Boom Economy: banche, armi e paesi in conflitto

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zialmente, il Fis ha riscosso qualche simpatia francese per le sconfitte che infliggeva al Fln, protagonista della guerra d’indipendenza antifrancese negli anni sessanta, ma certamente la preoccupazione per la mobilitazione antioccidentale fra gli emigranti algerini in Francia ha portato ad una stretta collaborazione anti-islamista fra il governo algerino e quello francese. Il governo algerino ha via via attirato nel gioco politico interno frange e partiti islamisti, allontanandoli dal terrorismo e “normalizzandoli”, anche se questo ha suscitato a volte le proteste delle forze laiche e di sinistra (e delle loro importanti componenti autonomiste berbere) che pure partecipano il gioco politico ed elettorale, che hanno denunciato l’impunità eccessiva concessa agli ex terroristi e anche alle forze speciali dell’Esercito. Un altro focolaio di tensione ai confini algerini è quello che oppone gli indipendentisti sahraui, che si oppongono al governo marocchino: l’Algeria ospita (e controlla tacitamente) i sahraoui, e per questo è fortemente avversata dal governo marocchino. I sahraoui hanno ultimamente subito l’offensiva dei quaedisti (che sfruttano le loro reti che attraversano tutto il Maghrebe la stessa Africa sub sahariana fino alla Nigeria), che si sono infiltrati nei loro campi, procurando imbarazzi a loro e agli algerini (e naturalmente nell’occasione il governo marocchino ha cercato di accreditarsi in funzione antiterroristica in Occidente). Gli Stati Uniti hanno sempre cercato, più che altro, di limitare il contagio del terrorismo islamista ai paesi sahariani (Ciad, ma soprattutto Niger e Mali), fino all’instabile terminale della Nigeria (dove pure si sviluppa un terrorismo islamista, forse autoctono, forse legato ad Al Quaeda). La situazione è però mutata dopo la caduta di Gheddafi. Gheddafi aveva organizzato nei confini libici molti combattenti di etnia berbera e tuareg, funzionali ai suoi disegni “panafricanisti”. Com’è noto armi e combattenti provenienti dal teatro libico hanno, dopo la caduta del Rais libico, spesso preso la direzione dei confini sudoccidentali del paese, saldandosi con le guerriglie autoctone, etniche (tuareg) o islamiste. Già in alcuni anni si erano avuti sintomi di allargamento del conflitto verso i paesi dell’area sahariana (Ciad, Mali, Niger), proprio quei paesi adesso investiti (con la Mauritania) dalle conseguenze indirette del disastro libico. Attualmente è in corso un duro conflitto nel Mali fra tre attori (il governo filoccidentale, i tuareg indipendentisti, i guerriglieri quaedisti panislamici), cui l’Algeria guarda con preoccupazione (ma astenendosi rigidamente dall’intervento diretto) per il possibile feed back sula sua guerriglia interna. La “primavera araba” di Tunisia ed Egitto ha sollevato solo alcune increspature in Algeria, ma anche se la relativa democrazia algerina pone quel paese al riparo dalle fiammate di ribellione che si sono verificate in altri paesi, non sono mancati moti di piazza e scontri che 107


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