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Attività acquatica vs attività terrestre

Il Trainer in acqua come in palestra deve preoccuparsi di ogni singolo allievo e dei suoi obiettivi, non del suo protagonismo, retaggio di un passato da cancellare

Ci troviamo ancora a combattere con la chiacchiera di “popolo” che contrappone, invece che facilitare, l’attività fisica svolta in acqua piuttosto che a terra. Entrambe le posizioni sono legittime, fino quando non diventano estremizzate.

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Credo che la cosa più intelligente da fare sia quella di un’analisi attenta, provando a contestualizzare per trovare differenze o allineamenti.

Riporto i dati di un “test” in acqua che penso consenta di aprire la mente alla riflessione:

Trainer aggiornati e preparati valorizzano al meglio l'allenamento, indistintamente che sia in acqua o in palestra

Tutto effettuato consecutivamente.

Lo stesso soggetto, fuori dall’acqua, ha effettuato pochi movimenti di skip prima di doversi fermare per impossibilità a proseguire, peraltro non facendo la stessa ampiezza di movimento fatto in acqua.

Quali riflessioni, appunto, possiamo trarre da ciò?

La più evidente: 42 minuti di attività contro pochi secondi testimoniano della potenza dell’ambiente acquatico dove la sommatoria tra spinta di galleggiamento, riduzione della gravità, riduzione delle tensioni muscolari ed articolari consente di fare tantissime cose altrimenti non possibili (l’esempio descritto è solo uno dei tantissimi che potremmo fare).

È tutto positivo? Serve a poco fare tanta attività in acqua visto che la vita è fuori? Si potrebbero fare diverse considerazioni in merito a seconda degli obiettivi e del target. In ogni caso dobbiamo prendere atto che le caratteristiche dell’acqua, se utilizzate al meglio, aprono scenari davvero incredibili.

Uscendo dal contesto meramente biomeccanico, la variabile dell’altezza dell’acqua della vasca è un’altra di quelle caratteristiche che incide. Sarebbe stata la stessa cosa con acqua più bassa o più alta? O addirittura in totale galleggiamento dove avremmo uguale solo l’aspetto esteriore del movimento di skip?

Evidentemente no, a parità di soggetto che si allena.

A livello terrestre questa variabile non esiste ed è un “problema” in meno da valutare. Mi chiedo, in ogni caso, come sia ancora possibile vedere descritti allenamenti in acqua senza specificarne la profondità che condiziona il risultato di uno stesso gruppo di persone con caratteristiche differenti.

Il mondo acqua ha quindi dei limiti in questo senso? Direi di no visto che, ad esempio, proprio la spinta di galleggiamento consente a tantissime persone in sovrappeso o in età avanzata di potersi allenare (quasi) solo in acqua

Ancora, la variabile temperatura. Difficile che l’attività terrestre sia influenzata dalla temperatura esterna in un ambiente indoor, mentre in piscina abbiamo addirittura due di variabili: quella dell’acqua e quella dell’aria, tra loro intimamente connesse. Se va bene, ed entrambe hanno la stessa temperatura, almeno non si avrà una sensazione spiacevole durante l’attività stessa o al suo termine. In ogni caso la temperatura dell’acqua può incidere moltissimo sul risultato dell’allenamento, a seconda della persona, di quanto è immersa, della durata della seduta in toto piuttosto che per le fasi di warm up e cool down (per favore basta chiamarle riscaldamento e defaticamento!).

Complicazioni per un tecnico che deve programmare o opportuni- tà di crescita personale, per non “sparare nel mucchio”, pianificando al meglio l’attività?

Quando facciamo attività fisica terrestre, a meno che non la si faccia sul ghiaccio con scarpe normali, abbiamo la forza di attrito al terreno che ci consente di fare poi tanto altro. In acqua, dando per scontato che si entri senza calzature, la forza di attrito ai piedi è molto bassa e lo è sempre di meno man mano che l’acqua è più alta, o meglio lo è sempre di meno man mano che il livello dell’acqua si sposta verso l’alto per una persona.

Banale? Non tanto se ancora si segue lo stesso ritmo della musica per tutti i presenti ad una lezione, stessa altezza dell’acqua di vasca, ma stature differenti delle persone, diverso impatto della forza di attrito e quindi differenti possibilità di effettuare un esercizio che richieda appoggi al pavimento. Sarebbe come ipotizzare che in un circuito fatto a terra si pretendesse di far seguire lo stesso tempo di movimento ai presenti, e magari lo si fa nelle lezioni di gruppo, ma con la possibilità e l’accortezza della correzione istantanea.

In acqua non è immediato il riscontro tecnico, molto spesso non si vede nulla di ciò che le persone stanno facendo sott’acqua ed in questo senso chi insegna fitness acquatico dovrebbe essere molto preparato a cosa succede immersi. Provare quindi, in prima persona, sembra il minimo sindacale. E non avere la presunzione di sapere solo perché si è preparati a livello terrestre: sono due mondi diversi. Ormai le palestre sono stracolme di tecnologia: al polso e/o al torace dei clienti, sulle macchine, sugli schermi per leggere in diretta la FC. Senza tecnologia, sono sicuro nessuna palestra potrebbe avere la presunzione di rimanere aperta. E va bene così, visto che il detto “misurare per migliorare” è una verità assoluta.

In acqua, ancora molto, troppo spesso ciò che si misura è solo la velocità della musica da seguire. Misurare in acqua non è di certo facile ma non credo nemmeno che si debba allora alzare bandiera bianca sull’argomento. Se non misuriamo qualcosa l’attività in ac- qua non avrà mai la dignità che merita. Rispetto all’allenamento terrestre, siamo rimasti indietro anni luce.

In ultimo, l’attenzione agli ambienti e agli attrezzi. Il fascino, la bellezza, la gradevolezza degli ambienti e delle macchine è fattore ineludibile per un centro fitness che si rispetti. Anche le catene low cost hanno al loro interno un parco macchine da far invidia alla migliore “boutique”. Sono entrato in tantissime piscine nella mia vita e purtroppo devo ammettere che non c’è la stessa attenzione del particolare, spesso è tutto molto da piscinari, mutuando un brutto appellativo che chi gestisce piscine, a volte, si è però meritato.

Tanto in palestra attrezzi tirati a lucido, nuove versioni, massima pulizia e manutenzione, quanto in piscina attrezzi sporchi, arrugginiti, consumati. Manutenere un treadmill da palestra costa centinaia di euro all’anno e non ci si tira indietro. Sostituire attrezzi in piscina arrivati al capolinea di vita ed investire qualche decina di euro per una manutenzione corretta sembra un'impresa titanica. Ovvio che non siamo sullo stesso piano di ra- gionamento: un qualsiasi attrezzo da palestra, del valore di parecchie migliaia di euro, durerebbe poche settimane in ambiente vasca, per non dire ovviamente che non si potrebbe immergere. In piscina, in acqua ci possono andare certi attrezzi, fatti in modo da resistere al trattamento chimico, che devono essere posizionati e magari tirati fuori più volte al giorno per lasciare la vasca ad altre attività o per la pulizia giornaliera. Ma non venitemi a dire che questo può essere un limite, il limite! 

L'allenamento in palestra si muove su un altro binario e fa leva sulla preparazione di Trainer competenti sul terrestre, ma non sempre preparati in acqua