Quale “consapevolezza” dell’anosognosia nel paziente affetto da Demenza?

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QUALE “CONSAPEVOLEZZA” DELL’ANOSOGNOSIA NEL PAZIENTE AFFETTO DA DEMENZA? C. Pagni, G. Tognoni, C. Frittelli, L. Volpi, C. Carlesi, I. Ghicopulos e I. Falorni Università di Pisa, Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale S. Chiara

Introduzione

Modelli

La presenza di anosognosia è un aspetto importante nella cura del paziente affetto da demenza, che merita particolare considerazione in sede di raccolta del consenso al trattamento. Nei pazienti con Malattia di Alzheimer (MA), l’anosognosia si esprime come la mancanza di consapevolezza dei deficit nelle cosiddette ADL (Activities of Daily Living) e IADL (Instrumental Activities of Daily Living), nonché dei cambiamenti comportamentali e dei disturbi dell’umore. In questa sede vogliamo prendere in considerazione mancanza dei consapevolezza nell’area delle IADL che comprende, ad esempio, il giudizio circa la proprie capacità di orientamento spaziotemporale, di ricordare appuntamenti, gestire il denaro, fare calcoli a mente. La letteratura non ha messo in luce uno specifico profilo cognitivo che sottende il disturbo. La presenza di deficit cognitivi, infatti, non è sufficiente per determinare anosognosia. Per quanto concerne le caratteristiche del paziente, viene spesso riportata una correlazione positiva fra anosognosia, durata di malattia e, di conseguenza, gravità della demenza. Inoltre, il disturbo tende ad essere più marcato all’aumentare dell’età di insorgenza della demenza. Dati contrastanti riguardano l’associazione fra anosognosia e depressione. In generale, quando sono soddisfatti i criteri per depressione maggiore, non c’è correlazione con l’anosognosia; la depressione lieve, al contrario, correla con l’anosognosia, specialmente quando valutata attraverso scale di selfreport. Una forte associazione è presente fra anosognosia e disinibizione, verosimilmente espressione di un comune substrato anatomico (regioni orbitofrontali).

L’anosognosia non è un fenomeno “tutto o niente”, ma si svolge lungo un continuum che va da una profonda consapevolezza del deficit fino a fenomeni di minimizzazione e diniego. La coesistenza di diversi fattori (anatomici, psicologici e sociali) spiega l’estrema eterogeneità nella presentazione clinica del disturbo ed il coesistere di modelli ed ipotesi esplicative derivati da diversi approcci.

“mnemonic anosognosia” il deficit delle funzioni mnesiche impedisce di aggiornare il proprio database personale e di operare una corretta auto-valutazione. Il disturbo è di natura temporale

Cognitive Awarness Model (Agnew & Morris, 1998)

Approccio Psicosociale all’anosognosia (Clare, 2003)

The Petrified Self (Mograbi et al., 2009)

Metodo Nella pratica ambulatoriale delle Unità di Valutazione Alzheimer spesso si hanno a disposizione solo pochi strumenti per la valutazione e i tempi della visita devono necessariamente essere contenuti. Nel nostro Ambulatorio abbiamo integrato al Mini Mental State Examination (MMSE) e alla Clinical Dementia Rating Scale (CDR), il Questionario per l’Anosognosia nella Demenza (AQ-D short version, Migliorelli 1995) e una scala analogica a 10 punti di autovalutazione della funzionalità mnesicocognitiva da completare prima e dopo il MMSE.

il soggetto sperimenta una tensione nel Sé fra meccanismi di selfmaintenance e self-adjustment e deve attuare delle strategie di coping. Anosognosia = risposta adattiva del soggetto inserito nel proprio ambiente socio-culturale Il danno ippocampale impedisce al Sé di integrare le nuove conoscenze. La progressiva atrofia delle aree corticali fronto-temporo-perietali determina la perdita graduale delle informazioni semantiche personali. Come conseguenza il concetto di Sé rimane “congelato” nel tempo. Distinzione fra elaborazione implicita vs esplicita

G ra fico 1 - con fron to giu diz io pre v s post M M SE n el ca mp ion e e sa min a to Gudizio pre M MS E = giudizio po st MM S E

18%

Sono stati valutati 21 pazienti consecutivi (14 femmine e 7 maschi), con diagnosi di Malattia di Alzheimer da lieve a moderata e con assenza di depressione clinicamente significativa (GDS< 9). Il range di età dei pazienti è compreso fra 60-85 anni (età media 75), la CDR è compresa fra 0.5 e 2.

Gudizio pre M MS E < giudizio po st MM S E

Risultati

24%

58% Gudizio pre M MS E > giudizio po st MM S E

Non è stata evidenziata correlazione fra il giudizio circa la propria funzionalità mnesico-cognitiva, il MMSE e la CDR. Inoltre solo il 18% dei pazienti percepisce un peggioramento dopo aver effettuato il MMSE (vedi Tabella 1 e Grafico 1). Dal colloquio con i familiari, in tutti pazienti i deficit cognitivi apparivano più marcati. Secondo le indicazioni riportate in letteratura, una differenza superiore a 4 punti fra le due forme del questionario AQ-D (caregiver vs paziente) è stata utilizzata come cut-off per la detezione dell’anosognosia (Starkstein, 2006). Il 56% del campione è risultato anosognosico ed in una percentuale di questi pazienti (28%) veniva comunque riferito l’utilizzo di strategie compensative nella vita quotidiana (vedi Grafico 2). Inoltre, in generale alla presenza del caregiver, i pazienti tendevano a sottolineare di più i propri deficit. % sul totale

MMSE

CDR

giudizio medio pre MMSE

giudizio medio post MMSE

Grafic o 2 - % d i p z a n o so g n o sic i su l to tale d e l c am p io n e esam in ato 60 % 50 % 40 %

AQ-D pz

30 % 20 %

Gudizio pre MMSE = giudizio post MMSE

58%

20.15

1.18

6.7

5.9

7.23

Gudizio pre MMSE < giudizio post MMSE

24%

19.67

1

4.3

5.9

11.4

Gudizio pre MMSE > giudizio post MMSE

18%

20

1.35

6.6

3.1

17.6

10 % 0%

pz an o so gn o sici

pz n o n an o s o gn o s ici

% di pazienti che utilizzano strategie compensative Tabella 1

Discussione Contrariamente a quanto riportato in letteratura, non è stata rilevata una correlazione fra gravità della demenza e anosognosia, probabimente attribuibile all’esiguità del campione esaminato. Il grado di compromissione delle funzioni frontali, a parità di CDR, potrebbe spiegare il diverso livello di consapevolezza riscontrato nei pazienti. Il dato che vorremmo sottolineare, anche al fine di impostare una valutazione corretta dell’anosognosia, è la presenza di una sorta di consapevolezza anche in pazienti che risultano anosognosici alle scale di valutazione. Ovvero il 28% dei pazienti nella vita quotidiana è in grado di attuare delle strategie compensative che presuppongono la consapevolezza di non sentirsi adeguati per quel compito. Questa consapevolezza “implicita” o “mascherata” dai tratti di personalità non viene rilevata dai comuni strumenti validati per questo tipo di disturbo. Alla luce di queste considerazioni, si pongono alcune domande: • Quali aspetti della consapevolezza indagare? • E’ necessaria una conoscenza della personalità premorbosa, comunque legata al giudizio del caregiver? • Gli strumenti più accurati per la detezione dell’anosognosia dovrebbero essere basati sullo specifico pattern di attività, interessi, comportamenti e vissuti del soggetto. Tale valutazione personalizzata è possibile in contesti clinici?

Bibliografia Mograbi D.C., Brown R.G., Morris R.G. (2009). Anosognosia in Alzheimer’s Disease – The petrified self, Consciousness and Cognition, 18,989-1003. Kashiwa Y., Kitabayashi Y., Narumoto J., Nakamura K., Ueda H., Fukui J., (2005). Anosognosia in Alzheimer’s Disease: Association with patient characteristics, psychiatric symptoms and cognitive deficits. Psychiatry and Neurosciences, 59, 697 - 704 Starkstein SE, Jorge R, Mizrahi R, Robinson RG. (2006). A diagnostic formulation for anosognosia in Alzheimer's disease. J Neurol Neurosurg Psychiatry, 77(6):719-25 Clare L. (2003). Managing threats to self: Awarness in early stage Alzheimer’s Disease. Social Science & Medicine, 57,1017-1029. Agnew S.K. & Morris R.G. (1998). The heterogeneity of anosognosia for memory impairment in Alzheimer’s Disease: A review of literature and a proposed model. Aging & Mental Health, 2,7-19.


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