FASHION N 6 LUGLIO2020

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Luglio 2020

ANNO 51 - N°6 - 8 EURO

VIRTUAL SHOWROOM Tra immersione totale e spirito di servizio

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SFILATE DIGITALI

Alla ricerca di un nuovo motore di visibilità

Poste Italiane S.P.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 N.46) Art. 1, Comma 1 Lom/Mi/1769

S T R A T E G I A,

I N N O V A Z I O N E E

TIK TOK

Prove su strada per il marketing di domani 50

CINA 45

Come azzeccare l'approdo online

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M E R C A T I

LA SFIDA DEI TOP BRAND Vincere con la creatività in un mondo di tecnologia Cover: DOLCE&GABBANA EDIZIONI ECOMARKET SPA


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LUGLIO 2020

Features

Contents 5 L'EDITORIALE

INTERVISTE 6 DOMENICO DOLCE E STEFANO GABBANA «Avanti tutta con cuore e agilità: mettiamo l'essere umano al primo posto» 8 MASSIMO PIOMBINI/DIESEL «Digital e denim, una miscela esplosiva. L'hyperoom? È la punta dell'iceberg»

STRATEGIA

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10 MILANO DIGITAL FASHION WEEK Prove tecniche di una nuova normalità

DOLCE&GABBANA E IL RINASCIMENTO CHE VERRÀ

MILANO DIGITAL FASHION WEEK: PRO E CONTRO

13 GRANDE PROGETTO A SETTEMBRE Con White e Milano Loves Italy la città rialza la testa

Secondo i due stilisti la creatività, «che vale più della finanza», sarà il motore della ripartenza del made in Italy

Il punto con buyer e analisti su un format perfettibile, aspettando la fashion week di settembre

16 I NUOVI SCENARI DEL FASHION BUYING Virtual showroom, ora si fa sul serio. Funziona il mix tra immersive tour e servizio 22 SCENARI RETAIL Un canale unico, diversi touchpoint. Così si conquista il cliente 30 TESSILE POST-VIRUS «No stop agli investimenti. Anzi, li acceleriamo» 36 STEVE RENDLE/VF CORPORATION «Il momento di osare di più è adesso» 37 GRUPPO ARMANI Nuovi sviluppi con Marchetti nel cda

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VIRTUAL SHOWROOM: TRA DIGITALE E 3D INVENTANO SERVIZIO E SLANCI CREATIVI LE SFILATE DEL FUTURO Troppo effetto wow può nuocere alle showroom virtuali, che devono equilibrare innovazione e concretezza

I nuovi scenari visti da un regista, un fotografo-poeta, un produttore di moda digitale e un esperto di realtà virtuale

38 TRIMESTRALI POST LOCKDOWN Crollo delle vendite, ma segnali positivi dalla Cina

INNOVAZIONE

40 BRAND AL BIVIO Tutti sul phygital, in ordine sparso 45 DAL REALE AL VIRTUALE Un rapido approdo a nuove frontiere: la digital couture si racconta in 3D 50 APP REVOLUTION La moda approda alla porta di TikTok

MERCATI

54 OPPORTUNITÀ DA COGLIERE IN CINA Vendite online nel Paese del Dragone: come non sbagliare approccio 58 SFIDE GLOBALI Digitali per ora, di nuovo fisici domani: per i saloni questo è l’anno zero 63 MENSWEAR SS 2021 Turning the key

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PIANETA CINA: NON C'È CONQUISTA SENZA ONLINE

MENSWEAR & RESORT 2021 COLLECTIONS

Carte da giocare ed errori da evitare nel più grande retail market al mondo, con 2,1 trilioni di dollari spesi sul web

Voglia di innovazione ma anche tanto heritage caratterizzano le nuove proposte di brand e stilisti

68 RESORT 2021 Identità vestibili 70 NICKY ZIMMERMANN «La ricetta del successo? Il talento delle donne e il dna aussie» 73 PEOPLE 74 RED CARPET

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ADV: Arcade-lab.com


EDITORIALE

Il momento di crederci Marc Sondermann m.sondermann@fashionmagazine.it

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ome è ormai risaputo, la pandemia da Coronavirus si è abbattuta come una scure sulle prospettive economiche del sistema moda italiano, secondo settore economico del Paese. L’ibernazione di gran parte della domanda globale per tre mesi, nonché la successiva ripartenza con il freno a mano tirato, ha portato una quota imponente tra brand, showroom e negozi sull’orlo del collasso. Il Paese si appresta ad assistere alla più ampia ondata di fallimenti e conseguenti licenziamenti (che neanche l’Unione Sovietica si è sognata di abolire per legge) mai vista dal Dopoguerra ad oggi. In questo contesto non è chiaro se la politica abbia ben messo a fuoco quanto sia centrale per la nostra bilancia dei pagamenti e per lo stesso futuro economico della Penisola e delle sue future generazioni la tenuta della Moda, forse uno degli ultimi settori rimasti in cui da noi vigono ancora le leggi del libero mercato. È bene farlo sempre notare ai nostri amministratori, di qualunque colore politico essi siano, di alzare la voce e di inculcargli qualche tardivo insegnamento di basilare nozione economica. Senza la Moda, il più iconico dei nostri settori economici - a cui sono legati a doppio filo anche il destino di comparti chiave come il beauty, l’eyewear, lo stesso luxury e il design - retrocediamo direttamente in Serie B tra le Nazioni industrialmente più avanzate. Più cruciale che mai è dunque la sfida che gli imprenditori del comparto si trovano davanti. Non bisogna abbassare la guardia, in questo momento di apparente catatonia, ma attrezzarsi per combattere, con prudenza e determinazione, le battaglie del futuro, a cui questo numero di Fashion è interamente dedicato. Vediamole nel dettaglio. I brand si trovano davanti a una

repentina accelerazione nella battaglia di ammodernamento del modello di business. La tradizionale bravura manifatturiera, di prodotto, della nostra filiera non è più sufficiente, benché più imprescindibile che mai. Il rapporto con i consumatori finali è destinato a disintermediarsi, per cui sarà forte chi è capace di imparare i nuovi linguaggi del marketing (incluso Tik Tok, vedi l’inchiesta a pag. 50), la vendita diretta phygital (pag. 22) nonché l’approdo digitale al più grande mercato mondiale del lusso, la Cina (pag. 54). È vero anche che le nostre imprese non si sono tramutate dall’oggi al domani in enormi dispensatori di cash per investimenti (tutt’altro, è in atto una spietata selezione), per cui rimane essenziale specializzarsi su quello che si sa fare meglio e di affiancarsi a partner forti nelle nuove materie. Ad essi ci si deve presentare al passo coi tempi, tramite tecnologie di showroom virtuale (pag. 16) e di innovativi formati di presentazione (pag. 45). Ma la sfida più importante, oggi, è sostenere il nostro punto di forza focale, la nostra unica metropoli, l’epicentro del sistema: Milano. Ogni investimento, pur piccolo, deve contribuire a rafforzare questa piazza ricca di sinergie, know-how e imprenditorialità diffusa. È in questo senso che Fashion ha stretto un’alleanza (pag. 13) con gli amici di White, Best Showroom, Camera Buyer e Camera Moda: con l’iniziativa #MilanoLovesItaly investiremo sistematicamente nel futuro del nostro fiore all’occhiello, in fase di lento risveglio, per rifare fulgere questa imprescindibile testa di ponte verso il mercato globale.

Direttore Responsabile

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INTERVISTA Domenico Dolce e Stefano Gabbana Dolce&Gabbana

«Avanti tutta con cuore e agilità: mettiamo l'essere umano al primo posto» In questa intervista Stefano Gabbana e Domenico Dolce riflettono sul futuro del sistema moda: «Sarà davvero digitale?». E parlano di tutto, da come la pandemia non potrà cancellare la forza delle sfilate, al link con le nuove generazioni, fino alla collaborazione con Pitti Immagine di settembre. «Vivremo un nuovo Rinascimento - dicono - con tutto da reinventare» DI ANDREA BIGOZZI

La rivoluzione dei calendari delle fashion week e l'esigenza di trovare nuovi approcci alla realizzazione e alla presentazione delle collezioni non sembrano aver causato alcun problema a Dolce&Gabbana. Piuttosto i fondatori del marchio da 1,3 miliardi di euro, Domenico Dolce e Stefano Gabbana, sembrano aver accolto con entusiasmo le nuove sfide imposte dalla pandemia. In occasione della sfilata uomo PE21, che ha segnato il rientro nel calendario della Camera Nazionale della Moda Italiana da cui erano usciti nel 1998, i due stilisti parlano di come il settore sia da reinventare. «Le novità saran6

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no tante», dicono, ma i capisaldi restano, a cominciare dalla creatività «che vale più della finanza» e dalla sfilata fisica, per la quale «un'alternativa non c'è». Il sistema moda sta emergendo dalla pandemia trasformato e il nuovo mondo si presenta così: meno eventi, ma più creativi e spazio alla tecnologia. Anche Dolce&Gabbana seguirà questa strada? Stefano Gabbana: Il momento è particolare e ci impone di seguire un protocollo di sicurezza specifico, ma lo facciamo con

piacere. Questo però non vuol dire rinunciare a raccontare la nostra creatività. Per questo stiamo scegliendo, di volta in volta, il format e il mezzo più adatto a presentare le nuove collezioni. Ai primi di luglio è stata la volta dell’Alta Moda, con tre giorni di eventi in digitale, mentre con la collezione uomo PE 2021 siamo tornati a confrontarci con la sfilata fisica e ovviamente in un modo diverso dal solito, ospiti del Campus di Humanitas University e alla presenza di pochi ospiti. A settembre ci sarà qualcosa di ancora diverso e sorprendente: la nostra Alta Moda a Firenze.


tutorial nei quali i commessi raccontano le collezioni e danno molte informazioni sul prodotto al cliente finale. Li abbiamo sperimentati in Cina e poi estesi ad altri mercati: il riscontro è stato molto positivo. Siete stati tra i primi a dare fiducia ai blogger, poi avete aperto le sfilate a Millennials e Tiktoker. Che ruolo avranno i giovani nella ripartenza? SG: Prestiamo molta attenzione a quello che succede e cambia intorno a noi, siamo curiosi; non possiamo quindi trascurare le nuove generazioni, dobbiamo sostenerle e trasmettere loro valori importanti. Con il nostro lavoro cerchiamo di raccontare, specialmente ai più giovani, l’idea del Bello, della creazione fatta con amore e cura per i dettagli.

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1. Il tableau finale della sfilata SS21 di Dolce&Gabbana 2. e 6. La collezione è ispirata al'Hotel Parco dei Principi di Sorrento 3. e 4. Stefano Gabbana e Domenico Dolce con il professor Alberto Mantovani di Humanitas a fine sfilata e in un ritratto ufficiale 5. Il nuovo store di Hong Kong in Canton street

Cosa dovremmo aspettarci dall'evento del 2 e 3 settembre? Domenico Dolce: Sarà il nostro omaggio alla storia, all'arte, all'eleganza senza tempo della città e alla maestria dei suoi laboratori artigiani. Ringraziamo Firenze e Pitti Immagine per questa opportunità: insieme daremo vita a un nuovo Rinascimento, una nuova Rinascita tutta italiana. Siete stati tra i pochi ad aver sfilato live alla digital fashion week. Per voi la sfilata rappresenterà sempre l'inizio della storia di una collezione? DD: Assolutamente! Non è ancora stata trovata un’alternativa al sogno delle sfilate. Nell’ambiente ne abbiamo bisogno tutti, noi stilisti, chi lavora con noi, i buyer, i giornalisti: sono l’immagine della moda. Probabilmente ci saranno show più piccoli. Essendo indipendenti, siamo agili, in grado di cambiare le cose e di volta in volta organizzarci. Tutto è da reinventare e questo vale a 360°. Il Covid ha condizionato dal punto di vista dell'ispirazione la collezione che ha sfilato in Humanitas? SG: La tecnologia ci ha permesso di tenerci in contatto e continuare a lavorare: la preparazione dei capi è quindi continuata. La collezione è come l’avevamo pensata, senza paura di sperimentare. Elaborata, elegante e sofisticata, ispirata a un luogo di cui io e Domenico ci siamo innamorati a prima vista: l'Hotel Parco dei Principi di Sorrento. Pensate che l'accelerazione del digitale possa penalizzare un prodotto artigianale come il vostro?

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«Dopo la pandemia per sostenere gli store abbiamo realizzato dei tutorial, dove i commessi raccontano la collezione: è stato un successo» SG: Qualità e Made in Italy sono e saranno per noi fondamentali. Le persone cercano l’etichetta Made in Italy, perché sanno che è sinonimo di garanzia. E non parlo solo di moda, ma di cibo, di agricoltura… Bisogna fare sistema e restare uniti. La tecnologia è fondamentale, non possiamo prescinderne. Crediamo sia importante essere positivi e guardare al futuro con entusiasmo. È un nuovo inizio, il mondo cambia e le novità saranno tante. Ci sarà meno wholesale e più e-commerce nel futuro di Dolce&Gabbana? SG: Retail ed e-commerce, oggi più che mai, devono muoversi in modo parallelo e alimentarsi a vicenda. Per sostenere le nostre boutique, sin dall’inizio della pandemia, abbiamo lavorato alla realizzazione di video-

Durante il lockdown e relativo autoisolamento avete scoperto qualcosa di nuovo su di voi? DD: Anche se abbiamo trascorso molto tempo a casa, sono un lavoratore e non ho interrotto la mia routine. Ci sono stati momenti di smarrimento perché sono mancate la progettualità, la fisicità, ma leggere, sfogliare libri e riguardare quello che abbiamo fatto mi ha fatto ritrovare la concentrazione. Credo che questo particolare momento abbia insegnato a tutti quanto sia fondamentale pensare al futuro con ottimismo, senza farsi prendere dal panico. SG: È così, aver scoperto di essere fragili allontanerà la prepotenza della finanza, del denaro, delle speculazioni. E ci ritroveremo più umani. Voglio pensare, come dice Domenico, che vivremo un nuovo Rinascimento, con la creatività e l’essere umano al primo posto. È sulla base di questi principi che immaginate il futuro del gruppo? DD&SG: Il nostro obiettivo è dare spazio alle persone che attualmente lavorano con noi, la famiglia e i dipendenti. Lasceremo il nostro dna, i nostri valori, ai team di lavoro che è al centro della nostra azienda e ha guadagnato la nostra fiducia. Vorremmo sperare che non ci sarà un estraneo a calarsi nelle nostre scarpe, pronto a cambiare tutto. Il «new challenge» secondo Stefano e Domenico? DD&SG: Siamo innamorati dell’Italia: da sempre investiamo le nostre energie per sostenerla e farla conoscere al mondo. Il Made in Italy è un valore e va sostenuto. La moda ha bisogno di positività e di fare sistema. Speriamo che uniti si possa guardare al futuro, dando alla moda l’attenzione che merita, sia per sostenere la filiera produttiva, sia perché la moda stessa è una delle massime espressioni della creatività italiana. ■ 7


INTERVISTA Massimo Piombini Diesel

«Digital e denim, una miscela esplosiva. L'Hyperoom? È la punta dell'iceberg» I piani del nuovo ceo di Diesel tra innovazione e tradizione. Dal lancio della campagna vendita 100% virtuale, alla riscoperta del denim, tornato al centro della cultura aziendale. «Uno stilista? Forse, ma non ora», dice DI ANDREA BIGOZZI

L'innovazione tecnologica e la riscoperta del caro vecchio denim, «che deve tornare essere la colonna portante del prodotto, anche dal punto di vista culturale e di comunicazione», sono i due aspetti che faranno ritrovare a Diesel la strada della crescita, dopo un paio di stagioni di smarrimento. Ne è certo Massimo Piombini, nuovo amministratore delegato dell'ammiraglia del gruppo Otb, chiamato dal patron Renzo Rosso per ricostruire il percepito del brand. «Abbiamo un business plan a tre anni al via col 2021, che vedrà da subito una crescita sul 2019 e con una profittabilità più interessante che in passato», ha raccontato il manager, approdato in Diesel a febbraio, proveniente da Balmain e prima ancora da Valentino. Parla di 2019 e di 2021, ma non cita il 2020: è il tentativo di cancellare quest'anno da dimenticare? Saranno 12 mesi durissimi e, anche se non ce la sentiamo di fare previsioni precise, sarà difficile far meglio del mercato e la prospettiva è quella di una riduzione delle vendite del 22-23%. Ma questa pandemia, a volerle trovare un lato positivo, ci ha imposto di reagire a una serie problemi, che si sono trasformati in opportunità. Penso ad esempio alla showroom virtuale con cui stiamo raccogliendo gli ordini della collezione Spring-Summer 2021: è il primo prodotto frutto di una digital trasformation che per l'intero gruppo Otb, e non 8

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solo per Diesel, è in atto già da tempo, ma a cui il Covid-19 ha imposto un’accelerazione. Quindi la virtual showroom resterà anche a emergenza conclusa? Assolutamente sì: questo è un investimento a lungo termine. Abbiamo chiamato la piattaforma Hyperoom perché al suo interno raccoglie tutta una serie di novità perfette per aumentare l'hype intorno all’attività di buying. Non abbiamo acquistato niente di già presente sul mercato, tutta la tecnologia offerta è pensata ad hoc per ognuno dei marchi di Otb con Accenture, che ha collaborato al progetto in qualità di system integrator. Non volevamo che la campagna vendita si risolvesse nello sfogliare un catalogo digitale, come quando si fa shopping su Amazon. In pratica come sono cambiate le modalità di acquisto delle collezioni? Abbiano scelto una strada iperrealista quindi la percezione che si ha è di entrare nella nostra showroom di Milano: gli scaffali e anche gli abiti appesi e piegati sono una replica digitale dello spazio fisico. Il venditore, quello in-

vece è reale e accompagna il buyer in un viaggio all'interno di sette stanze, ognuna corrisponde a un drop di collezione. Alla fine del walkthrough ci si siede a un tavolo (virtuale) e si scrive l'ordine. Si tratta di un'esperienza che dura circa un paio d' ore, con i primi otto minuti caratterizzati da contenuti immersivi e dove non si può toccare con mano la collezione, ma la qualità delle immagini offerta, tra foto in 3D scatti a 360° e la possibilità di 50 close up diversi, è tale che se un buyer non compra un capo della collezione non è perché non lo vede bene. Fino a che punto potrà spingersi la digital revolution di Diesel? La showroom viruale è solo la punta dell'iceberg di un processo di cui stiamo già immaginando la fase 2 e fase 3, lavorando alla realizzazione di campionari in 3D e a molto altro. Rapporto vis à vis buyer-venditore e showroom fisiche sono a rischio? No, ma dovranno evolvere. La showroom di Milano continuerà ad esserci, ma la trasformeremo. Sarà un luogo dove il buyer vedrà


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1. Massimo Piombini, ceo di Diesel 2. Un'immagine dell'Hyperoom 3. Lo store Diesel a Milano 4. Un look FW20 5. Una campagna del brand fondato da Renzo Rosso

di Amsterdam. Seguirà un approccio più visual, con un allestimento modulare e dinamico per essere trasformato e rinnovato anche ogni sei mesi. Ma i cambiamenti riguarderanno non solo l'aspetto architettonico, ma anche la customer experience. Torneremo a puntare sui denim specialist: ultimamente i ragazzi che lavoravano in negozio passavano dalla vendita delle Tshirt al denim, oggi non sarà più così. Ci vuole più focus.... 4

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la collezione, ma alla fine del suo tour troverà una "darkroom", con all'interno postazioni dotate di maxischermo digitali con cui realizzare gli ordini in maniera più completa. Potremo accedere in tempo reale a report e statistiche sul venduto.

cui affidare la direzione stilistica. Ma non si tratta di una priorità, non attendetevi nomine nei prossimi sei mesi: prima dobbiamo attendere che gli interventi fatti su prodotto e distribuzione siano più visibili.

Che ruolo avrò in questo scenario avveniristico il caro vecchio denim? È da lì che vogliamo ripartire sul fronte del prodotto. Il denim continua a rappresentare il core business di Diesel, ma la percezione attuale è cambiata. Il know how c'è sempre, ma forse è mancata la cultura. Diciamo che il denim è per Diesel quello che il cuoio è per Louis Vuitton, solo che per il brand francese questo legame è evidente su tutto, dalle collezione ai negozi fino alla comunicazione. Per Diesel non è più così, ma tornerà ad esserlo. Per questa trasformazione ci sarà bisogno di un direttore creativo? C’è sempre stato, e sempre ci sarà, un coinvolgimento diretto di Renzo Rosso in tema di creatività, ma questo non esclude che in futuro non si individui una figura esterna a

Che cosa sta cambiando nel retal? Presenteremo entro quest’anno un nuovo concept che debutterà con il flagship store

Interverrete anche sul wholesale? Storicamente siamo forti sul retail e sul wholesale, ma lo stiamo diventando anche nell’e-commerce, alla luce di una crescita che sfiora la tripla cifra. Questa condizione ci spinge a riequilibrare il peso dei vari canali e nel wholesale saremo più selettivi, in linea con il lavoro che stiamo facendo sul prodotto: raggiungere nuove fasce di prezzo ci porterà a sacrificare qualche cliente. ■

Tutti i numeri di Diesel +2,6%

l'incremento di fatturato del 2019

436

i negozi comprensivi nel mondo tra monomarca e franchisee

1800

i wholesaler che avranno accesso alla piattaforma Hyperoom per la campagna vendiata SS21

3515

i dipendenti Diesel nel mondo

12 milioni

i jeans venduti in tutto il mondo Fonte:Diesel, elaborazione Fashion

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STRATEGIA MODALITÀ IBRIDA

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FASHION WEEK Tra reale e virtuale Il parere di buyer e analisti sulla svolta digital delle sfilate

Prove tecniche di una nuova normalità La prima fashion week interamente (o quasi) digitale è stata un salto nel vuoto. Short film, avatar danzanti e clip alla Netflix hanno sostituito le passerelle e la corsa al posto. Alcuni brand hanno superato brillantemente l’esame, ma non si può negare che l’esperienza fisica è un’altra cosa. Spesso, poi, è mancato il focus sul prodotto A CURA DI ANGELA TOVAZZI

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La Milano Digital Fashion Week è stata un coraggioso esperimento e come tutti gli esperimenti qualcosa ha funzionato bene e qualcosa no. Certo, le incertezze legate alla pandemia ancora in corso, le restrizioni sociali, le modalità virtuali per molti ancora desuete e il salto obbligato nella sperimentazione costituivano un’oggettiva challenge per le aziende, ancora sotto choc per i danni economici causati dall’emergenza sanitaria che, come ha ricordato Carlo Capasa, numero uno di Cnmi, «sta provocando all’industria della moda perdite tra il 20 e il 30%». Durante la prima manifestazione digitale nessuno si è comunque potuto sottrarre dal cavalcare l’onda del cambiamento e ogni marchio ha dovuto interrogarsi su quale format fosse più consono per veicolare il proprio dna e la nuova collezione. Fra i tanti che hanno emulato lo stile narrativo delle serie Tv o lo storytelling del grande schermo oppure, budget permettendo, facendo propria la visione di grandi artisti, solo pochi però hanno saputo realizzare una virtuosa sintesi tra asset immateriali e materiali, tra messaggio puro e contenuto, tra purpose e prodotto. Anche questa volta Miuccia Prada e Alessandro Michele di Gucci si sono confermati dei visionari - la prima mettendo in

scena una conversazione tra cinque image maker, il secondo attraverso una sorta di Grande Fratello sul making of di una campagna, con una maratona in streaming di 12 ore - perché hanno saputo esplorare nuovi linguaggi efficaci per la narrazione del marchio, mantenendo forte il focus concreto sui capi. «Per arrivare a clienti e consumatori è ora necessario un nuovo livello di creatività: a quello della collezione deve unirsi quello della modalità scelta, quasi “tecnica - commenta Erika Andreetta, partner PwC e consumer markets consulting leader -. Per realizzare questo connubio con successo non è necessario realizzare produzioni enormi. Virgil Abloh, ad esempio, ha messo a punto un piccolo corto “lisergico”, riuscitissimo». I nostri Simone Rizzo e Loris Messina di Sunnei, tra i brand che hanno meglio superato la prova schierando gli avatar che si cambiano d’abito con le movenze della macarena, nondimeno hanno dimostrato che un contenuto video, se originale, può bucare lo schermo del virtuale e suscitare emozioni reali, umanizzando l’asetticità del mezzo tecnologico. Più in generale, questa cesura degli appuntamenti fisici è servita soprattutto a spazzare via vecchi schemi, per inoltrarsi nel terreno delle possibilità. «Credo - interviene


ETRO E DOLCE&GABBANA

I campioni "fisici" della digital week Etro nel giardino dell’Hotel Four Seasons e Dolce&Gabbana nel campus dell’Humanitas University: i due brand sono stati gli unici a sfilare (in sicurezza) dal vivo Hanno scelto di sfilare in sicurezza, ma nel mondo reale: Etro e Dolce&Gabbana sono stati gli unici a calcare un palcoscenico fisico. «Il digitale è importante, ma l'interazione dal vivo resta fondamentale», hanno commentato Kean e Veronica Etro, rimarcando che «avere una produzione completamente italiana ci ha reso le cose più semplici, perché abbiamo potuto fare affidamento sui nostri fornitori e le maestranze sono state felici di ritrovarsi». Presente alla sfilata, Antonia Giacinti, owner di Antonia, approva la scelta: «Vedere una sfilata fisica come quella di Etro facilita il lavoro e migliora il sentiment. Parigi e Milano hanno regalato bellissimi fashion film, penso a Dior e Prada, ma è evidente che questa formula, adesso necessaria, non potrà sostituire le sfilate, che a settembre saranno certamente più numerose». Sulla stessa lunghezza d’onda Tiziana Fausti: «Ambedue le sfilate fisiche mi sono piaciute: fiere e consapevoli dei loro brand». Convinti della scelta Domenico Dolce e Stefano Gabbana: «Per noi la sfilata è insostituibile, non amiamo il digitale. Emozione, adrenalina, il contatto con la gente. Siamo veraci. Siamo italiani con una spontaneità forte».

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1. Il backstage del video girato da Ermenegildo Zegna 2. Per l'ultima collezione prima dell'arrivo di Raf SImons, Prada ha realizzato cinque fashion film 3. Gucci ha scelto i membri dell'ufficio stile come modelli 4.Etro, insieme a Dolce&Gabbana, è stato protagonista di un live show

Luca Solca - che il formato tradizionale della sfilata fosse già obsoleto prima dell’arrivo del Covid. L’idea di una presentazione in un contesto pensato per qualche centinaio di buyer e giornalisti era ormai anacronistica». Il senior research analyst, Luxury Goods di Bernstein ricorda come Moncler sia stato il primo a introdurre una soluzione adatta alla nuova realtà, un modo per «ricevere più persone, anzi molte migliaia di persone, invece delle solite 100 facce conosciute». Ora il modello ideato da Remo Ruffini dovrà giocoforza spostarsi in parte sul web, con altre modalità ibride tra fisico e digitale, ma è fuori discussione che

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si dovrà scrivere da zero un nuovo capitolo: «Non credo siamo ancora arrivati a un format vincente. La trasmissione in streaming è uno work in progress - sintetizza Solca -. Ci sarà ancora da inventare e da scoprire». Con un doppio obiettivo: non scontentare il grande pubblico, che ha bypassato le barriere elitarie della moda proprio grazie alla potenza di fuoco della Rete, e quello degli addetti ai lavori, che prima delle idee cercano i prodotti. «Il vantaggio principale del formato digitale, con un dialogo tra arte e moda - concorda dal fronte buyer Lia Pagoni del gruppo greco Pagoni - è che apre la strada a nuove forme espressive. Il rovescio della medaglia è però che, nella versione digital, c’è bisogno di andare letteralmente “alla ricerca” dei vestiti». Non è la sola a pensarla così: secondo la maggior parte dei compratori che abbiamo interpellato la carta dei fashion movie è risultata poco adeguata a mostrare le potenzialità e i contenuti di una

collezione, con eccezioni come Jacquemus, protagonista a Parigi con una sfilata in un campo di grano, ed Ermenegildo Zegna, con un vibrante show nel verde dell’Oasi Zegna e nei corridoi dell’azienda e con i capi - appunto - in primissimo piano. Pur ammettendo che i contenuti digitali sono fruibili da una vasta audience, Riccardo Tortato, fashion director E-commerce e Men’s fashion director di Tsum, pensa che gli svantaggi di una fashion week che elimina il processo sensoriale superino nettamente i vantaggi: «È come guardare un video musicale, anziché assistere a un concerto dal vivo - afferma -. Il solo mezzo virtuale non basta. Vedere il prodotto è fondamentale e spero si recuperino al più presto le procedure abituali». In ogni caso, come ribadisce Sabina Zabberoni, ceo e owner di Julian Fashion e Luisa Rimini, «la digital fashion week è stata un’esperienza utile per il futuro. Molti dei materiali digitali scelti dai brand 11


STRATEGIA MODALITÀ IBRIDA

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Wx Italia, azienda specializzata in piattaforme software e produzioni multimediali per la moda, ma chiarisce: «Ci sono buyer tecnologicamente evoluti e buyer con meno dimestichezza con il web. Per questo, in generale, tendiamo a fissare degli appuntamenti online e ad assistere l’utente lungo tutto il processo, in modo da replicare il più possibile l'esperienza fisica». Esperienza riconosciuta, dopo il passaggio traumatico nella pandemia, come fondamentale: «Le piattaforme digitali create dai brand e dalle showroom multimarca si sono dimostrate efficaci per gli acquisti - è il commento di Federica Montelli, head of fashion Rinascente - ma in generale il contatto diretto con il prodotto è mancato e le due uniche sfilate live della fashion week, Etro e Dolce&Gabbana, ci hanno ricordato quanto importante e impattante sia vedere il prodotto dal vivo». Insomma, la “nostalgia” del mondo reale e delle persone in carne e ossa è forte e sentita, ma è indubbio che questa Milano Digital Fashion Week è stata un salto nel futuro. «Sono certo che i marchi che potranno permetterselo promuoveranno il loro lavoro sia

non sono stati capaci di veicolare un messaggio preciso, mentre la passerella difficilmente ti tradisce da questo punto di vista. Eppure della tecnologia non ne faremo più a meno, specie per le calzature e i carry over». Un discorso, questo, che riguarda anche il buying da remoto. Gigliola Maule del Gruppo Zappieri, fautrice della nuova associazione Best Showroom insieme a Francesco Casile, Mauro Galligari, Elisa Gaito e Giulio di Sabato, sottolinea l'utilità in un momento come questo della nuova e avveniristica piattaforma creata da Best Showroom insieme a 12

I giovani designer alle web sfilate Numero 00 “Vietato non amare”. Questo il titolo dello short film con cui Valerio Farina, founder di Numero 00, ha presentato la collezione, tornando idealmente a Rimini, sede del brand, dove gli abiti sfilano nei luoghi storici della città. Jieda Il brand nipponico di Hiroyuki Fujita ha preso parte del palinsesto di Cnmi con un fashion film diretto da Yohei Haga, ambientato a Tokyo in aprile, il mese che marca per molti ragazzi giapponesi il momento del passaggio alla vita adulta, con l’inizio dell’università. Serdar Per la sua seconda prova nel calendario, il marchio disegnato dal turco Serdar Uzuntas, originario di Izmir, ha scelto uno spazio verde nel cuore di Milano per girare uno short film che racconta la collezione, ispirata dall’arte dei pittori contemporanei Pierre Soulages e Laszlo Lakner e allo stile di David Bowie. Children of the Discordance Il brand disegnato da Hideaki Shikama ha debuttato a Milano con il movie The Protect Archives ll, celebrando le grafiche iconiche del marchio con skater che percorrono i quartieri di Tokyo. Protagoniste proposte discordanti, frutto di capi dimenticati negli archivi, smontati e ricostruiti come pezzi unici.

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1. A Parigi Jacquemus è stato l'unico a proporre una sfilata 2. Sunnei ha puntato tutto sulla realtà virtuale per presentare la nuova piattaforma Canvas, riservata ai top client 3. Un close up della Versace Flash Collection

PRONTI ALLA RIPRESA

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con la sfilata che con i video, che sembra si siano divertiti a fare - commenta Andrea Selvi, senior buyer di LuisaViaRoma -. Per un pure player come noi questa è una garanzia: perché fa capire meglio quale può essere la reazione di un consumatore davanti allo schermo retroilluminato di uno smartphone o di un computer». Un cambio di prospettiva con numerose implicazioni, anche nel business: «In futuro - osserva Erika Andreetta - si prospetta un’abolizione dello scostamento temporale tra lo svolgimento della sfilata e il suo arrivo sui social. Lo show non “rimbalza” più

poco dopo su Instagram, non vi giunge più dopo un suo accadere reale, ma coincide con il “lì” virtuale». Con dei conseguenti downsize, come «la scomparsa - precisa l’analista - delle aziende produttrici di eventi e la crisi di quelle di catering, la drastica diminuzione dei viaggi o le conseguenze, non tutte positive, di un atteggiamento più “locale”». Staremo a vedere. Intanto per settembre molte aziende si stanno organizzando per tornare alla “real life". (hanno collaborato Alessandra Bigotta, Andrea Bigozzi, Elisabetta Fabbri, Carla Mercurio). 


MOVIMENTO SINERGICO Salone, showroom, buyer, brand #insiemesiamopiuforti

Con White e Milano Loves Italy la città rialza la testa

1. l'immagine simbolo di Milano Loves Italy (credit: Angelo Cruciani & Manuel Scrima 2. Francesco Lubrano (Panorama Moda), Massimiliano Bizzi (White), Gigliola Maule e Giulio Di Sabato (Best Showroom) e il direttore di Fashion, Marc Sondermann, durante l'evento di presentazione del 20 luglio al Base di Milano

ANTICIPAZIONI SUL FASHION MONTH

Un andamento a macchia di leopardo

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Il salone è confermato in forma fisica dal 24 al 27 settembre, con un risvolto digitale. Insieme alla nuova associazione Best Showroom è il centro propulsore del grande progetto di rilancio di Milano a settembre, con il supporto del sistema moda e delle istituzioni. I buyer non vedono l’ora di tornare e i marchi non possono perdere l’occasione di ritrovarli DI ALESSANDRA BIGOTTA

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Settembre, Milano si risveglia. Ci saranno le sfilate, i saloni di Fieramilano Rho (vedi articolo a pagina 59) e un grande movimento d’impronta phygital, che prende il nome di Milano Loves Italy e sta tenendo sempre più banco. Dalla voglia di fare sistema, stimolata dal lockdown, è infatti scaturita un’intesa inizialmente tra il salone della moda contemporary e delle Pmi White e Best Showroom, la nuova associazione delle migliori showroom milanesi lanciata da Gigliola Maule, Francesco Casile, Mauro Galligari, Elisa Gaito e Giulio Di Sabato, sotto l’egida di Confcommercio. Obiettivo, remare insieme per ridare a Milano quello che è di Milano, ossia il glamour, gli eventi, il business, i compratori e anche i brand, senza i quali la macchina non si può rimettere in moto. L’intesa tra White e Best Showroom ha creato un positivo effetto domino: sono scesi in campo per il nuovo progetto, scandito dagli hashtag #insiemesiamopiuforti e #iovadoamilano, Cbi-Camera Buyer Italia, Confartigianato Imprese, Comune di Milano, Regione Lombadia, Maeci, Agenzia Ice e, in qualità di partner istituzionale, Camera Moda. Anche noi di Fashion, in qualità di media partner, stiamo facendo la nostra parte. «Gettare il cuore oltre l’ostacolo, questo si deve fare. I compratori vanno dove vanno gli imprenditori», dice Massimiliano Bizzi, mentre Gigliola Maule precisa che, nonostante la nuova fashion house virtuale di Best Showroom sia strategica in un momen-

to come questo, «abbiamo ricevuto conferme da diversi clienti italiani ed europei sulla loro presenza. Le aziende non devono avere paura». Quindi dal 24 al 27 settembre il salone White ci sarà, con un format phygital di cui farà parte una piattaforma B2B in grado di offrire alle aziende la possibilità di essere online per 12 mesi e interagire con un ampio network di retailer italiani e internazionali, e Milano Loves Italy decollerà, all’insegna di numerose sinergie e servizi: per esempio la presenza a White di 50 aziende italiane selezionate insieme a Best Showroom, una strategia multimediale di marketing e un

Una concreta collaborazione, da cui far ripartire la rinascita economica del settore moda

Il fashion month di settembre inizia a prendere forma. Ad aprire il calendario l’11 settembre è la New York Fashion Week, con pochi show fisici, almeno per i big brand. Bocche cucite su Londra, on schedule dal 18 al 22 settembre, ma è certo che il 17 settembre Burberry sfilerà: si sa poco, se non che sarà uno show all’aperto, a metà tra reale e digitale. Dal 22 al 28 settembre toccherà a Milano e qui la componente fisica si farà più forte: Armani ha fatto sapere che presenterà insieme uomo e donna, sia per Giorgio Armani sia per Emporio, mentre Fendi, in un primo momento intenzionato a sfilare a Roma, è tornato sui suoi passi e calcherà la pedana a Milano il 23. Mistero sul format di Prada, che segnerà l’atteso debutto della collaborazione tra Miuccia Prada e Raf Simons, mentre è chiara la scelta di Missoni: niente passerella ma solo appuntamenti in showroom, anche se è in vista un progetto dedicato al consumatore finale. Salvo ripensamenti, Gucci non dovrebbe entrare in calendario. La presenza di Etro e Dolce&Gabbana è data praticamente per scontata, dopo il successo dei défilé fisici alla Milano Digital Fashion Week. (an.bi.)

programma di incoming di buyer nazionali ed esteri, ai quali sarà riservato un servizio di navette e courtesy car per collegare White alle showroom, con relativa mappa veicolata sui canali di comunicazione. Non mancheranno gli eventi instore, in tandem con i migliori multibrand milanesi e Cbi-Camera Buyer Italia: cinque designer italiani saranno abbinati ad altrettanti store e ne nasceranno appuntamenti, in un calendario stile Fuorisalone. Bizzi cita Einstein: «È nella crisi che sorgono l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso, senza essere superato».  13


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EXTREME JACQUARDS L’AUTUNNO-INVERNO 2021/2022, UNA STAGIONE IN CUI LE PAROLE INNOVAZIONE E CREATIVITÀ ASSUMONO UN VALORE ANCORA PIÙ PROFONDO Per rispondere alle esigenze di chi cerca una fluidità sofisticata, il Lanificio F.lli Cerruti dal 1881 per la stagione Autunno-Inverno 2021/2022 propone interpretazioni estreme di jacquard, dove la creatività esplode nel disegno oppure si svela in modo decisamente sottile, attraverso l’uso dei filati. L’innovazione si intreccia con il più visionario spirito contemporaneo, per definire diversi orizzonti di eleganza. Le lane pregiate vengono interpretate con un piglio genderless, per garantire la massima versatilità di stile abbinata a un confort assoluto, a navetta o in jersey.

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La moda di per sé non è un oggetto che può essere concreto. Oggi più che mai bisogna avere il coraggio delle sorprese, rilanciare la fantasia, l’incredibile. Oggi intorno a noi troviamo contenuti scientifici, che dominano il mondo, ma che limitano in modo crescente le nostre libertà. Dall’altra parte, nell’ambito opposto, quello della fantasia, c’è l’abbigliamento

»

Nino Cerruti

www.lanificiocerruti.com

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STRATEGIA B2B

OUTLOOK I nuovi scenari del fashion buying Parlano buyer, showroom e sviluppatori

Virtual showroom, ora si fa sul serio. Funziona il mix tra immersive tour e servizio Durante l’emergenza Covid il modello era più simile a quello della televendita, ma ora bisogna riflettere veramente su cosa debba diventare la campagna vendita virtuale, senza però farsi prendere dall’effetto wow DI ANDREA BIGOZZI

La più grande sperimentazione di massa della virtual showroom è partita a luglio con gli ordini delle Cruise 21 e delle Spring-Summer 21. Quello che - causa Covid - abbiamo praticato nella stagione precedente (AI20/21) era il vecchio modo di fare campagna vendita, gestito per necessità da remoto: in assenza di potersi incontrare fisicamente, buyer e veditori si sono collegati via Zoom o Teams, sfogliando davanti allo schermo cataloghi digitalizzati. In questi quattro mesi le aziende si sono organizzate e hanno iniziato a scoprire (grazie a super specialisti e consulenti come Joor, NuOrder, ma anche Le New Black, Hyphen e Venistar) la vera essenza delle showroom virtuali: la maggiore libertà di azione per tutti gli attori coinvolti, grazie anche alle tecnologie disponibili. Tra realtà immersiva, aumentata 16

o virtuale, la cultura del buying, sempre più mediata da uno schermo, rischia quindi di cambiare radicalmente. Tutti contenti? Sui due fronti della barricata si pesano i pro (molti) e i contro (qualcuno). Tra i buyer comincia a serpeggiare la consapevolezza

Spazio all’innovazione, ma evitare di trasformare le showroom in videogiochi, la priorità resta vendere che d’ora in poi sarà impossibile vivere la vita adrenalitica di un tempo in giro per il mondo, ma il lavoro diventerà più preciso ed efficiente. Per le aziende ci sono i risparmi, certo. Il nuovo modo di progettare le campagne vendita non prevede neppure un

campionario fisico (sostituito da uno in 3D) e si potrà lavorare con un diverso approccio alla supply chain, ridurre i costi e le emissioni prodotti dagli aerei, abitualmente utilizzati per andare nelle showroom. Per i visionari dell’innovazione la campagna vendita virtuale «farà sentire il buyer come se fosse davvero presente in un altro luogo con il sales manager». Ma c’è chi ricorda che tutta questa innovazione non deve trasformare le showroom in una sorta di videogiochi, perché l’obiettivo è vendere, non raggiungere l’effetto wow. E a chi pensa che questa nuova organizzazione finisca per mettere in discussione la figura del sales manager, la risposta arriva chiara: «Il toccare con mano i capi e il rapporto vis-à-vis tra cliente e venditore restano fondamentali - dicono in tanti -, ancora di più durante i periodi di emergenza e cambiamento». 


Kristin Savilia CEO

Joor Digital wholesale platform Qual è secondo lei la tendenza più sopravvalutata in fatto di Buying&Tech? Non è tutto oro quello che luccica. Oggi si sente tanto parlare di realtà virtuale e realtà aumentata, strumenti utili per le aziende per ricreare esattamente l’esperienza dello showroom. Come ex buyer, posso dire che sarebbe uno sforzo inutile e che non ne vale la pena. Penso che ci vorrebbe troppo tempo e continui aggiustamenti prima di poter andare in giro per casa con indosso visori di realtà virtuale o di poter visitare una showroom digitale fingendo di essere davvero in una stanza con il sales manager, le modelle e le collezioni. L’approccio di Joor è quello di trarre il meglio da quell’esperienza e renderla semplice: immagini a 360°, video, tools di interazione in real time come “shop the look” e “styeboard”, uniti insieme in una solida piattaforma di gestione degli ordini. Fashion week e fiere sono state le prime a rivolgersi a voi per trovare alternative all’evento fisico. Ma una piattaforma come la vostra non rischia di diventare un’ alternativa? Passerete da alleati a nemici? Non siamo nemici e non lo diventeremo. Certo, in questo momento le settimane della moda e i saloni sono solo digitali, ma si tratta di qualcosa di passeggero, gli eventi fisici torneranno e le nostre partnership inizieranno a riflettere un modello ibrido e multicanale. C’è un ruolo chiave della tecnologia nella realizzazione di eventi di moda trade e gli organizzatori lungimiranti lo hanno capito da tempo, anche prima della pandemia. Per loro abbiamo immaginato Joor Passport, uno sportello unico per semplificare l’esperienza di buying attra-

verso una piattaforma volta a digitalizzare e unificare l’esperienza della fiera e della settimana della moda. Ovviamente tutti gli ambienti digitali creati per ogni fiera sono unici. Così abbiamo iniziato a collaborare con partner globali tra cui Premium Group, Arab Fashion Council, Liberty Fashion & Lifestyle Fairs e la Japan Fashion Week con l’obiettivo di dare slancio alle vendite wholesale delle loro sfilate estive e autunnali. Di recente abbiamo anche organizzato il nostro primo evento virtuale con la London Fashion Week a giugno e con Premium & Seek dal 14 luglio abbiamo lanciato il primo digital trade show al mondo. Le virtual showroom sono un’opportunità solo per i grandi marchi o anche i brand indipendenti possono avvantaggiarsene? C’è un ruolo per le digital showroom indipendentemente dalle dimensioni del marchio e dal fatto che si occupi di moda, bellezza o design o che si focalizzi su un determinato livello demografico o di prezzo. Un po’ come succede per l’e-commerce B2C, che funziona per tutti i retailer, di ogni dimensione, e allo stesso tempo apporta valore a tutti i brand, dai colossi agli emergenti. 

Antonio Canovese CX Sales Manager

Venistar

Solution provider Ci dica la caratteristica più importante che deve avere una buona showroom digitale... Semplice: che sia funzionale a portare a termine una vendita. Esattamente come accade con la showroom fisica. In questi giorni si parla moltissimo di 3D, avatar, intelligenza artificiale: tool che garantiscono l’effetto wow e che fanno assomigliare la campagna vendita a un videogioco, ma

Venistar ha creato CX – Commerce eXperience”, una piattaforma specifica per le esigenze del mondo fashion & luxury

non bisogna dimenticare che l’obiettivo è che il buyer arrivi alla fine del gioco, ovvero a fare l’ordine. Quindi la tecnologia non deve mai essere fine a se stessa, altrimenti il rischio è creare dei contenitori bellissimi, ma inutili o comunque non in grado di generare valore. Meglio quindi limitare la sperimentazione? Assolutamente no: un’azienda non deve rinunciare ad evolvere, ma è importante che si doti di una piattaforma back-end omnicanale, per gestire in maniera veloce e integrata le nuove opportunità offerte dalla tecnologia e dalla proliferazione dei canali phygital. Campionari in 3D, avatar, VR, AR o AI non sono assolutamente delle commodity. Fare atterrare tutta questa innovazione all’interno del sistema aziendale non è uno scherzo, comporta l’inserimento di nuove piattaforme abilitanti e un cambiamento culturale e organizzativo orientato all’innovazione continua. A quale figura è più giusto affidare il compito di disegnare e immaginare questi nuovi processi? C’è da augurarsi che top manager lungimiranti mettano in mano questo tipo di progetti a team di giovani professionisti, nativi digitali e con competenze multidisciplinari. Sono loro che hanno le skill per immaginare nuove esperienze di buying (e non solo) all’interno di dimensioni nuove. Quanto ci vorrà per compiere questa rivoluzione? Difficile prevederlo, anche qualche anno. Una completa trasformazione virtuale delle showroom deve essere parte di un processo che innovi radicalmente l’intera supply chain. Per fare questo le aziende dovranno avere una loro visione del futuro su cui fondare il nuovo modello di business.  17


STRATEGIA B2B

Tiffany Hsu Fashion Buying Director

Mytheresa

Online multibrand Come è cambiato il suo modo di fare gli ordini, ora che avviene prevalentemente da remoto? Dobbiamo abituarci alle showroom digitali e ai lookbook, ma abbiamo già fatto un po’ di pratica a marzo. Nel complesso stiamo pianificando il nostro buying schedule, che seguiremo di persona. Esaminiamo tutto il materiale prima degli appuntamenti per

essere meglio preparati. In generale ogni appuntamento digitale richiede più tempo rispetto a un incontro faccia a faccia. Con i grandi clienti è più facile adattarsi: conosciamo già i materiali utilizzati e le vestibilità, cambiano magari i colori o le stampe, ma tutto è gestibile facilmente. Sembra rimpiangere le sfilate e gli appuntamenti in showroom... In quanto retailer online ci aspettiamo che i nostri clienti acquistino prodotti senza vederli prima nella vita reale. Naturalmente, per noi come buyer è importante verificare la qualità o il tessuto di alcuni pezzi, soprattutto quando selezioniamo nuovi designer, ma se non fossimo capaci di adattarci a questa nuova situazione, vorrebbe dire che c’è qualcosa di sbagliato nel modo di vendere che proponiamo. Certo, corriamo qualche rischio in più: non possiamo restituire le scorte una volta che abbiamo ordinato. Ma ci viene in soccorso l’esperienza, sentiamo di avere un buon sesto senso per le cose che potenzialmente piacciono ai nostri clienti, anche se le vediamo attraverso uno schermo. Qual è il servizio o lo strumento di cui un buyer ha più bisogno? Soprattutto i grandi gruppi stanno potenziando le showroom digitali a 360°, per presentare il prodotto da ogni angolazio-

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Marco Milioli CMO

Hyphen-Group Digital asset management I risultati di business possono migliorare attraverso la virtualizzazione delle showroom? In realtà non esiste conflitto tra virtuale e reale: possono giocare a livello sistemico per creare un valore superiore in termini di efficienza. Le showroom digitali non possono accontentarsi di offrire contenuti multi18

mediali, sempre abbinati a schede descrittive dei prodotti, strumenti commerciali di profilazione offerte e ordini, calendari e wishlist, ma l’obiettivo è a offrire ai buyer esperienze fisiche e anche un coinvolgimento emozionale. E per quando riguarda la mancanza del rapporto tattile con gli oggetti, forse un giorno arriveremo anche a quello. Scenari rivoluzionari, che per essere realizzati richiederanno budget stellari... Si tratta di un investimento significativo, ma che si ripaga da se anche velocemente. Una phygital showroom è uno strumento B2B,

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1. Fare ordini via Zoom è ormai il new normal per un buyer 2. Ferragamo e Versace sono alcune delle maison che Hypen sta seguendo nello sviluppo digitale delle campagne vendita

ne possibile. I venditori sono sempre lì per rispondere a tutte le nostre domande. I marchi stanno realizzando gli shooting dei prodotti in anticipo, per mostrarli in un modo migliore, quindi c’è molta tecnologia in gioco. Finora abbiamo utilizzato principalmente Joor per gli ordini e molte videochiamate Zoom, ma anche i nostri sistemi. 

ma può anche essere utilizzata per il buyer B2B, per non parlare delle potenzialità di queste piattaforme nella gestione delle attività di ufficio stampa: gli stessi tools utilizzati per la campagna vendita posso essere impiegati per un digital press day. E poi la showroom virtuale si attiva dove e quando vuoi. Ora che il traffico dei negozi sembra destinato a calare, specie in alcuni momenti dell’anno, non è impossibile immaginare che le campagne vendita da remoto si possano condurre anche dai negozi fisici, aumentando quindi la resa al metro quadro di questi spazi. Qual è la novità più richiesta dai brand? Il vero vantaggio delle virtual showroom è che possono cambiare il modo di progettare le collezioni e modificare l’approccio alla supply chain: in futuro non ci sarà più bisogno del campionario fisico e questo porterà a una riduzione degli sprechi. Versace, ad esempio, presenterà la nuova collezione, come avviene ogni anno, ma per la prima volta il 20/25% del campionario sarà realizzato in 3D. Certo, la maison è partita presto con questo progetto e il 3D del campionario è un’opzione già percorribile: posso dire che almeno l’80% dei nostri clienti lo sta tenendo in considerazione. 


ONE TOUCH OF NATURE MAKES THE WHOLE WORLD KIN

WILLIAM SHAKESPEARE

CARIAGGI

ENVIRONMENTAL SUSTAINABILITY


STRATEGIA B2B

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ti, questo nuovo modo di lavorare riduce errori e soprattutto rende il mestiere di buyer ancora più professionale. Torneremo indietro, agli ordini fatti solo toccando con mano? Credo di no, sarebbe un’occasione mancata. Non si può chiedere al pilota di una Tesla e di tornare a guidare un’auto diesel. Per quanto mi riguarda sono ottimista: la nostra showroom sta andando over budget su praticamente tutti i clienti e mi riferisco a budget pre Covid, quindi mi reputo fortunato. ■

abbiamo da poco siglato con la Fédération de la Haute Couture et de la Mode per gestire Sphere, la showroom della fashion week di Parigi, consentirà ai marchi emergenti e indipendenti di fornire ai buyer tutti gli strumenti necessari per effettuare senza problemi gli ordini, nonostante le limitazioni degli spostamenti. Senza strumenti del genere per le realtà più piccole raccogliere ordini sarebbe stato molto complesso in questo momento. Quando si parla delle campagne vendita da remoto si evidenzia il loro lato sostenibile o la capacità di ridurre i costi di trasferta. Ma non ci si dovrebbe prima chiedere se i buyer faranno le scelte giuste, senza poter toccare con mano i capi? Ci siamo più o meno tutti posti la stessa domanda dieci anni fa, quando l’e-commerce iniziava la sua espansione, e sappiamo come è andata a finire. Oggi nessuno più si chiede se il cliente è pronto ad acquistare un capo scegliendo dallo schermo retroilluminato di una smartphone. Certo anche per le campagne vendita, sarà il modello ibrido a dare i risultati migliori. Per questo noi offriamo una vasta gamma di opzioni per condividere la maggior parte delle immagini dei prodotti a 360°, tour virtuale 3D, video e contenuti editoriali alcuni dei nostri clienti stanno persino inviando campioni di tessuti in tempi record. Cosa dovrebbe fare un piccolo brand in questo momento? Investire su un e-shop e diventare made to order o sulla showroom virtuale B2B? È una questione di strategia di vendita e credo che B2B e B2C creino un ciclo virtuoso, se ben eseguiti contemporaneamente. Credo comunque che le showroom virtuali dovrebbero ricevere almeno la stessa attenzione di qualsiasi sito di e-commerce, in termini sia di marketing che di experience. Proprio come oggi è impossibile pensare che un brand possa conquistare il mercato senza uno shop online, allo stesso modo dovrebbe accadere per le showroom e i buyer. ■

Giacomo Piazza Co-founder and Director

247

Multibrand showroom In questi mesi le showroom multimarca sono state molto rapide a convertirsi al digitale...come hanno fatto? Tutti parlano di showroom virtuali, ma in molti casi l’innovazione offerta si limita a line sheet e video call tramite Zoom. Per noi già da marzo fare una campagna vendita da remoto voleva dire offrire un’intera piattaforma abilitata a replicare tutte le attività che possono intercorrere tra i venditori e i buyer. Altro che virtualizzazione dei cataloghi, l’app di 247 offre un’esperienza immersiva con sevizio di self booking, l’opportunità di vedere un brand portfolio esteso, la possibilità di connettersi in videochat direttamente dall’app, seguire in diretta i walk thru delle modelle che possono anche essere registrati e archiviati. E poi che succede? Sulla base di tutte queste esperienze il buyer fa il suo ordine in autonomia. Come accadeva prima: nessuno finalizzava ordine direttamente in showroom, Alcuni dicono che gli appuntamenti si sono allungati, forse è vero, ma la precisione del lavoro è aumentata. Fare ordini in showroom face to face aveva dei limi20

Romain Blanco Managing director

Le New Black

Digital wholesale platform Il concetto di virtual showroom non è nuovo, ma mai prima del 2020 si sarebbe immaginato che questo strumento sarebbe stato scelto anche da un fashion week... In fatto di digital transformation siamo riusciti a fare in tre-quattro quello che altrimenti avremmo raggiunto in tre-quattro anni. E tutta la fashion industry si sta muovendo verso un modello ibrido. La partnership che


1. Sunnei sta sfruttando la realtà virtuale per creare una piattaforma di vendita customizzata, che offrirà ai negozi la possibilità di costruire la propria collezione 2. Sphère, la showroom della fashion week di Parigi dedicata ai marchi emergenti, avrà uno spazio virtuale grazie a Le New Black. 3. Otb ha lanciato la showroom di vendita interamente virtuale per tutti i suoi marchi, tra cui Marni

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ACADEMY DI RETAIL HUB E FASHION

Le nuove regole imposte da un ceo chiamato Covid-19 La virtualizzazione delle esperienze di vendita, acquisto e comunicazione è un tema caldissimo, con la consapevolezza che il Covid ha proiettato tutti - brand, agenti, dettaglianti, consumatori verso un futuro che sei mesi fa sembrava molto lontano

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rima dell’epidemia il mantra era omnichannel, mentre ora siamo in piena era omnidigital, dove essere iperconnessi è la regola per tutti: lo ha ribadito Lorenzo Montagna, esperto di tecnologie applicate ai media e di realtà aumentata e virtuale, durante il secondo incontro del percorso formativo online Fashion Retail & Innovation, nuova academy nata dalla collaborazione tra Retail Hub e Fashion. «Il Covid - ha osservato Montagna - è diventato di colpo il nostro ceo, cio, coo e cmo». Un dittatore invisibile ma implacabile che ha ribaltato, fra le tante regole, quelle della vendita B2B e B2C, al centro di un panel moderato dal nostro direttore Marc Sondermann, con gli interventi di Marco Boccalini (ecommerce manager e digital specialist del marchio Mr&Mrs Italy) e Paolo Zanco (country manager Italia dell’insegna Boggi Milano, presente in una quarantina di Paese attraverso i negozi fisici e l’e-commerce). Boccalini ha illustrato la nuova virtual showroom di Mr&Mrs Italy, brand

di capispalla luxury ma d’impatto sportivo, molto orientato all’export e con ricavi che in tempi record sono balzati da 0 a 150 milioni di euro. «Il contatto e il confronto con il buyer si sviluppano in due fasi - ha detto -. Nella prima il compratore ha la possibilità di visionare il catalogo tramite un link riservato e personale, usufruendo di contenuti ex-

Il potere delle esperienze immersive basate sul digitale è enorme: presenta i valori di un prodotto prima che esista tra, come filmati e immagini a 360 gradi, che presto diventeranno in 3D. Una volta creata una wish list si entra nel secondo step, con il nostro sales assistant che, previo appuntamento, si collega in videoconferenza con il cliente per finalizzare l’ordine». Zanco ha invece affrontato il discorso B2C: «L’iter di digitalizzazione di Boggi Milano, affiancato

da Salesforce dal 2016, è iniziato quando altri ancora non ci pensavano - ha affermato - e questo ci ha avvantaggiati. Il lockdown è stato un acceleratore della relazione con la clientela e ora siamo nel pieno di un work in progress che giungerà a compimento in settembre: attraverso call, modalità testuali, contatti telefonici, chat, videochat, un’app di ultima generazione e, da quanto è finita la quarantena, appuntamenti mirati instore personalizziamo il servizio e parallelamente raccogliamo preziose informazioni su chi ci segue». Le ultime battute sono spettate a Guido Geminiani, regista e produttore specializzato in virtual reality e storytelling, scelto da marchi come Hogan, Prada e Pininfarina. «Il potere delle esperienze immersive, basate sul digitale, è fortissimo soprattutto in Cina - ha osservato - e non dimentichiamo che un virtual tour ben fatto ha un vantaggio: presentare incisivamente il mondo e i valori di un prodotto, quando questo magari non esiste ancora». (a.b.)

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STRATEGIA OMNICHANNEL

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PER LE GRIFFE DEL LUSSO

Più esclusività ed experience e meno wholesale Bandire le promozioni, ridurre il wholesale e difendere il traffico a prezzo pieno sono i tre imperativi

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SCENARI RETAIL Quale futuro per gli store fisici? Dal lusso al mass market

Un canale unico, diversi touchpoint. Così si conquista il cliente DI CARLA MERCURIO

Da tempo alla ricerca di una nuova dimensione, in grado di conciliare l’esperienza instore con le ultimissime novità tecnologiche, i punti vendita fisici sono stati travolti dal ciclone Covid-19, che ne ha minato le logiche e le fondamenta, soprattutto dopo che il lockdown ha trasformato l’online nell’unico (o quasi) canale di acquisto. I dati parlano chiaro: nel periodo gennaio-maggio 2020 i consumi nei negozi di abbigliamento in Italia sono scesi del 49% rispetto all’analogo periodo del 2019, a fronte di un balzo del +110% dell’e-commerce (Osservatorio Confimprese-Ey). Quale sarà dunque il futuro per gli spazi fisici, oggi che anche gli over 50 hanno scoperto la comodità di fare acquisti da casa, comodamente seduti in poltrona e in tutta sicurezza? E 22

soprattutto avranno un futuro? La grande scommessa è l’integrazione tra canali, che vede l’online assumere sempre più rilievo, a patto che sia strettamente legato al canale offline, per consentire una vera e propria esperienza omnichannel, in uno scenario in cui i consumatori diventano sempre più una comunità connessa, informata e strutturata. Un percorso evolutivo che investe il retail fisico a tutti i livelli, a partire dalla sfera del lusso, per proseguire con le catene, i department store e il wholesale. E in cui la stessa parola omnicanalità viene superata, perché non basta più a definire le trasformazioni epocali in atto, mentre diventa sempre più preciso e calzante il concetto di canale unico, in cui è il cliente che traccia il suo itinerario di acquisto attraverso diversi touchpoint. ■

Puntare sull’esclusività e sull’esperienzialità, bandire le promozioni, ridurre il wholesale e scommettere sull’integrazione sempre più stretta con il digitale. Sono queste le linee guida attivate dai player del lusso per dare forza vitale ai loro spazi monomarca. Emblematici a questo proposito i risultati dell’ottava edizione dello studio Altagamma Retail Evolution, presentato in occasione dell’Altagamma Consumer and Retail Insight. «Si assiste alla convergenza di forze che portano a una riduzione del traffico a prezzo pieno, nella fattispecie all’interno dei monomarca», ha spiegato Luca Solca, senior reserach analyst, Luxury Goods di Bernstein. Oggi infatti, tramite l’online, le persone possono trovare ottime offerte sulle piattaforme multimarca, oltre ad approfondire la conoscenza di prodotti e di marchi attraverso opinion leader e social media. A ciò si aggiunge il successo del factory outlet e del travel retail, che producono un’emorragia del flusso dei visitatori nei negozi. Occorre dunque mettere in atto strategie reattive ad ampio raggio. Tra queste c’è sicuramente la riduzione dell’esposizione al wholesale e al mercato grigio. «L’esclusività sarà più che mai il parametro», ha affermato nei mesi scorsi il cfo di Kering, Jean Marc Diplaix. Si veda a questo proposito l’esempio di Gucci, che ha tagliato il 70% dei clienti multimarca italiani, che dalla prossima stagione scenderà da 110 a sole 38 door. Una decisione parte di una politica commerciale già avviata da diverse stagioni, per controllare meglio la gestione dei prezzi ribassati, tanto che già oggi la griffe


1. La boutique di Louis Vuitton in Galleria a Milano con le vetrine animate dai disegni sul tema "arcobaleno", realizzati dai dipendenti e dai loro bambini per celebrare la riapertura dopo il lockdown. 2. Lo store esperienziale di Loro Piana, inaugurato di recente a Tokyo 3. Il pop-up store di Bottega Veneta con il concept "invisibile", aperto dall'1 al 19 luglio scorsi al Plaza 66 di Shanghai

CLIENTELING 2.0

Primo, fidelizzare: con video, chat, curbside pick-up

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della doppia G realizza l’85% delle vendite con il retail diretto. Una strategia condivisa da marchi, come Moncler, che hanno scelto di limitare rigorosamente la presenza nel wholesale, o di Prada, che sta seguendo un percorso simile, utilizzando anche l’arma della digitalizzazione. «La nostra visione a lungo termine non è cambiata dopo l’emergenza Covid - ha rivelato di recente Patrizio Bertelli, ceo dell’azienda -. Rimaniamo convinti della decisione di dire basta agli sconti e di tagliare il canale wholesale, concentrandoci sullo sviluppo della nostra rete di vendita diretta e sull’e-commerce. Il nuovo scenario, con il deterioramento della solvibilità di molte realtà, ha accelerato questo processo». Come ha chiarito Solca, in questo momento le griffe più forti, a partire da Louis Vuitton, si stanno impegnando nella costruzione di un ecosistema chiuso, riducendo le dispersioni di traffico e cercando di riportare i clienti in negozio oppure nei loro e-store. Per i player del lusso è il momento di evitare sconti aggressivi, sviluppando attività articolate sui social media e trasformando i monomarca in luoghi in divenire ricchi di iniziative: gli eventi, i pop up, il lancio di capsule, l'allestimento di caffè

PER I MONOMARCA OCCORRE UN SISTEMA CHIUSO

Fonte: Bernstein Analysis

e ristoranti, il dialogo con il territorio hanno contribuito a ridefinire una nuova dimensione dei punti vendita, rendendoli sempre più stimolanti e vicini al pubblico. Un discorso che il Covid-19 ha interrotto bruscamente, ma destinato a riprendere vigore. Si vedano gli esempi recenti di Christian Dior, che ha inaugurato una mega-boutique di quasi 1.000 metri quadri in rue Saint-Honoré a Parigi con una giornata dedicata ai clienti vip, di Bottega Veneta, che ha festeggiato con un evento in store un format di “pop up invisibile” attivo dall'1 al 19 luglio scorsi al Plaza 66 di Shanghai, o di Loro Piana, che ha aperto uno store a Tokyo, nel quartiere di Ginza, progettato dall’architetto Jun Aoki in chiave di esperienzialità sensoriale e di esclusività, dove un intero piano è dedicato interamente ai servizi di personalizzazione e all’accoglienza dei clienti più fedeli. È il momento, insomma, di scommettere su spazi dove sia possibile apprezzare appieno il carattere del brand, esserne colpiti e ispirati. Boutique dove le imprese del lusso hanno investito gran parte del loro flusso di cassa e in cui la produttività è vitale, sia dal punto di vista strategico che finanziario. ■

Nel percorso di valorizzazione del punto vendita la stessa attività sul digitale viene studiata sempre più in modo da manterere il traffico in ambito fisico. Un presupposto quanto mai valido in questa fase, come ha raccontato Mirko Marcovaldi, Director IS&T Retail and Digital Americas di Louis Vuitton, in occasione dell’incontro che ha inaugurato il percorso formativo nato dalla collaborazione tra Retail Hub e il nostro magazine Fashion. «Prima del Covid il digitale aveva un peso del 10% sul nostro fatturato, che è balzato in soli due mesi al 25%. Una percentuale destinata a rimanere alta. Non si tratta solo di un canale di vendita, ma di uno strumento di personalizzazione ed è per questo che abbiamo lanciato i virtual appointment con i customer advisor». «Tra i servizi più innovativi che abbiamo implementato durante il lockdown - ha aggiunto - spicca il Curbside pick-up, che ha permesso di convertire il clienteling da casa in una vendita, ossia il cliente può recarsi fuo-

ri dal negozio, dove avviene una cerimonia di vendita in strada attraverso un addetto che, con tutte le precauzioni necessarie, fornisce il prodotto acquistato online. Una soluzione che ha permesso di mantenere un filo tra digital e retail». Anche il gruppo Aeffe (Moschino, Alberta Ferretti, Philosophy, Pollini) è su un’analoga lunghezza d’onda, racconta l'E-Commerce Specialist/Ecommerce Project Manager Gionata Galdenzi: «Stiamo creando una connessione che permette al venditore di contattare il cliente proponendogli una wish-list, così quando va in negozio trova i capi già sanificati e pronti per la prova». Il clienteling 2.0, dunque, rappresenta un driver fondamentale delle relazioni tra marchi e consumatori senza soluzione di continuità tra offline e online e con un approccio sempre più personalizzato. Ciò grazie al mix tra strumenti come il machine learning e le capacità umane, in grado di ricreare anche con una conversazione telefonica lo stesso grado di attenzione e di servizio dell’interazione fisica. Significativo il servizio Gucci Live, una consulenza online in fase pilota che permette agli utenti di gucci.com di avere una connessione diretta con il marchio tramite una videochiamata (nella foto).

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STRATEGIA OMNICHANNEL

LE SFIDE DELLE CATENE

Tra vendite via telefono e live stream, lo store si trasforma in showroom Le catene dell’abbigliamento, fanno a gara nel trovare soluzioni inaspettate e creative per ingaggiare il consumatore

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DI CARLA MERCURIO

Sinergia tra online e offline: è questo, oggi più che mai, il mantra per le catene dell’abbigliamento. Un approccio che mette in campo soluzioni tecnologiche avanzatissime all’insegna dell’omnicanalità per mantenere attivo il traffico nel punto vendita. Come spiega Gianluigi Cimmino, ceo di Pianoforte Holding (Yamamay, Carpisa e Jacked), «l’esperienza del Covid-19 ha anticipato il progresso. Ci ha insegnato che dobbiamo lavorare sempre più in una logica omnicannel. Noi abbiamo tanti store che un po’ alla volta, oltre a continuare a fare la loro funzione di shop con camerino prova e addetta alla vendita, dovranno diventare punti di riferimento per il digitale». «Sempre più - prosegue - si dovrà studiare un negozio fisico che funzioni da showroom, per consulenza e consigli d’acquisto, ma che poi si completi e integri con l’attività digitale». Tra le strategie più recenti messe in campo dal gruppo c’è il servizio di vendita via telefono, che ha debuttato lo scorso 8 maggio e che è stato attivato in tutti i punti vendita italiani, sia per Yamamay che per Carpisa, per un totale di circa 1.200 door. Chiamando un numero dedi24

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cato i clienti possono mettersi in contatto con lo store a loro più vicino e, con l’aiuto di un personal shopper, attraverso un tour virtuale del negozio possono scegliere e ordinare i loro prodotti preferiti, che vengono recapitati a casa tramite un corriere dedicato. «Un modo per rendere l’esperienza di acquisto più personale e vicina a quei clienti che ancora non hanno voglia

La tecnologia è fondamentale, ma l'interazione con il personale di vendita è ancora più importante di andare in negozio, che preferiscono non acquistare online e che per svariati motivi trovano comodo un servizio a domicilio». Anche Motivi, il brand del Gruppo Miroglio, si è inventato un canale alternativo al retail fisico e sul web, dando il la lo scorso giugno a una piattforma di live stream shopping, realizzata con il partner tecnologico Radicalbit. Un modo per «proporre all’utente un’esperienza che unisce la modalità di shopping nel negozio fisico

1. Il corriere di Glovo recapita le proposte di Pinko a casa del cliente 2. Grazie a un messaggio su Whatsapp, un biker porta a casa in giornata i vestiti di Camomilla Italia da provare 3. Il nuovo servizio di live stream shopping di Motivi unisce le modalità del negozio fisico con quelle dell'online

e quella online», spiega il brand director Furio Visentin. Un canale di cui l’azienda si dichiara pioniera in Europa, mentre sta spopolando in Cina, nei marketplace, ed è in fase di sperimentazione negli Usa (si vedano i casi di Amazon Live, Facebook e Instagram). Il percorso è semplicissimo: ci si collega su invito e un responsabile dello store o addetto alle vendite, con cui si può interagire, descriverà alcuni capi della collezione, suggerirà abbinamenti e fornirà consigli sul look. Una modella indosserà le proposte a cui l’e-shopper è interessato per dare un’idea del fitting. La cliente può selezionare con un click le singole proposte, visualizzarne i dettagli, i colori, le taglie e il prezzo e decidere di metterle nel carello per finalizzare l’acquisto. L’iniziativa per il momento coinvolge i 200 store Motivi in Italia, che occupano 2mila persone, ma l’idea è di estenderla al resto del network nel mondo e, in seguito, alle altre label del Gruppo (Elena Mirò, Fiorella Rubino, Oltre, per citarne alcune). Sono due le iniziative retail lanciate da Camomilla Italia, il marchio di womenswear attivo con 220 punti vendita, finalizzate a preservare


1. Le istruzioni per usufruire del servizio di vendita via telefono lanciato da Yamamay. Una volta effettuato l'ordine, il capo viene consegnato da un corriere 2. Uno store Intimissimi: la catena ha varato il progetto Scaffale Infinito, che assicura a un assortimento adeguato di modelli, colori, taglie, avvalendosi dei magazzini dell'online 1

la salute delle sue clienti e basate su una shopping experience innovativa. La prima permette alla cliente di fissare un appuntamento via Whatsapp e di recarsi in negozio, dove avrà a disposizione le consulenti di stile a porte chiuse per tutto il tempo necessario a scegliere i capi in sicurezza. La seconda consente tramite un messaggio via Whatsapp di ricevere in giornata a casa i capi opzionati che vengono consegnati da un runner. Una volta arrivate a destinazione, le proposte scelte si potranno provare e, in caso non siano di gradimento del cliente, restituire al biker, che aspetterà per tutto il tempo necessario all’operazione. A proposito di runner, dallo scorso giugno Pinko si è ispirata al mondo del food e ha scelto

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di portare i suoi prodotti sulla piattaforma di Glovo: attraverso l’applicazione della società di delivery, cliccando sulla sezione Shopping, gli utenti hanno accesso al mobile store della label, dove trovano una serie

L'emergenza sanitaria ha insegnato che non c'è limite all'innovazione per ingaggiare il cliente di articoli che si possono acquistare online con carta di credito e ricevere a casa tramite i corrieri di Glovo. Anche Intimissimi concentra le sue forze sull’integrazione sempre più efficiente tra acquisti in nego-

E-COMMERCE E SERVIZI SPECIALI

Anche per i department store italiani il futuro non può più aspettare Anche i department store italiani giocano sempre più la carta dell’omnicanalità. Proprio lo scorso giugno Rinascente ha lanciato il sito di e-commerce (nella foto 1), che avrebbe dovuto debuttare lo scorso marzo ma è stato bloccato dall’imperversare del Covid-19. «Abbiamo voluto un sito che replicasse, per quanto possibile, l’esperienza e l’intrattenimento che regaliamo ai nostri visitatori nei negozi fisici», spiega Pierluigi Cocchini, amministratore delegato della catena italiana di department store. «Le potenzialità sono enormi - chiarisce -. basti pensare che il nostro servizio on demand, che funziona via WhatsApp, genera già oltre 5 milioni di euro di vendite». Nel nuovo e-store il cliente non troverà solo prodotto, ma una experience inserita in una strategia di omnicanalità, che richiama quella dei nove store fisici

zio e via web. Recente il lancio del progetto O2O-Online to Offline, che coinvolge 1.029 punti vendita dell’insegna (di cui oltre 650 in Italia), e che si basa sul concetto di Scaffale Infinito, assicurando a tutti i consumatori un assortimento adeguato di modelli, colori e taglie che, se non disponibili nel negozio fisico, vengono prelevati dai magazzini destinati all’online: una scelta che favorirà la finalizzazione di ogni acquisto, abbattendo anche il rischio di out-of-stock. Non è da meno infine Imperial, che dalla video chiamata con personal shopper alla prenotazione online di accessi e servizi in store, lancia nuove opzioni per mantenere attivo il contatto con la clientela dei brand Imperial, Please e Dixie. 

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dell’insegna. L’assortimento prevede tutte le categorie di prodotti che i clienti sono abituati a trovare nei punti vendita fisici: moda donna e uomo, beauty ma anche bambino, design e food. A Venezia il Fondaco dei Tedeschi, il department store che fa capo a Lvmh (nella foto 2) ha riaperto i battenti dall’1 luglio, dopo il lockdown, con una serie di novità, tra cui la possibilità per la prima volta di acquistare online una selezione di prodotti consigliati. L’insegna veneziana ha lanciato inoltre una serie di servizi innovativi, contenuti

nel programma online denominato MyFondaco, pensato per chi vuole ricevere un trattamento esclusivo, personalizzato e veloce. Attraverso WhatsApp si possono ricevere informazioni su prodotti e marchi, prenotare un appuntamento per una sessione di “personal shopping” e riservare una consulenza in videoconferenza. Il punto vendita, inoltre, ha scelto di celebrare il reopening dedicando le sue vetrine alle creazioni di 12 designer, veneziani di nascita o di adozione, che hanno in comune la volontà di valorizzare il patrimonio artistico e artigianale del territorio.

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STRATEGIA OMNICHANNEL IL PUNTO DI VISTA DEI PLURIMARCA

1. Un'immagine del progetto benefico Mantovani 4 People, promosso dalla boutique omonima di San Giovanni Valdarno, che ha previsto una donazione a tre onlus sul territorio impegnate sul fronte Covid 2. Lo store Arteni di Tavagnacco, in provincia di Udine

Sempre più tecnologici, ma è tempo di tornare a coccolare il cliente Anche per i negozi plurimarca l’emergenza sanitaria ha segnato un punto di non ritorno, ma lo store fisico non è morto e piace anche ai giovani della generazione Z

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Più specialistici, meno dispersivi, sempre più attenti all’aspetto umano e, al tempo stesso, padroni della tecnologia digital. Anche per i punti vendita plurimarca il Covid-19 ha segnato un punto di non ritorno, da cui intraprendere percorsi nuovi, pena la chiusura o il declino delle attività. I dati parlano chiaro. Come ha evidenziato di recente Renato Borghi, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, dopo la prima settimana incoraggiante di riapertura post lockdown, «non abbiamo registrato grandi risposte da parte dei consumatori». Nonostante gli sconti presenti nelle vetrine, il 76% dei fashion store ha registrato infatti un calo delle vendite rispetto allo stesso periodo preCovid. Per il 17% le entrate sono state in linea con quelle dello scorso anno e solo un 7% ha avuto un incremento (dati aggiornati al mese di giugno). Qualche soddisfazione è arrivata dallo shopping di prossimità, ma non basta. Occorre trovare delle soluzioni per invogliare i consumatori a tornare nei negozi. La ricetta è complessa e richiede competenza e preparazione. La spiega Paolo Mantovani, titolare degli omonimi punti vendita in Toscana a San Giovanni Valdarno, Castiglione della Pescaia e Greve in Chianti, che dichiara vendite sugli stessi livelli dello scorso anno, dal giorno della riapertura fino alla fine di giugno. «Da una parte - chiarisce - occorre prendere spunto dalle iniziative nella sfera online, ossia essere reattivi sul fronte delle promozioni e della personalizzazione della proposta, riuscendo a mixare prodotti di brand e target diversi, filtrati attraverso la personalità del punto vendita. Un percorso in cui è fondamentale ampliare la comunicazione nel mondo digitale, sfruttando le po26

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tenzialità offerte dai social media. «Sull’altro versante - prosegue - occorre riscavare nella tradizione dei nostri store, perché il negoziante torni a essere un consulente in grado di coccolare il cliente». In quest’ottica il servizio diventa prioritario: «Si torna a effettuare le consegne a domicilio, come ci ha ricordato l’online, oppure si ordina da casa e si ritira in negozio». Ma ogni aspetto della strategia deve sempre ricondurre a un insieme di va-

Lo store del futuro deve razionalizzare l'offerta e farsi portatore di valori lori che supera il mero aspetto commerciale. «Anche gli eventi - puntualizza Mantovani che prima erano legati a feste e aperitivi, devono comunicare dei principi. Come nel caso dell’iniziativa benefica Mantovani 4 People, che abbiamo avviato prima della fine del lockdown e che ha previsto una donazione a tre onlus del territorio impegnate nella lotta sul fronte del Covid (una gara di solidarietà a cui hanno aderito anche i nostri clienti). O come nel caso della nostra boutique più grande, che abbiamo ristrutturato alla fine del 2019, dove la sostenibilità ha guidato le

scelte a livello di impatto ambientale in termini di consumi e di materiali impiegati». La strada, insomma, conduce verso una maggiore umanizzazione dei negozi, per proporre un’esperienza diversa rispetto alla vendita online. «Le nuove generazioni sono sempre più propense ad acquistare online e noi ci stiamo attrezzando - spiega Gianni Arteni, presidente del gruppo friulano cui fanno capo i punti vendita Arteni a Tavagnacco e Cividale del Friuli, più altri spazi situati nella provincia di Udine -. Ma non perdiamo di vista i punti vendita fisici, che devono essere sempre più specialistici, meno dispersivi e in grado di agevolare il contatto umano, che la gente oggi cerca dopo l'isolamento del lockdown». «Per questo - prosegue - stiamo valutando di restringere le aree di vendita perché in questo momento affollare gli spazi di proposte rischia di mettere in imbarazzo il consumatore. Veniamo da stagioni in cui c’è stata un’offerta esagerata rispetto alla richiesta». Emblematica, a proposito di umanizzazione del negozio, l’indagine di Gfk citata da Carlo Alberto Maffè, Associate Professor of Practice of Strategy and Entrepreneurship alla Sda Bocconi School of Management in occasione dell’incontro che ha inaugurato il percorso formativo nato dalla collaborazione tra Retail Hub e il nostro magazine Fashion. Il sondaggio evidenzia che per il 68% degli italiani igiene e sicurezza sono fondamentali ma non bastano, perché il 49% degli intervistati vuole che gli store facciano riscoprire il contatto umano e il 51% chiede più tecnologia per potenziare l’esperienza in store. La buona notizia, nel corso dello stesso incontro, l’ha data Mirena Pacchetti di Intribe, citando i risultati dell’osservatorio evolutivo 2020 dal titolo Future of Retail, da cui è emerso che tutte le generazioni continuano ad apprezzare lo shopping nel negozio fisico: ciò è valido soprattutto per per gli over 55 e, a sorpresa, per la generazione Z. Il nuovo punto vendita, ha spiegato Pacchetti, «avrà specchi interattivi che grazie alla realtà aumentata consentono di provare il vestito, permetterà di acquistare da app inquadrando il Qr code dal cartellino, darà la possibilità di interagire tra online e offline mentre si è in negozio. Sarà di prossimità e quindi parliamo di spazi più piccoli dove trovare un servizio di alta qualità, sostenibili e accessibili, più aperti al concetto di diversità e anche umano e consulenziale». 


STRATEGIA NEWS DI ANGELA TOVAZZI

Gruppo Piquadro: con i Google Glass la shopping experience è «quasi reale» Nel post lockdown le aziende si mettono alla prova con nuove strategie ibride tra online e offline. L’obiettivo di Marco Palmieri? Riportare il cliente in negozio, con un’esperienza digitale, ma in real time Il Gruppo Piquadro alza l’asticella dell’innovazione e perfeziona la virtual experience. In occasione della Milano Digital Fashion Week ha infatti presentato le collezioni della primavera-estate 2021 di Piquadro, The Bridge e Lancel con gli occhiali digitali di Google, utilizzati implementando una tecnologia di videoMarco Palmieri chiamata ideata dalla startup milanese Bandyer. Si tratta di qualcosa in più della semplice convergenza di online e offline, perché attraverso la videocomunicazione con i Google Glass si instaura una relazione interattiva e quasi reale tra l’assistente di vendita (che indossa gli occhiali intelligenti) e il cliente, sia esso buyer o consumatore finale. Marco Palmieri, fondatore e numero uno del gruppo bolognese, parla di un «sistema user-friendly, immersivo ed empatico di fare acquisti», in grado di aggiungere qualità e umanità alla relazione. Come funziona? Al cliente basta aprire un link per mettersi in collegamento con gli smart glass del personale di vendita dei negozi o dei responsabili delle showroom, con i quali può condividere lo stesso punto di osservazione: nel tour virtuale dello spazio condiviso può vedere da vicino i prodotti sul suo smartphone o sul suo computer, senza bisogno di nessun altro strumento. Il cliente vede esattamente quello che vede il venditore con i suoi smart glass e al tempo stesso i due interlocutori possono dialogare e interagire. È possibile anche fare screenshot, registrare le sessioni e, a vendita conclusa, si può ritirare l’ordine in negozio su appuntamento o riceverlo direttamente a casa. Una modalità che spinge ancora più avanti l'osmosi tra fisico e digitale, con il valore aggiunto dell’interazione personale: «Non puoi sentire i profumi e manca la parte tattile, ma si comunica, si parla insieme, si vedono le stesse cose, c’è lo stesso punto di vista», sottolinea l’imprenditore. Grazie alla tecnologia Bandyer applicata ai Google Glass anche il semplice acquisto online diventa più simile a quello in boutique, aggiungendo calore al più asettico e-commerce: un assistente dedicato risponde anche sugli acquisti dal webstore, non limitandosi a una semplice chat, ma offrendo una shopping experience quasi reale. «Al momento abbiamo già attivi 12 occhiali, sei nei negozi e sei nelle nostre tre showroom e i primi feedback sono molto positivi - sottolinea Marco Palmieri - sia da parte dei clienti che non se la sentono ancora di entrare fisicamente nei punti vendita, sia dai buyer internazionali che, causa pandemia, non possono spostarsi». ■

Tech ed entertainment nella formula di Liu Jo Per condire il mix multimediale due big come Chiara Ferragni e Kendall Jenner Le strategie del futuro? Digital first, ma con una marcia in più. È questa la parola d'ordine della primavera-estate 2021 di Liu Jo, che nei mesi di giugno e luglio ha sperimentato approcci inediti e nuovi strumenti per il trade, in un mix di tecnologia ed entertainment. Il test è iniziato con il mondo Liu Jo Shoes (in capo a Eli) con uno show virtuale, seguito da presentazioni tecniche e unboxing speciali, speech di stylist e la partecipazione esclusiva di Chiara Ferragni ed è proseguito con la presentazione delle collezioni apparel e accessori. A inizio luglio per la rete vendita sono infatti stati messi a disposizione contenuti tecnici, ma anche contributi video di Marco Marchi, dei team marketing e merchandising, oltre ad allestimenti digitali, racconti dei singoli mood e nuove piattaforme dove scoprire da vicino i prodotti, potendo contare anche sul supporto del team sales per consulenze tailor made. Con alcuni highlight: la partecipazione di Ada Kokosar e Kendall Jenner (nella foto), testimonial di Liu Jo nel 2020.

Da Canada Goose l'acquisto è phygital e su misura Il brand canadese testa a Milano una nuova virtual shopping experience personalizzata Anche Canada Goose sceglie la strategia della personalizzazione in chiave phygital e a Milano debutta con la sua prima virtual shopping experience su misura. I clienti italiani, senza spostarsi da casa, da luglio possono scoprire e acquistare virtualmente i prodotti dello store di via Spiga 10, fissando un appuntamento con un Canada Goose brand ambassador, che gestirà un'esperienza di shopping privata di 45 minuti, curando l'assortimento dei prodotti in base ai gusti, alle esigenze e alla taglia di ciascun acquirente.

Lancel

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ISKO for

ISKO VITAL +: RIUTILIZZABILE, ECO-FRIENDLY E CON UNO STILE UNICO ™

DALL’ESPERIENZA DI ISKO, LEADER MONDIALE PER L’INNOVAZIONE TESSILE, DEBUTTA UN PROGETTO CHE FA DEL “WELLBEING THROUGH TEXTILES” LA PROPRIA MISSIONE: MASCHERINE REALIZZATE IN MORBIDO COTONE ORGANICO, LAVABILI FINO A 15 VOLTE NELLA GAMMA PREMIUM E FINO A 30 VOLTE IN QUELLA SUPREME

LA MASCHERINA PER TUTTI, PER OGNI OCCASIONE Un’iniziativa tesa a supportare la comunità internazionale, per favorire la promozione e l’implementazione di abitudini sane e salutari: è questa la visione che ha spinto ISKO - pioniere nel campo dell’innovazione tessile a livello mondiale - a lanciare il progetto ISKO Vital™+, dedicato allo sviluppo di mascherine di prima qualità. Forte di oltre 100 anni di esperienza e specializzazione nella produzione di tessuti a navetta, ISKO ha intrapreso un percor-

so votato alla creazione di tecnologie tessili per la salute e il benessere delle persone. Questa ricerca vede ora il suo coronamento in ISKO Vital™+, progetto che fa del “wellbeing through textiles” la propria missione. Realizzate in morbido cotone organico, queste mascherine sono disponibili in due linee - Premium e Supreme - e si contraddistinguono per una struttura a quattro strati che permette di conferire una vestibilità unica. Le mascherine

Premium sono lavabili fino a 15 volte e sono disponibili in due colori, bianco e nero, e in tre taglie. Le Supreme sono invece lavabili fino a 30 volte e realizzate in un’ampia gamma di colori, oltre a essere caratterizzate da tessuto antimicrobico con tecnologia Sanitized® anti-odore. Entrambe le versioni sono estremamente traspiranti, pratiche e adattabili alla forma del viso per garantire il massimo comfort a chi le indossa, anche per periodi prolungati.


Realizzate con cotone organico SOSTENIBILITÀ

Si possono indossare, lavare e riutilizzare

Tessuti per piacersi e sentirsi bene. Il progetto è parte della piattaforma ISKO Vital™, il primo product system al mondo di tessuti a navetta per abbigliamento a compressione, a cui il laboratorio di ricerca di ISKO ha dato vita dopo un processo di sperimentazione durato più di tre anni. L’esperienza dell’azienda, unita all’avanguardia dell’innovazione tecnologica, ha permesso di sviluppare un’offerta tecnica senza precedenti, tutta dedicata al mi-

TRASPIRABILITÀ

Perfette per respirare senza difficoltà nel corso della giornata

glioramento degli aspetti di vita quotidiana legati alla salute e al benessere. Per la salvaguardia del pianeta - e di ognuno di noi. Le mascherine ISKO Vital™+ sono frutto dell’approccio di Innovazione Responsabile che da sempre guida l’operato di ISKO. Si tratta di una concezione olistica e integrata che affonda le proprie radici nei valori fondanti dell’azienda: creatività, competenza

www.iskovital.com

e citizenship. I prodotti ISKO Vital™ rappresentano il risultato di avanzati processi di produzione che rispondono agli standard stabiliti dai più autorevoli enti internazionali, tra cui lo STANDARD 100 by OEKO-TEX® e lo STeP by OEKO-TEX®: il primo attesta che i prodotti sono sicuri e non contengono sostanze nocive, mentre il secondo mette in luce le aree di miglioramento per poter garantire, in un’ottica di lungo periodo, processi produttivi sempre più responsabili. Attraverso la recente partnership con Bluesign, inoltre, ISKO si impegna attivamente a ottenere il riconoscimento dei suoi tessuti denim come bluesign® APPROVED, e per questo conformi ai più severi criteri a tutela sia dei consumatori che dell’ambiente. Infine, in quanto membro di SEDEX, ISKO si assicura che ogni operazione di business sia eseguita secondo canoni di responsabilità e sostenibilità.


STRATEGIA TESSILE

L'APPROCCIO POST-VIRUS Tra vecchie e nuove priorità Tessuti e filati

«No stop agli investimenti. Anzi, li acceleriamo» Digital e sostenibilità restano prioritari per la filiera a monte. In attesa che il 2020 e 2021 passino velocemente DI ELISABETTA FABBRI

Il 2020 sarà anche un anno da dimenticare ma, in vista di un ritorno alla normalità, le aziende a monte della filiera della moda si attrezzano, confermando gli investimenti messi a budget nel pre-pandemia e cercando di accorciare i tempi per i progetti che il Covid-19 ha reso prioritari. «La pandemia - conferma Alessandro Cannas, ceo e cfo del Lanificio F.lli Cerruti - ha intensificato un percorso già intrapreso riguardo vari investimenti, a partire dalla digitalizzazione dei processi e da interventi preparatori sui sistemi informativi, che erano un po’ datati». «Abbiamo accelerato - prosegue - su tutto il sistema di implementazione della business intelligence (la raccolta e l’analisi dei dati, ndr), siamo intervenuti a livello di gestione dei costi del personale come pure nella digitalizzazione delle collezioni: l’autunno-inverno 2021/2022 sarà lanciato in forma digitale». L’idea del lanificio biellese è di presentare le collezioni in forme diverse, anche con incontri one-to-one fra rappresentanti e clienti o con speciali webinar. «Da quando è scoppiata l’emergenza sanitaria - precisa Cannas - ci siamo dati tre priorità. La prima è stata quella di garantire le consegne coperte da ordini e la spedizione dei tessuti per il su misura e il ready-to-wear. Voleva30

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mo essere pronti, specie per i clienti asiatici. Di fatto tutte le consegne sono state riprogrammate: per alcuni clienti i tempi sono stati accorciati, per altri allungati. Inoltre abbiamo fatto in modo che ricevessero in tempo i campioni della primavera-estate 2021, che sarà la collezione più impattata dalla pandemia: probabilmente i negozi rivedranno i budget perché, avendo venduto poco dell’estate 2020, si troveranno con un

La collezione primavera-estate 2021 sarà probabilmente la più impattata dalla pandemia eccesso di stock. Infine, abbiamo fatto in modo che l’ufficio stile potesse presentare la collezione, con eventuali aggiustamenti, in tempo per l’autunno-inverno». Le proposte si declinano nella collezione Main, per il guardaroba business oriented, I Travel, per la vita dinamica e Flow, la meglio indicata, secondo il ceo, a catturare l’attenzione dei clienti sovrastoccati di proposte classiche, perché la più sperimentale tra le proposte del lanificio, che «smussa i confini di genere e supera il limite delle occasioni d’uso».

Un’altra biellese, la Botto Giuseppe, sta ultimando le linee di filati in uscita a luglio e i tessuti per settembre. In più si è attivata per fronteggiare i vari blocchi e slittamenti delle fiere di settore. «Ci siamo organizzati con una nostra piattaforma digitale - spiega il ceo Silvio Botto Poala - con accesso riservato ai clienti, per presentare le collezioni e organizzare incontri commerciali a distanza ma vis-à-vis». Roberto Colombo, ceo del Lanificio Colombo di Borgosesia (Vc), punta a completare agli investimenti preventivati per il 20202022. «Riguardano l’innovazione tecnologica dei macchinari - racconta - ma anche la sostenibilità e la digitalizzazione. Stiamo puntando alla tracciabilità del cashmere e a sostenere, con il progetto Save my future, il passaggio generazionale tra gli allevatori della Mongolia, per far sì che le nuove leve, ormai dotate di tablet, adottino comportamenti responsabili e sostenibili». «Tutto questo - continua - sta diventando realtà grazie alla Sustainable Fibre Alliance-Sfa: il primo lotto tracciabile di cashmere con la certificazione Sfa sarà a marchio Colombo». Per quanto riguarda le tecnologie digitali, il lanificio si prepara a mostrare il campionario autunno-inverno 2021/2022 in 3D, «anche se il tocco virtuale


LE STIME PER L'EUROPA

50 miliardi in meno l'impatto del virus sul tessile-abbigliamento

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1. Un'interno del lanificio Botto Giuseppe 2. Costume Bodylift di Arena in tessuto Sensitive Fit, della gamma Sensitive Fabrics by Eurojersey 3. Durante la quarantena il Lanificio Cerruti ha raggiunto centinaia di stilisti con Fabrics Portraits: un dossier preparato a mano, per un'assaggio "contactless" della nuova collezione 4. Una sciarpa Pin 1876 5. Close-up di una giacca destrutturata Colombo 6. Con Sustainable Fibre Alliance e il progetto "Save my future" il lanificio Colombo vuole tutelare il futuro delle comunità di pastori della Mongolia, fornitori di uno dei cashmere più preziosi al mondo 6

non si sostituirà mai del tutto a quello fisico, fondamentale nella valutazione di fibre nobili». Lo conferma il pieno di appuntamenti in azienda con operatori europei che, a quanto pare, non si fanno fermare neanche dal coronavirus. A Caronno Pertusella (Va) nemmeno Eurojersey, nota per i tessuti indemagliabili Sensitive Fabrics, ha stoppato gli investimenti. «Abbiamo confermato quelli strategici - spiega il direttore generale Andrea Crespi - per garantire lo sviluppo del nostro prodotto in termini di qualità e innovazione. Ci concentreremo in particolare sull’implementazione di alcuni

reparti produttivi, fra cui la tessitura e l’area tintoria e finissaggio». La continuità prevale anche sul fronte della comunicazione: «Crediamo sia importante promuovere ancora l’identità dei nostri tessuti Sensitive Fabrics e il valore della sostenibilità in Eurojersey non solo ambientale e sociale ma anche economico, visto il momento storico che stiamo vivendo». Inoltre l’azienda lombarda continua a lavorare in partnership con la filiera «per agevolare, dove necessario, i flussi finanziari con i propri fornitori». Se si chiede a imprenditori e manager le loro aspettative sulla chiusura dell’anno,

A causa della pandemia, il tessileabbigliamento europeo sta rischiando di perdere 50 miliardi di euro di ricavi nel 2020. Questo dopo un 2019 in cui il settore ha mostrato una tendenza negativa per la prima volta dal 20122013: il tessile ha accusato un -2% rispetto al 2018 e l’abbigliamento un -1,3% (fonte: Eurostat). L’occupazione ha a sua volta registrato un calo del 2%. Ora l’associazione europea di categoria Euratex pensa a varie aree di intervento per sostenere la ripresa. Si va dall’innalzamento delle competenze della forza lavoro attuale e all’attrazione di giovani e professionisti qualificati, fino alla costituzione di partnership pubblico-privato per investire nel tessile innovativo e sostenibile e alla realizzazione in Europa di centri di riciclaggio, in prossimità dei distretti della moda: permetterebbero di ottenere materie prime da scarti tessili post-produzione e post-consumo.

il calo stimato oscilla in media fra il 20% e il 30%. «La P-E 2021 potrebbe subire, nello scenario più negativo, un dimezzamento dei ricavi, ma immagino che con l'A-I 2021/2022 si possa tornare su livelli più consoni», dice Cannas. «Questo non sarà un anno negativo - sostiene Colombo - perché avevamo chiuso bene la stagione invernale, ma è meglio che il biennio 20202021 passi in fretta. Ci aspettiamo un 2022 di stabilizzazione, verso una normalità che non sarà comunque quella del 2019, e la ripresa nel 2023». Niente trend a "V" ma piuttosto una "L" inclinata a 30% prevede Colombo, anche perché c’è una buona probabilità che la moda si sintonizzi con l’Armani pensiero, orientato a un «attento e ragionato rallentamento del business». Crespi immagina una nuova stabilità non prima di un paio di anni e Botto Poala ipotizza che il segmento lusso (di riferimento per la Giuseppe Botto), sia quello che riuscirà a tornare ai livelli pre-coronavirus più velocemente: «Invece chi è attivo nel medio-basso di gamma si troverà probabilmente a valutare se aumentare o meno la qualità e non solo la quantità, come avvenuto negli ultimi 20 anni». «Per ora l’Asia, dove realizziamo circa il 30% del faturato, sembra reagire meglio - nota Cannas -. Le 31


STRATEGIA TESSILE

HOT SPOT Clerici Tessuto si concentra sull'ecoinnovazione in collaborazione con l'organizzazione ambientalista Parley for the Oceans, cui fa capo il marchio di poliestere Ocean Plastic, ottenuto riciclando i rifiuti in plastica recuperati dagli oceani. Clerici Tessuto, utilizzerà il materiale certificato Grs-Global Recycle Standard per tessuti dedicati al beachwear e al womenswear di alta gamma, che saranno presentati alla prossima edizione di Milano Unica, in calendario l'8 e il 9 settembre.

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1.Uno degli stabilimenti della Botto Giuseppe a Valle Mosso (Biella) 2. Cimose colorate alla Eurojersey di Caronno Pertusella (Varese)

Americhe invece sono ferme e se l’Italia e la Francia hanno ripreso, il Nord Europa appare più conservativo». «In questo momento - ribatte Colombo - Cina e Corea reagiscono meglio di altri mercati, l’America è bloccata e l’Europa si trova in una via di mezzo, tuttavia meglio delle aspettative, visti gli andamenti del retail dopo lo sblocco, meno tragici del previsto». Ma il tessile che vanta proprie linee di prodotti finiti sta tenendo meglio? Dobbiamo aspettarci una corsa all’integrazione verticale? «L’integrazione verticale non deve essere un obbligo ma un’opportunità da cogliere, se vi sono le condizioni affinché si possa attuare e mantenere nel futuro», risponde Alberto Zia, direttore di Pin 1876, marchio che rappresenta la divisione accessori della Botto Giuseppe, dedicata alla produzione di sciarpe e scialli. «Pin 1876 - racconta - nasce 10 anni fa, prendendo spunto dal diminutivo piemontese del fondatore Giuseppe, “Pin”, che avviò l’azienda nel 1876. In un decennio il brand è via via cresciuto fino a realizzare, nell’ultimo triennio, un incremento annuale dei ricavi del 30%, che prevediamo di confermare anche per i prossimi tre anni». Il successo è legato al fatto che tutto è realizzato internamente, dall’acquisto della materia prima fino alla spedizione del capo finito. «L’idea di prodotto, però, non si sostiene - precisa il dirigente - se mancano aspetti come il controllo totale dei passaggi e della qualità, le tempistiche accorciate, il servizio al cliente, il quick service, che in 48 ore fa arrivare la collezione in tutto il mondo, e un considerevole abbattimento dei costi». Il Lanificio F.lli Cerruti, invece, ha una business unit legata al marchio di abbigliamento uomo-donna Il Lanificio che, al 32

L'A-I 2020-2021 di Cariaggi sarà presentato anche 2

momento, è distribuito in sette outlet (sei italiani, un altro svizzero). Si tratta di capi confezionati da aziende italiane terze che, dove possibile, impiegano i tessuti prodotti internamente. «Questo business - spiega Cannas - ha sempre dato ottimi risultati fino al 2019 da record, tanto che vogliamo farlo crescere. Prossimamente ci sarà un’apertura a San Marino, mentre in maggio, nell’outlet di Serravalle, abbiamo lanciato un nuovo concept che vogliamo estendere, pensando di aprire non solo in Italia. C’è pure l’idea di sviluppare l'e-commerce e di una linea full price». E se Eurojersey preferisce continuare a focalizzarsi sul suo core business («Pur essendo un ingredient brand, Sensitive Fabrics è un marchio già noto al consumatore finale e riconosciuto a livello internazionale per le performance esclusive e identificative del prodotto»), Colombo sta aumentando gli investimenti nell’e-commerce dei capi finiti nonostante il periodo attuale sia scarsamente decifrabile. «Il lockdown ha portato a un picco iniziale degli acquisti, poi a una diminuzione - conclude Roberto Colombo -. Oggi notiamo una maggiore positività ma, a parte il Far East, il consumatore è attendista e vuole vedere cosa succede a tutti i livelli. Sicuramente è tornato, ma non si parla di euforia». ■

in formato digitale. Così l'azienda marchigiana di filati di alta gamma punta a raggiungere gli oltre 1.200 clienti nel mondo. La previsione è di chiudere il 2020 con un calo dei ricavi del 30%, mentre arrivano segnali di graduale ripartenza da clienti in Europa e Asia.

Si chiama Olivo Dream Box il nuovo strumento di lavoro che il Lanificio dell'Olivo mette a disposizione dei suoi clienti lontani, che anticipa una videoconferenza con l'azienda. Contiene i teli della nuova collezione, alcune informazioni e un QR code che porta a ulteriori dettagli sulle nuove proposte all'interno del sito aziendale, ora rinnovato e arricchito da approfondimenti.


SALESFORCE for

COINVOLGENTE, PERSONALIZZATA, SOSTENIBILE: COSÌ DEVE ESSERE LA MODA PER LE NUOVE GENERAZIONI UTILI INDICAZIONI PER I MARCHI DEL LUSSO IN UNA RICERCA CONDOTTA DAGLI ALLIEVI DEL MAFED (MASTER OF FASHION, EXPERIENCE & DESIGN MANAGEMENT) DI SDA BOCCONI, IN COLLABORAZIONE CON CNMI E CON SALESFORCE, SU UN CAMPIONE DI GIOVANI IN TUTTO IL MONDO

Il 62% dei Millennial e della Gen Z ha la sensazione che i marchi del lusso non comunichino con loro. È quanto emerge dalla nuova ricerca How to engage the customer of tomorrow, condotta dagli studenti del Mafed, il Master in Fashion, Experience & Design Management di Sda Bocconi, in collaborazione Camera Nazionale della Moda Italiana e Salesforce, soluzione Crm interamente basata su cloud, che permette alle aziende di connettersi con i clienti in modo innovativo nel marketing, nelle vendite, nell’e-commerce e nel servizio clienti. La ricerca è stata svolta dagli studenti attraverso un network fatto di ragazzi e ragazze come loro, che provengono da Paesi diversi del mondo, parlano almeno due lingue, hanno vissuto in città lontane da casa e si sono trovati a Milano per studiare, crescere e affacciarsi al mondo del lavoro. Un punto di vista fon-

damentale che ogni brand della moda e del lusso dovrebbe tenere in considerazione. La parola chiave per le nuove generazioni è coinvolgimento. I brand che hanno successo sono quelli in grado di creare prodotti vicini alla vita quotidiana dei più giovani. Rivestono un’importanza sempre maggiore le collaborazioni, ideate proprio per contaminare il brand e dargli la possibilità di aprirsi a nuovi target d’acquisto. E anche chi teme le novità dovrà ricredersi, perché si dimostra che questa “contaminazione” rafforza l’immagine, rendendolo un brand in cui identificarsi. Altro parametro imprescindibile è la personalizzazione. Un terzo degli intervistati ha sottolineato come l’esperienza con il brand sia un fattore chiave. Ciò che le new generation ricercano maggiormente è la personalizzazione, che spesso si traduce in attenzione verso le proprie esigenze, come la possibilità di

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personalizzare con le proprie iniziali un accessorio o scegliere il colore e il tessuto di una borsa. Un messaggio che diventa ancora più forte, considerando che il 57% dei ragazzi è disposto a condividere le proprie informazioni personali per avere un’esperienza più personalizzata. Infine, anche l’attenzione alla sostenibilità deve essere guardata dai brand della moda con il giusto approccio. Il 90% degli interpellati della Gen Z ritiene infatti che i marchi abbiano la responsabilità di affrontare le questioni ambientali e sociali. Le nuove generazioni si aspettano che anche le aziende del lusso si impegnino in modo costante per ridurre la loro impronta sul pianeta. Ma non solo: la loro idea è che nel prezzo di un prodotto di lusso sia già incorporata l’attenzione del brand alla sostenibilità, che dovrebbe essere parte integrante del marchio e dell’esperienza che esso fornisce.


SS 2021 September 20-23, 2020 Fiera Milano RHO, Italy

SS 2021 September 30 - October 2, 2020 Las Vegas, Nevada

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STRATEGIA PROTAGONISTI

STEVE RENDLE Chairman, president e ceo di Vf Corporation Proiettato alle acquisizioni

«Il momento

di osare di più è adesso» Da 20 anni in azienda e da tre alla guida dello storico gruppo Usa, Steve Rendle è un innovatore, che prima di altri ha capito il potenziale del digitale e che in piena pandemia ha affermato «La priorità in questo momento è nell'ambito delle M&A», giocando d'attacco anziché in difesa come tanti. Mentre studiava diversi dossier non ha dimenticato la beneficenza, destinando alla causa sanitaria oltre 10 milioni di dollari DI ANGELA TOVAZZI

In tempi normali, decontestualizzata dall’epidemia ancora in corso soprattutto negli Stati Uniti, l’esternazione fatta qualche settimana fa da Steve Rendle non avrebbe fatto particolarmente notizia. Il presidente e ceo di Vf Corporation, dal 2017 alla guida del colosso americano dell’outdoor - 10,5 miliardi di dollari di fatturato nel 2020, 121 anni di storia alle spalle e in portafoglio una ventina di brand come The North Face, Timberland, Napapijri e Vans - ha dichiarato: «È adesso il momento di investire ed espandersi», nonostante la maggior parte delle aziende in questo momento stiano scegliendo la strada opposta, ossia tirare i remi in barca. Eppure, il virus non si è abbattuto con meno violenza che altrove sull'America e su Denver, nel Colorado, dove si concentrano gli headquarters della fashion company: i ricavi netti del gruppo nel quarto trimestre sono scesi dell’11% a 2,10 miliardi di dollari, sebbene ad attutire i danni siano state le ottime performance dell’e-commerce (che vale il 20% del giro d’affari), su cui Rendle ha spinto con forza negli anni precedenti. Anche se l’a.d. non ha fatto nomi, ha lasciato intendere di mirare a piccoli competitor di settori come l’athleisure, l’outdoor e l’activewear, aree su cui si è indirizzato nell’ultimo triennio Vf con la sua politica di merger e cessioni, uno dei periodi più vivaci e di trasformazione nella sua storia secolare, attraverso l’acquisizione di Icebreaker, Dickies e Altra e lo spin-off di Kontoor Brands, il business legato al jeans 36

Rendle è a capo del colosso americano dell'outdoor, i cui ricavi si aggirano sui 10,5 miliardi di dollari

Luogo di nascita  Spokane (Washington) Formazione  Studi in chinesiologia all’Università di Washington Ingresso in The North Face  Nel 1999 come vice president of sales, dal 2004 al 2010 ricopre la carica di president wa scalata in Vf  Nel 2011 diventa vicepresident di Vf e president Outdoor & Action Sports Americas, nel 2014 senior vicepresident Americas, nel 2015 president e coo La nomina ai vertici  Nel 2017 è nominato president e ceo di Vf Corporation con marchi come Wrangler, Lee e Rock & Republic, considerati meno strategici. Steve Rendle non è solo un manager navigato che guarda oltre l’ostacolo («Dopo l’epidemia saliranno le quotazioni dell’outdoor, perché le persone viaggeranno meno e vorranno svagarsi vicino a casa», ha detto ottimisticamente), ma anche un uomo che per sua stessa ammissione non ha paura di rischiare. «Rischio è una parola che fa paura a molti, ma non a me», ha dichiarato in una recente intervista. Del resto, nel 1999 - quando fece il suo ingresso in Vf - contrariamente a quanto gli consigliarono famiglia e amici lasciò la comfort zone di un lavoro che non dava grattacapi per salire sulla barca di un’azienda, The North Face, che annaspava. Azienda che non solo risanò, ma nel giro di 11 anni portò a diventare la locomotiva del gruppo. Furono probabilmente questi risultati e l’esperienza capitalizzata in diversi silos aziendali a far pendere l’ago della bilancia verso di lui, quando nel 2017 si trattò di individuare il successore dell’allora ceo Eric Wiseman. Nel nuovo ruolo Steve Rendle ha esercitato subito

una forte leadership, vestendo i panni dell’innovatore, uno abituato a superare i limiti e a trovare soluzioni: un’indole maturata - come ha rivelato lui stesso - già dai tempi in cui a Spokane (Washington), sua terra d’origine, militava nei Boy Scout. Nell’ottobre scorso ha introdotto un nuovo slogan per spiegare come vuol forgiare Vf nei prossimi anni, «Purpose led and Performance driven», facendola correre su binari strategici come la priorità del digitale, l’investimento progressivo sui canali diretti, l’ottimizzazione del portafoglio marchi, lo sviluppo in Asia, la trasformazione del gruppo in chiave sempre più cliente-centrica e, soprattutto, il focus sulla sostenibilità ambientale e sociale, con la riduzione di emissioni Co2 del 55% e del 30% all’interno della supply chain. Entro il 2030 le nove maggiori materie prime utilizzate per la produzione dovranno provenire da fonti rinnovabili, rigenerative o riciclate. Una sfida per Rendle, se si tiene conto che Vf vende ogni anno oltre 400 milioni di capi in 170 Paesi. Ma, appunto, è durante le sfide che si cavalca il cambiamento. 


STRATEGIA CAREERS DI CARLA MERCURIO

NEW ENTRY, SVOLTE, RITORNI

TRUSSARDI IN STAND-BY DOPO L’USCITA DI MANDELLI

HUGO BOSS: NUOVE SFIDE CON GRIEDER E TIMM

Pare che il sodalizio non funzionasse già da tempo, ma di certo l’emergenza Covid ha accelerato i tempi e Maela Mandelli (nella foto), dopo un anno nel ruolo di ceo di Trussardi, ha lasciato l’incarico, che ora sarà rivestito ad interim dal chief operating officer Giuseppe Pinto. Dopo il passaggio oltre un anno fa sotto il controllo del fondo Quattro R, la casa di moda aveva scommesso su un’idea di lusso contemporaneo, puntando sulle colab con talenti sempre diversi e senza affidarsi a un un direttore creativo. Sembra che ora sia in ballo un contratto di consulenza con John Hooks, veterano del settore moda, che ha ricoperto ruoli chiave in Giorgio Armani e Ralph Lauren, ma non si hanno conferme ufficiali. Intanto Maela Mandelli guarda avanti. La manager, che in una recente dichiarazione ha espresso la sua gratitudine per l’esperienza appena chiusa in Trussardi, ha deciso di realizzare il sogno di diventare un’imprenditrice. «Sono galvanizzata da un paio di progetti che sto sviluppando con dei partner/investitori e non vedo l’ora di poterli svelare», ha annunciato.

Grazie alla crescita del fatturato e degli utili nell'ultimo trimestre, il gruppo Hugo Boss aveva raggiunto gli obiettivi per l'intero fiscal year 2019, chiuso con una crescita del 3% del turnover. Ma poi l’emergenza coronavirus con il conseguente lockdown ha impattato sui numeri dell’azienda, che ha archiviato il primo quarter del 2020 in flessione del 16% e attende esiti peggiori per il secondo, nonostante la riapertura dei negozi in Cina. L'esposizione retail del brand è infatti concentrata per l'85% sul mercato europeo e su quello americano, alle prese con il diffondersi esponenziale del virus. È il momento di nuove sfide. Tra queste non a caso c’è l’e-commerce, con cui il gruppo punta a superare entro il 2022 quota 400 milioni di euro di fatturato, rispetto ai 151 del 2019. Grandi aspettative sono riposte nell’arrivo del nuovo ceo Daniel Grieder (nella foto), appena uscito dal gruppo Pvh - assumerà l’incarico dall’1 giugno 2021 - dove dal 2014, quando è diventato ceo di Tommy Hilfiger Global & Pvh Europe, le vendite retail di Tommy Hilfiger sono cresciute da 6 miliardi di dollari a oltre 9 miliardi nel 2019, mentre il business europeo di Calvin Klein è più che raddoppiato in termini di ricavi e guadagni. Strategico sarà anche il ruolo di Oliver Timm, sempre in arrivo dal gruppo Pvh, che dall'1 gennaio 2021 sarà il chief sales officer.

ARMANI: QUALI PROSPETTIVE CON MARCHETTI NEL CDA?

RICHEMONT: UN EX GIVENCHY PER INVESTIRE SULLA MODA

È stato il primo a organizzare una sfilata in live streaming lo scorso febbraio, quando il coronavirus cominciava a fare paura. Un’apertura al digital confermata dagli investimenti multimilionari mirati all’evoluzione tecnologica sotto l’egida di Gabriele Lunati, Global Client & Digital Business Director, che però ha appena lasciato la casa di moda per diventare Chief Marketing & Innovation Officer di Missoni. Non sorprende dunque che Giorgio Armani abbia aperto le porte del cda a Federico Marchetti, attuale presidente e a.d. di Ynap (in attesa prima o poi di trovare un degno successore di Lunati). Una new entry che va a rafforzare e confermare l’attenzione che in questo momento il gruppo riserva alla digital transformation e che apre sicuramente nuove prospettive per il gruppo (e per il manager). Nel 2019 il giro di affari della casa di moda è tornato a crescere, sfiorando quota 2,16 miliardi di euro (+2,3% sul 2018), con le vendite a perimetro costante nella rete diretta di negozi ed e-commerce in progress del 7% e con il +9% dei ricavi indotti, inclusivi delle licenze. Intanto prosegue il piano di semplificazione e riqualificazione del portafoglio marchi - con la focalizzazione esclusiva sui marchi Giorgio Armani, Emporio Armani e A|X Armani Exchange e della rete distributiva.

● Nel 2018 ha accelerato sul digital acquisendo Yoox, per dotarsi di

un braccio tecnologico in grado di fronteggiare l’avanzata dei giganti delle vendite online. Ora per il gruppo Richemont, colosso del lusso con marchi di orologi e gioielli come Cartier, Piaget e Van Cleef & Arpels, è il momento di spingere su abbigliamento e accessori, in attesa di riprendersi da una trimestrale in cui i ricavi si sono quasi dimezzati. Un mondo, quello del clothing, rappresentato da Chloé, Dunhill, Maison Alaïa e Peter Millar, dopo che nel 2017 e nel 2018 sono stati ceduti rispettivamente Shanghai Tang ad Alessandro Bastagli e Lancel a Piquadro. Per il momento Chloé e le altre griffe rappresentano solo una piccola quota rispetto ai 14,24 miliardi di euro di fatturato, per la maggior parte generati dall’hard luxury. Ma adesso il polo elvetico, guidato da Johann Rupert (nella foto), ha affidato la divisione abbigliamento e accessori a Philippe Fortunato, veterano di Lvmh e fino allo scorso marzo ceo di Givenchy, di cui ha siglato l'espansione retail, il ritorno in pedana e la rivalutazione del menswear. Un’esperienza che si completa con i ruoli di presidente e a.d. dell'Asia del nord e della Cina di Louis Vuitton, managing director di Fendi e della regione Asia Pacific di Christian Dior. Di recente Richemont ha stretto una joint venture con Alber Elbaz per il progetto AZfashion, "dream factory" nata per sviluppare soluzioni adatte al guardaroba delle donne di oggi.

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STRATEGIA NEWS

A CURA DI ELISABETTA FABBRI

LE TRIMESTRALI POST-LOCKDOWN

CROLLO DELLE VENDITE MA SEGNALI POSITIVI DALLA CINA

Al momento di andare in stampa, i bilanci più recenti per decifrare gli effetti del lockdown arrivano dal Regno Unito e dalla Svizzera. Nel primo trimestre fiscale le vendite di Burberry sono scese a 257 milioni di sterline, -48,4% rispetto allo stesso periodo del 2019, ma giugno evidenzia "soltanto" un -20%. L’Asia-Pacifico ha registrato un -10% nei tre mesi, ma è tornata a salire in giugno. La Cina Mainland, in particolare, è cresciuta a un tasso intorno al 15%, che beneficia di un +30% nel mese scorso, oltre i livelli pre-Covid di gennaio. L’area Emeia, invece, ha subito un -75%, con giugno che mostra un miglioramento, anche se resta significativo l’impatto dell’assenza di turisti. Pressoché analoga la discesa nelle Americhe (-70%). I ricavi quarterly del gruppo del lusso Richemont si sono invece attestati a 1,99 miliardi di euro, -47%. Il proprietario di marchi come Cartier e Van Cleef&Arpels ha accusato una flessione intorno al 60% in Europa, America e Giappone. L'Asia Pacifico ha mostrato un più contenuto -30%. Quanto a Swatch, ha archiviato il primo semestre con una perdita di 308 milioni di franchi svizzeri, contro l'utile di 415 milioni dello stesso periodo del 2019. In rosso anche l’ebit, a -327 milioni, dai +547 milioni di un anno prima, che risente di una contrazione del fatturato del 46,1% a 2,1 miliardi di franchi. La nota positiva è che, nella Cina continentale, fra maggio e giugno la crescita è stata a due cifre, rispetto all’anno precedente. Il management prevede un secondo semestre «robusto», con un risultato operativo positivo per l’intero anno. In Italia, Brunello Cucinelli (nella foto) è convinto di tornare a crescere nel secondo semestre e che la ripresa scatterà dal 2021. I ricavi preliminari del primo semestre sono scesi del 29% a 205,5 milioni di euro, ma l'imprenditore umbro prevede di terminare il 2020 con calo del fatturato intorno al 10%.

EY Future Consumer Index Planet first

(17%)

Affordability first

(30%)

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Society first Health first

(16%)

(26%)

Experience first

(11%)

UN SONDAGGIO DI EY

LE CINQUE IDENTITÀ DEL CONSUMATORE POST-EMERGENZA ● Dal recente sondaggio Future Consumer Index di EY, focalizzato sul comportamento e il sentiment di un campione di 14.074 persone in 18 Paesi, sono emersi i profili di cinque tipologie di consumatori postpandemia. E dalla società di consulenza consigliano ai leader aziendali di concentrarsi sul rimodellamento dei loro portafogli, in modo che siano pertinenti rispetto al futuro consumatore. Il 30% degli intervistati appartiene alla tipologia "affordability first": il consumatore più pessimista del campione in merito alla ripresa del Paese in cui vive e al ritorno della stabilità finanziaria. Più della metà di questa categoria ritiene che il prezzo sia sempre più importante. Un altro 26% appartiene alla classe "la salute prima di tutto", che preferisce marchi e prodotti di cui si fida, per essere sicura e ridurre al minimo rischi inutili. Il 57% di questo gruppo afferma di prestare attenzione soprattutto a quanto siano sani i prodotti che acquista. Il tipo "planet first" (17%) è disposto a pagare un premio per beni di alta qualità, etici e sostenibili. Più della metà di questa categoria intende fare acquisti a livello locale e a lungo termine. Il consumatore "la società prima di tutto" (16%) crede che tutti dovrebbero lavorare insieme per il bene comune: il 73% è pronto a cambiare il proprio comportamento per favorire la società. Preferisce acquistare da organizzazioni oneste e trasparenti su ciò che fanno. L'ultimo segmento è quello "experience first" (11%), che vive momento per momento ed è il meno preoccupato per la propria salute e le finanze personali. I due terzi di questo gruppo si sentono a proprio agio nel tornare in un centro commerciale pochi giorni o settimane dopo che la pandemia si è stabilizzata.

INDITEX: ALTRI 2,7 MILIARDI PER DIGITAL E SOSTENIBILITÀ Il presidente di Inditex, Pablo Isla (nella foto), ha intenzione di investire ulteriori 2,7 miliardi di euro, nei prossimi tre anni, per accelerare la strategia di trasformazione digitale e sostenibile avviata nel 2012. Così le vendite online del gruppo che controlla marchi come Zara, Oysho e Massimo Dutti dovrebbero arrivare a superare un quarto del totale nel 2022 (dal 14% del 2019). Negli ultimi anni il gruppo spagnolo, che ha chiuso il 2019 con ricavi in aumento dell’8% a 28,29 miliardi di euro e utili a 3,64 miliardi (+6%), ha investito 10 miliardi in tecnologie. Tra gli obiettivi green c’è la riduzione dei consumi di energia in store, l'aumento delle energie rinnovabili, il rispetto del programma Zero Waste in store, nelle piattaforme logistiche e nelle sedi centrali e progressi nell'eliminazione della plastica. ●

QUARTER IN ACCLERAZIONE PER ZALANDO E ASOS ● I player dell'e-commerce europeo mostrano performance di rilevo, mentre la situazione di emergenza nell'area si allenta. In base ai dati preliminari, Zalando ha archiviato il secondo trimestre con un aumento dei ricavi fra il 26% e il 28%, superando le vetta dei 2 miliardi di euro (1,6 miliardi nell’analogo periodo del 2019). «Il periodo - spiegano da Berlino - beneficia di uno slittamento degli acquisti dal primo al secondo trimestre e da un decremento del tasso di reso». Salgono a 1,01 miliardi di sterline le vendite di Asos tra marzo e giugno 2020. L’e-commerce di moda britannico mette così a segno una crescita del 10% rispetto allo stesso periodo del 2019. Il ceo Nick Beighton si aspetta una forte crescita dei profitti annuali e il ritorno a un free cash flow positivo.

ANCHE FERRAGAMO RIVEDE I LISTINI VERSO L'ALTO ● Dopo il lockdown e la flessione sensibile dei consumi, un altro luxury brand rivede la sua politica dei prezzi su tutti i mercati. Si tratta di Ferragamo, che ha aumentato il costo di diversi prodotti tra il 5% e il 7% per «mitigare la contrazione del traffico dei negozi e l’aumento dei costi della gestione nella logistica e del retail causati dalla pandemia». Anche Patrizio Bertelli, a.d. di Prada, ha annunciato dei rialzi, a causa delle complessità logistiche e manifatturiere e per recuperare l’aumento dei costi organizzativi e delle materie prime. La stessa politica è stata adottata da griffe come Gucci, Louis Vuitton e Chanel.



INNOVAZIONE BUSINESS MODEL

BRAND AL BIVIO Scommesse vitali Trasformazioni in progress

Tutti sul phygital, in ordine sparso Il futuro è tutto da scrivere e l'innovazione impatterà sul cuore del business. La bussola indica direzioni chiare: inclusività, sostenibilità e un dialogo costante tra brand e consumatori, con i creator come nuovi influencer. Ma ogni marchio sta elaborando a modo suo le proprie strategie di sopravvivenza, dopo quello che è stato un vero tsunami DI ANGELA TOVAZZI

Niente più sarà come prima. È stato questo, negli ultimi mesi, il mantra più gettonato nella narrazione del pre e post Covid-19. E se non c’è dubbio che tutti i brand, nessuno escluso, saranno chiamati a ritarare la rotta per attutire i danni e adeguarsi alla “nuova normalità”, sicuramente ad aprire la strada verso il cambiamento saranno i più innovatori. Ma quale sarà la nuova formula dell’innovazione? In questi mesi si è parlato molto del lockdown come di una battuta d’arresto che ha obbligato a un fulmineo salto evolutivo: nella digitalizzazione, nella sperimentazione di format di vendita sul crinale tra online e offline, di diversi tone of voice nella comunicazione. Un’improvvisa cesura che ha costretto ad attivare un pensiero divergente. Capire però la direzione e le implicazioni della trasformazione innescata è operazione ardua, come sottolinea Marco Palmieri, che con il Gruppo Piquadro ha appena lanciato un inedito sistema di videochiamata con gli smart glass di Google (vedi pag. 27): «Dopo una discontinuità come quella provocata dalla pandemia, il cambiamento investirà giocoforza tutti gli aspetti del business, ma questa volta non abbiamo a disposizione best practice a cui guardare, né paradigmi a cui ispirarci». La storia la stiamo scrivendo adesso: «Quello che stiamo vivendo è un processo bottom-up, che parte dal basso - precisa -. Dovremo fare esperienza, prima di poter costruire un modello». 40

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Unico punto fermo è che non dovrà mancare l’approccio disruptive: «Credo che il virus, più che sconvolgere, abbia dato un’accelerata. Innovativi o lo si era prima, altrimenti non lo si sarà adesso», sentenzia Pietro Negra, fondatore e ceo di Pinko, uno dei primi brand ad avventurarsi nelle sfilate digitali lo scorso aprile alla Shanghai Fashion Week: una sfilata seguita

Forte identità di marca, relazione autentica con i clienti e osmosi fra reale e virtuale i nuovi binari strategici da oltre 560mila utenti unici, con oltre 400mila interazioni, che ha portato a vendite per 1,1 milioni di yuan cinesi, pari a circa 130mila euro. Ma anche se le aziende e i loro capitani non vantano alti dosaggi di caratteristiche innate quali «visione, coraggio e un po’ di spensieratezza», come sottolinea l’imprenditore, ora è il momento di fare mente locale e ripartire, ricordando che essere innovativi è in primis «saper imporre un proprio punto di vista, sfuggendo alla prevedibilità e all’omologazione». Rivedere

tutte le aree del business in un’ottica di ottimizzazione, ed eventuale razionalizzazione, è il primo passo da fare secondo Negra, ma in questo momento nebuloso e sfidante ciò che conta è lo sviluppo della «parte immateriale». «Se in passato - spiega - l’idea della cilindrata dell’azienda veniva dai metri quadri di superficie commerciale presidiata, oggi deriva dal database dei clienti, dal tipo di relazione intessuta con loro, da come si riesce a propagare i valori del brand. Per Pinko abbiamo redatto un “manifesto”, rimarcando qual è la nostra donna di riferimento, attorno al quale deve ruotare tutto: creatività, immagine dei negozi, strategie comunicative». Una strategia-bussola, questa, per aprire un varco nell’indeterminatezza del futuro. Essere degli innovatori, del resto, non significa solo riuscire a cambiare lo status quo scegliendo percorsi alternativi rispetto ai tracciati già mappati, ma anche farsi portavoce di correnti di pensiero che vanno al di là dell’estetica. La molteplicità e l’inclusività nel messaggio di Moncler Genius, che è riuscito a coinvolgere diverse audience con un progetto corale che irrompeva nei negozi con capsule mensili, ne è una conferma. Con la pandemia ancora in corso, però, gli


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RIPARTIRE DALL'IDENTITÀ

Luigi Lardini: «Ora facciamo parlare le emozioni» Il designer ha lanciato una capsule che porta il suo nome di battesimo

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eventi ad alto tasso esperienziale con bagni di folla promossi da Remo Ruffini dovranno essere ripensati e sarà interessante vedere come: intanto l’innovazione ha preso forma con il lancio della collezione numero 7 Fragment Hiroshi Fujuwara, che ha scelto un format phygital e glocal, attraverso l’attivazione locale di e-tailer e wholesaler con eventi tailor made, in sintonia con la cultura locale. Anche il timing delle uscite sarà un tema cruciale nei mesi a venire, dopo che un altro visionario come Giorgio Armani ha ribadito la necessità di uno slowdown nell’avvicendamento vorticoso della merce nei negozi e auspicato un riallineamento della stagione climatica e commerciale, per tornare a dare valore al tempo e alle produzioni. Lo stesso Alessandro Michele, sempre al top del rating delle vendite con Gucci, ha deciso di procedere con i suoi ritmi, «lontano da un performatività ipertrofica che oggi non trova più la sua ragion d’essere». Produrre meno, produrre meglio, consumare meno, consumare meglio: dopo essere passato nelle secche del Covid questo flusso di consapevolezza si è rinforzato, anche se spetterà alle aziende elaborare modelli di business che rendano finanziariamente so-

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1. Will Smith per 7 Moncler Fragment Hiroshi Fujiwara 2. Le sneaker modulabili Acbc 3. Nella collezione Epilogo di Gucci i designer che affiancano Alessandro Michele diventano modelli 4. La Pre-Fall 2020 di Pinko 5. Nicolas Ghesquière con Qiyana, vestita Louis Vuitton nel videogioco League of Legend

stenibile il rallentamento degli ingranaggi e la diminuzione dei volumi. Second-hand, noleggio e upcycling, con numeri record durante il lockdown, si sono affacciati come una delle possibili alternative, ma nel mercato c’è già chi da tempo ha tracciato soluzioni innovative, appunto, nella direzione di una maggiore sostenibilità. Il footwear Acbc, che sta vivendo un momento d’oro nonostante lo tsunami post Coronavirus, ne è un esempio. Reduci dalla vittoria del finanziamento messo in palio da Bheroes (la docu-serie in onda su Sky e Now Tv) e con un fiscal year che si è chiuso con una crescita del 130%, i fondatori Gio Giacobbe ed Edoardo Iannuzzi hanno le idee chiare su come dovranno evolvere i brand e con che cosa dovrà alimentarsi in futuro l’innovazione. «Ci deve essere un cambiamento di sistema, un modo più sostenibile

Dopo 42 anni passati a lavorare in azienda, di cui gli ultimi 23 dedicati anima e corpo a disegnare la collezione Lardini, Luigi Lardini ha deciso di ripartire dopo il lockdown aggiungendo un progetto tutto nuovo, una capsule collection per la Spring-Summer 21 a cui ha dato il suo stesso nome di battesimo: Luigi Cesare Romano Augusto. «Si tratta di 13 outfit - racconta lo stilista - che ricalcano al 100% il mio gusto personale. Ho disegnato una collezione dove, come si suol dire, ci ho messo la faccia, al punto che non solo l'ho fatta ricamare sulle T-shirt, ma sono diventato anche il testimonial del catalogo». La capsule, contraddistinta da un'etichetta verde («Lo stesso colore della coperta in cui mi hanno avvolto appena nato») è già presente nelle showroom in Italia, Giappone e Germania. «Si tratta di un guardaroba semplice ma non basico, sofisticato ma non eccentrico», assicura il designer, aggiungendo che questo progetto, con lo stesso posizionamento di prezzo della linea Lardini, sarà probabilmente one shot. L'idea che ha spinto Luigi Lardini era di riproporsi sul mercato dopo il Coronavirus in una maniera più autentica e personale. «Ho pensato sottolinea - che questo fosse il momento giusto per far parlare le emozioni: questa capsule è una sorta di autobiografia e anche per questo all'interno di ogni giacca è cucita la riproduzione del mio certificato di battesimo». (an.bi)

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INNOVAZIONE BUSINESS MODEL

1.La moda sarà sempre più inclusiva e cliente-centrica: Manila Grace ha lanciato un contest per trasformare una fan del brand nel volto della prossima campagna 2. Sostenibilità in primo piano: nella collezione Fall-Winter 2021 di Berwich reti da pesca abbandonate dal mare diventano filo di nylon altamente performante

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di produrre. Il Covid è stato un campanello d’allarme e d’ora in avanti le aziende dovranno avere un approccio più radicale», sostiene Iannuzzi mostrando le sneaker Acbc, specchio di come la tecnologia possa contribuire ad allungare il ciclo di vita di un prodotto, grazie a una scarpa modulare e intercambiabile, costituita da una suola su cui si possono montare diverse “skin” . «In futuro - anticipa - il nostro focus sarà quello di fornire tecnologie green ai big del fashion, spostandoci anche in altre categorie merceologiche. Diventare più sostenibili è un obiettivo impellente per tutti». Non solo: secondo una recente ricerca condotta dagli studenti del Mafed, il Master in Fashion, Experience & Design Management di Sda Bocconi, e promossa da Salesforce in collaborazione con Cnmi, oltre alla

è certo una novità, d'ora in avanti sarà una conditio sine qua non. Guarda caso, Mango ha appena lanciato una "Community di Innovazione", in modo da dialogare con il suo pubblico su argomenti come il brand, il design del prodotto, il ruolo dei negozi e l'esperienza online e coinvolgere i clienti nelle decisioni aziendali. Altro trend che scandirà il futuro è la spinta alla realtà virtuale, che «andrà sempre più a regime - dice Matteo Pogliani - con la massimizzazione di alcuni esperimenti già fatti nel mondo del gaming, per esempio con Twitch e Fortnite, come ha fatto Nike, rendendo queste piattaforme in livestreaming simili ai social network». Pensiamo anche a Louis Vuitton x League of Legends, la capsule collection dove il direttore artistico del womenswear Nicolas Ghesquière ha disegnato cinque look digitali per i personaggi dell’e-game, oppure alla co-lab tra Moschino e The Sims 4, con la quale Jeremy Scott ha prima creato una capsule con disegni pixelati e poi ha contribuito a realizzare una mini-espansione del videogioco che consente ai giocatori di vestire i loro personaggi. Un nuovo modo di costruire brand awareness, ad alto tasso di engagement, in linea con le nuove generazioni. E degli influencer che ne sarà nel post pandemia? «Durante il lockdown - osserva Pogliani - molti di loro hanno risposto all’esigenza generale di avere contenuti utili o di intrattenimento, dimostrando che quando c’è reale influenza c’è anche forte potere di conversione, come hanno insegnato i Ferragnez». Ma la grande riscoperta di questi mesi è stato il ruolo centrale del «contenuto», espressione e frutto di specifiche competenze. Ci aspettano tempi di pulizia:«In futuro - conclude Pogliani - la figura dell’influencer coinciderà sempre più con quella del creator, di colui che si è distinto e posizionato online per il valore dei suoi contenuti». Oggi più che mai la parola d'ordine è qualità. ■

Il nuovo influencer sarà il creator: chi si sa distinguere per la qualità dei suoi contenuti sostenbilità, saranno altre due i pilastriguida nell'innovazione post Covid: la personalizzazione dell'offerta e l'engagement, la capacità di coinvolgere empaticamente il consumatore. «Quando le aziende si sono trovate a non poter più fare una comunicazione push sul prodotto perché i negozi erano chiusi, si sono messe in luce quelle che erano riuscite a impostare un dialogo spontaneo e bidirezionale con i clienti, slegato dalla vendita ma legato al brand», commenta Matteo Pogliani, partner e digital strategist di OpenBox e fondatore di Onim (Osservatorio Nazionale Influencer Marketing). Detto altrimenti, il Covid ha messo alla prova la tenuta identitaria dei marchi e accentuato il fatto che sono i valori che li sostengono a «posizionarli a lungo termine e a fare da salvagente nelle fluttuazioni». In particolare, la visione customer centric, che non 42

NUOVA IMPOSTAZIONE PER AGL

«La nostra mission? Local e digital» Le sorelle Giusti, terza generazione dell'industria calzaturiera di Montegranaro, accelerano con la digitalizzazione, ma senza dimenticare l'interazione dal vivo Vera, Sara e Marianna Giusti Leombruni, al vertice di Agl, oltre 100 dipendenti e 30 milioni di euro di fatturato, sono convinte: nel post Covid la strategia sarà «local e digital insieme». Sul fronte online anche per Agl l'imperativo è stato accelerare: «Durante il lockdown l'e-commerce, attivo da sei anni, ha raddoppiato il fatturato - racconta Vera, direttore creativo - tanto che abbiamo deciso di fare un ulteriore investimento, internalizzando la logistica, a partire da marzo 2021». Dal 9 luglio scorso, inoltre, la pre-collezione ha debuttato in digitale grazie alla partnership siglata con la piattaforma americana Joor. Ma il futuro non potrà prescindere anche dall'esperienza live, soprattutto nei mercati che si stanno affrancando dall'emergenza sanitaria. «In questo momento è fondamentale essere fisicamente vicino ai clienti», dice Vera anticipando che a settembre verrà inaugurata una nuova showroom a Parigi, in Place Vendôme: uno spazio espositivo che si aggiungerà a quelli già attivi a Milano, New York e Düsseldorf.


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VEEPEE, IL PARTNER DIGITALE DEI BRAND CONTINUA LA MISSION DI VEEPEE, L’E-COMMERCE LEADER NELL’AMBITO DELLE FLASH-SALES CHE GARANTISCE UNA VASTA OFFERTA MULTI-CATEGORY, DOVE IL FASHION RAPPRESENTA IL 60% E SI CONFERMA COME SETTORE DI PUNTA E BUSINESS TRAINANTE PER IL COLOSSO EUROPEO

La Moda rimane al centro della strategia di Veepee, in particolare in Italia, con gli oltre 900 brand italiani proposti ai soci del sito attraverso la formula delle flash-sales, ovvero vendite-evento nelle quali i prodotti sono disponibili per un periodo di tempo limitato e a prezzi esclusivi in un contesto creativo, rafforzandone l’identità. “La Moda e il Made in Italy continuano ad essere al centro della nostra strategia afferma Andrea Scarano, Country Manager Italia di Veepee. Attraverso le sinergie del nostro Gruppo, agiamo come un motore per l’internazionalizzazione delle marche offrendo soluzioni digitali creative ed innovative, non solo con le nostre flash-sales, ma anche ad esempio tramite Brandsplace, il nostro marketplace dove sono i brand a dettare le regole”. Un modello di business vincente e una presenza in 12 paesi europei che consente ai brand di aprire una vendita in contemporanea su tutti i mercati di presenza del Gruppo, amplificandone la notorietà a livello internazionale. “Dall’accelerazione degli slow movers

alla valorizzazione degli stock, ci impegniamo ad offrire alle marche una soluzione tailor-made in costante evoluzione, per rispondere alle loro esigenze e diventare il loro partner digitale”, prosegue Andrea Scarano. A livello globale, con 120 milioni di prodotti venduti e oltre 54mila vendite evento durante l’anno, Veepee ha registrato nel 2019 un fatturato di 3,8 miliardi di euro netti, investendo 100 milioni di euro in Research & Development e Open Innovation.

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L’entertainment shopping è la modalità promessa ai suoi utenti da Veepee, dove l’esperienza di acquisto si rinnova ogni giorno con l’apertura di numerose vendite ed operazioni speciali come l’imminente Back to School. L’attività dedicata al settore Kids trasporterà gli utenti in un universo shopping coinvolgente con una sezione dedicata al rientro a scuola, tra animazione del sito, attività sui social media ed uno speciale concorso per vincere tanti premi.


INNOVAZIONE SFILATE DIGITALI

SCENARI FLUIDI Dal reale al virtuale La parola agli esperti

Con la digital collection Deep, Amber Jae Slooten, co-fondatrice di The Fabricant, ha combinato la sua creatività con dati forniti dall'intelligenza artificiale, elaborando le foto di una sessione di sfilate parigine

Un rapido approdo a nuove frontiere: la digital couture si racconta in 3D Per cercare di capire il destino delle sfilate e sbirciare nel futuro abbiamo coinvolto un regista che lavora con le più importanti griffe italiane, un noto fotografo-poeta, un esperto di realtà virtuale e un produttore di moda digitale 3D DI ELISABETTA FABBRI

Prima di Londra, Parigi e Milano ci avevano pensato Shanghai e Mosca a tracciare la rotta delle fashion week digitali. Tra il 23 e 30 marzo la piazza cinese aveva proposto l’intera carrellata di sfilate in streaming via Tmall. Più di 150 marchi, tra cui Diane von Furstenberg, nonché linee di brand locali come Yirantian, Shushu/Tong and Angel Chen. In più, grazie a un accordo con la piattaforma del Gruppo Alibaba, chi si collegava per seguire la sfilata poteva acquistare gli item in passerella in realtime dallo smartphone. Come è andata? Il giorno di apertura ha totalizzato 2,5 milioni di visualizzazioni. Alla fine della settimana della moda cinese sono stati superati gli 11 milioni di visualizzazioni, che hanno contribuito a ge-

nerare oltre 20 milioni di renminbi (circa 2,5 milioni di euro) di gross merchandise volume. I livestream più popolari hanno attirato 1,5 milioni di visualizzazioni e vendite per oltre 3 milioni di renminbi in una singola sessione. Prima di Shanghai, tra il 16 e il 21 marzo era prevista la Rakuten fashion week di Tokyo che, anziché essere cancellata, si è tradotta in una decina di show in streaming. A Mosca, invece, tra il 10 e l’11 giugno si è tenuta la prima edizione di un progetto ibrido, il Global Talent Digital, dove oltre 50 designer da 20 Paesi hanno presentato collezioni digitali e reali, animate da modelli virtuali e umani, talvolta usando la realtà aumentata. Il progetto off-season del Russian Fashion Council, sostenuto dalla Mer-

cedes-Benz Fashion Week Russia, è stato trasmesso in streaming in più di 20 Paesi dai social network e da oltre 100 siti web, facendo parlare di sé. Tanto che gli organizzatori stanno lavorando alla prossima edizione, prevista tra agosto e settembre, che sarà interamente incentrata sulla sostenibilità. Arrivati al 12 giugno, ha debuttato la tre giorni della London Fashion Week in versione 100% digitale e sponsorizzata, tra gli altri, dal colosso cinese dell’e-commerce JD.com, che ha anche prodotto tre film per celebrare i brand britannici. Accessibile agli addetti ai lavori e al grande pubblico dal sito londonfashionweek.co.uk, la settimana della moda British è stata concepita come una sorta di happening fra moda, cultura e 45


INNOVAZIONE SFILATE DIGITALI

tecnologia, con interviste podcast, webinar, visite virtuali in showroom, dietro le quinte della collezione, oltre ai video delle classiche sfilate. Un centinaio i designer coinvolti, di cui 34 nel calendario ufficiale, tra cui nomi come Chalayan, Marques' Almeida, Mulberry e Pronounce. Ma l’evento è stato criticato per la scarsa ispirazione e la scarsa audience. Di certo si sa che in settembre (dal 17 al 22) l'evento tornerà in versione sia digitale che fisica. Di seguito è stata la volta di Parigi con il menswear e l’alta moda. I buyer pare abbiano per lo più apprezzato le presentazioni virtuali, ma nulla sembra arrivare alle sfilate reali. «Honestly, give me the runway», dice in un articolo sulla couture di Parigi Vanessa Friedman, fashion director del New Tork Times. Ma la strada per il cambiamento è tracciata. Sergio Salerni, creativo e regista che ha diretto fashion show per i più noti marchi della moda italiana ed estera, ha lanciato un nuovo progetto nell’emergenza sanitaria, che punta ad annullare le distanze, senza perdere i plus dell’evento fisico. Il format The Global Premiere prevede infatti la sfilata reale e una serie di appuntamenti nel mondo in contemporanea - fusi orari permettendo coordinati e coerenti con l’evento principale. Un numero di ospiti locali, adeguato alle regole di distanziamento vigenti, potrà seguire il défilé proiettato su grandi formati e in alta definizione. «Ho pensato a The Global Premiere - racconta Salerni - per sopperire alla mancanza di emozionalità di una sfilata vista in un monitor da remoto. Così stampa, buyer e ospiti possono rivivere la stessa ritualità dell’evento centrale ma altrove». Quanto al riscontro da parte delle maison, dice: «Il progetto è stato recepito abbastanza bene, vediamo se i viaggi ripartono. In caso negativo potrebbe essere una soluzione, visto che per ora chi ha deciso di fare la sfilata fisica si limita a ricevere al massimo 60-100 persone. Per numeri maggiori servono spazi davvero grandi, tenuto conto del distan46

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GIOVANNI GASTEL

ph. Frigerio

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«La tecnologia, un incredibile moltiplicatore di libertà» Dice di vivere in una bolla, lontano da giornali e tv, il noto fotografo al vertice dell’Associazione Fotografi Professionisti, che si applica con successo anche alla scrittura e alla poesia. Sentendolo parlare, però, è chiaro che non gli sfuggono i fenomeni del momento. Anche nella moda, ora al banco di prova delle sfilate digital-only I fashion show tradizionali si avviano al tramonto oppure no? In effetti, la sfilata fisica è un po’ arcaica. Era nata con l’idea di vendere, poi è diventata uno spettacolino abbastanza monotono. Ci si potrebbe spremere le meningi di più. Solo i francesi sono arrivati a fashion show che sono puro teatro. Il periodo più creativo della moda in Italia è stato dagli inizi alla metà degli anni Ottanta, perché non c’erano molti soldi. Con il successo la creatività si è fermata. Forse questa crisi, rendendoci più poveri, ci darà più libertà di espressione. Con il digital e la sperimentazione di nuove formule di comunicazione, come cambia l’attività di un fotografo di moda? Tutte le epoche sono state moderne, compresa la nostra. La comunicazione ha sempre usato gli strumenti più attuali e

penso che l’utilizzo di mezzi digitali abbia un senso, non so se in assoluto. Tuttavia il digitale manca di poesia, non basta il solo prodotto. La fotografia ha reso protagonista il vestito, mentre la modella era in secondo piano, e servirà ancora a questo: in tal senso penso che possa sopravvivere al mezzo per realizzarla. Negli audiovisivi invece il protagonista è l’attore. In questo periodo sto lavorando a un film sul tema delle ninfe, che vuole esprimere una sorta di nuova alleanza fra natura e umanità. Ma verrà corredato da un testo, che sto scrivendo con il poeta Davide Rondoni: o la moda trova un plusvalore di questo genere, per comunicare attraverso Internet, o si troverà in difficoltà. Lo smartphone sta diventando il mezzo più diffuso per scattare e vedere le immagini. Una limitazione per i fotografi? Ogni mezzo ha un’estetica: va studiata per capirne limiti e meraviglie. Non è che uno è meglio di un altro. L’importante è non cercare l’estetica dell’analogico nel digitale, sennò sarà sempre una grande delusione. Io stesso ho fatto copertine fotografando con lo smartphone. Forse noi professionisti potremmo insegnare


1. Una scena del corto che Matteo Garrone ha girato per Dior in occasione della Haute Couture Digital di Parigi 2. Un visore per vivere un'esperienza di virtual reality 3. La VR in un progetto di Impersive per Prada 5. Modelli e look virtuali alla fashion week di Mosca 6. Una modella avatar indossa la couture di Ralph&Russo, presentata con un video nel calendario di Parigi

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un po’ di “grammatica”, perché i più usano ormai lo scatto per esprimere un momento o trasferire dei dati. Noi facciamo un altro mestiere: alludiamo al reale per realizzarne un altro parallelo. Quali tecnologie per la fotografia la sorprendono di più? Direi Photoshop, che moltiplica la potenza creativa e arriva a cambiare anche il significato di ciò che hai fatto. Con l’analogico le scelte avvenivano a monte, adesso lo scatto è una base e le scelte si fanno a valle. Ho sempre a disposizione un negativo non sviluppato e posso riprendere il gioco migliaia di volte: una grande libertà creativa, a costo zero e sostenibile. Non capisco chi si lamenta e vuole ancora la pellicola e la camera oscura: è un’operazione archeologica, di retroguardia. Il digitale vince su tutti i fronti. In che direzione sta andando la ricerca? Trovo incredibile la sensibilità che sta raggiungendo il sensore, che ormai permette di lavorare senza flash quasi di notte. Prima si facevano flashate terribili, che bruciavano ogni poesia. La luce naturale è quasi sempre più bella di quella artificiale. Cosa le piacerebbe che inventassero per migliorare la sua attività? Forse una telecamera che fissa le immagini direttamente negli occhi. È probabile che prima o poi ci arriveremo. Cosa ne pensa di tecnologie come la realtà virtuale/aumentata e il 3D? Sono positivo, anche se io probabilmente resterò legato alla bidimensionalità. Tutto è destinato a cambiare, non necessariamente in peggio. E delle modelle virtuali? Un automa, magari costruito con pezzi di altri? È un uso sbagliato della tecnologia, una volgarità tremenda. Ci sono tante meravigliose donne reali… Il limite è sempre il buon gusto. 

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ziamento di due metri: sembra abbastanza irrealizzabile». «Lo show - prosegue Salerni - non sarà più un semplice video: dobbiamo pensare di dare un valore aggiunto a chi segue in streaming. Le tecnologie ci vengono d’aiuto, ad esempio le camere addosso alle modelle oppure carrelli e robot che seguono le indossatrici. Diventa un racconto cinematografico, studiato sia per i canali tradizionali che per i social. Così si riesce a tenere alto il grado di emozione». Quando gli si chiede se vede le sfilate tradizionali ormai superate, risponde: «Può darsi. Forse basta guardare la prima fila di ogni appuntamento per avere una risposta. I più non guardano le modelle in pedana, ma lo smartphone che le riprende. Lo sguardo passa attraverso un occhio elettronico, come a segnalarci la perdita di umanità di chi fruisce dello show. Ma se i tempi sono questi, forse non possiamo far altro che adattarci». Un aspetto positivo delle sfilate virtuali è che sono accessibili anche agli stilisti emergenti, possono aiutare i piccoli marchi, talvolta risultando più efficaci di eventi costati milioni di dollari: «Stiamo vivendo un momento interessante, di grande crisi ma che potrebbe portare a una maggiore sperimentazione e all’emergere di nuovi

talenti, che hanno bagagli di esperienze diverse». In ogni caso le sfilate vanno pensate non tanto per l’impatto immediato, ma per essere trasferite nel mondo digitale attraverso il mezzo cinematografico. Ora la Urban Production di Salerni sta sperimentando un teatro virtuale, tecnologia già impiegata da Disney+ per la serie The Mandalorian. «C’è un set con un grande fondale di led screen e un pavimento materico - spiega il regista -. Possiamo collocare le modelle nel mondo che vogliamo, cambiando i fondali a seconda della inquadratura. Basta uno studio di 300 metri quadrati, un fondale, una camera tracking, qualche luce particolare e possiamo fare un po’ di tutto in diretta, non più in post produzione». Siamo nell'ambito del virtual stage o virtual shooting. Uno studio di questo tipo si affitta per 30mila euro al giorno, poi servono una buona grafica, tre modelle, un truccatore e il filmato, ambientato in qualsiasi parte del mondo, è fatto. Il passo successivo saranno la realtà virtuale e aumentata o il 3D? «Sono in linea con l’evoluzione - risponde Salerni anche se io sono ancora uno di quelli a cui piace toccare la stoffa dei vestiti». Un esperto di realtà virtuale (spesso abbreviata VR, virtual reality) è Guido Geminiani, fondatore della milanese Impersive, produttore di video a 360 gradi immersivi per la VR, stereoscopici, full body e in movimento, che ci conferma un interesse per la realtà virtuale «clamorosamente

La moda aumenta l'interesse per la realtà aumentata nel momento in cui si contrae l'offerta di visori in crescita» tra le aziende di moda e lusso. Per esempio Prada, che collabora con Impersive dal 2017, ha deciso di selezionare 13 dei progetti più significativi, in quattro anni di produzioni VR, per portarli online e renderli sempre fruibili a tutti. «Se prima giravamo poche ore dopo la sfilata tradizionale, riprendendo una dozzina di best look, ora siamo passati a una sessantina», dice Geminiani, mentre spiega che la tecnologia fa rivivere l’esperienza della sfilata, facendo credere di stare a 10 centimetri dai modelli. «Nomi come Diesel - aggiunge - hanno creato una virtual showroom». Tuttavia, mentre sale la domanda, l’offerta di visori strumento indispensabile per vivere l’esperienza VR - si contrae e i prezzi salgono. «I produttori - conferma Geminiani - si riducono un po’ ovunque. I vecchi Oculus Go realizzati da Facebook, che costavano circa 200 euro, sono stati dismessi forse con troppo anticipo. Poi il social network è passato al 47


INNOVAZIONE SFILATE DIGITALI

1. La sfilata di Pinko alla scorsa Shanghai Fashion Week, abbinata al "see now buy now" 2. Un fashion show diretto da Sergio Salerni 3. Kerry Murphy, fondatore dell'olandese The Fabricant

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modello Oculus Quest, e il prezzo è arrivato a sfiorare i 500 euro, e dalla Cina sembra imporsi Pico, che viene circa 350 euro. La coreana Samsung, dopo avere iniziato a muoversi in questo mondo, lo ha abbandonato, non ritenendo più la realtà virtuale un processo strategico. Non solo: l’anno scorso hanno chiuso pure vari produttori di software, perché non in grado di mantenere una crescita esponenziale». In sintesi, a oggi Facebook è la maggiore azienda che guida la realtà virtuale, ma non funziona in Cina che è l’area, insieme agli Stati Uniti, dai contenuti più evoluti e dove c'è più richiesta. A proposito di contenuti, realizzare un racconto emozionante è fondamentale così come tener conto della brevità: «È il limite dato dall’esperienza con un visore». «Una presentazione VR - afferma il fondatore di Impersive - non potrà mai sostituirsi alla sfilata fisica ma ha qualcosa che il fashion show non ha: grazie alla stereoscopia ad altissima risoluzione, l’utente ha la sensazione di avere interagito, toccato con mano i tessuti, fatto un viaggio a Milano o tra le strutture produttive». Il prossimo passo, secondo Geminiani, sarà forse sfruttare il grande potenziale delle playstation (nel gaming ci sono i più appassionati di VR) come veicolo della moda, per comunicare attraverso la realtà virtuale. Ad Amsterdam, invece, il visionario Kerry Murphy ha un piano ambizioso. Con la sua realtà del digital fashion The Fabricant e l'ausilio delle tecnologie, dice di voler costruire un futuro della moda collaborativo, creativo, diversificato e inclusivo. «Stiamo sostenendo nuovi modelli di business - racconta - che consentano a chiunque di creare la propria espressione di sé, senza limiti, e di curare la propria identità virtuale attraverso l'abbigliamento digitale, senza l'impatto negativo che attualmente la moda ha sul pianeta. L'imprenditore, che si considera un “fashionauta" in un mondo fatto di digital couture e racconti in 3D, parte dal pressupposto che abbiamo 48

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bisogno di vestiti per proteggerci e della moda per esprimere le nostre identità. Ma quando la maggior parte delle nostre identità sono costruite nei canali digitali e social - si domanda - perché dovremmo avere bisogno di oggetti fisici per parlare di noi? «Il settore della moda esclusivamente digitale - spiega - ci consente di esprimere pienamente le nostre identità e individualità. Nell'era della quarantena e del distanziamento sociale, il corpo fisico chiede conforto, mentre l'identità digitale vuole la libertà di espressione. Oggi più che mai, lo "screenwear" sta diventando il nuovo streetwear». In tal senso The Fabricant si pone come co-creatore con il pubblico di consumatori e user. Lo spazio digitale apre anche a tantissime opportunità creative per la fashion industry. «Il settore - osserva Murphy - è sempre stato lento a innovare e ad abbandonare le sue tradizioni. Noi abbiamo in cantiere alcuni progetti che incoraggeranno gli imprenditori a ripensare il modo in cui operano. Questo particolare periodo post-pandemico potrebbe aver ricalibrato il mondo verso il nostro modo di pensare, anche se resta un po’ l'idea che si possa tornare al "solito" business. Il futuro non è scritto, ma non dovrebbero esserci dubbi sul fatto che lo status quo sia cam-

biato». Secondo Murphy, per i player della moda, non è più il momento di domandarsi se il 3D sarà all'altezza di ciò che si può creare nella vita reale. La questione è più che altro se la realtà quotidiana di un'impresa è in linea con la straordinaria capacità del 3D. Intanto da The Fabricant le richieste di creare sfilate digitali 3D sono salite durante la quarantena globale. «Quando operi oltre i confini del mondo materiale - dice il fondatore - senza le restrizioni della gravità, in un ambiente in cui tutto diventa possibile, il potenziale di creatività e unicità è infinito, se vuoi raccontare un marchio. È bello vedere l'industria che abbraccia il nostro mondo e accelera la transizione digitale attesa da tempo». Non fornisce un'idea dei costi da sostenere ma spiega che ci sono diversi modi di realizzare una sfilata digitale, come per quella reale, e che l'investimento dipende da fattori come l'ambientazione, il numero di capi da mostrare e il tempo impiegato per creare digitalmente ogni look. Il vantaggio è che mentre gli eventi fisici richiedono l’organizzazione di locali, modelle, acconciatori, truccatori e tecnici del suono, digitalmente il controllo di tutti questi aspetti avviene in un’unica location. «È un mondo totalmente diverso e nuovo - sottolinea Murphy - con cui un designer può comunicare la sua visione». Ora la realtà olandese sta sviluppando prodotti che portino i vantaggi della moda digitale a un pubblico più ampio e creando una piattaforma per far sì che i marchi partecipino a questo segmento dinamico: «I giovani consumatori stanno comprendendo istintivamente le potenzialità della moda digitale. Spetta alle label lavorare per restare rilevanti e permettere alla loro audience di sperimentare la moda in modo che si adatti perfettamente alle loro vite. Per noi, e per qualsiasi marchio lungimirante, lo spazio digitale è il luogo perfetto». Tuttavia, l'universo della moda digitale 3D non va visto soltanto come una soluzione per superare il lockdown. Murphy tiene a evidenziare che il digital fashion «dà accesso a un guardaroba infinito, senza alcun costo per le persone e il pianeta, sostenibile per sua stessa natura». «Chi vuole partecipare alla vera trasformazione digitale - conclude - dovrà considerarlo un settore che trainerà la moda, la nostra cultura e la società circostante da questo al prossimo secolo». 


VENISTAR CX for

VERSO IL NEW NORMAL, CON ENTUSIASMO, VOLONTÀ E CULTURA DIGITALE SHOPPER SUPER-ATTENTI ALLE EVOLUZIONI TECNOLOGICHE, AZIENDE CHE SPESSO NON RIESCONO AD ACCONTENTARLI CON SERVIZI DIGITALI AVANZATI: COLMARE IL GAP È POSSIBILE, GRAZIE A UNA CENTRALE EVOLUTA DI COMANDO E GESTIONE DELLO STOCK OMNICHANNEL QUALE È VENISTAR CX Cambiare le priorità, riscoprire il valore del digitale, adottare un approccio flessibile e mostrarsi attenti ai desideri del consumatore. Sono questi gli ingredienti vincenti che consentiranno ai brand di Fashion, Luxury & Design non solo di superare il momento difficile dovuto all’emergenza sanitaria, ma anche di conquistare un vantaggio rispetto ai competitor, nel momento in cui il New Normal di oggi diventerà la normalità del domani. L’idea del negozio come spazio puramente fisico è superata: gli store dovranno enfatizzare l’importanza dell’esperienza d’acquisto, integrata in una relazione unica con il cliente sui diversi canali. La personalizzazione sarà sempre più spinta e avranno sempre maggiore importanza le tecnologie utili a supportarla e a ingaggiare il cliente. Una chiara evidenza di ciò è la richiesta che arriva dagli shopper attenti alle nuove evoluzioni tecnologiche. Secondo un recente studio condotto da Hootsuite, il 92% degli utilizzatori di Internet predilige lo smartphone come strumento di navigazione, una tendenza che trova conferma anche nei dati sugli acquisti. Nel 2019, lo shopping su mobile ha avuto un incremento del 21% rispetto al 2018, mentre l’e-commerce ha segnato un fatturato di 31,6 miliardi di euro, +15%. Il problema non sono i clienti - che si sono prontamente adeguati a questi nuovi scenari -ma le aziende, che spesso non hanno messo a punto servizi digitali appetibili, come il click and collect (compro online e ritiro in negozio), il reserve in store (prenoto online e provo in negozio), l’in-store order (ordino prodotti che non sono disponibili nel punto vendita e spedisco a casa) o il return in store (rendo

in negozio un articolo acquistato online). Occorre una centrale di comando e di gestione dello stock omnicanale come Venistar CX, piattaforma digitale omnicanale che ottimizza la disponibilità dei prodotti nei canali fisici e digitali diretti e indiretti, abilita l’attivazione di nuovi servizi al cliente e consente al personale di vendita e ai clienti stessi di interagire, online e offline, senza vincoli di spazio e tempo, generando nuove opportunità di business. Grazie agli strumenti digitali, molti punti vendita diventeranno sempre più luoghi di servizio e di esperienza (i cosiddetti showroom esperienziali): un mix di prodotti da toccare e provare, una serie di servizi legati a personalizzazione del prodotto, relazione (bar, ristorante, libreria) e cura della persona, mettendo a disposizione tool digitali per la prenotazione e la consegna dei serviziprodotti. L’innovazione digitale non può però essere interpretata come sostituto

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dell’interazione fisica, ma deve diventare la vera leva per ripensare organizzazioni, modelli di business e processi operativi. Lo sforzo vero è quello di re-interpretare i processi in chiave digitale, a partire dalla presentazione delle collezioni, per arrivare alla gestione integrata dei canali distributivi fisici, e-commerce e marketplace, ottimizzando lo stock distribuito e regolando il flusso di prodotti e ordini, in modo da alzare la qualità dei servizi al cliente e aumentare la marginalità. Le priorità dei Fashion, Luxury & Design brand - soprattutto su temi legati alla digital transformation e, in particolare, alla distribuzione omnicanale e alle strategie digitali - devono cambiare rapidamente perché, come sempre, il futuro dipende da come si affronta il presente. E l’integrazione del commercio fisico e digitale in un’unica offerta al cliente, con l’attivazione di servizi a valore aggiunto, è essenziale.


INNOVAZIONE MARKETING

APP REVOLUTION L'escalation continua Come cavalcare il trend

La moda bussa alla porta di TikTok Nata solo quattro anni fa, questa app oggi vanta sempre più adepti, non solo tra gli under 18. Le griffe se ne sono accorte e alla spicciolata stanno aprendo il loro account. Ma perché funzioni bisogna imparare una lingua, fatta di meme, coreografie e lip-sync. E affidarsi a chi la conosce bene DI ANGELA TOVAZZI

Anche se a Hong Kong TikTok è pronta a lasciare il Paese dopo la nuova legge per la sicurezza nazionale, che potrebbe ergersi come una muraglia digitale per la diffusione del dissenso verso Pechino (vedi box a lato), la piattaforma continua la sua escalation, facendo sempre più proseliti nel fashion system. Chi ancora non conosce bene questa app - o la snobba, liquidandola come un divertissement per ragazzini - deve fare attenzione ai numeri. Parliamo di una piattaforma nata dalla fusione con musical.ly - rilevata dalla cinese Bytedance per un miliardo di dollari - che dal 2018 ha cominciato a galoppare, fino a bypassare nel 2019, come ritmo di crescita, due giganti come Facebook e Instagram e arrivare a contare oggi oltre 800 milioni di utenti attivi ogni mese nel mondo. Nonostante sia stata frequentemente al centro di polemiche sulla sicurezza - sia per la giovane età degli utenti, sia per la provenienza cinese, che l’ha messa al centro di una partita geopolitica - TikTok (e la sua versione cinese Douyin) ha continuato a crescere, spinta anche dal lockdown: secondo le stime di Sensor Tower nel mese di aprile 2020 ha aumentato di dieci volte il fatturato, raggiungendo i 78 milioni di dollari di incassi. Nei primi mesi del 2020 la app, fondata dall’informatico Zhang Yiming e guidata dal maggio scorso da un ceo americano, Kevin Mayer, è stata scaricata 200 milioni di volte e anche in Italia i seguaci si sono moltiplicati, passando da 2 a 7 milioni 50

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nel giro di tre mesi. Cifre stratosferiche che meritano di essere messe a fuoco, soprattutto perché i brand del fashion sono stati tra i primi a inglobare TikTok in una strategia di social media marketing. Per scoprire il segreto dietro l’exploit di questa piattaforma basta scrollare il feed: il volto di TikTok prende forma con un flusso ipnotico di short video da 15 a 60 secondi, abbinati a una traccia audio (spesso la hit del momento) o effetti sonori, con clip che vanno da balletti a doppiaggi in lip-sync, parodie e contenuti per lo più ironici. Gli “artisti” in erba sono solitamente minorenni, anche se ci sono sempre più aficionados ventenni e trentenni (i Ferragnez docent), che improvvisano coreografie o brevi sketch, sfidandosi a colpi di challenge, uno dei modi, quest’ultimo, per incoraggiare gli utenti a ricreare contenuti e moltiplicare la potenza virale. “Real people, real videos” è lo slogan del social, che usa una lingua ben precisa, difficile da parlare fluently se si è superata la boa della maggiore età. «Il fatto che cresca a questi ritmi non sorprende,

Anche in Italia i seguaci del social si sono moltiplicati, passando da 2 a 7 milioni di utenti nel giro di pochi mesi perché sul mercato mancava un social network adatto per la cosiddetta Generazione Z. TikTok è andata a coprire un “gap”, con un canale pensato per utenti under 18», spiega Ilaria Barbotti, consulente aziendale ed esperta di social media, autrice del manuale TikTok marketing. Gli unici filtri utilizzati dai tiktoker - ergo quelli che riescono a imporsi nel mare magnum dei post - sono quelli visivi, perché la regola numero uno è essere spontanei, senza sovrastrutture, come solo i teenager possono essere. La moda, attentissima al pubblico dei giovanissimi, non ci ha messo molto a fiutare l’importanza di questo canale, tanto che negli ultimi mesi sono stati in molti a sbarcare su TikTok, da Ralph Lauren a Dior,


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LA GUERRA USA-CINA SI SPOSTA SUI SOCIAL

TikTok in stand-by a Hong Kong e a rischio ban negli States Da alcune settimane la app è in mezzo a un fuoco incrociato, confermando quanto anche gli affari internazionali si muovano in un ambiente digitale.

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1. Gen Z ma non solo: la app cinese ha raggiunto ormai 800 milioni di utenti 2.Elisa Maino per Furla 3. Il logo della piattaforma, fondata da Zhang Yiming 4. La sfilata di Dolce&Gabbana dello scorso gennaio, che ha ospitato 40 tiktoker

da Balmain a Burberry, da Calvin Klein a Guess, fino a Gucci, salito sul carro a febbraio 2020 e oggi con all’attivo oltre 367mila follower. Ma quali le modalità per debuttare su TikTok, se si vuole che funzioni? «La strategia di Dolce&Gabbana, uno dei primi fashion brand in Italia a investire sulla piattaforma - sottolinea Barbotti - è stata azzeccata. Lo scorso gennaio ha invitato un pool di 40 famosi tiktoker internazionali alla sua sfilata e poi ha creato insieme a loro dei brevi video musicali, incentrati sull’artigianalità del brand». Oggi l’account della griffe conta 152mila follower e 1 milione e 100mila like e conferma che la strada è quella giusta: «Realizzare i contenuti è l’operazione più difficile - avverte Barbotti -. Se vuoi fare da solo, rischi

Mentre andiamo in stampa, imperversa la diatriba fra i colossi del web e il Governo cinese, all’indomani della nuova legge sulla sicurezza nazionale imposta a Hong Kong per soffocare possibili atti di sovversione. Considerata la sua crescita esponenziale, la gestione della privacy da parte di TikTok ha suscitato preoccupazione e in un clima di scontro sempre più a tutto campo fra Casa Bianca e Pechino, ha portato gli Usa a valutare la messa al bando della app di ByteDance negli Stati Uniti. A dichiararlo è stato il segretario di stato americano Mike Pompeo, il quale ha avvertito che scaricare le app cinesi significa «mettere le proprie informazioni private nelle mani del Partito comunista». La replica dell’azienda è giunta da un portavoce di TikTok in una nota, dove si ricorda che la società «è guidata un amministratore delegato americano» (Kevin Mayer, ndr ) e che la sua priorità è «promuovere un’app sicura per gli utenti». In ogni caso, il social network degli short video ha annunciato che interromperà del tutto il servizio nell’ex colonia britannica, anche per chi ha già installato la app sul telefono, a causa dei «recenti eventi». Una decisione arrivata dopo che anche altri big tech - come Google, Facebook, WhatsApp, Twitter e Telegram - hanno bloccato l’ingerenza del Dragone, rifiutandosi di fornire i dati dei propri utenti.

In base agli ultimi dati di Sensor Tower la app è stata la più scaricata a maggio 2020 Charli D'Amelio 16 anni Di Norwalk, nel Connecticut, ha cominciato a caricare i suoi primi video nell'estate del 2019 e di balletto in balletto è diventata una star. È stata ospite alla sfilata di Prada lo scorso febbraio e le sue quotazioni continuano a salire: Il suo account TikTok a luglio 2020 conta oltre 71,2 milioni di follower.

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I. Barbotti

Ilaria Barbotti

adesso c’è spazio anche per adv dalla spesa più contenuta, adatta per realtà più piccole». Riguardo invece alla cooptazione dei tiktoker, c’è un vero e proprio borsino, con cachet stellari per giovanissime star come Charli D’Amelio, l’amica Addison Rae o, per rimanere in Italia, Rosalba Andolfi. «Fare delle medie è impossibile, dipende dal calibro dell’influencer - dice Barbotti -. Utile da sapere è che, a differenza della prassi su Instagram, il product placement, ossia il cambio merce, su TikTok non è molto praticato». Resta comunque il fatto che c’è molto spazio di manovra e che potrebbero imporsi nuove modalità di fruizione e di promozione su questo canale, che «finora ha puntato sull’ampliamento della base di utenti, ma ora per crescere dovrà focalizzarsi meglio su aziende e adv». ■

TikTok marketing

di avere un approccio troppo “vecchio” e di sbagliare. Meglio affidare il compito a dei professionisti, anche micro tiktoker, oppure integrarli nel proprio team creativo». Emblematico l’esempio di Prada, che durante l’ultima fashion week di febbraio ha fatto venire dagli Stati Uniti una big (seppur appena 16enne) come Charli D’Amelio, che prima e dopo la sfilata ha raccontato per filo e per segno sul proprio account (oggi con 68,7 milioni di follower) la sua esperienza milanese. Ma finora sul profilo della griffe non c’è ancora - forse volutamente - alcun contenuto “in house”. Furla, new entry di TikTok dallo scorso 10 giugno, ha arruolato l’influencer Elisa Maino per fare breccia nel pubblico più giovane. «Per rendere il brand top of mind di questa generazione è necessario essere presenti su uno dei canali che usano più spesso e per più tempo e avvicinarsi al loro linguaggio, in modo da essere notati - osserva il ceo Alberto Camerlengo -. Finora (al 6 luglio, ndr) la #furladance ha portato più di 384,1 milioni di visite all’hashtag challenge, e sono stati creati oltre 6.160 video, utilizzando la musica ideata apposta per il lancio. I dati non sono ancora consolidati, la dance è ancora live e continua a suscitare interesse. Ci aspettiamo un impatto dal punto di vista di percezione del brand come giovane e cool e un incremento della+brand awareness in N una fascia che è più difficile da raggiungere con i nostri canali abituali e che stiamo approcciando con una strategia marketing dedicata». Quanto ai format da utilizzare in futuro, «oltre a possibili collaborazioni con influencer – precisa l’a.d. - considereremo anche altre opportunità, tenendo conto che questa è una piattaforma in cui l’autenticità è fondamentale per essere virali e i video “riadattati” non funzionano». Ne sa qualcosa Angelo Cruciani, fondatore del brand Yezael, che ha scelto proprio TikTok (il 13 luglio, a cavallo fra gli appuntamenti digitali di Parigi e Milano) per il lancio della sua “sfilata” virtuale da un minuto: «L’impatto con questa app è stato traumatico - racconta -. Dopo qualche tentativo abbiamo capito che TikTok richiede grande sforzo creativo e una buona dose di ironia, a cui il mondo della moda non è molto avvezzo». E il fatto di essere esperti su Instagram non dà certezze: «Lì, anche quando la foto non è perfetta, i like ti arrivano per simpatia. Qui non funziona così. Se non sei bravo non ce la fai». Stesso discorso vale per gli influencer: «Vince chi è creativo, chi sa fare qualcosa, chi sa farti divertire». Insomma, per spaccare su TikTok ci vogliono intuito e talento. Ma anche una spesa mirata: «Inizialmente l’investimento minimo, per le grandi aziende, era almeno di 30mila euro - spiega Ilaria Barbotti - ma

Carriero C., Conti L., LinkedIn Camera A., Pagani M., Viral marketing

Cannavacciuolo A., Manuale di copywriting e scrittura per il web

Russo S., Bezzi G., SEO & Journalism

1. Ilaria Barbotti, autrice del manuale "TikTok marketing" 2. Una proposta Yezael, firmata da Angelo Cruciani: il brand ha presentato la nuova collezione su TikTok il 13 luglio

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BRAND, PUBBLICITÀ ED ENTERTAINMENT

Arriva TikTok for Business Si tratta di un nuovo strumento messo a disposizione dalla piattaforma per chi intende investire in marketing su TikTok. «Non fare annunci, fai TikToks»: con questo payoff a fine giugno è stata presentata dalla società cinese TikTok for Business, la nuova piattaforma globale (già disponibile in 150 mercati), pensata per «le soluzioni di marketing attuali e future dei brand». «Le soluzioni di TikTok For Business – ha dichiarato Katie Puris, managing director, global business marketing - sono pensate per offrire ai brand e alle loro direzioni marketing gli strumenti per creare storytelling creativi, in grado di ingaggiare la community di TikTok con il loro messaggio». Detto altrimenti: contenuti sponsorizzati e a pagamento, ma in linea con lo stile di intrattenimento e la grammatica della piattaforma. Un modo per rendere i contenuti più d’impatto e immersivi, senza fastidiose interruzioni, grazie anche a nuovi tool che sfruttano la realtà aumentata come il Branded Scan, presentato in concomitanza con TikTok for Business. «Con il lancio di questo strumento vogliamo coniugare la creatività e la positività della nostra community con soluzioni pensate per le aziende, in modo che crescano insieme a noi - ha evidenziato Puris -. I brand sanno che essere se stessi fa bene al business e noi intendiamo continuare a fornire loro una piattaforma dove costruire una presenza ricca di significato. Promuoviamo l’autenticità, la creatività e l’espressività perché è ciò che sono i nostri utenti e che li fa emergere».



MERCATI CINA

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E-COMMERCE Digital marketing e vendite efficaci Parlano e-tailer cinesi e griffe italiane

Vendite online nel Paese del Dragone: come non sbagliare approccio Quello cinese resta un mercato difficile, ma si tratta del più grande retail market al mondo, dove si spendono 2,1 trilioni di dollari online. «Non si può non esserci» dice il lusso. E i big dell'e-commerce locali tendono la mano DI ELISABETTA FABBRI

È già il più grande mercato e-commerce e m-commerce ma da quest’anno, nonostante la pandemia, la Cina batterà gli Stati Uniti su tutti i canali di vendita, diventando il maggiore retail market del mondo. In giugno la società di ricerche eMarketer ha previsto che il sell out supererà i 5 trilioni di dollari, rispetto ai 4,9 trilioni degli Usa. Nel 2020 quasi 2,1 trilioni di dollari saranno spesi sul web, il 16% in più rispetto a un anno prima (+23,7% la stima precoronavirus). Stando al Digital Market Outlook di statista.com, fra questi trilioni circa 246 miliardi di dollari saranno spesi online per la moda (abbigliamento, borse, scarpe e accessori). Erano 218 miliardi nel 2019 (+13%) e si prevede possano arrivare a quasi 370 miliardi nel 2024. Ma il made in Italy come può conquistare queste quote di mercato? Risponde Christina Fontana, responsabile fashion and luxury Europe di Tmall (Alibaba Group): «Chi valuta un progetto 54

di vendite online in Cina è bene che sappia che si tratta del primo mercato al mondo per il fashion, che le persone si collegano dal cellulare e normalmente non navigano i siti web proprietari ma usano le app. Oltre 700 milioni di consumatori cinesi su base annua fanno shopping su Tmall, la piattaforma di Alibaba che è arrivata a ospitare 180 marchi del lusso nella sezione Luxury Pavilion. Si tratta inoltre di un mercato molto focalizzato sul social commerce». Oggi i grandi brand hanno raggiunto un livello alto di conoscenza dell’area, ma un errore comune, specie per quelli nuovi, è dare per scontato di catturare l'attenzione dei consumatori locali, solo per il fatto che sono già noti in Italia. «Il consumatore di lusso cinese - spiega Fontana - è molto giovane, ha 10-15 anni in meno rispetto alla media in Europa e Usa, è digital first, acquista via smartphone e si informa, specie prima dell’acquisto, come dimostrano i numerosi contatti e le domande formulate via chat su Tmall». Inoltre fa

attenzione a ciò che comprano gli altri e ai feedback che lasciano sulla piattaforma: in Cina la tendenza a lasciare una foto o un parere dopo l’acquisto è la norma. «La moda dovrebbe saper ascoltare questi feedback - raccomanda la manager - per capire i propri punti di forza e quelli da migliorare e per avviare una strategia di comunicazione one-to-one». Più in generale, serve un piano strategico che coinvolga ogni ramo dell’azienda esportatrice e contempli tutti gli aspetti: non solo l’e-commerce ma anche l’omnicanalità, il merchandising, il marketing e la comunicazione, il customer engagement e management, con un occhio di riguardo ai servizi per il consumatore: «Per esempio Cartier, al suo esordio su Tmall, ha pensato per i suoi primi clienti a una scatola personalizzata con le iniziali del nome». «Tmall - prosegue Fontana - affianca le aziende in questo percorso con molteplici soluzioni e con i nostri circa mille partner certificati, ciascuno con un punteggio ag-


FASHION E-COMMERCE CINESE

Una crescita delle vendite costante fino al 2024 (valori in milioni di dollari)

30.343,0 26.154,0 20.395,8

29.949,3

2

1. Un nuovo hub logistico "smart" di JD.com a Tianjin (Nord-Est della Cina), basato su IoT e intelligenza artificiale 2. Prada e Miu Miu hanno scelto l'influencer digitale di Tmall Aimée per promuoversi in Cina

giornato di semestre in semestre». A proposito di ingaggio e fidelizzazione, nella Repubblica Popolare come nel resto del mondo la presenza di influencer e di koc (key opinion consumers) è essenziale per raggiungere e ingaggiare la generazione Z e migliorare la customer experience. «I format sono molteplici, tra cui brevi filmati, giochi interattivi e fashion blog - chiarisce Fontana di Tmall -. Prada ha disegnato una campagna con la virtual influencer emergente Aimée, per presentare la nuova collezione e condividere contenuti tra cui i consigli su come fare il mix&match, per creare un look originale». «Nel corso del recente shopping festival 6.18, secondo per importanza solo al Single Day 11.11, molti marchi su Tmall prosegue la manager - hanno ricorso a filtri per il live streaming, alla realtà aumentata e allo shopping in 3D. Su Taobao Live, il canale dedicato al live streaming di Alibaba, il numero di sessioni è salito del 123% rispetto al festival dello scorso anno». Ora c’è un boom dei coupon digitali ma è un trend che va messo in connessione con i provvedimenti governativi di stimolo ai consumi on-offline, tra cui i buoni sconto. «Le strategie per attrarre i consumatori evolvono ma vanno anche customizzate precisa l'esperta di e-commerce -. La professionista 25enne delle grandi città tiene d’occhio le influencer e guarda i live streaming mentre la 50enne che vive in provincia si fa influenzare più dagli amici che dalle celebrity e preferisce essere raggiunta via sms. Ogni brand ha accesso in tempo reale ai profili dei consumatori, grazie a un sistema avanzato di data analytics». Alcuni marchi lamentano tuttavia di non riuscire a leggere del tutto i dati e di non arrivare a conoscere appieno i consumatori. «Ci sono in

37.081,2

80.022,3

111.038,7

2017

2018

abbigliamento

44.205,2 143.103,6

2019

37.288,4 256 378.2 49.807,3

33.572,4 43.426,0

256 378.2

169.404,0

2020

borse e accessori

40.290,1 256 378.2

55.886,5

42.721,1 61.959,4

44.446,2 256 378.2

68.027,9 256 378.2

256 378.2

199.852,7

221.835,9

2021

2022

239.597,4

256.378,2

2023

2024

256 378.2

calzature

Fonte: statista.com

effetti dei gap nelle conoscenze per l’utilizzo dei dati - dichiara la manager di Alibaba ma ultimamente i brand stanno reclutando persone abili nell’analisi dal mondo consumer, perché è il settore più avanti in questo ambito». Parlando di nuove generazioni e del loro rapporto con il made in Italy, scopriamo dai dati di Tmall che si tratta di consumatori molto esigenti e aggiornati, che vogliono sapere tutto delle fashion label. Vedono l’esperienza di discovery e acquisto senza distinzione di canale. Questo significa che il passaggio da offline a online e viceversa «deve avvenire senza frizioni, e assumere connotati di esclusività e immersività». Il made in Italy deve comunicare la propria

Per le nuove generazioni il passaggio dall'offline all'online deve avvenire senza frizioni e all'insegna dell'esclusività unicità per far capire il valore del prodotto, ma anche la storia, la qualità e l’eredità. «Brand come Valentino, Zegna, Bottega Veneta o Tod’s - dice Fontana - hanno lavorato molto bene con il Tmall Luxury Pavilion negli ultimi mesi e i risultati raggiunti hanno aumentato ancora di più l’interesse nei confronti delle proposte italiane». Per vincere sul fronte prodotto, studiare e conoscere il mercato cinese è solo l'inizio. Abiti e accessori vanno presentati al meglio e personalizzati, trattandosi di 700 milioni di consumatori. In tal senso Tmall ha creato il Tmall Trend Center, che fornisce alle label elementi utili a intercettare le tendenze e gli interessi dei giovani shopper. Non è un caso, quindi, se tra gennaio e maggio

di quest'anno il gross merchandise volume (gmv) - il volume complessivo realizzato dalle aziende italiane presenti con i propri flagship store sui marketplace B2C Tmall e Tmall Global - sia cresciuto di oltre il 50% rispetto allo stesso periodo del 2019. Solo nel mese di maggio l'aumento ha superato il 90%, rispetto allo stesso mese del 2019 e, tra le merceologie trainanti spiccano moda e cosmesi. In particolare, tra febbraio e aprile, la categoria relativa agli store del mondo fashion ha mostrato un incremento del gmv di oltre il 50%, rispetto allo stesso periodo del 2019. Notizie positive arrivano anche da Secoo, altra piattaforma cinese di riferimento per moda e lusso. «Durante il lockdown - spiega un portavoce dell'e-tailer - le vendite su Secoo non hanno subito grandi variazioni rispetto a una normale stagione, ma sono cambiati il modo di vendere e le preferenze. Il live streaming ha accelerato molto tra i canali, contribuendo a far triplicare le vendite di Secoo rispetto alla fine del 2019». Gli acquisti hanno virato su abbigliamento e accessori, articoli per l’arredo-casa e prodotti per la salute. «Per avere successo su Secoo - spiegano dall'azienda - un marchio italiano deve avere alti livelli di design, qualità, comunicazione e organizzazione in fatto di e-commerce operations». «Avvalersi di un partner locale come noi - sottolineano - può permettere una shopping experience onestop per differenti categorie di prodotti e marchi, sotto un unico customer service. La piattaforma ha inoltre un proprio pool di consumatori fedeli, che rappresentano un preciso target per i brand, oltre ad alti tassi di conversione e costi di marketing non onerosi». «È bene tenere presente - aggiungono da Secoo - che qualsiasi decisione o azione 55


MERCATI CINA

nelle vendite online ha conseguenze immediate e che un errore può essere significativamente amplificato on e offline. Per questo è molto importante avere un partner di rilievo». Wechat (il Watsapp cinese), Weibo (mix di Instagram, Twitter e Facebook) e Douyin (omologo del TikTok occidentale) sono i canali social al momento più importanti per comunicare online e per il live streaming, che anche per Secoo sta diventando una strategia di marketing essenziale. Attenzione però: per le nuove generazioni di fashion victim «i top brand hanno un ruolo importante da sempre, ma negli ultimi anni piacciono anche i marchi di designer cinesi emergenti». Avvalersi di uno o più partner locali è raccomandato anche dal capo delle digital solution di una nota maison italiana del lusso, che preferisce non essere citato: «Se si pensa di usare solamente strumenti e me-

Dopo il boom durante il lockdown le televendite potrebbero essere un canale da esplorare «tarandole» per il lusso todi occidentali, in Cina sarà un fallimento certo. Basti pensare alla logistica: il territorio è molto vasto e se si promette la consegna “il giorno dopo” anche in aree sperdute, bisogna organizzarsi bene». «I partner di Tmall, potenzialmente, possono offrire qualsiasi servizio - conferma il manager -. Ma, a differenza di quanto avviene da noi, ci si trova ad avere a che fare con realtà di dimensioni enormi, anche 5.500 impiegati full time, e con manager molto giovani, che parlano bene l’inglese». Per individuare il partner ideale non c'è un vero e proprio metodo: si visita l’azienda, ci si racconta, si fa una valutazione e si sceglie quello che sembra più in sintonia con la propria realtà. «Noi - racconta l'esperto di digital - abbiamo messo i capi delle diverse funzioni a seguire il progetto di sviluppo dell'ecommerce, ma è indispensabile anche un presidio locale, con talenti interni, benché non sia semplice trovarli e soprattutto fidelizzarli: il turnover è elevato, tipo Silicon Valley». «Un presidio in loco misto - prosegue - fatto di persone interne ed esterne all’azienda, può permettere di risolvere velocemente un problema che da remoto necessiterebbe di tempi prolungati. Inoltre, se senza procedure prefissate i giapponesi non si muovono, i cinesi si creano le proprie: sono molto intraprendenti, veloci, pratici, talvolta con un po’ troppa iniziativa individuale». E se in Europa e negli States i

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marchi stanno passando dalle piattaforme terze a quelle di proprietà, in Cina questo percorso appare molto più lento, anche se «c’è da aspettarsi che prima o poi si vada verso la gestione diretta». Questo permetterebbe di raccogliere e studiare tutte le informazioni che l’e-shopper lascia quando fa acquisti digitali. «I dati sui clienti dei siti proprietari - specifica l’esperto - sono di proprietà del brand, mentre quelli di Tmall sono di Tmall e c’è la possibilità di leggerli, ma è difficile farlo ed estrapolarli. Teoricamente non si possono esportare i dati dalla Cina al Crm globale: la legge sulla cyber security cinese lo vieta, ma ci sono delle deroghe». Nell'ex-Celeste impero, anche le licenze per far funzionare il sito seguono logiche complicate: «Può succedere che un giorno il portale venga oscurato per motivi a noi incomprensibili e la burocrazia per gestirlo è molto complessa». In futuro si tenderà sempre di più a un customer relationship management che sfrutti i canali proprietari del partner. In più l'esperto immagina che si comincerà a lavorare sull’O2O (online-tooffline), che oggi è solo agli inizi in Cina, se si escludono Pechino e le città 1-tier: «Bisognerà cominciare a passare alle città tier-2 e 3. Non hanno tanti negozi ma alcune contano 4-5 milioni di abitanti». E forse c'è anche una nuova tendenza da cavalcare nel marketing: «Oltre al già noto live streaming, sembra che la quarantena abbia fatto esplodere le televendite. Al momento non sono ancora “tarate” per il lusso, ma lavorandoci potrebbero essere un canale alternativo da

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esplorare». Intanto pare che la Cina Mainland stia riprendendosi ma lentamente, così come i viaggi dei cinesi in madrepatria. «L’e-commerce nell'area sta recuperando commenta il manager - ma non è che per noi sia esploso con il lockdown: il problema è stato avere la merce nei magazzini sul territorio, inoltre i corrieri erano fermi. Adesso c’è un miglioramento, anche nei negozi fisici, ma con tempistiche diversificate. Da notare che il Giappone non mostra una ripresa economica e Corea, Usa e Brasile sono un punto interrogativo: tutto è frammentato, non si possono fare previsioni su nulla. Non si sta fermi ma non si avviano nemmeno grossi progetti a lungo termine». «Adesso in Cina sembra di assistere a una ripresa prudente - conferma Federico Bertini, direttore marketing di Aeffe -. Durante il lockdown abbiamo mantenuto le

REALTÀ AUMENTATA

JD.com si allea con Sony e Gucci sperimenta su Snapchat L'esperienza online è sempre più simile a quella fisica con la realtà aumentata (AR). JD.com lavora con Sony Semiconductor Solutions a una tecnologia, che permette di prendere digitalmente la misura del piede, così da non commettere errori nell'acquisto online di calzature. All'inizio dell'anno la piattaforma cinese aveva già lanciato una funzionalità AR sulla sua app, per permettere agli e-shopper di indossare virtualmente un paio di scarpe (nella foto). Ora il servizio è disponibile per oltre mille paia di calzature gestite a magazzino e si può estendere a partner esterni "as a service". L'americana Snap, cui fa capo il social network Snapchat, non è da meno. Di recente ha lanciato il servizio "try-ons" per le scarpe, basato sulla realtà aumentata.

Il marchio Gucci ha deciso di sperimentarlo subito sul social del fantasmino con due suoi modelli di sneaker. Gli utenti devono semplicemente selezionarle sullo screen, puntare la fotocamera dello smartphone verso i loro piedi e la prova virtuale e fatta. Se piacciono, si possono acquistare subito usando il pulsante "shop now".


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1. Un look Moschino P-E 2021: il brand è entrato nel Luxury Pavilion di Tmall nel 2018 2. La piattaforma di social shopping Little Red Book che piace alle giovani donne cinesi 3. Il sito di Secoo, specializzato nella vendita di marchi di lusso

quote e visto alcuni aumenti della domanda di articoli basici e leisure». Il gruppo - che controlla marchi come Moschino, Alberta Ferretti, Philosophy e Pollini - è presente nel Paese del Dragone quasi su tutte le maggiori piattaforme e nell'esperienza di Bertini si tratta di un mercato estremamente difficile, che richiede importanti investimenti e un piano strutturato, basato sulla conoscenza della cultura locale, senza la quale si rischia di non riuscire a sintonizzarsi con il consumatore. «Bisogna in primis avere il prodotto giusto - consiglia - valutando bene la vestibilità, i codici estetici prevalenti e le occasioni d’uso in base allo stile di vita tipico. La silhouette femminile, per esempio, spesso non è valorizzata dall’abito lungo: proposte da sera o da red carpet là non funzionano e si tende a vendere meglio pezzi più facili, come maglie e T-shirt». Inoltre i tassi di reso sono molto alti. Basta che il prodotto venga scovato altrove in promozione, che quello appena comprato è subito restituito al mittente. «Ecco perché - spiega Bertini

- ai record di vendite che vediamo sbandierati durante i festival dello shopping online, come il Single Day, va sempre tolto un 35-40%, che tiene conto di successivi resi e annulli. Questo impatta sulla gestione del prodotto: prima si riducono gli assortimenti, poi la merce ritorna». Inoltre sono ancora tanti i retailer che vendono sulle piattaforme cinesi, per beneficiare dello spread di prezzo. Persiste poi il problema dei fake. «Nel web store cinese ufficiale precisa il manager di Aeffe - si vendono gli originali, ma sulla piattaforma partner si possono trovare, come avviene per Amazon, prodotti venduti da terzi veri o falsi. Va riconosciuto però che la nuova legge sull’e-commerce, che ha reso la piattaforma terza responsabile dei prodotti contraffatti, ha in parte migliorato la situazione». Per quanto riguarda i canali più appropriati per le vendite online e il digital marketing, secondo Bertini la scelta dei consumatori cinesi nel lusso si riduce a piattaforme come Tmall, JD.com e Secoo e ai social Wechat e Weibo, mentre il loro TikTok e Xiaohongshu (Little Red Book) restano di nicchia. «Si tratta comunque dei mezzi migliori per comunicare al consumatori finale - osserva l'esperto - mentre da noi resta strategico l’e-mail marketing. Ma occorre conoscere i codici di comunicazione: si può commettere un errore semplicemente con un colore, se non si sa che è sgradito». In più la comunicazione è solo in cinese, con modelle o testimonial cinesi e piacciono tanto testo e molti dettagli sul prodotto: tessuto, vestibilità, finiture, fino alle indicazioni di lavaggio: «Se in Italia i touchpoint sono cinque, là si arriva anche al doppio e se da noi le foto per illustrare il prodotto sono quattro o cinque, in Cina la norma è 10-12». Sono inoltre abituati a un livello alto di servizi pre e post vendita e per garantire loro una navigazione e una fruibilità del sito a velocità accettabili, occorre avvalersi di server locali. Riguardo il digital marketing,

serve sempre una strategia di medio-lungo periodo ed è raccomandato essere resilienti. Anche da noi, però, a livello di piattaforme e-commerce e social, c'è una forte concentrazione nelle mani di pochi operatori, «che sta portando a un appiattimento su scala globale, a livello di strategie e di qualità, fino alla banalizzazione, mentre in passato si vedeva più sperimentazione». «In pratica - sintetizza Bertini - oggi che abbiamo studiato facciamo tutti la stessa cosa. In più perdiamo la conoscenza del consumatore e deleghiamo la sua gestione alle piattaforme terze, perché non abbiamo un controllo adeguato dei dati relativi al cliente finale». Un altro mito da sfatare sono i fatturati, non bisogna immaginarli faraonici: «I festival dello shopping sono continui,

Vestibilità, codici estetici, occasioni d'uso: per entrare in Cina è indispensabile studiare il prodotto giusto quindi raramente si vende full-price. I fee della piattaforma di e-commerce sono del 5-6% ma bisogna aggiungere quelli del web marketing, interno o esterno alla piattaforma, che ammontano al 10% circa. Inoltre occorre tenere conto dei resi. Così il ritorno si riduce in maniera importante e, alla fine, le percentuali sono simili a quelle di una vendita su Farfetch». Ma non si può non esserci. Se fai parte del “sistema” capisci di più, hai qualche dato, vedi come si muovono i competitor e confronti, acquisendo una maggiore consapevolezza. «Pensare di gestire il business, però, è un'illusione: non sarà mai il marchio a dettare le regole - conclude Bertini-. La Cina non è per tutti anche nel retail fisico: si sono fatti molti passi avanti, rispetto al mercato che affrontavano i brand pionieri, ma riportare i profitti in Italia resta ancora complicatissimo». ■

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MERCATI GLOBALI LE SFIDE DELLE FIERE Prove tecniche di ripresa Numeri e strategie del dopo lockdownw

Digitali per ora, di nuovo fisici domani: per i saloni questo è l’anno zero Rassegne annullate o rimandate, forti danni economici: l’emergenza ha precipitato nell’incubo i saloni, obbligandoli però anche a reagire. Sono germogliati progetti con il digitale al centro, ma con la convinzione, per gli organizzatori e per i brand, che degli eventi fisici non si può fare a meno DI ALESSANDRA BIGOTTA 1

Nietzsche diceva che dal caos può nascere una stella danzante. I contorni della stella danzante, per quanto riguarda i saloni e non solo, si stanno delineando con nuove iniziative e sinergie che un tempo non sarebbero state possibili, ma sul caos il quadro è chiarissimo: il Covid è stato un terremoto, di quelli nella parte alta della scala Richter. I dati forniti da Giovanni Laezza, presidente di Aefi-Associazione Esposizioni e Fiere Italiane, non lasciano adito a dubbi: «Il comparto fieristico - dice - è stato tra i primi a essere fermato dalle disposizioni governative e regionali. Il protrarsi dell’epidemia, con il blocco di numerose attività, tra cui i saloni, ha causato ulteriori posticipi e annullamenti. L’ultimo dato disponibile indica complessivamente 168 manifestazioni italiane, internazionali e nazionali, rimandate o cancellate». Secondo un’indagine condotta da Aefi tra i propri associati, il danno relativo a mancati ricavi e spese sostenute per le rassegne che non hanno avuto luogo sarebbe pari a circa 800 milioni di euro, se i saloni non dovessero ripartire l'1 settembre: un settore che in Italia, come fa notare Laezza, è in grado di generare affari per 60 miliardi di euro l’anno e di originare il 50% dell’export delle imprese che vi partecipano, occupando il secondo posto in Europa e il quarto a livello mondiale. Negli ultimi mesi si è fatta la conta di morti e feriti: il più illustre è il Salone 58

del Mobile, epicentro di una design week da oltre 400mila visitatori, con un indotto di almeno 200 milioni di euro per la città di Milano. Prima che gli organizzatori arrivassero alla sofferta decisione di passare direttamente alla 60esima edizione (in programma dal 13 al 18 aprile 2021), il presidente di FederlegnoArredo, Emanuele Orsini, era stato chiaro: «Se saltasse il Salone, l’impatto sul Paese oscillerebbe tra 1 e 1,3 miliardi di euro». È tuttavia innegabile che il Covid abbia fatto

IL SISTEMA FIERISTICO

60 mld e

Volume d'affari annuale

20 milioni

Visitatori totali Fonte: Aefi-Dati relativi alle fiere italiane

germogliare la voglia e necessità di inventarsi nuove formule - con il digitale come arma strategica - e di fare sistema. Un segnale concreto è arrivato proprio da Milano, la città più importante e anche la più colpita. È da qui che ricomincerà in settembre l’attività fisica dei saloni, con le manifestazioni a Fiera Milano Rho e le sfilate, ed è sempre sotto la Madonnina che si è sviluppata un’ine-

dita sinergia, sempre in vista di settembre. Il nome dice tutto: Milano Loves Italy, ossia far ripartire il capoluogo lombardo per innescare un effetto domino positivo sull’intero Paese. Un progetto promosso da White ente organizzatore dell’omonimo salone delle Pmi e della moda contemporary, oltre che di altri eventi espositivi -, dalla nuova associazione Best Showroom e da Cbi-Camera Buyer, che sta facendo proseliti e vede scendere in campo anche le istituzioni (vedi approfondimento in questo numero). A Firenze, cancellate le rassegne estive di Pitti in vista di un rilancio a gennaio, gli organizzatori di Pitti Immagine sono corsi subito ai ripari lanciando la piattaforma digitale Pitti Connect e riuscendo a ottenere a inizio settembre la presenza nel capoluogo toscano di Dolce&Gabbana, con una due giorni (il 2 e il 3) dedicata alle collezioni Alta Sartoria e Alta Moda, insieme alle creazioni di un selezionato gruppo di artigiani. Ma cosa pensano gli espositori, a partire dai fedelissimi del Pitti Uomo, che si trovano per la prima volta senza la loro piattaforma fisica di riferimento? «Abbiamo apprezzato la scelta di annullare risponde Giovanni Bianchi, a.d. e direttore dell’ufficio stile di Lubiam -. Una presa di posizione difficile ma molto prudente. In attesa di gennaio aderiamo a Pitti Connect, perché crediamo che possa essere strategico per la visibilità del brand. Non solo è un’alterna-


1. Un'immagine di "As Is" (produced by the Shreveport Regional Art Council), performance di Nick Cave datata 2016, per rappresentare Pitti Filati sulla piattaforma Pitti Connect 2. Compratrici a Première Vision: il salone parigino ha confermato l'appuntamento fisico dal 15 al 17 settembre, affiancato da una fiera digitale 3. Lo stand di Sarabanda, brand di punta di Miniconf, in Fortezza da Basso a Pitti Bimbo

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tiva alla fiera, ma uno spazio di condivisione e relazione». In parallelo, Lubiam sta presentando le sue nuove proposte al team commerciale con un ciclo di videoconferenze in diretta worldwide. «Abbiamo digitalizzato una serie di processi e prodotto materiale fotografico integrativo - puntualizza Bianchi - che permette di visionare le nuove collezioni in maniera chiara e strutturata da ogni device. Un tassello di una digital transformation più ampia». L’a.d. di Lubiam non crede che l’ondata di digitale possa ridimensionare eccessivamente o spazzare via i saloni fisici. «Passato questo momento - riflette - vorremo tutti tornare agli appuntamenti dal vivo o, magari, creare commistioni tra digital e live: c’è un elemento fisico, esperienziale, tattile nella moda, legato alla bellezza dei tessuti e alle loro texture, che resta imprescindibile». Diletta Paoloni, brands coordinator di Manifattura Paoloni, ammette che l’azienda non avrebbe partecipato a Pitti di settembre: «La data scelta - afferma - oltre a decretare un flop di affluenze, non sarebbe stata funzionale alla campagna vendite di tutti i brand, già iniziata. Per questo ritengo che l’inevitabile concentrazione di Pitti sulla piattaforma digitale sia stata una mossa vincente. Mi auguro che questo strumento aiuti soprattutto l’export». L’imprenditrice tornerà salvo imprevisti al salone in gennaio, convinta che Pitti Immagine debba aggiustare il tiro su alcuni dettagli importanti. «I numeri - osserva - sono stati per anni kpi fondamentali. I titoli degli articoli o le stesse comunicazioni degli organizzatori giocavano sempre sulla corsa al numero in crescita. Ma oggi è la qualità delle azioni ad assumere un ruolo predominante». Il brand People of Shibuya non avrebbe invece mancato Pitti Uomo di settembre, «più che per il business in sé, per fare squadra», sottolinea Angelo Loffredo, direttore marketing e responsabile ufficio stile del marchio. «Da anni per noi le fiere sono un investimento considerevole - prosegue - e va detto che spesso non portano a ritorni diretti sull’investito. Ma esistono anche i cosiddetti ritorni indiretti, per i quali i saloni rappresentano tutto-

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SI RIMETTONO IN MOTO LE RASSEGNE DI MILANO E NON SOLO

#strongertogether sarà il motto di settembre Ripartono i saloni milanesi, mentre in Francia Première Vision conferma la rassegna fisica dal 15 al 17 settembre, ma con una forte controparte digitale Milano Unica, Micam Milano, Mipel, TheOneMilano Special, il nuovo progetto di Lineapelle A New Point of View e, in un ideale asse tra il capoluogo lombardo e Firenze, anche DaTE, evento di nicchia sull'occhialeria d'avanguardia, alla cui organizzazione contribuisce la manifestazione dell'eyewear Mido: nella seconda metà di settembre tutte le fiere delle imprese sotto l'egida di Confindustria Moda si presentano compatte all'appuntamento con i compratori. A questi eventi si aggiunge White for Italy, nuovo progetto di Massimiliano Bizzi al centro della più ampia iniziativa Milano Loves Italy, senza contare poi Homi Fashion & Jewels e Homi Outdoor e la fiera del bridal Sì Sposaitalia Collezioni. Ad aprire le danze è Milano Unica, l’8 e il 9 settembre, il cui neopresidente Alessandro Barberis Canonico sottolinea: «Vogliamo ribadire il valore di essere uniti e sostenere la filiera italiana». «Questa è un'azione di sistema per il rilancio del made in Italy ribadisce Carlo Ferro, presidente di Agenzia Ice -. Per quanto ci riguarda, in ambito fieristico rafforziamo l'azione di incoming dei compratori da un lato e, dall'altro, lanciamo il progetto digital Fiera Smart 365, che consentirà alle manifestazioni di vivere 365 giorni l'anno». Tra i più convinti

Siro Badon

Alessandro Barberis Canonico

fautori dell’imprescindibilità dell’evento fisico c’è Siro Badon, presidente di Micam Milano e di Assocalzaturifici: «Abbiamo commissionato una ricerca tra le aziende partecipanti, per due terzi intenzionate a esserci - afferma -. A Micam ci baseremo su cinque direttive, ossia sicurezza, contenuti (anche grazie al progetto MicamX sull’innovazione), sostenibilità, sostegno agli emergenti e digitalizzazione, con un nuovo canale di vendita digitale B2B: uno strumento che inserirà Micam in un network globale di fiere della moda, in cui rientrerà anche Micam Americas (a Las Vegas dal 30 settembre al 2 ottobre), e che darà alle imprese che aderiranno la possibilità di raggiungere oltre 500mila buyer in tutto il mondo». «Ci eravamo dati, come numero minimo per realizzare la fiera milanese, 500 aziende su una superficie di almeno 20mila metri quadri - prosegue Badon -. Siamo orgogliosi di aver raggiunto questi valori già a metà giugno». All'estero, mentre a Parigi Texworld opta per la versione digitale, Première Vision sceglie di esserci dal 15 al 17 settembre come "onsite & online business event": fisico, dunque, ma con una forte controparte digitale. E per i visitatori che si pre-registrano prima del 31 agosto l'ingresso è libero.

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MERCATI GLOBALI

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ra occasioni imprescindibili. Pitti di gennaio dovrà essere l’occasione di celebrare il vero rilancio del settore». Da gennaio, insomma, ci si aspetta grandi cose. Lo conferma Simona Luraghi, chief global markets & brands officer di Miniconf, storico espositore di Pitti Bimbo con le label Sarabanda e iDO. «Immaginiamo un’edizione che si sviluppi su un modello radicalmente differente - dice - in cui la leva digitale sia centrale e permetta di introdurre soluzioni nuove». «Avremo fatto tesoro dei nuovi flussi e delle modalità di presentazione e vendita delle collezioni che stiamo sperimentando oggi - aggiunge - attraverso Pitti Connect e anche investendo noi, come azienda, in tool avanzati, tra cui un catalogo multimediale con contenuti in 3D». «Se la situazione lo permetterà - interviene Cristiana Cariaggi di Cariaggi, che da tempo espone a Pitti Filati - di certo torneremo in Fortezza fisicamente. A Pitti chiediamo un impegno per attirare i compratori, spingendo sull’attività di promozione di una kermesse che ha una forte ragione di esistere: soprattutto nel nostro comparto c’è bisogno di capire non solo l’aspetto visivo, ma anche la tecnicità del prodotto». Pitti a parte, Giovanni Laezza di Aefi è convinto che «i saloni digitali non sostituiranno le fiere, ma offriranno maggior opportunità di visibilità e comunicazione. Il ruolo delle rassegne è quello di generare valore per le imprese, l’occupazione e i territori e in questo senso non c’è digitale che tenga». In altri termini, «i saloni sono un moltiplicatore di benessere socio-economico e una piattaforma di internazionalizzazione del sistema produttivo italiano». Il Covid non è stato l’unico elemento disruptive nel panorama fieristico europeo. Dal mondo degli orologi, in particolare, erano arrivati segnali di cambiamento già prima della pandemia. A gennaio Lvmh aveva lanciato la sua prima Watch Week, riunendo al Bulgari Hotel Yacht Club di Dubai i quattro brand di segnatempo di proprietà del colosso francese, ossia Bulgari, Hublot, Zenith e Tag Heuer. Stéphane Bianchi, ceo della 60

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1. Uno scatto dalla fiera Homi Fashion&Jewels, dal 19 al 22 settembre a Fiera Milano Rho 2. Una visitatrice a Micam: prossima edizione in calendario sempre a Fiera Milano Rho dal 20 al 23 settembre 3. Lo stand di Cariaggi a Pitti Filati

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ARMANDO HONEGGER/GRUPPO HONEGGER

«Il ritorno alla normalità non sarà prima del 2022» Tre domande al ceo della società specializzata in marketing fieristico, attiva dal 1970 e con 5mila clienti tra aziende, associazioni e istituzioni Qual è la più grande sfida che le fiere si troveranno ad affrontare nel breve-medio termine? Sarà quella di riuscire a far convivere la necessità di adeguarsi alle nuove normative di sicurezza e igiene con il presupposto di far incontrare tante persone contemporaneamente nello stesso spazio. Le manifestazioni che stanno soffrendo di più in questo momento sono le semestrali e annuali, come quelle della moda. A causa delle date di svolgimento tra loro molto ravvicinate, il più delle volte non è stato possibile spostarle e di fatto sono state cancellate. Nel caso di eventi con cadenza biennale o triennale il rinvio all’anno successivo non ha creato problemi particolari. Le piattaforme digitali: quanto sono e saranno determinanti per i saloni? Innegabile che abbiano avuto un’espansione enorme durante il lockdown, ma non potranno mai sostituire l’incontro diretto tra le persone e l’esperienza polisensoriale che un salone genera. Ci si era posti la stessa domanda

20 anni fa con l’avvento di Internet, quando si temeva che l’informazione in Rete potesse prendere il posto dell’esposizione fisica. Non è andata così: l’integrazione tra online e offline è avvenuta naturalmente e il web è stato utile a migliorare l’organizzazione delle fiere. Oggi, seppur con modalità diverse, le piattaforme digitali andranno a integrarsi con gli eventi. Quando ci si riassesterà? Ci aspettiamo un inizio del 2021 più frenetico e fitto d’incontri, con un calendario serrato e spostamenti nazionali e internazionali in aumento. Per gli organizzatori non è facile riprogrammare nuovamente gli spazi per ogni singola rassegna posticipata, così come gli espositori si trovano ora a vivere il dilemma di rinunciare ad alcuni saloni il prossimo anno o ridurre gli spazi a causa della sovrapposizione di eventi. Il 2021 sarà dunque problematico, ma nel 2022 dovremmo iniziare a vedere un graduale ritorno ai ritmi dei calendari fieristici consueti. ■


divisione Watches&Jewelry di Lvmh, aveva dichiarato: «In futuro si potrebbero aggiungere altri brand del gruppo che realizzano orologi». Nei mesi successivi, con il dilagare della pandemia, la rassegna di riferimento del settore, Baselworld di Basilea - da un paio d’anni in difficoltà - ha dapprima annullato l’edizione 2020, posticipandola a fine gennaio 2021, ma di fronte all’addio definitivo di nomi come Rolex, Chanel, Tudor, Chopard e Patek Philippe ha dovuto soprassedere. Un drappello di marchi, capeggiati da Bulgari, aveva rilanciato con i Geneva Watch Days, un evento descritto come «multibrand, decentralizzato e autogestito», che avrebbe dovuto svolgersi in alcuni hotel della città elvetica a marzo. Alla fine i Geneva Watch Days sono stati congelati, ma Babin e gli altri non demordono: «Torneremo dal 26 al 29 agosto». Ci si chiede, forzando un po’ la mano, se anche in Italia, vista la voglia di fare sistema cui si accennava, potrebbe un giorno verificarsi una concentrazione spontanea di brand attraverso eventi espositivi più piccoli ma più mirati, pur non essendoci un colosso come Lvmh alle spalle. Qualcosa si muove, più che altro per colmare i buchi nel calendario di settembre, nonostante ci siano casi in cui si avverte l’ambizione di andare oltre. Pochi giorni fa una ventina di filature di Prato, Biella, Bre-

Potrebbero le aziende unirsi e creare momenti espositivi? Per ora è utopia, domani chissà scia e Bologna hanno dato vita a Villa Pazzi al Parugiano di Montemurlo, nel distretto pratese, alla manifestazione Ri-filiamo: su tavoli distanziati sono stati presentati a circa 150 buyer i campionari Fall-Winter 2021/2022. L’ideatore della fiera, l’imprenditore Federico Corrieri della filatura Cofil, ha confidato ai giornalisti: «C’è chi mi ha chiesto di trasformare Ri-filiamo in un appuntamento fisso». Sempre dal mondo delle materie prime arriva il progetto del Consorzio Promozione Filati, una showroom virtuale arricchita da newsletter mensili, storytelling, la versione online del contest Feel The Yarn e una sezione ad hoc sul sito feeltheyarn.it. «Un’iniziativa che ha tutte le carte in regola per fare da apripista - commenta Federico Gualtieri, presidente del Consorzio Promozione Filati - prospettando metodiche e strategie alternative rispetto a quelle finora adottate per il business». Nel biellese il giovane Andrea Fiume, artefice della startup BSamply, ha lanciato sulla sua piattaforma il BSamply Tradeshow Project, che definisce come «la prima manifestazione fieristica tessile intera-

mente online, in grado di simulare in tutto e per tutto i processi di un evento offline». Non si sa se il BSamply Tradeshow Project darà del filo da torcere a Milano Unica, la rassegna di Fiera Milano Rho che ha fatto un atto di coraggio, confermando la 31esima edizione l’8 e 9 settembre prossimi. Certo è che l’iniziativa di Fiume coinvolge un centinaio di aziende, tra cui Nipi Italia-Thindown, Linificio e Canapificio Nazionale, Larusmiani e Clerici Tessuto. «Per i saloni non sarà facile reinventarsi un ruolo fondamentale nei nuovi scenari - sostiene Diletta Paoloni di Manifattura Paoloni -. Tutto dipenderà da quanto sapranno gestire l’evoluzione da aggregatori di visitatori a vere piattaforme commerciali. Di sicuro i nuovi mezzi di comunicazione hanno accorciato le barriere tra buyer e brand e ridisegnato le meccaniche di desiderio e acquisto». «Un modo alternativo di presentarsi ai compratori sarebbe interessante - è il parere di Simona

AGOSTINO POLETTO/PITTI IMMAGINE

«Pitti Uomo? È come se anziché quattro giorni ne durasse 90» Il direttore generale di Pitti Immagine traccia i nuovi scenari Pitti Uomo di settembre è stato cancellato, ma avete rilanciato con Pitti Connect e con la due giorni di Dolce&Gabbana a Firenze: cosa può dirci di questi due progetti? Innanzitutto che l’edizione 2020 di Pitti Uomo è straordinaria, anche perché interamente in digitale: è come se Pitti Uomo, anziché durare quattro giorni, ne durasse 90. Il palinsesto di Pitti Connect, che abbiamo concepito come un potente e avanzato strumento digitale (al tempo stesso fiera virtuale, showroom e marketplace, oltre che contenitore di idee e iniziative per generare business) è sfaccettato e trasversale, come sono normalmente i nostri programmi di eventi, con protagonisti del settore, focus su brand e tendenze, temi caldi del momento, talk, interviste...Ci sono poi sotto i riflettori i due appuntamenti fisici di settembre con uno dei brand italiani più noti e apprezzati a livello globale, Dolce&Gabbana, sotto i riflettori insieme alla città e alle sue eccellenze. Quello che accadrà a Firenze sarà trasmesso in streaming e costituirà un trait d’union fra un’edizione interamente virtuale dei nostri saloni estivi e la moda reale, da vivere “live”, a cui presto torneremo.

Luraghi di Miniconf -. Spero che possa accadere, perché così si tutelerebbe e svilupperebbe la moda bimbo, lavorando sulla categoria, anche se per ora a dire il vero non vedo segnali in tal senso». Di diverso parere Angelo Loffredo di People of Shibuya («Le occasioni di business networking devono essere gestite da professionisti e specialisti, a ognuno il proprio lavoro») e i portavoce di Tatras: «Fermo restando che gli scenari futuri saranno sempre più trasversali e alle rassegne fisiche si affiancheranno sempre più quelle digitali, non crediamo a questa ipotesi. Potrebbero crearsi squilibri e ghettizzazioni». Ci si interroga, si discute, si immaginano scenari e si prova anche a metterli in pratica: il Covid, al di là del primo stordimento generale e della batosta a livello economico, ha obbligato tutti a una capacità di risposta veloce, perché di tempo da perdere non ce n'è. Con la consapevolezza che si potrà molto gradualmente tornare alla normalità, ma mai più alle certezze. 

Come sarà da gennaio 2021 la nuova normalità di Pitti? I prossimi saloni saranno concepiti con spazi, tecnologie e servizi in linea con le nuove esigenze di totale sicurezza. Parallelamente all’organizzazione di Pitti Connect, siamo quindi già attivi per impostare le strategie e i programmi di gennaio. Stiamo appunto configurando il nostro new normal, che niente toglierà alla bellezza dello stare insieme e del poter ammirare da vicino le proposte degli espositori in Fortezza.

Una fiera virtuale potrà mai sostituire quella fisica? Gli strumenti digitali sono indispensabili per l’industria della moda e le attività commerciali e promozionali al suo servizio, ma penso che quando tutto questo sarà alle spalle l’esperienza della fiera fisica tornerà a essere l’attività core di Pitti Immagine. Il digitale sarà di importante supporto e integrazione di saloni che negli anni si sono fatti non solo apprezzare per le opportunità di conoscersi e scambiarsi ordini, ma come place to be per cogliere tendenze e strategie, generare idee e partnership, immergersi in un’atmosfera speciale. ■

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MERCATI GLOBALI CAMBIO DI SCENARIO IN GERMANIA

Francoforte ruba lo scettro a Berlino: sarà l’epicentro delle fiere nel 2021

L'intesa tra Messe Frankfurt e Premium Exhibitions scompiglia gli equilibri fieristici in Germania: il new deal parte con l'estate 2021 Berlino creativa, culturalmente avanzata, stimolante. Francoforte più orientata al commercio e alla finanza, essendo sede della Banca Centrale Europea. Eppure nel 2021 sarà quest’ultima a rubare la scena alla capitale tedesca: in seguito a un accordo tra Messe Frankfurt e Premium Group, a partire dall’estate del prossimo anno le fiere Premium e Seek, in capo a Premium Group, e Neonyt, nel portafoglio di Messe Frankfurt si trasferiranno nella città dell’Assia, con il loro prezioso carico di 2mila espositori e un pubblico stimato di addetti ai lavori intorno alle 140mila persone. Francoforte conta meno abitanti rispetto a Berlino (sotto gli 800mila), ma è più ricca. L’obiettivo degli orga-

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nizzatori è ambizioso: svelare il suo lato modaiolo e glamorous, trasformandola in un nuovo hotspot della moda internazionale, sul quale la nuova sinergia dovrebbe far piovere ricavi per oltre 200 milioni di euro l’anno. Un portavoce di Duno, brand di scena abitualmente a Premium di Berlino, commenta: «A Francoforte, che si trova tra Düsseldorf e Monaco di Baviera, sono presenti i maggiori buyer e le agenzie di rappresentanza del Paese. Lo spostamento porta quindi con sé dei vantaggi, anche se dovremo capire come verrà organizzata la nuova fashion week. Berlino comunque aveva fatto il suo tempo, perdendo identità e appeal». Anche People of Shibuya espone a Premium. «Fran-

1. Proposte di Duno, che espone a Premium 2. Lo skyline di Francoforte, città che si prepara nel 2021 a sfoderare il proprio lato glamorous

coforte è una svolta interessante - commenta Angelo Loffredo - che ci avvicina a piazze tedesche dove il nostro prodotto è più presente che a Berlino. La città è maggiormente attrezzata della capitale per il traffico aeroportuale e le risorse organizzative fieristiche». Quanto a Berlino, «è avanti nella ricerca e nelle startup tecnologiche, ma non riesce ancora a godere di un network economicamente avanzato. Forse dovrebbe puntare sul dialogo con le nazioni del Nord più che con le “sorelle” tedesche. 

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MENSWEAR SS 21 Nuove collezioni Stili Trasversali

TURNING THE KEY Abbiamo imparato a riconoscere nel silenzio delle città un richiamo ancora più forte verso la nostra identità di viaggiatori e di esploratori liberi. In parallelo, l'emergenza sanitaria ha ribaltato gli equilibri del mondo che conoscevamo, portando con sé una trasformazione degli spazi urbani e delle nostre abitudini. Uno spirito di rinnovamento che pervade le collezioni SpringSummer 2021. DI ALBERTO CORRADO

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IL VIAGGIO

Baja CALIFORNIA La nuova collezione L.B.M. 1911 è in equilibrio tra armonia e libertà. Una sorta di diario di viaggio, fatto di colori accesi e profumi inebrianti, per amanti delle auto 4x4 e delle moto rally, intenti ad attraversare la Baja California, dall’oceano Pacifico al deserto. On the road si sviluppano tre mood, che diventano stilemi di un guardaroba squisitamente estivo: Travel Sport Uniform, basato su tessuti tecnici; Desert Daze, che si divide nei due temi Earth Desert, che ruota sulla versatilità degli abbinamenti e sulle texture, e Desert Flora, in colori che rimandano alla vitalità del green power; infine The Magic Pueblo, dove è protagonista la sartorialità di giacche sottoposte a particolari trattamenti.

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Il tocco del GENTLEMAN L’immagine del successo comincia dal vestito, ma culmina con un piede calzato impeccabilmente. L’esperienza e la passione per la perfezione, combinate con la creatività, si ritrova nella linea di Artioli Gentlemen, dallo spirito estivo e chic. Scarpe eleganti e casual, con accessori coordinati, sono realizzate in morbide pelli trattate con pura anilina e tamponate con cere e creme. BERWICH

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LA TENDENZA

Il nuovo EDONISMO Figlio di un nuovo edonismo, l’uomo Manuel Ritz indossa una ritrovata libertà attraverso giacche e capispalla. Il jersey naturale diventa comodo e fresco nei volumi e la microfibra di origine naturale esalta la praticità delle linee, mentre le stampe digitali proiettano i tagli vivi e l’inserimento di fodere in nylon mesh dal color fluo. La palette pastello colora giacche e pantaloni in lana e cotone, il rosso rubino diventa deciso ma non invadente, mentre il bianco si unisce al blu e talvolta al nero.

MANUEL RITZ

LA TECNOLOGIA

La camicia che allontana virus e BATTERI Xacus lancia X-Care, camicia realizzata con tessuti capaci di eliminare virus e batteri. Grazie alla tecnologia HeiQ-Viroblock NPJ03, applicata da Albini Group, X-Care inibisce il rischio e la velocità di contaminazione utilizzando particelle d’argento, attivatrici di reazioni antivirali ad alto spettro, mentre i liposomi dissolvono la membrana virale, contribuendo a ridurre i rischi. Il prodotto sarà disponibile da agosto nei tessuti Popeline, Royal Oxford, Twill per l’uomo e in Popeline stretch per le linee uomo e donna.

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L’ICONA

Intramontabile GIACCA Tagliatore, storico brand sartoriale nato dalla mente eclettica e versatile di Pino Lerario, torna a puntare i riflettori sulla giacca, alla ricerca di forme e dettagli da valorizzare.

XACUS

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LA CONTAMINAZIONE

Dialogo tra NATURA E UOMO Il bisogno di comunicare e comprendere il dialogo tra natura e uomo, all’insegna di un nuovo rispetto sociale e ambientale, è il tema fondante della collezione Havana&Co. Ispirata al grande artista greco Jannis Kounellis, riporta numeri, frecce, scacchi e lettere su camicie e T-shirt, che si contrappongono alle fogge semplici di giacche, pantaloni e gilet funzionali con tasconi. Da questa dualità nasce una tavolozza che parte dai colori della natura come verde, salvia, giallo, glicine e azzurro, per arrivare a tonalità urbane, tra cui asfalto, mattone e blu scuro.

HAVANA&CO

IL TESSUTO

Per INTENDITORI

BAGUTTA

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La camicia estiva assume un’aria più fresca e diventa sempre più morbida, grazie al cotone doppio ritorto o al batista, per arrivare al leggerissimo lino. Bagutta reinterpreta questo pezzo icona del guardaroba maschile, puntando su una combinazione vincente: casual a mezza manica con stampa, o classica con collo alto, senza attaccatura.

IL PROGETTO

SAVE THE DUCK

Identità OUTDOOR Nel progetto di rinnovamento dello stile urbano Save The Duck punta sull'esaltazione di un tratto più outdoor del brand. Il sapore è quello della riscoperta del recycled elegante, pensato per le abitudini di un globtrotter dall’animo green. Il fit è confortevole, dalle linee fluide, con una palette colori polverosi e sfumature opache, alternate a tinte lucide.


IL LEISUREWEAR

Stilemi IMMANCABILI

La celebrazione del viaggio contemporaneo si esprime in quattro temi e due proposte leisure, protagoniste della collezione estiva di Antony Morato. Si parte da costruzioni rigorose e tagli squadrati del tema New Codes, per arrivare alle sovrapposizioni di tessuti sartoriali con stampe jungle. Lo stile army, con grafiche underground, si traduce in capi stile worker, mentre i colori accesi, spesso fluo, con lavorazioni grafiche richiamano un concetto di Virtual Paradise. Non mancano linee pulite e costruzioni rétro da campus, per chi fa sport, e la parte Timeless, dedicata al formale e arricchita da tessuti e colori inediti.

ANTONY MORATO

LA MARTINA

LA SOSTENIBILITÀ

Lo sportswear è SMART

L’ARCHIVIO

Ritorno al FUTURO

Il cliente diventa sempre più consapevole del suo stile, con al centro il tema della sostenibilità. Paul&Shark, grazie al proprio impegno nell’uso di materie sostenibili che ottimizzano l’utilizzo di acqua e il consumo energetico, ha ottenuto quest’anno la certificazione ISO14001, producendo una collezione estiva che legittima questo meritato riconoscimento. Polo, camicie e T-shirt sono in cotone organico, così come la quasi totalità dei pantaloni, mentre la lana è cruelty-free o ‘eco-wool’ riciclata.

Look casual dai volumi morbidi, pensando alle atmosfere autentiche di un ranch sudamericano, ma anche agli eleganti Yacht Club e locali di Saint Tropez. La Martina ripesca dagli archivi storici un lifestyle aggiornato, fatto da field-jacket in cotone con bordi in pelle scamosciata beige, blazer sfoderati in seesucker rigato, pantaloni chino color bianco ottico. PAUL&SHARK

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RESORT 2021 Tre griffe, tre stili Focus sull' essenziale

IDENTITÀ VESTIBILI Texture sontuose e un'artigianalità che diventa identità. Nelle nuove collezioni si esprime l'abilità dei marchi di attraversare il tempo nel segno della libertà espressiva DI ALBERTO CORRADO

LOUIS VUITTON

Nicolas Ghesquière, direttore creativo della donna, invita a prendere parte a un viaggio in cui esplora un vissuto di emozioni suscitate dall'alchimia di stile, colori indimenticabili e tagli innovativi.

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MOSCHINO

L’heritage si veste di nuovo, in una collezione che è un omaggio al passato, ma anche la brillante espressione di una creatività proiettata nel futuro. Un tributo alla maison, fatto di classici che diventano contemporanei in versione maxi e mini, rivelando divertenti quanto inaspettati accostamenti cromatici.


MAX MARA

Un mix neo-costruttivista pervade questa collezione, dedicata alla magnificenza e alla magia di San Pietroburgo, costruita secondo una visione unitaria di armonia e razionalità, tipica della maison. Le gonne sono con orlo a fazzoletto, abbinate a tuniche double face dal sapore modernista, mentre abiti eterei a vita bassa entrano in contrasto con i Teddy-coat. La palette colori si ispira alle tonalità poudré e ai fiori rococò, presi in prestito dagli sfarzosi saloni dell’aristocrazia russa.

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aperto il primo negozio internazionale, quindi è stato naturale decidere di sfilare lì. Quello che accadrà in futuro resta da vedere: gli ultimi mesi hanno costretto tutti a ripensare a “come” e "dove" presentare le collezioni, viste anche le rigide restrizioni di viaggio in vigore. Venire a Milano? Perché no, adoro la città, quindi un giorno potrei scegliere di sfilarci.

INTERVISTA Nicky Zimmermann Zimmermann

«La ricetta del successo? Il talento delle donne e il dna aussie»

In questi tempi così duri, che cosa la rende fiera del suo lavoro? Ogni giorno arrivano notizie che ci ricordano quanto sia difficile oggi per un marchio non tanto crescere, ma sopravvivere. Per noi invece il momento favorevole prosegue e speriamo che continui così. Io e mia sorella Simone siamo orgogliose di essere due donne imprenditrici che ce l’hanno fatta da sole e che lungo la strada sono state capaci di essere solidali e creare opportunità di carriera anche per altre giovani donne.

Insieme alla sorella Simone ha creato un brand total look, partito con una linea di bikini, che ormai ha conquistato il jet-set, compresa Kate Middleton e che sta mettendo l’Italia al centro delle sue rotte con l’imminente opening a Milano.

dibilmente soddisfatta della nostra linea di occhiali, che abbiamo appena lanciato, riuscendo a darle da subito una direzione creativa che mi piace da impazzire. Sta succedendo lo stesso anche con le calzature, disegnate per la resort di quest’anno: sono bellissime e voglio continuare a trovare modi divertenti per completare le collezioni.

Ci sono degli stilisti “aussi” che considera un modello per la sua carriera? Di sicuro Stuart Membery e Katy Pye. Stuart Membery è stato una vera icona di stile per decenni, tra gli anni ‘80 e ‘90. Metteva un pizzico di divertimento e coraggiodoc in tutto ciò che creava, un approccio che cerco di seguire con le mie collezioni. Mentre Katie Pye ha attirato la mia attenzione quando ero una studentessa di moda. A 16 anni vedere un marchio australiano sfondare su un palcoscenico internazionale è stato di grande ispirazione.

Avete iniziato a sfilare a casa, a Sydney, poi siete volate a New York. Uno show a Milano è mai stato considerato? Un marchio che nasce in Australia non può che andare a sfilare all’estero se vuole farsi conoscere da un pubblico vasto. Abbiamo iniziato in Australia e la nostra sede resta a Sydney, ma avevamo bisogno di una “seconda casa”, che è diventata New York, dove abbiamo

E tra i colleghi italiani, chi è il suo preferito? Uno solo? Ce ne sono tanti. Ho sempre amato Marni per l’ironia e Valentino per il romanticismo, il colore e la femminilità. Adoro Miuccia Prada per la capacità di creare una moda giocosa e sofisticata al tempo stesso. Basta guardare una delle sue stampe per aver voglia di sorridere. E creare gioia nel consumatore è il più grande talento di un designer. ■

DI ANDREA BIGOZZI

I costumi da bagno sono stati la chiave del vostro successo. Lo resteranno? Come potrebbe essere altrimenti? Crescere sulla spiaggia di Sydney non poteva che influenzare il mio modo di vestire e soprattutto di immaginare le collezioni. In Australia siamo più rilassati nelle scelte di stile rispetto ad altre parti del mondo e andare a pranzo direttamente dalla spiaggia, con addosso un costume da bagno sotto un bel vestito, fa parte del nostro modo di vivere e continuerà ad esserlo. Perché non è una scelta, è dna. Zimmermann è ormai un total look, anche gli accessori sono cresciuti: qual è la sfida delle prossime stagioni? La mia priorità è sempre stata quella disegnare cose uniche e speciali. Per esempio sono increDIRETTORE RESPONSABILE E A.D. Marc Sondermann (m.sondermann@fashionmagazine.it) CAPOSERVIZIO Alessandra Bigotta (a.bigotta@fashionmagazine.it) REDAZIONE Andrea Bigozzi (a.bigozzi@fashionmagazine.it) Elisabetta Fabbri (e.fabbri@fashionmagazine.it) Carla Mercurio (c.mercurio@fashionmagazine.it) Angela Tovazzi (a.tovazzi@fashionmagazine.it) REALIZZAZIONE GRAFICA Nadia Blasevich (n.blasevich@fashionmagazine.it) Carlo Maraschi (c.maraschi@fashionmagazine.it) FASHION EDITOR Alberto Corrado (a.corrado@fashionmagazine.it) COLLABORATORI Mariella Barnaba, Annalisa Betti, Cristiana Bonzi PUBBLICITÀ E PROMOZIONE Barbara Sertorini (b.sertorini@fashionmagazine.it) Laura Pianazza (l.pianazza@fashionmagazine.it) SENIOR DIGITAL ADVISOR Stefania Navaretti (s.navaretti@fashionmagazine.it)

70

SPECIAL PROJECTS Matteo Ferrante Veneziani (m.veneziani@fashionmagazine.it) ASSISTENTE DI DIREZIONE / UFFICIO TRAFFICO Valentina Capra (v.capra@fashionmagazine.it) AMMINISTRAZIONE Cristina Damiano (c.damiano@fashionmagazine.it)

Abbonamento annuale 139,00 e (quindicinale) c/c postale n. 16879207 È possibile richiedere gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a: Edizioni Ecomarket Spa - servizio abbonamenti Piazza Pio XI 1 - 20123 Milano Numeri Arretrati: 16,00 e cad L’editore garantisce che i dati forniti dai sottoscrittori degli abbonamenti vengono utilizzati esclusivamente per l’invio della pubblicazione come quelli relativi agli invii in omaggio non vengono ceduti a terzi per alcun motivo. Garanzia di riservatezza per gli abbonati in ottemperanza al D. Lgs. n.196/2003 (tutela dati personali)

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The New Luxury Issue

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Ulteriore distribuzione dell‘edizione speciale in tedesco e in inglese in occasione di fiere ed eventi.


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BILANCIO D'ESERCIZIO AL 31 DICEMBRE 2019

forma Abbreviata ex art. 2435 bis del C.C.

A)

BILANCIO D'ESERCIZIO AL 31 DICEMBRE 2019

***

ATTIVO

31/12/19

forma Abbreviata ex art. 2435 bis del C.C.

CONTO ECONOMICO

31/12/18 A)

Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti di cui parte già richiamata di cui parte ancora da richiamare

0

0 0

0 0

1. 2. 3. 4. 5.

B)

IMMOBILIZZAZIONI

I

Immobilizzazioni immateriali Immobilizzazioni immateriali lorde fondo ammortamento immobilizzazioni immateriali fondo svalutazione immobilizzazioni immateriali Totale

107.843 (48.702) 0 59.141

107.033 (28.320) 0 78.713

II

Immobilizzazioni materiali Immobilizzazioni materiali lorde fondo ammortamento immobilizzazioni materiali fondo svalutazione immobilizzazioni materiali Totale

33.689 (27.246) 0 6.443

31.084 (23.312) 0 7.772

III

Immobilizzazioni finanziarie Totale

1.033 1.033

9.033 9.033

66.617

95.518

TOTALE IMMOBILIZZAZIONI C)

Valore della produzione

0

B)

Rimanenze

II

Crediti che non costituiscono Immobilizzazioni esigibili entro l'esercizio successivo: esigibili oltre l'esercizio successivo:

III

Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni

IV

Disponibilità liquide

100

100

724.028 724.028

833.795 833.795

7. 8. 9.

10.

11. 12. 13. 14.

TOTALE ATTIVO CIRCOLANTE

331.452

519.536

1.055.580

1.353.431

RATEI E RISCONTI ATTIVI

I

EDIZIONI ECOMARKET Disaggio su prestiti

II

S.P.A.

0

0

Altri ratei e risconti Capitale Sociale: Euroattivi 400.000,00 interamente versato

16.865

8.203

TOTALE RATEI E RISCONTI ATTIVI ***

16.865

8.203

forma Abbreviata ex art. 2435 bis del C.C. TOTALE ATTIVO

1.139.062

1.457.152

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BILANCIO D'ESERCIZIO AL 31 DICEMBRE 2019

PASSIVO

31/12/19

15. 16.

17.

31/12/18

Capitale Riserva da sovrapprezzo delle azioni Riserva di rivalutazione Riserva legale Riserve statutarie Riserva per azioni proprie in portafoglio Altre riserve Utili (perdite) portati a nuovo Utile (perdita) dell'esercizio

400.000 0 0 0 0 0 (1) (51.966) (82.591)

400.000 0 0 0 0 0 0 (74.545) 22.579

TOTALE PATRIMONIO NETTO

265.442

348.034

B)

FONDI PER RISCHI ED ONERI

0

0

C)

T.F.R.

577.134

753.284

D)

DEBITI

289.486

355.834

esigibili entro l'esercizio successivo

289.486

355.834

7.000

0

e perdite su Euro cambi400.000,00 interamente versato 17. Bis Utile Capitale Sociale: utile su cambi Imprese di Milano al n.: 10074660159 Iscritta al Registro * *perdite * su cambi

0

Aggio su prestiti Altri Ratei e risconti passivi

TOTALE PASSIVO E NETTO

0 0 0 50.756 2.140.675

56.392 710.659 132.262 1.296.776 875.724 240.988 75.405 0 104.659

70.200 683.500 118.311 1.188.932 854.661 247.276 79.867 0 7.128

20.382

20.826

3.934 0

5.435 0

9.948

6.893

0 0 0 24.613 2.254.966

0 0 0 21.480 2.115.577

(82.966)

25.098

0 375

0 0 375 0 0

BILANCIO D'ESERCIZIO AL 31 DICEMBRE 2019

0 7.000

0 0

1.139.062

1.457.152

24.000 0 24.000

24.000 0 24.000

0 0

forma Abbreviata ex art. 2435 (15+16-17+17bis) bis del C.C. Totale

D)

0

0 825

0

0

0

0 825 0 0

0 0

0

0

375

825

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0

0 0

0 0

Rettifiche di valore di attività finanziarie 18.

19.

esigibili oltre l'esercizio successivo

I II

Proventi e oneri finanziari Proventi da partecipazioni Altri proventi finanziari: a) da crediti iscritti nelle immobilizzazioni b) da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono partecipazioni c) da titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni d) proventi diversi dai precedenti Interessi e altri oneri finanziari: verso imprese controllate EDIZIONI ECOMARKET S.P.A. verso altri Sede Legale: Milano, Piazza Pio XI, 1

PATRIMONIO NETTO

I II III IV V VI VII VIII IX

RATEI E RISCONTI PASSIVI

2.089.919

0 0 0 51.103 2.172.000

(sogg.alla direzione ed al coordinamento della soc. DFV Deutscher Fachverlag Gmbh - a socio unico)

A)

E)

Per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci Per servizi Per godimento beni di terzi Per il personale: a) salari e stipendi b) oneri sociali c) trattamento di fine rapporto d) trattamento di quiescenza e simili e) altri costi Ammortamenti e svalutazioni: a) ammortamento delle immobilizzazioni immateriali b) ammortamento delle immobilizzazioni materiali c) altre svalutazioni delle immobilizzazioni d) svalutazioni dei crediti compresi nell' attivo circolante e delle disponibilità liquide Variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci Accantonamenti per rischi Altri accantonamenti Oneri diversi di gestione Totale Differenza tra valore e costi della produzione (A-B)

C)

D)

2.120.897

Costi della produzione 6.

ATTIVO CIRCOLANTE

I

Ricavi delle vendite e delle prestazioni Variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti Variazioni dei lavori in corso su ordinazione Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni Altri ricavi e proventi Totale

Rivalutazioni: a) di partecipazioni b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni c) di titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono immobilizzazioni Svalutazioni: a) di partecipazioni b) di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni c) di titoli iscritti nell'attivo circolante che non costituiscono immobilizzazioni Totale delle rettifiche (18-19) RISULTATO PRIMA DELLE IMPOSTE (AB+-C+-D)

20.

Imposte sul reddito dell'esercizio correnti anticipate differite

21.

UTILE (PERDITA) DELL'ESERCIZIO

(82.591)

25.923

0 0 0 0

(3.344) (3.344) 0 0

(82.591)

22.579

CONTI D'ORDINE fidejussioni Altri conti d'ordine

Il presidente del consiglio di amministrazione

Totale

Sig. Klaus Kottmeier

PROSPETTO DI DETTAGLIO DELLE VOCI DEL BILANCIO DI ESERCIZIO AL 31.12.2019 pubblicato ai sensi dell'art. 9, della delibera 129/02/CONS dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni denominata Informativa Economica di Settore RICAVI DELLE VENDITE E DELLE PRESTAZIONI Ricavi della vendita di copie di cui per abbonamenti Ricavi della vendita di spazi pubblicitari di cui per la vendita tramite concessionarie di pubblicità lavorazioni presso terzi agenzie di informazione

Il presidente del consiglio di amministrazione Sig. Klaus Kottmeier

72

COSTI PER SERVIZI

36.545 30.153 1.305.020 0

52.072 42.555 1.402.718 0

0 0

0 0


PEOPLE Mahmood Mentor d'eccezione

«Ora tocca a me dare una chance ai talenti del futuro» A tu per tu con Mahmood, dopo che Levi's lo ha scelto per collaborare alla prima edizione italiana del suo Music Project, che dà a 14 giovani studenti milanesi la possibilità di partecipare a un programma di educazione musicale DI CARLA MERCURIO

Sopra, Mahmood ritratto sullo sfondo dei palazzi di Gratosoglio, il quartiere dove è nato e cresciuto. Qui sotto è con i giovani del Levi's Music Project

Quanto è difficile per un giovane che vive in periferia sfondare nel mondo della musica e dello spettacolo? Non conta da dove vieni, ma quanto ti impegni. Cosa ti ha aiutato a uscire dai confini del tuo quartiere per diventare una star internazionale? Credere profondamente in quello che faccio, senza mollare mai! Quanto è importante per te mantenere il legame con il posto dove sei cresciuto? Credo che quello che ho vissuto, le persone che ho incontrato, che fossero a scuola o al parchetto davanti all’oratorio, abbiano lasciato un’impronta forte su quella che oggi è la mia persona. Tutti quei momenti condivisi, dai pomeriggi dopo la scuola al tram che ti porta in centro, faranno sempre parte di me. Come mantieni viva la fiamma dell’arte e della creatività in un momento così difficile? Mi aiutano la dedizione alla scrittura, l’attenzione al testo e all’utilizzo della voce, lo studio, le contaminazioni. Qual è il tuo rapporto con la moda? Moda per me vuol semplicemente dire sentirmi a mio agio con quello che indosso. Levi’s ti ha scelto per collaborare alla prima edizione italiana del Music Project: cosa stai imparando da questa esperienza? Il valore che Levi’s esprime in termini di autenticità è quello che sento più vicino al mio modo di essere. Insegnare musica a ragazzi che non hanno avuto possibilità è una grande soddisfazione, una cosa che mi fa stare bene. Oggi che sei un musicista affermato, cosa vuol dire per te far parte di un progetto che supporta la formazione musicale dei giovani? Di questa iniziativa mi piace la concretezza, il sapere di aver provato a fare qualcosa nell’immediato, che serva subito e che possa suggerire una direzione o anche solo uno spunto, una scelta. Alcuni dei 14 partecipanti e degli insegnanti che l'affiancano vengono da Gratosoglio, il quartiere dove sei cresciuto: oltre all’educazione musicale e strumentale, che consigli ti senti di dare a questi ragazzi? La mia non è volontà di insegnare a nessuno, ma solo di trasmettere quello che ho imparato. Mi metto sullo stesso piano, perché la mia è più volontà di condivisione.

UN PROGETTO DA NEW YORK AL GRATOSOGLIO Nato a New York nel 2016 insieme ad Alicia Keys e ampliatosi successivamente in Regno Unito, Germania, Spagna e Francia, il Levi’s Music Project è approdato anche in Italia. Nel Belpaese il big statunitense del jeanswear ha scelto di collaborare con Mahmood, vincitore di Sanremo 2019, artista da154 milioni di ascolti solo su Spotify. Il progetto offre la possibilità a 14 giovani milanesi, tra cui molti in arrivo dal Gratosoglio, dove Mahmood è nato e cresciuto, di partecipare a tre mesi di lezioni con musicisti, producer e parolieri, oltre a un ciclo di talk e workshop. Per l’artista è il momento di dare un sostegno al quartiere milanese, perché il legame con le origini è importante. ●

ONITSUKA TIGER: CON WILLOW SMITH VINCE L’IMPEGNO Sempre più la tendenza tra i brand di moda è affidare la propria immagine a personalità forti e politicamente impegnate. Così ha fatto Onitsuka Tiger scegliendo Willow Smith, figlia di Will Smith e Jada Pinkett Smith, ambasciatrice per la stagione autunno-inverno 2020. Con il suo carisma, la forte personalità, i messaggi impegnati sui social network, la giovane cantante e attrice ha fatto sentire la sua voce a sostegno di cause importanti, tra cui la difesa dei diritti dei neri. Non a caso una parte dei proventi della vendita della campagna saranno devoluti al Fondo di Difesa e di Educazione Legale NAACP, per sostenere il loro impegno nel movimento Black Lives Matter. ●

EMMA WATSON: DA STREGHETTA AL CDA DEL GRUPPO KERING Molti ancora oggi la identificano con Hermione Granger, la streghetta della saga di Harry Potter, ma Emma Watson oggi è un’attrice affermata a livello mondiale, apprezzatissima per l’impegno civile per l’uguaglianza di genere e la salvaguardia dell’ambiente. Proprio questa ricchezza di esperienze le è valsa l’ingresso nel cda di Kering, che le ha affidato anche la carica di presidente del comitato per la sostenibilità. Insieme a Emma Watson, 30 anni, entrano nel cda anche Jean Liu Liu, fondatrice di DiDi, la più grande piattaforma di trasporto mobile mondiale al mondo e Tidjane Thiam, ex direttore generale di Crédit Suisse, da aprile inviato speciale per l’Unione Africana sull’emergenza Covid-19. Inclusione, per i grandi gruppi della moda, vuol dire anche aprire le porte ai contributi che arrivano da altri mondi per trarre nuova linfa. E le donne sono una miniera inesauribile di spunti. ●

73


RED CARPET Parigi, Milano, Dubai Non solo digital

Balmain sur Seine

Uno show su una chiatta lungo la Senna con modelle, amici e ballerini, visibile dai passanti a distanza di sicurezza: Olivier Rousteing ha scelto la formula phygital per presentare la couture di Balmain, svelata con una serie di performance, tra cui quella della cantante francese Yseult. Sotto il cielo di Parigi hanno "sfilato" le nuove creazioni del brand e una selezione di capi d'archivio, per suggellare il 75esimo anniversario della maison. Il video dell’evento è andato online durante la digital fashion week di Parigi.

Olivier Rousteing

Ideato dal direttore creativo durante i mesi di lockdown, lo show ha voluto celebrare il ritorno alla vita

Al Salotto di Milano tempo di Vite Parallele con Andrea Pellicani C'è tempo fino al 30 luglio per visitare la mostra Vite Parallele dell'architetto lombardo Andrea Pellicani, ospitata negli spazi del Salotto di Milano in corso Venezia 7. Un modo per tornare a vivere la città e le sue iniziative, dopo il difficile periodo del lockdown. La personale dell'artista si snoda lungo un percorso di 19 opere, tutte realizzate con materiali di recupero, in chiave di sostenibilità. Durante il vernissage su una delle creazioni, Alfa e Omega, i visitatori hanno potuto lasciare un messaggio scritto. Per garantire la sicurezza del pubblico, si accede su prenotazione.

Quello lanciato dallo spazio di corso Venezia 7 è un segnale della città che si rimette in moto L'art interior designer Massimiliano Chiappa al vernissage 74

Andrea Pellicani, protagonista della mostra

La cantante Yseult

Sophia Nubes protagonista in streaming a Dubai

«Ho trovato importante esserci malgrado le difficoltà, in primis quella di fare un fitting online per la sfilata». Così Elena Pioli, stilista del brand Sophia Nubes, a proposito della sua partecipazione alla fashion week di Dubai con uno show in streaming trasmesso su Instagram. Di scena la capsule FW 20/21, in uno dei mercati chiave per il brand con sede a Lugano ma prodotto in Italia. Nelle foto, due outfit di Sophia Nubes a Dubai


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