15 minute read

INEDITI CONCEPT PER LE FIERE

FORWARD THINKING

Lo stand non basta

Ci vogliono grandi esperienze di visita

Saloni, festival, fashion week: mobilitando le community si crea value for money

Format phygital, contaminazioni tra B2B e B2C, fashiontainment e networking. Tendenze che stanno spazzando via il vecchio concetto di manifestazione di moda, per lasciare spazio a una nuova era che mette alla prova tutti, dagli eventi storici a quelli nati negli ultimi anni. Con un obiettivo: garantire ai marchi coinvolti il miglior rapporto possibile tra costi e benefici

DI ALESSANDRA BIGOTTA E ANDREA BIGOZZI

Fin dal suo esordio il motto dell’About You Fashion Week è stato Exclusive for Everyone, mescolando streetwear, lifestyle, divertimento e glamour

«Dopo molte conversazioni nel corso delle ultime settimane, siamo pronti a riposizionarci includendo l’ultimo partecipante della catena, il consumatore finale». Parole, queste, pronunciate non nell’attualità, come si potrebbe pensare, ma dieci anni fa da KarlHeinz Müller, fondatore del salone tedesco Bread & Butter, di cui gli addetti ai lavori ancora ricordano la parabola. Prima osannato per il suo modo alternativo e pionieristico di fare fiera, poi in difficoltà anche in seguito a cambi troppo repentini di location e di strategie (nel 2014 Müller aveva fatto marcia indietro, tornando al format B2B) e infine caduto nel baratro del fallimento. Dal 2015, quando Zalando ha rilevato il brand, Bread & Butter ha continuato il suo percorso fino al 2019, quando è stato congelato dal nuovo proprietario perché troppo legato alla sola città di Berlino. Nel frattempo tutto è cambiato, con un’accelerata negli ultimi anni: tra social, live selling, see now buy now, omnicanalità e nuove sfide del Metaverso, i consumatori, le aziende e anche le rassegne hanno dovuto mettersi in discussione e, come accade dopo qualunque evento epocale, sono germogliate - o meglio, si sono rafforzate - iniziative fuori dal coro anche grazie

al potere del phygital. Nessuna competizione diretta con corazzate come Pitti Uomo o i saloni degli accessori e del prêt-à-porter di Rho-Pero, ma eventi B2C come Plug-Mi, Sneakerness o la About You Fashion Week hanno ottenuto un successo che si è ripercosso positivamente sui brand coinvolti. Non saloni ma happening, con la moda

Eventi moda e lifestyle possono far convivere B2B e B2C senza perdere credibilità, ma serve una regia forte

giù dalla turris eburnea, co-protagonista insieme a musica e intrattenimento per creare engagement e movimentare il sell out. «Fin dall’inizio, nel 2019 all’interno della Berlin Fashion Week, il motto della About You Fashion Week è stato Exclusive for Everyone, mescolando streetwear, lifestyle, divertimento e glamour», spiega Julian Jansen, director of content di About You, realtà che non nasce dall’organizzazione di fiere o simili ma è sinonimo di una piattaforma di vendita online con 45 milioni di utenti attivi. Semplice e al tempo stesso complessa l’idea di base: «Realizzare fashion show accessibili agli amanti della moda e al consumatore finale, per farli diventare parte attiva del mondo solitamente esclusivo delle fashion week». A colpi di musica, balli, big brand in passerella e interazioni social, questo format itinerante nella sua recente tappa durante la settimana della moda milanese (dove hanno sfilato tra gli altri Hugo, Puma, G-Star Raw e Adi-

1. All’ultima edizione di Plug-Mi erano presenti 50 brand e quasi 90 eventi live 2. La format di Vivatech si basa sul mix tra stand ingaggianti, workshop e super ospiti 3. Sneakerness è un sell-trade event itinerante che dura ormai da 15 anni 4. e 5. Anche due mostri sacri del settore, come la fashion week di Milano e White. sono nel pieno di una riflessione sul futuro del modello fieristico fra tecnologia e stile

das by Stella McCartney) ha raggiunto un’elevatissima audience globale, quantificabile in 2,1 miliardi di contatti sui media su print, canali digitali, TV e social. Oltre 600 tra vip, content creator, insider della fashion industry e appassionati del settore hanno affollato la location in zona Farini, dando una bella impennata al sell out dei marchi coinvolti, sulla piattaforma e oltre. «Non ci fermiamo qui - anticipa Jansen -. Forti del nostro fashiontainment, toccheremo altre città nevralgiche nel 2023». Quanto a Sneakerness, tutto è partito nel 2008 a Berna da alcuni amici interessati a un settore specifico, le sneaker, tra cui il co-ceo Matthijs van der Meulen, country manager dei mercati olandese, tedesco, italiano e belga. «Spinti da passione e curiosità - racconta van der Meulen - non sapevamo fin dove avremmo potuto arrivare, ma già il primo evento a Berna era stato sopra le aspettative, puntando sull’experience per tutti: brand, clienti e una community che è andata crescendo». Dopo 15 anni, oltre 60 date e circa 50mila visitatori «ci sentiamo ancora un sell-trade event - sottolinea il co-ceo - dove le experience si sono moltiplicate fra tornei di basket e breakdance, mostre ed esposizioni artistiche ma il cuore restano i brand, sempre più motivati a creare connessioni con il cliente finale anche grazie a un modo alternativo di interpretare l’offline, ricevendo tra l’altro utili feedback sui propri prodotti». Dopo Milano a ottobre, il tour di Sneakerness continuerà l’anno prossimo a Zurigo, Amsterdam, Parigi, Colonia, Londra, ancora Milano, Rotterdam e Budapest. «In parallelo - conclude Matthjis van der Meulen - grazie anche al focus del nostro co-ceo Sergio Muster su tecnologia, blockchain, Web3 e Metaverso stiamo gettando le basi della nostra Sneakerness Genesis». Una svolta in chiave omnichannel, per un’iniziativa nata nel mondo fisico, che si baserà su una più forte connessione tra la community, i marchi e i negozi, utilizzando strumenti digitali come la collectID technology, che garantisce l’autenticità dei prodotti, e il nuovo programma fedeltà Wear-To-Earn. Tutta italiana la case history di Plug-Mi, il festival che celebra la urban culture, ideato e promosso da Fandango Club Creators, realtà che fa capo a Campus Fandango Club, in società con Micam Milano per lo sviluppo del format e con il contributo di Assocalzaturifici: partito nel 2019, all’edizione di settembre al Superstudio Più ha triplicato il numero di presenze rispetto agli esordi, con oltre 50 marchi, una novantina di eventi live e attività, quasi 390mila contenuti social realizzati e più di 23 milioni di account raggiunti nell’arco di due giorni. Secondo Domenico Romano, ceo di Fandango Club Creators, Plug-Mi non ha eguali in Italia e ancora non ha espresso tutte le sue potenzialità. Chiare le sue ambizioni: «Questo è un primo passo verso l’obiettivo di candidare Milano a capitale europea dello streetwear». «Ai nostri espositori - dice Romano - diamo la massima libertà di interpretazione del proprio spazio, giocando la carta della novità di prodotto o del servizio più innovativo, in ogni caso della creatività. Un punto di forza per Plug-Mi sta nell’essere un happening multibrand: «Un’azienda entra a farne parte perché vuole incrementare la propria visibilità e da sola non riuscirebbe ad attrarre la stessa quantità di pubblico. Scatta anche la possibilità di confrontarsi con i competitor e magari vincere sfide inaspettate con realtà più grandi e più forti». Romano estende le sue riflessioni alle rassegne di moda in generale. «Restare legati a modi di pensare già collaudati, senza osare qualcosa di più, è deleterio - osserva -. Partecipare a una fiera ha un prezzo e davanti a certi budget bisogna farsi una domanda sul rapporto costi-benefici. Avere uno stand di medie dimensioni e mostrare collezioni che arriveranno in negozio un anno dopo non basta più: occorre approfittare di determina-

1

2

Virtuali o fisiche non importa, le fiere devono essere un luogo che collega la community al settore di riferimento

3

4

5

ti contenitori, specie se altamente mediatici, per presentare progetti in anteprima, pronti per essere lanciati sul mercato. Questo vuol dire contaminare un salone con logiche B2C, ma del resto la moda è il primo settore a favorire le contaminazioni. I grandi saloni, oltre a fare scouting di nomi sconosciuti, devono sempre puntare in alto e avere i leader del proprio settore, quelli che condizionano il mercato». Il ceo di Fandango Club Creators è convinto che «se esiste una regia chiara, certe manifestazioni possono far convivere l’anima B2B e B2C, senza peraltro perdere in credibilità». Un approccio che Pitti Immagine sta adottando ma senza forzare la mano e per ora senza un cambio di passo deciso per quanto riguarda il suo salone ammiraglio, Pitti Uomo, non paragonabile per numeri, target, dna e contenuti ai progetti citati finora, ma a sua volta alle prese con i radicali cambiamenti dettati dal post pandemia. «È innegabile che, quando si parla di moda e lifestyle, la soglia tra B2B e B2C è sempre meno netta - ammette Agostino Poletto, direttore generale dell’ente fiorentino - e non a caso tutte le nostre manifestazioni nate negli ultimi 20 anni (da Fragranze e Taste. In

TRA DEBUTTI E NUOVI FORMAT A Milano la fashion week uomo è in piena evoluzione

Il ritorno di Gucci, dopo un’assenza di tre anni, la partecipazione in forze di stilisti inglesi, che hanno scoperto un’attrazione fatale per l’Italia, la resilienza (ma senza exploit) del modello co-ed e il superamento del format digital. Sono queste le novità più in vista della settimana della moda maschile di Milano (13-17 gennaio), che prevede un programma di 21 sfilate, 31 presentazioni, quattro contenuti digitali e 11 eventi, per un totale di 72 appuntamenti. Complice la collocazione in calendario (primo show del primo giorno), sarà praticamente impossibile per gli addetti ai lavori non trasformare nell’hot topic della manifestazione lo show di Gucci, che dovrà fornire alcune importanti indicazioni al mercato su come il brand di Kering stia immaginando il nuovo corso dopo l’uscita imprevista di Alessandro Michele. Al centro dell’attenzione anche la sfilata di Prada, vista la rivoluzione manageriale che sta vivendo l’azienda con l’arrivo di ben due nuovi ceo: Andrea Guerra (gruppo) e Gianfranco D’Attis (Prada brand). Anche la rivalità tra capitali della moda promette di dare argomenti di discussione, con le quotazioni della fashion week di Parigi in salita (grazie anche al ritorno di Saint Laurent), mentre è in picchiata Londra, che per la FW 23/24 prevede un unico appuntamento a febbraio, con molti designer locali spinti a sfilare altrove - come Charles Jeffrey Loverboy (nella foto in alto) e JW Anderson, che hanno optato per la piazza di Milano - e Martin Rose che invece è special guest di Pitti Uomo. Nonostante il calendario resti formalmente spalmato su cinque giorni, la manifestazione milanese si chiude di fatto con lo show di Zegna, in programma lunedì 16 gennaio, mentre la giornata del 17 è priva di eventi fisici e proporrà quattro show digitali. Tutti i grandi nomi sono presenti: unico assente è Versace, che sfilerà co-ed a Los Angeles il 10 marzo. Una formula, quella del co-ed, che a Milano resiste ancora, senza però toccare le cime che ci si sarebbe aspettati. Nel programa, infatti, sono sette gli show che presentano insieme collezioni uomo e donna, meno rispetto al 2019 ma di più rispetto alla scorsa edizione di giugno. Le presentazioni (Add, Tagliatore e Valstar sono tra le new entry di questo format) non rappresentano più l’unica alternativa alla sfilata: il calendario mostra un numero sempre crescente di eventi in cui convivono aspetti B2B (le presentazioni dei capi) e B2C (party con intrattenimento). Questa è la formula scelta da Colmar - che compie 100 anni nel 2023 - per presentare la collezione Colmar Revolution, e da Lardini, protagonista di un happening a Palazzo Mezzanotte.

Il tradizionale impianto a standcollezioni non basta: necessario un palinsensto di eventi e workshop

viaggio con le diversità del gusto, alle più recenti Testo. Come si diventa un libro,

e-P Summit. Shaping the Digital Futu-

re of Fashion e, al via in febbraio, Danza in Fiera) comprendono una dimensione professionale collegata a una aperta al pubblico». «Per saloni come Pitti Uomo e Pitti Bimbo - chiarisce - potrebbero anche esserci aperture parziali e diversamente modulate in questo senso, ma dipenderà dall’evoluzione generale del loro contesto distributivo e del retail di riferimento. Un contesto che l’ecommerce e la progressiva digitalizzazione stanno rivoluzionando in forme difficili da prevedere». «L’ottica con cui abbiamo messo a punto questi due saloni - spiega Poletto - è comunque quella di manifestazioni per addetti ai lavori che tengono sempre a mente il mondo del consumo finale e della cultura della moda. Anche il coinvolgimento della città negli eventi è da leggersi in questo senso». Pitti Uomo, come fa notare il d.g. di Pitti Immagine, «va verso un’idea sempre più plurale, estesa, trasversale, non lineare ed eclettica del comparto» e non sorprende quindi l’esordio della sezione Pittipets alla Polveriera, con una quindicina di brand dedicati ai migliori amici dell’uomo (e ai loro padroni), in un layout disegnato da Ilaria Marelli: «Un settore, quello dei pet, che sta destando sempre più interesse da parte di griffe, designer, buyer dei grandi department store e negozi di tendenza. Perché non considerar-

1

lo?», precisa Poletto. La piattaforma Pitti Connect è l’altra faccia della medaglia per Pitti: non una semplice vetrina digitale, «ma uno spazio che supera e integra l’esperienza dei nostri saloni, creando nuove connessioni e occasioni di business e generando insight e intuizioni intelligenti». Da questo mosaico di testimonianze emerge che alla fine non è tanto importante lo spazio fisico o digitale in cui si sceglie di muoversi, ma la capacità di essere un luogo di confronto e una rete per collegare l’intera community che ruota intorno a un settore. Il mondo della tecnologia ha insegnato tanto in questi ultimi anni: basti pensare a VivaTech, il grande rendezvous parigino che chiama

a raccolta i leader in fatto di innovazione - da Zuckerberg a Tim Cook, passando per Bernard Arnault, patron di Lvmh che di VivaTech è socio fondatore - e le startup più interessanti, presentandosi come «il punto di incontro mondiale delle menti più brillanti, dei talenti e dei prodotti», fatto di stand ingaggianti, workshop ed eventi dove esplorare non più la moda ma il fashion-tech, non più la bellezza ma il beauty-tech e così via. Fanno riflettere le parole di Julie Ranty, ceo di VivaTech, durante l’edizione 2022: «Penso che il futuro degli eventi sia ibrido - ha detto -. Quando vedo il desiderio di partecipare a VivaTech di persona, penso che gli eventi fisici abbiano ancora un futuro luminoso davanti a sé perché, ancora di più alla fine di questa crisi, tutti noi abbiamo voglia di stare insieme, riconnetterci e affrontare uniti nuove sfide». Ognuno a suo modo: per esempio Massimiliano Bizzi, artefice del salone milanese White che in anticipo sui tempi aveva lanciato il progetto B2C White Street Market, lo ha trasformato in Wsm-White Sustainable Milano, un format che comprende conferenze e incontri complementari al salone tout court, «per creare nel pubblico una maggiore consapevolezza nell’acquisto, raccontando la collezione non solo come prodotto finito, ma con l’intero processo che c’è dietro». Intanto Bizzi non ha messo nel cassetto il sogno, coltivato da tempo, di replicare alla settimana della moda le atmosfere elettrizzanti e “democratiche” della design week. Ma anche in questo caso bisogna fare massa critica ed essere davvero aperti alle contaminazioni: «Solo da una forte sinergia fra tutti gli operatori può scaturire il fuorisalone della moda», ribadisce Bizzi, grande sperimentatore di format pionieristici anche per la manifestazione in sé, al punto che ormai è pronto a esportare la “formula White” all’estero. «Il futuro va verso un’apertura al mondo e quindi ripensarsi è una necessità - conclude Carlo Capasa, presidente di Camera Moda -. La democratizzazione delle sfilate è già in atto e così l’equilibrio tra eventi esclusivi e inclusivi, brand giovani e nomi storici. E poi funzionano idee e appuntamenti da portare avanti sui 12 mesi e da sviluppare su quattro cardini: giovani talenti, sostenibilità, diversity e digitale. Anche per la settimana della moda uomo di gennaio, che non dispone dei budget importanti della donna, abbiamo in scaletta più eventi e party, che nella maggior parte dei casi vanno oltre l’intrattenimento, con prodotti da vedere in anteprima e networking da fare». 

Essere “open” è il futuro, ma serve un mix tra esclusività e inclusività, experience emozionale e business

1. Talento eclettico e columnist del Financial Times, Luke Edward Hall (noto anche per la collaborazione con Ginori) presenta a Pitti il brand Chateau Orlando con un’installazione. 2. I “Pitti People” fanno parte dell’iconografia del salone

2

SI PARTE CON PITTI UOMO Gennaio per Firenze è il Pitti Month

Dal 10 gennaio la Fortezza da Basso di Firenze diventa l’epicentro di un vero e proprio Pitti Month, con la regia di Pitti Immagine. Il primo appuntamento è appunto dal 10 al 13, con l’edizione numero 103 di Pitti Uomo, la manifestazione di riferimento per la moda maschile e il lifestyle, che presenta circa 760 marchi (dato aggiornato a novembre 2022), di cui il 40% dall’estero. Tra le novità il ritorno della sezione I Go Out sull’abbigliamento outdoor di ricerca, i debutti di Pittipets, con proposte per i migliori amici dell’uomo e i loro padroni, e di the Sign con oggetti e complementi d’arredo innovativi, mentre l’area S|Style dà voce alla moda eco-responsabile. Guest designer la stilista di origini anglo-giamaicane Martine Rose, protagonista di un evento il 12 gennaio, ma già l’11 c’è un appuntamento da non perdere con il Designer Project Jan-Jan Van Essche. Dal 18 al 20 gennaio sale alla ribalta Pitti Bimbo, che schiera 250 marchi di cui la stragrande maggioranza (il 70%) da oltreconfine, con la moda al centro ma importanti contaminazioni con il lifestyle, come accade nella sezione Pitti Bimbo Editorials a cura della stylist Maria Giulia Pieroni. A chiudere il cerchio Pitti Filati, dal 25 al 27 gennaio, che dà visibilità a un centinaio di brand delle più qualificate filature italiane e internazionali. Fulcro della rassegna lo Spazio Ricerca, curato da Angelo Figus e Nicola Miller, stavolta intitolato Alphabet e dedicato al potere della scrittura, con il foglio bianco come punto di partenza per la creatività e la progettualità. Accompagnati dal leitmotiv Pittiway!, emblema di una ripartenza che chiede di prendere direzioni definite in un contesto complesso, i saloni organizzati da Pitti Immagine hanno una controparte digitale nella piattaforma Pitti Connect e sono sostenuti dal governo e da Agenzia Ice, con UniCredit in veste di main partner.

@whitesandofficial

white-sand.it