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L’EVOLUZIONE DELLA VENDITA DIRETTA

VENDITA DIRETTA

L'evoluzione nel post pandemia

Da Avon a Younique

Quando il venditore è un influencer: il bello del social selling

Quella che una volta si chiamava vendita porta a porta oggi si chiama social selling: un canale che da analogico è diventato digital-first, grazie alla resilienza delle aziende, che hanno saputo trasformare il proprio business model, e a un esercito di consulenti beauty, diventate delle vere e proprie influencer. Si chiamano Avon, Younique, Yves Rocher e con la loro popolarità sui social stanno dando filo da torcere sia ai retailer, che ai marketplace online

DI ANGELA TOVAZZI

Le opportunità nascono dalle difficoltà. Dopo l’esperienza della pandemia non potrebbe esserci affermazione più vera. Ma con un distinguo: chi masticava un po’ di digitale nella primavera 2020 ha avuto vita un po’ più facile. A differenza delle aziende analogiche per costituzione e vocazione, per le quali il confinamento sociale e l’annichilimento della dimensione fisica hanno costituito un vero choc. Qui parliamo (soprattutto) di queste: imprese del beauty che hanno costruito il loro core business intorno alla vendita diretta. Ossia attraverso incontri faceto-face oppure party con parenti, amici e conoscenti durante i quali venivano presentati e fatti provare i prodotti della casa, con la possibilità di ordinarli sul momento e riceverli al proprio domicilio attraverso la “mattatrice” di questi raduni casalinghi, la cosiddetta consulente di bellezza. Non una mera venditrice, ma un’amica, una persona fidata, insomma una mediatrice e un’ambasciatrice del marchio. Un tipo di esperienza che la pandemia ha azzerato, mettendo di fronte a tali aziende un enorme punto di domanda, capace però di produrre tanto un drastico, quanto imponente, reset. «Per questa tipologia di realtà il lockdown ha rappresentato una seconda, feroce crisi, perché già nel prepandemia, con lo spostamento delle vendite sull’e-commerce, avevano cominciato a soffrire - commenta Gian Andrea Positano, responsabile Centro Studi e Cultura d’Impresa di Cosmetica Italia -. Di fronte allo stop forzato si sono sapute però riorganizzare, cambiando di fatto il loro business model. Adesso stanno recuperando il terreno perso durante il biennio 2018-2020 e, anzi, sono al centro di una significativa accelerazione». Basta citare la case history di Avon, marchio nell’orbita di Natura & Co. e con una lunghissima storia alle spalle, visto che è nato a fine 800 del secolo scorso su iniziativa di un venditore di bibbie porta a porta, che ebbe l’intuizione di accompagnare il sacro manoscritto con un campioncino di profumo. Un brand costruito sulle relazioni umane che, prima di imbattersi nel Covid, aveva poca dimestichezza con il digitale, potendo contare su un esercito di consulenti di bellezza (oggi sono 5 milioni in 55 mercati, di cui 65mila in Italia), capaci di arrivare alle consumatrici attraverso rendez-vous fisici in cui mettere in scena la liturgia del brand, con la sua filosofia, i suoi prodotti, i suoi servizi. Una cerimonia prima di intrattenimento che di vendita, giocoforza freddata dalla pandemia. «Ci hanno salvato le Zoom call - racconta Alessandro Mirandola, general manager di Avon Italia -. Di fatto, dopo lo smarrimento iniziale, per Avon è iniziato un importante processo di digitalizzazione, con la migrazione del business sull’online». È nata una app destinata alle consulenti, battezzata Avon On, che ha reso possibile la gestione virtuale delle attività, dalla comuni-

Dai party in casa alle live sui social: la pandemia ha dato il là alla digitalizzazione dei marchi specializzati nella vendita diretta

Nell'immagine di Younique, una consulente di bellezza con i "ferri del mestiere" alle prese con una diretta in live streaming sui social

1. Uno dei best seller di Younique, la palette 10 Addiction 2. 3. Una consulente Avon mentre utilizza la nuova app Avon On e uno dei prodotti clou del marchio, che nel 2021, secondo Global Data, è stato il più venduto al mondo per le fragranze

cazione con la community alla formazione. E molte collaboratrici ci hanno messo la faccia, lanciandosi in video live-streaming sui social, da Facebook a Instagram fino a TikTok, e presentando tutorial attraverso cui mostrare e testare in diretta creme e lozioni ed eseguire (svelandone anche i segreti) perfetti make-up. Attività che durante la pandemia avevano in primis lo scopo di intrattenere, senza finalità di vendita toutcourt, ma che oggi rappresentano il volano del sell out, il cuore del social selling. «Per molte consulenti lo sviluppo di nuove skill non è stato facile - precisa Mirandola - ma oggi il 59% di loro usa la app per gestire tutte le operazioni e, soprattutto le più giovani, sono molto attive sui social con le loro pagine ufficiali, coerenti naturalmente con l’immagine del marchio». Un lavoro, quello delle beauty expert, modulabile nei tempi e nei modi, come passatempo per arrotondare o professione a tempo pieno, e che può generare importanti guadagni, soprattutto quando la consulente riesce a tessere un’ampia rete di collaboratrici che operano sotto la sua guida, alimentando quella struttura piramidale che va sotto il nome di network marketing, fondamento della vendita diretta. Grazie alle loro competenze e al loro modo personale nel porsi sui social, molte ambasciatrici riescono a bucare la Rete e a diventare delle micro-influencer, con una fan base di utenti che seguono ogni diretta, pronte a elargire like e a commentare (per lo più in bene, ma qualche volta anche in male), a chiedere delucidazioni e consigli personalizzati. E ovviamente a comprare, atterrando eterogenee per età, provenienza e cultura, che dialogano con la community mostrando sul web la loro beauty routine oppure le tecniche di trucco e offrendo, a chi la desidera, una consulenza personalizzata. Un format che sta funzionando, visto che «pur rimanendo un'azienda di nicchia, in Italia Younique sta crescendo a doppia cifra, con un +30% di ricavi a novembre 2022 rispetto all’anno precedente», oltre a espandersi in Europa, dopo essere approdata in 17 mercati. «Accanto alle nostre collaboratrici - aggiunge Ciraulo - i punti di forza del marchio sono anche il prodotto, non low cost ma di alta gamma, e la formazione sulle linee, a disposizione di tutte le consulenti, anche quelle che aprono un account non per guardagnare ma per un uso personale». A disposizione del pubblico c’è inoltre un e-store Younique dove poter fare shopping senza intermediari, anche se al check-out il sistema chiede sempre di associare l’acquisto (non con un criterio territoriale, ma in base alla preferenza) a una consulente di bellezza. Del resto di vendita diretta si tratta, non di un classico ecommerce. Un concept con alcuni aspetti distintivi rispetto al retail fisico e online, come spiega Roberta Alberton, esperta di social selling e con una carriera in diverse aziende del settore: «Il valore aggiunto di questa modalità di vendita si può sintetizzare in tre parole, ossia consulenza, risultato, esperienza». Come osserva la manager, quando una potenziale consumatrice si rivolge a una venditrice a domicilio, sia attraverso i social che vis-à-vis, in cambio riceve consigli ad personam, dal corretto utilizzo dei prodotti a soluzioni specifiche per particolari problemi di pelle. Un valore aggiunto che non sempre si ottiene nei negozi brick and mortar e ancora meno sui marketplace digitali, dove lo shopping è un’operazione più asettica. Alberton parla anche di “risultato”, inteso non come performance, ma

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«Consulenza, risultato, esperienza: questi i plus del social selling, sia online che offline»»

sulla pagina e-commerce di riferimento. I prodotti “in vetrina” sono gli stessi per tutte le collaboratrici, ma a cambiare è il filtro, ovvero lo stile di presentazione e di engagement, in sintonia con la personalità di ognuna. «Alle nostre consulenti consigliamo sempre di essere se stesse, di non fingere, di mostrarsi per come sono veramente, perché è il modo più efficace per entrare in relazione con le persone», interviene Elena Ciraulo, market sales manager Italy di Younique, società nativa digitale lanciata nello Utah nel 2012 su iniziativa dei fratelli Derek Maxfield e Melanie Huscroft e arrivata in Italia nel 2017, che sin da subito ha sposato il modello della vendita diretta, ma in versione social. Protagoniste dei video tutorial, soprattutto su Facebook, oltre che su Instagram, Youtube e TikTok sono venditrici

ll Siero Ricostituente Notte Effetto Melatonina di Yves Rocher

come qualità dell’interazione: «Facciamo l’esempio del make-up - spiega -. Quando un’esperta di bellezza comincia la live appare il più delle volte struccata, al naturale, in modo da mostrare via via il wow effect di fondotinta, ombretti e rossetti. È un risultato vero, verificabile. Quando invece si compra a scatola chiusa in altri canali la resa la si realizza solo alla fine, dopo l’acquisto». E infine, last but not least, la cosiddetta shopping experience: «Lo sappiamo - commenta -. Oggi le persone non vogliono solo comprare qualcosa, ma provare un’esperienza. È questa la marcia in più del social selling». Ma attenzione: «I social non sono nati per vendere, bensì come contenitore di intrattenimento e informazione, dove le persone vanno per informarsi, divertirsi, condividere». Ergo, pensare di riuscire ad “adescare” le internaute sul proprio profilo per riuscire a vendere è tanto pretenzioso, quanto irrealistico. «La vendita - dice Alberton - deve rappresentare sempre l’ultimo step di un processo di networking, in cui grazie alla mia attività e al modo personale di presentarmi attiro l’interesse di chi si imbatte nella mia pagina. Tutto inizia dalla fiducia». Ma ora che l’emergenza pandemica è più o meno finita e che le persone sono tornate a comprare in profumeria e farmacia, ci sarà un impatto su questo canale di vendita? Il futuro sarà omnichannel, anche nel social selling: «Reale e virtuale si alimentano l’un l’altro - conclude Roberta Alberton -. Se è vero che la consulente attiva solo in modalità fisica perde molte opportunità, è vero anche il contrario, per chi lavora esclusivamente sul web. Le due dimensioni devono compenetrarsi: l’ideale è utilizzare i social e parallelamente coltivare una comunità offline». 

BEST PRACTICE L'Italia campione nel social selling per la francese Yves Rocher

Presente in Italia dal 1984, il marchio ha continuato a conquistare posizioni, grazie a un doppio canale: il retail e il social selling, che oggi nel nostro Paese rappresenta l'80% del fatturato

È il lontano 1959 quando Monsieur Yves Rocher , nella soffitta della casa di famiglia del villaggio di La Gacilly, in Bretagna, sperimenta nuove formule di “Cosmétique Végétale” per rivoluzionare il mondo beauty tradizionale, a favore di una bellezza in sintonia con la natura. Da allora quell’idea pionieristica ha messo le basi per lo sviluppo di un fiorente impero, che oggi vanta un giro d’affari globale pari a 2,4 miliardi di euro (nel 2021) e una presenza internazionale. Anche in Italia. Dal 1984 il marchio è attivo nel nostro Paese attraverso una rete di monomarca e la cosiddetta “vendita diretta”, che oggi - sulla spinta della digital revolution - si è trasformata nel più moderno social selling. Carlo Bertolatti, general manager Yves Rocher Italia, ci racconta come il nostro mercato abbia saputo sfruttare la potenza della Rete durante la pandemia, riuscendo a trasformarla nel driver del social selling per tutto il gruppo.

Il gruppo è francese, ma l’Italia gioca un ruolo di primo piano in Yves Rocher...

Esatto. Siamo il secondo Paese per fatturato, con ricavi che nel 2021 sono arrivati a 230 milioni di euro, dai 38 milioni del 2010, e siamo in cima alla lista sul fronte del social selling tra i vari mercati del gruppo, prima di Messico, Portogallo e Thailandia. Un canale che rappresenta l’80% del nostro giro d’affari.

Una formula che ha preso piede soprattutto con la pandemia...

Prima del Covid poche venditrici avevano dimestichezza con i social, ma da quegli esperimenti di successo l’azienda ha saputo costruire un suo modello coerente e uniforme, pur lasciando grande spazio alla creatività delle venditrici. Oggi in Italia sono circa 200mila le consulenti di bellezza, 370 le responsabili di zona, 6mila le capogruppo e 8 i direttori generali, con una presenza capillare su tutto il territorio nazionale.

Che profilo hanno le vostre esperte di bellezza?

Nessun profilo specifico. C’è chi diventa consulente solo per avere accesso agli sconti del marchio, in quanto fan dei nostri prodotti beauty, chi vuole arrotondare e lavora part-time e chi invece ne fa una vera professione, con guadagni significativi e una formazione costante a 360 gradi fornita dall’azienda. Inoltre c'’è chi è portata per le live e chi invece predilige ancora il format “tradizionale", in modalità fisica.

L’80% del giro d’affari di Yves Rocher in Italia è dato dal social selling. E il restante 20%?

Dal retail. Yves Rocher ha una solida presenza nel canale monomarca con 112 negozi, di cui una trentina in franchising. Dal 2015 in poi abbiamo accelerato con le aperture, una decina ogni anno, e fatto un grande lavoro di marca, insistendo sulla coerenza, a livello di prodotto, immagine e prezzo, dei due principali canali di vendita.

L’e-commerce che ruolo occupa nelle strategie del gruppo?

Abbiamo un e-shop, che per noi è soprattutto una membership. Da luglio scorso qualsiasi utente può andare sul sito e fare shopping, ma dopo la prima interazione Yves Rocher mette subito a disposizione l’expertise delle sue consulenti, in modo che l’acquisto sia su misura dell’acquirente e personalizzato. Questa esperienza online rappresenta un servizio aggiuntivo, che affianca ma non sostituisce, il prezioso lavoro delle nostre esperte di bellezza.

Lo shopping sarà però sempre più omnicanale...

Dopo il Covid il cliente è ancora più esigente sul fronte dei prodotti e dell’esperienza. La fascia di chi compra online si è allargata. Al tempo stesso molte persone sono tornate nel negozio fisico. Ne consegue che è fondamentale avere una strategia unica. In futuro l’osmosi tra i vari canali sarà ancora più marcata.

Prossime sfide?

Quella del 2025. Fra tre anni il gruppo Yves Rocher punta a diventare BCorp. Per noi è un traguardo importante, dopo essere diventati società Benefit nel 2021. Il rispetto della natura e dell’ambiente è sempre stato il nostro faro, sin dal 1959.

GRUPPO ZACCO: UN’ECCELLENZA MADE IN SICILY DI RESPIRO INTERNAZIONALE

---------Fondato nel 2007 da Luigi Zacco, il gruppo ha costruito il suo successo nella Sicilia orientale con le due insegne Spot e BonK, entrambe in crescita, cui si aggiunge una rete di negozi in affiliazione. Parole d’ordine forte identità, servizio, esperienza e qualità dell’offerta.

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Una visione imprenditoriale solida e al tempo stesso dinamica, capace di anticipare i trend di mercato, contraddistingue il Gruppo Zacco. I numeri parlano da soli: questa realtà operante nella Sicilia orientale, fondata nel 2007 da Luigi

Zacco e che dà lavoro a 200 persone, può contare su più di 50 negozi con una superficie di vendita complessiva di 18.000 metri quadri, dove vengono commercializzati 400 marchi nazionali e internazionali, per un totale di 1 oltre 1 milione di capi venduti ogni anno. Due le aree di business: il retail, con le insegne Spot e BonK e una rete di negozi in affiliazione con altre insegne, e l’ospitalità tramite Keys of Sicily, sinonimo di case vacanze e ville a Modica, Marina di Modica e dintorni.

Spot: un concept evocativo, ora anche online

Forte l’identità dei nove punti vendita Spot, cui se ne aggiungeranno due nella prossima primavera, a Catania e a Gela (Caltanissetta), quest’ultimo su una superficie di oltre 1.500 metri quadri. Spot si distingue grazie a un concept evocativo e dallo stile urban, dove l’acquisto di abbigliamento, calzature e accessori per

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uomo, donna e bambino fa parte di una shopping experience immersiva, studiata in base ai concetti di community, inclusività e appartenenza. Il servizio offerto e la qualità dei prodotti venduti sono due facce della stessa medaglia e, non a caso, negli ultimi anni la clientela è aumentata in modo esponenziale. Il 2022 ha segnato per Spot l’ingresso nell’omnicanalità, con un sito di e-commerce che effettua spedizioni in Italia e nel mondo, applicando all’online la ricetta di successo creata da Luigi Zacco fin dalle origini: affidabilità, ricerca, capacità di pensare in grande ma senza mai perdere di vista il fattore umano.

1. Luigi Zacco, fondatore nel 2007 del Gruppo Zacco 2. L’esterno di BonK, un vero concept store prima che un contenitore di moda 3. La sartoria a vista all’interno di BonK 4. L’nterno di Bonk 5. Un immagine di Spot: l’insegna è entrata da poco anche nel canale online

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BonK: molto più di un negozio

Ha l’eleganza delle boutique più esclusive e lo stile fresco ed eterogeneo di un concept store: benvenuti da BonK, spazio dedicato alla moda e al fashion, dove scoprire le ultime tendenze ma anche lasciarsi coccolare da uno shopping su misura. Aperto nel febbraio 2019 a Modica, con i suoi ambienti ampi e luminosi, estesi su oltre 2mila metri quadri, BonK è un concept store più che un contenitore di moda, grazie a un format moderno e innovativo. In primo piano le collezioni e le novità di oltre 150 brand uomo e donna, italiani e internazionali, attenti all’artigianalità, alla qualità e al consumo eco-friendly: un crocevia di stili, dal casual all’elegante, dalla cerimonia al partywear più glamour, sul filo conduttore dell’eccellenza e della ricerca. Lontano dallo shopping frenetico, superficiale e compulsivo, BonK è studiato per far vivere alle persone un’esperienza d’acquisto coinvolgente e personalizzata. Di giorno la sua cornice elegante e i reparti studiati con cura valorizzano i prodotti, mettendoli in primo piano in nome di una customer experience unica e intuitiva. La sera BonK si trasforma in un palcoscenico esclusivo dedicato a mostre, performance, presentazioni di libri e jam session, aprendosi al territorio. Due versioni di uno stesso mondo, che ruota costantemente intorno al cliente e alle sue esigenze, avvalendosi di uno staff preparato e attento ai dettagli, pronto a dispensare consigli e a far scoprire le diverse anime dello store. Una particolarità e un punto d’orgoglio è la sartoria a vista: si trova nel cuore di BonK ed è sempre a disposizione per rispondere alle esigenze dei singoli clienti, rendendo ogni capo unico, ricercato e inimitabile.

NUOVO BRAND DONNA DI MARIA VITTORIA LAZZARINI MERLONI Vitale Barberis Canonico collabora con Vi to Vi

Scatta l’intesa tra uno dei lanifici più antichi del mondo e un nuovo marchio di abbigliamento femminile. Con i suoi oltre 350 anni di storia alle spalle, Vitale Barberis Canonico punta su Vi to Vi, giovane brand disegnato da Maria Vittoria Lazzarini Merloni, che ha realizzato una capsule per la FW 23/24 utilizzando i tessuti dell’azienda biellese: dalla classica flanella cardata a un tessuto armaturato che ricorda il corduroy francese, con costa alternata tra larga e sottile, fino alla stoffa da giacca mouliné fantasia. «Di Vi to Vi apprezzo soprattutto la cura dei dettagli e il modo di concepire da un punto di vista femminile il tipico blazer maschile, grazie al talento e alla visione della stilista», dice Francesco Barberis Canonico. «L’idea di realizzare un brand partendo appunto dal blazer, capo associato all’uomo - aggiunge Maria Vittoria Lazzarini Merloni (nella foto in alto con Barberis Canonico) - nasce dalla volontà di creare qualcosa di forte. La giacca rivela immediatamente chi sei. Il nostro è un incontro tra due realtà made in Italy, che hanno in comune i valori dell’impresa familiare. In Vbc ho respirato heritage e dedizione alla ricerca della perfezione, un patrimonio di esperienza che arricchisce le mie creazioni». Non è la prima volta che il lanificio sostiene gli emergenti: da anni, sotto l’hashtag #VBCTalents, svolge formazione nelle scuole e ospita nell’impianto di Pratrivero studenti e futuri designer. I capi, presentati in anteprima durante la Milano Fashion Week di febbraio con una serata evento nella showroom di Vitale Barberis Canonico, saranno in vendita online sul sito vitovi.it nell’autunno-inverno 23/24. (a.b.)

PREMIATI TRE GIOVANI TALENTI Nasce la Wanda Ferragamo Scholarship

In memoria di Wanda Ferragamo, scomparsa nel 2018, è nata la Wanda Ferragamo Scholarship, ideata dalla famiglia e dal presidente Leonardo Ferragamo. «Mia madre - dice l’imprenditore - ha tracciato il suo lungo cammino consapevole che una via di successo si costruisce con l’aiuto di tutti, il lavoro di squadra, obiettivi comuni e con l’inclusività. A lei stavano a cuore la sua famiglia, l’azienda, i dipendenti e i giovani. Siamo orgogliosi di avere istituito la Wanda Ferragamo Scolarship nel suo ricordo e a suo nome». L’iniziativa, rivolta ai figli dei dipendenti del gruppo in tutto il mondo, mette a disposizione tre borse di studio annuali, dedicate a ragazzi e ragazze che abbiano conseguito un titolo di studio universitario ottenendo risultati eccellenti. I premiati sono Francesco Sveldezza, Lorenzo Stefanelli e Sara Posati. (a.b.)