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CAREERS

Tremaine Emory: un designer attivista per le ambizioni di Supreme

Attraverso i suoi progetti trasversali Emory grida al mondo che per lui la moda è messaggio e impegno sociale

Lunghi dreadlock e aria sorniona, Tremaine Emory sembra il rapper della porta accanto. Ma mai fermarsi alle apparenze, visto che il colosso Vf Corporation ha affidato proprio a lui il ruolo di direttore creativo di Supreme, marchio acquisito nel 2020 con un deal da 2,1 miliardi di dollari, che dovrebbe portare nelle casse della società 600 milioni di dollari nel 2022, per poi spiccare il volo e proiettarsi verso ben più ambiziose vette. Un’opportunità da non lasciarsi sfuggire e anche una bella sfida per Tremaine, poco noto in Italia ma con un curriculum movimentato e denso di esperienze trasversali. Nato nel 1981 a College Park, Atlanta, ma trasferitosi da piccolo nel Queens con la famiglia, il designer ha studiato cinema e recitazione, lavorato da FedEx con uno stipendio di 8,50 dollari l’ora e successivamente da J Crew, da cui se ne è andato sbattendo la porta perché gli avevano imposto di tagliarsi i capelli. Altri retailer, tra cui i department store Barneys New York e Saks Fifth Avenue, non si sono posti problemi sul

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look anticonvenzionale di Tremaine, aprendogli un varco nel mondo della moda, che lo ha portato a collaborare, tra gli altri, con Off-White e il suo artefice Virgil Abloh, Converse, Stüssy, Ugg, Levi’s, Marc Jacobs e Kanye West. Emory ha al proprio attivo anche un suo brand, Denim Tears, e l’agenzia No Vacancy Inn, legata al mondo delle radio e della musica. Un ricco bagaglio di esperienze per il neo-nominato direttore creativo di Supreme, che sta già lavorando a fianco del fondatore James Jebbia e che arriva dopo cinque anni in cui questa figura non c’è più stata: l’ultimo creative director è stato Angelo Baque, uscito di scena nel 2017 dopo dieci anni. Ma Tremaine è anche un personaggio scomodo: non si accontenta di disegnare vestiti, perché per lui al primo posto viene lo storytelling legato all’impegno sociale e civile. Il suo marchio Denim Tears si chiama così per ricordare che dietro un paio di jeans c’è la storia di generazioni di raccoglitori di cotone afroamericani, sfruttati e privati dei diritti. Un messag-

1. Tremaine Emory in una foto ripresa dal suo account Instagram per pubblicizzare la collaborazione del suo brand Denim Tears con Levi’s 2. Un modello della collezione primavera-estate 2022 di Supreme. Il marchio è stato fondato nel 1994 da James Jebbia

gio forte che torna, per esempio, nella colab con Levi’s. Che Vf scommetta su di lui, tra l’altro per un brand sul quale si concentrano altissime aspettative, potrebbe sembrare un azzardo, ma forse è proprio il contrario: in fatto di coolness e riconoscibilità del marchio Supreme ha già dato. Cosa potrebbe fare di più? Appunto uscire dalla comfort zone dell’immagine fine a se stessa, per quanto incisiva, e cimentarsi in qualcosa di davvero nuovo e dirompente, con una mentalità da marchio indipendente, sebbene all’interno di una power company. In quest’ottica Tremaine potrebbe rivelarsi l’uomo giusto al momento giusto.

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LOUISE GOLDIN: DOPO TOPSHOP E YEEZY SALTA IN SELLA A HARLEY DAVIDSON

● «Siamo uno dei marchi più iconici del mondo, con un significativo potenziale di crescita nell’abbigliamento che vogliamo assolutamente sfruttare»: così Jochen Zeitz, ceo e presidente del brand, con un passato ai vertici di Puma per 18 anni. Detto, fatto: la casa motociclistica ha strutturato un team dedicato, con due donne in ruoli strategici ossia Erica Bullard, nominata senior vice president dell’area Apparel & Licensing con trascorsi in Nike, e Louise Goldin, che diventa creative director, coordinando i team di New York e Milwaukee. Londinese di nascita e newyorkese d’adozione, questa designer si è fatta conoscere grazie al suo approccio “architettonico” alla maglieria e alla passione per le sperimentazioni sui materiali. L’esperienza che più salta all’occhio nel suo curriculum è quella durata sette anni (fino al 2018) alla corte di Kanye West, alias Ye, per la linea super cool Yeezy.

PH. IOMBI GARCIA

PER IL RILANCIO DI BCBG MAX AZRIA TORNA ALLA RIBALTA CRISTINA ORTIZ

● Con trascorsi in Lanvin, Prada, Brioni e Salvatore Ferragamo, dove è stata direttore creativo dal 2007 al 2009 prima dell’arrivo di Massimiliano Giornetti, Cristina Ortiz è stata chiamata a guidare lo stile di Bcbg Max Azria, storico brand il cui rilancio, già partito negli Usa, ora si estende all’Europa. In cabina di regia c’è Alessandro Bastagli, imprenditore fiorentino cui fanno capo Lineapiù ed Everlast, che tramite l’azienda A.Moda - gestita con il figlio Edoardo - ha firmato un contratto di master licence produttiva e distributiva per Europa, Russia e Turchia, riguardante tutte le categorie di prodotto firmate Bcbg Max Azria. Il marchio, fondato nel 1989 dallo stilista tunisino Max Azria (scomparso tre anni fa), dal 2017 fa parte del portafoglio del fondo americano Marquee Brands, che controlla tra gli altri Bruno Magli. Bastagli si pone obiettivi ambiziosi: posizionare Bcbg Max Azria in circa 200 store fisici e raggiungere un fatturato di 30 milioni di euro in cinque anni. Si apre dunque un nuovo capitolo con la FW 22/23, ma già da aprile sarà in vendita online un flash di 50 capi per l’estivo. L’idea è quella di puntare su una collezione luxury, quasi di alta moda, ma con prezzi competitivi, pur collocandosi in una fascia premium: dai 225 euro di un abito da giorno ai 1.200 euro di un cappotto in cashmere. Ortiz, il cui compito è rileggere i codici del marchio in chiave contemporanea, parte con l’abbigliamento, ma puntando al total look: in cantiere ci sono borse, calzature, una linea per la bambina e, dal 2023, la label giovane Generation.

SLIDING DOORS AI VERTICI CREATIVI DI HUGO BOSS

● Un legame a corrente alternata, quello di Ingo Wilts con Hugo Boss: il manager e la società si sono presi e lasciati diverse volte negli ultimi 25 anni. Dal 2016 Wilts faceva parte dell’executive board e negli ultimi tempi aveva avviato il rinnovamento dei brand Boss e Hugo. Ora le strade si dividono di nuovo. Wilts si dimette «per motivi personali», pur impegnandosi a contribuire ai progetti della società fino a fine dicembre, mentre viene promosso Marco Falcioni (nella foto): in Hugo Boss dal 2015, Falcioni diventa senior vice president creative direction, assumendo la direzione creativa dei due marchi. Tra i progetti cui Falcioni ha dato il suo apporto il lancio della capsule Boss x Athletic e il design dei primi pezzi da collezione Nft dell’azienda. Su di lui il ceo Daniel Grieder punta per dialogare di più con i giovani, calando un altro asso. Torna infatti a bordo Andrea Cannelloni, in Hugo Boss dal 1998 al 2008 (è stato l’artefice di Boss Orange), che dal 2009 al 2020 ha militato nelle fila di Napapijri (gruppo Vf), di cui è stato responsabile.

ALASDHAIR WILLIS È CHIEF CREATIVE OFFICER DI ADIDAS

Per il ruolo di chief cerative officer Adidas punta su Alasdhair Willis, già direttore creativo di Hunter, da cui è uscito a metà 2020. Willis, che entrerà in carica ad aprile, non è una nuova conoscenza del gruppo dell’active sportswear. La sua prima collaborazione con Adidas risale al 2005, quando Willis ebbe un ruolo chiave nel concept e nello sviluppo della collezione Adidas by Stella McCartney.

L’EX COIN E BOTTEGA VENETA SIMONE DOMINICI GUIDA KIKO

Kiko ha individuato in Simone Dominici il successore di Cristina Scocchia, ora ai vertici di Illycaffè. Dominici ha iniziato la carriera in Unilever per poi diventare general manager di Coin e, in seguito, executive vice president Global Markets di Bottega Veneta, con responsabilità in Europa, America e Asia. Dal 2018 in Coty, il manager ha contribuito a rafforzare le performance della società in Emea (in qualità di vice president per l’Europa, il Medio Oriente e l’Africa), ricoprendo anche il ruolo di global head of Revenue Management.

LEVI’S: PER LA POLEMICA ANTI-DAD LA BRAND PRESIDENT JENNIFER SEY PERDE IL POSTO

● Era stata la prima donna a ricoprire il ruolo di global brand president di Levi’s, ma in men che non si dica Jennifer Sey ha dovuto dimettersi. La ragione? Aver preso pubblicamente e insistentemente posizione contro la Dad e a favore della riapertura delle scuole chiuse in California in seguito alla pandemia. Dopo aver indetto manifestazioni, mobilitato i social e scritto ai giornali, è stata invitata dai suoi superiori a tenere un basso profilo, cosa che non ha fatto. Jennifer è stata quindi, come si suol dire, accompagnata alla porta. Lei sostiene di aver ricevuto l’offerta di una buonuscita di un milione di dollari, a patto che non parlasse delle ragioni delle dimissioni, e di avere rifiutato pur di poter rendere nota la vicenda.

MANNY CHIRICO TORNA IN PISTA CON TOMMY JOHN: «DIVENTERÀ UN BILLIONDOLLAR-BRAND»

● La vita da pensionato non si addice a Manny Chirico, che dopo aver lasciato i vertici del gruppo Pvh un anno fa, cedendo il posto a Stefan Larsson, scende in campo a fianco di Tommy John: non solo entra nel cda della giovane realtà specializzata nell’intimo e nell’innerwear, ma presiede anche il retail committee, con l’obiettivo di guidare l’espansione di questo brand nativo digitale nel canale fisico. «Tommy John - dice Chirico - ha tutte le carte in regola per diventare un billion-dollar brand».

LUSSO

DOPO UN BUON 2021 L’AVVIO DEL CONFLITTO RUSSIA-UCRAINA GENERA NUOVE INCOGNITE

● Bain & Company ha stimato che gli acquisti dei consumatori russi sono il 2-3% circa del mercato totale dei beni personali di lusso (tra cui abbigliamento, accessori e beauty) e, a una decina di giorni dall’avvio del conflitto Russia-Ucraina, ha ipotizzato un impatto nel breve periodo più probabile e rilevante sui consumi locali, legato principalmente alla svalutazione del rublo e alle restrizioni. Anche la spesa russa in Europa è presunta in calo, tenendo conto della chiusura dello spazio aereo europeo alle compagnie aeree civili russe. Se la crisi persistesse nel tempo, altri aumenti dei prezzi dell’energia avrebbero un ulteriore impatto sul Pil delle nazioni europee, con effetti sulla spesa discrezionale dei consumatori Ue. Ma potrebbe essere colpita anche la stabilità finanziaria globale, con una maggiore volatilità delle Borse. E dire che il lusso stava mostrando un grande recupero, dopo la pandemia. Nel 2021 Moncler ha registrato un +44% dei ricavi sul 2020 a cambi fissi (+28% rispetto al 2019), per citare un caso italiano. In Francia, Hermès ha segnato un +42% sul 2020 (+33% sul 2019), Kering un +35% (+11% sul pre-pandemia) e Lvmh un +36% (+14% sul 2019).

LE STIME DI MEDIOBANCA

MODA ITALIANA: POSSIBILE RITORNO SUI LIVELLI PRE-PANDEMIA NEL 2022

Secondo Mediobanca, i dati relativi ai primi nove mesi del 2021 mostrano che le 12 società italiane quotate del settore moda (inclusa Zegna, che in dicembre ha esordito alla Borsa di New York) hanno incrementato i ricavi del 32,7%, rispetto al gennaio-settembre del 2020. Nello stesso periodo, le multinazionali fashion del globo (70 nel campione esaminato) hanno messo a segno a livello aggregato un +32%. Analizzando le grandi aziende italiane del settore (134, con un fatturato superiore ai 100 milioni di euro), gli analisti prevedono che il 2021 venga archiviato con un incremento delle vendite intorno al 22%, ancora il 6% sotto i valori del 2019, ma ipotizzano che nel 2022 si assisterà a un ritorno ai livelli pre-crisi (escluse eventuali ripercussioni dal conflitto Russia-Ucraina, dal momento che l’analisi è antecedente). I primi dati forniti dai maggiori player mondiali fanno invece pensare a una ripresa a “V” a livello mondiale, con un’accelerazione dei fatturati del 28% rispetto al 2020 e un aumento del 10% rispetto ai livelli pre-crisi.

Grandi fashion company italiane

Il trend dei ricavi (base 2016=100)

105.7 110.1 117.0

110.2

100.0

90.3

2016 2017 2018 2019 2020 2021 E

Fonte: Area Studi Mediobanca

+34% NEL FY ZALANDO STIMA 30 MILIARDI DI GMV NEL 2025

● Zalando ha archiviato il 2021 con ricavi pari a 10,4 miliardi di euro (+29,7%) e con un gmv-gross merchandise value di 14,3 miliardi (+34%). L’ebit rettificato del fashion e-commerce si è attestato a 468,4 milioni di euro, con un margine del 4,5%. Nell’anno in corso il fatturato è stimato salire a 11,612,3 miliardi (+12-29%), mentre il gmv dovrebbe raggiungere i 16,6-17,6 miliardi di euro (+16-23%), per arrivare a 30 miliardi entro il 2025. Le aspettative escludono un potenziale impatto negativo della guerra in Ucraina.

Da sinistra, il co-ceo di Zalando David Schneider e il coo David Schröder

PRIMO EBITDA POSITIVO UN ANNO DA RECORD PER FARFETCH

● Farfetch chiude il 2021 con un gmv al suo massimo storico: 4,2 miliardi di dollari, in aumento del 33% rispetto al 2020 e del 98% rispetto al 2019. I ricavi totali sono aumentati del 35% a 2,3 miliardi di dollari, grazie anche al +23% dell’ultimo trimestre. L’ebitda è risultato positivo per la prima volta nella storia della società: 1,6 milioni di dollari, dal precedente rosso di 47,4 milioni. L’ebitda margin è passato da -3,2% a +0,1%. L’utile per azione annuale è risultato di 4 dollari (da -9,7). Ora il marketplace di moda si prepara a crescere con nuovi progetti. Attraverso l’acquisizione di Luxclusif, che realizza soluzioni resale-as-a-service, punta a sostenere il business delle vendite di lusso usato. Con la controllata New Guards Group (tra i marchi Off-White, Palm Angels e Alanui) ha appena concluso un accordo per distribuire in Europa il marchio Reebok, nel nuovo corso del brand, passato da Adidas ad Authentic Brands Group.

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