Boom Economy: banche, armi e paesi in conflitto

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del territorio libico”, ma autorizzava – previa notifica al Segretario Generale – “ad adottare tutte le misure necessarie per proteggere i civili e le aree civili popolate sotto minaccia di attacco nella Jamahiriya Araba Libica inclusa Bengasi”. Per i ministeri della Difesa il gioco era fatto: nessun intervento degli eserciti ma “tutte” le misure per proteggere i civili. Le armi, va da sé, al massimo servono per la difesa, per la bonifica ci sono i caccia. Il segretario di Stato americano, Hillary Rodham Clinton affermava perciò che l’amministrazione Usa, “pur avendo il diritto di inviare armi, non aveva ancora deciso in merito”. Sulla questione interveniva anche il presidente Obama: “I’m not ruling it out, but I’m also not ruling it in” – dichiarava salomonico alla NBC. Puntualmente il ministro Frattini spiegava che le “forniture di armi agli insorti erano giustificate”. Una cosa era chiara a tutti: nessun soldato americano nelle città libiche. E fu così che qualche settimana dopo l’ex ministro dell’Interno libico divenuto comandante militare degli insorti, il generale Abdel Fattah Younes, poteva dichiarare festante a Al-Arabiya che le sue forze “stavano ricevendo forniture di armi da parte di nazioni non identificate che sostenevano la rivolta” e il portavoce del Consiglio Nazionale di Transizione, Abdul Hafiz Ghoga, confermava alla France Presse che il Consiglio aveva stabilito una “joint operations room” con le forze della Nato. Qualche giorno prima otto membri dell’intelligence britannica (sei appartenenti alle forze speciali SAS e due ai servizi segreti MI6) venivano bloccati nella campagna libica dagli insorti che, insospettiti da quelle pistole e esplosivi, li avevano presi per sostenitori di Gheddafi: il ministro degli Esteri britannico, William Hague, mantenendo il suo notorio aplomb confermava che un “team diplomatico aveva dovuto lasciare la Libia per sopravvenute difficoltà”, aggiungendo che un “altro team sarebbe stato presto inviato in Cirenaica”. Il Belgio intanto giustificava le migliaia di bossoli calibro 7,62 ritrovati sulle piste dell’aeroporto di La Abrag a El Beida prodotti dalla Fn Herstal come una “fornitura destinata alla scorta di aiuti militari in Darfur”. Anche la Germania, che non partecipava all’intervento militare, aveva i suoi grattacapi: un filmato su Youtube mostrava il figlio di Gheddafi, Saif al-Islam, arringare la folla mostrando un fucile d’assalto tedesco Heckler & Koch G36, ma la medesima arma - stando alle foto del quotidiano Stuttgarter Nachrichten - appariva qualche mese dopo anche nelle braccia degli insorti. Testimoni oculari riferivano del saccheggio al quartier generale di Gheddafi di Bab al Aziziya a sud di Tripoli e il ministro dell’Economia tedesco rassicurava che il governo non aveva mai rilasciato alcuna licenza per esportare in Libia quei fucili in dotazione alle Forze armate nazionali. 142


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