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Anno 47 | N°15 del 16.11 2016 | quindicinale | â‚Ź 5,50 | www.fashionmagazine.it

E H I S SI D GL IN EN ION RS VE

Il magazine di news, business e trend

The Age of

Digital

Relevance Le eccellenze del made in Italy ricalibrano le strategie per vincere la sfida del web

Nella foto: Stella McCartney

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N° 15 16 NOVEMBRE 2016

SOMMARIO

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L’EDITORIALE

PROTAGONISTI

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INTERVIEW MAX MÜLLER/STYLIGHT

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«Tutto ruota intorno all’autenticità» BUSINESS

12 CUSTOMER EXPERIENCE Cliente, mettiti comodo. Al centro ci sei tu 14 RETAIL REAL ESTATE La terza rivoluzione dei centri commerciali In copertina

Un’immagine della sfilata primaveraestate 2017 di Stella McCartney (Ph. Imaxtree)

17 E-COMMERCE Il web-à-porter è sempre più multibrand

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20 THE NEW RULES OF DESIGNERS

Digital friendly, ma anche no

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N° 15 16 NOVEMBRE 2016

SOMMARIO

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23 ONLINE ADVERTISING È il video la killer application della Rete

40 FULL SERVICE PROVIDER L’e-commerce di moda? Come un vestito su misura

27 CEO ROUNDTABLE

42 BRANDY La sfida della connessione emotiva

ON DIGITAL FASHION

Strategie e best practice a confronto

35 DIGITAL ASSET MANAGEMENT Asset digitali: maneggiare con cura 38 SYSTEM INTEGRATOR Chi ha paura di perdere il controllo?

TREND

60 CAREERS 62 Q&A/TU-LAM PHAM «Il futuro è di chi non ha paura di cambiare» 65 FASHION PEOPLE 66 RED CARPET

54 BRAND TO WATCH 56 LIFESTYLE Manus x machina o deus ex machina?

PEOPLE

58 PORTRAITS

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VALENTINA VISCONTI

La manager con il master in positività

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UniďŹ ed Commerce nel Cloud La piattaforma di Digital Commerce che permette a piu’ di 350 brand leader di mercato di fornire ai propri clienti una customer experience omnicanale Interagisci con i tuoi clienti in un modo completamente nuovo


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Quando il parlare di rivoluzione digitale rischia di diventare un luogo comune, è il momento di fare molta attenzione alle proprie mosse. La potenza dei nuovi strumenti è fuori discussione, la volontà di utilizzarli altrettanto. Proprio per questo non è una buona idea buttarsi a scavezzacollo su un trend strutturale di mercato che, come è naturale, oltre a grandi opportunità presenta anche notevoli insidie. Oggi sappiamo, con chiarezza, che permeare l’azienda di cultura digitale è un atto pervasivo, in quanto può modificare il modello di business in modo fondamentale. Si tratta, al contempo, di uno sforzo trasversale, perché quando fatto bene impatta su tutti i dipartimenti dell’impresa, nessuno escluso. In un modo o nell’altro, volutamente o involontariamente, si mette in discussione il brand nel suo insieme. Allo stesso tempo, è altrettanto vero che le mosse digitali dei propri partner, siano essi i clienti wholesale, le case di moda, i produttori, gli intermediari commerciali fino ad arrivare agli stockisti, condizionano sempre più pesantemente, se non governati in modo fermo, come si viene percepiti, anche a livello di prezzo, fino ad arrivare a imporre tempi e modalità del proprio percorso di digitalizzazione. Bisogna, dunque, agire con decisione, ma in modo ponderato, circospetto. Cercando di rafforzare e non di indebolire quello che è da sempre il proprio quid commerciale, il posizionamento, fatto anche di alleanze, equilibri e persone di riferimento. Quando si definisce la propria strategia digitale, tutti questi aspetti vanno presi attentamente in considerazione. L’importante è rafforzare e replicare il proprio successo nel mondo fisico - non di minarlo. Tutto questo è possibile. Ma bisogna appunto non cedere alle lusinghiere sirene del ‘tutto e subito’. Prestando ascolto e attenzione a chi le chiavi del proprio business le conosce bene. Solo allora, coinvolgendo l’intera organizzazione, dall’alto al basso, orizzontalmente e verticalmente, si può implementare un abito digitale su misura. Raggiungendo, poi sì, il proprio originario obiettivo di sfondamento.

L’EDITORIALE

Accelerare con criterio

Also in the fashion industry, the digital revolution is taking place at great speed. Nonetheless, an overly hastened approach to one’s digital strategy can be deleterious. Successful approaches are, first and foremost, well thought through, and based on the input of crucial stakeholders and constituencies. Only if their sources of strength are dutifully considered can the digital push be positively disruptive.

Marc Sondermann

Direttore/Editor-in-Chief

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INTERVIEW

MAX MÜLLER/STYLIGHT

«TUTTO RUOTA INTORNO ALL’AUTENTICITÀ»

Parlando con Fashion, Max Müller, managing director di Stylight, delinea come funziona il meccanismo di vendita di questo portale di social commerce e content marketing, acquisito appena qualche mese fa dalla holding 7commerce per una somma intorno agli 80 milioni di euro DI MARC SONDERMANN

Max Müller, managing director of Stylight, explains how this social commerce and content marketing platform, recently acquired by 7commerce holding, manages to engage a growing audience of Millennials. La vostra piattaforma sposta online oltre 600 milioni di fatturato moda sul target dei giovanissimi. Come si “ingaggiano” i cosiddetti Millennial? Noi crediamo moltissimo in un mix di raccomandazioni social, contenuti redazionali e influencer endorsement. La parola d’ordine oggi deve essere autenticità. Quando la consumatrice si sente ispirata nel provare un nuovo prodotto, questa leva è la più potente che ci sia. Tramite il nostro mix di contenuti, sempre molto vicini al prodotto ma resi “veri” da utenti finali e influencer che li condividono, abbiamo dimostrato di essere in grado di fidelizzare oltre 10 milioni di visitatori unici al mese, in complessivi 15 mercati.

brand di essere presenti con il loro catalogo sul nostro portale, rendendone il caricamento il più facile possibile. Le vendite avvengono poi sul sito di provenienza. Il modello di revenue si basa unicamente su un prezzo per ogni click di prodotto. In 1 questa maniera sono gli e-commerce manager di marketplace e brand a poter decidere liberamente il marketing mix. Il nostro compito è ispirare la consumatrice all’acquisto, in modo da ‘caricare’ il click verso un sito cliente con un’alta probabilità di conversione. Alla fine è un semplice calcolo di ritorno dell’investimento a dire al sito cliente se ne è valsa la pena.

A quale genere di brand si appassionano i vostri utenti? Vediamo che c’è un interesse molto trasversale, non limitato a specifiche fasce di prezzo o di contenuto moda. Certamente, visto il numero di persone presenti sul sito, hanno un peso importante i marchi del mass market. Spesso sono però i premium brand a far scaturire un sogno nel consumatore, soprattutto quando il loro messaggio viene amplificato da un mix di influencer di livello. La chiave di volta del mercato è il “mix and match”: i vecchi steccati e le categorizzazioni di una volta hanno perso molta importanza. 2

Come facilitate il lavoro dei marchi che vogliono provare il vostro canale? È molto importante per noi permettere ai

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1. La serata degli Stylight Awards, organizzata a Berlino lo scorso giugno 2. Max Müller, managing director di Stylight

Con i Stylight Awards riuscite ogni estate a mobilitare un numero importante di influencer. Come si ricollega questa attività con il vostro business? Devo ammettere che la spinta mediatica di un evento di questo genere è assolutamente considerevole. Di fatto, si tratta del nostro investimento marketing di gran lunga più importante. In concomitanza con gli award non solo si parla prepotentemente del nostro portale sui social, ma possiamo avviare relazioni che tornano poi molto utili quando si tratta di promuovere i singoli brand. ■

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NEWS A CURA DI ELISABETTA FABBRI

TRIMESTRALI A CONFRONTO RICAVI mln.f

VAR. % VAR.% cambi periodi correnti comparabili

KERING* 2.115 +12% +11% di cui GUCCI 1.088 +18% +17% HERMÈS 1.257 +10% +9% LVMH (*) 3.106 +6% +5% HUGO BOSS 703 -6% -3% *

Solo il business del lusso

(*)

Solo il business dei fashion e leather goods

DECODED FASHION

MAPIC

TRIMESTRALI DEL LUSSO

50 SPEAKER PER L’EDIZIONE DI MILANO

SCOMMETTE SULLA O2O EXPERIENCE

BUONE NOTIZIE DALL’AREA ASIATICA

Decoded Fashion, the event dedicated to the fashion tech, will return to Milan on 15 and 16 November. The key issues are the digital diversity and the connected consumer.

The 22nd edition of Mapic in Cannes welcomes over 8,000 delegates, including more than 2,000 retailers and 2,300 developers. Innovation is the topic of the fair.

The quarterly financial reports of European luxury companies show good performance in Asia. In China the economy is strengthening and domestic consumption is improving.

Nuova location e contenuti inediti per la quarta volta di Decoded Fashion a Milano (nella foto, un momento della scorsa edizione), il 15 e 16 novembre allo spazio Talent Garden Milano Calabiana. Si parlerà di “Digital Diversity & The Connected Consumer”, con approfondimenti su argomenti come story-selling e contenuti multicanale, esperienze di acquisto integrate, influencer marketing e tecnologia in-store. La kermesse del fashion tech, presentata da e-Pitti.com, sarà supportata da Intesa Sanpaolo insieme a Ibm, che lancia in esclusiva un progetto di e-commerce cloud, e Salesforce. A condurre la due giorni, che conta oltre 50 speaker internazionali, ci sarà Jessica Michault, editor-in-chief di Antidote Magazine. Fra i relatori sarà presente Marc Sondermann, ceo e direttore di Fashion, media partner dell’evento, che apre la tornata di incontri moderando la sessione dal titolo “Driving a Digital Strategy: The Structural Upheaval of Tradition”, con la partecipazione di Kasia Luczak di Zalando, Giorgio Belloli di Farfetch. Particolare enfasi sarà data alle startup con il concorso The Fashion Pitch, sostenuto da Fashion Technology Accelerator e Gruppo Miroglio. Il ceo di Fashon chiuderà i lavori con un’intervista a Riccardo Stefanelli, co-ceo della Brunello Cucinelli.

Anche il retail real estate sta facendo i conti con l’interazione tra online e offline, in gergo “O2O”. Non a caso, la 22esima edizione del Mapic di Cannes - fiera dell’immobiliare commerciale organizzata da Reed Midem al Palais Des Festivals (nella foto), dal 16 al 18 novembre - gioca la carta dell’innovazione. «Vista l’importanza dei rapporto reale-virtuale - anticipa Nathalie Depetro, direttore del Mapic - lanceremo un nuovo “Hub Trends” di circa mille metri quadri, che affronterà l’argomento sotto vari aspetti, ospitando l’Innovation Forum, la StartUp Lounge, la Specialty Leasing Lounge e la Food Court». Alla manifestazione sono attesi oltre 8mila addetti ai lavori, tra i quali più di 2mila retailer, circa 2.300 developer e 700 espositori, provenienti da 74 Paesi del mondo. Oltre alla forte partecipazione degli europei, si prevedono numerosi operatori da Cina, Giappone, Stati Uniti e Nord Africa. In agenda anche una nutrita offerta di conferenze, eventi, sessioni pitch e presentazioni mentre la sera del 17 sono in programma i Mapic Awards. Il Consiglio Nazionale Centri Commerciali (Cncc) organizzerà due convegni “Sud Italia: la nuova pepita d’oro” (il giorno 16) e “Italy: new development projects” (il 17, quando è previsto anche il lunch “Meetaly”, che fa incontrare gli operatori italiani e stranieri).

Buone nuove da Oriente, come evidenziano alcune trimestrali del lusso. Tra luglio e settembre i ricavi di Hermès hanno lievemente accelerato: +8,8% a cambi costanti, dal +8,1% del secondo quarter, per un totale di 1,26 miliardi di euro. Le vendite in Asia sono salite del 13%, Giappone escluso, che ha realizzato un +24%. «La Cina - ha precisato il ceo Axel Dumas - ha migliorato il trend, grazie a un rafforzamento dell’economia e ai consumi domestici». Kering ha mostrato una crescita del 10% a 3,18 miliardi di euro, con il business del lusso (+12% a 2,1 miliardi) trainato dal marchio Gucci (+18% a 1,09 miliardi di euro). Nei negozi gestiti direttamente dell’Asia-Pacifico il lusso di Kering ha registrato un +24% (Giappone escluso). Il rivale Lvmh, che ha chiuso il trimestre con un giro d’affari di 9,1 miliardi (+6,5%), ha beneficiato di un «significativo» recupero in Asia (senza Giappone). La tedesca Hugo Boss ha accusato un -3% dei ricavi, a 703 milioni di euro, ma le vendite like-for-like in Cina hanno interrotto il trend negativo dei trimestri precedenti. Nella semestrale chiusa in settembre Richemont (Cartier, Van Cleef & Arpels e Chloé, tra i marchi) parla di trend positivo di Cina Mainland e Corea. Non sufficiente però a migliorare il fatturato: -13% a 5,1 miliardi di euro.

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DIGITAL EVOLUTION

LA CUSTOMER EXPERIENCE NELL’ERA DELL’OMNICHANNEL

CLIENTE, METTITI COMODO. AL CENTRO CI SEI TU Come intercettare il consumatore in un’ottica omnicanale e di integrazione dei vari touchpoint con cui entra in contatto? È questa la domanda che un’azienda deve porsi davanti alla sfida del digitale. Partire dal cliente e armonizzare intorno a lui i canali, l’offerta e i contenuti del brand è la strada da seguire DI ELENA AZZOLA

How could a brand intercept the consumers with an omnichannel approach and integrate the various touchpoints with which they interact? This is the question that companies must ask themselves when faced with the digital challenge. To start from the customer and harmonize the channels, the products and contents that the brand offers seems the path to follow.

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er le aziende della moda che si cimentano in progetti digitali i temi cruciali del momento sono come realizzare la miglior customer experience possibile e come intercettare le esigenze del consumatore in un’ottica multicanale e di integrazione dei vari touchpoint. Che il tema sia particolarmente caldo lo dimostra anche il fatto che all’argomento sia stato dedicato un approfondimento specifico durante l’ultimo incontro in cui Netcomm e Politecnico di Milano hanno presentato i dati relativi all’andamento dell’e-commerce b2c in Italia nel 2016 (vedi box). «Nello sviluppo di un’iniziativa di commercio elettronico - è stato ribadito - è prioritario garantire un’esperienza di acquisto fluida, semplice ed efficace». La progettazione del customer journey online - e vorremmo aggiungere offline - è centrale, non solo per le ricadute che ha sulle performance di vendita della piattaforma di e-commerce, ma anche perché contribuisce in modo significativo al processo di interazione aziendaconsumatore nel suo complesso. L’impatto è infatti rilevante anche sul traffico e sul fatturato dei punti vendita fisici. «Il tema principale è come armonizzare i canali, l’offerta e i contenuti che il brand mette a disposizione, incluso

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il pricing - spiega Marco Di Dio Roccazzella della società di consulenza Value Lab -. L’azienda deve creare questa armonia e nello stesso tempo essere rilevante e differenziante per il singolo consumatore finale». Un obiettivo da centrare a livello sia tecnologico, che organizzativo. Se da un lato infatti è necessario dotarsi di tecnologie di ultima generazione in grado di analizzare le preferenze dei consumatori online e offline, di gestire i contenuti per poterli utilizzare su più fronti e infine di realizzare la vera e propria integrazione dei canali in un’ottica omnichannel, dall’altro è fondamentale per le aziende dotarsi di una figura responsabile del coordinamento di questa “rivoluzione”: il chief customer officer, una risorsa con skill ibride, in grado di far dialogare i vari reparti tra loro e che riporti direttamente al ceo. «Bisogna essere molto coerenti con il consumatore che si ha davanti - ribadisce Di Dio Roccazzella -. Benchmark in questo senso sono sicuramente Burberry, Louis Vuitton e Hermès, mentre in Italia si mettono in luce Moncler, Valentino e Diesel». Il mantra è mettere al centro il consumatore. «Per il nostro nuovo e-commerce abbiamo ridisegnato la user experience, partendo dall’analisi del comportamento dell’utente

sul sito - conferma Alessandro Milia di La Martina -. Abbiamo lavorato molto sull’immagine del prodotto (preferendo foto indossate e full screen) e sulle schede tecniche dei capi ma anche su un carrello semplice, veloce e funzionale, che con pochi passaggi permetta di completare l’acquisto, offrendo all’utente sia la possibilità di registrarsi e immettere i propri dati sia di non farlo: modalità entrambe valide per incentivare il consumatore. Tutto questo ci ha permesso di ottenere un conversion rate ben al di sopra della media del mondo del fashion». L’obiettivo di La Martina è offrire un servizio a 360 gradi, che permetta di rispondere a tutte le esigenze del consumatore. «Vogliamo che il nostro cliente possa ordinare online un capo e poi trovarlo, provarlo, pagarlo e ritirarlo in negozio. A tal fine abbiamo già integrato i nostri negozi di Milano e Londra come test e siamo già pronti a partire con la “messa in rete” dei circa 90 punti vendita La Martina nel mondo. L’obiettivo del 2017 è proprio questo, insieme a un altro next step: un sistema di marketing automation, che ci permetterà di avere un rapporto one to one con il cliente». La strategia customer-centric è un caposaldo anche per una realtà come Vibram, attiva sia nel b2c con i

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1. Un’immagine utilizzata per promuovere i Fivefingers di Vibram 2 . Lo store La Martina di Milano

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UNA RICERCA DI POLITECNICO E NETCOMM

IL VIAGGIO DEL CONSUMATORE ONLINE TRA LUSINGHE E INSIDIE 1

To generate traffic on e-commerce sites, investments are mainly focused online. The three stages of the buying process (product research, product presentation and shopping basket payment management) must be smooth, simple and enjoyable. Secondo una ricerca dell’Osservatorio eCommerce b2c del Politecnico e Netcomm, per generare traffico sui propri siti i merchant, in generale, hanno investito nel 2016 una quota media pari al 4% del fatturato online. Il canale preferito rimane Internet (76% dell’investimento complessivo). Negli ultimi anni però si è assistito a un maggior ricorso ai canali offline (che arrivano a pesare il 24%), tra cui anche la tv. Gli investimenti online restano focalizzati su soluzioni di search (44%) e display advertising (27%), principalmente nella componente banner e ancora poco in quella video. Seppur con un’incidenza ancora marginale (15% del budget in marketing e comunicazione), crescono con tassi interessanti gli investimenti sui social network, attrattivi per via dell’audience paragonabile a quella televisiva, ma raggiungibile con budget decisamente inferiori. Infine, è ancora alta, pari al 10%, la quota riservata all’e-mail marketing, un formato utilizzato prevalentemente per attività di retention e di loyalty, più che per l’acquisizione di nuovi clienti. Le e-mail di richiamo in caso di abbandono del carrello e quelle con sconti promozionali personalizzati sono tra le applicazioni più diffuse. Per quanto riguarda il customer journey online, si osserva che le fasi di ricerca e presentazione del prodotto sul sito registrano alti tassi di abbandono: il bounce rate medio (percentuale di visitatori unici che abbandonano la pagina pochi secondi dopo l’accesso al sito) è risultato del 40% e l’engaged customers rate (percentuale di visitatori unici che, dopo la navigazione del sito, lo abbandonano senza approdare alla fase di check-out) del 49%. Tuttavia, è la fase di check-out (gestione del carrello con pagamento) a essere la più critica: su 11 utenti su 100 che accedono al check-out, 10 abbandonano il carrello senza finalizzare l’acquisto. (e.a.) Fonte: Osservatorio eCommerce b2c del Politecnico e Netcomm

suoi prodotti finiti, come i Fivefingers, sia nel b2b con le sue famose suole, adottate dai top brand della calzatura. «La nostra forza è utilizzare i contenuti generati direttamente dai consumatori e integrarli nell’e-commerce - spiega Giuseppe Grandinetti -. Attraverso il sistema Olapic andiamo a recuperare tutto quanto è stato pubblicato sui social network con l’hashtag Vibram e lo usiamo per promuovere il nostro prodotto. Si tratta di un grande lavoro di coordinamento, che dà tuttavia buoni frutti in termini di conversion rate». Vibram è focalizzato sulle varie community che scelgono il brand e i suoi articoli: outdoor, watersports, running, training & fitness e casual. «Ogni community parla una lingua diversa e ama dialogare con chi parla la stessa lingua - precisa Grandinetti -. Per questo scegliamo dei brand ambassador, persone di riferimento per ogni settore, con le quali i consumatori possano confrontarsi sui prodotti». Ma Vibram, azienda italiana con sedi in tutto il mondo e un business particolarmente forte negli Usa (dove si è costruita un notevole know-how sul digital), non si ferma qui. «Stiamo sviluppando anche un’ottica c2b - rivela Grandinetti -. Dai social network arrivano infatti commenti e indicazioni sui prodotti. Noi li analizziamo per capire cosa vuole davvero il consumatore e come dovranno essere gli articoli del futuro. Si tratta di informazioni che condividiamo internamente con tutti i reparti aziendali e anche con i brand nostri clienti su specifici progetti». Un contributo per immaginare gli scenari del futuro in termini di utilizzo dei big data a fini commerciali viene da Maurizio Alberti di Mapp, realtà internazionale che offre una piattaforma per il digital marketing multicanale, che contempla l’utilizzo di e-mail, sms, social media e notifiche push verso le app. «Le informazioni che abbiamo sui clienti ci permettono di personalizzare i contenuti delle comunicazioni, di scegliere il canale e anche il momento più idoneo in cui inviarle - spiega -. La tecnologia offre opportunità incredibili per raggiungere il consumatore. Nel prossimo futuro, ad esempio, ci saranno da parte dei retailer sempre più azioni di geofencing: sarà possibile tramite le coordinate gps del telefonino capire quando un cliente è vicino a un punto vendita e inviargli proposte di promozioni e servizi a lui dedicati. Naturalmente diventa cruciale non eccedere, non essere troppo invasivi e interrogarsi su come queste comunicazioni vengano realmente recepite dal diretto interessato: un aspetto al momento ancora un po’ sottovalutato». ■

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DIGITAL EVOLUTION

RETAIL REAL ESTATE

LA TERZA RIVOLUZIONE DEI CENTRI COMMERCIALI Le novità in fatto di tecnologie, modelli economici e di consumo, multicanalità, sharing economy, start up e modalità di comunicazione sono le sfide con le quali devono confrontarsi i centri commerciali, nell’ottica di una sempre maggiore interazione tra reale e virtuale DI ELISABETTA CAMPANA

What’s new in terms of technology, economic and consumption patterns, multi-channel, sharing economy, start-up and communication strategies are the current challenges of shopping centers, in relation to the increasing and inevitable interaction between real and virtual.

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li shopping center stanno vivendo una terza rivoluzione. Una nuova fase nella quale il consumatore assume un’importanza sempre più cruciale e le tecnologie digitali permettono di interpretare e soddisfare al meglio le sue esigenze, obbligandoci ad abbandonare definitivamente un approccio mass market». Con queste parole Massimo Moretti, presidente del Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali (Cncc) e head of retail di Beni Stabili ha aperto il convegno “The Future Mall”, svoltosi in ottobre a Milano. Dopo aver precisato che la prima rivoluzione del comparto è stata la nascita degli shopping center e la seconda l’affermazione del format “regional” come destination fine a se stessa, Moretti ha aggiunto: «In un periodo di forti cambiamenti, il centro commerciale deve diventare un elaboratore di contenuti, grazie ai quali la gente decide di investire qui il proprio tempo. Non dovremo più misurare il successo in termini di fatturati, ma di contatti e qualità dell’offerta a 360 gradi. Con l’obiettivo di coinvolgere ed emozionare i quattro-sei milioni di persone che ogni giorno, in Italia, entrano nelle nostre strutture». «In quest’ottica - ha sottolineato il presidente di Cncc - è indispensabile dialogare di più anche con i retailer, che di fatto sono i nostri primi interlocutori e definire con loro le nuove strategie pure per quanto

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1. Elnòs Shopping, il mall recentemente inaugurato a Roncadelle (Bs) da Ikea 2. Una veduta di Scalo Milano a Locate di Triulzi, alle porte di Milano 3. Un’immagine dell’iniziativa di social-marketing di La Corte Lombarda a Bellinzago (Mi)

riguarda l’e-commerce che certo non deve essere considerato una minaccia, bensì un’opportunità». «Oggi le nuove tecnologie - ha ribadito Ermanno Canali, alla guida di Canali & C. e presidente Commissione Marketing 2.0 di Cncc - stanno radicalmente cambiando la nostra vita: da come ci relazioniamo con gli altri all’economia, fino ai consumi. Checché se ne dica, si sa decisamente poco del consumatore e senza comprenderlo veramente è difficile poterlo

coinvolgere». «Il digitale viene in aiuto innanzitutto sul fronte della comunicazione, rivoluzionando le attività di marketing - ha precisato Canali -. Per esempio, per festeggiare il compleanno di un centro commerciale è possibile invitare i visitatori a postare su Facebook un messaggio di auguri per poi “sorteggiarne” alcuni e premiare gli autori con ciò che in quel momento desiderano di più, grazie alle informazioni reperite velocemente sui social network».

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IL RETAIL AL TEMPO 
 DEL DEEP LEARNING A delineare le nuove frontiere del retail contribuisce il deep learning, ovvero il campo di ricerca dell’apprendimento automatico e dell’intelligenza artificiale. «Attualmente nei centri commerciali - ha spiegato Giacomo Barigazzi della start up DmDigital - l’apprendimento approfondito può essere utilizzato per prevedere i flussi delle persone, i tempi di attesa alle casse e la gestione del customer care, così come può risultare utile a livello di logistica, oppure sul fronte ecommerce per individuare i comportamenti degli utenti e i pattern di navigazione». In un prossimo futuro invece il deep learning sarà d’aiuto in termini di shop location, grazie all’identificazione delle correlazione tra ne-

SCALO MILANO

IL NUOVO CITY STYLE DISTRICT, UN FORMAT DA ESPORTARE A few stops from downtown, Scalo Milano is a new “city style” district in Milan, a place combining design, fashion, fine food and a bit of art in 130 stores. Annunciato da un battage pubblicitario sia sui social, sia offline, Scalo Milano ha aperto i battenti a Locate di Triulzi, nei pressi di Milano, a fine ottobre. Nell’inedito “city style” district di 30mila metri quadri, con 130 negozi all’insegna di design, food e fashion, l’offerta è full price, tranne che nella moda, dove è possibile trovare proposte scontate. Nel 2017 sono attesi 8 milioni di visitatori. «È un sogno che finalmente si realizza» commenta Carlo Maffioli, presidente di Promos, artefice del progetto insieme a Lonati Group. «Abbiamo voluto coniugare le caratteristiche del capoluogo lombardo - prosegue Maffioli - per dar vita a una nuova destination in grado di trasmettere emozioni, non solo dal punto di vista commerciale, ma anche architettonico. Tale da diventare un vero e proprio “luogo”, un quartiere, che fidelizzi i milanesi, ma anche i lombardi e attragga i turisti. Qui tutti potranno trovare

l’eccellenza». Alla fase uno seguiranno ulteriori metri quadri dedicati al fashion e al design, «che porteranno la superficie commerciale a 43mila metri quadri entro fine 2017. A seguire estenderemo la struttura a 60mila metri quadri» spiega Filippo Maffioli, a.d. di Promos. L’investimento del complesso supera i 200 milioni di euro: « Crediamo che Scalo rivoluzionerà il panorama italiano dell’immobiliare commerciale - dice Ettore Lonati, presidente di Lonati Group - e stiamo valutando la possibilità di esportare questo format. Magari in Cina dove siamo già presenti con due stabilimenti». (e.c.) Martina Colombari posta su Instagram l’opening di Scalo Milano

gozi e clienti e al pronostico delle vendite, ma anche in tema di shopping list, consentendo un’analisi dei consumi e, di conseguenza, un‘offerta personalizzata. «Guiderà anche le consegne automatizzate - ha concluso Barigazzi - permettendo così alla gente di sfruttare al meglio il proprio tempo all’interno dei mall». Fermo restando che se si considera la rivoluzione creata dai social network, «chi acquista non diventerà fidelizzato a un brand, ma sarà un suo follower - ha commentato Michele Vianello, esperto di innovazione e smart city -. Non sarà importante il luogo (fisico o virtuale) in cui verrà fatto shopping. Ciò che conterà sarà avere nel consumatore un fedele seguace, innamorato di quel marchio e della filosofia che sarà in grado di comunicare. In questo scenario, lo store fisico assumerà il ruolo di centro emozionale, in cui (ri)trovarsi per fare esperienza reale di questa filosofia». IL SETTORE È IN RIPRESA ANCHE IN SUD ITALIA Mentre i centri commerciali si confrontano con le implicazioni della rivoluzione digitale, il settore in Italia - con 975 shopping center (compresi i retail park e gli outlet center), pari a una superficie lorda affittabile (gla) di 15,9 milioni di metri quadri - dà chiari segnali di ripresa dopo un periodo di rallentamento. «Quest’anno con le aperture de Il Centro ad Arese (Mi), Elnòs Shopping (Ikea) a Roncadelle (Bs) e Scalo Milano a Locate di Triulzi, nei pressi di Milano (vedi box) sono già stati inaugurati nel nostro Paese oltre 500mila metri quadri di gla e altrettanti sono in costruzione nei prossimi due o tre anni», ha spiegato Massimo Moretti. Atteso prima di Natale anche il debutto di GrandApulia a Foggia, a opera di Svicom, di oltre 40mila metri quadri di gla, con più di 100 negozi. Proprio sul Sud e sul Centro Italia Moretti ha posto l’accento, sottolineando che il nuovo slancio del comparto riguarda tutta l’Italia. Certo, Milano continua a fare la parte del leone: entro fine 2017 Sonae Sierra ha confermato l’apertura del CityLife Shopping District, che con i suoi 32mila metri quadri di superficie lorda affittabile (gla), pari a un centinaio di store, si candida a essere a essere il più grande centro commerciale urbano d’Italia. Grande attesa infine per Westfield Milan, il cui opening sarebbe fissato - il condizionale è d’obbligo - per il Natale 2019: il nuovo concept mixerà fashion, lusso, design, food, eventi, intrattenimento e l’ormai imprescindibile digital experience. ■

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DIGITAL EVOLUTION

DAGLI E-SHOP DEI NEGOZI A FARFETCH

IL WEB-À-PORTER È SEMPRE PIÙ MULTIBRAND

Abituati a fare ricerca, i multimarca italiani sfruttano questo asset anche nell’e-commerce. Da un lato le nuove iniziative individuali, come i debutti di Sugar.it e Latendamilano.com. Dall’altro il marketplace Farfetch, che però di recente ha tolto visibilità diretta ai negozianti. Giorgio Belloli spiega perché. E Mario Dell’Oglio commenta DI ELISABETTA CAMPANA

In a market that is increasingly marked by the interaction between real and virtual, the Italian multi-brand seize the e-commerce opportunity. On one hand the new companies’ websites, such as Sugar.it and Latendamilano.com, on the other hand the Farfetch marketplace, that recently has removed direct visibility to multi-brand shops. Giorgio Belloli explains why. And Mario Dell’Oglio says his opinion.

La sezione “No Sugar, Please”, all’interno del nuovo sito Sugar.it

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el business dei personal luxury good, pari a 249 miliardi di euro nel 2016, l’ecommerce continua a crescere meglio di tutti i canali, al punto da essere diventato il terzo più grande mercato dopo Usa e Giappone, con una penetrazione del 7%. Lo ha sottolineato Claudia D’Arpizio di Bain&Co, presentando il “Worldwide Market Monitor” all’Osservatorio Altagamma di metà ottobre a Milano. Un’attività che vede sempre più coinvolti anche i multimarca italiani. Dagli antesignani come Luisaviaroma.com, Giglio.com, Antonioli.eu e Massaboutique.com a Stefaniamode.com, online da oltre un anno, ai recenti debutti di Sugar.it e Latendamilano.com, fino al prossimo sbarco sul web di Folli Follie, non mancano esempi dell’intraprendenza dei negozianti della Penisola. Un impegno però da

non sottovalutare. «Senza dubbio oggi creare un sito e-commerce è relativamente semplice, più difficile è farlo decollare - avverte Mario Dell’Oglio, presidente di Camera Buyer e titolare di Dell’Oglio a Palermo -. Lo sforzo è pari all’avviamento di un negozio fisico, in una piazza in cui ci sono moltissimi competitor». Perché se è vero che la rete apre le porte alla clientela di tutto il mondo, è altrettanto innegabile che la concorrenza aumenta in modo esponenziale. «La domanda principale da porsi prima di imbarcarsi in questa avventura è: come poter acquisire i clienti?» dice Dell’Oglio. Bisogna pertanto non solo avere le spalle robuste finanziariamente, anche per garantirsi la migliore indicizzazione nei motori di ricerca, ma soprattutto ideare soluzioni inedite per distinguersi nel mare magnum dell’offerta.

ANCHE NELL’E-SHOP LA FORTE IDENTITÀ FA LA DIFFERENZA «Adesso più che mai fa la differenza essere unici, speciali, andare oltre gli schemi prestabiliti e se questo è vero per il negozio fisico, lo è ancora di più per il web» premette Beppe Angiolini, titolare di Sugar ad Arezzo e presidente onorario di Camera Buyer. Il nuovo e-shop creato dal negoziante toscano con la collaborazione di un gruppo di artisti del digitale, è strutturato in “individual product room”, stanze tematiche, e spazi dedicati ai brand internazionali più popolari. Il tutto intervallato da sezioni “extra” alla voce “No Sugar, Please” come la vintage room (#sugarvintage), un focus sulle tendenze (#sugarmood) e alcune testimonianze creative (#heysugar). In arrivo anche una finestra dedicata ai giovani designer, una specia16_11_2016

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1. La pagina dedicata ai capispalla all’interno del nuovo sito Latendamilano.com, di recente inaugurato dal multimarca La Tenda di Milano 2. Un’immagine della piattaforma inglese Farfetch.com, che a tutt’oggi rappresenta il primo marketplace per i multimarca del lusso, attualmente oltre 460 1

le library, un record store e uno spazio “Social Club”, per ospitare meeting ed eventi privati. «Nella fase di ideazione ho cercato di “vedermi” dentro il sito - spiega Angiolini - per far sì che rispecchiasse la mia storia, il mio modo di vivere e interpretare la moda, riuscendo a emozionare, coinvolgere e, ovviamente, anche a vendere». «Fermo restando che il punto vendita fisico rimane e rimarrà imprescindibile BISOGNA ESSERE - aggiunge il top UNICI, SPECIALI, ANDARE buyer toscano -. OLTRE GLI SCHEMI Ne sono talmenPRESTABILITI E SE QUESTO te convinto che il prossimo giugno È VERO PER IL NEGOZIO inaugurerò, semFISICO, LO È ANCORA pre ad Arezzo, DI PIÙ PER IL WEB un multibrand di Beppe Angiolini Sugar e Sugar.it circa 1.500 metri quadri. Sarà giocato su una particolare visione di negozio-contenitore libero, aperto, senza barriere, un po’ come nel mondo virtuale, dove le persone potranno sentirsi a casa e decidere di venire anche solo per passare piacevolmente un po’ del loro tempo». Da poco sul web con l’e-commerce anche La Tenda di Milano, che scommette sul concetto di “experience fashion and art”: insieme alle proposte dell’insegna e ad alcuni suggerimenti sugli highlight stagionali, il sito offre una visione a 360 gradi delle attività svolte dal gruppo, compresi eventi e showcase. Network di boutique a Mantova, Brescia, Bologna, Riccione e Verona che fanno capo a Giuseppe Galli, Folli Follie prima di debutta-

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agli oltre 460 punti vendita del network abbia creato dissapori. Soprattutto tra gli italiani, oltre un centinaio, che da soli garantirebbero più della metà del fatturato della piattaforma. «Le boutique sono alla base del nostro business e lo saranno sempre - rassicura Giorgio Belloli, chief commercial officer di Farfetch -. La lista dei multibrand è consultabile sul sito (in fondo alla homepage nella sezione “about Farfetch” all’interno di Farfetch Partners, ndr) e a loro continuiamo a dedicare alcuni contenuti editoriali». «Abbiamo eliminato il link tra il prodotto e il negozio d’origine sulla base delle nostre analisi e dei feedback dei clienti - precisa Belloli -. Il tutto per favorire un aumento di conversione nel processo di check out: meno passaggi ci sono, più si riduce anche LE RAGIONI DELLA il bounce rate (la percentuale di abbandono SCELTA DI FARFETCH della pagina web solo dopo pochi secondi di Tra le alternative alle iniziative delle singole visualizzazione, ndr)». «Le boutique - puntuainsegne, la principale è Farfetch.com. La piatlizza il braccio destro di Neves - comunicano taforma lanciata nel 2008 da José Neves ha fatcon il cliente finale tramite i loro prodotti e i to proprio della collaborazione con i top mulpackaging personalizzati, pertibrand il suo elemento fondante. tanto Farfetch rimane a tutti gli Se da un lato il giro d’affari del effetti un’ottima opportunità sia marketplace è cresciuto in questi commerciale, sia di marketing». otto anni in modo esponenziale Belloli affronta un’altra nota do(si stima chiuderà il 2016 a quota lente per i negozianti: la vendita 800 milioni di dollari), dall’altro diretta dei brand sul marketplace. i partner-negozianti hanno bene«La strategia di aprire la piattaforficiato di questo sbocco online ma a stilisti e aziende è complenon solo economicamente ma mentare al business e nasce dalla anche in termini di immagine, volontà di aggiungere all’offerta OGGI CREARE seppur pagando per i servizi marchi o prodotti che il wholesale UN SITO E-COMMERCE offerti circa il 30% del prezzo non acquista o compra in quantidi vendita di ogni singolo capo. È RELATIVAMENTE tà limitata - racconta il manager Non può pertanto stupire che la SEMPLICE, PIÙ -. Pure questa scelta è rivolta a decisione presa a fine settembre DIFFICILE È FARLO ottimizzare la conversione, che è dalla piattaforma inglese - inDECOLLARE fondamentale per la crescita del tenzionata a quotarsi in Borsa Mario Dell’Oglio, business di Farfetch e dei nostri Camera Buyer - di togliere la visibilità diretta re sul web ha affidato all’agenzia creativa The Big Now la definizione di una nuova brand identity a partire dall’ideazione del naming e del logo “Thedoublef”. «Un nome - racconta Massimiliano Chiesa, co-founder e chief of creative di The Big Now - che nasce come un alter ego online delle boutique, con l’obiettivo di rispettarne i valori e al contempo decodificarli, secondo un nuovo registro digitale». Thedoublef diventerà nei prossimi mesi un progetto internazionale: «All’inizio del 2017 sarà online un sito e-commerce, che integrerà le dinamiche push-to-buy con una linea editoriale contemporanea nello stile Folli Follie» conferma Chiesa.

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partner». «D’altra parte i marketplace - interviene Mario Dell’Oglio - grazie all’aggregazione degli assortimenti in un unico cataLE BOUTIQUE logo hanno più SONO ALLA BASE DEL forza e massa criNOSTRO BUSINESS E tica, sia per sodLO SARANNO SEMPRE. disfare il cliente, ABBIAMO ELIMINATO IL sia per sostenere LINK TRA IL PRODOTTO gli elevatissimi E IL NEGOZIO D’ORIGINE costi necessari a PER FAVORIRE competere, a parUN AUMENTO DI tire da quelli per CONVERSIONE garantirsi un’ottiNEL PROCESSO ma indicizzazione DI CHECK OUT in rete in tutto il Giorgio Belloli mondo». «Fatta Farfetch.com questa premessa - dice Dell’Oglio - Farfetch, che è stato pioniere, ha rappresentato a oggi per le nostre boutique la più grande opportunità di crescita che negli ultimi otto anni il settore abbia offerto». «La piattaforma di Neves - puntualizza il presidente di Camera Buyer - sta conquistando una posizione di leadership nel mercato mondiale della moda, tale che presto nessuno dei grandi marchi potrà farne a meno: chiunque vorrà vendere online dovrà considerare di avere la piattaforma inglese come partner o competitor». «Pertanto - chiosa Dell’Oglio - le boutique che molto hanno investito in questa collaborazione, alla luce dei cambiamenti in atto, devono semplicemente chiedersi: in futuro i risultati di vendita con Farfetch, a parità di impegno, saranno uguali, inferiori o destinati a crescere?». ■

NEGOZIO FISICO E ONLINE, «PRESTO SOLO UNA DISTINZIONE ACCADEMICA» German fashion e-tailer Zalando has offered small local retailers the opportunity to sell their products through its fashion platform, as part of its integrated commerce approach. Zalando investe sull’integrated commerce, alleandosi con i piccoli retaler locali. Attraverso uno specifico tool di gestione degli ordinativi (Gax-System) i negozianti ricevono la notifica di alcuni ordini effettuati sulla piattaforma tedesca del fashion e-commerce, quindi possono verificare la disponibilità del prodotto e decidere, entro quattro ore, se evadere o meno la richiesta. Il progetto è partito in settembre con il coinvolgimento di due negozi, Tip Tap Kinderschuhe (a Weilheim, in Baviera) e Schuhhaus Fischer (a Esslingen, vicino a Stoccarda). Attualmente sono saliti a 10, ma altri sono in lista per entrare nel network. «L’idea - spiega Giuseppe Tamola, country manager per Italia, Spagna e Polonia - è estendere la rete il prima possibile. Italia compresa, che risulta il mercato più offline, anche rispetto alla Polonia, e quindi dal forte potenziale di sviluppo». Zalando offre la formula del revenue sharing. Il negoziante ci guadagna in termini di visibilità, perché l’acquirente sa che un capo arriva da un dato store, ma per quanto riguarda la visibilità o meno sulla piattaforma online, al momento non è stata ancora elaborata una strategia precisa su scala paneuropea. «Si valuteranno le esigenze dei singoli mercati, caso per caso - dice Tamola -. Crediamo molto in questa iniziativa: tra pochi anni la differenza tra canali fisici e online sarà solo una definizione accademica». Il manager Zalando parla basandosi anche su alcuni dati emersi da un focus group interno, avviato fra i teenager, per capire il consumatore di domani. Ecco il suo profilo: sarà meno dogmatico nel decidere su quale canale acquistare l’oggetto dei suoi desideri e poco fedele al marchio. Acquisterà non tanto per evidenziare uno status, quanto per i fattori intrinseci al prodotto e avrà un’alta considerazione di sé. Viziato, abituato al mondo che gravita intorno a lui, imporrà ai retailer un cambio di strategia. «Monomarca e multimarca - prospetta Tamola dovranno affrontare nuove sfide nell’ottica di una maggiore personalizzazione dell’esperienza d’acquisto». L’alleanza di Zalando con i piccoli negozianti non è la sola operazione del gruppo che segue la logica dell’integrazione e della cooperazione. In giugno è stato siglato un accordo con adidas, che così è diventato il primo brand internazionale partner della piattaforma Zalando a mettere a disposizione il proprio assortimento anche in negozi fisici. Lo step iniziale di questa intesa prevede che con l’app di Zalando ZipCart un consumatore di Berlino possa acquistare un prodotto del brand del Trifoglio scegliendo fra tre opzioni di consegna “in giornata”: gestita direttamente dall’e-tailer oppure dal flagship store adidas in Tauentzienstraße o anche dall’activewear shop berlinese Bodycheck. «I nostri consumatori - ha spiegato Harm Ohlmeyer, manager adidas per il digital brand commerce - desiderano l’ultimo, il più nuovo dei nostri prodotti e lo vogliono subito: consegnarlo direttamente da uno store adidas va incontro a questa necessità. Dopo Berlino, non vediamo l’ora di estendere l’iniziativa ad altre aree del nostro business». (e.f.)

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COME E-COMMERCE E SOCIAL CAMBIANO IL MESTIERE DELLO STILISTA

DIGITAL FRIENDLY MA ANCHE NO Fino a pochi anni fa era considerato un mestiere “genio e creatività”. Ma è un film del passato. Oggi l’avvento dell’e-commerce e dei social media ha cambiato la professionalità degli stilisti e condizionato persino la fantasia. Più del design del prodotto, paga la “customer experience”. E per far breccia su dekstop e smartphone si devono seguire nuove regole, puntando su capi “stand alone” e fotogenici. Tra color block, ricami e pellicce. Until a few years ago the designer’s job was “genius and creativity.” But times have changed. Today, the advent of e-commerce and social media has modified the designers’ skills and also conditioned their imagination, with the design influenced by the custumer experience mantra. Stand alone and photogenic items, between color block, embroidery and furs, are made to find a way into the consumer’s heart.

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l modo migliore per capire la profondità del cambiamento in atto nel retail - con l’esperienza d’acquisto sempre più legata all’e-commerce, non solo come terminale di vendita ma anche come strumento di ispirazione sugli acquisti - è rivolgersi a chi questa rivoluzione la sta vivendo (a volte suo malgrado) da protagonista, gli stilisti. «Sta cambiando tutto» è lo slogan più ricorrente tra i direttori creativi e i team degli uffici stile di maison e di marchi affermati. «Si è tolto dal piedistallo il lato design del prodotto - rincarano la dose per sostituirlo con il “servizio”, ovvero la “customer experience”. Al designer di oggi servono quindi mobilità e qualifiche più trasversali, ma il rischio è che passi in secondo piano la creatività, che un tempo era l’unico, o quasi, requisito richiesto a questa figura professionale. «Oggi sul mercato va forte tutto ciò che è iconografico e che non necessita di grandi spiegazioni» sintetizzano gli addetti i lavori, a cui è ormai chiaro come oggi sia impossibile iniziare a lavorare su un progetto senza tenere in considerazione il contesto sempre più digitale e collegato ai social media. «La nuova mission per molti marchi è rendere una collezione il più Instagram friendly possi-

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LE REGOLE D’ORO PER VENDERE SU INTERNET E BUCARE SU INSTAGRAM

Versace

Philipp Plein

Saint Laurent

Gucci

Dolce&Gabbana

Color block

Finish metallizzati e ricami

I capi iconografici

Pelliccia

Rosa

@ Imaxtree.com

DI ANDREA BIGOZZI

bile - fa il punto Massimo Nicosia, direttore creativo uomo di Pringle of Scotland -. Quando uno stilista concepisce un capo deve sempre interrogarsi per prima cosa su quale resa avrà sul desktop o sullo schermo retroilluminato di uno smartphone. È così che si spiega da qualche stagione l’abbondante utilizzo di ricami e color block: perché sono più fotogenici». All’inizio gli stilisti consideravano l’e-commerce un canale d’appoggio al retail tradizionale e Instagram un social come gli altri, ma hanno rapidamente capito che, data la loro centralità nella vendita e nella promozione dei prodotti, devono essere tenuti in considerazione anche nel momento in cui una collezione viene creata. «L’e-commerce - fa notare lo stilista Lucio Vanotti - ha aumentato l’offerta, creando un negozio infinito e sempre accessibile. Per questo sempre più spesso si è costretti a realizzare un gran numero di capi che, seguendo le nuove logiche, devono venire non solo concepiti all’interno di un outfit completo, ma essere in grado di poter parlare anche da soli con il cliente». Insomma, nonostante gli indubbi vantaggi di un canale di vendita che specie ai marchi nuovi offre un maggior numero di occasioni per farsi

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non essere contemplata nel fashion system 4.0. «Di questi tempi si fa confusione tra stylist e stilista, blogger e critico di moda. Occorre professionalità», ha sentenziato l’ex direttore creativo di Salvatore Ferragamo. «Bisogna ritornare a certe regole - ha esortato - e fuggire dalla fretta e dal troppo facile business». Ma ignorare Internet e i social media è comunque improduttivo anche per gli stilisti. Oggi, sia per chi lavora a un proprio progetto sia per chi fa parte dei team di un marchio, la vera sfida è avere una certa autorità non solo in campo di stile, ma anche negli ambienti legati alle nuove tecnologie. Avanza la figura del

LA NUOVA MISSION PER MOLTI MARCHI È RENDERE UNA COLLEZIONE IL PIÙ INSTAGRAM FRIENDLY POSSIBILE Massimo Nicosia

UN DESIGNER NON PUÒ TRALASCIARE IL FATTORE PREZZO: IN RETE IL CONSUMATORE CERCA L’AFFARE

Riccardo Polidoro

PER ESSERE VENDUTI ONLINE I CAPI DEVONO POTER PARLARE DA SOLI AL CLIENTE

Lucio Vanotti

scoprire su diversi mercati, l’e-commerce (e di pari passo la comunicazione di prodotto incentrata sui social network, che privilegia lo styling al design) rischia di mettere a dura prova la creatività di stilisti, direttori creativi e uffici stile, più che incentivarla e stimolarla. Sembra pensarla così anche un nome molto noto nel settore come Massimiliano Giornetti, che in occasione di una recente lezione davanti agli studenti del Polimoda ha puntato l’attenzione sulla necessità dei designer di avere il tempo per creare. Esigenza che sembra

FARE CAPI CHE BUCHINO LO SCHERMO È LA SPECIALITÀ DEI NUOVI DESIGNER. IL RISCHIO ORA È CHE CI SIANO TROPPE COSE E MOLTO SIMILI

Diego Marquez e Mirko Fontana

«digital designer», evoluzione dell’odierno designer. Tra le sue prerogative non c’è solo quella di disegnare capi Instagram friendly, ma anche una certa esperienza di tecniche 3D e una forte predisposizione all’innovazione. «La rete ha creato un pubblico nuovo, con un gusto diverso dal passato - evidenziano Mirko Fontana e Diego Marquez, designer di Au Jour le

Jour - spianando la strada a marchi come i nostri, che evidentemente nascono molto “fotogenici”. Per noi non si è trattato di una strategia ma di una scelta naturale, forse perché non abbiamo una formazione da designer e il nostro approccio alla moda è molto istintivo. Realizzare capi che “buchino” uno schermo è la specialità delle nuove generazioni, ma è obbligatorio anche cercare nuovi equilibri: perché ormai in tanti dicono che ci sono troppe cose e tutte troppo simili. Non può essere il numero di like a governare la creatività». Il tema del digital anche per uno stilista - affermato o in ascesa che sia - va capito e dominato. Sul fronte della creatività, esiste già un decalogo su cosa “fa centro” quando si tratta di promuoversi attraverso e-commerce e Instagram. La regola generale è che vince tutto ciò che è iconografico. «Poi ovviamente funzionano i capi ben lavorati con ricami oppure i patchwork di colori forti e materiali diversi, grazie all’ottima resa su computer o smartphone sono utilizzatissimi - fa il punto Riccardo Polidoro, che nel suo lavoro di consulente per diverse maison deve confrontarsi sempre più spesso con questo genere di scelte creative -. Ognuno poi deve compiere le sue scelte tenendo sempre in considerazione il prezzo: quando il consumatore compra un capo online che sia di fascia alta o medio/alta deve sempre pensare di fare un buon affare». «Anche la pelliccia assicura un grande effetto sul telefonino - gli fanno eco Fontana e Marquez - così come tutti i materiali tridimensionali». «Sul fronte dei colori - proseguono - il rosa e il carne sono stati riportati in auge dalla svolta digitale, che invece ha fatto sparire o quasi il mastice, il petrolio e il bordeaux, molto meno fotogenici». Ma al di là delle regole d’oro per avere successo nel “new fashion”, quando si tratta di impugnare la matita il designer non deve dimenticare il quadro completo delle opportunità di mercato. «È fondamentale scommettere sul nuovo - conclude Vanotti - però attenzione a non sottovalutare i canali tradizionali, perché la crescita non arriverà soltanto da quelli innovativi. Così come gli acquisti non saranno solo d’impulso e condizionati da un influencer. Io scommetto sulla fidelizzazione del cliente in base al prodotto offerto. Alla fine la moda non è intrattenimento». ■

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La modellaballerina Margaret Qualley, figlia di Andie MacDowell, protagonista del video girato da Spike Jonze per il lancio del profumo Kenzo World

CUSTOMER ENGAGEMENT

È IL VIDEO LA KILLER APPLICATION DELLA RETE Customer experience fa rima con customer engagement e con la capacità di bucare il web attraverso forme avvincenti di advertising che, mentre promuovono, intrattengono il consumatore e lo motivano all’acquisto. In primis il video, che nel 2016 ha segnato un’impennata, soprattutto grazie ai social network e alla fruizione da mobile DI ANGELA TOVAZZI

Video is the “killer application” of Internet. According to IAB Italy, in 2016 this segment is expected to grow by 30%: an increase driven by social networks and the progressive shift of the audience to mobile devices.

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hi non ha visto lo spot di Kenzo World, con una Margaret Qualley che si agita in una danza folle e sincopata, quasi fosse posseduta? Il video dedicato alla fragranza (che arriverà in Italia solo nel 2017) è stato testimone di una vera e propria esplosione virale, perché in 3 minuti e 48 secondi il regista Spike Jonze (autore di film come Essere John Malkovich e videoclip di culto) ha ribaltato i canoni classici della comunicazione evocativa tipica dei profumi, lanciando un messaggio provocatorio, catarti-

co, travolgente. Un esempio ad alto tasso di innovazione che, c’è da aspettarselo, aprirà la strada a nuovi epigoni e che ben dimostra l’efficacia di un mezzo, quello del video advertising, che sta conoscendo un boom, anche in ambito moda. In occasione dello “Iab Seminar Video Advertising” di ottobre Carlo Noseda, presidente di Iab Italia, ha informato che «il video advertising, che nel 2015 valeva 364 milioni di euro e il 21% di peso sul totale investimenti, con un incremento del 25% rispetto all’anno precedente,

chiuderà quest’anno con una crescita ancora più incisiva, che potrebbe superare il 30% e che rappresenterà un quarto del totale advertising online». Uno sviluppo sostenuto dal progressivo ampliamento della digital audience, in particolare sui mobile device, che segnano rispettivamente un +9,1% in due anni e un +24%. Basti pensare che la fruizione di contenuti avviene per il 77% da mobile (+24,5% rispetto allo scorso anno) e per il restante 23% da pc e desktop. Numeri che testimoniano un’evoluzione non solo

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gram. «Gli spot confezionati ad hoc per i social - spiega Giuseppe Azzone, partner e client director della casa di produzione Miyagi di Milano, che ha collaborato anche con Etro e Paula Cademartori - hanno soprattutto due vantaggi: una realizzazione più semplice e budget più contenuti rispetto alla pubblicità televisiva», oltre al valore aggiunto di attagliarsi al profilo dell’interlocutore, in maniera incisiva e mirata, senza sprechi e dispersioni. L’importante è però che il contenuto sia impattante e riesca a ingaggiare il cybernauta. «Non c’è una formula prestabilita per realizzare prodotti vincenti - osserva Jarvis Macchi, head of digital di Pinko -. Lo dimostra un video di successo come A Therapy di Prada, che è lungo, lento, eppure colpisce». «Fondamentale - puntualizza - è però conoscere bene il proprio pubblico ed essere in linea con il posizionamento di marca. Target, audience e brand: questo il “trittico” da cui partire e a cui tener fede. Il mantra è fare “data storytelling”».

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nelle abitudini degli internauti, multiscreen eppure sempre più cellulare-dipendenti, ma anche delle modalità di narrazione scelte dall’industria per stabilire una connessione emotiva con il consumatore: «Il video presenta un’opportunità unica per lo storytelling e il branding - osserva Véronique Franzen, programmatic marketing manager di Luisaviaroma.com -. Nessun altro formato permette a un marchio di conquistare il pubblico in così poco tempo e nell’era del digital è davvero alla portata di tutti». Sottraendo una significativa fetta di investimenti agli spot sul piccolo schermo, come emerge da fonti Iab Europe, secondo cui nel 2015 il mercato digitale in Europa ha per la prima volta battuto il mercato Tv. «Rispetto alla televisione - evidenzia Franzen - il video in ambito digital consente una maggiore personalizzazione dei contenuti, che vengono creati ad hoc per il target di spettatori che il brand vuole raggiungere, assicurandosi di essere rilevante e comunicare il messaggio giusto nel momento giusto all’utente giusto, con un maggiore controllo sul ritorno dell’investimento». Un discorso che vale soprattutto per i social video, perché è vero che Youtube resta la piattaforma privilegiata per il videosharing, ma il consumo di “corti” online è in ascesa proprio sui social network, a partire da Facebook e Insta-

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1. Jared Leto con Julia Håfström e Vera Van Erp nel video per il profumo Gucci Guilty 2. La campagna di Benetton “Clothes for humans”, che raccoglie anche una serie di video distribuiti sui canali digitali 3. Il corto natalizio “The tale of Thomas Burberry”, girato per Burberry da Asif Kapadia

VIDEO ADVERTISING: ISTRUZIONI PER L’USO Al di là di questa regola aurea, è comunque possibile individuare un vademecum di massima affinché i video pubblicitari riescano a colpire nel segno. In primis il formato: «Bisogna pensare a quale mezzo le persone usano per vedere un video - sottolinea Alessandro Pacetti, digital pr manager di Hogan - e, considerato lo spostamento dell’audience verso i dispositivi mobile, è necessario che i video siano pensati e prodotti per una fruizione da uno schermo piccolo, come quello di un telefono e che già dalla partenza presentino un messaggio efficace, anche in versione senza audio». Aggiunge Giuseppe Azzone: «L’inizio è determinante, perché l’immagine deve essere talmente autoesplicativa da riuscire a spingere l’utente a uscire dalla modalità “mute” e proseguire a guardare». Senza dimenticare che la durata media di un video è consigliabile non sia «oltre i 90 secondi». L’esperto di Miyagi vede interessanti opportunità espressive anche nell’ultima funzione di Instagram, apparsa in Italia in agosto, Instagram Stories, attraverso cui è possibile creare video a tempo, che restano disponibili per 24 ore, come già accade per Snapchat. Un’altra opzione di relazione con i follower e di epifania per i brand, soprattutto della moda, a patto che ne imparino presto la lingua. ■

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CEO ROUNDTABLE

SCENARI

LA RIVOLUZIONE DIVENTA LA REGOLA A un anno di distanza dalla prima Ceo Roundtable su moda e digitale organizzata dalla nostra testata a Milano, una nuova tornata di panel di discussione e testimonianze di keynote speaker ha fatto il punto su una rivoluzione che ormai è diventata il pane quotidiano delle aziende e dei consumatori, anche se c’è ancora molto da esplorare e sperimentare DI ANGELA TOVAZZI

One year after the first Ceo Roundtable about fashion and digital, our magazine organized at the Four Seasons hotel in Milan the “second round” of roundtables and keynote speeches on the present “revolution”. Now that digital has finally entered our lives and our working ways, much has still to be learnt and experimented. And only those who can evolve with caution - but also with determination, flexibility and knowledge - can really stay relevant in the global scenery.

KEYNOTE SPEAKERS

Foto Federica Santeusanio

Marc Sondermann Editor-in-Chief e CEO Fashion

Giulio Finzi Segretario Generale Netcomm

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i continua a parlare di “digital revolution”, un argomento al centro della nuova edizione della nostra Ceo Roundtable, organizzata il 9 novembre al Four Seasons di Milano per creare un punto d’incontro tra gli addetti ai lavori della moda e quelli dell’online, confrontando opinioni, condividendo riflessioni e delineando strategie per cavalcare l’onda di un cambiamento epocale. Cambiamento che, pur continuando a essere “disruptive”, è diventato parte integrante delle vite e del lavoro di ognuno, al punto che si può parlare

di una rivoluzione che si fa sistema. Marc Sondermann, direttore e ceo di Fashion, ha ribadito come «tutti noi stiamo vivendo una fase di mutamenti forti e di grande “fluidità”, come testimonia il risultato elettorale in America, dall’enorme portata geo-politica. Bisogna comunicare con modalità nuove, fresche, coinvolgenti». «L’anno scorso, con la prima Ceo Roundtable - ha proseguito - abbiamo discusso sul modo di vendere e sfondare nell’ecommerce. Ora il digital è una realtà acquisita». Le opportunità sono enormi, «ma bisogna

muoversi con cautela e decisione». Il contesto digital, anche per l’Italia, è favorevole: «Il nostro Paese sta colmando il gap con le altre nazioni europee nella propensione all’acquisto in Rete - ha evidenziato Sondermann, citando dati freschi dell’agenzia Gfk -. E il consumatore di moda, una volta vinte le resistenze sul web, diventa un compratore seriale». Giulio Finzi, segretario generale del Consorzio Netcomm, è partito da numeri emblematici: «2,5 miliardi gli Internet user a livello mondiale a fine 2015 (3 miliardi secondo gli ultimissimi

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dati a disposizione) e 1,5 miliardi gli Internet shopper, con una spesa media annuale di 1.500 dollari a testa». L’Asia Pacific guida la classifica mondiale, con il tasso di crescita più alto (+28%, pari a 1.057 miliardi di dollari), seguita da Nord America (+13%, 644 miliardi), Europa (+13%, 505 miliardi) e America Latina (+28%, 33 miliardi). Un ruolo di spicco è giocato dalla Cina, che con i suoi 700 milioni di utenti Internet rappresenta un terzo dell’e-commerce mondiale e sulla quale la moda ha le antenne dritte: basti pensare alla special edition di bag Dior, veicolata solo su WeChat (che nel giro di qualche ora è andata sold out), o al buzz generato da Loewe sui social locali, grazie ad azioni online, o ancora alla app One More Closet di Shanghai, che sta “spaccando” perché consente il noleggio di tutti gli abiti che si vogliono a 250 dollari al mese. Quanto al tasso di penetrazione delle Internet sale sul totale retail, domina il Regno Unito con il 19%, seguito da Corea del Sud (17%) e Usa (15%). Sesta la Cina (11%) e nona l’Italia (5%), dove la spesa media annuale per web shopper è di 1.000 euro. MODA E CALZATURE SPOPOLANO ONLINE Secondo i dati presentati da Finzi, sono abbigliamento e calzature a rappresentare le prime due categorie quanto a vendite online, con 85 miliardi di euro nel 2015, un terzo dei prodotti venduti. In Italia gli acquisti fashion effettuati in Rete nel 2016 hanno sfiorato i 2 miliardi, +27% sul 2015, piazzandosi subito dopo informatica ed elettronica. Sale l’export digitale delle aziende italiane: +17%, pari a 3.418 milioni di euro, grazie a colossi come Ynap ma anche a realtà come LuisaViaRoma e operatori medio-piccoli. Un trend che sarà sostenuto dalle nuove azioni di supporto annunciate dal ministro Calenda per l’industria 4.0. Finzi ha citato alcune case history da tenere d’occhio: ModCloth, vestiti vintage con le recensioni personalizzate delle clienti; Zalon Deutschland di Zalando, che fa arrivare a casa una scatola con una serie di prodotti “ad personam”, tra cui il destinatario può decidere quali trattenere o meno. Un modello simile, quest’ultimo, a quello offerto dall’americano Trunk Club, che di consegna in consegna recapita pacchetti sempre più adatti al profilo dell’utente. Infine Bonobos, i negozi-showroom (più di 30 negli Usa) dove i capi non si portano via, ma si provano e si acquistano, per poi riceverli a domicilio. ■

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STRATEGIE

«IL DIGITAL È COME L’ARIA CHE RESPIRIAMO» Quattro ceo di aziende italiane di spicco hanno raccontato le loro esperienze con l’online. Punti di vista e strategie differenti, con un aspetto in comune: «Il digital sta contaminando l’azienda perché ha già contaminato il consumatore» DI CARLA MERCURIO

Four CEO of leading Italian companies shared their experiences with online technologies. Different strategies, with a common thread: «Digital is contaminating the companies, because it has already contaminated the consumer».

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unti di vista e strategie differenti, con un aspetto in comune: «Il digital è come l’aria che respiriamo. Non si può non tenerne conto, altrimenti si resta indietro rispetto al consumatore». Quattro a.d. del fashion hanno raccontato le proprie esperienze alla Ceo Roundtable: Andrea Baldo, ceo di Coccinelle, Nicolas Bargi, ceo di Save The Duck, Andrea Dini ai vertici di Paul & Shark e Paolo Selva, che ha in carico Europa e Asia per Boggi Milano. A tirare le somme Maurizio Alberti, country manager di Mapp, azienda di tecnologia

al servizio del digital marketing che propone tecnologie per la parte di messaggistica (email, sms, notifiche push), e Marco Di Dio Roccazzella, partner, managing director and head of fashion & luxury di Value Lab. Come ha spiegato Andrea Baldo di Coccinelle, «oggi un’azienda non può aprirsi all’internazionalizzazione senza un approccio che tenga in considerazione i social, per l’engagement e la loyalty, ma anche il modello di business, guardando con attenzione alla bottom line». Ognuno mette in atto le proprie strategie. Andrea Dini

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IL RUOLO DEL CRM È FONDAMENTALE PER CONOSCERE E PROFILARE I PROPRI UTENTI, A CUI PROPORRE ESPERIENZE MIRATE

di Paul & Shark, che sta completando il processo di digitalizzazione, ha sottolineato: «Abbiamo un dna wholesale e lasciamo ai partner la competenza retail. Le nostre resistenze sull’e-commerce erano dovute al timore di intralciare i partner ma sono stati proprio loro chiederci di aprirci al cambiamento. E saranno loro i primi beneficiari, perché in questo modo invoglieremo i consumatori a entrare nei loro negozi». Paolo Selva descrive così l’approccio di Boggi: «Il nostro concetto di omnicanalità comprende le funzioni click and collect, click and collect from store, click and reserve e il cosiddetto showrooming: come avviene nello store di corso Buenos Aires a Milano, tutti i negozi avranno un iPad per consentire di ordinare un capo e farselo consegnare dove si vuole, con la possibilità di cambiarlo. Come ha chiarito Marco Di Dio Roccazzella, «dobbiamo capire che il mercato di riferimento è più vario rispetto al passato. Nel basket ci sono proposte molto diverse, per clienti diversi: occorre individuarli senza abdicare alla coerenza nel prodotto, nei prezzi, nella value proposition e a livello geografico. E bisogna essere superveloci per intercettare i rapidi cambiamenti del

mercato». Secondo Maurizio Alberti di Mapp, «la tecnologia deve consentire di proiettare sul consumatore il disegno strategico dell’azienda. Non è solo questione di high tech ma di avere le skill per analizzare i dati, conoscere il cliente, trasmettergli le esperienze migliori. Anche nella moda si è capito che il digital sta contaminando l’azienda, perché ha già contaminato il consumatore» Un argomento caldo è il crm: per poterlo fare bene, ha sottolineato Di Dio Roccazzella, occorre puntare sugli analytics, ossia su un modello statistico che consenta di avere un ascolto più ampio del cliente. Significativo l’approccio di Save The Duck, brand dei piumini “green”, approdato ora all’e-commerce con il proprio sito. Una realtà che ha raggiunto una folta platea di “follower” affidandosi ai social, senza spendere una fortuna. «Con 4mila euro - ha raccontato Nicolas Bargi - abbiamo ingaggiato tre youtuber che hanno indossato i nostri piumini, coinvolgendo i consumatori in giro per le strade, sulla scia di Report. Poi attraverso Facebook, dove contiamo su 150mila seguaci, abbiamo individuato tra i nostri principali fan il Wwf, con cui abbiamo stretto una collaborazione, in occasione dei 50 anni della sede italiana. A questo abbiamo legato una campagna sul Corriere della Sera e un’operazione vetrine a tema in 220 negozi italiani, con enorme successo». «Avvalendoci del patrimonio dei dati - ha aggiunto Andrea Baldo di Coccinelle - abbiamo dato a consumatori profilati la possibilità di affittare per una settimana la borsa Cinderella, più costosa della media, permettendo loro di decidere se acquistarla. Un modo per avere informazioni anticipate sui prodotti che funzionano o meno». «In attesa di iniziare il progetto di e-commerce, cerchiamo di ampliare le nostra base di crm - ha spiegato Andrea Dini -. Cominciamo chiedendo la mail e poi

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CONCEVING A STRATEGY FOR THE DIGITAL WORLD

Andrea Baldo CEO Coccinelle

Paolo Selva CEO Europe and Asia Boggi Milano

Nicolas Bargi CEO Save The Duck

Maurizio Alberti Country Manager Italy Mapp Digital

Andrea Dini CEO Paul & Shark

Marco Di Dio Roccazzella Managing Director Value Lab

il consumatore potrà inserire ulteriori informazioni nel sistema di comunicazione, per ora molto poco push. Sul sito invitiamo le persone a inviarci commenti e consigli per migliorare la qualità dei prodotti, mettendo in palio dei premi. Un modo per acquisire un patrimonio inestimabile di dati». ■

E-COMMERCE IN ITALIA: ABBIGLIAMENTO +27%

Fonte: Osservatorio eCommerce B2c Netcomm - School of Management Politecnico di Milano

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CEO ROUNDTABLE

BEST PRACTICE

«CONOSCERE IL MERCATO, MA PRIMA DI TUTTO SE STESSI» Le best practice nel mondo digitale della moda sono state l’argomento affrontato dal secondo panel della “Ceo Roundtable” organizzata da Fashion: tra le varie testimonianze emerge, imprescindibile e centrale, la conoscenza del consumatore. Facile a dirsi, ma non sempre a farsi. Anche perché è necessario sapere esattamente cosa si vuole fare e quale direzione seguire DI ELISABETTA CAMPANA (HA COLLABORATO ALESSANDRA BIGOTTA)

In the roundtable about the “Best Practices Shaping the Digital Fashion Space” the central thread was the importance of the empathy with the end consumer, for whom more services, more technology and more product contents are requested. Provided that a brand is able to know its assets and the path to follow for a real growth.

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est practice: un’espressione molto usata quando si parla di digital (e non solo), ma che racchiude diverse sfaccettature, a seconda del proprio modello di business, del target di riferimento e della specificità delle singole realtà. Il filo conduttore è la necessità di conoscere profondamente un consumatore che, come si è già detto in più di un’occasione, ha in mano la leva per far decollare o, al contrario, arretrare le sorti di un marchio. Meno scontata è un’altra conditio sine qua non, ossia la capacità di capire se stessi e i propri obiettivi. Il primo intervento del secondo panel della Ceo Roundtable, intitolato appunto “Best Practices Shaping the Digital Fashion Space”, è stato quello di Mark West, ceo di LLX Global Business Services (società parte di Jab Luxury, nella cui orbita gravitano i marchi Bally, Jimmy Choo e Belstaff), secondo il quale «il processo di apprendimento aziendale è inevitabilmente lungo, perché tutti nell’organizzazione devono essere coinvolti». Mark West ha sottolineato l’importanza del cosiddetto “inventario infinito” per un consumatore il quale, surfando tra gli acquisti online e offline, deve avere a portata di mano scorte sempre disponibili di prodotto, sia sul web che nel negozio fisico. Ma esiste anche un asset intangibile che è la trasparenza, «nei confronti del mercato sicuramente, ma anche

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di coloro che investono nell’azienda, soci e azionisti». Di digital si continua a parlare, ma quale può essere l’asset del futuro? West non ha dubbi: «Sono affascinato dall’intelligenza artificiale, sulla quale tra l’altro la Svizzera, dove si trova il quartier generale di

Jab, sta facendo passi da gigante anche nella gestione della vita quotidiana delle persone, per esempio nella razionalizzazione della segnaletica stradale». «Dall’automatizzazione dei processi agli algoritmi di apprendimento - ha ricordato il manager - è qui che si co-

KEYNOTE SPEAKER/TU-LAM PHAM

«IL VOSTRO SITO NON È PIÙ IL CENTRO DELL’UNIVERSO» «Your website is no longer the center of the universe» says Tu-Lam Pham, explaining why Da un lato Amazon e dall’altro il vertical e-commerce, in mezzo i vari siti che vendono online. Alla Ceo Roundtable, Tu-Lam Pham, fondatore e ceo di Digital IQ, ha descritto lo scenario in forte evoluzione del digital business. Dopo excursus del successo di Amazon, che è cresciuto del 2.300% negli ultimi 10 anni, Pham ha messo in luce l’importanza dei vertical e-commerce, che si rivolgono direttamente al consumatore finale. «Controllando la catena del valore si propongono al pubblico con prezzi interessanti - ha spiegato - e garantiscono al contempo una forte brand experience». Esempi sono Everlane.com, Warbyparker.com, Shave.com, Casper.com e Honest.com di Jessica Alba, che «hanno creato il loro successo, promuovendo un business “trasparente”, ma anche grazie a strategie di marketing ad hoc come i video virali, iniziative di charity e packaging iconici». Pure i social network guardano con sempre più attenzione allo shopping: da Instagram a Snapchat fino a WeChat. «Senza dimenticare Chiara Ferragni, caso eclatante di come una blogger diventi un brand e passi all’e-commerce». «A questo punto è chiaro - ha concluso - che il sito aziendale non è più da considerarsi al centro dell’universo, ma per vendere bisogna chiedersi: con quale piattaforma e in che modalità voglio raggiungere i clienti?». (e.c.)

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OGGI

IL DIGITALE struiscono i pilastri del OFFRE UN futuro. L’incrocio tra PATRIMONIO DI i macchinari evoluti e INFORMAZIONI la realtà virtuale farà MA È ANCORA scaturire opportunità DIFFICILE finora impensabili». SFRUTTARLE Paula Cademartori APPIENO - fondatrice e direttore creativo dell’omonimo brand di borse, calzature e accessori da poco nell’orbita di Otb, che fa capo a Renzo Rosso - ha riportato il focus sulla concretezza e l’appeal delle collezioni, senza le quali nessun progetto può decollare: «Che si parli di reale o di virtuale, è comunque strategico avere un prodotto da raccontare. Io ho creato una storia grazie al mix tra la cultura del mio Paese di origine, il Brasile, e l’eccellenza della mia “seconda patria”, l’Italia. L’immagine da sola non basta». La stilista conta di poter avviare al più presto il proprio sito ecommerce, oltre a sbarcare nel retail.

MILLENNIAL CAMPIONI DI VELOCITÀ? I BRAND DEVONO PRECEDERLI Il prodotto è fondamentale ma bisogna aver chiaro non solo quale segmento di mercato intercettare e come fidelizzarlo. Lo ha spiegato bene Tu-Lam Pham, giovane “digital enthusiast”, che dopo diverse esperienze nel settore ha fondato Digital IQ, società

che opera in Germania e che si focalizza su attività di training per incrementare le competenze e capacità digitali di singoli e aziende. «I consumatori - ha detto Tu-Lam Pham - cambiano molto velocemente, un discorso che vale in special modo per i Millenial: un target che non si identifica con i valori tradizionali dei brand».«Di conseguenza - ha puntualizzato - oltre a cercare di comprenderli è indispensabile riuscire a tenerli come clienti per più anni: a volte passano anche stagioni prima che diventino veramente redditizi. Apple è un esempio evidente di come sia possibile legare a sé la clientela: io stesso sono un consumatore seriale di prodotti della casa di Cupertino. Nella mia continua ricerca di innovazione, cerco sempre le ultimissime novità e credo di dare un contributo significativo, nel mio piccolo, ai fatturati del marchio della Mela». L’anello di congiunzione tra le aziende e il mercato resta la distribuzione, tradizionale o meno che sia. Per andare incontro alle esigenze del consumatore, ma anche della rete di negozi a gestione diretta e in franchising, La Martina - marchio che ha legato la sua fortuna al lifestyle ispirato al gioco del polo - ha avviato da settembre una piattaforma multifunzione, in grado di integrare il proprio business a 360 gradi. «Era l’obiettivo che ci eravamo prefissati un anno fa e lo abbiamo puntualmente realizzato» ha premesso Enrico Roselli, ceo di La Martina Europe, aggiungendo: «Ciò detto, la scommessa del digitale è talmente grande, che rimane un senso di frustrazione, perché si vorrebbe fare di più. Cercheremo di coinvolgere ulteriormente i nostri partner in termini di Crm e di formazione, nell’ottica di diventare entro i prossimi quattro-cinque anni sempre più un’azienda che vende servizi». Claudio Bastia, direttore generale di Informatica Italia, ha concordato con Roselli sul fatto che si deve, ma anche si può, fare di più. Il manager ha infatti posto l’accento sul valore dei dati, «perché se oggi, grazie proprio al digitale, è possibile disporre di molte più informazioni sulle singole persone rispetto al passato, è ancora difficile sfruttarle nel modo migliore». «Noi aiutiamo le aziende in quest’ambito - ha aggiunto Bastia - in modo che sia possibile operare le scelte più adatte per il loro modello di business e, soprattutto, vincenti». Infine l’esperienza di Kooomo, piattaforma per le vendite online, frutto di anni di svi-

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BEST PRACTICES SHAPING THE DIGITAL FASHION SPACE

Mark West CEO LLX Global Business Services SA

Paula Cademartori Founder & Creative Director Paula Cademartori

Tu-Lam Pham Founder & CEO Digital IQ

Claudio Bastia Direttore Generale Informatica Italia

Enrico Roselli CEO La Martina Europe

Giovanni Meda Managing Director Kooomo

luppo e con competenze specifiche nei settori fashion, luxury e beauty, il cui obiettivo è superare le sfide tecniche di gestione delle transazioni, dei contenuti, dei listini, della geo-localizzazione, delle promozioni, delle tasse e di molto altro ancora. Una realtà in costante evoluzione, che di recente ha ricevuto una gratificazione importante. «Siamo stati inseriti nel report Cool Vendor Gartner 2016 - ha spiegato il managing director Giovanni Meda - perché Kooomo è stata considerata innovativa e allo stesso tempo di facile fruizione dal personale all’interno delle aziende o tramite web agency». «Una bella soddisfazione, a 15 anni dalla fondazione - ha aggiunto - al punto che anche noi adesso ci consideriamo un brand a tutti gli effetti e siamo sempre più rivolti ai mercati internazionali. Fermo restando che per poter offrire la tecnologia più appropriata è indispensabile che un’azienda capisca esattamente chi è e dove vuole andare. Sembra ovvio, ma non sempre lo è». ■

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CEO ROUNDTABLE

NETWORKING

LE NUOVE IDEE SI CREANO INSIEME Far girare spunti, riflessioni e progetti è uno degli obiettivi della Ceo Roundtable, che anche stavolta ha consentito ai player dell’e-commerce e della moda di confrontarsi “a viso aperto” A source of information, but also an occasion for e-commerce and fashion players to exchange opinions, projects and experience: networking was the other side of the coin at CEO roundtable

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1. Un momento del social breakfast a inizio giornata 2. Giovanna Pinna di Chanel (a destra) con un’ospite 3. Carla Mercurio, Angela Tovazzi e Alessandra Bigotta di Fashion 4. Christian Nucibella, ceo di FiloBlu, insieme a Marc Sondermann 5. Ambra Genovese di Ferragamo Parfums e Sacha Monotti Graziadei, Ceo di Blogmeter 6. Riccardo Filini di Instabrand e Domenico Gravagno di Ida Agency

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1. Maurizio Alberti e il team di Mapp Digital 2. Maura Basili, Giorgia Leoni, Mario Boselli e Mark West 3. Il professor Tu-Lam Pham e Marc Sondermann 4. Rodgy Guerrera di Rodgy Guerrera and Partners 5. Barbara Sertorini ed Elisabetta Campana di Fashion 6. Giovanni Meda di Kooomo e Rubina Guardiani di Alberto Guardiani 7. Enrico Mambelli di Iconix Brand Group 8. Marco Fuccella di Pisa Gioiellerie, Arianna Della Beffa di Edelman e Matteo Veneziani di Fashion 9. Carlo Castelli di Canepa e Paolo Selva di Boggi Milano

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DIGITAL ASSET MANAGEMENT

La piattaforma DAM della software company italiana Thron

PER UN ENGAGEMENT EFFICACE

ASSET DIGITALI: MANEGGIARE CON CURA La digitalizzazione e le nuove aspettative del consumatore obbligano a riconsiderare le strategie di marketing e a mettere al centro i contenuti. Per una gestione sempre più efficiente ed efficace, anche le piattaforme DAM evolvono DI ELISABETTA FABBRI

Texts, images, audio and video files are valuable assets, whose management is becoming increasingly complex. The DAM softwares support fashion industry when contents become critical to improve customer experience.

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esti, immagini, file audio e video: sono tutti asset di grande valore ma la cui gestione diventa sempre più complessa, nell’ottica di un utilizzo multicanale dei contenuti coerente con la filosofia del brand. In tal senso l’informatica aiuta, mettendo a disposizione piattaforme che permettono di centralizzare il Digital Asset Management (o DAM, che identifica anche i software dedicati) e anche la moda comincia a comprenderne l’utilità, come confermano i maggiori operatori del settore. «Le aziende italiane - spiega Nicola Meneghello, fondatore e ceo dell’italiana Thron - stanno iniziando a lavorare sullo storytelling, a collegare la comunicazione alle logiche di business attraverso una strategia sui contenu-

ti. Si rendono conto che intorno al concetto di contenuto c’è un mondo più ampio e complesso di un tempo. Se ne hanno il controllo, lungo tutta la filiera della distribuzione, possono avere riscontri oggettivi sugli interessi di ogni singolo utente». Infatti, dai contenuti online si possono ricavare una serie di informazioni, che permettono di conoscere meglio i clienti e quindi di fornire loro esperienze personalizzate, prima ancora di accompagnarli nelle scelte d’acquisto. «Thron - racconta Meneghello - era partita come piattaforma DAM che aggregava e organizzava gli asset digitali, ma adesso è evoluta, per realizzare la content strategy. Qualsiasi canale digitale visitato dal consumatore - sito, app o social - permette

di costruire una “single customer view”. Conoscendo gli interessi di ogni cliente, Thron permette ai brand di mostrare all’utente una pagina web customizzata».Dall’online all’offline, il discorso della personalizzazione non cambia. Il visitatore che entra in negozio può essere avvicinato da un commesso dotato di iPad, che gli mostra alcuni capi del catalogo sulla base dei suoi gusti. Tutto ciò, ovviamente, è possibile se il consumatore vuole farsi riconoscere (per esempio, è stato ingaggiato con un programma di loyalty, o si è registrato scaricando un’App). Si customizza l’esperienza in store anche quando si sceglie uno specifico contenuto, piuttosto che un altro, quando il cliente si trova davanti a uno schermo, gra-

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DIGITAL ASSET MANAGEMENT

1. Alcune videate di Adobe Creative Cloud 2. L’e-commerce di Valentino. Il marchio ha scelto Thron per centralizzare la gestione dei contenuti, distribuirli su diversi canali, online e offline, e analizzarne le performance

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PROXIMITY MARKETING

OVS SCOMMETTE SULLA PIATTAFORMA FASHION MESSAGE

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zie alle tecnologie del digital signage. Tuttavia resta un nodo da sciogliere. «Oggi tutti parlano di dati - dice Meneghello - ma questi provengono da mondi molto diversi, non abituati a dialogare fra loro. Il marketing non parla con l’ufficio stile, chi fa il sito non comunica con chi gestisce i social o i programmi di loyalty. Bisogna invece ragionare con una logica di centralità per evitare dispersioni, far sì che il brand comunichi con coerenza e non perda il controllo dei contenuti». Anche le Pmi possono beneficiare delle efficienze introdotte dal DAM senza investimenti troppo onerosi. Thron permette la formula del «software cloud as a service»: si acquistano solo i servizi di cui si necessita e si pagano nella misura in cui li si usa. IL MARKETING EPICENTRO DELLA TRASFORMAZIONE DIGITALE La soluzione di Thron è l’unica italiana (la sede è in provincia di Padova) nel report “Vendor Landscape: Digital Asset Management, 2016”, dove l’americana Forrester Research esamina i 20 migliori DAM al mondo. Il settore è dominato da colossi americani come Adobe, con Adobe Experience Manager Assets, che fa parte del più ampio Adobe Creative Cloud: un kit completo di tecnologie per il marketing digitale, che coniuga i contenuti creativi con i big data. «È compito del marketing - dicono dalla software house californiana - definire la direzione strategica e dare impulso all’innovazione. Il marketing come epicentro della trasformazione digitale è una sfida complessa e interessante allo stesso tempo».Solo accettando questa sfida si potrà offrire al cliente un’e-

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sperienza «impeccabile, pertinente e personalizza» in ogni punto di contatto: dal negozio fisico al servizio clienti, passando per il web. E proprio le esperienze dei clienti, secondo gli esperti di Adobe, «definiscono la percezione e il successo di un marchio» . Come in un gioco di matrioske, nella centralità del marketing c’è un altro centro - il contenuto - tanto che alcune imprese sembrano quasi degli editori. Ne è convinta Anjali Yakkundi, analista senior di Forrester, che al recente “Content Strategy Summit” di Thron ha riportato alcuni dati significativi: in base a un’indagine fra un campione rilevante di marketing director, il 76% ha aumentato gli investimenti nei contenuti (ormai la parte più rilevante del budget marketing). L’80% crede che il content marketing sia un veicolo per l’engagement. «Mai come ora - precisa Yakkundi - i consumatori hanno accesso a una mole immensa di dati e possono facilmente comparare i prodotti fra loro. Per emergere fra i competitor le aziende devono creare una connessione emotiva, fornendo un valore aggiunto. Per esempio supportandoli se hanno dei problemi, coinvolgendoli in programmi di fidelizzazione, facendoli sentire parte di una community, rendendoli protagonisti della stessa realizzazione dei contenuti online». L’esperta pensa che il DAM abbia un ruolo chiave nel content marketing, perché non è più il luogo virtuale dove parcheggiare i contenuti ma uno strumento per prendere decisioni strategiche. La sfida è renderlo ancora più intelligente così da consentire di «riciclare» i contenuti risultati più efficaci o di ottimizzarli via via, in base agli effetti sul comportamento del consumatore. ■

The Italian fast fashion brand Ovs launches Fashion Message, a proximity marketing platform to enrich the digital experience of its consumers. L’insegna italiana del fast fashion Ovs lancia Fashion Message, una piattaforma di proximity marketing che vuole arricchire la digital experience dei suoi consumatori. Funziona così: per prima cosa lo shopper deve avere scaricato l’App Ovs (gratuita da Apple Store e Google Play). Grazie ai dispositivi wireless Beacon, quando si trova nel raggio di 200 metri da uno degli store aderenti (oltre 400), riceve sullo smartphone un invito a entrare in negozio. Una volta all’interno, l’App diventa una sorta di guida che lo accompagna nell’esperienza d’acquisto attraverso notifiche “push” su prodotti, prezzi e promozioni. Arrivato alla cassa, il cliente potrà utilizzare i coupon digitali personalizzati ricevuti, passando lo smartphone sul lettore di codici a barre. All’avvio dell’iniziativa, in ottobre, le notifiche sono state firmate da Irene Colzi, digital influencer del blog ireneccloset.com.(e.f.)

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SYSTEM INTEGRATOR

LA SFIDA DELL'INTERNALIZZAZIONE

CHI HA PAURA DI PERDERE IL CONTROLLO? Perché in alcuni casi è meglio affidarsi a un system integrator, piuttosto che a un full service provider per lanciare i propri progetti online? Abbiamo posto la domanda agli specialisti nell’integrazione dei sistemi. «Gestire dall’interno il cambiamento - rispondono - significa mantenere il controllo del digital e avviare un percorso virtuoso di crescita» DI CARLA MERCURIO

Why should companies in some cases work with system integrators, rather than full service providers, to manage their digital projects? We asked the question to specialists in systems integration. «Managing change from inside - they answered - means keeping control of the digital and start a virtuous growth path».

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erché in alcuni casi è possibile optare per progetti digitali che prevedano la consulenza di system integrator, piuttosto che mettersi nelle mani di full service provider? La risposta dei principali integratori di sistemi è semplice: in questo modo l’azienda non perde il controllo del digital, mettendo nelle mani di una società esterna non solo tutta l’attività di vendita ma anche l’intero patrimonio di conoscenze relative ai clienti online. «Rivolgersi a un system integrator permette di fare scelte tecnologiche “best of breed”, mentre spesso il full service provider adotta soluzioni custom da lui sviluppate. In quest’ultimo caso, visto che si parla di esternalizzazione di processi core di un’azienda, devono essere salvaguardate la piena disponibilità e il controllo delle informazioni», è la spiegazione di Nicola Nodari, mdm sales leader di Informatica, fornitore di software indipendente che offre opzioni innovative per la gestione dei dati. La chiarisce meglio Carlo Visani, a.d. di Tecla, digital business company che guida alla digital transformation operando nelle aree omnichannel e- commerce, marketing automation, customer analytics e product information management. «Appoggiarsi a un full service provider - sostiene - è una scelta che a medio-lungo termine rischia di svuotare di competenze l’azienda e di annullare l’eventuale vantaggio competitivo acquisito inizialmente, con l’adozione in tempi brevi di un modello che demanda esternamente tutte le problematiche, i processi e la solu-

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zione ai problemi» «L’iniziale ce) e delle persone coinvolte». BISOGNA vantaggio derivante dall’azzeIn tale contesto, puntualizza AlSAPER ASCOLTARE ramento dei costi di set-up e di berici, un modello “Hybrid serIL CLIENTE E infrastruttura ed esternalizzaziovice providing” è vincente. Ciò NON FORZARE ne delle competenze - prosegue vuol dire che le attività ad alto L’ADOZIONE DI - può comportare a medio-lungo valore di conoscenza vengono TECNOLOGIE termine complicazioni successiprogettate e gestite internamenNON IN LINEA ve e strutturali: dati aziendali e te dall’azienda (nel caso dell’eCON I PROCESSI DELL’AZIENDA del mercato in mano a una terza commerce si tratta delle operaparte, processo governato dal zioni di marketing multicanale, fornitore, il rischio che le comdella proprietà e dell’utilizzo petenze di valore non crescano in casa, dedei dati sui clienti e dell’analisi dati del cisioni strategiche esternalizzate». Al concomportamento clienti sui canali digital). Al trario, conclude Visani, affidarsi a un system contrario le esecuzioni ripetitive, che richieintegrator permette di avviare un percorso dono investimenti in costi fissi significativi, di crescita interna e favorire la formazione possono essere esternalizzate (sempre nel di competenze importanti per la trasformacaso dell’e-commerce, si parla del customer zione digitale. La consulenza ha l’obiettivo care di primo livello, delle logistiche ad alto di realizzare il progetto del “cliente per il volume e dei trasporti dell’“ultimo miglio” cliente” e può essere sfruttata per imparare a verso il cliente finale). È corretto affidare orientarsi nell’universo tecnologico. a terzi, aggiunge Alberici, «anche le operazioni sperimentali, cioè il processo che COME SI IDENTIFICA porta ad approcciare un nuovo mercato o UN PROGETTO VINCENTE? introdurre un inedito servizio, per decidere Ma quali sono i presupposti che possono poi di governarlo direttamente quando sale portare alla formulazione di un progetto midi valore». «Un progetto mirato deve esserato? Prima di tutto, racconta Gianluigi Alre condiviso da tutte le funzioni aziendali, berici, partner di Alpenite, specialista nella a partire dalla direzione per arrivare a chi digital transformation con oltre 40 clienti, governa ed esegue il singolo processo», è il fra cui top brand nel settore fashion, food punto di vista di Maurizio Zaggia, direttoe retail, «conta in modo decisivo la giusta re commerciale di StepFour, abilitatore di sponsorship e vanno risolti a priori i potensoluzioni Cec (customer experience & comziali conflitti interni. Va specificata inoltre merce) per la trasformazione digitale delle l’esperienza dell’azienda sul tema in queaziende «È fondamentale - aggiunge Zagstione, (ad esempio l’e-crm o l’e-commergia - acquisire le competenze interne o affi-

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1. Un’immagine dell’e-commerce di La Martina 2. La sede di Alpenite a Marghera-Venezia

darsi a dei professionisti. Per l’e-commerce omnicanale di La Martina la proprietà e la direzione hanno inserito nel team una figura professionale che ha guidato la complessità del percorso, consigliando l’adozione della tecnologia in base alle reali esigenze e scegliendo StepFour proprio per la conoscenza specifica tanto della tecnologia (Sap Hybris Commerce), quanto dei processi di realizzazione e governance dell’omnicanalità». Una scelta che ha consentito di realizzare il progetto di internalizzazione in soli quattro mesi. LE GIUSTE ALCHIMIE PER RAGGIUNGERE GLI OBIETTIVI Da un lato cercare sul mercato i fattori abilitanti dei progetti creativi, i più avanzati, attraverso uno scouting incessante di

software vendor, dall’altro sviluppare in prima persona idee e soluzioni innovative. Questa la mission di Fabio Arrigoni, direttore della divisione Industria e Servizi della filiale milanese di Sopra Steria, società di system integration nata in Francia nel 1968, che oggi conta 39mila collaboratori in oltre 20 Paesi. È il caso di Stargate, piattaforma flessibile che consente di integrare alla sfera dell’e-commerce tradizionale il mondo del retail e dell’esperienza instore, facilitando anche la gestione delle vendite cross canale più complesse e su scala planetaria. «È ciò che permette di comprare un articolo in un negozio, scegliere di pagare con un’app, farselo recapitare a domicilio e nel frattempo decidere di non volerlo più - chiarisce -. A questo punto si fa il reso da casa con un click,

che si trasforma in un buono elettronico da spendere anche in store, dove si ritira e si paga ciò che si è comprato sul posto, oppure online. Una sequenza che si può generare anche abitando a Londra e facendo acquisti a New York». Fra i punti di forza di Sopra Steria, tiene a sottolineare Arrigoni, «c’è un modello di consulenza che si declina in progetti realizzati, gestiti e aggiornati da noi nel corso del tempo, in modo da consentire al cliente di rimanere up-to-date rispetto ai cambiamenti». GLI ERRORI DA EVITARE NELLA STRADA VERSO LA TECNOLOGIA Quali sono gli errori da non commettere in questo impegnativo viaggio verso il futuro? In genere tutto si gioca nelle fasi iniziali, quelle di “Project preparation”. «Gli elementi chiave - spiega Gianluigi Alberici - sono avere un team di progetto completo, autorevole e con esperienza sul tema, poter mandare del personale direttamente dal cliente con il giusto tempo e l’attenzione dovuta e avere un bilanciato obiettivo in termini di contenuto, tempi e sforzo». «La lentezza - puntualizza - è da evitare. Abbiamo esperienze di processi e tecnologie per l’e-commerce e il crm introdotti in azienda con rapidità: questo perché abbiamo il focus giusto per creare le condizioni favorevoli». Il tema della velocità ritorna nelle strategie di tutte le aziende: «Secondo la nostra esperienza sottolinea Nicola Nodari - un approccio incrementale realizzato per fasi sviluppabili in poco tempo (tre-sei mesi) può migliorare il controllo, contenendo rischi e costi e può alimentare un cambiamento basato sul successo di ogni fase intermedia». Soprattutto l’aspetto fondamentale è quello della comprensione, vale a dire che bisogna saper ascoltare il cliente e non forzare l’implementazione di tecnologie che non siano in linea con i processi interni ed esterni dell’azienda in termini di competenza e governance. «L’adozione della tecnologia deve sempre avvenire in modalità graduale, in quanto nessuna impresa è pronta per l’adozione in toto di un sistema che possa soddisfare tutte le esigenze - sottolineano Carlo Visani e Maurizio Zaggia -. È basilare condividere le priorità per i raggiungimenti degli obiettivi, che siano di business, di comunicazione o di marketing. ■

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FULL SERVICE PROVIDER

nuovi approcci al business online

L’e-commerce di moda? Come un vestito su misura Nella realizzazione di un progetto di e-commerce qualcosa è cambiato. Le aziende della moda mostrano di preferire un approccio più flessibile e modulare rispetto al full outsourcing, che preveda nel medio-lungo periodo anche la possibilità di portare in casa il business online, soprattutto in un’ottica di integrazione dei canali di vendita di Elena Azzola

In creating an e-commerce project, something has changed. Fashion companies display a preference for a more flexible, modular approach rather than full outsourcing, which envisages the online business gaining ground in the medium to long term, especially from the perspective of integrating the sales channels.

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opo tanti anni in cui la via italiana all’e-commerce di moda è stata contrassegnata dall’affidarsi in modo “blindato” a un full service provider che seguiva ogni aspetto delle vendite online del marchio in questione, le cose ora sono molto cambiate. Come spiegano i professionisti del settore che abbiamo interpellato per capire i trend e gli sviluppi futuri di questo business. «Il modello del full outsourcing aveva il vantaggio di risolvere tutte le problematiche rivolgendosi a un unico interlocutore - afferma Giovanni Meda di Zerogrey, realtà internazionale con sede in Italia a Torino, da 16 anni a fianco delle aziende del fashion nei progetti di e-commerce -. Ma non permetteva di fatto all’azienda di conoscere la “macchina”: ora che i volumi di vendita stanno diventando sempre più importanti, l’imprenditore ha sempre meno voglia di dipendere da terzi per la gestione di questo canale e vuole avere voce in capitolo, occuparsi personalmente del business. Diventando più evoluta e qualificata la domanda delle aziende, anche la risposta delle società specializzate nell’e-commerce si è fatta necessariamente più flessibile

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e modulare». Si osserva la coinvolgimento delle case di tendenza a portare in casa moda. «Le aziende devono i volumi di vendita stanno diventando alcuni aspetti dell’e-comavere nel medio-lungo periosempre più importanti merce, come la logistica do la possibilità di scegliere se e gli imprenditori (per ottimizzare gli stock e portare in casa l’e-commerce scelgono di occuparsi tagliare costi), la gestione oppure no. Tendenzialmente personalmente del commerciale (per allineè un business che viene fatto business online arsi alle strategie del retail ancora in outsourcing, poifisico) e la comunicazione ché bisogna raggiungere de(per una maggiore coerenterminati volumi affinché sia za di stile e immagine). Ma come mette in sostenibile la gestione interna - fa presente guardia Stefano Mocellini, fondatore e ceo Alfredo Celiberti di Drop, realtà con sede di Diana, full service provider di Torreglia, a Montegranaro, in provincia di Fermo, che in provincia di Padova, tra i cui ultimi proha seguito molti brand della calzatura del getti c’è l’e-shop di The Blonde Salad (il distretto ma anche Save the Duck, L’Autre famoso blog di Chiara Ferragni), per geChose e Harmont & Blaine -. La soglia stire una piattaforma di vendite online serpsicologica è rappresentata da quando l’evono professionalità molto specifiche e non shop raggiunge i livelli di fatturato di un sempre l’internalizzazione si dimostra effinegozio monomarca del brand. Allora l’aciente. «La verità è che chi fa questo passo zienda capisce che l’e-commerce è davvero spesso si trova a dover chiedere aiuto a forun canale di vendita e non solo qualcosa di nitori esterni per sopperire alle proprie lasperimentale. Comprende che il sito può cune - sostiene Mocellini -. Capita infatti di diventare il suo flagship più importante e, dover mettere “rattoppi” a modelli che andi conseguenza, ambisce a gestirlo diretdavano studiati meglio a priori». Fatta salva tamente». Poi naturalmente ci sono realtà questa considerazione, l’approccio tuttavia più interessate a prendere in carico l’esembra ormai orientato verso un maggior commerce e altre meno, ma quello che gli


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esperti notano è che in generale e storytelling (un lavoro che di c’è una forte propensione a svisolito viene fatto a quattro mani Studiamo progetti luppare un know how digitale con l’ufficio stile della fashion sartoriali, frutto all’interno delle aziende della house), alla presenza di un asdi un’attenta moda. Quelli che sono stati fino sistente virtuale alla vendita, a analisi del brand a poco tempo fa dei full service una giuda alle taglie, alla capae del mercato di provider diventano sempre più cità di riassortimento e anche riferimento dei consulenti, degli sviluppaal confezionamento del pacco tori e dei fornitori di servizi, da spedire, che deve contenere, che l’azienda sceglie di moduad esempio, il look book della lare sulle proprie specifiche esigenze. Ogni collezione del marchio: è su questi specifici player dell’e-commerce ha, dal canto suo, territori che una casa di moda deve spinsviluppato un proprio specifico approccio. gersi». Un’impostazione completamente «Puntiamo sulla flessibilità e la qualità dei diversa caratterizza Zerogrey. «A fronte dei servizi», afferma Alessio Barbati di Tricambiamenti avvenuti nel mercato, ci siaboo Digitale, realtà con sede a Milano che mo focalizzati negli ultimi anni sulla piatalle competenze sull’e-commerce aggiuntaforma Kooomo - spiega Giovanni Meda ge i plus delle unit Bootique sulla comu-. Uno strumento che riteniamo molto comnicazione e il digital marketing e Triboo petitivo e che mettiamo al centro di un ecoMedia sul digital advertising e l’online pusistema di servizi: un’offerta che permette blishing. «Se un’azienda della moda per il all’azienda di essere indipendente nella suo e-commerce fa una scelta basata sulla gestione dell’e-commerce. Riteniamo che piattaforma tecnologica è già fuori strada la tecnologia sia l’aspetto che conta di più. - puntualizza -. Quello che è fondamentale Nell’era dell’omnicanalità si è raggiunto un per vendere online è l’insieme dei servizi tale livello di complessità da rendere necesche vengono erogati all’utente. Penso a saria una piattaforma avanzata: deve infatti contenuti qualificati a livello di immagini facilitare la presenza su marketplace come

1. Making of di Sartoria Partenopea 2. Una pagina web che permette la personalizzazione della scarpa maschile di Santoni: un configuratore messo a punto da FiloBlu 3/4/5. L’homepage dei nuovi siti di Dirk Bikkembergs, Fabiana Filippi e Luisa Spagnoli: progetti sviluppati da Triboo Digitale 6. Il sito di e-commerce di L’Autre Chose, curato da Drop

eBay e Amazon e consentire lo sviluppo di progetti internazionali». Anche FiloBlu, con sede a Santa Maria di Sala, vicino a Venezia, affronta l’e-commerce all’interno di una strategia più ampia di digitalizzazione del retail e di apertura di nuovi mercati. «Studiamo progetti “sartoriali”, frutto di un’attenta analisi del brand, del mercato di riferimento e delle loro necessità - chiarisce il fondatore e ceo Christian Nucibella -. Ogni aspetto strategico viene deciso di comune accordo con il cliente: avere ad esempio una logistica interna o esterna è una scelta che viene presa tenendo conto di molti fattori come la facilità di riassortimento e la velocità di spedizione. Si tratta di un modello in costante evoluzione, che si trasforma in base ai mutamenti del mercato, delle organizzazioni e della distribuzione». Per FiloBlu, che tra i suoi ultimi progetti annovera René Caovilla, Lamborghini e Paloma Barcelò, la sfida del futuro sarà più che mai la customer experience: offrire al consumatore un’esperienza unica, facile e coerente attraverso tutti i punti di contatto che ha con il brand, siano essi l’e-commerce, il punto ■ vendita fisico o i marketplace.

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LIFESTYLE BRAND

BRANDY

LA SFIDA DELLA CONNESSIONE EMOTIVA Customer engagement ed experience, storytelling, innovazione digitale, strategie retail: nella due giorni organizzata da Quintegia, i lifestyle brand hanno fatto il punto su come vendere esperienze attraverso connessioni emotive autentiche, in un’ottica omnicanale DI ANGELA TOVAZZI

Quintegia organized in Milan a meeting to discuss how to sell experiences through authentic emotional connections, between online and offline.

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1. Il pubblico di Brandy, l’evento organizzato da Quintegia agli East End Studios di Milano il 19 e 20 ottobre 2. La tavola rotonda moderata dal ceo e direttore di Fashion, Marc Sondermann 3. Leonardo Buzzavo, presidente e ceo di Quintegia e director di Brandy

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non è culto delle ceneri, «Tradizione ma custodia del fuoco». Questa ci-

tazione di Gustav Mahler, fatta da Nicolò Rubelli (Gruppo Rubelli) in uno dei numerosi interventi a Brandy, sintetizza la grande sfida lanciata dal mercato ai lifestyle brand, oggi chiamati a reinventarsi declinando il proprio dna in un contesto nuovo, “liquido”, con parametri di riferimento che cambiano alla velocità di un whatsapp. «Il mondo sta cambiando - spiega Leonardo Buzzavo, presidente e ceo di Quintegia e director della due giorni in via Mecenate - e Brandy si propone di aiutare i brand a ripensare le proprie strategie e strutture organizzative. Gli oltre 700 iscritti alla seconda edizione dell’evento hanno avuto modo di ascoltare esperienze da settori diversi come fashion, food e living, declinate in alcuni

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temi-chiave: l’autenticità, fondamentale in un’epoca in cui è il cliente a raccontare l’azienda, il 3 ripensamento degli spazi, sia dei punti vendita che delle sedi, l’omnicanalità, la digitalizzazione pervasiva, nell’ottica di creare una digital company più che un digital department, e il ruolo delle persone, che resta l’investimento più importante». Dalla testimonianza di oltre 40 speaker, tra cui Luca Solca (Exane Bnp Paribas), Nicola Giorgi (esperto di automotive e moda), Alessandro Varisco (Twin Set-Simona Barbieri), Marco Palmieri (Piquadro), Nicolas Bargi (Save the

Duck), Andrea Baldo (Coccinelle), Enrico Roselli (La Martina) ed Enrico Moretti Polegato (Diadora Sport), per citarne alcuni, sono emersi diversi spunti di analisi e scenari molteplici, accomunati dalla stessa sfida: ingaggiare ed instaurare con il consumatore una connessione emotiva, trasferire valori ed esperienze, applicare una filosofia di vendita che sappia trarre valore dall’omnicanalità. Un imperativo per il made in Italy, che deve giocoforza «cavalcare la corrente evolutiva se non vuole esserne travolto», come ha sottolineato Marc Sondermann, direttore e ceo di Fashion, nella consapevolezza che la rivoluzione digitale «non può riguardare solo l’assetto distributivo, ma l’intera azienda». Alcune idee, in particolare, si stanno delineando come i muri maestri delle architetture future, come è emerso dalla tavola rotonda moderata da Sondermann: da un lato il tramonto di un marketing genericamente customer oriented a favore di un marketing analitico e al tempo stesso esperenziale, che sappia incrociare i big data con gli small data e catturare desideri ed abitudini di segmenti sempre più circoscritti di consumatori. E dall’altro i grandi valori dell’autenticità e della coerenza, intese rispettivamente come ancoraggio al proprio dna pur nel vortice del cambiamento e capacità di relazionarsi in maniera leale con i consumatori, online e offline. ■

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DIGITAL NEWS

COMMERCIO ONLINE IN ITALIA

A LONDRA

LA MODA CRESCE OLTRE LA MEDIA

YNAP APRE UN TECH-HUB

In 2016 Italian e-commerce is growing by 18%, less than apparel sector (+27%) that now is the third most important sector.

L’abbigliamento, che è arrivato a rappresentare il 10% del mercato italiano dell’e-commerce, sta crescendo a un tasso del 27%. Lo rileva l’Osservatorio eCommerce B2C del Politecnico di Milano con Netcomm. Su scala mondiale l’e-commerce sta crescendo del 17%, confermando il leggero rallentamento degli ultimi anni. Fa eccezione l’Asia-Pacifico, il cui sviluppo è nell’ordine del +28%. Tra i primi cinque Paesi al mondo emerge la Cina, con una fetta del 33% del mercato mondiale dell’e-commerce, seguita da Usa, Inghilterra, Giappone e Francia. L’Italia sconta ancora un forte ritardo: è 22esima e le imprese che vendono online sono circa il 7% del totale. Molto di più si potrebbe fare anche sul fronte delle vendite oltreconfine, ancora ostacolate da problemi normativi, di fiscalità e di logistica. «Sul fronte delle nuove tecnologie - commenta Roberto Liscia, presidente di Netcomm - siamo di fronte a uno tsunami e si prospetta un vantaggio competitivo per chi sarà in grado di implementarle». Liscia vede inoltre in crescita i marketplace, dove è previsto che nel 2020 avvenga il 40% delle vendite online. Per quanto riguarda i dati italiani 2016 dell’e-commerce, dall’analisi di circa 300 operatori emerge una crescita del 18% sul 2015, a quasi 20 miliardi di euro tra prodotti (9 miliardi) e servizi (10,6 miliardi). «Nel nostro Paese - fa notare Riccardo Mangiaracina, direttore dell’Osservatorio - ci sono 19 milioni di e-shopper, in aumento del 7%, ma ancora pochi in confronto a Francia, Germania e Inghilterra». Il 17% delle transazioni online passa dagli smartphone e si sale al 26% se si considerano smartphone e tablet insieme. Il turismo è il primo comparto, con una quota del 44%, seguito dall’elettronica di consumo (15%) e dall’abbigliamento (10%), che mette a segno un +27%. Il tasso di penetrazione dell’e-commerce di moda è arrivato al 5% sul totale retail. (e.a.)

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Yoox Net-a-Poerter is opening its new technology hub at White City Place in West London, unifying its UK technology teams.

È prevista per marzo 2017 l’inaugurazione del nuovo hub tecnologico di Londra di Ynap-Yoox Net-a-Porter: uno spazio di circa 6.500 metri quadrati nel building The Media Works, presso il nuovo business district della city, il White City Place. Progettato dallo studio di architettura britannico Grimshaw, ospiterà i technology team del gruppo in UK la cui mission sarà lo sviluppo di soluzioni avanzate, per consumi digitali sempre più “mobile-centrici”. (e.f.) M&A

E-COMMERCE NEL MIRINO Vente-privee buys its Polish competitor and the private equity company Permira acquires multichannel retailer S&B.

Dopo Privalia (forte in Italia e Spagna), Eboutic (Svizzera), Vente-exclusive (Belgio) e Designers & Friends (Danimarca) Vente-privee si espande in Polonia con l’acquisizione del competitor delle vendite-evento online Zlotewyprzedaze. Ma non è la sola operazione, in pochi mesi, a riconferma che il business è sotto la lente di operatori del settore e non. Permira ha comprato dalla società d’investimenti Ardian il retailer multicanale tedesco Schustermann & Borenstein (S&B), che controlla il sito di vendite private BestSecret (leader in Olanda e in espansione in UK, Svezia e Francia) e tre negozi fisici tra Monaco e Vienna. Va a rimpolpare il portafoglio consumer-tech della società di private equity, che comprende anche quote del produttore di software per l’e-commerce Magento e del market place polacco Allegro. Per crescere Farfetch pensa invece alla Borsa, dopo una serie di fundrising. Tuttavia non sono stati fissati né il timing né il listino per l’Ipo, anche perché il marketplace britannico non è ancora in utile. Il fondatore Josè Neves parla di due o tre anni e secondo i rumors Wall Street è in lizza tanto quanto Londra. (e.f.)

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La Fondazione Fashion Research Italy valorizza creatività, talento, innovazione tracciando le traiettorie del cambiamento. Master in Fashion, Design & Technology con l’Università di Bologna e corsi di alta formazione sulle più moderne tecnologie per la comunicazione del Made in Italy. Archiviazione scientifica e digitale del patrimonio fotografico delle eccellenze fashion, di un Fondo di 20.000 disegni dipinti a mano e 5.000 volumi per gli uffici studi.

www.fashionresearchitaly.org

FRI FASHION RESEARCH I T A L Y

sede legale

BOLOGNA, VIA BORGONUOVO 5 - 051 220086

FASHION RESEARCH I T A L Y


DIGITAL NEWS

ICEBERG

APPROCCIO “LOOK & FEEL” Gilmar has renewed iceberg.com: the new website is completely full responsive and all content is translated into three languages: Italian, English and Russian. In un’ottica di rafforzamento dell’identità del marchio Iceberg, Gilmar ha rinnovato iceberg.com. Il nuovo sito, completamente full responsive, è consultabile da qualsiasi device - desktop, tablet e smartphone - e tutti i contenuti sono tradotti in tre lingue: italiano, inglese e russo. All’interno del website, subito in home page, si trova un ampio spazio dedicato alle campagne pubblicitarie, un social wall che raccoglie tutti i post Instagram e l’Iceberg Magazine con le news. Il nuovo approccio “look & feel” rende il sito un veicolo di comunicazione emozionale, che permette di far aumentare la brand awareness e dà l’accesso a Gilmarlab, piattaforma di e-commerce che accorpa le label della famiglia Gilmar. Un canale, questo, che aiuterà Iceberg a centrare l’obiettivo di confermare i trend di crescita registrati durante quest’anno, in tutti i principali mercati di riferimento.

ANDREA MONTELPARE

AI LORO PIEDI IN UN CLICK The children’s shoes manufactured and distributed by Andrea Montelpare Group are now sold on andreamomtelpare.com platform. Andrea Montelpare ha rinnovato il proprio sito corporate introducendo l’e-shop, dove acquistare 15 delle 18 griffe attualmente prodotte e distribuite dal gruppo marchigiano leader mondiale nel fashion & luxury kids footwear. Oltre agli house brand Andrea Montelpare, AM66, Montelpare Tradizione e bumper, nel sito si trovano infatti le calzature per i bimbi firmate 4US Kids, Cesare Paciotti, Ermanno Scervino Junior, Ice Iceberg, John Galiano Kids, Marni, Mi.Mi.Sol., N21 Kids, Quis Quis, Roberto Cavalli Junior e Simonetta. Andreamontelpare.com è un progetto b2c 100% made in Marche, a cui hanno collaborato Alkèmia.eu, Columbus/Italia e il full service provider Dropp.

OFFICINA36

MODELS CORNER

DAL CLUB AL BLOG LA VERA VITA DELLE MODELLE From Models Corner’s experience the Models Life blog on models life, told by themselves, was born. Dall’esperienza del Models Corner, riproposto alla scorsa edizione di Milano Moda Donna su modello del Model Lounge di New York e Miami (ossia un club esclusivo dedicato alle modelle delle migliori agenzie della città, localizzato, nel caso del capoluogo lombardo, presso il Classico Restaurant di via Tocqueville 9), è nato il blog Models Life sulla vita delle modelle, raccontata da loro stesse. Models Corner, dopo un anno di attività a Milano, ha ottenuto l’attenzione di sponsor importanti. Oltre a essere un club esclusivo per le modelle in città, è una start up innovativa, che integra lo spazio fisico con la comunicazione digitale, proponendo nuovi modelli di comunicazione, sostanzialmente strumenti di content marketing, che i partner possono integrare nella loro brand strategy. Il blog Models Life si trova all’indirizzo http://modelscorner.it/blog/it.

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L’E-COMMERCE IN CHIAVE B2B The menswear brand Officina 36 enhances its distribution network with the opening of an e-commerce b2b platform. Il brand di moda uomo Officina36 potenzia la rete distributiva con l’apertura dell’e-commerce b2b, rivolto agli oltre 560 retailer in Italia e all’estero, con i quali condivide la filosofia del “ready to buy”. Il nuovo e-commerce va a integrare i canali offline dell’azienda, nell’ottica di una maggiore efficienza e di una più marcata personalizzazione dei flussi commerciali b2b.

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Fiege for

Fiege, supply chain su misura Da società di trasporti a fornitore di logistica a servizio completo: l’evoluzione di Fiege tra flessibilità, automazione e digitalizzazione

Nel 1873 era una piccola società di trasporti, che offriva passaggi merce ai contadini della zona con un carro trainato da cavalli. Oggi Fiege Logistics è un leader europeo nell’ambito della logistica, a servizio completo e a li­vello globale. Conta sulla collaborazione di oltre 10mila ope­ratori e 160 basi in 15 Paesi, sviluppando soluzioni persona­lizzate per il commercio elettronico, consegne e trasporti su strada, marittimi e aerei, sdoganamento, immagazzinaggio, gestione immobiliare, con servizi all’avanguardia che co­prono l’intera gamma, dalla consulenza alla pianificazione e gestione della supply chain. «Alla base della nostra attivi­tà - fa sapere Alberto Birolini, board member e business development manager di Fiege Logistics Italia - ci sono la flessibilità e la forte volontà di creare, insieme al cliente, una soluzione logistica avanzata e su misura che possa durare nel tempo, con l’obiettivo di accrescere l’efficienza e garan­tire la massima qualità dell’intera supply chain». Il gruppo (a tutt’oggi guidato

dalla famiglia fondatrice) opera in diversi ambiti, con particolare riferimento al fashion, settore cui mette a disposizione impianti logistici attrezzati con strutture automatizzate e dotate di centri di ricondizio­namento capi, personale dedicato al controllo qualità degli articoli, etichettatura, un efficiente sistema di trasporto abbigliamento e accessori. E non solo. «Grazie alla presenza diretta nel continente asiatico - dice Birolini - Fiege fornisce la copertura dell’intera supply-chain, assicurando il controllo diretto di pas­saggi fondamentali, per esempio il contatto con il fornitore, la gestione delle operazioni doganali e la disponibilità di in­formazioni on-time, resa possibile dal sistema di tracking e di vendor management». Altra sfida importante è il canale e-commerce, su cui il gruppo punta con investimenti strate­gici per garantire consegne same-day, drop-shipping, resi, ottimizzazione economica e qualitativa degli imballi e una serie di soluzioni informatiche di interazione diretta tra i siste­mi Fiege e quelli dei clienti.

FIEGE Logistics Italia Via Juan Manuel Fangio 11 - 20020 Lainate (MI) - www.fiege.com


SOPRA STERIA for

Verso un business più intelligente TRAGHETTARE LE IMPRESE VERSO LA TRASFORMAZIONE DIGITALE, TRA NUOVE VISIONI STRATEGICHE, INNOVAZIONE TECNOLOGICA E OMNICANALITÀ: LA MISSION DI SOPRA STERIA

Per Sopra Steria innovare è sinonimo di sviluppo reale, accelerazione, valorizzazione del business. «La nostra - spiega Fabio Arrigoni, Direttore della Divisione Industria e Servizi di Sopra Steria Group in Italia - è una società di system integration. Forniamo soluzioni tecnologiche ai clienti, guidandoli nella trasformazione digitale». L’azienda offre un supporto concreto a livello di visione strategica, supervisione dei processi di trasformazione, progettazione di nuove soluzioni e loro implementazione, evoluzione e manutenzione. Sopra Steria, tra i leader europei del settore, nasce in Francia nel 1968. Oggi conta 39mila collaboratori in più di 20 Paesi e sviluppa un fatturato di 3,6 miliardi di euro. La sua attività in Italia si dirama su tutto il territorio attraverso le sedi di Assago (MI), Padova, Collecchio (PR) e Roma, impiegando un team di oltre 800 professionisti. Nel fashion la consulenza di Sopra Steria contribuisce a rendere la relazione impresa cliente una esperienza che si declina in tutti i canali di comunicazione. Grazie a questa gestione omnichannel,

le aziende possono pianificare efficacemente merchandising, acquisti e produzione e gestire la relazione con terzisti e fornitori connettendo attraverso i big data tutti questi ambiti. Dalla collaborazione con i più importanti marchi del lusso nascono anche progetti estemporanei, come la sfilata in streaming che diventa occasione di shopping online. «Il video - dice Arrigoni - propone dei tag sull’accessorio cool, l’utente clicca e acquista. L’idea di base può arrivare dal marketing del cliente o direttamente da noi. In ogni caso, per essere realizzata, ha bisogno di soluzioni tecnologiche ad hoc». «La nostra mission - continua il manager - è, da un lato, cercare sul mercato proprio quei fattori abilitanti dei progetti creativi, i più avanzati, attraverso uno scouting incessante di software vendor e startup; dall’altro, sviluppare noi stessi idee e soluzioni innovative». Come Stargate, piattaforma flessibile che consente di integrare alla sfera dell’e-commerce tradizionale il mondo del retail e dell’esperienza in store, facilitando anche la gestione delle vendite cross canale


più complesse e su scala planetaria. Si tratta della possibilità di comprare un articolo in un negozio, scegliere di pagare con un’app, farselo recapitare a domicilio, ma nel frattempo decidere di non volerlo più: «A questo punto si fa il reso con un click da casa trasformando il credito in un buono elettronico da spendere anche in store, dove si ritira e si paga sia ciò che si è comprato in Rete, sia quanto si acquista al momento». In questi ambiti Sopra Steria condivide

con SDA Bocconi diversi progetti, dalla pubblicazione di libri, ad esempio “Omnicanalità”, allo sviluppo di un modello attraverso il quale le aziende possano automisurare il loro livello di maturità tecnologica rispetto alla multicanalità. Nel dettaglio il Gruppo sostiene i propri clienti in vari ambiti, tra cui e-commerce, CRM, Smart Communication, Cloud Computing, Mobile, Supply Chain Management, Big Data, oltre alle classiche soluzioni ERP.

SOPRA STERIA Centro Direzionale Milanofiori - Strada 4 Palazzo A7 - 20090 Assago (MI) - Tel 02 892 291 - www.soprasteria.it


NEWS

ANTONY MORATO/RAFFAELE CALDARELLI

«A QUOTA 100 MILIONI, NON CI FERMIAMO QUI» Contemporary menswear by Antony Morato is going to close year 2016 with lots of positive signs. From turnover, that crosses the finish line of the year at 100 million euro compared to 91 in 2015, to ebitda, that grows 10,5%, and retail (+12% like for like). Il menswear contemporary di Antony Morato si avvia a chiudere il 2016 1 con tanti segni positivi. A partire dal fatturato, che taglia il traguardo dei 100 milioni di euro rispetto ai 91 del 2015, per proseguire con l’ebitda, in progress double digit a +10,5%. Cresce anche il retail, con un +12% like for like e un’incidenza del 23% sul fatturato, contro il 18% del 2015. Percentuali che rimandano a una flotta di 80 monomarca, di cui 45 diretti, a fronte di un wholesale a quota 2.500 punti vendita plurimarca. Una diffusione che ha fra i suoi capisaldi l’internazionalizzazione, con l’export che arriva a sfiorare il 70% del giro di affari, e una presenza in oltre 60 Paesi, con filiali in Spagna, Germania e Francia. «Lavoriamo al rafforzamento ulteriore della distribuzione nei mercati chiave - spiega Raffaele Caldarelli, chairman del board -. Nel 2017 apriremo quattro nuove showroom direzionali in Germania e in Francia e svilupperemo ulteriormente la rete retail con dieci opening tra Italia, Spagna, Olanda e Francia». Con una sfida all’orizzonte, il franchising: «Fino a oggi era la soluzione per affrontare aree che non potevamo approcciare in altro modo, ma dal 2017 implementiamo il format in Paesi come Italia, Spagna, Olanda e Francia», La partita si gioca anche sui nuovi mercati: dopo Indonesia, Corea, Cina, India, è la volta dell’Iran. «Tra dicembre e febbraio inaugureremo i due primi negozi monomarca in Iran - annuncia Caldarelli -. Il primo sarà su Jordan street a Teheran, la principale via dello shopping iraniano». «Rafforzeremo ancora le iniziative di sviluppo retail e gli investimenti advertising su Italia, Francia, Spagna e Germania - conclude Caldarelli -. In particolare il focus è sul mobile: una scelta imprescindibile per un marchio come il nostro, che dialoga con un target di età medio di 30 anni». (c.me.) 1. Raffaele Caldarelli, chairman del board di Essedi, cui fa capo Antony Morato 2. Un outfit della label

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PATTERN

ENTRA IN ELITE E GIOCA UNA CARTA ESEMPLARE Acquired in 2014 by Pattern group, Esemplare clothing label raises aims to become a top brand within the next three years. Meanwhile, the Turin-based company has entered the Elite program of Italian Stock Exchange. C’è anche Pattern tra le 44 società ammesse alla community Elite, il programma di Borsa Italiana 1 per promuovere le imprese ad alto potenziale. «Siamo orgogliosi di questo traguardo - dice Luca Sburlati, general manager dell’azienda torinese - soprattutto perché abbiamo già avviato un percorso di crescita, basato su tre assi fondamentali: avere e far crescere le migliori risorse umane sui processi di progettazione e produzione moda, utilizzare le tecnologie più avanzate da un punto di vista modellistico, con una migrazione progressiva da sistemi 2D a sistemi 3D, e ottenere un processo a valle e a monte completamente sostenibile (dal 2013 l’azienda è in possesso della certificazione SA8000 Social Accountability, ndr)». Un dinamismo testimoniato dai numeri, con un fatturato passato dai 6 milioni di euro del 2009 ai 24,5 del 2015, con la previsione di chiudere il 2016 a 26 milioni, riconosciuto anche da Confindustria, che nel 2015 ha inserito la società tra le otto Pmi italiane con le migliori performance post crisi. Nata nel 2000 da un’idea di Fulvio Botto e Francesco Martorella, Pattern produce conto terzi per 11 luxury brand internazionali più di 100mila capi l’anno. Forte di questo background, due anni fa ha acquisito, riportandolo in Italia, Esemplare: un marchio di sportswear evoluto, che dalla primavera-estate 2016 alla collezione uomo ha aggiunto anche un côté donna e che scommette su valori come multistagionalità, multifunzionalità, sostenibilità e tecnologia high-tech applicata a capispalla dal gusto italiano, contraddistinti da un carré a Y rovesciata. Ora, annuncia Sburlati, la sfida è «diventare un top brand nella fascia dei capispalla di target medio-alto/alto entro i prossimi tre anni». (a.t.)

1. Luca Sburlati, general manager di Pattern 2. Una creazione di Esemplare

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TRIBOO DIGITALE for

Nasce la nuova Triboo: un’unica realtà d’eccellenza per il mondo fashion-digital E-COMMERCE, DIGITAL COMMUNICATION E MEDIA SOLUTIONS AL SERVIZIO DEL FASHION Dalla recente fusione per incorporazione di Grother, holding di Triboo Digitale, in Triboo Media, è nata la nuova Triboo S.p.A., Gruppo quotato sul mercato AIM dal forte potenziale di crescita, caratterizzato da un’ampia e diversificata offerta per il mondo digitale. Grazie al rafforzamento della sinergia delle sue tre principali anime - ovvero Triboo Digitale, dedicata al commercio elettronico, Bootique, focalizzata su comunicazione e digital marketing, e Triboo Media, società specializzata nel digital advertising e online publishing - il Gruppo ha raggiunto nel 2015 un fatturato pari a 85,5 milioni di euro, generato dalle attività svolte per più di 500 clienti. «La nostra expertise sul fashion eCommerce si sta focalizzando sempre più verso soluzioni di omnicanalità, che abbiamo implementato con successo per top brand italiani del calibro, ad esempio, di Luisa Spagnoli e Coccinelle» afferma Alessio Barbati, Chief eCommerce Officer di Triboo Digitale. «Grazie all’evoluzione del Gruppo - precisa -

potremo qualificare ulteriormente la nostra proposition sul mercato attraverso un’offerta ancora più completa e diversificata, sia per i grandi marchi che per le boutique e i retail del settore luxury». Da un lato si raffforza le sinergia con Bootique per la produzione di shooting e contenuti di storytelling che ha portato, ad esempio, alla realizzazione del progetto Passengers per Piquadro, giunto alla seconda edizione. Bootique prenderà inoltre in carico tutte le attività creative, sia di branding che di eCommerce, sotto la guida di Paola Birolo, nuova Chief Creative Director con decennale esperienza nel mondo fashion. Dall’altro lato, si aprono nuovi scenari di collaborazione con Triboo Media e i brand editoriali del Gruppo, caratterizzati dal forte focus su fashion e lifestyle, tra cui Dire Donna, magazine dedicato alle donne e alle loro passioni, la cui audience fortemente fidelizzata è composta da trend setter e responsabili d’acquisto dalla elevata capacità reddituale.

Triboo S.p.A. Viale Sarca 336 edificio sedici - 20126 Milano - Tel. +39 02 64741401- www.triboo.it


YARNS

ASAHI KASEI FIBERS

NUOVE SFIDE PER IL CUPRO La moda chiede sempre di più ai partner il rispetto di restrittivi parametri di sostenibilità. Il Cupro - la fibra più nota nel mondo delle fodere di lusso - risponde avviando un percorso virtuoso verso la certificazione del ciclo di vita del prodotto. DI ELISABETTA FABBRI

The Cupro fiber, made in Japan by Asahi Kasei Fibers, takes the route of the product’s life cycle certification, following the needs of a fashion industry asking its partners to pursuit the goal of a sustainable production.

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ra il 1931 quando iniziava la prima produzione di Cupro a Nobeoka, nel Sud del Giappone. Oggi che di questa fibra cellulosica se ne producono milioni di metri l’anno - destinati soprattutto alla realizzazione di fodere di alta gamma ma anche all’abbigliamento, lingerie e arredamento - la proprietà Asahi Kasei Corporation si prepara a nuove sfide. Sempre più spesso, infatti, la moda chiede ai suoi partner un impegno concreto e il rispetto di parametri molto restrittivi sul fronte della sostenibilità, come è emerso al “Cupro Japan Tour 2016”, un viaggio-evento organizzato recentemente insieme alla Asahi Kasei Fibers Italia per portare alle radici del Cupro i manager della moda (grandi gruppi come Aeffe, Bottega Veneta, Ermenegildo Zegna, Fendi, Giorgio Armani, Gucci, Staff International, realtà del casualwear come Giada e del sartoriale come Gianfranco Bommezadri, Isaia, Litrico Moda e Sartoria Latorre), gli opinion leader e la stampa. Questo filo - apprezzato dall’industria del fashion per l’alta qualità, la mano serica e le performance, specie in termini di comfort - ha già ottenuto la certificazione Oeko-Tex Standard 100, che contribuisce a garantire al consumatore un’elevata sicurezza del prodotto. La fibra, simile alla seta, è in realtà ottenuta dal cotone, riciclando i corti filamenti che ne avvolgono i semi (in gergo “cotton linter”). Per via dell’origine naturale, la sua biodegradazione avviene nel giro di tre mesi. Per rispondere a un mercato che chiede una moda sempre più responsabile, è stato coinvolto l’ICEA - Istituto per la Certificazione Etica ed Ambientale di Bologna, attualmente al lavoro per l’elaborazione di un report, che potrebbe essere pronto agli inizi del 2017 e

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presentato in occasione del prossimo Première Vision (a Parigi dal 7 al 9 febbraio), da sempre importante vetrina per le fibre della famiglia Asahi Kasei. NON SOLO LA CERTIFICAZIONE TRA GLI OBIETTIVI PRIORITARI Arrivare a una valutazione del ciclo di vita del prodotto, tenendo conto dell’impatto ambientale e puntare alla certificazione (nelle stime in uno o due anni, tenendo conto che, di fatto, non esistono competitor) non è l’unica priorità dei produttori di Cupro. Tra gli obiettivi ci sono pure l’innovazione di processo, che dovrebbe consentire la riduzione dei consumi di energia e minori emissioni, e l’espansione dei volumi, per garantire continuità nell’offerta. Un altro goal è lo sviluppo di nuove proposte, sulla scia del successo dei tessuti a base Cupro, già apprezzati da mondi sfaccettati come la moda concettuale di MM6 Maison Margiela, l’abbigliamento sportivo e per la danza

di Deha, il luxury denim Jacob Cohën e la calzetteria Wolford. All’edizione di settembre di Première Vision il brand austriaco ha presentato un collant in satin ma opaco, frutto di due anni di ricerche, che al Cupro abbina lo spandex Roica (altro brand nel portafoglio di Asahi Kasei). Per quanto riguarda il mercato italiano, come emerso in marzo alla presentazione ufficiale della nuova sede di Asahi Kasei Fibers Italia, a Gallarate (Varese), tra gli impegni spiccano gli investimenti in attività promozionali, per incrementare la brand awareness all’interno della filiera, e collaborazioni più strette con i partner. Non è un caso che la unit italiana abbia aderito, la scorsa estate, a Smi-Sistema Moda Italia, la maggiore associazione del tessile-abbigliamento nazionale. Per consolidare i rapporti con il territorio e la filiera, dal 2015 Asahi Kasei Fibers Italia è anche tra gli sponsor del “Biella Master delle Fibre Nobili”, un corso postuniversitario nato da un’idea dell’imprenditore tessile Luciano Barbera e ormai alla sua 26esima edizione, che mette a disposizione dei partecipanti una borsa di studio di 8mila euro. In più Cupro e Roica hanno rinnovato, anche per il 2017, la partnership con Intima Media Group per sostenere i premi “Stelle dell’Intimo”, di anno in anno assegnati ai migliori retailer multimarca indipendenti di underwear in Italia e Francia. Per avere un’idea delle dimensioni del mercato del Cupro, basti sapere che la controllata italiana di Asahi Kasei, che da Gallarate gestisce la distribuzione del filato in Europa, nel 2015 ha realizzato un fatturato di 58,6 milioni di euro, in aumento del 19% circa rispetto all’anno prima. ■

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1. Il quartier generale di Asahi Kasei a Tokyo 2. La produzione di Cupro nell’impianto di Nobeoka, città della prefettura di Miyazaki

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SYS-DAT for

Nuove iniziative “firmate” SYS-DAT: e-commerce e progetti oltre confine IL SUCCESSO DI SYS-DAT - LEADER NELLE SOLUZIONI ICT PER LE AZIENDE DEL SETTORE MODA - PROCEDE AL RITMO COSTANTE DI UN FATTURATO IN CRESCITA A DOPPIA CIFRA NEGLI ULTIMI 6 ANNI. UN TREND POSITIVO CHE PERMETTE ALL’IMPRESA MILANESE DI GUARDARE AVANTI CON RISOLUTEZZA, METTENDO A SEGNO OBIETTIVI AMBIZIOSI: UNA NUOVA AZIENDA NEL GRUPPO E NUOVI PROGETTI ALL’ESTERO

“Con la nascita di EXYS continua il percorso evolutivo di SYS-DAT”, esordisce così Matteo Neuroni - AD di SYSDAT SPA, realtà milanese con oltre 100 dipendenti e 7 filiali in Italia - “EXYS è oggi la società del gruppo che offre soluzioni e-commerce e digital per il mondo del Fashion”. Si amplia l’offerta “total look” che l’impresa milanese riserva agli attori del settore fashion&luxury, con l’intento di offrire agli oltre 500 clienti un unico referente per tutte le necessità applicative: soluzioni software, consulenza e assistenza in ambito ERP, CRM, PDM, Retail, Analytics, App, eCommerce&omnichannel, RFID... EXYS, con la proposta e-commerce per la moda, si aggiunge al gruppo di aziende controllate da SYS-DAT ognuna con specifica competenza applicativa o territoriale: E-Lab Consulting per tutta l’area B2B, Web&App; SYS-DAT Retail con competenze specifiche a supporto degli spazi distributivi;

B-One on-Site per le aziende Piemontesi; SYS-DAT Bari per il mercato del sud Italia e Logic One per la Sicilia. Con sede operativa a Milano, EXYS è articolata in quattro aree integrate - e-commerce, creazioni siti Internet, social marketing fino ad arrivare al full outsourcing - con il chiaro intento di garantire servizi personalizzati legati alla vendita online utilizzando i principali standard e-commerce. Un altro caposaldo della strategia commerciale di SYSDAT è lo sguardo all’estero; ad oggi sono presenti Clienti in tutta Europa, Medio Oriente, Cina e Stati Uniti. “Continuiamo ad investire per proporre soluzioni adatte sia al mercato italiano che a quello estero. E’ con soddisfazione che possiamo affermare che anche oltre confine, sempre più spesso, viene richiesta ed apprezzata la nostra esperienza e conoscenza del Made in Italy ”, conclude Matteo Neuroni.

Via Muzio Attendolo detto Sforza, 7/9 - 20141 Milano - IT - Tel. +39 02 507241 - marketing@sys-dat.it - www.sys-dat.it


BRAND TO WATCH

DUE SOLI Due Soli is a new outerwear collection dedicated to gentlemen 3.0, 100% made in Tuscany. Un marchio di capispalla dedicato ai gentlemen 3.0, cosmopoliti e sempre connessi, ma amanti del bel vestire e che non abdicano a una creatività ricercata. Parliamo di Due Soli, brand al debutto con l’autunnoinverno 2016/2017 lanciato da Fabio Renzetti, Giovanni Muracchini e Alessio Cursi: bomber, field jacket, giubbini, giacche e trench di impronta sartoriale ma dall’appeal contemporaneo, 100% made in Tuscany. Con quattro showroom di riferimento fra Italia ed estero, la collezione è distribuita in un centinaio di boutique in Italia, nel resto d’Europa, Giappone e Corea.

CLIMBER B.C. After conquering more than 30 countries, the brand of Turkish group Cuno debuts in Italy.

TWINS FLORENCE Linda Calugi designes an agender collection, handmade in Italy by the family company Missardi. Linda Calugi, classe 1983, una laurea in architettura all’Università di Firenze, è l’artefice di Twins Florence, collezione che si è aggiudicata la terza edizione del Premio Ramponi. Stratificazioni e contrasti di tessuto modulano un’offerta che vuol superare i concetti di genere, con il plus di una produzione handmade in Italy nell’azienda di famiglia Missardi. Di base da Point.Showroom a Milano, la linea è venduta in Italia (per esempio da Bjork a Firenze e I Cinque Fiori ad Adelfia, vicino a Bari) e all’estero, in shop come Journal Standard Relume e Whim Gazette in Giappone.

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Dopo aver conquistato oltre 30 Paesi attraverso un centinaio di negozi, sia multimarca che monomarca, Climber B.C., marchio fondato dai fratelli Samsama nell’orbita del gruppo Cuno (una holding turca con interessi in svariati settori), ha aperto una showroom in via Borgonuovo 12 a Milano. L’obiettivo? Affermarsi in un Paese dall’importante knowhow nel menswear, grazie a uno stile che affonda le radici nella tradizione orientale, ma con un twist occidentale. Artefice delle collezioni Climber B.C. e Climber B.C. Sartorial (realizzata interamente in Italia), è Erkan Çoruh, premiato nel 2010 al concorso Who is On Next?.

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BARRIQULE Handcrafted glasses, made with aged oak woods: the idea is of the Piedmontese Lorenzo del Tufo, who created this eyewear brand in 2014. Amarone, Moscato, Passito, Brunello non sono solo nomi di vino ma anche dei modelli di Barriqule, marchio piemontese di occhiali artigianali, ideato nel 2014 da Lorenzo del Tufo. «Ero nella cantina dove la mia famiglia produce vino da diverse generazioni - racconta - quando ho notato alcune vecchie barrique accatastate in un angolo, pronte per essere bruciate. Da lì è nata l’idea: riutilizzare legni di rovere invecchiati, trasformandoli in aste per occhiali». Oggi la collezione, 100% made in Italy, è distribuita in circa 150 negozi italiani di ottica, con due fasce prezzo: 198 e 218 euro.

PARMEGGIANI The luxury brand, handmade in Modena, focuses on the high quality of materials and an extreme attention to details. Più che borse, sono oggetti del desiderio. Un concentrato di altissima qualità handmade in Modena, savoir faire artigianale, attenzione quasi parossistica dei dettagli, per accessori che racchiudono in sé il patrimonio di una tradizione secolare nella lavorazione di pellami di pregio. Parmeggiani, con showroom in via Durini a Milano, è ben distribuito in Russia, Cina, Corea e Sud Est asiatico e sta rafforzando la propria presenza in Europa, con focus su Francia e Germania. Compresi fra 3mila e 5mila euro i prezzi al pubblico (nella foto, un modello della capsule Treasures of Blue).

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LIFESTYLE

ACCESSORI HIGHTECH

MANUS X MACHINA O DEUS EX MACHINA? Quando la tecnologia indossabile e il fashion system si incontrano i target di consumatori aumentano, per determinare una vera revolution. DI ALBERTO CORRADO

When wearable technology and fashion system meet consumers increase to decide a true revolution.

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l titolo della mostra appena conclusasi a New York, “Manus x Machina, Fashion In Age of Techology”, ci rimanda all’espressione latina “deus ex machina”, mutuata dal greco antico “Mechanè” e usata per indicare un evento o un personaggio che, nel corso di una narrazione, ne risolve inaspettatamente gli intrecci, spesso con modalità apparentemente non correlate rispetto alla logica interna della vicenda, al punto di apparire altamente improbabile o come il risultato di un evento fortuito. Al di fuori dell’ambito narrativo, il gioco linguistico calato nel fashion system ci rimanda al valore della tecnologia applicata alla moda, che ha ricevuto un forte input dal “cool factor”, sempre più spostato verso un target di consumatori in continua crescita. Considerata la frenetica presentazione di sempre di nuovi

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prodotti da parte di aziende di eccellenza, quali Apple con I Watch, Google con GoogleGlass, Nike con i bracciali per lo sport, molti esperti prevedono che il 2017 sarà l’anno della “Wearable Fashion Revolution”. Si tratta di tecnologie indossabili, ovvero in grado di consentire ai propri fruitori di espletare funzioni complesse in mobilità, come fornire informazioni, effettuare chiamate telefoniche, inviare messaggi, interagire con i social network, geolocalizzare la propria posizione, effettuare pagamenti o monitorare il proprio stato psicofisico, ma anche solo come espressione della fusione tra tecnologia ed estetica. Una molteplicità di funzioni, che si tramutano in un’ampia varietà di dispositivi dal design accattivante: orologi, gioielli, indumenti, accessori. Se fino ad ora gli acquirenti erano i giovani sportivi o i businessmen, il target sta mutando, catturando anche il pubblico femminile, che ama indossarli e intende ampliare la propria comunicazione, nonché la fascia più avanti con gli anni, che utilizza dispositivi utili alla propria salute. Pronte a cogliere queste nuove opportunità, sono scese in campo anche le maison della moda, in totale autonomia, proponendo nuovi “smart device”. Le due grandi icone come Apple ed Hermès, in partnership, hanno creato una visione originale per un orologio unico : Apple Watch Hermès contraddistinto con splendidi cinturini in pelle realizzati a 2 mano da artigiani Hermès e quadranti

disegnati da Apple, ispirandosi agli inconfondibili orologi Hermès Clipper, Cape Cod ed Espace. Dall’incontro tra l’azienda cinese Xinyoulingxi Technology di Wang Jieming, settore Internet mobile, e Marco Dal Maso, giovane designer vicentino, è nato Totwoo, un gioiello orientato al benessere fisico. Declinato in due collezioni, We Bloom e We Bold, è dotato di un dispositivo che si connette via Bluetooth con l’App sullo smartphone (iOS e Android) e “cura” la vita sociale e il benessere di chi lo indossa. Permette di trovare gli amici vicini, mandando un messaggio all’altro totwoo, o ancora di misurare i raggi UVA, suggerendo l’utilizzo della crema protettiva. E visto che è in arrivo il Natale, nella ricerca del regalo più smart, due posizioni di rilievo avranno il nuovo orologio di Michael Kors Access, che con un semplice tocco sul proprio polso potrà gestire tutte le applicazioni richieste dal cliente, e Beluvv Puppy, accessorio per non perdere di vista i nostri amici a quattro zampe, facilitando al contempo l’interazione con loro. In altre parole la moda smart di oggi non va solo guardata ma anche va monitorata e ascoltata. Anche questa è modernità, no? ■

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1. Beluv Puppy 2. Michael Kors Access 3. Totwoo 4. Apple Watch Hermès

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TINEXT for

Tecnologia, creatività e valori per una trasformazione digitale vincente GRANDE COMPETENZA A LIVELLO INFORMATICO E TECNOLOGICO, MA ANCHE CAPACITÀ DI ASCOLTARE IL CLIENTE E TRADURRE LE SUE ESIGENZE IN PROGETTI ALL’INSEGNA DI UN’OMNICANALITÀ AVANZATA: TUTTO QUESTO È TINEXT, REALTÀ CON SEDI IN SVIZZERA, ITALIA E MEDIO ORIENTE CHE AFFIANCA LE AZIENDE, ANCHE DELLA MODA, NELL’AFFRONTARE A TESTA ALTA LA RIVOLUZIONE DIGITALE.

Esperienza e flessibilità sono due asset per occuparsi per esempio della completa ridefinizioTinext, azienda fondata nel 1995 che ha al ne dell’identità digitale del Salone del Mobile, un proprio attivo oltre 1.500 progetti realizzati e evento di respiro mondiale che non ha bisogno di più di 800 clienti nell’ambito della consulenza presentazioni. I marchi del fashion, in particolare, sul web. Tinext infatti è sinonimo di una digital sono al centro di una rivoluzione senza precedencompany che, unendo tecnologia e creatività, si ti: da semplici imprese di prodotto devono divenfonda sulla condivisione di valori come affidabitare realtà in grado di mettere il cliente al centro lità e passione, utilizzando le tecnologie digitali dell’attenzione. Tinext è il partner ideale in questa per aiutare le aziende a esprimere nella “giungla” fase di delicata trasformazione, grazie a un know Stefano Zoia, CEO Tinext omnicanale il massimo del proprio potenziale di how basato su un’attenta attività di analisi, seguita business. Tramite le sue sedi in Svizzera, Italia e a Dubai, dalla definizione di strategie personalizzate e dalla messa a Tinext può essere definita una progettatrice di esperienze, punto del progetto, all’insegna dell’alta tecnologia ma anche attraverso lo sviluppo di soluzioni, l’integrazione di sistemi di un’interazione umana costante con le controparti. «La noe la gestione di infrastrutture e applicazioni a diversi livelli stra capacità numero uno - sintetizzano in Tinext - è quella dalla customer experience ai progetti end-to-end in ambito di comprendere a fondo le esigenze di business e tradurle in intranet per la rete vendita -, con il supporto di partner come risultati misurabili, come è accaduto con gli oltre 500 clienti Salesforce Marketing Cloud, Magnolia CMS e Opena cui abbiamo dato il nostro contributo, soprattutto negli ultiText. Tra i clienti sono sempre di più i nomi di spicco della mi 15 anni, per raggiungere il successo digitale, costruendo moda e del design: in questo caso specifico, è stata Tinext a progetti ad hoc e gestendone la piattaforma tecnologica».

Tinext SA -Viale Serfontana 7- 6834 Morbio Inferiore (TI) - Switzerland Tinext Italia Srl -Via Borghi 8 -21013 Gallarate (VA) - Italy www.tinext.com

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PORTRAITS

VALENTINA VISCONTI

LA MANAGER CON UN MASTER IN POSITIVITÀ Dalla consulenza alle flash sale su Internet, Valentina Visconti è diventata country manager Italia di vente-privee e Privalia. Una giovane donna in carriera, che tiene ai valori aziendali e cerca di conciliare lavoro e famiglia, mettendoci sempre il massimo dell’impegno

• Nasce a Padova il 10 ottobre 1978 • Nel 2002 si laurea in in Economia Aziendale, con specializzazione in Management Consulting, presso l’Università Bocconi

DI ELENA AZZOLA

From consultancy to flash sales on the Internet, Valentina Visconti has become country manager for Italy of vente-privee and Privalia. A young businesswoman, who cares about corporate values and aims to balance her work and family life, always demonstrating absolute commitment.

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on l’acquisizione di Privalia da parte del Gruppo vente-privee Valentina Visconti, già country manager Italia della società specializzata nelle vendite-evento su Internet fondata da Lucas Carné e José Manuel Villanueva, ha assunto la guida nel nostro Paese anche dell’azienda francese attiva nello stesso settore, già presente in 14 nazioni in Europa e in forte espansione. È lei la manager scelta dal creatore, presidente e ceo di vente-privee, Jean-Antoine Granjon, per integrare le due realtà e far crescere il business nella Penisola. Valentina Visconti è nata a Padova nel 1978, anche se le origini della famiglia sono milanesissime, come testimonia il cognome. La sua è una famiglia di medici, ma per sé ha scelto una strada diversa: si è laureata in Economia Aziendale, con specializzazione in Management Consulting, presso l’Università Bocconi,

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• Dal 2003 al 2008 lavora nella società di consulenza Bain & Company • Nel 2009 entra in Privalia come country manager Italia della e-company spagnola • Nel 2016 diventa country manager Italia di vente-privee e Privalia

“folgorata” da una lezione tenuta in ateneo da Gianfilippo Cuneo, il principe della consulenza in Italia. Con Cuneo lavora subito dopo la laurea, conseguita con una tesi sul contributo dato dalle società di consulenza allo sviluppo della new economy. Successivamente entra in Bain & Co dove rimane per cinque anni collaborando con grandi aziende internazionali. Il passaggio dalla consulenza all’arena delle Internet company è quasi obbigato: dopo un’esperienza di direzione nella sezione immobiliare di eBay, assume l’incarico di country manager Italia di Privalia. «Internet per me era una passione ma anche un settore dinamico, in forte crescita, giovane e che mi dava la possibilità di mettermi alla prova», racconta. In Privalia, insieme ai fondatori, si mettono a fuoco dei valori aziendali, a cui Valentina Visconti tiene in modo particolare (e si sente che è

sincera): il primo è essere brave persone, che vuol dire essere corretti, rispettosi, sinceri e attenti nel dare la possibilità alle persone di crescere professionalmente. Il secondo è basarsi sempre sui fatti: è tutta teoria se non si conseguono i risultati. Valentina Visconti è anche mamma di Achille, quattro anni e mezzo, e Bianca, due e mezzo. «È un equilibrio complicato gestire famiglia e lavoro ammette -. È una sfida importante che noi donne affrontiamo cercando sempre di dare il meglio. Sicuramente bisogna avere molta energia e i bambini te ne danno e poi affidarsi ai nonni e a persone di assoluta fiducia e, non ultimo, avere la comprensione e la collaborazione del proprio compagno». E anche nelle situazioni più difficili e negli imprevisti della vita con i bimbi pensare in positivo e sposare la filosofia del “How Yes”, ovvero “Come sì”. ■

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CAREERS A CURA DI ANDREA BIGOZZI

Cédric Charbit passa da YSL a ceo di Balenciaga Balenciaga names Cédric Charbit as ceo. He will take over Isabelle Guichot’s role.

Consuelo Castiglioni lascia Marni: in arrivo da Prada c’è Francesco Risso Consuelo Castiglioni is parting ways with Marni. Francesco Risso will succeed as creative director of the label. His first collection will be launched in fall 2017. A conferma che è sempre difficile che i fondatori di un marchio ne possano rimanere alla guida anche dopo la cessione della proprietà, è arrivata la notizia (attesa) che Consuelo Castiglioni, fondatrice e anima creativa di Marni, ha lasciato il suo ruolo nell’azienda, passata dal 2012 sotto il controllo di Otb e di Renzo Rosso. Al suo posto è stato nominato Francesco Risso, dal 2008 a oggi in forze da Prada, dove ha lavorato alla collezione sfilata donna e ai progetti speciali: il suo debutto avverrà con l’autunno/inverno 2017. Un cambio della guardia preparato con cura, che pone fine ai tanti rumors che negli ultimi mesi si sono moltiplicati attorno al rapporto tra Rosso e Consuelo Castiglioni e il marito di lei Gianni (presidente) a sua volta in uscita. Consuelo, cresciuta a Lugano ma di origini cilene, lascia un marchio costruito a sua immagine e somiglianza in eredità al trentenne Risso, che ha dalla sua un curriculum di tutto rispetto alle spalle: gli studi al Polimoda di Firenze, al Fashion Institute of Technology di New York e alla Central Saint Martin di Londra, oltre a diverse esperienze lavorative in Anna Molinari, Alessandro Dell’Acqua e Malo.

Farfetch arruola Stephanie Phair Former Net-A-Porter executive Stephanie Phair is the chief strategy officer of Farfetch. Già al vertice di TheOutnet.com e parte del team manageriale di Net-A-Porter dal 2009 al 2015, Stephanie Phair affronta una nuova fase professionale insieme a Farfetch, che le ha affidato a decorrenza immediata un ruolo creato ex novo: chief strategy officer. A lei, che tra l’altro fa parte dell’advisory board di Felix Capital e siede nel cda di Moncler, il compito di sviluppare, in sinergia con il ceo José Neves, strategie in cui pianificazione e innovazione vadano di pari passo.

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Il 39enne Cédric Charbit è il nuovo ceo della maison Balenciaga al posto di Isabelle Guichot, che ha mantenuto questo incarico per nove anni e che continuerà a lavorare presso la casa madre Kering. Charbit assumerà l’incarico a partire dal 28 novembre e riporterà a François-Henri Pinault. Da maggio 2016 il top executive era vice-presidente esecutivo del prodotto e del marketing di Yves Saint Laurent, altro marchio nell’orbita di Kering che seguiva dal 2012, dopo un periodo trascorso in Pucci in Italia.

Richemont: cambi ai vertici dal 2017 Chief executive officer of Richemento Richard Lepeu and chief financial officer Gary Saage will retire next year. Prevista una serie di cambi ai vertici di Richemont dal 2017, a partire dal ceo Richard Lepeu che ha annunciato intenzione di andare in pensione a partire da marzo dell’anno prossimo mentre il direttore finanziario, Gary Saage, raggiungerà la sua famiglia negli Stati Uniti e lascerà l’incarico dal 31 luglio 2017. Il cambiamento arriva in un momento delicato per il gruppo del lusso di Ginevra (l’ultimo semestre ha registrato un calo dell’utile operativo del 43%), che ha infatti fatto comunicato l’avvio di un processo di ristrutturazione dei vertici «riconoscendo la necessità di reagire velocemente alle difficoltà del business in generale e dell’industria del lusso».

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Q&A A CURA DI ALESSANDRA BIGOTTA

FONDATORE E CEO DI DIGITAL IQ

TU-LAM PHAM

«IL FUTURO È DI CHI NON HA PAURA DI CAMBIARE»

Entrepreneur, professor, expert and advisor of large companies for digital business models, Tu-Lam Pham (formerly founder of the e-commerce company Enamora and executive of ProSiebenSat.1 and Netrada) lives in Germany and through his company, Digital IQ, offers training programs for digital business skills. For him the keywords of digital transformation in fashion are mobile, social, understanding customers and, last but not least, training at all levels. Dov’era a 18 anni e cosa stava facendo? Correva l’anno Duemila e stavo per iniziare l’università. Già sentivo il fascino del primo “Internet boom” e ne intravedevo la crescita. A che età ha iniziato a occuparsi di digital? Aver giocato ai videogame può contare? Sì, perché la mia passione in quest’ambito è cominciata molto presto, a otto anni, e posso dire che il mio interesse per questi settori sia nato in quel periodo. Quali sono le tre parole chiave di un progetto digitale vincente per un fashion brand? Mobile, social e comprensione del consumatore. Occorre prestare attenzione alle modalità con cui quest’ultimo interagisce realmente con il marchio. Dal mobile e dai social media si possono trarre diverse

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informazioni: come viene utilizzato un prodotto, cosa pensano le persone di un brand, se si limitano ad amarlo o se invece anche lo comprano, se lo consiglierebbero agli amici al punto da diventarne ambassador, quanto sono disposti a difenderlo contro le critiche (vedi i fan di Apple)...In sintesi, bisogna monitorare il loro coinvolgimento. Aziende di moda e digital transformation: quali gli errori da evitare? Innanzitutto, rivolgersi in modo eccessivo a consulenti esterni, anziché costruire internamente un’expertise. Inoltre, pensare che investire massicciamente nei paid media sia meglio di mettere a punto contenuti incisivi sui social. Meglio anche focalizzarsi sul business direct-to-consumer, oltre che sui retail partner e sui canali wholesale. Importante: lentezza e cautela non fanno parte del vocabolario del digital, velocità e sperimentazione sì. Infine, più che essere eterni allievi, è necessario diventare insegnanti dei propri manager e impiegati. Una regola ancora più valida nel caso delle Pmi, che possono contare sul personale che già hanno, a patto che lo formino. La chance in questo caso è la vendita diretta tramite il sito aziendale, di pari passo con contenuti d’impatto sui social.

Il magazine di news, business e trend

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A proposito di social: su quali puntare? Facebook è tuttora fantastico: tutti lo visitano più volte al giorno. Su Instagram i fashion brand possono usare le loro belle immagini per raccontare una storia. Molti marchi del lusso hanno già capito che Snapchat, più recente e in crescita, non è solo per teenager. In generale, fondamentale è il ruolo dei video, da pubblicare settimanalmente o, meglio ancora, giornalmente. Nel futuro le app di messaging, come Facebook messenger e Whatsapp, diventeranno luoghi dove non solo comunicare ma guardare contenuti, comprare e interagire con i brand. In Cina WeChat sta cavalcando questa tendenza, l’alba di un’era in cui lo store su Whatsapp potrebbe diventare più importante di quello sul sito aziendale! Qual è il suo sogno nel cassetto? La formazione è la cosa più importante al mondo, ma non sono sicuro che scuole e università stiano facendo un buon lavoro nel preparare i giovani a uno scenario sempre più complesso e veloce. Vorrei aiutare più persone possibile in questo percorso, attraverso i miei corsi anche online, i libri, il blog. Non escludo di avviare una scuola o un ateneo, dove si possano imparare le materie di reale interesse in questo momento. ■

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PEOPLE DI CARLA MERCURIO

VERONICA FERRARO

«INFLUENCER SÌ, MA PER IL FUTURO HO ALTRO IN MENTE. ASPETTATE E VEDRETE» Successful influencer with her The Fashion Fruit site, Veronica Ferraro boasts collaborations with top fashion brands. Now it is time for fitness. But in her future there is much more than a blogger career.

ALESSANDRA GARCIA, FIGLIA DI ANDY GARCIA

«CON LA MIA 48 NON INVIDIO LE MODELLE MAGRE. E PAPÀ È ORGOGLIOSO DI ME» Testimonial of Marina Rinaldi in the autumn-winter advertising campaign by Ellen von Unwerth, actor Andy Garcia's daughter Alessandra is a very appreciated curvy model. «Being sexy does not mean being skinny she esplains -. I am proud of myself, even if I don't reflect current stereotypes». Chi l'ha detto che per essere belle bisogna per forza essere supermagre, come Carrie Bradshaw in Sex and the City? Alessandra Garcia è convinta del contrario, dall'"alto" della sua taglia 48, che sfoggia con convinzione e gratificazione. E che l'ha resa protagonista nel mondo della moda, dove si è imposta come modella curvy, prima ancora che come figlia dell'attore Andy Garcia. «Indossare la 48 significa essere orgogliosi di se stessi, anche se ci si sente diversi o poco rappresentati rispetto agli stereotipi correnti», racconta al nostro magazine questa ragazza dal sorriso accattivante, che di sicuro con la sua taglia plus non ha avuto vita facile a Los Angeles, dove è nata 25 anni fa. Significa anche riuscire a imporre con successo il proprio modo di essere. Lo dimostrano i suoi tanti impegni nel mondo della moda, che la affascina molto più di quello della celluloide: «Sto lavorando a tantissimi progetti, sia editoriali che pubblicitari e, ovviamente, spero che il futuro continui a portarmi ulteriori opportunità». Fra le collaborazioni più significative c'è sicuramente quella con Marina Rinaldi, di cui Alessandra è testimonial per la stagione in corso nella campagna firmata da Ellen von Unwerth, che si è messa in gioco anche davanti all'obbiettivo (vedi foto). «Un'esperienza più che positiva - racconta - divertente e gratificante. Sicuramente lavorare con Ellen von Unwerth è stato uno dei momenti più importanti della mia carriera. L'energia e il senso dello stile che porta sul set sono straordinari. Inoltre ho molto apprezzato lo spirito di grande collaborazione con tutto il team del brand». Merito di quest'alchimia vincente è anche del Paese di origine di Marina Rinaldi, l'Italia, che Alessandra adora incondizionatamente, forse anche perché nelle sue vene scorre sangue latino. «Dell'Italia apprezzo tutto - racconta -. Mi piacciono il cibo, la moda, la gente...potrei fare una lista infinita». «Con la mia famiglia scherziamo spesso a proposito dell'amore che abbiamo per questo Paese. Anche se siamo cubani conclude - ci sentiamo cittadini italiani ad honorem».

Un tempo la massima aspirazione per una ragazza era lavorare nel mondo del cinema. Poi sono arrivate le passerelle. Ora è il momento delle influencer. Abbiamo chiesto a Veronica Ferraro, alias The Fahion Fruit, il perché. «Il web spiega - permette di avere massima esposizione in brevissimo tempo. Un modo democratico per farsi conoscere. Forse è proprio per questo che è così apprezzato E se alcuni fenomeni si rivelano solo bolle di sapone, altri riescono a diventare un vero e proprio business». Emblematica la storia di questa ragazza milanese di 29 anni, che ha aperto il blog sette anni fa e che oggi vanta collaborazioni con brand del livello di Louis Vuitton, Dior, Fendi, Chanel, Dsquared2. Merito della sua freschezza e della sua determinazione, ma anche di un incontro importante, quello con Giorgio Merlino. «Ci siamo conosciuti tre anni dopo l'apertura del sito e oggi, oltre a essere il mio partner nella vita, lo è diventato anche nel lavoro - racconta -. Fino a quel momento gestivo tutto

da sola e cominciavo a sentire l'esigenza di una figura che mi affiancasse dal punto di vista commerciale. E se il blog si è trasformato in un vero e proprio business lo devo solo a lui». Conquistare 380mila follower su Instagram, 2 milioni e 700mila like su Facebook e un traffico di 180mila visitatori unici e 700mila pagine viste al mese non è roba da poco. Veronica "ha spaccato" grazie anche alla scelta di spostare il focus dal fashion al lifestyle, cercando di coinvolgere le lettrici in ogni aspetto della sua vita. Compreso il fitness, divenuto una voce importante in seguito al restyling del blog, quest'anno: «Nel gennaio del 2015 ho deciso di trasformarmi da ragazza pigra in una nuova Veronica, attenta all'alimentazione e all'attività fisica. Da allora ho perso 12 chili e ho sentito l'esigenza di condividere un'esperienza così importante per me». In questo momento Veronica è impegnatissima: «Abbiamo molte cose in cantiere. Dalla mia collezione di abbigliamento a un grosso progetto fitness, con tanti viaggi on schedule. È un ambiente imprevedibile, dove bisogna crearsi più strade alternative». Ma per lei nel futuro ci potrebbero essere sfide diverse. «Mi piacerebbe mantenere un ruolo di influencer ma preferirei che tornasse a essere solamente una passione e non un lavoro a tempo pieno. Ho altro in mente e spero nel giro di due o tre anni di riuscire a realizzare tutto».

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RED CARPET A CURA DI CARLA MERCURIO

TOMMY HILFIGER

UN AMERICAN DREAMER A NEW YORK Con un evento di scena sulla Madison avenue, al ristorante The Clocktower dell’Hotel The New York Edition, Tommy Hilfiger ha celebrato il lancio della sua autobiografia, intitolata American Dreamer. Un libro di memorie che racconta la sua storia, dall’infanzia agli anni della formazione, dai momenti difficili ai successi, fino alla piena realizzazione, con la creazione di un impero globale che vale miliardi di dollari. A festeggiare c’erano Gigi Hadid, che disegnerà insieme a lui anche una special collection spring-summer 2017, dopo l’esperienza della scorsa stagione, Serena Williams, Naomi Campbell, Christie Brinkley, Karolina Kurkova e Alan Cumming.

Karolina Kurkova

Romy Schonberger e Maud Welzen

Da sinistra, Serena Williams, Gigi Hadid, Tommy e Dee Hilfiger, alla presentezione del libro American Dreamer

DJ Cassidy e Kelsey Quinn

Naomi Campbell e Leila Nda

TOMAS MAIER/BOTTEGA VENETA

WOOLRICH/WOOLMARK

PALADINO DEL DESIGN

NEL SEGNO DELLA LANA

L’importante contributo alla tutela dell’architettura modernista giapponese, a rischio di demolizione, è valso a Tomas Maier, direttore creativo di Bottega Veneta, il Watch Award 2016 conferitogli durante l’Hadrian Gala, organizzato dal World Monuments Fund al Plaza di New York.

Tomas Maier conJoshua David, presidente World Monuments Fund

L’Hotel Okura di Tokyo, considerato uno dei maggiori esempi esistenti dell’architettura modernista made in Japan

L’architetto Toshiko Mori

Nel segno della lana il sodalizio tra Woolrich e Woolmark, da cui scaturisce la limited edition dell’Arctic Parla in Merino Wool, presentata nel Wp Store di Milano. Sotto i riflettori, per l’occasione, gli scatti di Jackie Nickerson, dedicati allo storico mill Woolrich nato nel 1830 in Pennsylvania, che ancora oggi fornisce tessuti scozzesi alle etichette top statunitensi.

Valentina Pegorer, modella e conduttrice Tv

Un momento della serata

Il Merino Wool Arctic Parka

With an event on stage at The Clocktower restaurant of The New York Edition Hotel, Tommy Hilfiger celebrated the launch of his autobiography, titled American Dreamer. To celebrate the launch there were, among others, Gigi Hadid, Serena Williams, Naomi Campbell, Christie Brinkley, Alan Cumming. The contribution to the Japanese modernist architecture protection, at risk of demolition, earned Tomas Maier, creative director of Bottega Veneta, the Watch Award 2016 conferred during Hadrian Gala, organized by the World Monuments Fund in New York Plaza Hotel. From the partnership betweeen Woolrich and Woolmark stems the limited edition of the Arctic Parka in Merino Wool, presented in the WP Store in Milan. Under the spotlight, for the occasion, photographer Jackie Nickerson’s shots dedicated to the historic Woolrich mill, born in 1830 in Pennsylvania.

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