FLIP.PAGE FA N 12-2018

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Anno 49 | N°12 del 14.12. 2018 | quindicinale | € 8,00 | www.fashionmagazine.it

Il magazine di news, business e trend

Poste Italiane S.P.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 N.46) Art. 1, Comma 1 Lom/Mi/1769

CHALLENGERS OF

2019



N° 12 14 DICEMBRE 2018

SOMMARIO

www.fashionmagazine.it

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L’EDITORIALE

PROTAGONISTI

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THIERRY ANDRETTA/MULBERRY

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«L’innovazione continua è il motore delle sfide global»

10 CHALLENGERS 30 Daring Designer for 2019 21 TRADE FAIRS Lo storytelling in fiera, le coccole in showroom 26 REAL ESTATE AL MAPIC L’esperienza 4.0 in negozio fa scuola anche online In copertina

I 30 Daring Designer protagonisti di questo numero: nel 2019 faranno parlare di sé

35 MARKUS LANGES/SWAROVSKI «Con Manufaktur i nostri clienti diventano co-marketer»

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TREND

36 PRE-FALL 2019 Fashion is back 39 RESORT 2019 On the move

PEOPLE

44 CAREERS 46 PORTRAITS/NUNZIO COLELLA «Il nostro segreto? Offrire il miglior prodotto al miglior prezzo»

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47 Q&A/ SIMON GIULIANI «Mi alleno per essere l’uomo più “green” del pianeta» 49 FASHION PEOPLE 50 RED CARPET 14_12_2018

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La Fiera Internazionale per la Moda : Tessuti, Merceria, Accessori

11 – 14 Febbraio 2019 Paris, Le Bourget Francia www.texworld-paris.com


Quest’anno abbiamo dedicato il nostro consueto numero natalizio ai 30 stilisti ‘sfidanti’ più ricchi di potenziale, professionisti che sono ormai ben più che semplici promesse sul palcoscenico internazionale. Tra di loro, non è difficile pronosticarlo, si cela chi tra non troppo tempo, cinque o al massimo dieci anni, potrà aspirare a dirigere grandissimi marchi, siano essi oggi già blasonati o in via di entusiasmante invenzione. Intorno a loro si costruiranno i modelli di business del futuro, che divergeranno in alcuni punti fondamentali dalla tradizionale azienda del prêt-à-porter o degli accessori come l’abbiamo conosciuta finora. In primo luogo, muoveranno ogni loro decisione partendo dall’ascolto del cliente. Una volta per un creativo era sufficiente captare i segnali della società contemporanea osservando con grande sensibilità il mondo, magari viaggiando nei luoghi più cool e studiando il comportamento dei giovanissimi (per quanto si discetti di Millennials, sono sempre partite da lì le tendenze planetarie). Ora non più. Per poter allineare le proprie intuizioni con le necessità di un settore che inizia a vendere alla velocità di Whatsapp, bisogna captare le esigenze del cliente in tempo reale e reagire con proposte non solo creativamente, ma anche merceologicamente adeguate, sapendo ideare capsule in linea con determinati partner, aree geografiche o segmenti di clientela. In secondo luogo, lo sforzo comunicativo va modulato, più che su diversi canali, su diverse modalità di ingaggio, in modi estremamente variegati, ma creativamente rispettosi del dna del brand. E proprio questo è il concetto che deve essere vissuto in modo molto più flessibile. L’approccio del mausoleo in cui imbalsamare il proprio heritage è finito una volta per tutte. Il creativo a capo di un brand deve essere una personalità più che mai portata a inventare contenuti insieme ad altri, portatori di visioni complementari alla sua ma magari pertinenti ad altri ambiti, come l’arte, la musica o le performance audiovisuali. Il tutto all’interno di un incessante susseguirsi di fiammate mediatiche e social, armonizzate con il prodotto specifico da spingere in quel dato momento.

L’EDITORIALE

Nuovi modelli per nuovi creativi

This issue is dedicated to the world’s top 30 challengers of the design establishment, as they are preparing to disrupt the fashion industry’s corporate standards. The acclaimed business model at the heart of the system needs to change: designers have to be digitally plugged into the market at any given time in order to understand what product best matches the public’s volatile mood. Also, branding ever more happens in a concerted effort together with relevant others, such as artists and other geniuses of the creative guild.

Marc Sondermann

Direttore/Editor-in-Chief

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INTERVIEW

THIERRY ANDRETTA/MULBERRY

Con un manager di lungo corso nel lusso come Thierry Andretta alla guida, Mulberry punta ad affermarsi come global brand

«L’INNOVAZIONE CONTINUA È IL MOTORE DELLE SFIDE GLOBALI» Nel fiscal year 2015 il fatturato di Mulberry si aggirava sui 149 milioni di sterline, oggi sfiora i 170 milioni: merito della “cura Thierry Andretta”, fatta di investimenti in omnicanalità, servizio, esperienzialità negli eventi e nei negozi fisici. Con la consapevolezza che, in un’epoca di lusso inclusivo, per preservare l’heritage non bisogna chiuderlo in una teca di cristallo ma fare esattamente l’opposto, ascoltando il mercato e facendo tesoro di un “approccio italiano” al business DI MARC SONDERMANN

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a nomina di Thierry Andretta a ceo di Mulberry risale al 2015: in questi tre anni il top executive ha messo al servizio dello storico marchio britannico, con un core business nella pelletteria, la sua ultraventennale esperienza presso realtà come Moschino, Emmanuel Ungaro, Celine, Buccellati e Lanvin nel periodo d’oro dal 2009 al 2013. Un curriculum importante per una sfida impegnativa, ma possibile: rilanciare un brand con quasi mezzo secolo di storia alle spalle come Mulberry - fondato nel 1971 nel Somerset da Roger Saul -, conquistando nuove fasce di consumatori, investendo nell’omnichannel e rafforzando l’internazionalità. Il Regno Unito infatti rappresenta il 68% del fatturato ma in futuro è destinato a ridimensionarsi, pur non perdendo la sua centralità, a favore di altre aree tra cui l’Asia: ormai il secondo mercato per Mulberry è la Corea, mentre fino a non molto tempo fa questa posizione era occupata dagli Stati Uniti. Si dice Mulberry e subito si pensa a un simbolo del British heritage, ma nel mezzo della rivoluzione digitale sicuramente c’è dell’altro da raccontare: cosa può dirci a proposito dell’evoluzione del brand in questi ultimi tre anni? Che, partendo da una base solida, stiamo facendo un grande lavoro all’insegna dell’innovazione su tutti i fronti - prodotto, servizio, internazionalizzazione, omnicanalità - e i risultati si vedono. In ambito digitale, per esempio, già nel 2017 siamo arrivati a realizzare attraverso questo canale il 15% delle vendite e quest’anno ab-

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biamo centrato l’obiettivo del 17%, anche grazie a intese come quella con Toplife, la piattaforma luxury di Jd.com. Non sarà difficile raggiungere il traguardo del 20%. Ha citato il servizio: in cosa Mulberry è diverso rispetto ai competitor? Essere vicini al cliente e alle sue esigenze concrete, nel retail fisico come in quello online, è una priorità. Nel Regno Unito una borsa su dieci vendute è firmata Mulberry e questa è una soddisfazione, significa che il prodotto piace, ma non possiamo fermarci qui: assicuriamo la same day delivery non solo a Londra, il che è scontato, ma in ogni angolo del Paese, anche nelle zone più remote. Ci inventiamo procedure anche ad hoc per semplificare la vita di chi sceglie le nostre creazioni. Di recente ci è capitato di dover evadere un ordine tassativamente in giornata, perché si trattava di un regalo di compleanno, in una sperduta isola al largo della Scozia: ce l’abbiamo fatta, chiedendo al conducente del pullman locale di dare una mano. Il cliente ci ha ringraziato scrivendoci una lettera. A volte le richieste più particolari o folli ci preparano al futuro. In generale, continuiamo ad aggiungere funzionalità al nostro e-commerce, compreso il lancio di mulberry.com in cinese e coreano nei rispettivi Paesi.


1. La it-bag Hampstead di Mulberry, lanciata con la primavera-estate 2019 2. Il nuovo global flagship del brand in Regent street 3. Thierry Andretta intervistato da Marc Sondermann, direttore di Fashion magazine, durante l’e-P Summit a Milano 4. La vetrina del negozio di Regent street in occasione di #MulberryLights lo scorso novembre: un’iniziativa basata sull’interattività e sull’engagement del cliente 5. La sfilata-evento che ha costituito a settembre il momento clou della quattro giorni MulberryXSeoul al K Museum for Contemporary Art 2

3 © Michael Franke

© Michael Franke

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MULBERRY

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IN CIFRE

169,7 MLN £ FATTURATO*

132 MLN £

VENDITE RETAIL*

37,7 MLN £

VENDITE WHOLESALE*

106,3 MLN £

VENDITE NEL REGNO UNITO*

25,7 MLN £

VENDITE INTERNAZIONALI*

29 MLN £

VENDITE ONLINE* * Fiscal year chiuso il 31 marzo 2018

Come uscirà il negozio fisico dalla trasformazione in atto nella distribuzione? Il suo ruolo è tuttora centrale, perché oltre a servizio oggi la parola chiave è esperienzialità, emblema di un lusso che ha messo in secondo piano la sacralità, a favore dell’inclusività. Oggi non c’è bisogno di concept store ma di luoghi accoglienti e stimolanti, da cui le persone escano con un sorriso: il progetto del nostro flagship in Regent street a Londra, ideato dal direttore creativo Johnny Coca e dall’interior designer Faye Toogood, si basa sulla tecnologia al servizio dell’empatia e su un’esperienza d’acquisto innovativa, aprendo la strada ad altri monomarca in arrivo.

Che importanza hanno i giovani per Mulberry? Ho voluto circondarmi di giovani soprattutto in aree come il digital team, dove l’età media è di 25-26 anni, senza contare un “comitato social media” che ci ha permesso di conoscere più a fondo questo mondo. In due anni e mezzo si può dire che tutto l’ecosistema Mulberry si sia “ringiovanito”: abbiamo velocizzato le procedure, messo mano ai calendari delle presentazioni. Non è stato immediato ma i riscontri ci sono stati: l’evento organizzato lo scorso febbraio durante la London Fashion Week, in cui abbiamo sperimentato per la prima volta la formula see now, buy now, ha generato 60 milioni di contatti, un numero enorme se si pensa che nella stessa occasione Burberry, che dispone di mezzi più potenti dei nostri, ha totalizzato 80 milioni. A settembre, in occasione della quattro giorni Mulberry x Seoul, le cose sono andate ancora meglio e i contatti sono stati 300 milioni, un’iniezione di brand awareness non indifferente. Attraverso i nuovi mezzi di comunicazione, compreso il sito mulberry.com, i giovani oggi arrivano a conoscerci meglio dei nostri dipendenti. In cosa consiste l’approccio italiano che lei ama citare quando parla del suo modo di affrontare il business? Sono per metà italiano e ho lavorato tanto presso colossi molto strutturati, Lvmh per fare un nome, quanto per realtà indipendenti. Un percorso che mi ha reso flessibile e ha rafforzato in me una convinzione, che se si vuole davvero fornire risposte eccellenti al mercato si deve lavorare in corso d’opera, anche imparando dagli errori. Non si possono aspettare due anni per migliorare un servizio o una procedura, bisogna agire subito e correggere il tiro se necessario. Perché il cliente il servizio lo vuole oggi, non domani, un concetto che a noi di Mulberry è molto chiaro. ■

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NEWS A CURA DI ELISABETTA FABBRI

LA DIPENDENZA DALLA CINA DEI GRUPPI USA DELLA MODA

FARFETCH RILEVA STADIUM GOODS PER $250 MLN

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Il marketplace Farfetch ha acquistato Stadium Goods, specializzato nella vendita on e offline di sneaker e streetwear premium. Il valore dell'operazione è 250 milioni di dollari, che saranno pagati parte cash e parte in azioni Farfetch (scambiate a Wall Street). Al vertice di Stadium Goods rimarranno i fondatori John McPheters e Jed Stiller. Secondo le stime di Bain & Co. e Altagamma quello dello sportswear premium è un mercato che vale 70 miliardi di dollari.

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IN GIUGNO DENIM PREMIÈRE VISION ARRIVA A MILANO A dicembre 2018 è stato a Londra ma in giugno (il 5 e il 6) il salone itinerante della tela indigo Denim Première Vision si terrà a Milano, al Superstudio Più. Gli organizzatori prevedono di raccogliere un centinaio di espositori da 18 Paesi.

IL FONDO TRESALIA CAPITAL ESCE DA TORY BURCH Fonte: Coresight Research

CRISI USA-CINA

IN ITALIA

LA GUERRA DEI DAZI E LO STRESS SUI MARGINI

IL FRANCHISING È PIÙ GIOVANE E DONNA

Iniziata nel marzo 2018, la guerra tariffaria fra Usa e Cina resta, mentre scriviamo, alla fase dei negoziati, in cerca di un'intesa. Secondo gli analisti di Coresight Research, uno dei più esposti a un nuovo aumento dei dazi alle importazioni cinesi è G-III Apparel, proprietario di Donna Karan e licenziatario di marchi come Tommy Hilfiger e Calvin Klein. Il 65% delle sue forniture è made in China, mentre si scende al 49% per Abercrombie & Fitch e al 22% per Gap (vedi grafico). Nel footwear spiccano Steve Madden con il 93% e Vans (91%), mentre risultano meno a rischio Nike (27%), Adidas (19%) e Under Armour (10%), che negli ultimi anni hanno diversificato, nonostante la Cina resti il produttore tecnicamente più avanzato. Più dazi significa pressioni sui margini ma in occasione della recente trimestrale di G-III il chairman e ceo Morris Goldfarb ha prospettato un impatto minimo delle tariffe sui risultati finanziari, oltre a una diversificazione nel sourcing. Da Abercrombie parlano di nessun «material impact». «Abbiamo ridotto la nostra dipendenza dalla Cina negli anni scorsi e continueremo a farlo», ha garantito il ceo Fran Horowitz. Il boss di Gap, Art Peck, ha ipotizzato un ritocco dei listini di alcuni capi (gran parte dell'abbigliamento è realizzato in Vietnam). Intanto gli analisti stanno notando un deciso aumento delle scorte. Un provvedimento tampone, casomai il presidente americano Donald Trump decidesse - da gennaio 2019 - di portare i dazi dal 10 al 25%.

In Italia quasi il 90% dei franchisee ha un'età compresa tra 25 e 45 anni e sono più di 11.500 le donne imprenditrici (quasi il 36% del totale). Lo rileva il Rapporto Assofranchising 2018, presentato a Milano in occasione dello scorso Salone del Franchising (nella foto, uno store Blukids, tra gli espositori). Più in generale, i numeri mostrano un segmento del retail in leggera crescita. Tenendo conto dei dati relativi al 2017 di 929 insegne italiane, sono quasi 200mila gli addetti, in aumento del 2% sul 2016, mentre il giro d’affari complessivo risulta essere di 24,5 miliardi di euro, in progresso del 2,6%. I marchi esaminati sono cresciuti dell'1,9% in termini di punti vendita in franchising su tutto il territorio nazionale, arrivando a quota 51.671. Sono aumentati in modo significativo, invece, gli store di realtà italiane all’estero (+28,1%), come pure i master delle insegne straniere che sviluppano il network nel nostro Paese, affidando il business a manager, imprese e personale italiano (+16,4%). Le regioni con più insegne in franchising sono Lombardia (256), Lazio (104) e Campania (89). Il settore, come rilevano i ricercatori, si conferma un ottimo trampolino per i giovani. In base alle statistiche del 2017 i franchisee di età compresa fra i 36 e i 45 anni superano il 64% del totale e i 25-35enni rappresentano il 24,6%. Un fenomeno che, secondo gli analisti, si spiega anche con le richieste di investimento, diventate più ragionevoli (in alcuni casi non superano i 10mila euro).

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Il private equity messicano Tresalia Capital ha ceduto la sua quota in Tory Burch (circa il 20%, che deteneva dal 2009) ai restanti soci: la designer che dà il nome al brand e le società di investimenti General Atlantic e Bdt Capital Partners. Non è noto il valore dell'operazione ma è probabile una plusvalenza: tra il 2009 e il 2015 il valore della label pare sia passato da 1 a 3,5 miliardi di dollari.

CONFERME E NEW ENTRY A VICENZAORO Il salone del gioiello Vicenzaoro si terrà dal 18 al 23 gennaio in contemporanea con T-Gold, dedicato ai macchinari e alle tecnologie avanzate. La fiera organizzata da Italian Exhibition Group-Ieg - che in dicembre ha rinunciato alla quotazione in Borsa, a causa della «sfavorevole situazione dei mercati azionari» - mantiene la suddivisione in distretti, ciascuno interessato da conferme e new entry.Tra questi spiccano Icon, sede dei marchi più global, Look, orientato alle proposte fashion e al fine jewellery ma anche Expression, Evolution ed Essence, che riuniscono realtà note per le competenze tecniche e l'affidabilità delle materie prime. In programma conferenze e seminari con un comune denominatore: la creatività sostenibile.


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CHALLENGERS

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Daring Designers 2019

DI ALESSANDRA BIGOTTA, ANDREA BIGOZZI, ALBERTO CORRADO, CARLA MERCURIO, ANGELA TOVAZZI

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BRUNO SIALELLI Salvo sorprese dell’ultimo minuto, Fosun, neoproprietario di Lanvin, affiderà in toto a Bruno Sialelli la direzione creativa della griffe, donna e uomo. Riuscirà il designer a reggere il peso della doppia eredità di un mostro sacro come Alber Elbaz e di Lucas Ossendrijver, quest’ultimo accompagnato garbatamente alla porta poche settimane fa, dopo anni di onorata carriera presso la maison francese? Sialelli evita le luci dei riflettori, ma il suo curriculum parla per lui: l’ultimo incarico in ordine di tempo è quello di head of menswear di Loewe, ma Balenciaga, Acne Studios, Paco Rabanne, Azzedine Alaïa e, nel 2007, Christian Lacroix hanno già scommesso su di lui.

anno formazione, provenienza, stili, età e personalità diverse. Nessuno di loro è un absolute beginner, ma molti sono pronti a lanciarsi in sfide impegnative oppure, nonostante si siano già fatti notare dai buyer internazionali, non hanno ancora espresso al massimo il proprio potenziale. Sono i nostri “Daring 30”, designer italiani e stranieri, uomini e donne, con un quid in più e ancora molto da dire, in modi diversi: facendo crescere ulteriormente il proprio marchio, iniziando un’avventura professionale presso griffe di spicco, abbandonando percorsi tracciati per cambiare passo e rimettersi in gioco. Un fatto è certo: per un motivo o per l’altro, per ognuno di loro il 2019 non sarà un anno qualsiasi, ma un banco di prova per raggiungere il “next level”.

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FRANCESCO RAGAZZI PALM ANGELS

SAMUELE FAILLI La monetina incastonata nella suola di ogni scarpa prodotta con il suo nome gli ha portato fortuna: Samuele Failli è un super stilista che ha lavorato per Prada, Tom Ford, Saint Laurent e Azzedine Alaïa e a cui sono bastati due anni per conquistare col suo marchio templi dello shopping come Matchesfashion, Mytheresa, Antonia e un licenziatario come Onward Luxury Group (ex Gibò), con cui in una sola stagione è passato da 30 a 60 clienti.

GHERARDO FELLONI ROGER VIVIER

Per lo stilista toscano è iniziata da qualche mese la seconda esperienza parigina: dopo essersi trasferito nella capitale francese dieci anni fa per supervisionare le calzature femminili di Dior, dal marzo scorso ha lasciato l’ufficio stile degli accessori Miu Miu per diventare il nuovo direttore creativo di Roger Vivier. Un ruolo prestigioso e sfidante, perché Felloni ha preso il posto di Bruno Frisoni, artefice della renaissance della famosa casa di moda, dal 2001 nell’orbita del Gruppo Tod’s.

Il successo di Francesco Ragazzi con Palm Angels, marchio nell’orbita del Gruppo Ngg fondato nel 2015, è stato fulminante. Nella sua collezione si respirano lusso e ricerca, ma anche l’aria frizzante della West Coast, con gli skater che sfrecciano veloci in un’eterna estate, come nelle immagini del suo libro fotografico, intitolato appunto “Palm Angels” e pubblicato da Rizzoli nel 2014. Un mood che piace ai top buyer, conquista i Millennials e ha convinto Remo Ruffini: il patron di Moncler ha voluto Ragazzi tra gli stilisti del progetto Moncler Genius. Recente l’opening del primo monomarca a Hong Kong.

GIULIANO CALZA GCDS

“Giuro che domani smetto” è uno dei significati dietro al marchio Gcds, insieme al più accreditato “God can’t destroy the streetwear”. Ma Giuliano Calza, che nel 2015 ha dato vita al progetto insieme al fratello Giordano, non ha alcuna intenzione di smettere. Le vendite hanno ormai raggiunto quota 10 milioni di euro e il 2019 si annuncia come l’anno del primo store opening fuori dall’Italia. Chissà se alla vetrina di Milano si aggiungerà prima quella di Londra oppure quella di Hong Kong.

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CHALLENGERS

CHRISTOPHE LEMAIRE

GLENN MARTENS

LEMAIRE

Y/PROJECT

Chi mai avrebbe scommesso su di lui, quando ha lasciato la guida creativa di Hermès? Eppure Christophe Lemaire si è rivelato un “underdog” come dicono in America, ovvero un cavallo su cui nessuno punterebbe, ma che a sorpresa si piazza vincitore. Il suo marchio, Lemaire, fondato con Sarah-Linh Tran - con cui fa coppia anche nella vita privata è un completo successo: più di 200 partner commerciali nel mondo e un fatturato di 14 milioni nel 2018, praticamente più che raddoppiato in due anni. Non è un caso che Fast Retailing si sia appena presa una quota del suo brand.

Eclettico, concettuale, volutamente contraddittorio. Da quando, nel 2013, il designer belga Glenn Martens ha preso le redini creative di Y/Project lo ha piano piano trasformato in un marchio di culto, in sintonia con le frange più all’avanguardia del mercato. La sua estetica dà voce all’individualità, attraverso un iter di sperimentazione. Vincitore, lo scorso anno, dell’Andam Fashion Award, sarà special guest alla prossima edizione di Pitti Uomo.

MARTA MARQUES E PAULO ALMEIDA MARQUES’ALMEIDA

Due anime che si riconoscono affini alla scuola di moda di Porto. Poi i sogni realizzati dello stage da Vivienne Westwood per Marta e da Preen per Paulo, fino a incontrarsi di nuovo durante il master alla Central Saint Martins di Londra, decidendo in seguito di lanciare il loro brand. La forza di Marta e Paulo risiede nella chiarezza di visione e nella determinazione del lavoro di coppia: un dialogo continuo di idee che rimbalzano da uno all’altra per essere affinate, editate, evolute.

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SHAYNE OLIVER Co-fondatore del marchio cult newyorkese Hood by Air, Shayne Oliver ha messo la collezione in stand-by dal 2017 e si è dedicato alle colab. A partire da quella con Helmut Lang, una proposta speciale uomo e donna di abbigliamento e accessori, per proseguire con Diesel, per cui ha siglato la prima release del progetto Red Tag e con la griffe francese Longchamp. Ultima annunciata in ordine di tempo è stata la liaison con Colmar, della durata di tre stagioni, partita con l’inverno in corso (nella foto).


MARINE SERRE Il suo è stato un successo fulminante. Nel giro di un anno ha vinto l’Lvmh Prize (nel 2017) e con la Spring-Summer 2018 ha lanciato il proprio brand, subito apprezzato da buyer e stampa. 26 anni, laureata a La Cambre di Bruxelles e con trascorsi da McQueen, Margiela, Dior e Balenciaga, è partita disegnando nel salotto di casa con la sorella e il fidanzato. Oggi ha un team di 20 persone, vende 10mila pezzi a collezione, ha lanciato il proprio e-shop ed è amatissima da top retailer come Dover Street Market, Joyce e Barneys.

KEI NINOMIYA NOIRKEI NINOMIYA

DOUBLET

C’era anche Doublet tra i marchi giapponesi selezionati da Valentino per il progetto instore realizzato a Tokyo, in occasione del lancio della Pre-fall a novembre. Il suo artefice, Masayuki Ino, è stato il primo designer asiatico a essere incoronato all’Lvmh Prize 2018. Diplomato al Mode Gakuen College of Fashion and Design, Ino si è fatto le ossa da Miharayasuiro e ha collaborato con l’artista Takashi Murakami, respirando a pieni polmoni arte, creatività e ricerca. Definisce Doublet come un «gender neutral daring streetwear».

CAROLINA CASTIGLIONI PLAN C

Anziché portare avanti il marchio di famiglia (oggi Marni è controllato dal gruppo Otb), Carolina Castiglioni, figlia di Consuelo, non ha dimenticato le origini ma le ha integrate in un progetto nuovo, Plan C. Un brand nato nel 2018 e già osannato dai buyer, che non si sono fatti pregare quando si è trattato di fare gli ordini: la prima campagna vendita si è chiusa con una stocklist di 100 nomi nel mondo.

NICOLÒ BERETTA GIANNICO E L’AUTRE CHOSE

L’Autre Chose

Nato in Giappone nel 1984, Kei Ninomiya inizia nel 2008 la collaborazione con Comme des Garçons, di cui diventa partner. Nel 2012 lancia la sua collezione Noir, che a partire dal colore nero dà forma a silhouette di impatto, ottenute moltiplicando moduli che diventano geometrie da indossare. Un’intuizione vincente, che lo porta a sfilare a Parigi. Nel 2017 viene scelto tra gli otto stilisti di Moncler Genius, per cui spinge ai limiti il concetto di piumino nel progetto Noir Kei Ninomiya.

MASAYUKI INO

Il percorso nella moda di Nicolò Beretta parte prestissimo, nel 2013, a soli 17 anni, con la linea di calzature Giannico, che gli vale nel 2015 la vittoria a Who Is On Next? e nel 2016 un posto nella top ten di Forbes sui talenti che rivoluzionano la moda italiana. Quest’anno ha fatto il grande salto nel prêt-à-porter, nominato direttore creativo de L’Autre Chose. È stata Alice Carli, a.d. del brand, a sceglierlo, per il suo «talento contemporeneo e per l’internazionalità della visione creativa».

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CHALLENGERS

LUCA LIN E GALIB GASSANOFF ACT Nº1

ALESSANDRA RICH Il bello di essere una late bloomer. Alessandra Rich è la prova vivente che il successo non ha nulla a che fare con l’età. La stilista italiana, ma basata a Londra, ha lanciato il suo marchio nel 2010, quando aveva già superato il traguardo degli “anta”, lasciandosi alle spalle una carriera da agente immobiliare. La sua moda clubbing ha già convinto i migliori multimarca del pianeta e la sua stocklist è destinata a crescere, grazie a un nuova testimonial d’eccezione: Kate Middleton, recentemente fotografata con indosso le sue creazioni.

Nato a Reggio Emilia, Luca Lin ha origini cinesi, mentre Galib Gassanoff è georgiano: dal loro incontro è scaturito nel 2016 il marchio Act Nº1, fusione di due culture diverse, con una proposta che nel luglio 2017 è valsa ai due stilisti la vittoria al contest Who Is On Next?. La collezione, che ha debuttato in passerella allo scorso Milano Moda Donna, è apprezzata dai compratori grazie all’originale melting pot stilistico.

JULIEN DOSSENA PACO RABANNE

L’essere riuscito a riportare il marchio Paco Rabanne nella brand list di retailers come Barneys, Matchesfashion e Moda Operandi ha fatto sì che il suo nome conquistasse grande considerazione tra gli addetti ai lavori. Risultato? Ogni volta che una maison resta senza direttore creativo il nome di Julien Dossena è sempre tra i più gettonati nel toto nomine. Ma finora Paco Rabanne è sempre riuscita a tenersi stretto lo stilista, ex pupillo di Nicolas Ghesquière.

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GIADA FORTE FORTE_FORTE

Tra i brand su cui punta il fondo Style Capital di Roberta Benaglia, Forte_Forte, lanciato dai fratelli Giada Forte e Paolo Forte, non è una novità sul mercato ma ha ancora molto da dire e piace sempre di più. Presente in quasi 500 multimarca nel mondo, nel 2018 ha fatto i primi passi nel retail, con l’avvio dei flagship in via Ponte Vetero a Milano e in rue de Grenelle a Parigi. In parallelo ha lanciato accessori, borse, scarpe e bijoux.


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CHALLENGERS

CHRISTIAN SIRIANO Dalla vittoria a Project runway dieci anni fa ne ha fatta di strada. Christian Siriano, 32enne di Annapolis, nel Maryland, ha messo a frutto i 100mila dollari che si è accaparrato tramite il talent televisivo, arrivando a essere inserito quest’anno nella classifica delle 100 persone più influenti per il Times. La sua forza è la trasversalità: abiti glamour indossati sia da celeb come Lady Gaga sia da donne reali oversize, venduti su piattaforme esclusive come Couture Collective e il più democratico dei marketplace, Amazon.

ASTRID ANDERSEN FABRIZIO VITI Ha disegnato scarpe per grandi marchi, vedi Gucci e Prada. Fabrizio Viti, dal 2004 shoe designer di Louis Vuitton, ha presentato la terza collezione del suo brand a Parigi, dal titolo “Back in love again”, ispirandosi a Donna Summer. Originario di Carrara e formato all’Istituto Marangoni di Milano, Viti ha scelto la pelle metallizzata e tessuto stampato leopardo per i suoi sandali e décolleté iperfemminili, che hanno convinto department store come Barneys e piattaforme online come Matchesfashion e LuisaViaRoma.

PETAR PETROV Nato in Ucraina e cresciuto in Bulgaria, Petar Petrov rappresenta uno dei nomi più interessanti nella nuova generazione di stilisti. Con un pedigree al top (una laurea alla University of Applied Art di Vienna ed esperienze da Viktor & Rolf e Raf Simons), ha saputo forgiare una collezione di abbigliamento e calzature che si basa su materiali di qualità e su un design sartoriale, ma senza sottostare a regole troppo ferree di congruenza estetica. Il risultato sono proposte smart, dinamiche e superfemminili.

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ASTRID ANDERSEN E FILA FJORD

Tra i protagonisti di Pitti Uomo a gennaio ci sarà anche lei, Astrid Andersen, cui Fila in piena rinascita ha affidato la direzione creativa della nuova linea premium Fila Fjord. Faccia pulita e aria da studentessa, in realtà la stilista danese ha già le spalle larghe in fatto di moda: la collezione uomo e donna che porta il suo nome, fondata nel 2011, si è fatta notare grazie a un amalgama originale tra sport e lusso. Per Fila Fjord Astrid punterà a un lifestyle naturale, sostenibile e funzionale.


ANTONIN TRON ATLEIN

Antonin Tron è stato una delle rivelazioni delle ultime passerelle parigine. Classe 1984, si è laureato alla Royal Academy of Fine Arts di Anversa, facendosi poi le ossa alla corte di nomi top come Louis Vuitton, Givenchy e Balenciaga, prima di scendere in campo en solitaire con il suo brand Atlein. Una collezione partita sviscerando il potenziale creativo di un unico materiale, il jersey, che lo scorso giugno ha conquistato il prestigioso Andam Fashion Award.

GILBERTO CALZOLARI Con un abito da sogno, fatto con i sacchi di juta usati ma foderato con tessuti d’archivio e impreziosito da cristalli Advanced Elements senza piombo di Swarovski, Calzolari ha conquistato la giuria dei Green Carpet Awards 2018. Il momento clou di una carriera costruita negli atelier delle grandi case di moda (da Armani al Gruppo Prada), fino alla nascita tre anni fa del suo marchio di demi-couture 100% made in Italy. In febbraio lo aspettano le passerelle di Milano Moda Donna.

ALDO MARIA CAMILLO ALDOMARIACAMILLO

Dopo un percorso denso di collaborazioni importanti, da Ermenegildo Zegna a Valentino, da Cerruti a Berluti, Aldo Maria Camillo lancerà a Pitti Uomo il brand che porta il suo nome. Scelto come Pitti Italics per la prossima edizione del salone, lo stilista romano, classe 1975, porterà sotto i riflettori la sua idea di menswear, tra cultura classica e attenzione alla contemporaneità. L’ispirazione, per questa prova zero, battezzata “Radici”, sono gli anni Novanta, liberamente interpretati.

TIZIANO GUARDINI Rappresenta la new wave italiana in fatto di moda ecosostenibile. 37 anni, laureato all’Accademia Koefia di Roma, Tiziano Guardini ha lanciato il proprio brand nel 2015, catturando l’attenzione grazie a una collezione di impronta couture che rispetta l’ambiente. Nel settembre 2017 è stato il primo stilista a essere insignito del “Franca Sozzani GCC Award for Best Emerging Designer” e due mesi dopo ha ricevuto il “Peta Couture Award”. Alcune sue creazioni sono state esposte al Royal Albert Museum a Londra e al Palazzo delle Nazioni Unite a Ginevra.

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© Julia Champeau

CHALLENGERS

TUOMAS MERIKOSKI AALTO

Di origini finlandesi, Tuomas Merikoski dal 2015 porta la creatività nordica, mixata con un twist francese e un approccio anticonformista, alla settimana della moda parigina. Il suo prêt-à-porter dall’eleganza asciutta e contemporanea, lanciato nel 2014 con il nome di Aalto, ha sfilato one shot anche a Milano lo scorso giugno per presentare la pre-collezione e in Italia è in multimarca top come Antonioli, Folli Follie e LuisaViaRoma.

DITTE REFFSTRUP GANNI

Direttore creativo del brand danese Ganni, Ditte Reffstrup ha portato al successo la label, rilevata nel 2009 insieme al marito Nicolaj Reffstrup. Di lei i buyer hanno apprezzato da subito la capacità di dare allo stile “scandi” una nuova accezione, più contemporanea. «Un gusto disinvolto, rilassato, cool», lo definisce lei. Il marchio, che dallo scorso anno ha visto l’ingresso del fondo L Catterton (controllato dal gruppo Lvmh), è venduto in 400 tra i più importanti store al mondo e in 21 concept store tra Danimarca, Norvegia e Svezia. Di recente Nicolaj ha ceduto il ruolo di ceo ad Andrea Baldo, in arrivo da Coccinelle.

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JOHANNA SENYK FRANÇOISE

Con il marchio Wanda Nylon, focalizzato sul capospalla e in particolare sul trench, ha vinto nel 2016 il grand prix al concorso Andam. Negli ultimi due anni la vita di Johanna Senyk, stilista parigina di origini polacche, è profondamente cambiata, anche in seguito all’arrivo del suo primo figlio. Ora la stilista si rimette in gioco con Françoise, linea che si appropria del nome di battesimo di alcune icone della “francesità” al femminile - la Sagan, l’Hardy, la Fabien attingendo ispirazioni agli anni Settanta. Ma la produzione è completamente italiana, affidata alla Castor per l’abbigliamento e alla Siloe per gli accessori.

ALEXANDRE BIRMAN La creazione di meravigliose scarpe artigianali era scritta nel destino di Alexandre Birman. Originario del Brasile, ha infatti disegnato sua prima scarpa a soli 12 anni. Nella primavera del 2008 ha lanciato la sua collezione, basata sui concetti di lusso, femminilità e raffinatezza, che lo ha portato in breve tempo a essere riconosciuto come un talento da tenere d’occhio e su cui investire: più volte premiato, è stato invitato a far parte del Cfda americano nel giugno del 2013.


Graphic design: SPA&SPA - Foto: Andrea Cencini

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TRADE FAIRS

ORGANIZZATORI ED ESPOSITORI A CONFRONTO

LO STORYTELLING IN FIERA LE COCCOLE IN SHOWROOM I saloni della moda worldwide continuano a innovare per non perdere appeal. I brand apprezzano, non rinunciano agli eventi in calendario ma selezionano, consapevoli che ormai la vendita, durante i saloni, è «un fatto marginale». E forniscono agli organizzatori qualche spunto di riflessione DI ELISABETTA FABBRI

Lo spazio I go out, che Pitti Uomo di giugno ha dedicato all’outdoor style

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ormat e layout degli stand in costante rinnovamento, servizi digitali, momenti di discussione, entertainment e la scoperta di trend e designer emergenti. Di stagione in stagione i maggiori eventi fieristici dell’abbigliamento e degli accessori cercano il giusto mix per coinvolgere un visitatore sempre più di fretta, con un budget ridotto da destinare alle presentazioni, alquanto indeciso (vuoi per la congiuntura, vuoi per la noia) e con nuovi mezzi per lo scouting (bastano uno smartphone e la connessione). Ma serve? Chi riesce a convincere di più e perché? La domanda è stata girata a organizzatori ed espositori. «Anni fa - racconta Raffaello Napoleone, ceo di Pitti Immagine - si parlava di crisi definitiva del sistema fieristico ma stiamo vedendo che ciò non risponde al vero. E non solo nella moda: basti guardare i successi degli eventi del mobile e dell’alimenta-

re. La realtà è che un tempo gli appuntamenti erano molteplici, mentre oggi sono rimasti quelli con due requisiti: un’identità specifica e l’internazionalità. Con Pitti Uomo in pochi giorni presentiamo un’offerta internazionale, il più possibile selezionata e che dà spazio alla sperimentazione». «Questa strategia prosegue - era già chiara 30 anni fa grazie a Marco Rivetti (noto imprenditore illuminato del Gft, ndr). Il progetto era quello di valorizzare l’identità del luogo e in parallelo le unicità della moda, con progetti di vera cultura (uno dei primi eventi fu una mostra su Capucci, nell’89), anche coinvolgendo creativi di ambiti diversi, Gae Aulenti per fare un nome». «Tutto quello che proponiamo - sottolinea - è realizzato con coerenza e con l’impegno di superarci di stagione in stagione». Una delle peculiarità di Pitti è dare spazio ai giovani talenti. «Lo abbiamo

sempre fatto - dice Napoleone - ed è un dovere per una realtà come la nostra. Fa parte del gioco ed è ancora più importate ora che stiamo assistendo ai passaggi generazionali. Le fiere creano occasioni, sono un motore continuo e portano a risultati globali». Parlando di prospettive del mondo fieristico, e del tema caldo della sostenibilità, Napoleone afferma: «È un argomento da tempo sui tavoli e l’Italia risulta in grande vantaggio rispetto agli altri Paesi. La novità è che adesso è entrata anche nelle corde dei consumatori». Dobbiamo dunque aspettarci un’offerta sempre più segmentata, anche in base al trend che vuole la moda più rispettosa delle diversità (culture, religioni, fitting diversi, per citare alcuni casi)? «Se ne parla - risponde il ceo di Pitti Immagine - ma non credo che si arriverà a una maggiore segmentazione e specializzazione nelle fiere. Saranno i singoli brand a

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decidere a quale parte del mercato dare delle risposte». A proposito di nuove tecnologie, l’ambizione di Pitti è diventare il caso più interessante nel digital applicato alle fiere. «Ci abbiamo sempre creduto e continueremo a investire ma con un altro approccio: prima procedevamo a silos (marketing, commerciale, eccetera) e ora in modo integrato, con il controllo totale di Fiera Digitale (cui fa capo la piattaforma online e-Pitti, ndr)». Parlando di miglioramenti futuri, Napoleone cita la logistica: «La Fortezza è sulla rampa di lancio per essere ristrutturata, l’Aeroporto di Firenze ha ancora dei problemi per la pista». TRA GLI ESPOSITORI TANTA VOGLIA DI CONCRETEZZA A Milano Danny D’Alessandro, ceo e general manager di Mipel - The Bag Show, percepisce molta voglia di concretezza fra gli espositori. «Per questo - dice - siamo attenti agli obiettivi reali, a creare un vero contatto tra domanda e offerta. L’organizzazione non è semplice: la proliferazione delle manifestazioni fieristiche e la forte digitalizzazione, che ha amplificato le modalità di presentare un brand, complicano le cose. Ma tutto va colto con entusiasmo e come invito a fare meglio». «Noi - aggiunge - cerchiamo di realizzare una fiera sempre più attraente, lavorando sulla creatività del luogo di accoglienza». Nella prossima edizione la creatività di Mipel sarà dedicata alla progettazione di ambienti ecofriendly ma il tema della sostenibilità, sociale e ambientale, sarà ulteriormente sviluppato: «Per esempio - anticipa D’Alessandro - con momenti di approfondimento per gli espositori, con focus sui trattamenti green della pelle e con parte dell’esposizione riservata

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a prodotti sostenibili». E aggiunge: «Stiamo intervenendo anche sulla proposta espositiva, per rendere le presentazioni più ricche e coinvolgenti». A Shanghai, invece, il project director di Chic, Jordan Zeng, parla di approccio olistico all’organizzazione dell’evento cinese, per consentire ad espositori e visitatori di trarre il massimo dalla loro esperienza. «Uno show accattivante - dice - deve essere divertente, creativo, sostenibile e di qualità». «Chic - precisa - è una piattaforma di risorse completa con funzioni di business, espansione dei canali di vendita, integrazione di risorse, networking internazionale e attrazione di capitali». Qualsiasi trend è monitorato e può essere una fonte di ispirazione: per esempio quello degli eventi flash realizzati in store o quello degli inviti digitali via social: agli espositori si dà la possibilità di invitare i visitatori attraverso WeChat, creando specifiche pagine con la piattaforma H5. «Di anno in anno - aggiunge Zeng - valorizziamo il design della fiera in collaborazione con Wgsn,

1. La sfilata Beatrice b allo scorso Cpm 2. Lo stand Mpd Box al White di settembre 3. Virgil Abloh e Takashi Murakami davanti a una loro installazione in occasione di Complexcon 4. Una sneaker Colors of California 5. Il tunnel di Premium, a Berlino 6. Un duvet Colmar 7. Lo scorso Mipel a Fieramilano Rho

partner anche del progetto media Chic Wgsn Trends Column: sul nostro account WeChat pubblichiamo due articoli la settimana sui trend della moda». Intercettando le tendenze di mercato, Chic ha inoltre deciso di espandere la kidswear area, inserendo la sezione Chic Kidz. I talenti emergenti sono nell’area Impulses che «cresce di edizione in edizione». Non manca la Sustainability Zone, ideata con il China Textile Information Center. «La sostenibilità - precisa il manager - è un tema in ascesa in Cina, dove i consumatori stanno diventando sempre più consapevoli». Parlando di digital specifica: «Alla scorsa edizione abbiamo presentato tecnologie per tutta la catena del fashion: smart tailoring, sistemi di misurazione intelligenti, Erp, soluzioni per l’analisi del consumatore, fino al 3D dressing mirror e ai modellirobot. I visitatori, invece, possono scaricare una app per organizzare la loro visita in fiera, entrare in contatto diretto con gli espositori e fissare incontri».


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A MOSCA C’È SPAZIO ANCHE PER IL MODEST FASHION A Mosca, per garantire il continuo successo di Cpm-Collection Premiere Moscow si stanno attivando a livello di segmenti merceologici, oltre a intensificare l’attività di marketing per acquisire nuovi visitatori. Thomas Stenzel, managing director di OOO Messe Düsseldorf Moscow, cui fa capo il salone mosocovita, scende nei dettagli: «A febbraio 2019 la sezione Body & Beach verrà affiancata dalla nuova area Body & Beach Fabrics. Con un piccolo gruppo di espositori lanceremo anche l’area Modest Fashion, che presenta stili più “coperti” e discreti, tenendo conto di diverse culture e orientamenti religiosi. Prima era una nicchia di mercato, adesso è una comunità globale, parte del mainstream». Gli spunti per mantenere il format attraente arrivano dal continuo contatto con l’industria internazionale del fashion e dall’analisi dei mega-trend come la globalizzazione, la digitalizzazione e la connettività, oltre che dagli ultimi sviluppi nel settore fieristico. «A ogni stagione - spiega Stenzel - diamo rilievo ai giovani designer, supportando programmi locali come Designerpool, Handmade e StartUp Russia, ma

in febbraio presenteremo per la prima volta stilisti al di fuori della Federazione, con il progetto Cpm my country, in collaborazione con le fashion week del Kazakhstan e dell’Uzbekistan». L’entertainement e la formazione - dalle fashion night in città ai seminari sui temi topici del fashion danno un extra-appeal all’appuntamento. «Alla prossima edizione - anticipa il manager - il consueto Russian Fashion Retail Forum sarà rinnovato e si terrà in una hall più ampia. Sono in agenda seminari per i brand che cercano agenzie in Russia, per conoscere le tendenze e sul beachwear». In più il prossimo Cpm aprirà con un ospite speciale (ancora top secret) e numerosi influencer, destinati a diventare brand ambassador sui social della fiera e delle label presenti. Il salone è attivo anche con iniziative digitali come la Cpm app, che dà informazioni e agevola il networking, l’invio di periodiche newsletter di aggiornamento e di contenuti attraverso Facebook, Instagram e VK (il social network maggiore in Russia e area Csi) con news e video live delle sfilate. «Anche se siamo nell’era digitale - tiene a precisare Stenzel - niente può sostituire il dialogo diretto, faccia a faccia, fra le persone».

LA FIERA COME PRIMO PUNTO DI CONTATTO CON I BUYER Gli espositori che frequentano vari appuntamenti fieristici nel mondo concordano su questo tema e forniscono vari spunti di riflessione. «Le fiere sono un primo punto di contatto con i buyer, per presentare la collezione», dice Giulio Colombo, ceo di Colmar (Pitti Uomo, Premium a Berlino, Ciff a Copenhagen, Ispo Munich, solo per citare alcuni dei saloni cui partecipa). «Restano importanti come momento di presentazione collettiva, che dà un’immagine generale del mood di stagione. La vendita è un fatto marginale. Ciò che conta è comunicare, avendo la possibilità di allestire nel modo giusto lo spazio a disposizione. Poi c’è la programmazione degli appuntamenti con gli agenti». «Pitti - conferma Alessandra Rosi del marketing di Artkraft (Crocs, Toms, Colors of California tra i brand in portafoglio) - è un evento per l’immagine: è la prima fiera che facciamo per presentare le nuove collezioni. Essendo affiancati anche da marchi della moda, possiamo attrarre buyer diversi rispetto a quelli che incontriamo al Micam, salone della calzatura dove si vende tanto all’estero e si fanno ordini». Per Cristina Paulon head of marketing and sales di Parajumpers, che frequenta Pitti Uomo, Premium e, negli Usa, Liberty e Project, il salone fiorentino rimane una fiera di qualità, dove conoscere persone nuove e «tastare il terreno per la stagione». Visitatori di spessore anche al Premium e se prima era utile per la ricerca di nuovi marchi, «oggi serve per stupire, se c’è una buona dose di storytelling». Altre fiere estere, apparentemente più orientate alla concretezza, in realtà hanno visitatori che «entrano solo per dare un’occhiata, ma poi preferiscono incontri one to one». Parlando di entertainment, la manager è convinta che il prodotto debba restare al centro della sce-

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1. Due look Paltò 2. I Chelsea boot di Ducal’s 3. Uno scatto dello scorso Chic, a Shanghai

na: «L’intrattenimento può sortire effetti positivi nell’immediato ma poi le promesse vanno mantenute». I saloni più divertenti, nel parere di Paulon, sono quelli dello sportswear ma cita anche un format da monitorare, Complexcon a Long Beach (California). Il festival - un agglomerato di cultura pop, musica, arte, food, stili, sport, innovazione, attivismo e formazione - è diretto dal musicista Pharrell Williams mentre l’immagine è affidata all’artista Takashi Murakami. Funzionerà? Un evento simile - Bread & Butter, il festival berlinese “dello stile e delle culture” di Zalando - è stato congelato (almeno per il 2019) dopo tre edizioni. Mentre scriviamo ci si chiede inoltre come sarà la ricetta made in Italy di questi due format, il White Street Market di Milano, che ha esordito in giugno nel Tortona District con la formula business&consumer e che dovrebbe tornare dal 12 al 14 gennaio, come evoluzione di White Man & Woman. FESTE E SEMINARI, INTERESSANTI SÌ MA IL BUYER HA FRETTA «Attività collaterali come l’intrattenimento e i seminari sono interessanti ma possono creare confusione, inoltre i visitatori restano sempre meno: non credo abbiano tanta voglia di sedersi per un talk show», dice Luca Paganelli fondatore di Paltò, in linea con gran parte degli intervistati, che vedono i saloni come un momento di lavoro. «Pitti Uomo - afferma Paganelli - resta la fiera per eccellenza e se presenta delle incongruenze nel mix, sono figlie degli stessi espositori. Alcuni sono nuovi, altri sono dei rientri o sono storici: difficile accontentare tutti». Con la donna Paltò andrà al Who’s Next di Parigi, dove c’è un passaggio di buyer anche extra-Ue. L’Italia, secondo

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Paganelli, è più creativa rispetto all’estero ma a volte i contenitori sono freddi e spersonalizzati: «L’altra faccia della medaglia è che così tutti i marchi sono sullo stesso piano e l’attenzione è concentrata sul prodotto». Uno dei vantaggi di Who’s Next è che arrivano buyer dall’Asia e dal Medio Oriente, anche se «bisogna lottare per guadagnare la postazione migliore ed è quasi una battaglia persa», come rileva Monica Mercante head of sales di Plissé. L’azienda nota per i marchi Beatrice b e Sfizio ha rinunciato al Cotery di New York per via della qualità dei visitatori, giudicata non delle migliori. Positiva invece l’esperienza a Londra. «Scoop è una vetrina per l’Europa», dice Mercante. Il berlinese Premium ha soddisfatto, nonostante a luglio sia sembrato un po’ «sottotono». Al White di Milano «si incontrano soprattutto italiani ed è un momento ludico per gli agenti». «Continuiamo ad andare al Cpm - aggiunge la manager - perché possiamo incontrare i buyer di città piccole, che non vengono a Milano». Invece, il marchio Diego M ha lasciato il Cpm e di recente ha aperto una showroom a Mosca, come spiega la titolare Manuela Bortolameolli. «Le prossime che inaugureremo - anticipa - saranno a Parigi e New York». Intanto prepara il ritorno a Who’s Next, in attesa che la showroom parigina sia operativa e conferma la presenza

a Pitti Uomo e The One, dove si incontrano i buyer dei negozi di pelliccia che vogliono diversificare. Di qualunque fiera si tratti «va preparata bene e per tempo - consiglia - con inviti, chiamate, presentazioni e pubblicità sui magazine mirati ai buyer». Ormai, «compratori sconosciuti, che scoprono il prodotto per la prima volta, non si incontrano più». LA SHOWROOM PER FAR SENTIRE I BUYER COME A CASA «Pitti Uomo è una vetrina fondamentale per vendere all’estero ma prepariamo gli incontri a monte con inviti e solleciti - conferma Jerry Giannini, proprietario di Doucal’s. Al Micam, invece, c’è un passaggio internazionale e si scrivono davvero gli ordini». A volte i buyer si lamentano del salone milanese, molto grande e dispersivo, mentre Pitti, «ha una location scomoda, non c’è parcheggio, ma ha un appeal tale che non ha senso spostarlo dalla Fortezza». Di sicuro, osserva Giannini, «i clienti vogliono essere coccolati e in nessun posto come in showroom si può ricreare l’effetto-casa». Tuttavia aggiunge: «Se i big brand possono anche organizzare eventi di richiamo in autonomia, quelli del medio-alto di gamma hanno ancora bisogno di essere coesi in fiera, per movimentare i clienti da un marchio all’altro». «Sono nata con le fiere e ci credo ancora - sostiene Monica Bianco, fondatrice di Mia Bag. Ho esordito con Pitti Uomo nel 2010: tornarci è anche una questione affettiva e vale sempre la pena per conoscere compratori stranieri. «White - continua - è più nazionale e nordeuropeo. Tranoï a Parigi è internazionale, ma all’ultima edizione eravamo troppo nascosti e c’è stato poco passaggio. Di quel salone ho apprezzato che organizzavano la colazione al mattino e l’aperitivo, che non ho mai visto a Milano o Firenze». Anche a Simonetta Vania, titolare di Mpd Box, è rimasta impressa l’accoglienza parigina come pure le sfilate alla Bourse e l’organizzazione degli spostamenti. «Presentare lì serve sempre - dice - nonostante il livello si sia abbassato e si trovi di tutto e di più. Pure la presenza al White merita, benché quattro giornate siano forse troppe». Vania non crede che i buyer andranno sempre più online per la ricerca: «In fiera vogliono ancora provare i capi o ci chiedono di indossarli». E i marchi? Saranno sempre più orientati alla disintermediazione? Alcuni appuntamenti, come Parigi, pare costino una follia (un piccolo spazio può arrivare a 15mila euro). Anche su questo aspetto, forse, gli organizzatori dovrebbero mettersi in discussione. ■


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SPRING SUMMER 2020 W W W. M U N I C H FA B R I C STA R T . C O M


THE FUTURE OF RETAIL REAL ESTATE

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L’ESPERIENZA 4.0 IN NEGOZIO FA SCUOLA ANCHE ONLINE Per gli oltre 2mila retailer presenti alla fiera dell’immobiliare commerciale di Cannes le parole d’ordine sono esperienza, comfort e servizi 4.0. Con questo mix saranno ancora i punti vendita fisici a guidare le vendite online DI ANDREA BIGOZZI

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tenere banco all’edizione 2018 del Mapic non sono stati solo i progetti immobiliari in senso stretto, ma soprattutto i servizi e l’innovazione tecno-digital applicata al real estate. Così i team sviluppo retail di griffe come Fendi, Dolce & Gabbana, Carven e Trussardi e di colossi fast fashion come Zara e H&M, arrivati al Palais du Festival di Cannes si sono trovati davanti non solo i plastici di centri commerciali in costruzione, ma anche dimostrazioni pratiche di come intelligenza artificiale, eye scanning e realtà aumentata stiano entrando a far parte del concetto di distribuzione. Uno scenario a cui dovranno abituarsi tutti i 2 mila retailer che ogni anno frequentano il salone dell’immobiliare commerciale e che rispecchia in pieno il cambiamento che il settore sta vivendo. Che l’e-commerce non sia un nemico, ma un alleato, è un concetto ormai condiviso: l’impegno degli immobiliaristi è stato dimostrare ai visitatori del Mapic che per attrarre clienti nei centri commerciali e nei negozi serve l’“esperienza”. Questa è stata la parola chiave delle centinaia tra summit e convegni organizzati durante i tre giorni di manifestazione: esperienze uniche, che mixano shopping, intrattenimento e momenti formativi, sono la formula che consentirà ai punti vendita fisici (ma solo a quelli 4.0) di guidare la crescita delle vendite online e non viceversa. «Il futuro - ha sentenziato durante l’inaugurazione del salone Christophe Cuvillier, ceo del colosso Unibail-Rodamco-Westfield - è nel retailing connesso: se le nostre strutture riusciranno ad offrire prodotti, servizi e con-

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fort, continueranno a guidare il mercato». A fornire una dimostrazione pratica di che cosa significhi retail connesso nel 2018 ci ha pensato la società di consulenza Svicom, che nel suo stand ha presentato tra gli altri AdaptiveMall, un concentrato di innovazioni tecnologiche capaci di rendere personale e positiva l’esperienza d’acquisto: dall’intelligenza artificiale all’eye scanning, con cui è possibile misurare gli aspetti che colpiscono maggiormente l’attenzione del consumatore, aiutando così a costruire il mall dei sogni. Si è presentato a Cannes puntando su un nuovo tipo di esperienza sensoriale basata sui profumi e sulla realtà virtuale anche il Caselle Open Mall di Aedes, che aprirà i battenti a Torino entro la fine del 2021 con una formula basata sull’edutainment, grazie alla presenza di un centro National Geographic (ma ci saranno 220 negozi, di cui un centinaio moda). Punta sulla famiglia anche l’American Dream Mall, premiato come Best Future Shopping Centre, che aprirà alle porte di New York nella primavera 2019 con una pista da sci, un parco acquatico disegnato da DreamWorks, ma anche con tanto lusso (ci saranno Hermès e Saks), che aiuteranno a richiamare i 40 milioni di visitatori annui attesi dalla società costruttrice. Stima che induce a pensare che il brick and mortar farà ancora sognare...e vendere. ■

Tra gli stand del Mapic quest’anno non si sono fatti notare solo i plastici dei progetti in fase di realizzazione, ma anche le dimostrazioni pratiche di come la tecnologia sta cambiando la distribuzione

UNIQLO E GALERIES LAFAYETTE CAMPIONI DEGLI OSCAR DEL REAL ESTATE Non ci sono nomi italiani, nonostante le nomination, nell’elenco dei 12 vincitori dei Mapic Awards 2018. Gli Oscar dell’immobiliare retail assegnati a Cannes sono andati tra gli altri a Galeries Lafayette (Retailer of the year), Marc O’Polo (Best new retail concept) e a Uniqlo, a cui è andato il riconoscimento per l’espansione retail internazionale (nella foto, lo store di Milano che aprirà nel 2019). Il miglior shopping centre dell’anno è lo Suzhou Center Mall in Cina, mentre mall del futuro è stato eletto American Dream, che sarà il più grande negli Usa e aprirà nel 2019 vicino a New York


CUVILLIER (WESTFIELD): «I CENTRI COMMERCIALI SONO IN RITARDO»

The Mall Sanremo

McArthurGlen ad Ashford (Uk)

MORETTI (CNCC): «I PLAYER ONLINE TALVOLTA SONO CONCORRENTI SLEALI» Tra i protagonisti del Mapic 2018 anche Massimo Moretti: il presidente del Cncc nella tre giorni di Cannes ha presentato due ricerche, una sulla ristorazione (il food è la nuova locomotiva, al posto della moda) e una sulla classificazione dei centri commerciali in Italia. Ma il numero uno del Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali ha dimostrato di avere a cuore anche altri argomenti, a partire dalla concorrenza dell’ecommerce: «Sono realtà che vanno in dumping e che spesso non rispettano le regole, operando una sorta di concorrenza sleale nei nostri confronti». Riguardo alle aperture domenicali, a rischio in Italia, ha detto: «Chiudere i negozi la domenica sarebbe un errore».

Massimo Moretti

DA MCARTHUR GLEN A KERING E SCALO MILANO: OUTLET SEMPRE PIÙ A MISURA DI MILLENNIALS Certo non passano tutto il week end all’outlet, però ci vanno e ci stanno almeno quattro ore, perché amano la moda ma pagandola il giusto. Sono i Millennials, ovvero i clienti di cui non si può più fare a meno, nemmeno negli outlet. Conquistarli è l’idea di McArthurGlen, che al Mapic ha annunciato un piano da 1,15 miliardi tra nuove aperture e ampliamenti (Italia inclusa). «I clienti tra i 18 e i 29 anni visitano i nostri centro il doppio degli over50», assicurano dal gruppo. Stessa musica per Scalo Milano: il target 19-35 vale il 25% dei visitatori totali, che nel 2018 toccheranno quota 2,5 milioni. Anche Kering ha intenzione di coccolare i Millennials con The Mall, che inaugurerà a giugno 2019 a Sanremo: nella brand list dell’outlet ci sono i marchi più amati dai giovani, da Gucci (ça va sans dire) a Gcds.

Senza dubbio è stato il personaggio del Mapic e non solo per il riconoscimento come personalità dell’anno. Christophe Cuvillier ha lasciato il segno in questa edizione 2018 anche per il suo discorso alla conferenza di inaugurazione della manifestazione, dove il patron del gruppo Unibal-RodamcoWestfield si è distinto per affermazioni forti come «L’industria dei centri commerciali è in ritardo» citando settori come hotellerie e viaggi maggiormente proiettati al futuro. Anche sul ruolo dei Millennials Cuvillier è disruptive: «Cambiano idee e gusti in fretta e i centri commerciali devono adeguarsi. Ecco perché cerchiamo di introdurre sempre novità nella nostra rete».

Christophe Cuvillier

CAUSEWAY BAY A HONG KONG, LA VIA PIÙ COSTOSA AL MONDO, QUINTA MONTENAPOLEONE A MILANO Per la prima volta dopo cinque anni Causeway Bay a Hong Kong sorpassa la Upper 5th Avenue di New York in cima alla classifica delle vie commerciali con i canoni di affitto più elevati al mondo, secondo l’annuale report di Cushman & Wakefield Main Streets Across the World. Il sorpasso è avvenuto più per demerito di New York, che per meriti di Hong Kong, che ha conquistato la leadership nonostante un lieve calo nei canoni medi, scesi a Causeway Bay a 24,606 euro/mq/anno. Ma a Manhattan il calo è stato ancora più accentuato: sulla Quinta Strada, nel tratto tra la 49esima e la 60esima, i canoni medi sono passati dai 28,262 €/mq/anno dello scorso anno, ai 20,733 €/mq/anno del 2018. New Bond Street a Londra è la location più costosa in Europa e la terza al mondo, con canoni a 16,071€/mq/anno. Scorrendo la top 10, Avenue des Champs Élysées a Parigi si riprende il quarto posto (13.992 €/mq/anno), a spese di Via Montenapoleone a Milano (€13.500/mq/anno). A livello europeo, le high street italiane dominano: sono quattro tra le prime 10: oltre a a Milano, troviamo Via Condotti a Roma (11.500 €/mq/year) in quarta posizione; Calle San Moisè a Venezia in sesta (6.000 €/mq/year) e Via Roma a Firenze in ottava (5.800 €/mq/year).

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1. Luca Sburlati, direttore generale di Pattern 2. La sede dell’azienda, fondata da Fulvio Botto e Francesco Martorella

PER PATTERN IL FUTURO È A IMPATTO ZERO

«Obiettivo carbon neutral entro il 2023» L’azienda chiuderà l’anno in crescita del 20% di ricavi: «Le aziende ci vogliono anche per la sostenibilità»

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Il compito non è facile. Né di immediata realizzazione. Ma immaginare un mondo in cui la moda possa convivere “pacificamente” con l’ambiente potrebbe avverarsi in un futuro non lontanissimo. La Pattern prova a stringere i tempi sulla sostenibilità attraverso il progetto From red carpet to green carpet, il cui obiettivo è rendere l’azienda, che progetta e produce capi sfilata per importanti marchi del lusso ed è proprietaria del brand Esemplare, a diventare “carbon neutral” entro il 2023. «Ai marchi con cui lavoriamo offriamo una filiera interamente controllata, cura dei materiali e della tecnologia, ma vogliamo fare di più, implementando la tracciabilità della catena di approvvigionamento e migliorando in termini di consumi d’acqua e di autoproduzione di energia», spiega Luca Sburlati, direttore generale della società torinese, che un anno fa ha acquisito anche la concorrente Roscini. Sostenibilità e impatto zero non sono solo temi entrati a far parte della mentalità aziendale, ma rappresentano anche aspetti della gestione capaci di avvantaggiare il business della società, fondata da Fulvio Botto e Francesco Martorella. « La reputazione - afferma il manager. - sta assumendo un valore economico rilevante: lavoriamo con 15 marchi di primissimo piano e posso garantire che non ci scelgono solo per la tecnologia e per la capacità artigianali che offriamo. L’essere sostenibili ci mette in una posizione di vantaggio ai loro occhi rispetto ai nostri competitor». La correlazione tra sostenibilità e fatturato per Pattern-Roscini è attestata dai numeri: «Siamo passati dai 26 milioni del 2016 ai 30 milioni del 2017 e per il 2018 prevediamo una crescita del 20%. Dati che ancora non comprendono la produzione p dopo l’acquisizione di Roscini». (an.bi.)

Miroglio Fashion: «Un Black Friday in primavera, pensiamoci» Da Miroglio Fashion parte un appello a tutto il settore moda, volto a replicare il Black Friday in primavera dal 22 al 27 maggio, già a partire dal 2019. «Il nostro obiettivo - dice il ceo Hans Hoegstedt - è fare sistema intorno a un progetto importante: tutti con lo stesso nome e tutti nello stesso periodo, per migliorare notevolmente i risultati nell’interesse di tutti. Attualmente, per la primaveraestate l’unico evento realizzato in modo coordinato sono i saldi di fine stagione». Secondo le stime di Confesercenti, il Black Friday 2018 ha coinvolto in Italia 180mila negozi, 12 milioni di persone e generato un giro d’affari superiore agli 1,3 miliardi di euro. (a.t.)

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ATMOSFERE À LA GRUAU

Toni Thorimbert firma la campagna di Lardini Lardini lancia la campagna primavera-estate 2019 avvalendosi di un fotografo di prima grandezza, Toni Thorimbert. Protagonista dell’advertising, realizzato dal direttore creativo Luigi Lardini con l’ufficio stile, una collezione ispirata all’arte di René Gruau e alle sue illustrazioni, alcune delle quali sono state riprodotte sui capi. Tre i modelli, di età differenti, che identificano altrettante tipologie di uomini amanti dello stile Lardini. (a.b.)

Peserico: ricavi a quota 100 milioni in tre anni Forte di un fatturato che nel 2017 è arrivato a 60 milioni di euro, in crescita del 20% , Peserico alza l’asticella e mette in cantiere nuovi progetti di espansione che fanno leva su retail, offline e online. «L’azienda - racconta Riccardo Peruffo, seconda generazione della famiglia, ceo e direttore creativo del brand insieme alla moglie Paola Gonella (nella foto) - è orientata verso due poli di sviluppo, la Cina e gli Stati Uniti, che cerchiamo di presidiare anche in maniera diretta». Negli Usa i monomarca Peserico sono già quattro, più due in dirittura d’arrivo, mentre dall’altra parte del globo, nell’ex Celeste Impero, risale allo scorso settembre lo sbarco a Shanghai, a due mesi di distanza dall’apertura della filiale cinese. «Questo negozio a gestione diretta, che si aggiunge ad altri quattro punti vendita nel Nord della Cina gestiti dal nostro partner - puntualizza Peruffo - ci consente di avere il polso del mercato e conoscere da vicino il consumatore orientale». Attualmente la distribuzione del brand è per l’80% wholesale, ma il canale retail sta acquisendo più quote, così come accadrà per l’online, lanciato da appena tre mesi. Peserico veleggia verso i 65-70 milioni di euro di fatturato consolidato: «Nel 2018 - conferma Peruffo - cresceremo del 15% e l’obiettivo nel prossimo triennio è di arrivare al traguardo dei 100 milioni di euro». (a.t.)



NEWS

AL TALENT GARDEN CALABIANA

E-P Summit a Milano: execution is everything La due giorni su innovazione, tecnologia e lifestyle ha segnato una svolta gestionale e organizzativa, mantenendo tuttavia l’impostazione “fluida” di fucina di idee e networking

Un evento unico nel suo genere, che ha aperto un nuovo capitolo in occasione del convegno-laboratorio di fine novembre al Talent Garden Calabiana: stiamo parlando di e-P Summit, la due giorni milanese sulle nuove tecnologie applicate al mondo della moda e dei lifestyle, che dopo la separazione da Decoded Fashion viene organizzata in autonomia da Fiera Digitale. Questa società, cui fanno capo anche la piattaforma online e-Pitti.com e la app Ready-To-Order, ha da poco come unico azionista Pitti Immagine, in seguito alla cessione del 25% delle quote di Francesco Bottigliero. A fronte dei cambiamenti in atto, resta invariata la finalità della manifestazione: essere una fucina di esperienze, testimonianze, novità e approfondimenti su innovazione, digitale e lifestyle attraverso momenti di networking, tavole rotonde e interviste one to one, con un’alternanza di nomi altisonanti e startup, selezionate in collaborazione con Fashion Technology Accelerator. Tanti i relatori, tutti di alto livello, e altrettanto numerosi i temi alla ribalta: solo per citarne alcuni, l’heritage che scende nell’arena dell’omnichannel e aggancia il mondo dei social (nella testimonianza di Thierry Andretta, ceo di Mulberry, intervistato dal nostro direttore Marc Sondermann), i dati che rappresentano un patrimonio per i brand «a patto che siano quelli giusti, focalizzati ad attrarre il cliente», come ha ricordato Joeri Groenewoud del produttore di soluzioni per l’e-commerce Eshopworld, il consumatore e la sua «incessante esplorazione tra reale e virtuale» descritta da Lucia Marcuzzo (vice president Central Europe di Levi’s), i social in cui vincono i marchi che “fanno” community (nell’approfondimento di Jane Han, global creative lead for luxury di Instagram e Facebook). Nel prossimo futuro si parlerà ancora di più di unified commerce e non più di e-commerce, customizzazione, entertainment, experience, ma soprattutto di execution, la capacità di agire velocemente e prendere decisioni in corsa per stare al passo con il mercato. Il titolo di questa edizione è stato proprio questo: Execution is everything. (a.b.)

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UN EVENTO AL MUSEO DELLA SCIENZA E TECNOLOGIA

Fashion Bank e la business intelligence

Specializzata nell’analisi e nel monitoraggio del rischio finanziario nella distribuzione moda, Fashion Bank ha presentato a Milano strumenti di ultima generazione come Fashion Map e Frm-Fashion Risk Management

Dettagliando. La business intelligence applicata alla moda è il titolo di un convegno organizzato a Milano da Fashion Bank, società specializzata nell’analisi e nel monitoraggio del rischio finanziario nella distribuzione moda. Una realtà che vanta una banca dati quarantennale allargata a tutti i segmenti del fashion, composta da 120mila punti vendita in Italia e 4 milioni all’estero, oltre a un archivio di 3mila produttori, associati a circa 10mila marchi. In primo piano le testimonianze di Roberto Ragnini e Franco Pagliarecci (rispettivamente founder e cio di Fashion Bank), Marc Sondermann (direttore e ceo di Fashion magazine), Danilo Scarponi (docente di Business Intelligence all’Università Politecnica delle Marche, che ha collaborato con Fashion Bank negli ultimi quattro anni), Fabio Savelli (ceo e founder di Sita Ricerca, uno dei partner di Fashion Bank), Paolo D’Andrea (credit counselor) e Patrizia Mandrioli (credit manager di Twinset Milano). Partendo dal fatto che «i multimarca rappresentano tuttora un tassello vitale per l’intero sistema del made in Italy, con ricavi totali per circa15 miliardi di euro», come ha ricordato Sondermann, occorre saper gestire al meglio le attività commerciali legate al wholesale «e saperne valutare il rischio finanziario, su cui influisce anche un valore intangibile quale il fattore umano», ha sottolineato Scarponi. «In Italia - ha precisato Ragnini - i maggiori canali di vendita nella moda sono i monomarca e le insegne in franchising (il 45%) e i multibrand (il 33%): su questo 78% abbiamo focalizzato un’analisi sistematica e un costante monitoraggio». Fiore all’occhiello di Fashion Bank è Fashion Map, nuovo strumento per il controllo, la razionalizzazione e lo sviluppo della rete distributiva. «Un servizio di geo-marketing - ha precisato Savelli - che definisce il reale posizionamento di un marchio sul territorio, sondando il parco clienti». Tra le aziende che usano Fashion Map c’è Betty Blue-Elisabetta Franchi, mentre Patrizia Mandrioli di Twinset Milano si è soffermata su Fashion Risk Monitoring (Frm), un altro tool di Fashion Bank che monitora il credito e il rischio, in favore dello sviluppo commerciale. Frm sta lanciando un portale, «in grado di accertare l’affidabilità finanziaria della clientela, prevenire le insolvenze - ha aggiunto Pagliarecci - e tenere sotto controllo il rischio del portafoglio clienti in Italia e nel mondo». «Solo le informazioni corrette - ha sintetizzato Paolo D’Andrea - consentono di predire gli scenari e reagire adeguatamente». (a.b.)


©Livio Mancini/Makro Press/Redux Pictures

ORACLE for

L’importanza di avere una storia unica dei dati I DATI SU LARGA SCALA SONO ORO PER LE AZIENDE MA SOLO SE RACCOLTI E CATALOGATI CON GLI STRUMENTI GIUSTI DI ARTIFICIAL INTELLIGENCE, AUDIENCE INSIGHT E PERSONALIZZAZIONE, COME SPIEGA LIVIO MANCINI, CX SALES DEVELOPMENT & BUSINESS STRATEGY DI ORACLE I dati vengono memorizzati ovunque nei sistemi dei vari dipartimenti aziendali, una procedura non certo lineare. «Di solito l›elenco dei dati dei clienti non è programmato per adattarsi al marketing e ottenere informazioni in un formato utile per interagire con i clienti su larga scala - commenta Livio Mancini, CX Sales Development & Business Strategy di Oracle -. Inoltre ci si trova di fronte a dati frammentati, raccolti in silos. Ci sono poi altri dati, sempre organizzati separatamente, come quelli del catalogo prodotti o i record del servizio clienti. Tutto questo comporta l’impegno di grandi risorse e di tempo per mettere ordine e armonizzare il flusso, prima di avviare qualsiasi iniziativa di marketing». Come sottolinea Mancini, «è sempre una grande sfida ottenere i dati provenienti dal marketing, dall›e-commerce, dai negozi fisici e dalle ricerche di terze parti, tutti a disposizione nello stesso posto». Realizzare una vera “connected experience” di lungo termine vuol dire quindi abbattere le barriere tra i dati e costruire una storia unica dei clienti attraverso i dati stessi. «Per poter attuare iniziative di business a lungo termine e rompere i silos dei dati - spiega il manager - è necessario pensare a una piattaforma aperta e flessibile, in grado di creare le relazioni necessarie all’esecuzione congiunta di progetti di marketing, di e-commerce, di sales e customer support». Oggi, mai come prima d’ora, è fondamentale per il successo di qualsiasi brand poter rispondere a domande del tipo «Chi tra i miei clienti non sta comprando da me, ma sta acquistando prodotti simili da qualcun

altro?» oppure «Chi di questi posso reingaggiare con successo?». «I brand necessitano di strumenti che consentano di creare complesse combinazioni di dati - osserva Mancini - applicando operatori logici per raggiungere il giusto segmento di clienti. Allo stesso tempo hanno bisogno di strumenti facili da usare, veloci e personalizzabili, che utilizzino UI widget per aggregare dati complessi (ad esempio eventi online e ordini offline)». Con l’ausilio di strumenti di artificial intelligence, audience insight e personalizzazione, «i brand possono analizzare la performance di campagne precedenti per individuare la giusta audience, ma anche esaminare le metriche di rendimento dopo una campagna, per perfezionare le campagne future. Quando pensiamo al processo caotico per far decollare i progetti e agli ostacoli costanti nel raccogliere tutti i dati nello stesso posto per poterli usare facilmente, allora capiamo l’importanza di ricostruire la storia che lega i dati, ovvero la storia dei nostri clienti». Questo vuol dire «raccogliere tutti i dati sui social media, tutti i dati delle campagne di marketing e di loyalty, tutti gli eventi di e-commerce e qualsiasi altra interazione digitale e aggregarli con gli ordini di vendita e i dati offline e qualsiasi altra informazione sulla personalizzazione tracciata digitalmente. E, infine, integrarli con i dati di terza parte». Oggi, conclude Mancini, «la sfida di ogni brand è avere la capacità di raccogliere, organizzare e accedere ai dati su larga scala, attraverso strumenti di facile utilizzo che permettano di prendere decisioni al volo, per adattarsi meglio ai clienti».

www.oracle.com/it


NEWS

CREATING SHARED VALUE IN FASHION

Alla Bocconi focus sulla sostenibilità La sostenibilità come asset sempre più importante nelle politiche delle aziende del fashion: se ne è parlato in un incontro alla Bocconi

Creating Shared Value In Fashion è il titolo di un incontro tenutosi all’Università Bocconi, incentrato sulla sostenibilità e le sue implicazioni. Nel suo discorso introduttivo Francesca Romana Rinaldi, Csr in Fashion & Luxury Coordinator di Mafed Sda Bocconi ha ricordato che, a fronte di consumi di abbigliamento in notevole crescita a livello globale («Si passerà da 62 a 102 milioni di tonnellate dal 2015 al 2030, +63%»), i giovani sono disponibili a pagare di più per i prodotti sostenibili, come sostiene una ricerca di PwC. Matteo Marzotto (chairman di Dondup), si è soffermato sulla responsabilità che i marchi hanno nei confronti delle persone che li scelgono: «Ci vengono chieste informazioni chiare e molta trasparenza, sta a noi garantirle». «Noi stilisti non possiamo più limitarci a disegnare vestiti, ma dobbiamo osservare da vicino il mondo in cui viviamo», ha aggiunto Chicco Barina, head of designer team per questo marchio. «La sostenibilità richiede investimenti da monte a valle della filiera», ha chiarito Simon Giuliani, marketing director di Candiani denim, mentre Sara Sozzani Maino, deputy director Special Projects di Vogue Italia, oltre che responsabile di Vogue Talents e international brand ambassador di Camera Moda, ha ricordato che «le testate di moda sono in prima fila nell’attivare un circolo virtuoso». Luca Testoni, fondatore di EticaNews, si è riallacciato al 2010, anno della pubblicazione del suo libro L’ultima sfilata: «Da allora tutto è cambiato - ha detto -. Il punto ora è far sì che anche la fashion people abbracci la corporate social responsibility, un nuovo modo di fare business». Marc Sondermann, ceo e direttore di Fashion magazine, è tornato sul ruolo chiave dei mezzi di informazione, «che devono distinguere tra chi è realmente virtuoso e chi invece pratica un mero greenwashing». Chiara Campione, corporate unit head di Greenpeace Italy, ha portato alla ribalta i risultati della campagna Detox: «In sette anni 80 tra brand e fornitori hanno risposto al nostro appello e non finisce qui: ciò che sembra impossibile può diventare possibile». (a.b.) CITTÀ STRATEGICHE PER UN PIANO DI CRESCITA

FiloBlu: nuove prospettive con le sedi di Napoli e Verona FiloBlu, società specializzata nell’implementazione di strategie digitali per lo sviluppo e l’internazionalizzazione del business online, ha inaugurato due sedi a Verona e a Napoli. La presenza in queste città è strategicamente connessa a un piano di rafforzamento del business nazionale e internazionale, che FiloBlu ha avviato a partire dalla sua fondazione nel 2009 e che già vede l’azienda radicata a Milano, Lugano e Praga, nonché a New York, Hong Kong e Shanghai». Come spiega il ceo Christian Nucibella (nella foto), i nuovi uffici non solo si insediano in distretti produttivi strategici per il business, ma sono anche l’occasione per investire in risorse umane, con un forte orientamento a ricerca e sviluppo. In particolare, l’investimento sul capoluogo campano, con una struttura di oltre 400 metri quadri in cui trovano spazio anche sale meeting per la formazione, corona un percorso iniziato tre anni fa con un team di 10 professionisti che oggi sono diventati 30, con ruoli e competenze diversificati. Quella di Verona è al tempo stesso una base e un’opportunità d’ingresso per risorse professionali specializzate in digital e retail, tra cui UX/ UI designer, creative designer, business developer e front-end developer. Anche in questo caso, una parte dell’ufficio, che si trova al sesto piano del Palazzo Bauli, è destinata alla formazione. «A Verona - annuncia Nucibella - vogliamo far nascere il nostro Training Centre, con corsi di formazione per lo sviluppo di competenze verticali». (a.b.)

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Con F&M Retail aprire un negozio diventa più facile

Che si abbia già un design corporate ben dettagliato o solo un’idea, F&M Retail è dal 2001 un partner affidabile nella costruzione di negozi, uffici, spazi commerciali, oltre che nella riconversione, nel restauro e nella modernizzazione di strutture esistenti. Un plus apprezzato da brand del lusso tra cui, per citarne solo alcuni, Giorgio Armani, Ralph Lauren, Valentino, Versace, Salvatore Ferragamo e Moncler (nella foto, lo store della griffe a Prince street, New York, inaugurato lo scorso settembre) o insegne come Benetton, Calzedonia e Mango. Dalle facciate all’interior design, dagli arredi agli aspetti tecnico-logistici, F&M Retail fornisce i giusti input e trova le soluzioni idonee a livello di design service e project & construction management e offre servizi di general contractor o di “Design&Build”, in cui si pone come unico interlocutore, dai primi step del progetto alla consegna finale dell’opera. F&M Retail si avvale di strumenti innovativi, forte di una capacità di comprensione del brand, di competenze multiculturali e di esperienza di project management, unita a un network mondiale. Grazie alla competenza di un team di 42 collaboratori, tra ingegneri civili, architetti, interior designer, project and site manager F&M Retail è in grado di operare in tutto il mondo dalle “cabine di controllo” a Mirano (Venezia), dove ha sede il quartier generale, a Colonia, New York e Dubai. Fondata dai team leader Lorenzo Tacco, Tobias Zickfeld e Michele Palmieri, F&M Retail è un branch di F&M Ingegneria, attivo da oltre 35 anni nell’ideare soluzioni progettuali nei campi dell’ingegneria civile, delle infrastrutture, del project management e della sostenibilità. (c.me.)


Fashion_Magazine_OM_Winter2018_14-12-2018.pdf

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NEWS

UN NUOVO PROGETTO

Elisabetta Franchi: una showroom diretta per crescere in Russia

Alessia Santi: «Adesso riparto da me stessa»

Prosegue l’internazionalizzazione di Elisabetta Franchi. Il brand guidato dalla stilista bolognese inaugura una showroom a Mosca, nella centralissima via Petrovka: un nuovo avamposto per mettere radici nel mercato dell’ex Unione Sovietica, dialogando direttamente con i clienti locali e sviluppare ulteriormente tutti i Paesi Cis. Ospitata in uno spazio di 350 metri quadri, è operativa da questo mese e rappresenta un ulteriore step nel piano di crescita worldwide previsto dalla griffe nei prossimi tre anni. Attualmente il network retail conta una novantina di monomarca (di cui 25 in Italia), alimentato da opening recenti a Bucarest, Sofia, Praga, Krasnodar, che hanno contribuito a portare la quota export al 67%. Elisabetta Franchi a fine 2017 si è ripresa il 100% dell’azienda dopo la parentesi con il fondo di private equity Trilantic Capital Partner, che circa quattro anni fa aveva acquisito il 25% dell’azienda bolognese Betty Blue da lei fondata. (a.t.)

La stilista bolognese, per 15 anni alla guida creativa di Manila Grace, debutta sul mercato con una propria collezione, al via con l’autunno-inverno 2019

Dopo 15 anni al timone creativo di Manila Grace, Alessia Santi è pronta per una nuova avventura, questa volta en solitaire: «Avevo voglia di mettermi in gioco e provare questa esperienza e adesso eccomi qui», racconta la stilista bolognese, che a gennaio presenterà la collezione alla forza vendite e a febbraio parteciperà alla Milano Fashion Week. Quando parla del suo nuovo progetto, usa termini come «mix and match», «identità unica», «creatività senza regole», a voler sottolineare un set di capi che hanno preso forma in maniera istintiva: sulla base dell’emozione, per creare emozioni. «Ho pensato in primis a pezzi che facciano stare bene le donne, dalla mattina alla sera, in qualsiasi occasione - sottolinea Alessia -. Sentirsi a proprio agio è la cosa più importante». Nella nuova linea un ruolo di primo piano sarà recitato dalla maglia («da sempre la più bella sfida per me»), per un assortimento che conterà circa 200 pezzi, tutti made in Italy, realizzati in collaborazione con

l’imprenditore Stefano Bonacini. Italia, Svizzera, Germania, Francia, Spagna, Portogallo, Grecia, Belgio, Olanda e Russia sono i mercati nel mirino, attraverso una presenza nei multimarca di fascia medio-alta e con corner in selezionati concept store. (a.t.) SBARCO A MILANO

Jijil prende casa a Porta Nuova Una nuova showroom direzionale a Milano per Jijil, marchio di abbigliamento donna e bambina che fa capo a D.G. Group. Uno spazio inaugurato all’inizio di dicembre in via Gaetano De Castilla 24, nei pressi del Bosco Verticale, che farà da base per l’internazionalizzazione del brand, attualmente presente in 450 multimarca italiani e 250 esteri. Come spiega un portavoce dell’azienda pugliese, le vendite nei mercati esteri (soprattutto Cina, Hong Kong, Giappone, Russia, Polonia, Portogallo, Medio Oriente e Cipro) rappresentano al momento il 20% del fatturato - a quota 17 milioni di euro nel 2018, +8% rispetto al 2017 -, ma investimenti sono in corso in nuovi Paesi come Repubblica Ceca, Slovacchia, Spagna, Benelux, Francia e Germania. Fra i progetti del marchio anche l’avanzata nel canale monomarca: uno step importante per il Jijil, che è partito da un flagship ad Adria per testare il format, con l’obiettivo di lanciare il progetto retail a partire dal 2020. (a.t.)

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INTERVIEW

MARKUS LANGES-SWAROVSKI

«CON MANUFAKTUR I NOSTRI CLIENTI DIVENTANO CO-MARKETER» Markus Langes-Swarovski, esponente della quinta generazione della famiglia, presenta Manufaktur, «l’atelier del cristallo del 21esimo secolo», dove designer, ricercatori, macchinisti, tecnici e pubblico sono riuniti sotto lo stesso tetto. Obiettivo: azzerare le barriere tra azienda e clienti, per la creazione di pezzi unici DI ANGELA TOVAZZI

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warovski punta sulla personalizzazione di massa. Dopo tre anni di progettazione e costruzione, lo scorso ottobre ha aperto ufficialmente a Wattens (in Austria) Manufaktur, un complesso di 7mila metri quadri che punta a scardinare il vecchio schema di interazione fra produttore e consumatore in chiave inclusiva, trasformando il cliente in parte attiva nel processo di creazione. Un primo step nell’espansione della sede, che ospita anche il nuovo Campus 311 e la Crystal Factory Of the Future, vedrà la luce nel 2019. Ne parliamo con Markus Langes-Swarovski, membro del cda della società. Con Manufaktur puntate a trasformare i consumatori in co-marketer: in concreto come ci riuscirete? Manufaktur è una tipologia di atelier completamente nuova. Il nome deriva dal latino “manufactus”, composto da “manu” (a mano) e “factus” (fatto) ed è proprio questo che offriamo nella nostra struttura: uno spazio per l’ispirazione e la co-creazione, che permette ai nostri clienti di trasformare le loro idee in oggetti di cristallo in un lasso di tempo molto rapido. Non si tratta di rendering digitali o riproduzioni in plastica stampate 3D, ma di vere e proprie creazioni in cristallo. Un modo per semplificare la complessità del mondo del lavoro di oggi attraverso un approccio olistico, che consente a esperti e clienti di operare fianco a fianco. Promettete anche di dimezzare i tempi di produzione. In che modo? Grazie alla prossimità fisica tra creatori, sviluppatori e artigiani. Swarovski scommette

sulle tecnologie e i macchinari più innovativi, capaci di velocizzare i processi produttivi in maniera significativa: in questo modo le idee si trasformano rapidamente in oggetti di cristallo. E in metà del tempo solitamente richiesto. Avete aperto anche il Campus 311 e a breve arriverà la Crystal Factory of the Future... Il mercato chiede prodotti e servizi individualizzati e su misura, che devono essere pronti 1 1

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nel momento stesso in cui vengono richiesti. I tre building sono la nostra risposta a questo trend. Accanto a Manufaktur, all’inizio di quest’anno abbiamo aperto Campus 311, uno spazio costruito nel 1950 per il taglio del cristallo che oggi accoglie le divisioni design, innovazione, project management, i team dell’area commerciale e marketing, ingegneri e artigiani. Mentre la Crystal Factory of the Future sarà inaugurata l’anno prossimo e si svilupperà su 36mila metri quadri: in questo modo tutta la filiera produttiva sarà ospitata sotto lo stesso tetto. Portando con sé vantaggi fondamentali in fatto di velocità e flessibilità, sia per i dipendenti che per i clienti.

1. Markus Langes-Swarovski, membro del cda della società 2. Uno scorcio della sede di Wattens, in Austria 3. Gli interni di Manufaktur, nuovo spazio di 7mila metri quadri progettato dagli architetti norvegesi Snøhetta. Il design interno è stato messo a punto sotto la supervisione di Carla Rumler, direttrice culturale Swarovski. Nello stesso stabile è presente anche Campus 311 e nel 2019 debutterà Crystal Factory of the Future

Quanto avete investito? Per i tre building 100 milioni di euro. Cuore del progetto è lo spazio pensato per la cocreazione, Manufaktur, per il quale abbiamo stanziato 30 milioni. ■

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PRE-FALL 2019

FASHION IS BACK LA MODA CAMBIA A SECONDA DEL TEMPO, DELLA CULTURA E DEL LUOGO. EPPURE HA DEI PUNTI FERMI: I TESSUTI, LE PROPORZIONI DEI VOLUMI E LA COMBINAZIONE DEI COLORI. UN INCONTRO IDEALE TRA IL GESTO E LA MODA, IL SAVOIR-FAIRE E LA CREATIVITÀ. DI ALBERTO CORRADO 1

VERSACE

NELLA SUA PRIMA SFILATA A NEW YORK DONATELLA VERSACE HA RESO OMAGGIO ALL’HERITAGE DELLA MEDUSA, RACCHIUDENDO NEI MODELLI LA QUINTESSENZA DELLO STILE DELLA MAISON. UN TRIBUTO VINTAGE, MA ANCHE UNA NUOVA CHIAVE PER LEGGERE IL FUTURO. 2

VALENTINO

PIERPAOLO PICCIOLI CONQUISTA TOKYO CON I CODICI DELLA MAISON VALENTINO: IL ROSSO, I VOLANT, IL PIZZO, I FIORI, I MOTIVI LETTI IN CHIAVE WABI SABI. IL NERO, IL ROSSO E IL BIANCO SI PRENDONO LA SCENA, MENTRE LE V DEL NUOVO LOGO SONO OVUNQUE. 3

ETRO

VERONICA ETRO CI PORTA IN UN VIAGGIO ONIRICO DI FORTE IMPATTO VISIVO, GRAZIE AI MOTIVI PAISLEY, ALLE GRAFICHE FLOREALI E AI DISEGNI COLOR BLOCK.

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ROBERTO CAVALLI

PAUL SURRIDGE, DIRETTORE CREATIVO DA ROBERTO CAVALLI, REALIZZA UNA COLLEZIONE DAL MOOD COOL E URBANO, RIVOLGENDOSI ALLE NUOVE GENERAZIONI DI DONNE FORTI E INDIPENDENTI. 2

CHANEL

KARL LAGERFELD SI ISPIRA ALL'ANTICO EGITTO, MA ANCHE ALLA GRANDE ARCHITETTURA DEGLI ANNI VENTI, PER LA COLLEZIONE MÉTIERS D'ART 2018/2019 PRESENTATA A NEW YORK, CELEBRANDO IL SAVOIR FAIRE DEGLI ARTIGIANI CHE LAVORANO DA MOLTO TEMPO PER LA MAISON. . 3

BURBERRY

RICCARDO TISCI PER BURBERRY CONTINUA A ESPLORARE I TEMI TRACCIATI NELLA COLLEZIONE DI DEBUTTO, INTRODUCENDO NUOVI SET DI CODICI DEL BRAND, TRA CUI IL MONOGRAMMA THOMAS BURBERRY.

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RESORT 2019

ON THE MOVE

PENSATE PER CHI VA IN VACANZA IN LUOGHI ESOTICI NEL PERIODO INVERNALE, NEL 2019 LE COLLEZIONI RESORT (O CRUISE) AVRANNO COME LEITMOTIV GLI ABITI E LE GONNE A BALZE E LE GIACCHE SARTORIALI DI TAGLIO IMPECCABILE, PER DEFINIRE CON NETTA GEOMETRIA LE SPALLE. E ANCORA, I FOULARD SIA COME ACCESSORI CHE COME STAMPE, PER EVOCARE UN CLIMA VACANZIERO. I COMPLETI ALL-OVER CON GRAFIE DI PAESAGGI DAI COLORI ACCESI, LE RIGHE RIVISITATE IN STILE MARINIÈRE E, NON ULTIMA, LA MAGLIA IN TUTTE LE SUE FORME, SCRIVERANNO UN NUOVO CAPITOLO DELL’ELEGANZA, PIÙ CHE MAI ALLA RICERCA DELLA SEMPLICITÀ. DI ALBERTO CORRADO

HERMÈS LA COLLEZIONE METTE IN SCENA I CODICI MINIMAL DELLA MAISON. UNA STORIA CHE RACCONTA L’ELEGANZA DEL CASUAL. CON UNA PALETTE DI TONI INTENSI E NEUTRI, PER DELINEARE SILHOUETTE DI DONNE DALLA FORTE PERSONALITÀ.

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RESORT 2019

ALBINO TEODORO LO STILE RAFFINATO, L’INCLINAZIONE ARCHITETTONICA LEGGERA DELLE FORME, LE STAMPE CON ANIMALI MITOLOGICI DEFINISCONO UNA COLLEZIONE SONTUOSA E VIBRANTE. I PEZZI CHIAVE SONO I CAPISPALLA DALL’ATTITUDINE SPORTSWEAR, DILUITI IN RICCHI BROCCATI O LUSSUOSI DOPPI CASHMERE E LANE, I TAILLEUR DOPPIOPETTO CON PANTALONI ADERENTI E INSERTI IN FAILLE DI SETA, LE CORTE TUNICHE ZAFFERANO LEGGERMENTE IMBOTTITE. UN’EVOLUTA SEMPLICITÀ, IN CUI SI INCONTRANO MINIMALISMO, FUNZIONALITÀ ED ELEGANZA.

ALTUZARRA LA COLLEZIONE È UN OMAGGIO AL FILM DI LUCA GAUDAGNINO “CALL ME BY YOUR NAME”, TRATTO DAL ROMANZO DI ANDRÉ ACIMAN, CHE HA SEDOTTO IL DESIGNER PER REALIZZARE MOTIVI PAESSAGISTICI SU TUTTI OUTFIT, DAGLI ABITI DA COCKTAIL AGLI INTARSI DI T-SHIRT EFFETTO CARTOLINA. LA SENSUALITÀ DEL TESSUTO ESPLORA IL CORPO FEMMINILE E SI TRADUCE IN ALTA SARTORIA CON LINEE DRITTE, MANICHE CHE SI ROVESCIANO DALLE SPALLE PER RIVELARE CAMICIE BORDATE DI PIZZO, SCOLLATURE CHE REGALANO UN EFFETTO DESHABILLÉ. LA STAMPA PIÙ BELLA SI ISPIRA ALLA CARTA DA PARATI FLOREALE, DAI COLORI ACQUERELLATI, CHE SI TRAMUTA IN GRAZIOSI CHEMISIER. UNA NUOVA BORSA IN PELLE SCAMOSCIATA CON CINTURINI IN PELLE INTRECCIATA FA DA CONTRALTARE ALLE SCARPE DÉCOLLETÉ DALLA FORMA A PUNTA O IN VERSIONE FLAT, CON LA SUOLA STILE ESPADRILLAS. ACCESSORI CHE EMANANO UNA SENSUALITÀ FRUTTO DELL’ELEGANZA DELLA SEMPLICITÀ E DELLA BELLEZZA DI UN’ESTATE ITALIANA.

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THOM BROWNE LA THOM BROWNE RESORT ESPRIME IL CONSERVATORISMO ASSOLUTO DA UN LATO E LA SELVAGGIA ECCENTRICITÀ DALL’ALTRO, RENDENDO LO STILE MODERNO E CON UN APPEAL INTERNAZIONALE. TORNANO I VESTITI CHE FANNO RIFERIMENTO AL MONDO DEL TENNIS, DEL GOLF, DELLA VELA E COSÌ VIA. PARTENDO DA UNA TAVOLOZZA GRIGIA E NERA BROWNE SCOPRE IL COLORE, CREANDO NUOVE FORME. SALTANO LE NETTE DEMARCAZIONI TRA MASCHILE E FEMMINILE, COME ACCADE NELLE GIACCHE DAI BORDI GREZZI O PROFILATI DI MOTIVI A PAILLETTES RICAMATI O NEI PEZZI DI CAMICERIA A STRISCE. NON MANCANO ACCESSORI DIVERTENTI, CHE PRENDONO ISPIRAZIONE DAL MONDO DELLO SPORTSWEAR, CAMBIANDO I CONNOTATI ALLA SARTORIALITÀ PIÙ CLASSICA E RIGOROSA. OBIETTIVO, VIVACIZZARE E STUPIRE.

BALENCIAGA NELLA COLLEZIONE BALENCIAGA, DISEGNATA DA DEMNA GVASALIA, L’ACCESSORIO NON È UN COMPRIMARIO MA UN PROTAGONISTA: LE BORSE DELLA SPESA IN PELLE ROSA, QUELLE BLU STAMPATE CON IL CERCHIO NERO, OPPURE I MODELLI CON LA CROCE O LA FRECCIA STAMPATE SONO SIMBOLI ICONICI. GVASALIA, L’UOMO CHE HA CONTRIBUITO A SDOGANARE LE GIGANTESCHE SNEAKER E CHE CONVINCE SEMPRE PIÙ I RESPONSABILI DEL BRAND A INVESTIRE SULLA CREATIVITÀ A BRIGLIA SCIOLTA, HA REALIZZATO UNA COLLEZIONE DAL LOOK DISINVOLTO, CON ECHI STREET: JEANS LEGGERMENTE SVASATI, CAPPOTTI IMBOTTITI, GIACCHE DAL SAPORE SCOZZESE E PULLOVER DECISAMENTE ORIGINALI.

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RESORT 2019

DONDUP UN SAFARI URBANO, IN CUI I CAPI DA GIORNO, COME TRENCH E GIACCHE D’ ISPIRAZIONE MILITARE, VENGONO RIVISITATI UTILIZZANDO TESSUTI TESTURIZZATI COME IL LINO A QUADRETTI O GLI JACQUARD DI COTONE STAMPATO CON MOTIVI A FOGLIAME. IL NYLON È INCRESPATO O LAMINATO, PER DONARE LA LUCENTEZZA METALLICA CHE PIACE TANTO ALLE DONNE. ALTRO PUNTO DI FORZA È IL DENIM, CHE SPERIMENTA NUOVI LAVAGGI, MENTRE GLI ABITI FASCIANO IL CORPO CON SCOLLATURE VERTIGINOSE. TUTTO PENSATO PER UN ARMADIO QUOTIDIANO CREDIBILE, SENZA FRONZOLI, VERSATILE E SEMPLICE.

EMILIO PUCCI GLI ANNI SESSANTA AD ACAPULCO SONO GLI INGREDIENTI DI UNA COLLEZIONE DAI COLORI VIVIDI, PIENA DI LUCE E BRIO. A DISEGNARLA È UN TEAM INTERNO CHE S’ISPIRA ALL’EREDITÀ DELLA MAISON, RECUPERANDO NUMEROSE STAMPE D’ARCHIVIO (COME APPUNTO ACAPULCO, DIEGO E FRIDA, GUANABANA) CON UN RIFERIMENTO ESPLICITO AL MESSICO, DESTINAZIONE AMATA DAL MARCHESE EMILIO PUCCI DI BARSENTO. NEL GUARDAROBA IDEALE DELLE VACANZE C’È SPAZIO PER IL TRENCH DI NYLON RIPIEGABILE IN CASO DI ACQUAZZONI ESTIVI, I CAFTANI ADATTI DA MATTINA A SERA E GLI ABITI IN JERSEY SUPER VERSATILI. NON C’È NOSTALGIA PER IL PASSATO, COME SPESSO ACCADE QUANDO UNA COLLEZIONE ATTINGE AGLI ARCHIVI, TUTT’ALTRO: LA LINEA È MODERNA, SVELTA, LUMINOSA E PIENA DI UNA VIVACITÀ CONTEMPORANEA E VITALE.

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BLUMARINE TRA UN GIRO FRENETICO DI SALSA AI CARAIBI E IL ROMANTICISMO PSICHEDELICO DI IBIZA, SI IMPONE LA LEGGEREZZA DI ABITI LUNGHI E FLUENTI IN CHIFFON STAMPATO, DI BLAZER SARTORIALI INDOSSATI CON PANTALONI PALAZZO, DI CAMICIE STAMPATE CON TAGLIO MASCHILE DA PORTARE SU MICRO-SHORT, DI CAFTANI CORTI INDOSSATI CON GILET E ABITI A TRAPEZIO IN VOILE DI COTONE BIANCO, ISPIRATI ALLA LINGERIE D’EPOCA E ABBINATI A GILET CON FRANGE SCAMOSCIATE. IL GUARDAROBA DI UNA DONNA CHE TRASFORMA LA BELLEZZA IN UN SINONIMO DI FORZA.

MARNI UNA NUOVA FORMA DI FASCINO SI ESPRIME IN QUESTA COLLEZIONE RESORT, DOVE I VOLUMI DIVENTANO PIÙ LEGGERI GRAZIE A RUCHE E VOLANT, CHE DANNO MOVIMENTO ALLE SILHOUETTE. LA REALTÀ DEL QUOTIDIANO È LETTA ATTRAVERSO IL FILTRO DELLA STRATIFICAZIONE DEI PEZZI E IL MIX & MATCH GRAFICO DELLE STAMPE. SI RICERCA LA BELLEZZA ESTREMA ATTRAVERSO LE ASIMMETRIE DEGLI ABITI ALLUNGATI, ATTRAVERSATI DA COULISSE CHE TERMINANO IN PATTERN FLOREALI MOLTIPLICATI SUL CORPO. LANE DRY, COTONE E NYLON TECNICO SI ALTERNANO A SPLENDIDE SETE, IN UNA PALETTE CROMATICA CHE SI STEMPERA IN UN ALTERNARSI DI NERO, BORDEAUX, BEIGE, ARGENTO E BLU, CON UNO SPLASH VERMIGLIO. MARNI TORNA ALLE ORIGINI, CELEBRANDO E CONFERMANDO IL TALENTO DI FRANCESCO RISSO, NUOVO DIRETTORE CREATIVO.

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CAREERS A CURA DI ANDREA BIGOZZI

Jacob Cohën chiama Mario Maran: obiettivo essere un lifestyle brand Mario Maran entra a far parte della squadra di Jacob Cohën. Il manager, che in passato ha lavorato per realtà come Brunello Cucinelli, Bagutta, Boglioli e PT01, sarà il nuovo commercial and marketing manager del marchio e avrà tra i compiti principali quello di aprire nuovi segmenti di prodotto e strutturare l’azienda, che nel 2021 concluderà il rapporto di licenza con Giada, che da anni si occupa dello sviluppo delle linee uomo e donna. «L’ingresso di Mario Maran - afferma Jennifer Tommasi Bardelle, presidente e ceo di Jacob Cohën Company - è la dimostrazione della nostra volontà di far crescere il marchio anche in segmenti diversi dall’abbigliamento uomo e donna. Da subito intendiamo investire su abbigliamento bimbo, scarpe, occhiali, profumi e prepararci con nuove ed esclusive strategie commerciali, in vista della cessazione del rapporto di licenza con Giada». Per Jacob Cohën l’ingresso del manager è l’ennesimo segnale di un rilancio in chiave lifestyle, cominciato la scorsa primavera con l’apertura del primo flagship in via della Spiga, in pieno Quadrilatero della moda milanese, che offre oltre alle collezioni uomo, donna e bambino, anche le calzature fatte a mano da artigiani marchigiani, profumi e alcuni prodotti per la casa. «Le nuove sfide - ha commentato Maran - sono la parte più emozionante del mio lavoro e con Jacob Cohën sono certo che potremo sviluppare moltissime nuove idee».

Delpozo: con Lutz Huelle il brand diventa più accessibile

Lutz Huelle è il nuovo direttore creativo di Delpozo. Il designer tedesco supervisionerà la collezione Fall 2019 del brand spagnolo e firmerà in toto le proposte della Spring 2020, protagoniste sulle passerelle della London Fashion Week. Huelle prende il posto di Josep Font, che negl iultimi sei anni ha contribuito al rilancio dell’etichetta, fondata da Jesus Delpozo nel 1974 e dal 2011 nell’orbita del Grupo Perfumes y Diseño. L’intervento dello stilista si focalizzerà in particolare sul dailywear, per rendere il marchio «più accessibile, più reale e adatto per la vita di tutti i giorni, non solo per il red carpet». Lutz Huelle - che vive e lavora a Parigi - nel 2000 ha lanciato il proprio brand.

Vestiaire Collective chiama Maximilian Bittner

Giacomo Santucci sarà chairman del cda de Il Bisonte Giacomo Santucci porta le sue esperienze in Ferragamo, Prada, Gucci e Dolce&Gabbana al servizio de Il Bisonte: diventa infatti chairman del cda dell’azienda, specializzata nella produzione di borse e accessori in pelle made in Florence. Classe 1956 e di origine abruzzese, Giacomo Santucci è plurilaureato e ha dedicato gran parte del suo iter professionale a fianco delle griffe allo sviluppo e all’apertura di nuovi mercati, vista la conoscenza approfondita di aree come Asia, Giappone e Usa. Attualmente siede nel board di Roberto Cavalli e Gianvito Rossi Japan, oltre a insegnare alla Luiss a Roma.

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Corneliani: esce Paolo Roviera, Luigi Ferrando è il nuovo ceo Cambio ai vertici della Corneliani. Paolo Roviera (nella foto a sinistra), entrato nell’azienda del menswear nel 2016, a ridosso dell’acquisizione da parte di Investcorp, ha lasciato l’incarico di a.d. e direttore generale. Il suo sostituto è Luigi Ferrando (nella foto a destra), manager che ha maturato esperienze in realtà dell’arredamento come Unopiù e Arquati e dell’illuminazione architettonica, quali Targetti e Louis Poulsen.

Sébastien Fabre, co-fondatore e finora ceo di Vestiaire Collective, fa un passo indietro, ma senza abbandonare i posti di comando: resta infatti direttore del portale dedicato al social shopping di moda d’alta gamma second hand, ma dopo circa 10 anni cede la carica di amministratore delegato a Maximilian Bittner (nella foto). Il passaggio di consegne avverrà il prossimo gennaio. Nel curriculum di Bittner, 39 anni, spicca la creazione sei anni fa di Lazada Group, e-commerce asiatico, di cui Alibaba ha acquisito la maggioranza nel 2016.


FASHION TECHNOLOGY ACCELERATOR for

Launchpad for Fashion Technology Accelerator: il Fashion Tech coreano arriva a Milano GRAZIE A UN’INTESA CON LAUNCHPAD KOREA, PROGRAMMA DI PRE-ACCELERAZIONE PROMOSSO DA KOCCA, FASHION TECHNOLOGY ACCELERATOR INTRODUCE NELL’ECOSISTEMA MILANESE CINQUE STARTUP DECISAMENTE PROMETTENTI Milano, da sempre capitale della moda, si sta ritagliando uno spazio sempre più significativo nel mondo di startup e venture capital: Fashion Technology Accelerator è l’organizzazione di riferimento a supporto delle realtà emergenti internazionali che innovano in questo settore. Nato nel 2013, Fashion Technology Accelerator ha un portafoglio di 21 startup e collaborazioni con organizzazioni internazionali, dal Qatar alla Russia, dal Regno Unito a Singapore, fino alla Corea. Recentemente FTA ha infatti avviato una partnership con Launchpad Korea, programma di pre-accelerazione promosso dalla Korea Creative Content Agency (KOCCA), ente governativo istituito nel 2009 che aiuta le startup coreane di moda, musica e cultura a portare la propria attività sotto i riflettori di tutto il mondo. In particolare, KOCCA gestisce CKL, un incubatore che lavora con oltre 100mila aziende coreane nel settore della creatività, supportandole attraverso il “Global Content Accelerator Development”: un progetto che consente alle startup di partecipare a programmi di accelerazione internazionali, moltiplicando per loro le opportunità di attrarre investitori stranieri oltreoceano e di avviare espansioni all’estero. Con Launchpad e KOCCA, Fashion Technology Accelerator sta seguendo cinque startup coreane, introducendole all’ecosistema della moda milanese e a investitori locali. Ecco un’anteprima delle startup promettenti, già attive sul mercato asiatico, che il Launchpad ha selezionato: D.CODE - È un'app mobile dotata di un curation ser-

vice che si basa su personal stylist e algoritmi di machine learning, per fornire al cliente asiatico consigli di moda personalizzati 1:1. A oggi la piattaforma fornisce la possibilità a brand internazionali di essere commercializzati nel mercato coreano, anche attraverso la possibilità di pre-order. LEOLAB - I prodotti Leolab sono la soluzione ideale per le estati calde. Grazie ai materiali di raffreddamento ad alta tecnologia da loro brevettati, Leolab ha introdotto sul mercato collari o polsini, che consentono di ridurre la temperatura percepita fino a 10 gradi. Una fusione perfetta tra moda e funzionalità. REALFAKE - Ha creato un'app che consente di riprodurre sfilate di moda in versione 3D con le tecnologie olografiche, consentendo la fruizione dello show in ogni parte del mondo e con una modalità immersiva. Inoltre, consente ai designer di rappresentare i propri outfit con un costo molto ridotto. STYLEPILL - Una destinazione unica nel suo genere per il mercato cosmetico e della moda coreano. Questo ecommerce beauty e moda reward based lavora con i brand ambassador coreani più affermati, per promuovere solo il meglio del meglio in fatto di prodotti per i Millennial. SWATCHON - Questa startup ha lanciato una piattaforma di e-commerce che collega fashion designer da tutto il mondo con fornitori di tessuti coreani. Il sito web utilizza l'intelligenza artificiale per abbinare la richiesta del designer con i tessuti preferiti. E con SwatchOn si supera il limite di non poter toccare con mano il tessuto.

Tel +39 0236573130 - milan@ftaccelerator.com


PORTRAITS

NUNZIO COLELLA

DALLA MODA AL LIFESTYLE, L'ASCESA DI MR. CAPRI Un business model che combina qualità, prezzo e velocità e una «totale dedizione»: l’imprenditore napoletano Nunzio Colella festeggia i primi 30 anni della Capri con due premi e guarda al futuro nel segno dell’internazionalizzazione e della diversificazione DI ANGELA TOVAZZI

A

lla fine di questo 2018, anno in cui la Capri compie i suoi primi 30 anni, il fondatore e amministratore unico Nunzio Colella ha portato a casa due regali importanti: il premio EY Imprenditore dell’anno per la categoria Fashion & Retail e il Bond Street Awards per il marchio Alcott. Due titoli che riconoscono l’impegno di una realtà partita nel 1988 come piccola azienda a conduzione familiare e diventata un gruppo del fast fashion da 300 milioni di euro di fatturato, con 1.600 dipendenti in tutta Italia e oltre 250 negozi. «Il nostro successo nasce dalla totale dedizione - racconta Colella, 65 anni -. Io, mia moglie (Anna Sorrentino, ndr) e i nostri quattro figli (Marianna, Veronica, Salvatore e Francesco, ndr) siamo ogni giorno i primi ad arrivare in ufficio e lavoriamo fianco e fianco con i dipendenti per raggiungere obiettivi sempre più importanti». Ma accanto alla passione un ruolo determinante hanno avuto le scelte di campo, con l’idea di offrire un prodotto value for money, capace di coniugare qualità e contenuto moda a un prezzo competititivo. Una strategia che attraversa come un fil rouge tutta la storia dell’azienda, partita con Alcott - brand di ispirazione americana e di impronta maschile, integrato nel 2013 dalla donna Alcott Los Angeles e più recentemente dalla linea Alcott Premium - e poi proseguita con l’acquisizione, nel 1998, di Gutteridge, marchio di

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menswear fondato nel 1878 a Napoli dallo scozzese Michael Gutteridge. Due asset accomunati dalla mission del «miglior prodotto al miglior prezzo», che permettono a Nunzio Colella di affermarsi in Italia, costruendo una rete di oltre 150 store Alcott e 70 Gutteridge, fino a conquistare un posto di primo piano anche nell’epicentro della moda, a Milano, con il primo store in corso Vittorio Emanuele (inaugurato nel 2007) e il nuovo quartier generale, oltre 2mila metri quadri tra store e uffici, presente in via Torino da circa tre anni. Oggi per l’azienda - che ha iniziato ad allargare i propri orizzonti oltreconfine, con nuovi avamposti in Spagna, Grecia e a breve in Francia - la parola d’ordine è internazionalizzazione. Ma anche diversificazione, in chiave lifestyle: l’anno scorso Nunzio Colella intravede nel Palazzo Caravita di Sirignano, gioiello cinquecentesco affacciato sulla Riviera di Chiaia, un grande potenziale. Lo acquisisce con l’intenzione di trasformarlo nella sede aziendale, ma poi la bellezza degli interni suggerisce un’altra destinazione: quella di un hotel di lusso, che inaugura così una nuova avventura di Capri nel settore dell’hotellerie. Stesso input a Bologna, dove l’imprenditore napoletano ha rilevato gli storici locali del Cinema Capitol. Obiettivo: trasformarlo in un concept innovativo, con sale di proiezione, una zona gourmet e negozi dei brand di proprietà. ■

• Nunzio Colella nasce a Napoli nel 1953 • Negli anni Ottanta, assieme alla moglie Anna, inaugura alcuni multibrand a Napoli • Nel 1988 fonda la società Capri e lancia il marchio Alcott • Nel 1990 inaugura il primo negozio e sette anni dopo inizia la distribuzione in franchising • Nel 1998 apre il primo megastore Alcott a Palazzo Stigliano a Napoli, sede del negozio Gutteridge, marchio che entra nell'orbita di Capri • Nel 2006 inizia lo sviluppo internazionale, con nuovi punti vendita in Europa e India • Nel 2007 Alcott approda in corso Vittorio Emanuele a Milano • Nel 2015 apre il nuovo quartier generale nel capoluogo lombardo, con 2mila metri quadri tra uffici e store in via Torino • Nel 2017 Capri acquisisce Palazzo Caravita di Sirignano per trasformarlo in hotel di lusso • Nel 2018 l'azienda compie 30 anni: Nunzio Colella si aggiudica il Premio EY Imprenditore dell'anno per la categoria Fashion & Retail e il Bond Street Awards


Q&A A CURA DI CARLA MERCURIO

GLOBAL MARKETING DIRECTOR DI CANDIANI

SIMON GIULIANI

«MI ALLENO PER ESSERE L’UOMO PIÙ GREEN DEL PIANETA»

Il magazine di news, business e trend

Direttore Responsabile e Amministratore Delegato

Marc Sondermann (m.sondermann@fashionmagazine.it)

Il suo motto è: «Non c’è nulla che non si possa imparare a fare». Per questo Simon Candiani, global marketing director di Candiani, ha messo a punto la sua personale ricetta: «Studiare, osservare, provare e sbagliare, ma soprattutto essere flessibili e pronti al cambiamento» Dove è nato, dove ha studiato e chi pensava di diventare da ragazzo? Nato e cresciuto a Bolzano, ho studiato Disegno Industriale al Politecnico di Milano. Prima di approdare a Milano, l’obiettivo era diventare un professionista dello snowboard, ma dopo avere iniziato l’università è nata l’ambizione di fare pressoché il lavoro che sto facendo oggi. Quali le tappe significative nel suo curriculum? Ho fondato durante l’università la mia prima società: lo studio di comunicazione e design Baako, che con mio orgoglio oggi è una realtà attiva in diversi Paesi europei. Ho lasciato Baako per dedicarmi al disegno e sviluppo di collezioni ready-to-wear. Ho lavorato per aziende in Brasile, Germania e Spagna, prima di tornare a Milano. Sono stato designer e brand manager dello streetwear brand milanese Pharmacy Industry. In seguito ho lanciato due marchi di abbigliamento e un e-commerce di label di ricerca, prima di essere accolto in Candiani. Qual è stata l’esperienza che le ha cambiato la vita professionale? Avere incontrato persone che mi hanno affidato la creazione dei loro brand è stata una grande fortuna. Ogni esperienza si è rivelata un importante momento di crescita, proprio come quella che sto vivendo ora in Candiani. Lavora in questa azienda dal 2012: come ha conquistato la fiducia dei Candiani? Credo di aver reso visibile la magnifica storia e la devozione della famiglia a produrre in maniera innovativa e responsabile. Ho strutturato il messaggio in modo che fosse chiaro a più pubblici, dal B2B al B2C, e ho avviato un percorso per far diventare Candiani un brand, ovvero il valore aggiunto di un jeans. Penso sia stata la mia pignoleria nell’esecuzione del progetto a conquistare la fiducia dei Candiani.

Essere il responsabile marketing del “the greenest mill in the blue world” l’ha fatta diventare il “greenest man in the world”? Mi piace e mi diverte migliorare il mio approccio alla sostenibilità nella vita quotidiana, ma per diventare - se mai possibile - il “greenest man in the world” la strada è lunghissima. L’importante è crederci e mettersi in cammino.

Caposervizio

Alessandra Bigotta (a.bigotta@fashionmagazine.it) Redazione

Andrea Bigozzi (a.bigozzi@fashionmagazine.it) Elisabetta Fabbri (e.fabbri@fashionmagazine.it) Carla Mercurio (c.mercurio@fashionmagazine.it) Angela Tovazzi (a.tovazzi@fashionmagazine.it) Segreteria di redazione

Daniela Locatelli (d.locatelli@fashionmagazine.it) Realizzazione grafica

Nadia Blasevich (n.blasevich@fashionmagazine.it) Carlo Maraschi (c.maraschi@fashionmagazine.it) Fashion Editor

Alberto Corrado (a.corrado@fashionmagazine.it) Collaboratori

Elena Azzola, Mariella Barnaba, Peppe Orrù (Londra), Giuliana Poletto (Parigi), Cristiana Lopez (New York) Direttore pubblicità

Stefano Giordano (s.giordano@fashionmagazine.it) Pubblicità e promozione

Barbara Sertorini (b.sertorini@fashionmagazine.it) Laura Pianazza (l.pianazza@fashionmagazine.it)

Qual è l’aspetto più bello del suo lavoro? La continua sfida di essere leader di settore. Ciò implica studiare, osservare, provare e sbagliare. E soprattutto essere flessibili e pronti al cambiamento.

Senior Digital Advisor

Qual è il suo motto, nella vita, ma anche nel lavoro? Non c’è nulla che non si possa imparare a fare.

Amministrazione

Special Projects

Matteo Ferrante Veneziani (m.veneziani@fashionmagazine.it) Assistente di direzione

Valentina Capra (v.capra@fashionmagazine.it) Segreteria e servizi

Tiziana Grazioli (t.grazioli@fashionmagazine.it) Cristina Damiano (c.damiano@fashionmagazine.it) Diffusione e abbonamenti

Daniele Costanzo (abbonamenti@fashionmagazine.it)

Quali devono essere, oggi, le doti fondamentali di un bravo marketing manager? Cercare di osservare il proprio mercato da più angolazioni possibili, studiare il comportamento del consumatore e la sua evoluzione, fare ricerca in settori non attigui per imparare dalle innovazioni/rivoluzioni altrui. Sentire il presente per immaginare il futuro e reagire di conseguenza. Per lei vestire in jeans è un must? Amo il denim e amo combinare pezzi di ricerca vintage con lo stile classico italiano. Che effetto le fa lavorare in un’azienda iconica del made in Italy, dove c’è una famiglia al timone e dove si parla di attenzione all’ambiente e al sociale? Mi riempie di orgoglio. Sono sempre stato un amante e sostenitore del made in Italy e con Candiani sento che posso contribuire attivamente alla diffusione dei suoi valori. Qual è il suo sogno nel cassetto? Lo scoprirete appena aprirò il cassetto...

Stefania Navaretti (s.navaretti@fashionmagazine.it)

Edizioni Ecomarket Spa Redazione, Amministrazione, Pubblicità: piazza Pio XI 1, 20123 Milano telefono: 02 80620-1 telefax: 02 80620-444 (redazione) - 02 80620-333 (pubblicità e abbonamenti) Edizioni Ecomarket Spa Fashion - Il magazine di news, business e trend Registrazione presso il Tribunale di Milano n. 389 del 6-11-1970 Iscrizione n. 1418 al ROC Registro Operatori della Comunicazione È vietata la riproduzione anche parziale Articoli, disegni e fotografie, anche se non pubblicati, non verranno restituiti © Fashion 2018 Edizioni Ecomarket - Milano Abbonamento annuale 199,00 e (quindicinale) - c/c postale n. 16879207 È possibile richiedere gratuitamente la rettifica o la cancellazione scrivendo a: Edizioni Ecomarket Spa - servizio abbonamenti - piazza Pio XI 1 - 20123 Milano Numeri Arretrati: 16,00 e cad L’editore garantisce che i dati forniti dai sottoscrittori degli abbonamenti vengono utilizzati esclusivamente per l’invio della pubblicazione come quelli relativi agli invii in omaggio non vengono ceduti a terzi per alcun motivo. Garanzia di riservatezza per gli abbonati in ottemperanza al D. Lgs. n.196/2003 (tutela dati personali) Stampa: Vela Web Srl - Via Copernico 8 - 20082 Binasco (Mi) MDM Milano Distribuzione Media Srl Fashion fa parte del Gruppo DFV Verlagsgruppe Deutscher Fachverlag www.dfv.de Le altre testate moda del gruppo sono: TextilWirtschaft, Frankfurt; TextilJurnal, Praha; Sportswear International, Frankfurt; ÖTZ Österreichische Textil Zeitung, Wien; DivatMarketing, Budapest; Images Business of Fashion, New Delhi.

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PEOPLE DI CARLA MERCURIO

VICTORIA CABELLO

«VESTIRSI È UNA QUESTIONE DI PERSONALITÀ»

AMY LEVERTON

«LE GIOVANI GENERAZIONI RISCRIVONO LE REGOLE DEL DENIM» Nata in Inghilterra e oggi residente a Los Angeles, Amy Leverton si muove nel mondo del denim dal 2003; all’inizio come designer e in seguito come consulente e trend forecaster. Dopo aver lavorato per realtà come Wgsn e Stylesight, nel 2015 ha pubblicato il libro Denim Dudes, dedicato allo stile dei più grandi amanti del denim al mondo, da cui è nata una sua società, con sede in California. «Una realtà che nel tempo si è trasformata in moltissime cose - spiega -. Facciamo consulenza nel mondo del denim in primis, con clienti come Levi’s, Vivienne Westwood e il salone Kingpins. Ma siamo diventati anche una piattaforma B2B e B2C, grazie alla community che si è creata su Instagram, oltre a ideare strategie di marketing, organizzare eventi e collaborazioni e a gestire un sito ricco di articoli dedicati al settore». Amy Leverton è continuamente in viaggio, incontra e intervista specialisti del settore e pubblica approfondimenti e contenuti originali sul suo sito. «I social media hanno portato una rivoluzione nel mondo delle tendenze - racconta -. Prima erano i marchi che spiegavano ai consumatori cosa era cool, ora sono i consumatori che dicono ai brand ciò che vogliono comprare. Un percorso che ha dato voce anche alle piccole «tribù» e che ha permesso ai marchi più sconosciuti di parlare ai loro futuri fan». Un altro aspetto importantissimo di questa rivoluzione nella comunicazione è la sostenibilità: «La nascita di nuovi lavaggi e fibre inedite e modi di tingere alternativi ha portato finalmente a un jeans più pulito e amico del nostro pianeta». Purtroppo le esigenze dei numeri tendono a mettere in secondo piano la creatività nella sfera del denim, sostiene Leverton: «Parlo con molti creativi i quali si lamentano del fatto che la loro propositività sia messa in secondo piano in favore di progetti più commerciali. Negli anni Ottanta e Novanta il design era molto più audace, oggi c'è meno coraggio. Per fortuna, come reazione a questo fenomeno, stanno nascendo aziende come Telfar, Y/Project e Eckhaus Latta, che stanno superando i limiti del denim design». «Stiamo entrando in un'epoca di rinnovata propositività che non arriva dai marchi noti, ma da una nuova generazione di creativi - conclude -. Io stessa sono in procinto di tornare a disegnare».

C'era anche la conduttrice televisiva Victoria Cabello tra gli special guest all’evento tutto al femminile ideato di recente da Timberland a Milano. Una casa temporary, in piazza XXV Aprile, che per quattro giorni ha aperto le porte alle donne, con un programma a base di workshop, esibizioni musicali live, session di yoga e showcooking, con la direzione artistica di Saturnino Celani. «Hanno fatto un lavoro pazzesco e Saturnino è stato molto carino a coinvolgermi - spiega Victoria Cabello, intervenuta all'evento insieme a Noemi, Marianna Mirage, Joan Thiele, per citare qualche nome noto. «Timberland è un marchio che amo da sempre - chiarisce -. Io poi in inverno adoro indossare i boot. Per questo a volte la gente mi dice: "ma tu vivi con quegli stivaloni?". Sì, perché quando scendo dal tacco, dopo aver lavorato, amo la comodità e il comfort». Victoria non è una fashion victim, ma la moda le piace e di recente ha realizzato una collana in collaborazione con il marchio Atelier Vm: «I miei gusti dipendono dal momento, dal tempo che fa, dalla giornata. Di sicuro non indosserei mai un abito che non mi faccia sentire a mio agio e che non sia in sintonia con la mia personalità. Per esempio, non mi vedrete mai con una minigonna. C’è un’età per tutto e a un certo punto bisogna avere il coraggio di fare delle scelte ed essere consapevoli di chi si è e di cosa si vuole comunicare». E prosegue: «Tra le griffe adoro Prada: mi piace il marchio e sono affascinata da Miuccia, come donna e come icona, per la sua capacità di portare arte e cultura nelle collezioni». Con 230mila follower su Instagram, Victoria non disdegna i social: «Instagram ti apre al mondo, ti dà la chance di passare il tempo mentre viaggi, sei in taxi o aspetti qualcuno». Ma non ne è fagocitata: «Lo uso con parsimonia e non posto ogni due secondi, perché questo significa rinunciare a godersi il momento, mentre a me piace sentirmi libera». Su Instagram Victoria ha una sua personale idea: «Quando ho iniziato a fare il mio lavoro, Mtv era un fenomeno nuovo e a suo modo era l'influencer di mercato. C'è stato un periodo in cui era diventato un luogo di sperimentazione. Per me Instagram è il corrispettivo di ciò che noi abbiamo fatto anni fa».

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RED CARPET A CURA DI CARLA MERCURIO

VERSACE PREFALL 2019

CONTEMPORARY BAROQUE A NEW YORK

«Ho voluto creare una collezione che unisse la tradizione sartoriale di Milano con l’energia di New York, in un omaggio a questa città unica»: così Donatella Versace ha raccontato la prefall 2019 di Versace, a margine della prima sfilata newyorkese. Una scelta non casuale, dopo il passaggio della griffe nelll’orbita della statunitense Michael Kors Holdings. Lo show, andato in scena all’American Stock Exchange nel giorno in cui Gianni Versace avrebbe compiuto 72 anni, ha mixato gli spunti legati al mondo classico e mitologico, che hanno reso celebre la griffe, con un mood moderno e cosmopolita. Sulla passerella fashion star come Amber Valletta, Gigi Hadid e Candice Swanepoel. Sul red carpet, a contendersi i flash dei fotografi, Uma Thurman, Blake Lively, Kim Kardashian, Mary J. Blige, Lupita N’yongo. Un cocktail riuscito, tanto che forse anche la Resort si terrà nella Grande Mela.

Blake Lively

Kim Kardashian e Kanye West

Lupita N’yongo

Donatella Versace, protagonista a New York in occasione della sfilata della resort

Mary J. Blige

Sara Sampaio

KINKY BOOTS AL TEATRO NUOVO DI MILANO

AI FASHION AWARDS DI LONDRA

RIVOLUZIONE IN TACCHI A SPILLO

ITALIA PIGLIATUTTO

Successo per il musical Kinky Boots, che porta sulla scena la storia del giovane Charlie Price, erede di un’azienda calzaturiera in fallimento, e della drag queen Lola, i cui show musicali diventano l’ispirazione per una collezione di sensuali stivali da donna. Ispirato a una storia vera, lo spettacolo racconta il riscatto di Charlie, che riuscirà a portare le sue creazioni speciali alla fiera della calzatura di Milano. Una storia così non poteva non essere intercettata da Micam, che ha patrocinato il debutto dello show, in cartellone a Milano fino al 6 gennaio. «Un invito a riflettere sul tema del ricambio generazionale nelle imprese a conduzione familiare, che anche in Italia sono il fulcro del settore calzaturiero», è il commento di Annarita Pilotti, presidente di Assocalzaturifici e Micam.

Italia protagonista ai Fashion Awards 2018 di scena a Londra, alla Royal Albert Hall. Tra i vincitori, hanno brillato le stelle di Pierpaolo Piccioli, nominato designer of the year, di Miuccia Prada, a cui è stato assegnato l’outstanding achievement e di Gucci, eletto brand of the year, con il ceo Marco Bizzarri che si è aggiudicato il business leader award. Clare Waight Keller e Craig Green, si sono aggiudicati il British designer of the year, rispettivamente per donna e uomo.

Il gran finale del musical Kinky Boots: in primo piano i protagonisti, Charlie e Lola

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Il balletto delle drag queen, tra i momenti clou dello spettacolo

Miuccia Prada (outstanding achievement)

Marco Bizzarri (business leader award)

Uma Thurman

Pierpaolo Piccioli con Kristin Scott Thomas

Alessandro Michele per Gucci (brand of the year)



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