Antimafie di Roma e Provincia N. 16 - giugno 2011

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supplemento al n. 6 - Giugno 2011 de “il Segno”

n.

il Segno

il Segno

RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE di ROMA e PROVINCIA

DOSSIER SUI REATI AMBIENTALI

ORA NEL LAZIO E’ VERO ALLARME

Sgominata la Banda che terrorizzava i Castelli

Legambiente ha presentato il suo rapporto annuale sui reati commessi contro l’ambiente. Cinque i settori indagati: reati ambientali, ciclo dei rifiuti, ciclo del cemento, zoomafie e archeomafie. La regione Lazio vede un forte aumento degli illeciti commessi nel ciclo dei rifiuti. Roma e Provincia la fanno da padrone. Allarme sulle infiltrazioni criminali nel business del cemento. In IV e V pagina

CARCERI LAZIO

Situazione al collasso

Le condizioni dei 14 edifici penitenziari della nostra regione è a rischio deflagrazione a causa dei detenuti che vivono in condizioni pietose, al limite della sopportazione, e a causa della carenza degli agenti penitenziari. In base alle esigenze ne servirebbero altri 1.300.

In VII pagina

In VII pagina

Caos rifiuti a Pomezia... la Napoli del Lazio

Bar della News da ‘ndrangheta Mafiopoli a Roma

In VI pagina

In ultima pagina

In VI pagina

INTERVISTA A...

Salvo Palazzolo, giornalista antimafia

Zanca in II e III pagina


a lo t o z s i z v a r l e a t P “Sono ancora troppi L’inalvo S

i segreti che Riina non rivela”

di Ettore Zanca Nel lavoro certosino compiuto nel libro “I pezzi mancanti” si evince un percorso storico di occultamenti documentali impressionante nella sua efficienza. A esaminare tutti gli episodi si può dire che aveva ragione il giudice Ayala nel dire che parallelamente agli omicidi di mafia agisce un servizio di pompe funebri incaricato di nascondere le prove? “Esaminando i fascicoli giudiziari che contengono le ricostruzioni degli omicidi eccellenti di Palermo, negli anni Ottanta e Novanta, emerge chiara una costante: dopo i sicari di mafia, sono sempre intervenuti soggetti davvero particolari che hanno avuto il compito di passare al setaccio le abitazioni e gli uffici delle vittime, o anche la scena del crimine. Questi soggetti non avrebbero potuto agire indisturbati senza un distintivo in tasca, che ha aperto porte e spalancato luoghi che dovevano restare ben protetti. Da diversi episodi emerge soprattutto il tempismo di questi soggetti e l’organizzazione che hanno messo in atto per allontanare da loro tutti i sospetti. Così, il 3 settembre 1982, sparirono gli appunti del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa dalla cassaforte della sua residenza privata. Dieci anni dopo, è spartita l’agenda di Paolo Borsellino dal luogo della strage di via d’Amelio. E tanti altri oggetti sono scomparsi, secondo una terribile costante. Oggetti noti e meno noti. Ad esempio, nel libro “I pezzi mancanti” rivelo che è sparita anche un’altra agenda rossa, quella del commissario Ninni Cassarà, che fu portata via dalla squadra mobile di Palermo poche ore dopo l’assassinio del poliziotto che era il braccio destro di Giovanni Falcone. Poche settimane prima, Cassarà e Falcone erano andati il Segno

Nelle prime pagine del libro si trovano già le note dolenti di una Palermo lontana e quasi infastidita nei confronti di chi lavorava per sconfiggere l’illegalità. Nelle scuole non si insegnava nulla in tema di antimafia, le sembra che le cose adesso siano cambiate viste le varie fondazioni e progetti per l’educazione legale nelle scuole? Oggi, per fortuna, certi temi non sono più tabù nella società e nella scuola. Però, forse, bisognerebbe fare uno sforzo ulteriore di approfondimento. La storia della mafia non può essere relegata agli stereotipi che ci vengono offerti da certe ricostruzioni della fiction televisiva. Ci sono ancora molti capitoli non scritti nella lunga vicenda dei corleonesi. Scuole e università dovrebbero recuperare un grande protagonismo nell’approfondimento di ciò che ancora non sappiamo. Forse, invece di adottare un monumento, gli studenti potrebbero adottare anche una vittima di mafia, rileggendo le carte dei processi: scoprirebbero così tanti aspetti ancora da ricostruire e da raccontare”.

La storia modifica col tempo i suoi parametri, gli eroi postumi hanno una pletora di ammiratori. I giudici che adesso indagano alacremente contro la mafia patiscono lo stesso isolamento di Falcone e Borsellino, a suo avviso? “Mi chiedo quale messaggio di legalità lanci il nostro presidente del consiglio quando accusa i magistrati di essere dei golpisti. Eppure Berlusconi sostiene di aver fatto della lotta alla mafia un baluardo del suo governo”.

Alcuni sociologi e lo stesso

Salvo Palazzolo

Lo scrittore e giornalista di Repubblica, Salvo Palazzolo, parla delle stragi di Mafia, del senso della legalità oggi anche in realtà difficili come Palermo... e soprattutto parla dei tanti segreti che ancora avvolgono i crimini mafiosi Pietro Grasso parlano di una nuova “mafia liquida”, capace di insinuarsi molto più efficacemente nei gangli del potere e degli affari. Lei crede che lo scenario paventato dall’agente Antonino Agostino nel suo diario, di una mafia moderna che istruisce i figli a spese dello stato si sia realizzato? “Cosa nostra è già cambiata, e da tempo. I pizzini ci dicono che il vecchio Bernardo Provenzano aveva preparato con cura alcuni passaggi fondamentali per l’organizzazione già prima del suo arresto, avvenuto nell’aprile 2006. Interloquendo con Matteo Messina Denaro ed altri capimafia si assicurava che alcuni canali di comunicazione fossero

RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE di ROMA e PROVINCIA

ben in funzione. Ad esempio Provenzano chiedeva a Messina Denaro se fosse arrivato il nome di un certo politico: non abbiamo mai saputo chi fosse quell’esponente delle istituzioni, e attraverso quale canale fosse stato veicolato il suo nome. Di certo, Provenzano si curava che il sistema delle nuove relazioni mafiose con la società civile e le istituzioni fosse in buono stato, e soprattutto rinnovato. Questi canali di comunicazione di Cosa nostra non sono stati ancora scoperti”.

Le sembra che si sia verificata una legalizzazione della mafia, ovvero un suo agire su un livello più difficilmente individuabile?

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il Segno

II

in Svizzera per una rogatoria, cercavano i soldi di alcuni manager di mafia. Ebbene, sono scomparse anche le carte che Cassarà aveva inviato ai colleghi svizzeri poco prima di essere ucciso”.


o a l t o s z i z v a r l e a t P L’ianlvo S

“Cosa nostra è tornata in fondo al suo vecchio metodo. Essere dentro la società è meglio che attaccare lo Stato con le bombe. Le stragi furono una parentesi, ancora dalle ragioni oscure”.

Sembra che alcuni organi di stampa si siano affrettati a derubricare l’omicidio Fragalà. Premesso che la sua uccisione potrebbe benissimo essere maturata in ambito estraneo alla criminalità organizzata, è pur vero che l’onorevole era molto rigido su alcuni parametri di lotta alla mafia. Cosa ne pensa, in base agli elementi in suo possesso di questo episodio? “Un omicidio impunito è in ogni caso una ferita per la città. L’omicidio di un operatore della giustizia, massacrato a due passi dal tribunale, è un’offesa per tutti gli italiani. Difficile credere all’opera di uno sprovveduto, che in tutti questi mesi è riuscito a farla franca. Probabilmente, il sicario ha goduto di protezioni importanti, in una zona della città dove il potere delle cosche è sempre forte, nonostante i ripetuti arresti”.

Che idea si è fatto delle recenti minacce al direttore di Telejato Pino Maniaci e della revoca della scorta al senatore Lumia entrambi attivamente presenti sul territorio nella lotta alla mafia? “Pino Maniaci e Beppe Lumia sono due voci libere e scomode di questa Sicilia che non si rassegna. Probabilmente, sono scomodi non solo per i mafiosi in carcere, ma anche per certi rappresentanti delle istituzioni”.

Alla luce delle recenti evoluzioni giudiziarie come vede il ruolo di Massimo Ciancimino, memoria storica, spettatore o conoscitore dei meccanismi che regolano anche la nuova mafia? “Ciancimino ha avuto l’indubbio merito di far tornare la memoria a molti rappresentanti delle istituzioni. E ha svelato tanti particolari di quella misteriosa trattativa fra Cosa nostra ed esponenti dello Stato, durante la travagliata stagione del 1992-1993. Bisogna chiedersi perché Ciancimino non abbia detto ancora tutto, ad esempio sull’enigmatico signor Franco. Lui sostiene di avere paura, dice che il nostro Paese non è ancora pronto per certe verità. Le parole di Ciancimino devono far riflettere, ancora una volta: la sua solitudine è la stessa che a volte gli stessi magistrati antimafia hanno messo in risalto? Per davvero l’Italia e gli italiani non sono ancora pronti alla verità sulle stragi Falcone e Borsellino?”.

Il procuratore antimafia Grasso prospetta il pericolo di una maggiore organizzazione tecnica della mafia. Più attenta a non far conoscere alla base i nomi del

Chi è Salvo Palazzolo

Un giornalista segugio sulle tracce di Cosa Nostra

Salvo Palazzolo ha iniziato la sua carriera collaborando al giornale L’Ora nel 1992. Dal 1999 è redattore del quotidiano La Repubblica, ha continuato a seguire la complessa evoluzione del fenomeno mafioso, non solo attraverso la cronaca giudiziaria, ma con un lavoro d'inchiesta sul campo. Nel 2004 ha intervistato il capomafia in carcere Pietro Aglieri, ha poi scoperto la trattativa segreta fra i boss e un gruppo di sacerdoti, che dopo le stragi Falcone e Borsellino avrebbe dovuto portare alla dissociazione di alcuni mafiosi da Cosa nostra. Ha collaborato con la società di produzione Magnolia e con

vertice. È davvero impossibile riuscire a scoprire il legame mafia-politicaeconomia, teorema base del giudice Falcone? Crede che ci possa essere una svolta nella mappa mafiosa nella direzione decisa che ha preso l’omicidio Borsellino di presenza di servizi deviati? “I grandi capimafia in carcere continuano a detenere molti segreti. Ecco perché ogni tanto Totò Riina parla: manda segnali a chi conserva i suoi tesori o il suo archivio, che potrebbe essere ancora strumento di ricatto o di proposta. Per comprendere qualcosa del presente bisogna tornare a cercare nel passato, quando certe relazioni nacquero. E’ quello che stanno facendo i magistrati di Palermo e Caltanissetta, anche grazie al contributo di alcuni nuovi collaboratori di giustizia, come Gaspare Spatuzza”.

Era davvero un atto deciso a un livello superiore rispetto alle cosche territoriale? Se sì si può parlare dell’omicidio Borsellino come di una “Ustica di cosa nostra?” “L’inchiesta sulla strage Borsellino è a un punto di svolta. Fare luce sul falso pentito Scarantino servirà anche a spazzare via il depistaggio che per tanti anni non ha consentito di fare luce sulla verità che ha schiacciato Paolo Borsellino. Il giudice

il Segno

cone e Borsellino, mistero di stato” e “I pezzi mancanti” edito da Laterza nel 2010. Proprio dalle dinamiche narrative di quest’ultima opera prende piede l’intervista.

aveva probabilmente compreso che dopo la strage Falcone alcuni pezzi dello Stato stavano trattando con Cosa nostra”.

In questo momento l’informazione in Italia è molto ovattata sulla criminalità. Crede che esista un giornalismo ancora libero e non censurato? “Credo che oggi il giornalismo sia più libero, anche grazie a Internet. Forse, rispetto ai temi della lotta alla mafia, il giornalismo dovrebbe essere più organizzato. Perché un fenomeno complesso come quello del crimine organizzato dovrebbe essere affrontato attraverso inchieste corpose e sempre più documentate, anche attraverso il lavoro di più cronisti”. Infine, che opinione ha dello “stato di salute” della mafia a Palermo, decadenza o adattamento e continuazione in stile lucertola a cui tagliano la coda? “Mi fanno paura i segreti conservati dai capimafia al 41 bis. Sono anche la forza dell’ultimo grande latitante, Matteo Messina Denaro. Il pentito Giuffrè ha svelato che il boss di Trapani conserva l’archivio che era nell’ultimo covo d Riina. Ce n’è abbastanza per dare a Messina Denaro un grande potere di ricatto. Altro che crisi di Cosa nostra”.

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III RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE

di ROMA e PROVINCIA

la RAI come coautore di programmi televisivi di inchiesta su Cosa nostra curati da Claudio Canepari e trasmessi da Rai 3: Scacco al re, la cattura di Provenzano; Doppio gioco, le talpe dell’antimafia; Le mani su Palermo. Quest'ultimo programma nel 2009 ha ricevuto il premio della critica alla XV edizione del premio giornalistico televisivo "Ilaria Alpi". Autore di libri molto precisi e dettagliati sulle evoluzioni del fenomeno mafioso, tra cui “Il codice Provenzano” , scritto col magistrato Michele Prestipino,”Fal-


IV

R E T E

A N T I M A F I E dente.

di Andrea Sebastianelli Dal dossier sulle Ecomafie 2011, presentato il 7 giugno da Legambiente, la regione Lazio ne esce con un quadro molto fosco. Se da un lato sembra migliorare la situazione connessa agli illeciti di tipo ambientale (passando dal secondo posto dello scorso anno al quinto di oggi) aumentano i reati commessi nel settore dei rifiuti, ma restano stabili le infrazioni riscontrate nell’ambito del cosiddetto ciclo del cemento. In aumento anche gli incendi boschivi mentre migliorano i numeri sulle illegalità in campo faunistico e dell’archeomafia. Prima di entrare nello specifico, questi i numeri del Lazio contenuti nel Rapporto 2011: 8,5 le illegalità commesse ogni giorno; 3.124 le infrazioni totali riscontrate nel 2010, cioè il 10,1% del totale nazionale (nel 2009 si era arrivati alla cifra record del 12,10%). Diminuiscono anche le persone denunciate che in dodici mesi sono passate da 2.248 a 1.197, così come i sequestri che si sono attestati sul numero di 751 contro i 919 del 2009. Anche gli arrestati hanno visto una drastica riduzione, scendendo a 5 contro le 30 dell’anno prece-

CICLO DEI RIFIUTI Il dato che più preoccupa invece riguarda il ciclo dei rifiuti. Solo a Roma e provincia sono state 231 (sul totale regionale di 376) le infrazioni accertate per reati che riguardano i rifiuti, dato grazie al quale il nostro territorio ha fatto un balzo in avanti occupando il terzo posto della classifica delle province in Italia in questo specifico settore.

ECOMAFIE 2011 ALLA REGIONE LAZIO LA MAGLIA NERA

Nel 2009 le infrazioni riscontrate erano state 152, quindi il balzo in avanti è stato molto forte. Nel complesso il Lazio occupa il quinto posto nazionale nelle illegalità sul ciclo dei rifiuti, subito dopo Sicilia, Calabria e Puglia mentre la Campania comanda questa classifica. “Nel Lazio crescono i reati legati allo smaltimento illecito dei rifiuti -ha detto Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio- e sono saldamente elevati quelli per il cemento illegale, una triste conferma di una illegalità troppo diffusa e di una pericolosa ascesa della criminalità organizzata che spesso ha legami con amministrazioni locali ben oltre i livelli di guardia, soprattutto nel Sud Pontino”. Queste infiltrazioni riguardano essenzialmente il set-

tore del cemento mentre nel ciclo dei rifiuti, seppure si può riscontrare un aumento degli illeciti, non risultato contaminazioni vere e proprie da parte delle grandi organizzazioni criminali (Camorra e ‘Ndrangheta in testa). Per lo più i reati accertati riguardano il trasporto e lo smaltimento organizzati in assenza delle necessarie autorizzazioni. Confermate quindi le conclusioni a cui arrivò anche la Direzione Nazionale Antimafia (Dna) nella relazione presentata nel 2010, anche se proprio in quel rapporto veniva fatto un esplicito riferimento all’inchiesta della Procura della Repubblica di Velletri dell’agosto 2009 su una traffico di amianto friabile che dalla Sicilia veniva trasportato fino alla discarica di Pomezia (Rm), ina-

il Segno

CICLO DEL CEMENTO In questo settore il Lazio si conferma saldamente al terzo posto della classifica nazionale, dopo Calabria e Campania. Il dato conferma che la nostra regione è uno dei luoghi scelti per riciclare denaro di provenienza illecita. Le infrazioni riscontrate nel 2010 sono state 721 contro le 881 del 2009. In diminuzione il numero delle persone denunciate, che tocca quota 913 (nel 2009 erano state 1.327), cosi come i sequestri che si attestano a 269 (contro i

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RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE di ROMA e PROVINCIA

datta a smaltire tale materiale altamente pericoloso. La Procura ha accertato che l’amianto smaltito era vicino alla cifra record di un milione di tonnellate. Il procedimento penale risulta ancora aperto e a breve potrebbe arrivare a conclusione.


V

I NUMERI DI LEGAMBIENTE LAZIO Anno

2010 2009

Infrazioni accertate

Percentuale sul totale

Persone denunciate

Persone arrestate

Sequestri effettuati

Posizione in classifica naz.

3.469

12,10%

2.248

30

919

2

Infrazioni accertate

Percentuale sul totale

Persone denunciate

Persone arrestate

Sequestri effettuati

609

10,2%

616

0

294

3.124

10,1%

1.997

5

751

Classifica delle illegalità nel Ciclo dei rifiuti 2010 - Le prime 5 regioni italiane*

Regione

1° Campania 2° Puglia

3° Calabria 4° Sicilia

5° LAZIO

Tot. nazionale Regione

1° Roma 2° Latina

3° Frosinone 4° Viterbo 5° Rieti

Numero degli illeciti ambientali 2009-1010 commessi nella Regione Lazio*

Tot. Lazio

786 603 498 376

5.950

13,2% 10,1% 8,4% 6,3%

853

56

754

31

341

0

397 6.266

5

149

348 242 201 169

* Fonte: Elaborazione Legambiente su dati 2010 delle Forze dell’Ordine, Cap. Porto e Polizie Provinciali

2.224

Il Ciclo dei rifiuti nella Regione Lazio 2010 - Classifica provinciale*

Infrazioni accertate

Percentuale sul totale

Persone denunciate

Persone arrestate

Sequestri effettuati

Posizione in classifica naz.

64

1,1%

73

0

40

30

10

81

231 49 20 12

376

3,9%

205

0,8%

23

0,3% 0,2% 6,3%

0 0

23

0

17

341

0 0

75 29 15

169

Rapporto ECOMAFIE 2011 - Crescono i reati nel Lazio

360 del 2009). Resta stabile il numero degli arresti pari a uno. Latina e Roma la fanno da padrone tra le province italiane. Il capoluogo pontino, infatti, occupa in modo preoccupante il quarto posto per illeciti commessi mentre la Capitale ai attesta subito dopo, in quinta posizione. Per meglio comprendere il peso del cemento illegale nella nostra Regione, è utile il dato fornito dallo stesso ente regionale: dal 2004 al 2009 sono stati perpetrati 41.588 abusi edilizi, con una media di 20 al giorno. Il 22% di questi si concentra nei 23 comuni costieri della regione, in aree vincolate paesaggisticamente, dove un immobile vale sul mercato in media il 30% in più rispetto a edifici costruiti in aree di minor pregio ambientale. E qui il problema è rappresentato anche dalla infiltrazioni criminali che ormai tendono e controllare quasi per intero l’intero settore, soprattutto nella provincia di

Latina. Un recente caso esemplare riguarda l’area dei Castelli Romani, dove il 14 febbraio scorso “i guardiaparco, insieme al Corpo Forestale dello Stato e all’Arpa Lazio hanno messo i sigilli a Villa Dewi Francesca, un grande edificio che si staglia proprio sul costone del Lago di Albano, dotato anche di un albergo e un ristorante molto frequentati. “L’edificio –si legge ancora nel dossier di Legambienteè stato messo sotto indagine per una lunga serie di reati in materia di smaltimento di acque reflue, approvvigionamento idrico e ampliamento non autorizzato della struttura che, in precedenza, era già stata parzialmente posta sotto sequestro”.

INCENDI Nel 2010 è diminuito il numero degli incendi a livello nazionale, passando da 5.362 a 4.883, ma sono invece in crescita le infrazioni nella nostra regione, salita dal settimo al sesto posto,

con 492 infrazioni, pari al 10% del totale nazionale (in forte crescita rispetto al 7,3% del 2009), con 15 persone denunciate, 10 sequestri effettuati ma nessun arresto. Nel 2009 le infrazioni accertate erano state invece 394, accompagnate da 25 denunce, 10 sequestri e 3 arresti.

ZOOMAFIE Primo posto indiscusso per il Lazio nel settore delle illegalità commesse in campo faunistico con 1.091 infrazioni complessive su un totale di 5.835, per una percentuale di poco sotto il 19%. Nel complesso sono state 201 le persone denunciate, mentre sono stati 146 i sequestri effettuati. Gran parte del lavoro deriva dalle segnalazioni delle associazioni di volontariato e dagli interventi della Polizia Provinciale di Roma nell’ambito del contrasto alle violazioni amministrative su caccia e pesca. Anche in materia di detenzione e cattura di fauna selvatica, nel corso del

3

45 98 5

2010 il Lazio si è distinto per il forte impegno messo in atto dalle autorità competenti al fine di verificare l’osservanza della normativa di settore con grande attenzione verso il fenomeno del bracconaggio soprattutto all’interno delle aree protette.

ARCHEOMAFIE Il problema delle archeomafie, ovvero l’aggressione criminale al nostro patrimonio artistico e archeologico, continua ad affliggere l’Italia, essendo uno dei Paesi con più opere d’arte da custodire. E stabili rimangono le Regioni maggiormente colpite dal fenomeno, a cominciare proprio dal Lazio, con la Capitale in prima fila. La nostra regione occupa infatti di diritto il primo posto anche per il 2010, con un solo dato positivo riguardo ai furti passati da 227 a 161 (su un totale italiano di 983), ed una percentuale – sempre sul totale nazionaleche scende dal 20,8% al 16,4%. Andrea Sebastianelli

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R E T E

A N T I M A F I E

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RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE di ROMA e PROVINCIA

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Due bar della ‘Ndrangheta messi sotto sequestro a Roma

Ancora sequestri di beni appartenenti alla ‘Ndrangheta a Roma e provincia. Questa volta le cosche calabresi erano riuscite a mettere le mani su due bar: uno in Via Salaria (“Il naturista”), l’altro in Via Ponzio Comino (“Pedone”). Le due attività commerciali erano state acquistate dal clan degli Alvaro nel 2010, con i soldi del boss Vincenzo (figlio di un altro capocosca, Nicola, conosciuto con il soprannome di “Beccauso”) e di un ex barbiere, Damiano Villari, che esercitava la sua attività a Santo Stefano in Aspromonte, un piccolo paese in provincia di Reggio Calabria. Nel 2009 lo stesso Villari (all’epoca ritenuto persona del tutto insospettabile) fu tra gli artefici di un’altra vicenda di ‘Ndrangheta, quella che interessò il sequestro del famoso

“Cafè de Paris” di Via Veneto a Roma. Vicenda che ebbe molto risalto sulla stampa e che fece fare un grande balzo dalla sedia a numerosi politici che prima di allora ritenevano la Capitale al di fuori delle infiltrazioni criminali delle grandi organizzazioni. La nuova operazione, dal titolo simbolico “Rilancio”, ha avuto il suo epilogo lo scorso 14 giugno e ha impegnato la sezione Anticrimine diretta dal Colonnello Massimiliano Macilenti. 27 le persone indagate ritenute dei semplici prestanome della cosca degli Alvaro. Come nel caso del “Cafè de Paris”, anche in questa circostanza gli inquirenti ritengono che le attività commerciali siano servite per riciclare denaro di provenienza illecita, creando una sorta di filo diretto fra la regione Lazio e la

Calabria. L’operazione “Rilancio” era partita quattro anni fa e le indagini hanno permesso di confermare i sospetti su numerose acquisizioni finanziarie condotte con successo a Roma e provincia da parte di un’organizzazione criminale come la ‘Ndrangheta che ormai non può più essere circoscritta nel solo territorio calabrese ma che sempre più spesso espande le sue attività nel Lazio e in altre parti d’Italia (Lombardia ed Emilia Romagna in testa). Così come è noto che la ‘ndrina Alvaro a Roma ha sancito una sorta di accordo con il clan dei Casamonica. Questo aspetto trovò conferma nel 2007

RIFIUTI, POMEZIA COME NAPOLI?

quando un altro esponente degli Alvaro, Giuseppe (detto “compare Peppe”) concluse un affare con l’imprenditore romano Pietro D’Ardes, rappresentato nella circostanza dal suo avvocato, Giuseppe Mancini, noto all’epoca per aver tutelato anche le controversie legali di Rocco Casamonica, esponente di spicco del famoso clan nomade di Roma e provincia. Andrea Rasetti

Il nuovo Consiglio Comunale ha dovuto fare i conti con un problema irrisolto A Pomezia c'è l’insediamento del nuovo Consiglio Comunale nominato alle elezioni di maggio che hanno visto la riconferma del sindaco Enrico De Fusco, centro-sinistra. Sono le 5 del pomeriggio e i neoeletti arrivano alla spicciolata. Tra loro ci sono anche esponenti presenti già nel 2000 che portò all’arresto per mazzette di tutto il consiglio comunale (sfuggirono alle manette solo un verde e un rappresentante dell’allora Ms-ft). Ma la prescrizione ha azzerato ogni preoccupazione penale, consentendo la rielezione anche a chi aveva avuto guai con la giustizia. Quando nell’aula riecheggiano le note dell’Inno di Mameli entra un dipendente del consorzio di ditte che si occupa della raccolta rifiuti e con uno scatto si lancia verso il sindaco, venendo però “placcato” da un vigile urbano. Il dipendente mentre viene trascinato fuori urla “Siamo senza stipendio, dateci i nostri soldi” Un altro netturbino riesce a raggiungere i neoeletti e li apostrofa “Dovete pagare, me fate schifo”. Grida, applausi da parte di altri netturbini che solidarizzano con i colleghi (una cinquantina di lavoratori non percepiscono lo stipendio da un paio di mesi). Nella città Pomezia la spazzatura resta

per strada perché chi deve raccoglierla non viene pagato da mesi e si dà malato incrocia le braccia o protesta decisamente arrabbiato, come è accaduto giovedì 16 all'insediamento del nuovo consiglio comunale. Così a pochi km da Roma esplode una specie di “caso Napoli” che per ora riguarda Pomezia e Torvaianica sino alla Pontina, ma che presto potrebbero estendersi ad Anzio e ai Castelli. Ad Anzio infatti, “... i dipendenti di una delle due ditte che effettuano la raccolta, hanno avuto l’amara sorpresa di non trovare l’accredito dei propri stipendi, sembra almeno tre mensilità non versate, conseguenza del mancato pagamento da parte del Comune alle ditte interessate” denuncia il consigliere Pd Massimo Creo. Insomma, la raccolta della spazzatura potrebbe essere a rischio mentre inizia la stagione turistica balneare. Il problema è sempre lo stesso, i comuni non hanno soldi per pagare quanto dovuto e le ditte di smaltimento non versano gli stipendi ai lavoratori.

il Segno

di ROMA e PROVINCIA

Senza contare che i gestori delle discariche aderenti a Federlazio, hanno annunciato la serrata dei siti da loro gestiti, perchè una quarantina di comuni, tra cui Roma, devono spettanze arretrate pari a circa 250 milioni di Euro. Durante la campagna elettorale l’avvocato proprietario di Malagrotta Manlio Cerroni unitamente agli altri imprenditori, avevano proposto ed attuato una tregua, che però scade proprio in questi giorni La Pulce

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VI RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE

Accumuli di rifiuti a Pomezia


Blitz dei Carabinieri ai Castelli

Sgominata la Banda dell’Est

Una banda di romeni che da mesi spadroneggiava nel territorio dei Castelli Romani è stata sgominata dai Carabinieri del Gruppo di Frascati del colonnello Rosario Castello. L’operazione, scattata all’alba del 27 maggio scorso, ha portato al fermo di 18 persone tra i 18 e i 30 anni e di un cinquantenne. La banda dell’Est eseguiva furti su commissione soprattutto in ville di lusso ma pian piano il suo raggio d’azione si stava ampliando a dismisura con una rete fitta di rapporti criminali che li portavano a colpire in varie zone della regione Lazio. L’ultimo colpo lo scorso primo dicembre a Rocca di Papa, cittadina montana a sud della Capitale. Era notte fonda quando i romeni entrarono nell’abitazione di un imprenditore terrorizzando l’intera famiglia composta, oltre che dall’uomo, dalla moglie e da due bambini. Il bottino fu di 15 mila euro. E proprio da quell’episodio

criminale sono iniziate le indagini da parte degli uomini dell’Arma, culminato nel blitz scattato tra i quartieri romani Borghesiana e Tor Bella Monaca alla fine di maggio. La banda aveva colpito anche a gennaio, questa volta a Frascati. Ora per tutti l’accusa è di ricettazione, detenzione di droga e favoreggiamento. Oltre alla zona dei Castelli, la banda non esitava a svolgere le sue scorribande in altre province, soprattutto nel frusinate e nel reatino. Fu proprio durante un corpo a corpo avvenuto ad Anagni (nel frusinate) che rimase ferito un Ufficiale del Nucleo Operativo di Frascati, colpito da una spranga utilizzata da uno dei romeni fermati. Oltre ad essere specializzato in furti in ville, il sodalizio criminale colpiva anche nei centri commerciali con l’utilizzo di auto-ariete. L’ultimo colpo sempre ad Anagni presso Unieuro. Andrea Rasetti

Penitenziari, nel Lazio è vera e propria emergenza umanitaria

I numeri delle carceri laziali sono davvero impressionanti. 1.300 agenti di polizia penitenziaria mancanti all’appello; 6.550 detenuti, di cui 2.220 in più rispetto alla capienza nei 14 istituti penitenziari della regione. Una situazione vicina al collasso. A denunciare le condizioni della popolazione carceraria sono soprattutto i Radicali con Marco Pannella in testa, da settimane in sciopero della fame (ora ha iniziato anche quello della sete) insieme a molti detenuti e familiari di questi e anche ad agenti penitenziari e avvocati. Insomma una presa di posizione generale per dire che non è più

di DANIELA DI ROSA

tollerabile lo stato in cui versano le nostre carceri. Ma la politica che anche di questo dovrebbe occuparsi sembra non avvertire l’emergenza e il venir meno dei diritti umani. Poi esistono

Mercoledì 6 luglio si terrà una particolare manifestazione organizzata dalla Fondazione Kambo, molto attiva sul territorio del frusinate sui temi della tutela dell’ambiente e della legalità (le cui finalità e scopi li trovate presso il loro sito: www.fondazionekambo.it). La manifestazione si chiama “Un mercoledì da leoni, prove di futuro” e consiste in una serie di confronti a due voci, moderate da due giornalisti e con domande del pubblico su alcuni argomenti di pressante attualità. L’idea è quella di opporre una voce convenzionale e istituzionale a una non convenzionale. Il nostro Ettore Zanca ha avuto l’onore di essere stato invitato tra le voci che dibatteranno in uno di questi appuntamenti. Si dovrà confrontare addirittura con il Questore di Frosinone dott. Giuseppe De Matteis, su un tema molto dlicato: “Il valore della legalità oltre le regole”. L’incontro sarà moderato da due giornalisti, Marco Ceccarelli e Angela Nicoletti. L’evento è pubblico e quindi chi volesse potrà parteciparvi. FROSINONE, Via Minzoni, 122 - Fondazione Kambo - a partire dalle 20.45

steri o negli uffici. A questi poi vanno aggiunti altri agenti che, seppur in servizio, espletano il lavoro fuori dalle carceri. Così da quegli iniziali 4.909 agenti, il 25% non operano nei penitenziari.

giugno 2011 - n.

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il Segno

il Segno

Il Questore De Matteis parla di legalità con Ettore Zanca

anche situazioni paradossali, come per esempio il penitenziario di Velletri, in cui un nuovo padiglione è stato da tempo ultimato ma resta incredibilmente chiuso per carenza di personale. Con il risultato che le celle scoppiano e gli agenti devono farsi carico di situazioni incontrollabili e insopportabili. Anche la recente denuncia del sindacato Fp-Cgil Roma e Lazio non lascia dubbi sullo stato di ultraemergenza ed urgenza, nel nuovo complesso di Rebibbia a Roma c’è un unico agente penitenziario in servizio di notte per duecento detenuti. E proprio sul numero degli agenti in servizio bisogna svelare un arcano. A fronte di un organico regionale di 4.909 agenti, un terzo di questi non opere nei penitenziari ma è distaccato nei mini-

VII RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE

di ROMA e PROVINCIA

“Un mercoledì da leoni”


NEWS da 10 maggio, Roma

SEQUESTRATI BENI PER 600 MILIONI DI EURO

MAFIOPOLI

I Gico (Gruppo d’Investigazione Criminalità Organizzata) della Guardia di Finanza di Roma e Napoli hanno sequestrato immobili, azioni societarie e conti correnti per un valore di 600 milioni di euro, nell’ambito di un’indagine tesa a smascherare un’organizzazione criminale con a capo Feliciano Mallardo, noto con l’appellativo de ‘o sfregiato, legato a clan della Camorra napoletana. Il clan aveva avviato numerose attività in tutta la provincia di Roma, da Mentana a Guidonia Montecelio, da Sant’Angelo Romano a Fonte Nuova fino a Capena e Monterotondo e ovviamente Roma. Impressionante l’elenco dei sequestri: 900 beni immobili, 230 terreni, 23 società tra cui la “Seddio” specializzata nel commercio di caffè, 200 conti correnti. In più auto e moto di lusso. Le indagini sono durate due anni e sono state condotte anche con l’utilizzo di intercettazioni ambientali e telefoniche, favorite da alcuni collaboratori di giustizia. L’accusa per loro è di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, violenza privata e intestazione fittizia di beni. 14 maggio, Roma

MAFIA CINESE, IN MANETTE ANCHE DIRIGENTE DELLA BNL

Dopo sei anni di complesse indagini si è conclusa l’inchiesta condotta dal Pubblico Ministero Mario Dovinola su un’intensa attività di riciclaggio di denaro sporco per un giro complessivo di circa 6 milioni di euro. Sullo sfondo investigativo

il ruolo giocato dalla cosiddetta mafia cinese. Ora si è in attesa del rinvio a giudizio di tutti gli indagati, ben 43, in gran parte cittadini cinesi residenti nella Capitale. Tra di loro sono finiti nella rete dell’inchiesta anche cinque funzionari della BNL e quattro commercialisti tributari. L’inchiesta aveva preso avvio dopo un’operazione antimafia condotta dalla Dia, e denominata “L’ultimo imperatore”. Secondo La Procura, attraverso attività illecite, venivano trasferiti capitali di denaro dall’Italia alla Cina, per lo più derivante da illeciti tributari e vendita di beni con marchi contraffatti. Tra gli indagati anche il vice-direttore della filiale di piazza Vittorio della BNL, Gianluca Arrighi.

La Terza sezione penale del Tribunale della libertà (presieduto dal giudice Anna Criscuolo) ha respinto le richieste degli arresti domiciliari avanzate dai legali di quella che è nota ormai come “La banda di Cinecittà”. Quindi i boss della Capitale, arrestati il 3 maggio scorso con un blitz dei Ros, restano in carcere. La banda, composta da 38 elementi, si ispirava alle storiche vicende della Banda della Magliana, nel tentativo di controllare i diversi quartieri della città, favorita dal clan capeggiato da Michele Senese, noto negli ambienti criminali per i suoi rapporti con la Camorra napoletana. A capo della Banda di Cinecittà c’erano Giuseppe Molisso, detto Ciccio, Massimiliano Froio e Walter Santirocchi.

20 giugno, Aprilia

AUTO TAROCCATE, DUE ARRESTI

La Polizia Stradale di Latina ha sgominato una banda che riciclava auto rubate. Il blitz ha portato all’arresto di un italiano di 61 anni, Fernando Mangiapelo, ad Aprilia, e di un tunisino di 40, Ben Gharbi Lofti, di Nettuno. Sul piazzale interno dell’abitazione del Mangiapelo, le forze dell’ordine hanno rinvenuto una Bmw X5 con targa falsa e telaio contraffatto. L’automobile era pronta per essere immessa sul mercato. (A cura di Andrea Rasetti)

www.issuu.com/ilpiccolosegno

ilpiccolosegno@libero.it

“Nel Lazio operano clan dei Casalesi nel pontino mentre la ‘ndrangheta si occupa maggiormente di riciclo di denaro sporco nei grandi locali del centro della Capitale. Le cosche sono spesso in contatto con ciò che rimane della Banda della Magliana, senza dimenticare l’ingerenza di famiglie nomadi quali i Casamonica o i Di Silvio”. ALL’INTERNO

L’avvocato Finirà la antiSaviano Mafia? L’arresto di Michele Santonastaso, l’avvocato anti-Saviano, difensore del boss Francesco Bidognetti del clan dei Casalesi, dimostra che la mafia dei colletti bianchi è un pericolo sempre in agguato

Bianca La Rocca di SOS Impresa

“Il gioco è fatto”

Undici arresti e decine di perquisizioni a Roma per l’indagine denominata ‘Il gioco è fatto’, che ha svelato un sodalizio criminale dedito all’usura, al riciclaggio, all’estorsione e alla truffa

di Andrea Sebastianelli Lo scorso 21 settembre è stata la giornata contro l’usura promossa da SOS Impresa di Confesercenti, che ha messo in evidenza un giro di affari che raggiunge 20 miliardi di euro. E la regione Lazio figura tra i primi posti in questa drammatica e sconcertante classifica. In questo numero della nostra “Rete Antimafie” troverete quindi un approfondimento per comprendere la diffusione e la radicalità di quelli che un tempo venivano chiamati strozzini o cravattari e che spesso oggi fanno capo a gruppi criminali organizzati con strutture capillari ben distribuite nel vasto territorio laziale. Troverete anche la triste storia di un usurato che grazie alla sua tenacia, all’amore della propria famiglia, al supporto delle forze dell’ordine e di SOS Impresa, ha saputo denunciare gli aguzzini iniziando una nuova vita dopo aver subito minacce d’ogni tipo al limite della sopportazione umana. Un atto di coraggio prima di decidere di farla finita. Nel Lazio sono circa 28 mila i commercianti finiti in questa ragnatela da cui appare difficile potersi liberare. Ma rivolgendosi alla rete capillare messa in piedi da SOS Impresa, uscire dal tunnel dell’usura non è più impossibile. Buon approfondimento.

PADRE PUGLISI

Un recente dossier di Daniele Poto, dell’Associazione “Libera”, ha portato alla luce le strade che le organizzazionizioni criminali (‘Ndrangheta, Camorra, Cosa Nostra e Sacra Corona Unita), attraverso il calcio tentano di percorrere per riciclare denaro sporco, controllare il giro di scommesse clandestine, comprare partite e gestire persino i settori giovanili. Un caso su tutti, quello del Potenza Calcio, il cui presidente Giuseppe Postiglione, fu arrestato nel novembre del 2009. L’inchiesta della Procura scoperchiò una fitta rete di collegamenti tra la società e gli ambienti criminali NE LLE PAGINE IV e V

Giuseppe Postiglione

Altro colpo Paolo Borsellino Cent’anni Appalti nel mirino al clan di storia I PM della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria hanno chieso le prime condanne per gli imputati della ‘Ndrangheta accusati di svolgere affari illeciti nel porto di Gioia Tauro. Ad accusarli le dichiarazioni di Cosimo Virgiglio che ai Castelli gestiva l’hotel Villa Vecchia.

Proseguono le azioni delle forze dell’ordine contro il clan dei Casamonica che controllano l’usura e i traffici di droga a Roma e provincia. I Carabinieri di Castel Gandolfo hanno arrestato tre esponenti dell’omonima famiglia rom, in seguito ad un blitz condotto in un’abitazione di Ciampino.

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RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE di ROMA e PROVINCIA

il Segno

il Segno

supplemento al n. 11 - Novembre 2010 de “il Segno”

n.

supplemento al n. 12 - Dicembre 2010 de “il Segno”

n.

Casamonicary sto Gli eredi della Magliana

Chi sono i Casamonica? Come hanno conquistato la Capitale? Quando iniziarono la loro scalata all’egemonia criminale della regione? Il clan, che oggi conta oltre 600 adepti, sembra ormai avere ramificazioni che ricordano quelle della famosa Banda della Magliana, di cui sono gli unici e veri eredi. In IV e V pagina

Il libro del mese

Grottaferrata L’ex ristorante diventa un bene comune

In VI pagina

Nasce la Rete per la legalità contro l’usura e il racket

In VI pagina

Roma e Lazio “riciclone” di... denaro sporco delle mafie Carceri che News da

Organizzare scoppiano Mafiopoli il coraggio Quella di Pino Masciari e della sua famiglia è una storia che non può essere dimenticata. Pino è un imprenditore calabrese che non cede al ricatto e ai soprusi della ‘Ndrangheta ma con tenacia e coraggio riesce a scardinare un sistema criminoso ritenuto prima di lui invincibile.

il Segno

Con 3,3 miliardi di euro ogni anno l’usuraimbavaglia un’intera regione

11 Le mafie nelpallone

RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE di ROMA e PROVINCIA

il Segno

SOTTOSCRIVI PER IL SEGNO Banca Credito Cooperativo Castelli Romani IBAN:IT11B0709239230000000103028

supplemento al n. 10 - Ottobre 2010 de “il Segno”

n.

il Segno

Stampato in proprio

Il Segno non usufruisce di alcun finanziamento pubblico, nè comunale, nè provinciale, nè regionale, nè statale, nè europeo.

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RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE di ROMA e PROVINCIA

il Segno

il Segno

L’ex campione del mondo di boxe, Mauro Galvano, è stato rinviato a giudizio, insieme ad altre cinque persone, dal Pubblico Ministero Luca Tescaroli, per una vicenda di usura nella Capitale. I reati contestati, oltre all’usura, sono anche quelli di estorsione, danneggiamento e rivelazione del segreto d’ufficio. Galvano era finito agli arresti lo scorso anno ad Ostia dopo una lunga indagine condotta dalla Procura su un giro di strozzini capeggiati proprio dall’ex campione. Agli arresti finì anche un Carabiniere di Fiumicino, Giovanni Morelli, che svolgeva il ruolo di vero e proprio informatore. L’inchiesta ha coinvolto diversi cittadini finiti nella rete degli usurai.

RESTANO IN CARCERE I BOSS DELLA BANDA DI CINECITTA’

Manoscritti e foto anche se non pubbliil Segno cati non si restituiscono. Il contenuto organo dell’associazione culturale degli articoli, dei servizi, le foto ed i “Terre Sommerse Castelli” loghi, rispecchia esclusivamente il Registrazione Tribunale di pensiero degli artefici e non vincola Velletri n. 5/02 del 19/02/2002 mai in nessun modo il Segno, la direzione e la proprietà. Le inserzioni sono DIREZIONE riservate ai soli associati e simpatizVia dei Monti, 24 - Rocca di Papa zanti ed hanno carattere divulgativopromozionale nel loro stesso ambito. DIRETTORE

RESPONSABILE Andrea Sebastianelli

17 giugno, Ostia

RINVIO A GIUDIZIO PER IL PUGILE GALVANO

20 maggio, Roma

RETE di GIORNALISTI e SCRITTORI ANTIMAFIE di ROMA e PROVINCIA

supplemento al n. 6 (giugno 2011) del mensile indipendente

Il gruppo era specializzato nel traffico di droga direttamente collegato con Spagna e Sudamerica.

In VII pagina

Ritratti d’autore

Falcone, l’uomo che volava molto in alto

Hai perso qualche numero del Segno? Vuoi ritrovare un articolo della Rete? Da oggi puoi consultare tutti i numeri dei nostri mensili collegandoti al sito internet: www.issuu.com/ilpiccolosegno. Buona lettura! DI ROSA in VII pagina

In VII pagina

In VI pagina

La storia di Padre Pino Puglisi, ucciso dalla Mafia perchè le sue parole facevano più paura delle pallottole. ETTORE ZANCA in II e III pagina

In VI pagina

In VII pagina

In VII pagina

La vita e la storia del giudice Borsellino assassinato il 19 luglio 1992 nel cuore della sua Palermo. ETTORE ZANCA in II e III pagina

In VII pagina

In III pagina

In ultima pagina

In II e III pagina


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