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CHRISTOPHER RAEBURN

INTERVISTA

Christopher Raeburn

Precursore della sostenibilità

Con il paradigma delle tre R a passi svelti verso la circolarità totale

Con le linee Raemade, Raecycled e Raeduced Christopher Raeburn porta avanti da anni il suo progetto nel segno della sostenibilità. L’obiettivo è renderle tutte e tre completamente circolari. Un percorso virtuoso, scandito dal Manifesto Raestart, che sarà suggellato dalla certificazione B-Corp

DI CARLA MERCURIO

Il suo marchio è articolato in base ai tre concetti Ræmade, Ræduced, Ræcycled: quali le particolarità di ciascuno?

Il paradigma delle tre R è per noi una linea guida da dieci anni e costituisce l’impalcatura del nostro business inusuale. Ræmade è la rielaborazione di materiali e manufatti in surplus, per dare vita a prodotti completamente nuovi. Ræcycled identifica la gamma di proposte in filati riciclati, supportati da partner produttivi all’avanguardia, mentre Ræduced punta al minimo impatto e si avvale in prevalenza di cotone biologico certificato o lana merino, facendo affidamento su una produzione locale. Sebbene Ræmade sia stato il punto di partenza del marchio, non saremmo sul mercato se non fosse per le altre due linee (più scalabili e commerciali). Ora puntiamo a rendere le tre R completamente circolari, in modo che gli articoli Ræmade possano sempre essere riparati gratuitamente attraverso la nostra garanzia perpetua, quelli delle linea Ræduced siano biodegradabili grazie all’impiego di fibre naturali e i Ræcycled tornino in circolo per proseguire il ciclo. Un percorso che abbiamo tracciato nel nostro manifesto Ræstart.

Quali sono i suoi progetti più interessanti in questo momento?

Abbiamo molte iniziative in cantiere, che non posso ancora condividere. Questi ultimi mesi sono stati tra i più impegnativi per noi e siamo orgogliosi di aver rafforzato il nostro team durante la pandemia. Con la riapertura dopo il lockdown abbiamo dato il bentornato alla comunità nel Ræburn Lab qui a Londra. Anche la nostra serie di eventi è tornata a pieno regime, dai tour in studio (fisici e virtuali) ai maker workshop.

Quando un capo di moda può essere definito veramente sostenibile e

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come spiegare ai consumatori la differenza con il greenwashing?

Niente di ciò che si fa è mai veramente sostenibile; l’importante è operare in un ambito di circolarità, in cui tutto ciò che già abbiamo venga riutilizzato, senza acquistare materiali vergini, in modo che nulla vada sprecato. Un designer dovrebbe essere responsabile di un prodotto fino alla fine della sua vita e il capo essere il più duraturo possibile, fisicamente ed emotivamente. Per questo è importante che il consumatore valuti in modo critico i marchi, in modo da capire se le loro intenzioni sono vere e se le azioni sono in sintonia con le parole.

Entro il 2021 diventerete una B-Corp: cosa rappresenta per lei questo passaggio?

In occasione della Giornata della Terra del 2020 abbiamo presentato Ræstart, un ma-

1. Christopher Raeburn alle prese con la realizzazione della Zero Waste Bag 2. Due outfit del brand

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nifesto per il cambiamento. Un documento che fissa l’impegno per un futuro migliore e che si tradurrà in resoconti trimestrali all’insegna della trasparenza. Il nostro più grande obiettivo, come parte di questo, è appunto diventare un’organizzazione BCorp. Abbiamo portato avanti la richiesta nell’ultimo anno, con la formalizzazione delle politiche interne ufficiali ancora in sospeso prima che la certificazione possa essere valutata, ma la buona notizia è che siamo già in linea con i principi fissati.

Lei è anche Global Creative Director di Timberland: come affronta il tema della sostenibilità con un marchio così globale?

Sono stato nominato Global Creative Director di Timberland due anni fa, per infondere un’estetica più progressista nel marchio e per mettere il design responsabile al centro di tutto, dalla visione creativa alla strategia del brand, fino alla definizione degli obiettivi per il 2030, quando miriamo a diventare net positive attraverso la circolarità e l’agricoltura rigenerativa. Questo ruolo mi ha dato la chance di fare cambiamenti di portata globale, su larga scala. Trovo entusiasmante il fatto che la mia esperienza con Raeburn sia di esempio per Timberland, ma anche per il gruppo VF Corporation, cui fanno capo label come The North Face e Vans e anche il fatto che queste aziende influenzino label come Adidas e Nike e così via. 