sofferenze del Purgatorio possono essere molto acute (benché esse siano alleviate dal conforto dell’Angelo custode, che rimane presso l’Anima fino al suo ingresso in Paradiso. Natuzza, tra le molte Anime, incontra anche Dante Alighieri il quale le rivela di aver scontato 300 anni di Purgatorio prima di aver avuto il premio del Paradiso, perché ha sì composto, sotto ispirazione Divina, la sua Commedia, ma ha dato ascolto alle proprie simpatie e antipatie personali nell’assegnare i posti e le pene. I 300 anni di Purgatorio sono stati trascorsi da Dante, però, nel Prato Verde”. Quando un’Anima pia muore in grazia di Dio, sono poche, però, le Anime che passano direttamente in Paradiso. L’Anima prima di accedere al Paradiso sosta nel cosiddetto Prato Verde e poi nel Prato Bianco, luoghi di preghiera, che sono vere e proprie anticamere del Paradiso, secondo quanto dicono le Anime a Natuzza. È un luogo di preghiera dove non vi è sofferenza alcuna. I defunti vi sostano dopo aver scontato le pene del Purgatorio, e prima di entrare in Paradiso. Nel Prato Verde si sconta, però, il desiderio di Dio, il quale non è ancora appagato. Questa esperienza del Prato Verde non esiste nelle Sacre Scritture, ma è noto che non tutto è rivelato nelle predette S. S. e alcuni dettagli ci sono noti solo per mezzo delle visioni dei Santi. San Tommaso afferma che nei problemi di fede, per ciò che non è definito nella Sacra Scrittura o da Santa Romana Chiesa o dai suoi Concili, occorre attenersi a quello che Dio manifesta attraverso i Santi nel corso dei secoli cristiani. G) Gesù Misericordioso: Ricordo che Nicetino spesse volte mi sussurrava che Gesù Cristo è così Misericordioso che ha stabilito che chiunque lo vuole può compiere una specie di Indulgenza plenaria, ossia cancellare totalmente i propri peccati tornando così in piena grazia di Dio. Queste sono le testuali parole che Gesù riferì a suor Faustina Kowalska il 22 febbraio 1931, apparendogli nel monastero di Plock in Polonia affidandogli, appunto, il culto della Divina Misericordia come Ella ci riferisce: “La sera mi trovavo nella mia cella e vidi il Signore vestito di candida veste. Aveva una mano alzata in atto di benedire; con l’altra toccava la tunica bianca sul petto. Dal costato, per l’apertura della tunica, uscivano due grandi raggi l’uno rosso e l’altro bianco. Dopo un istante Gesù mi disse ‘dipingi un quadro secondo il modello che vedi e scrivi sotto Gesù io confido in Te. Desidero che questa immagine sia venerata nella vostra cappella e poi in tutto il mondo. I raggi sull’immagine rappresentano il sangue e l’acqua che sgorgano dall’intimo della Mia Misericordia sulla Croce quando il mio Cuore fu aperto dalla lancia. Il raggio bianco rappresenta l’acqua che giustifica le anime; quello rosso il sangue che è la vita delle anime’”. In una successiva apparizione Gesù chiede a Santa Faustina di istituire la festa della Divina Misericordia: “Desidero che la prima domenica dopo Pasqua sia la festa della Mia Misericordia. Figlia mia, parla a tutto il mondo della Mia incommensurabile Misericordia. L’anima che in quel giorno si sarà confessata e comunicata otterrà la piena remissione di colpe e castighi. Desidero che questa festa venga celebrata solennemente in tutta la Chiesa”. Ogni anno, infatti, ciò è possibile: la 1a domenica dopo Pasqua e la prima domenica di Luglio, facendo opera di contrizione pregando, facendosi la confessione presso una Parrocchia o a un convento di francescani e comunicandosi nei giorni su descritti. Il 13 maggio

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2001 è una data che resterà incisa in modo indelebile nella nostra storia. Il popolo salentino ha vissuto uno dei momenti più belli della sua storia, storia ricca di fede, di cultura e di arte. Le reliquie di Santa Faustina Kowalska, apostola della Divina Misericordia, giungevano in visita a Lecce nella Chiesa di Cristo Re. La stampa locale definiva l’evento come l’appuntamento religioso più importante dopo la visita del Santo Padre nel capoluogo salentino [v.: “Quotidiano di Lecce” del 13/05/2001]. Questo a conferma, ancora una volta per i più duri di cuore, soprattutto per i laicisti, che la Chiesa, il Vangelo che ha più di 2.000 anni non ha mai snobbato le donne e Santa Faustina ne è una ulteriore conferma di attivismo ed emancipazione femminile vera verso l’amore per l’uomo (e non finto). Le Sacre Reliquie, sbarcate all’aeroporto di Brindisi, sabato 12/05/2001, alle ore 18:00 giungevano alla Chiesa di “Cristo Re” alle ore 19:30 accolte sul sagrato della Chiesa dalle autorità civili e religiose e da una fiumana di popolo festante. Le celebrazioni liturgiche si svolgevano nel campo sportivo adiacente alla Rettoria su di un grande palco sormontato da una tenda. Il giorno successivo S. E. Mons Cosmo Francesco Ruppi, Arcivescovo Metropolita e Presidente del C.E.P., durante la celebrazione liturgica trasmessa in diretta alle ore 8:00 da Radio Maria, ha marcato con parole forti l’importanza dell’evento: “Il culto della Divina Misericordia, affermava il presule, costituisce la svolta epocale del Terzo Millennio”. Ma un fatto eclatante ci ha fatto quasi sobbalzare dalla sedia quando continuando le ricerche storico-religiose abbiamo scoperto che nel XVII secolo in area melendugnese e, soprattutto, a Roccavecchia vi era un culto antichissimo risalente molto probabilmente al VIVIII sec. d. C. e portato qui dai monaci greco-bizantini. Essi hanno portato il culto di Maria, sotto il nome della Theotokos (cioè: Madre di Dio), pur tuttavia dieci secoli dopo e, precisamente, nel XVII sec. a Roca risulta il culto a Maria, della Vergine della Misericordia. Dalle Sante Visite Pastorali fatte dai vescovi leccesi riusciamo, forse, a dare forma (anche se in modo del tutto parziale) a quella che è stata l’evoluzione storica di questo antico culto Mariano. Il documento più antico che siamo riusciti a rintracciare è quello risalente al XVII secolo, quando Sua Eccellenza Mons. Luigi Pappacoda, vescovo di Lecce, va a visitare la Chiesa di Roca Nuova e quella rupestre di Roca Vecchia la prima volta il 16/05/1641, all’indomani della festa che i paesi dell’area roccana compiono a Roca vecchia. Ma quale santo o santa vanno a festeggiare? C’è lo dice la SS.VV.PP. Il 30/05/1656, per la seconda volta, il vescovo Pappagoda si reca personalmente a Roca Nuova e presso la chiesa-cripta di Rocavecchia, per la prima volta, l’alto prelato nella relazione fa cenno alla tradizione di venerare Maria Santissima. Questo è il documento: “Adest etiam quaedam criptris, in Roca veteri… in ea adest Altare in quo solet celebrari Missa, et deferuntur ornamenta sacra et lapis sacer a sacerdote celebrante. Adest Reverendissima Virgo Misericordiae in muro depicta, quae frequentatur a populo, quae …erga eam gerunt, et preaecipue adest concursus illius feria tertia festo Paschatis Resurrectionis, et singulis ferijs quintis seguentibus usque ad festum Pentecostes et adsunt indulgentiae plenariae in eodem tertia festo Paschatis ad septemnium vigore Brevis Apostolici a biennio expediti…”. Se il vescovo annota, dunque, il particolare della tradizione di festeggiare la Vergine sotto il titolo della Misericordia di Rocavecchia nell’antica cripta bizantina significa che già da diverso tempo il popolo di origine roccana che vive nei paesi circonvicini adottano questo rito religioso. Una quarantina di anni dopo e precisamente nella SS.VV.PP. fatta dal vescovo Mons Michele Pignatelli il 10/11/1697 nella relazione [v.: ACAL, S.V.P. del 30/05/1656, Fasc. 106/1, c. 1r-6v] si legge che, finalmente, sopra la cripta bizantina è stata costruita una Chiesa o Cappella. Questo è lo stralcio del documento: “Cappella Beatissimae Virginis de Misericordia in Roca veteri. Constructa de re-

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centi ex elemosynis fidelium, sita atque descripta in sua membra in praeteritis Visitationibus. Nullam habet dotem, nullumque onus. Celebratur tamen ibi multoties in anno ex devotione fidelium concurrrentium; et festum Beatae Virginis celebratur in prima feria quinta post festum Paschatis Resurrectionis. Mensa lapidea in suo Altariolo est competenter ornata… – Il Santuario della Beata Vergine della Misericordia di Roca vecchia. Esso (Santuario) è stato costruito da pochi anni con le offerte dei fedeli, (il Santuario) è sito e descritto in tutta la sua struttura all’interno dei verbali della Santa Visita. (Esso) non ha alcuna dote e nessun peso. Tuttavia qui si celebra la S. Messa in pianta stabile per tutto l’anno attraverso il concorso di popolo che qui si reca; la festività della Beata Vergine si celebra nelle cinque domeniche successive dopo la Pasqua di Resurrezione. L’altare e la mensa edificato con la pietra è acconciamente dotato con tutte le suppellettili sacre che occorrono…”. Il culto, poi, nei secoli successivi viene trasformato dalla Beata Vergine della Misericordia in quello della Beata Vergine delle Grazie di Roccavecchia. Come si vede da queste due ultime SS.VV.PP., però, il culto, l’amore e la religiosità della popolazione melendugnese per la Beata Vergine Maria e il Bambino Gesù di Rocavecchia si anima e s’infittisce sempre più, acquistando nel tempo uno sviluppo che riempie, fino ai nostri giorni (e riempirà in futuro, ne siamo certi), tutte le pagine della storia della popolazione locale. Ma come insegna il Vangelo e, soprattutto, il passo delle Nozze di Canaan la Madonna si pone, da subito, in una posizione di subalternità rispetto al Figlio, Gesù Cristo, infatti la Vergine a Canaan dirà: “Fate quello che Egli vi dirà…”. Questo invito vale ancora oggi. Per cui il culto di Gesù Misericordia in area melendugnese e leccese, attualmente, è rivolto a Lui e, solo a Gesù Cristo, per la salvezza delle nostre anime. Concludendo possiamo dire che la comunione fatta nel giorno della Festa della Misericordia trasforma la persona umana in uno stato di grazia speciale, identica alla grazia del Battesimo, ovvero, questa è una grazia più grande dell’Indulgenza Plenaria. H) Il Cuore (Definizione di preghiera): La preghiera è colloquiare con Dio, amandolo. Il nostro maestro Nicetino ci diceva che la preghiera è un incontro d’amore e di desiderio reciproco tra noi e Lui. Bisogna pregare, quindi, con il cuore (a tu per Tu) e non solo con le labbra. Anche stare in silenzio davanti al tabernacolo e contemplare (io ti guardo e Tu mi guardi) il Signore vivo e reale nel Santissimo Sacramento è pregare. “Voglio unicamente il canto del tuo cuore, non ho bisogno nè della tua scienza, nè del tuo talento”. Tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo già ottenuto… (Mc. 11, 22-25; Mt. 6, 8). Il fatto, poi, che sia ascoltata la preghiera dipende non dalla quantità ma dal fervore della nostra anima. Nulla vale quanto la preghiera: essa rende possibile ciò che è impossibile (vedi: M. Valtorta, Il poema dell’uomo-Dio, vol. 8, p. 360). Lo Spirito Santo, maestro e guida, susciti in noi l’ispirazione, insegnandoci a pregare, a colloquiare con Dio. È lo Spirito Santo, sempre Lui, ad arricchire di parole la nostra voce. È lo Spirito Santo a suscitare nell’anima (come e quando vuole) la lode, l’invocazione, il ringraziamento.

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BIOGRAFIA

Giovanni Cisternino, nato a Melendugno nel 1956, ha pubblicato a oggi una ventina di libri, circa, e diversi articoli, di varia natura, apparsi su diverse testate giornalistiche. I suoi lavori librari spaziano dalla ricerca storica, alla poesia, alla letteratura e al teatro. Ha vissuto tra Lecce, Como e Taranto. Attualmente vive e opera a Melendugno. Ha lavorato come impiegato presso il Comune di Melendugno; sergente furiere su Nave Duilio di stanza a Taranto; insegnante elementare presso la scuola statale, attualmente è operatore presso la Corte di Appello di Lecce.





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