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FILATORI E TESSITORI

FILATORI E TESSITORI IN PRIMA LINEA

Crescono gli investimenti in sostenibilità

Il futuro è agire in un’ottica di eco-design In green we trust: per il tessile non è solo uno slogan

Tracciabili, certificati, pronti a misurare in modo scientifico il proprio impatto sull’ambiente: i player a monte della filiera fanno a gara di sostenibilità, aprendosi a nuove e impegnative scommesse, tra cui la rivalorizzazione degli scarti tessili. Tuttavia, senza un impegno congiunto e più concreto dell’intero sistema moda la rivoluzione già in atto rischia di restare a metà

DI ALESSANDRA BIGOTTA

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Quando si nomina la parola sostenibilità a filatori e tessitori italiani, si apre una gara infinita di testimonianze e sfide. Spesso sostenibili per pluriennale consuetudine, essendo legati a doppio filo al territorio, negli ultimi anni hanno fatto passi da gigante in quest’ambito e ci tengono a comunicarlo. Spulciando tra i Rapporti di Sostenibilità, ormai una consuetudine per i più, si scopre per esempio che negli stabilimenti di Botto Giuseppe e Figli la materia prima è lavorata in impianti ad alta efficienza energetica e a basso impatto ambientale, con il 90% dell’energia derivante da fonti rinnovabili (il 100% viene raggiunto con la cogenerazione ad alta efficienza) e che il consumo di risorse idriche è calato nel 2020 del 25% rispetto al 2019: «Vogliamo mostrare agli stakeholder la fotografia completa del nostro impegno e gli obiettivi che ci siamo prefissati - commenta l’amministratore delegato Silvio Botto Poala - e siamo alla costante ricerca di nuovi investimenti e innovazioni”. Vitale Barberis Canonico, ormai giunto al terzo Sustainability Report, l’anno scorso ha investito un milione di euro sui fronti Prodotto, Ambiente e Persone, mettendo al centro tra le varie iniziative la salute dei lavoratori, con protocolli volti al contenimento del contagio, insieme ad azioni di bonifica e insonorizzazione delle sedi di lavoro. Intanto Zegna Baruffa-Lane Borgosesia porta avanti il progetto per il chemical management con 4Sustainable e presenta nella nuova collezione articoli realizzati con colori ecosostenibili, senza metalli pesanti, alogeni, allergeni, ammine aromatiche e, tra le proposte, alcuni articoli recycled, fatti con lane di scarto delle proprie produzioni. In Toscana il Lanificio dell’Olivo, tra le prime imprese del comparto a sottoscrivere il programma Detox insieme a Greenpeace, ha corredato il proprio percorso di licenze e certificazioni «che riguardano tutte le categorie delle materie prime lavorate - sottolinea il ceo Fabio Campana - come cotone, lana, mohair, alpaca o i filati man made. Le fibre animali e vegetali sono sempre più bio, responsabili e cruelty free, mentre per le sin-

1. Le Venere degli Stracci di Michelangelo Pistoletto (1967, marmo e stracci, 190x240x140, Collezione Tate Modern, ph. Marco Scattaro) 2. Una nuova proposta di Zegna Baruffa-Lane Borgosesia 3. L’installazione Mat.Res alla Mostra Internazionale di Architettura a Venezia, cui contribuisce il Lanificio dell’Olivo con il filo Biotape in cotone bio 4. Un tessuto in materiale 100% riciclato di Nova Fides 5. Sensitive Fabrics di Eurojersey per la FW 22/23

tetiche puntiamo decisamente sul riciclo». Marie-Claire Daveau, Chief Sustainability and Institutional Affairs del gruppo Kering, ha recentemente ribadito che «per mettere in atto azioni concrete sono necessarie delle metriche», strumenti precisi per calcolare le ricadute delle proprie attività sull’ecosistema. Andrea Crespi, a.d. di Eurojersey (azienda cui fa capo la gamma di tessuti Sensitive Fabrics), ne è consapevole: «È dal 2007 che siamo in prima linea per la sostenibilità - afferma - e negli ultimi anni abbiamo aderito alla Pef-

Dopo che la pandemia ha riempito gli stock dei negozi, il tema scarti è diventato ancora più attuale

Product Environmental Footprint, in modo da misurare l’impatto ambientale dei nostri tessuti». Nel dicembre 2020 all’azienda è stato rilasciato un nuovo attestato Pef sui dati del 2019, «che ha calcolato non solo la nostra impronta ambientale ma anche i miglioramenti conseguiti rispetto al biennio precedente. Aderendo alla Pef abbiamo potuto raggiungere vantaggi competitivi a livello di filiera, agendo anche sul controllo della supply chain ed evidenziando così una completa tracciabilità del prodotto».

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Il regno del re-made è Prato ed è in questa zona, a Montemurlo, che opera Nova Fides, dove come racconta uno dei titolari, Claudio Calabresi, si lavora con i materiali riciclati fin dagli anni Sessanta, non solo riutilizzando le fibre che provengono dagli abiti usati, ma anche usando gli scarti della lavorazione della tessitura. Per l’inverno 22/23 Nova Fides è riuscita a creare una collezione in lana 100% riciclata e la famiglia degli Undyed, il cui colore è quello naturale dell’animale o della pianta d’origine. «Ci sentiamo pronti ad affrontare sfide ambiziose - prosegue Claudio Calabresi - come quella del take back: vorremmo offrire ai nostri clienti la possibilità di riciclare il proprio invenduto». Un argomento di attualità, dopo una pandemia che ha riempito all’inverosimile i magazzini dei negozi è un’iniziativa di cui si parlerà ancora molto, visto che è targata Lvmh: la nascita della piattaforma Nova Source, startup business to business che venderà stoffe e deadstock fabric delle sue maison a prezzi ribassati di circa il 70% del costo wholesale, offrendo una chance ai creativi di moda per le loro collezioni e alimentando così l’economia circolare. Il nodo degli scarti è complesso e c’è molto da fare. È noto infatti che a livello globale, secondo la Ellen MacArthur Foundation, ancora oggi finisce in discarica o incenerito un 87% di tessuti, con un volume paragonabile a quello di un camion delle

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spazzatura ogni secondo. Alcune stoffe possono o potrebbero tornare a vivere in abiti, mentre altre devono essere smaltite ma senza incidere sull’ambiente. «Il riciclaggio dei rifiuti tessili - si legge in una nota del salone Milano Unica - raggiunge percentuali non ancora soddisfacenti, seppure più elevate rispetto alle altre nazioni europee». «Mancano ancora tecnologie e hub di gestione per il coordinamento della supply chain», puntualizza Andrea Crespi di Eurojersey, facendo anche notare che attualmente lo scarto tessile è trattato a livello normativo come un rifiuto. «Il riciclo dei tessuti monofibra, inoltre, è più facile - osserva - ma il mercato va verso prodotti

1. Una stoffa della linea H.O.P.E. di Vitale Barberis Canonico, a basso impatto ambientale. Il lanificio, con oltre 350 anni di storia alle spalle, ha recentemente pubblicato il suo terzo Rapporto di Sostenibilità 2. Dalla collezione autunno-inverno 2022/2023 del lanificio Botto Giuseppe, che a sua volta ha appena reso noto il suo Rapporto di Sostenibilità, il tessuto Arkaba Print in 100% Lana Merino Extrafine mulesing-free

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multitasking, con una costruzione multifibra». Una dicotomia che, per essere risolta, richiede soluzioni tecnologiche avanzate. Le aziende comunque non stanno a guardare: Botto Giuseppe, come informa Silvio Botto Poala, «punta ad azzerare il valore dei rifiuti a smaltimento, sceso del 2% rispetto al 2019, visto che si è riusciti ad aumentare la qualità dei rifiuti inviati a recupero al 79%». Quanto a Eurojersey, invia una parte degli scarti tessili non riusabili in altri modi a un’azienda italiana specializzata, in modo che siano riutilizzati

Il tessile italiano è leader nella riduzione di sostanze chimiche nocive, ma serve altra innovazione

come packaging e imballaggi: da novembre 2020 a oggi sono stati recuperati 50mila chili di stoffe. Intanto, in vista della nuova normativa sui rifiuti tessili (vedi box in questa pagina), il distretto pratese si candida a diventare l’unico Textile Hub italiano, da affiancare ad altri cinque in Europa. «Il tessile nazionale ha fatto e sta tuttora facendo grandi progressi - tira le fila Fabio Campana del Lanificio dell’Olivo - soprattutto nella riduzione delle sostanze chimiche nocive: da questo punto di vista siamo all’avanguardia a livello globale». Ma visto che la competizione internazionale diventa sempre più agguerrita, «serve investire sull’innovazione nei processi - sottolinea Fabio Campana -. Ci sono realtà del Far East che noi magari consideriamo arretrate e che invece stanno progredendo rapidamente sul fronte green. Dobbiamo stare attenti a non farci superare». La vera sostenibilità, dicono tutti gli intervistati, non è una questione di singole aziende ma di sinergie, partendo dalla nostra filiera unica al mondo, che potrebbe

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esprimersi di più e meglio in tal senso. In primo piano c’è la scommessa dell’eco-design, ossia la progettazione di un indumento già in un’ottica di economia circolare. Interessanti a questo proposito le considerazioni di Simone Pedrazzini, che non è un imprenditore tessile ma il direttore di Quantis Italy, filiale italiana di Quantis, società di consulenza sulle tematiche della sostenibilità ambientale, nata come startup all’interno del Politecnico di Losanna e cresciuta con una clientela internazionale di prim’ordine, anche nella moda. «L’eco-design - spiega Pedrazzini - termine che nel fashion è declinato come Design for circularity o Design for disassembly, significa disegnare un capo avendo in mente non solo la fase d’uso ma anche il fine vita, quindi progettando il recupero dei materiali e facilitandone il disassemblaggio per categorie. In questo momento, in base ai dati della Ngo statunitense Textile Exchange, solo il 6% dei materiali “input” nel settore abbigliamento sono effettivamente riciclati, ma nella quasi totalità dei casi questi stessi materiali non provengono da una prima vita tessile, bensì da altre filiere industriali». La transizione verso l’economia circolare potrebbe partire secondo il direttore di Quantis Italy «da una corretta raccolta e selezione degli scarti, sia industriali che post consumo, dagli incentivi rivolti all’avanzamento tecnologico per il riuso dei materiali e anche, grazie all’adozione di un approccio di eco-design a partire dalla progettazione del prodotto, da un coinvolgimento attivo dei consumatori nel percorso di sostenibilità, facilitando la separazione, per i capi che non intendono più utilizzare, dei materiali di diversa matrice che li compongono». Per i produttori di tessuti e filati «fare una scelta di sostenibilità è strumentale a diventare fornitori d’elezione dei brand che intendono rispondere alle mutate esigenze di questi stessi consumatori. Si tratta di costruire un sistema, da monte a valle». 

SVOLTA CON INCOGNITE Raccolta differenziata dei rifiuti tessili: dall’anno prossimo sarà realtà

Il primo gennaio 2022 entrerà in vigore in Italia la raccolta differenziata dei rifiuti tessili urbani e commerciali, in anticipo di tre anni rispetto a quanto richiesto dall’Europa. «Un provvedimento che rappresenta una grande opportunità per le 55mila micro, piccole e medie imprese della moda made in Italy e i loro 309mila addetti», commenta Fabio Petrella, presidente di Confartigianato Moda. Oggi la raccolta di capi usati è principalmente in capo a enti religiosi o di volontariato, società che rivendono spesso a fini benefici la frazione di maggiore qualità e realtà for profit, che rimettono in commercio l’abbigliamento usato, invenduto o proveniente da aste fallimentari. Negli ultimi anni sono nate e cresciute iniziative parallele, come la consegna in alcuni negozi, soprattutto del fast fashion, di abiti e accessori a fine vita. Da notare che spesso gli articoli che introduciamo nei cassonetti non hanno i requisiti per essere rivenduti, si pensi ad esempio a una scarpa singola: in questo caso il loro destino non è spesso sostenibile, perché possono finire in discarica, abbandonati nell’ambiente o spediti in aree del mondo dove non vengono certo riportati a nuova vita. Con il nuovo corso ogni comune italiano dovrà dotarsi di modalità di raccolta degli scarti tessili per affidarli a un sistema integrato, volto a gestire trasporto, stoccaggio, cernita, reinserimento sul mercato o donazione delle parti di maggiore qualità, riciclando la frazione non fruibile. Il nodo è il tempo: la scadenza è a breve termine e ci vogliono impianti adeguati per attivare il circolo virtuoso.

GRAPHENE INSIDE THE FUTURE Technow e il grafene: una storia di passione, ricerca e sinergie

Francesco Lazzati, che con il padre Fabio e la sorella Veronica ha innestato su un’esperienza aziendale di oltre 60 anni una startup basata sugli smart textile, racconta potenzialità e sviluppi di un materiale versatile, che deriva dagli scarti produttivi del mais

Pensi a Technow e associ questo nome a una startup, nata nel 2016 in Svizzera grazie a Fabio Lazzati insieme ai figli Francesco e Veronica. In realtà dietro questa azienda, specializzata negli smart textile, c’è l’esperienza della manifattura tessile Lazzati, con oltre 60 anni di storia alle spalle. Fiore all’occhiello di Technow è Graphene Inside The Future, un progetto iniziato come semplice sviluppo prodotto, ma decollato in un paio d’anni grazie a un network di oltre 20 collaborazioni e partnership di respiro internazionale, che ha permesso di arricchire la gamma di prodotti. Alla base di tutto c’è il grafene, impiegato nella filiera tessile su un’ampia gamma di prodotti, dai filati alle fibre, fino a membrane, ovatte, piuma e altri. «Si tratta di un materiale estremamente innovativo, ma ancora poco conosciuto - spiega Francesco Lazzati (nella foto) -. Quando lo si prova per la prima volta si rimane colpiti dal comfort che si prova indossandolo, senza aver bisogno di spiegazioni preliminari». I plus del grafene di Technow sono molteplici: è antibatterico, antistatico, resistente a usura e lavaggi e consente una termoregolazione maggiore rispetto ai materiali tradizionali. E la sostenibilità? «Garantiamo anche quella - risponde Lazzati - perché il nostro grafene deriva da biomassa, ossia dal riutilizzo degli scarti produttivi del mais». Il campo di utilizzo va al di là dell’abbigliamento tecnico e medicale, per il quale la batteriostaticità è fondamentale: «Date le sue peculiarità, il grafene apporta miglioramenti ad ampio raggio, dall’abbigliamento intimo ai capispalla». La ricerca di Technow sugli smart textile va oltre il grafene: vanno citati tra gli altri il progetto Toweco, che tre anni fa ha aperto le porte al tema Recycle con i tessuti in poliestere e poliammide pre e post consumer, e il finissaggio Czero, idrorepellente e privo di sostanze nocive. Nel 2020 Technow è stata inserita nell’albo delle aziende Grs (Global Recycled Standards), certificando la propria filiera produttiva nel rispetto dell’ecosostenibilità ambientale e sociale. «Stiamo facendo i primi test sulle stoffe 100% biodegradabili - conclude Lazzati - in grado di decomporsi nel giro di due anni. La biodegradabilità è complementare al riciclo, in quanto l’obiettivo è sempre quello di ottenere produzioni e articoli con il minor impatto possibile sull’ecosistema». (a.b.)

CON IL SUPPORTO DI FULGAR Stampa 3D e lana Merino: il futuro è qui

D-House, The Woolmark Company, Stratasys e Fulgar: il primo è un laboratorio urbano milanese, spin-off di Dyloan (azienda manifatturiera impegnata sui fronti tecnologia, innovazione, sostenibilità); la seconda è l’autorità globale in fatto di lana Merino; la terza, Stratasys, detiene la leadership nelle soluzioni di stampa 3D a base di polimeri; la quarta è un’azienda attiva nel settore delle fibre man-made (in particolare poliammide 6.6 ed elastomeri ricoperti), impegnata sul fronte green. Realtà coinvolte nel progetto Knitting The Future 3D Printing Meets Merino Wool, che vede impegnati tre designer (Matteo Cibic, Vittorio Branchizio e Laura Theiss) e quattro studenti del Royal College of Art (Katharina & Cissel Dubbick, Amaranthe Frost, Oliver Hurdman e Maria Fernanda Nava Melgar, nella foto) a sperimentare la stampa 3D Stratasys nella maglieria in lana Merino. Ai creativi Fulgar ha fornito il filato di origine bio-based Evo by Fulgar, che oltre a derivare dai semi del ricino è ultraleggero, superstretch e si asciuga velocemente. (a.b.)

RIUTILIZZO DI SCARTI TESSILI Il circolo virtuoso di Lycra e Itochu

Mantenere i rifiuti fuori dalle discariche è l’impegno comune di The Lycra Company e Itochu Corporation: la multinazionale specializzata nelle fibre e nelle soluzioni tessili per l’industria dell’abbigliamento e il gruppo giapponese con un business in settori legati al consumo hanno unito le forze per lanciare le fibre Coolmax e Thermolite EcoMade realizzate al 100% con scarti tessili, tramite un processo di depolimerizzazione e raffinazione. «Quella degli scarti tessili è una sfida sostanziale per la sostenibilità - commenta Julien Born, direttore commerciale di The Lycra Company - dato che l’equivalente di un camion di questi stessi scarti viene mandato in discarica o incenerito ogni secondo». Questa è la prima di una serie di innovazioni sulle quali The Lycra Company sta lavorando nell’ambito del riciclo di stoffe e indumenti, in base alla sua Planet Agenda. Le fibre Coolmax e Thermolite sono state fatte per molti anni con materie prime riciclate, partendo dalle bottiglie in Pet. Prodotti che continueranno a esistere, insieme a quelli nuovi frutto dei deadstock fabric: questi ultimi verranno commercializzati da The Lycra Company in tutto il mondo a esclusione del Paese del Sol Levante, dove sarà Itochu a seguire marketing e vendite. (a.b.)

PARLA DAVIDE BULGARELLI Bulgarelli Production diventa Carbon Positive

La sostenibilità si vede già dall’etichetta. Ne è convinta Bulgarelli Production, l’azienda di Carpi attiva nella produzione di cartellini, etichette e accessori moda, che in anticipo sui tempi stabiliti da Nazioni Unite e Ue ha raggiunto l’obiettivo della Carbon Positivity: vale a dire che le emissioni di Co2 generate dalla sua attività sono assorbite e anzi superate dall’impatto di tutti i suoi provvedimenti presi a sostegno dell’ambiente. Come spiegano i vertici dell'azienda, è un decennio che Bulgarelli Production ha abbracciato un’ottica green, a cominciare dalla sede nel distretto della maglieria modenese, disegnata per soddisfare il 95% del fabbisogno energetico in autonomia, grazie agli impianti fotovoltaici, e di riciclare 90 tonnellate di cartone l’anno. A questo si aggiungono «l’adozione di processi produttivi certificati climaticamente neutrali, che contengono i consumi di energia e acqua, il comportamento virtuoso in viaggi e trasporti e il sostegno alle iniziative di riforestazione nel Bosco delle biodiversità a Bologna e nei Boschi dei violini in Val di Fiemme, promosse rispettivamente dalla onlus Phoresta e da uno spin-off dell’Università di Padova». Oltre agli investimenti in sostenibilità - dopo anni di studi l'azienda eliminerà anche il Pvc dagli accessori prodotti per il mondo del lusso, per passare a un film di origine vegetale biodegradabile e compostabile - Bulgarelli Production sta puntando anche alla digitalizzazione di tutti i processi interni, seguendo il modello Industria 4.0: «Per il 2021 - spiega il ceo Davide Bulgarelli - abbiamo in programma investimenti per circa un milione di euro, divisi tra i reparti stampa, fustellatura e confezione. Prevediamo un ritorno in termini di produttività, organizzazione, estensione delle offerte di prodotto e riduzione degli sprechi e degli scarti di avviamento». (a.t.)

Varcotex: avanti tutta con le certificazioni

Varcotex, azienda carpigiana di etichette, cartellini e accessori per il fashion e il luxury, aggiunge la certificazione ambientale Uni En Iso 14001 a quelle già ottenute, ossia Uni En Iso 9001 per la gestione aziendale, Fsc-Forest Stewardship Council, Grs-Global Recycle Standard e Oeko-Tex classe 1 per i prodotti. «È un passaggio di cui siamo orgogliosi - dice il ceo Paolo Munari -. Ottenere la certificazione per l'implementazione di un sistema di gestione ambientale è più complesso per realtà che producono, come la nostra, rispetto ad altre che commercializzano solamente». Attiva dal 1982, la società ha messo in campo diversi provvedimenti per essere sostenibile, come il progressivo avvicendamento del parco macchine di tessitura con altre di ultima generazione (più silenziose del 30% e con consumi d'energia ridotti del 20%), la sostituzione della flotta vetture con modelli 100% elettrici e il raggiungimento dell'autonomia energetica, grazie all'adozione del fotovoltaico.

EXTÈ for

EXTÈ TROVA CASA A NAPOLI CON L’IMPRENDITORE PAOLO SETTEMBRE

LO STORICO BRAND TORNA A RISPLENDERE, CON UN NUOVO UFFICIO STILE A MILANO E L’OBIETTIVO DI RISALIRE IN PASSERELLA NEL 2023.

Al di là del tempo, di nome e di fatto: ispirato all’espressione latina “ex tempore”, il marchio Extè è pronto a tornare alla ribalta, grazie all’acquisizione da parte dell’imprenditore napoletano Paolo Settembre. Un brand che, forte di un dna importante, ha ora gli strumenti per proiettarsi nel futuro. Extè nasce nel 1996, annoverando tra i direttori creativi designer del calibro di Antonio Berardi, Sergio Ciucci e Alessandro De Benedetti. Il culmine del successo si colloca nei primi anni Duemila, sotto i riflettori della fashion week milanese insieme alle più blasonate maison del lusso internazionale: è allora che Paolo Settembre si innamora di uno stile unico, protagonista di una crescita fermata bruscamente dal crollo di Ittierre nel 2009. Nel 2020 l’imprenditore, forte di oltre 20 anni di esperienza nel settore moda attraverso la distribuzione di vari brand sui mercati globali, decide che il sogno di Extè non può restare cristallizzato negli archivi. Rileva la griffe e, coadiuvato da un team di giovani talenti, risponde alle difficoltà del periodo di pandemia con un progetto concreto, in cui si sta impegnando al massimo. La nuova Extè resta se stessa ma abbraccia valori imprescindibili oggi - a partire dalla sostenibilità, grazie a tessuti biodegradabili e cotoni ecofriendly -, rivolgendo uno sguardo attento a un pubblico che cerca qualità, contemporaneità ma anche una storia dietro al prodotto. Già l’anno prossimo sarà avviato un ufficio stile a Milano, in vista della grande rentrée in passerella, prevista per il 2023.

L’IMPEGNO CIRCOLARE DI COVESTRO Da Insqin a Baycusan eco E 1001, performance e impegno green si incontrano

Dal colosso dei polimeri, forte di quasi 11 miliardi di euro di ricavi, soluzioni anche per settori come lo sportswear, l'outdoor, gli accessori e il beauty: ad altissime prestazioni tecnologiche, ma concepite anche in un'ottica di risparmio di risorse e rispetto del pianeta

Una leadership mondiale nei polimeri, confermata da un fatturato che nel 2020 si è attestato a 10,7 miliardi di euro, oltre che da 33 sedi di produzione in ogni parte del mondo e da circa 16.500 dipendenti a tempo pieno: le cifre dicono quasi tutto di Covestro, che tra i settori di sbocco annovera lo sport, gli articoli per il tempo libero e la cosmesi. Al gruppo, impegnato a diventare al 100% circolare, fanno capo numerosissime soluzioni per questi e altri comparti, tra cui i componenti basati sull’acqua e su una formula priva di solventi che, utilizzati dall’azienda tedesca Trans-Textil GmbH, danno origine ad Aquair, tessuto tecnico dal rivestimento estremamente traspirante e in linea con la sostenibilità. Il comfort, come spiega Matthias Krings (managing director di Trans-Textil), è garantito da una struttura microporosa del rivestimento, permeabile al vapore acqueo e cominata con altri strati funzionali. «Già in sé il poliuretano è resistente alle abrasioni - aggiunge Thomas Michaelis, esperto di rivestimenti tecnici di Covestro - ma combinato con il sistema a membrane di Trans-Textil diventa waterproof e windproof. Il "segreto" è la tecnologia Insqin, aqua-based, sostenibile e in quanto tale dotata della qualifica di Solar Impulse Efficient Solutions: «La produzione di tessuti rivestiti richiede infatti il 95% in meno di acqua e il 50% in meno di energia rispetto ai precedenti processi con solventi», chiarisce Michaelis. Aquair può essere usato per creare componenti per le scarpe, lo sportswear, l’outdoor e il tempo libero, borse, accessori, tappezzerie e arredo. Per il beauty Covestro ha messo a punto Baycusan eco E 1001, una linea di prodotti a base di ingredienti poliuretanici con almeno il 50% di materie prime rinnovabili, in conformità con lo standard Iso 16128: un film former che, nelle formulazioni di prodotti per il make up a base di ingredienti naturali, aiuta a prevenire effetti indesiderati come sbavature o scolorimento, garantendo inoltre resistenza all’acqua e all’abrasione. Il primo prodotto della nuova serie eco di Covestro è stato Baycusan eco E 1000, destinato allo styling dei capelli e resistente alle altissime temperature di piastre e arricciacapelli. (a.b.)

UNICO TESSUTO IN PIUMA 100% Thindown campione di upcycling

Realizzato in Abruzzo e brevettato a livello internazionale da Nipi, Natural Insulation Products Inc., Thindown è il un tessuto in piuma unico nel suo genere, in quanto interamente prodotto in Italia: leggero, caldo e sterilizzato, viene utilizzato in vari settori, dal fashion all’outdoor, per arrivare allo sportswear, agli accessori, alla casa e all’insonorizzazione delle abitazioni. Certificato Rds (Responsible Down Standard) per la tracciabilità della materia prima e Standard 100 by Oeko-Tex Classe I, non usa procedimenti, trattamenti o processi chimici inquinanti e amplia la gamma di prodotti in chiave green. La versione Thindown Recycled si avvale, per esempio, di piuma 100% riciclata post consumo certificata Grs (Global Recycled Standard), proveniente da piumini e coperte, mentre in collaborazione con DuPont Sorona è stato messo a punto Thindown+Sorona, in cui la piuma viene unita alle fibre di origine bio Sorona, per capi morbidi e confortevoli. Un’operazione di upcycling in piena regola dà infine origine a Thindown Fiberfill, «primo tessuto di fibra di piuma al mondo - spiegano dall’azienda - creato con il riuso di filamenti di piuma, rigenerando un materiale che in genere viene scartato». (a.b.)

CARVICO E RADICIGROUP 10mila gilet ecofriendly in corsa sulle Dolomiti

Una bottiglia in Pet lasciata nell'ambiente impiega oltre 700 anni per iniziare a decomporsi: un dato ancora più sconcertante, se si considera che nel mondo vengono prodotte 20 milioni di tonnellate di bottiglie. Con questa consapevolezza Carvico ha recuperato 102mila bottiglie per realizzare 10mila gilet nel tessuto "special edition Maratona 2021", in poliestere 100% riciclato, destinati alla Maratona Dles Dolomites-Enel, di cui l'azienda tessile è gold partner e che è prevista il 4 luglio. Il filato con cui sono state realizzate le stoffe è Repeatable, in poliestere da riciclo post consumer delle bottiglie in plastica: un prodotto di RadiciGroup, specializzato nella produzione di poliammidi, tecnopolimeri e soluzioni tessili per vari settori, tra cui moda e sport. Repeatable abbatte le emissioni di Co2 del 45%, i consumi d'acqua del 90% e quelli di energia del 60%. (a.b.)

MAKE

your choice

Glamour e comfort sono le caratteristiche fondamentali di marchi che partono dalla tradizione artigianale, sviluppando un concept cosmopolita e contemporaneo, mantenendo intatti l'heritage e una raffinata eleganza

DI ALBERTO CORRADO

Clash estetici CHARLES PHILIP

Un brand di calzature fondato e progettato da Charles Philip Pozzi, americano di nascita, ma cresciuto nel capoluogo lombardo e con un passato lavorativo in Asia. Il marchio ha come obiettivo di proporre in modo diverso di interpretare le slipper per lui e per lei. Una tipologia di scarpa classica trasformata, attraverso la scelta di sete, colori e dettagli

FAUSTO VICIDOMINI

Designer Fausto Vicidomini

IG @fausto_vicidomini CHARLES PHILIP

Designer Charles Philip Pozzi

www.charlesphilip.it

in una unica “all day shoe”. L’intera collezione è fatta in Italia con materiali eco-friendly così come il packaging, realizzato con sottoprodotti di lavorazioni agro-industriali.

Stratificazioni FAUSTO VICIDOMINI

Dopo aver partecipato agli Italian Fashion Talents Awards - vincendo il premio per innovazione -, alla Graduate Fashion Week di Londra, a Fashion Graduate Italia e a Milano Unica nello spazio “Eyes on me”, e al “The Fashion Propellant Talent nel 2020, imponendosi alla prima edizione, oggi Fausto Vicidomini sta spiccando il volo. Un designer nascente della moda italiana, ex studente della Institute of Universal Art and Design, che sarà presente a Mittelmoda con una collezione che combina la street art con il fashion design rimasterizzando il “tufting”, antica tecnica cinese utilizzata nella produzione dei tappeti.

Mountain sports brand LAMUNT

Da sempre Ruth Oberrauch lega la montagna con la sua vita, sia professionale che privata. L’alpinismo non è al centro del business di famiglia, ma è la sua costante fonte di ispirazione. Su queste basi nasce LaMunt, mountain sports brand creato dalle donne per le donne, con uno sguardo inedito sulla femminilità. Un abbigliamento tecnico in grado di accompagnare ogni donna attraverso una sempre più personale esperienza tra le montagne, dal trekking allo sci alpinismo, senza rinunciare alla funzionalità, grazie a materiali sostenibili di alta qualità.

ISABELLA 1985

Designer Michele Lamanna

www.isabella1985.com

Visioni low-key ISABELLA 1985

Un brand made in Italy pensato e creato da Michele Lamanna, artista del 3D per studi di architettura, moda, pubblicità e animazione. Dopo un'esperienza decennale nella moda debutta con una collezione che prende ispirazione dallo sportswear americano e giapponese degli anni '80 e '90, ma rendendo omaggio al nome della nonna. T-shirt, felpe e pantaloncini giocano molto sull’ambiguità delle energie, positive contro le negative, esplorando la realtà degli opposti nella palette colori, che cancella il bianco e il nero per utilizzare al loro posto il cocco e l’asfalto.

LAMUNT

Designer Ruth Oberrauch

www.lamunt.com

MVP WARDROBE DOLCE VITA

Maria Vittoria Paolillo ha sempre amato il senso estetico di uno stile pulito, facendolo diventare un una priorità nella sua vita e poi creando un brand, nel 2019, per tutte le donne che amano essere eleganti in ogni momento della giornata. MVP Wardrobe propone collezioni o meglio armadi che si basano su capi che si possono mixare tra loro, che si rinnovano seguendo una sorta di asset non solo fatto di e-commerce ma, anche, di e-business

MVP WARDROBE

Designer Maria Vittoria Paolillo

www.mvpwardrobe.com

CHARGEURS*PCC PRESENTA LA GAMMA SUSTAINABLE 360TM

INTERFODERE SOSTENIBILI DALLE NOSTRE PRODUZIONI SOSTENIBILI

Sustainable 360™ rappresenta in modo completo il nostro impegno per la Responsabilità Sociale di Impresa. Crediamo che ottenere prodotti migliori inizi dal prendersi cura delle persone. Possiamo avere la migliore tecnologia ma comprendiamo appieno che gli esseri umani sono la parte più importante della nostra attività, quindi siamo molto orgogliosi di trattare eticamente il nostro personale, i nostri clienti e i nostri fornitori. Fare bene alle persone significa anche fare bene al mondo. Riduciamo costantemente la nostra «carbon footprint» e riduciamo gli sprechi. Operiamo secondo i più elevati standard ambientali in tutte le nostre unità.

Il nostro approccio a 360-gradi alla Responsabilità di Impresa include: •Approvvigionamento e Sviluppo Responsabili •Protezione dell’Ambiente •Promuovere Diritti Umani, Lavoro e Sicurezza •Sviluppare l’Innovazione Responsabile

SUSTAINABLE 360™ - LE NOSTRE CERTIFICAZIONI

ZERO WATER & RISPARMIO IDRICO

In produzione risparmiamo 34 tonnellate di acqua potabile ogni 9.000 m. di maglia leggera in Poliestere. Per tingere un kg di poliestere servono 30 kg d’acqua; la nostra produzione invece risparmia il 70% d’acqua rispetto alle tecniche tradizionali di tintura in pezza.

GAMMA MADE IN FRANCE

Parte dei nostri prodotti sostenibili sono realizzati nel nostro stabilimento in Francia, a nord di Parigi. Ci impegniamo quindi a contribuire alla riduzione della carbon footprint offrendo al contempo alti livelli qualitativi ed etici, garantiti dalle certificazioni AFAQ ISO 9001, OEKO-TEX, SEDEX e nel pieno rispetto dei requisiti Reach.

MATERIE PRIME

Produzione ecosostenibile significa per noi non solo utilizzare filati riciclati, ma anche filati con materiali a base biologica e con approvvigionamenti in prossimità. Possiamo infatti reperire localmente cotone organico, cotone riciclato e fibre naturali come canapa e lino. Disponiamo inoltre di viscosa proveniente da foreste sostenibili.

Per ulteriori informazioni scrivere a: info@chargeurs-interfodere.com