24 minute read

Lo spazio funzionale

SESTO FIORENTINO (FI), Liceo E.Agnoletti LAB_ARCH 3_2016 (Fabio Coppola)

L’organizzazione funzionale degli spazi interni deve dare un’interpretazione efficace ed efficiente del programma assegnato per gli usi richiesti. Con modalità razionalistiche (accorpamenti, in maniera netta e rigida, in macro-aree) o organicistiche (commistione delle destinazioni d’uso in fluidità e senza soluzione di continuità), si tratta comunque di costruire in maniera sapiente un “paesaggio interno”, con una sua definita praticabilità, con profondità variabili… una o più scenografie in successione insomma. Gli approcci progettuali non sono dissimili dall’organizzazione degli spazi esterni aperti: in entrambi i casi, ci troviamo immersi totalmente in questi, ci muoviamo al loro interno “abitandoli”, ne dobbiamo governare l’accessibilità, in funzione delle dinamiche prospettate. Anche nell’interiorizzazione dello spazio costruito emergono bisogni cui conferire valori simbolici e percettivi, da individuare e gestire di conseguenza a priori. La concezione degli spazi interni non deve rimanere assolutamente confinata in una perimetrazione chiusa, è impossibile estraniarsi del tutto dallo spazio esterno a cui si appartiene (anche la sua negazione diventa tangibile). Nell’organizzazione delle funzioni, abbisogna pertanto definire quale/ quali rapporti si intendono avere con l’esteriorità, sia in termini dimensionali che qualitativi, quale permeabilità intrattenere e come (quadro delle relazioni), che figuratività ottenere (è possibile portare all’interno le visuali del paesaggio esterno, come pure il contrario). La disciplina dei “caratteri distributivi” può assistere la progettazione nell’impostare correttamente l’organizzazione dell’insieme, ma non può sottrarre il progettista dai suoi doveri interpretativi, spingendolo alla ricerca di ibridazioni tra le parti, integrazioni o fluidificazioni (dalla misurata partitura all’open space). L’adesione alla “tipologia” presenta oggi non poche problematiche di attualizzazione, per rimanere aderenti alla realtà operante. Non ultimo, anche nel definire gli usi interni nelle architetture non si deve dimenticare che stiamo plasmando lo spazio “compresso”: la plasticità di questo ne fa pur sempre un tutt’uno unico, per cui operiamo in più dimensioni e questa è la funzionalità principale da tenere ben presente progettualmente.

LUCCA, Scuola a San Concordio LAB_ARCH 3_2016 (Agnese Coppini, Leonardo Belluomini)

LUCCA, Scuola a San Concordio LAB_ARCH 3_2016 (Agnese Coppini, Leonardo Belluomini)

FOLLONICA (GR), Scuole Parco Centrale LAB_ARCH 3_2015 (Lorenzo Paoli)

Ogni spazio concluso è anche contenitore di regole e modi di vita, limita il vivere in regole e tempi precisi, prima ancora che figurare i luoghi. Lo spazio come “terzo insegnante”, metafora efficace di Loris Malaguzzi1, chiarisce bene il ruolo strategico che l’ambiente può ricoprire nel sistema-scuola e quindi la sua architettura. Lo spazio diventa “testo” quando si interviene o si trasforma, generando unità culturali che sono portatrici di significati: lo “spazio educante” è “il prodotto di codici prossemici che chi costruisce tali porzioni di spazio possiede, spesso anche inconsapevolmente”2 . Gli individui costruiscono la propria identità in rapporto dialettico con il mondo che li circonda, genitori, famiglia, amici, ambiente, si costituiscono come ingredienti fondamentali nello sviluppo della rappresentazione di sé. Il contesto, in questo senso, non rappresenta un mero contenitore di dinamiche relazionali, ma si costituisce un agente attivo di tale processo, favorendone o ostacolandone lo sviluppo. Lo spazio dunque nella sua dimensione, fisica estetica e funzionale, rappresenta un’importante opportunità nel favorire lo sviluppo di dinamiche che siano di sostegno alla crescita, acquisendo, in questa specifica attività, anche funzione pedagogica e formativa. In tal senso, la costruzione dello spazio, la sua ideazione e il suo disegno, si devono plasmare al fine di massimizzare tali potenzialità. La scuola innovativa significa, in sostanza, flessibilità al cambiamento, attitudine al lavoro in gruppo e al problem solving, apprendimento cooperativo, spirito di adattamento, empatia e capacità comunicativa, propositività, creatività, autonomia… insomma, tutti termini difficilmente inquadrabili in uno spazio ancora rigidamente concepito ed immobile a se stesso, in edifici omologanti e organizzati per classi e con il tempo scandito dall’orario scolastico, dove lo studente non è di certo al centro di una visione. La scuola, in pratica, non può essere più concepita come riflesso di una società industriale, fortemente ripartita nei ruoli, perchè questa ci sta abbandonando in maniera inequivocabile verso una società “fluida” e mutevole3 . Il progetto, perciò, deve partire da alcune sfide che sostanziano il supporto alla crescita dei ragazzi, con una attenzione alla loro dimensione intrapsichica e, al contempo, come soggetti inseriti in una fitta rete di relazioni: con i pari, con gli adulti, con la comunità e i suoi cambiamenti. Nel passaggio dall’infanzia all’età adulta i ragazzi si trovano ad affrontare alcuni compiti evolutivi specifici volti alla costruzione della propria identità4. In questa fase i ragazzi sviluppa-

1 da cui la teorizzazione della scuola “atelier”, con le esperienze di Reggio Children 2 Gennari M., INDIRE 2012, p. 41 3 Indire, 2012 4 Nella fase preadolescente, in particolare, l’individuo si trova in un momento cruciale della costruzione della propria identità. Spazio di crescita a metà tra l’infanzia e l’età adulta, questa fase rappresenta una prima palestra di alcune delle dimensioni centrali nella costituzione del sé prima fra tutte la dimensione relazionale. Il rapporto con

FOLLONICA (GR), Scuole Parco Centrale CONCORSO DI IDEE_2015 (ZaniratoStudio)

no le proprie competenze relazionali, è importante dunque che abbiano la possibilità di sperimentare crescita e apprendimento in contesti che favoriscano modalità relazionali differenti: duali, in piccolo gruppo e in grande gruppo5 . La necessità di tale eterogeneità di spazi relazionali necessita di un contesto che possa adattarsi in modo plastico, aprendo a differenti opportunità relazionali (lo spazio visto come palestra di relazioni). Il progetto, in questo senso, deve prevedere la presenza di arredi modulari, che accompagnino le figure educative nell’offrire ai ragazzi le molteplici opportunità di cui hanno bisogno in questa fase. Al contempo, è importante prevedere spazi flessibili che favoriscano momenti di scambio con gruppi altri6. Tali processi rappresentano una interessante opportunità per costruire collegialmente un ambiente accogliente ed inclusivo, contrastando fenomeni di prevaricazione e di bullismo7 . Un altro compito centrale in questo passaggio è il progressivo sviluppo dell’autonomia8. Lo spazio ideale, per favorire tale processo, è rappresentato da uno spazio che sappia comunicare, in questo senso il progetto deve favorire la realizzazione di spazi dedicati, che comunichino chiaramente la loro vocazione nella struttura e negli arredi (all’ingresso, per esempio, il desk di accoglienza dev’essere uno spazio aperto che favorisca l’ascolto e supporti l’orientamento). Il gioco di trasparenze favorisce una visione aperta e gli spazi agorà ospitano l’incontro e il confronto: dev’essere presente, in pratica, uno spazio educativo diffuso, in cui le attività e l’apprendimento non sono confinati alle classi, ma estesi a tutti gli spazi, interni ed esterni. In accordo con le proprie conquiste, i ragazzi dovrebbero essere stimolati nell’“arredare” i propri spazi di apprendimento, anche in dimensioni autonome, utilizzando in modo plastico e funzionale le molteplici opportunità offerte dalla struttura e dagli arredi. Gli spazi esterni e le agorà devono essere pertanto allestiti in modo da poter ospitare attività individuali e di

i pari e con gli adulti di riferimento è lo spazio in cui si struttura l’esperienza di sé nel mondo, la rappresentazione della propria efficacia, della propria immagine fisica e psicologica. 5 Tali esperienze partecipano alla costruzione di strategie che supportano la percezione di auto-efficacia nel rapporto tra sé e il mondo. 6 Il confronto con gruppi di classi differenti favorisce nuove articolazioni relazionali, il rapporto con gruppi di età eterogenee può favorire un processo partecipato in cui i ragazzi, investiti nel ruolo di mentore, favoriscano l’accoglienza dei nuovi arrivati. 7 Al contempo, il prendersi cura favorisce una responsabilità e una autonomia esperenziale e dunque dotata di un senso e un significato comprensibili ai ragazzi. 8 La separazione dai genitori e dalla dipendenza da essi si costituisce come un passaggio necessario nella costruzione della propria autonomia e indipendenza. È importante che questa fase sia accompagnata e sostenuta affinché il processo sia naturale e sorretto da una adeguata percezione di sé come individuo capace. Siamo ancora in una fase precoce in cui i ragazzi appaiono eterogenei nello sviluppo di tale componente (emotiva, cognitiva, fisica, relazionale) e si sviluppa con velocità differenti.

SPOLETO (PG), Scuola D.Aleghieri LAB_ARCH 3_2017 (Andrea Paoli, Lorenzo Taurone)

gruppo, favorendo rapporti con gli adulti, di intensità mutevole, e sostenendo in tal senso lo sviluppo delle autonomie. Il processo di crescita non è un processo lineare. Favorire l’autonomia significa anche permettere che ci siano dei momenti e degli spazi di regressione. I ragazzi devono avere la certezza di potersi ritrarre e tornare per qualche momento indietro, fino all’infanzia, senza percepire che questo rappresenti una sconfitta9. È importante, dunque, che in questa fase ci siano nel contesto spazi più intimi che permettano un raccoglimento10. Spazi e arredi di questo tipo favoriscono la realizzazione di questa esperienza, quando i ragazzi ne sentano il bisogno, ma anche comunicano ai ragazzi che tale dimensione di raccoglimento è naturale e legittima11 . Una delle dimensioni in cui il contesto ambientale ha un ruolo centrale, soprattutto oggi, nell’epoca dei social media, è la differenziazione tra spazi pubblici e spazi privati. La differenziazione degli spazi in luoghi ad intimità variabile permette ai ragazzi di esportare metaforicamente questa classificazione anche ad altri contesti, favorendo spazi di confronto adeguati alla loro crescita (anche sessuale). Ne deriva che si dovrebbe perseguire l’obiettivo di concretizzare un nuovo edificio scolastico come luogo della socialità, dove la persona può manifestare le sue attitudini, ricercarne nuove e trovare il proprio percorso di vita, nel confronto e nella collaborazione con gli altri. Lo sviluppo progettuale deve perciò mirare a favorire un contesto capace di supportare i ragazzi in un mondo in cambiamento12. A tal fine, la struttura dev’essere caratterizzata da un’ampia flessibilità, con spazi che si modificano (per dimensione e composizione) e con la presenza di laboratori esperienziali, deve sostenere le figure educative nella adozione di metodologie didattiche innovative e adeguate alla sperimentazione di modalità variabili di lavoro. Gli arredi devono favorire il passaggio da momenti di didattica frontale a momenti di cooperative learning, attività creative e laboratoriali, con l’adozione del digitale come canale e

9 L’apertura di questa possibilità permette ai ragazzi di avventurarsi nella crescita con fiducia e sicurezza, favorendo un corso naturale e positivo. 10 Nel suo percorso di apprendimento scolastico lo studente ha bisogno di uno spazio individuale e di momenti per lo studio, la lettura, in cui organizzare i propri contenuti e pianificare le proprie attività. Questo spazio sarà un ambiente che risponde alle esigenze del singolo, separato dall’aula e dai contesti di incontro sociale e garantirà l’accesso a informazioni e contenuti, la possibilità di utilizzare strumenti tecnologici e connettersi alla rete. Nello spazio individuale lo studente dovrà poter lavorare in autonomia e in sintonia con i propri tempi e ritmi al di fuori delle attività didattiche supportate dal docente. 11 I cambiamenti fisici che caratterizzano la crescita si accompagnano a cambiamenti emotivi, psicologici e relazionali in cui i ragazzi sono travolti e spesso si trovano disorientati. 12 La percentuale di lavori che nel futuro spariranno è in costante aumento e dal 2000 l’Unione Europea invita la scuola e la comunità ad una didattica che sia sempre più capace di preparare i ragazzi al cambiamento. Tale consapevolezza rappresenta la grande sfida della didattica innovativa che, attraversata da differenti metodologie, ha come comune denominatore l’attenzione alle soft skills o competenze trasversali (scuola adattativa). Le soft skills rappresentano quel nucleo di competenze che si costituiscono a fondamento di qualsiasi apprendimento e che favoriscono le competenze ad acquisire nuovi apprendimenti in un contesto in rapido cambiamento.

FOLIGNO (PG), Foro Boario LAB_ARCH 3_2017 (Francesca Cantale)

spazio didattico13, ma anche momenti di scambio tra ragazzi di età e classi differenti, moltiplicando le possibilità educative e favorendo una didattica interdisciplinare e intergenerazionale. L’attenzione all’esperienza, al lerning by doing, in una scuola proiettata nel futuro, non può che prevedere la presenza di laboratori dedicati che siano spazi attrezzati, per lo sviluppo di un sapere che passa dal fare e che ospiti dispositivi di apprendimento adeguati al momento attuale14. In tale processo, accanto a spazi dedicati, la scuola stessa si fa laboratorio diffuso di esperienza. Gli spazi, in questo senso, diventano tutti luoghi di apprendimento. A titolo di esempio, la stessa mensa può essere pensata per divenire laboratorio di educazione alimentare, spazio per favorire una cultura del benessere e della salute15 . Tali spazi possono inoltre essere pensati come strumenti per percorsi di sviluppo dell’imprenditorialità e dell’imprenditività, accompagnando i ragazzi a partecipare allo sviluppo di soluzioni aperte al territorio, che affianchino il concetto di scuola azienda di una dimensione ecologica, sostenibile e comunitaria16 . La scuola dev’essere perciò immaginata come una struttura ecologica e sostenibile, in cui la modernità e l’innovazione passano attraverso un rapporto armonico con la natura e con la comunità. In questo senso, la struttura dev’essere in continuità con gli spazi esterni, che sono anch’essi spazi di didattica e di apprendimento (scuola aperta)17 . L’outdoor education vede infatti sempre più nascere esperienze e sperimentazioni di successo per i ragazzi più grandi, favorendo un rapporto attivo con il proprio contesto, moltiplicando sperimentazioni efficaci di didattica innovativa e offrendo contesti inediti di sviluppo della salute e del benessere. La scuola all’aperto è disegnata perciò all’interno di uno spazio in continuità con la comunità all’allargata, in cui vengano favoriti scambi e dialogo nelle due direzioni. Gli spazi sono pensati per offrire opportunità e risposte a tutta la cittadinanza18 e, al

13 Il digitale rappresenta sempre più un elemento centrale nella esistenza. Da strumento di comunicazione oggi si costituisce come ingrediente fondamentale nello sviluppo della cittadinanza. Se dunque è importante che questa competenza rappresenti uno degli apprendimenti trasversali delle nuove generazioni, la costruzione di una scuola adeguata al suo pieno sviluppo rappresenta una opportunità per tutto il territorio. Va pertanto immaginata la struttura scolastica come uno spazio adeguato a diventare polo digitale per la cittadinanza, dove i ragazzi non siano solo discenti ma promotori di uno sviluppo. 14 Con vocazioni differenti, tali spazi possono rappresentare per i ragazzi una palestra di esperienze che li veda come protagonisti dello sviluppo della stessa didattica, in un rapporto dialettico tra ricevere e partecipare all’esperienza didattica, vivendo la loro condizione di prosumer in modo consapevole ed intenzionale. 15 tale dispositivo rappresenta sempre più uno strumento diffuso per la creazione di una comunità sana e per il contrasto a comportamenti a rischio legati ai consumi. 16 In accordo con le vocazioni del contesto, tali spazi possono diventare il fulcro di una cooperativa scolastica di nuova generazione, affiancando la cura del proprio contesto ad una didattica aperta al territorio. 17 Se nella scuola dell’infanzia, e in particolare nel modello emiliano romagnolo, tale rapporto è ormai considerato come centrale nella crescita, l’idea sta sempre più prendendo piede per lo sviluppo della didattica negli altri ordini di scuole. 18 a titolo di esempio, un fab-lab che permetta a ragazzi e adulti di tutte le età di sperimentarsi nell’ideazione e realizzazione di progetti attraverso l’utilizzo di dispositivi meccanici e digitali; una palestra regolamentare che potrà

SESTO FIORENTINO (FI), Liceo E.Agnoletti LAB_ARCH 3_2016 (Rebecca Garofalo)

PERUGIA, Scuola Carducci-Purgotti LAB_ARCH 3_2017 (Matteo Piccolroaz)

SAN MINIATO (PI), Polo dei Licei del Valdarno TESI DI LAUREA_2017 (Valentina Longo)

contempo, favorirà la costruzione di un rapporto attivo e progressivo tra i ragazzi e la comunità, ospitando associazioni, iniziative ed attività. La scuola diventa dunque uno spazio aperto e permeabile, favorendo un processo circolare, all’interno del quale venga sostenuta una comunità educante diffusa e, allo stesso tempo, vengano sostenute relazioni dialettiche tra i ragazzi e gli altri attori del territorio. La struttura spaziale è interpretabile anche come una matrice, con alcuni punti di maggiore specializzazione, cioè gli atelier e i laboratori, alcuni di media specializzazione e alta flessibilità, cioè le sezioni/classi e gli spazi tra la sezione e gli ambienti limitrofi (solo a volte annessi alla sezione) e altri generici, cioè gli spazi connettivi, che diventano relazionali e offrono diverse modalità di attività informali individuali, in piccoli o grandi gruppi. Queste necessità hanno alla base un principio di autonomia di movimento per lo studente, che solo uno spazio flessibile e polifunzionale può consentire. La matrice della scuola dev’essere pensata in modo da lasciare sempre una possibilità di variazione dello spazio, a seconda della attività desiderata, così da trasformare la gestione dell’ambiente nella gestione della profondità di campo, del livello di trasparenza, di visibilità o partizione, in un tessuto continuo fatto di piazze, sezioni, angoli di lavoro, piazze, giardini e porticati19 . Le aule/sezioni diventano un luogo di appartenenza importante ma non autosufficiente, consentono attività in piccoli e grandi gruppi, ma anche individuali, pareti scorrevoli consentono di coinvolgere spazi interclasse o di allargarsi negli spazi comuni, rendendo i confini della sezione sfumati e flessibili. Non tutto viene svolto nella classe che è parte di un organismo più complesso: la sezione/aula è una home base, una casa madre da cui si parte e a cui si torna, caratterizzata da una grande flessibilità e variabilità d’uso. Questa “diluizione” nel tessuto scolastico avviene in modo diverso e progressivo, in funzione del tipo di scuola e dell’età degli alunni. Le pareti che delimitavano l’aula tradizionale si devono aprire, per configurare modelli scolastici sempre meno definiti spazialmente, per arrivare perfino a concepire integralmente soluzioni open space, dove solo gli arredi delimitano alcune pertinenze, e neppure in modo fisso. In queste scuole, servono spazi fluidi (permeabilità dei flussi), versatili (moltiplicità d’uso), convertibili (adattabili), multiscalari (estensibili, contraibili), modificabili (manipolabili attivamente). Si possono avere scenari in cui le aule sono estremamente dinamiche, ma ancora chiuse e compartimentate, in altri alcune aule provano a fondersi assieme a formare dei cluster

ospitare competizioni sportive anche a livello agonistico; il laboratorio di cucina per aprirsi a corsi per cittadini di diverse età e provenienze. 19 Indire, 2012

BOLOGNA, Scuola Carracci TESI DI LAUREA_18 (Cosimo Beduini)

(interciclo), fino ad arrivare alla “scuola come comunità educante” in cui prevalgono le zone comuni ed aree condivise. Bisogna scardinare gli spazi rigidamente concepiti e costruiti: la scuola di oggi dev’essere pienamente elastica per adattarsi ai bisogni del momento che sono assai dinamici e vanno assecondati. In questo, la scuola deve possedere una vivacità capace di modificarsi di continuo, per stare sempre al passo con i tempi, come una delle sue qualità principali. Le materie che si insegnano e le attività che si svolgono nella scuola sono sempre meno slegate tra loro e racchiuse in compartimenti stagni, pertanto anche gli spazi conseguenti devono sciogliersi allo stesso modo. È la cultura dominante a non essere più lineare, pertanto la scuola deve preparare tutti a muoversi in un mondo diventato “tridimensionale”, molto più complesso di una volta, sempre da esplorare. L’aula di lezione non dev’essere vista come l’ambiente principale della scuola, ma semplicemente come una sua componente al pari di molte altre, senza alcuna centralità. È evidente che la scuola dev’essere concepita ed usata come un insieme di relazioni, in cui le aule didattiche costituiscono dei punti di riferimento orientativo, ma senza esclusività. Sono la fluidità e la liquidità spaziale le matrici spaziali cui fare riferimento. Se l’aula disciplinare e l’aula a spazi flessibili sono le soluzioni comunemente indicate per la riconfigurazione dell’aula tradizionale, altre soluzioni considerano l’estensione dello spazio per la didattica oltre le dimensioni dell’aula; ciò significa prevedere spazi adiacenti le aule che possono essere utilizzati per attività specifiche, di tutoraggio e di approfondimento e per percorsi individuali. Se tali spazi possono avere caratteristiche diverse tra loro, tutti hanno però un obiettivo comune: integrarsi nell’ambiente aula per favorire la diversificazione delle attività20. A livello di singoli stati, tra le opzioni proposte, si può parlare di «aula plus», di «cluster», di «open space»; è considerata aula plus un’aula addizionale, utilizzabile a turno dagli studenti delle aule adiacenti; la soluzione del cluster accorpa, in uno spazio condiviso, setting e strumenti per lo svolgimento di una serie di attività diversificate; l’open space garantisce la massima flessibilità: è un ambiente aperto, ideale per accogliere gruppi classe, facilmente configurabile a seconda delle esigenze21 . Attivando il concetto di “learning by doing”, l’aula si apre verso il suo interno ed il suo esterno, non è più rigidamente orientata e gerarchizzata: imparare facendo significa che il potenziale

20 A titolo esemplificativo, la letteratura ci suggerisce il concetto di paesaggio didattico, concetto traducibile in un’ampia area comune su cui si affacciano le aule (e che, di norma, sostituisce il corridoio, spazio tradizionalmente inteso come “di passaggio”); l’area, grazie a opportuni arredi, può essere organizzata in base a determinate esigenze creando, ad esempio, angoli protetti o spazi di confronto. 21 in Inghilterra, ad esempio, nel piano per l’edilizia era stata inizialmente proposta l’idea di aule box modulari in grado di trasformarsi, grazie alla presenza di pareti scorrevoli, in spazi di dimensioni variabili destinati ai più diversi usi.

d’uso degli spazi e degli arredi scolastici dev’essere esteso al massimo, e nulla di rigidamente imposto deve ostacolare questa “libera” volontà. Perciò, l’ambiente che insegna è la componente fondamentale per il buon funzionamento di ogni scuola, per avere il clima giusto ed ottenere il presupposto sociale per indirizzare al meglio il comportamento degli studenti e determinare così il loro successo formativo. In fondo, è questo il compito istituzionale della scuola, sviluppare e non già impartire. Scardinare la lezione frontale non significa avvalersi massivamente delle nuove tecnologie informatiche e sostituirle da “lezioni” on line, disponibili nel cloud della scuola: questo tipo di fruizione potrebbe essere meglio fruita altrove ed in altri modi, mentre il tempo scolastico dovrebbe invece essere totalmente assorbito nelle attività pratiche e di relazione, dove mettere in pratica la teoria impartita, quindi nei laboratori e negli spazi di dibattito (problem solving). Si dovrebbe, in sostanza, andare a scuola “dopo” avere seguito la lezione (on line) e quindi non si va più in aula o in classe, bensì in uno spazio adatto a mettere in pratica i precetti, a sperimentarli, confrontandosi direttamente con gli altri. In questo, il docente non ha più il ruolo di “conferenziere”, protagonista della lezione frontale, ma diventa quello di “organizzatore” delle attività, sceglie e predispone gli spazi adatti all’argomento del giorno, “conforma” i luoghi della didattica innovativa (setting). Il nuovo docente dev’essere pertanto colui cui compete il compito dell’organizzazione dell’ambiente didattico in funzione della programmazione del giorno, abbisogna pertanto di un ambiente duttile. Il modello Montessori in questo è già molto prossimo, dal momento che al docente è chiesto di aiutare lo studente a fare da solo, ossia lo scopo dell’insegnante non è quello di produrre apprendimento, bensì creare le condizioni migliori di apprendimento. Si può imparare da un esperto come anche dai pari, imparare attraverso l’introspezione oppure semplicemente facendo, ed in tanti altri modi. La scuola deve compiere il suo processo di trasformazione da luogo di insegnamento in luogo dell’apprendimento, quindi, in ambienti e spazi adatti alle nuove funzionalità, non certo statici, ma assai dinamici, adeguati ad affrontare un futuro prossimo che ancora non conosciamo del tutto, ma questa incertezza non deve essere anche impreparazione. L’apprendimento attivo (attività hands-on) abbisogna di simulazioni, sperimentazioni, perfino di giochi (apprendimento tra pari). In ciò, il saper fare ha il sopravvento sulla conoscenza e pertanto lo spazio scolastico deve fornire le condizioni per il fare, porre domande e cercare le risposte, formando così la conoscenza degli individui. C’è bisogno perciò di atelier-laboratori orientati a sviluppare la dimensione espressiva e la fattività. L’aula didattica dei nuovi modelli didattici sfuma dal grande agorà, capace di radunare tutti i componenti della comunità scolastica, all’estremo opposto, degli spazi individuali di

Accessi – vie di esodo – percorsi – punti di ritrovo – configurazione in caso di evento calamitoso

CASTENASO (BO), Nuovo plesso scolastico CONCORSO DI PROGETTAZIONE_18 (ZaniratoStudio e Claudia Pescosolido)

raccoglimento personale. In quest’ottica, lo spazio distributivo, tradizionalmente sottovalutato, acquista un ruolo importante, in quanto capace di farsi carico degli aspetti più imprevedibili ed informali dello stare a scuola. Ci sono molte attività, abitualmente associate ad ambienti specifici, che si possono anche immaginare diluite nello spazio distributivo: esposizioni, belvedere, ristorazione, biblioteche, riunioni, incontri… Se si riesce a concepire appieno il potenziale di tale spazialità, allora potrebbe anche diventare la protagonista dell’intero edificio, compreso la sua configurazione esterna, l’immagine integrale della scuola quindi. È possibile ribaltare “in positivo” la visione “in negativo” tradizionale di tale spazio. Gli spazi connettivi sono spazi relazionali, spazi dove lo scambio di informazioni possono avvenire in modo non strutturato, le relazioni diventano informali, gli studenti possono studiare da soli o in piccoli gruppi, approfondire alcuni argomenti con un insegnante, ripassare, rilassarsi. In questi spazi, gli insegnanti possono svolgere attività di recupero o approfondimento, con uno o alcuni studenti, possono lavorare e approfondire alcuni contenuti, utilizzandoli come alternativa alla sala insegnanti. I genitori e gli esterni, nelle occasioni previste, li usano come luoghi di seduta o conversazione (la scala come “piazza verticale”). Sono luoghi di approfondimento, lavoro informale, relax, punti di accesso alla documentazione e gioco, ma sono anche la naturale estensione delle aule e degli atelier. In questo contesto non ci sono corridoi, ma luoghi comuni disponibili: i sistemi ambientali e i macro-arredi offrono possibilità di uso, sono luoghi senza muri ma con una precisa qualità acustica e luminosa, con sedute piani di lavoro, privacy visiva, cioè qualità spaziali di uso in una sorta di open space, ottenute con soluzioni allestitive e di materiali, pannelli fonoassorbenti, luci, schermi, vetri, arredi, macro-arredi, divisori22. Spazi, insomma, che devono supportare l’apprendimento informale e il relax, luoghi nei quali gli studenti possono distaccarsi dalle attività d’apprendimento strutturate e trovare occasioni per interagire in maniera informale con altre persone, per rilassarsi, o per avere accesso a risorse anche non correlate con le materie scolastiche. Anche i tempi d’uso della scuola si dilatano di conseguenza: non solo gli orari “istituzionali”, ma pure quelli “oltre” diventano strategici per la crescita e la formazione dei giovani e, per fare ciò, gli edifici devono essere per loro attraenti e confortevoli, per invogliarli a stare più a lungo, a ritornaci senza obblighi, perché ci stanno bene e li possono usare per le loro curiosità… dei centri civici insomma, che devono crescere anche dimensionalmente, per assolvere appieno a tali ruoli centrali per le comunità.

22 Indire, 2012

SESTO FIORENTINO (FI), Liceo E.Agnoletti TESI DI LAUREA_2019 (Bianca Clarice Sauri)

La visione contemporanea delle scuole è imperniata attorno al luogo centrale d’ingresso che funge da piazza introduttiva ed agorà degli incontri: ospita le funzioni pubbliche della scuola, è il luogo delle riunioni e delle feste della comunità scolastica, rappresenta il suo elemento simbolico più importante ed è anche il principale punto di riferimento per la distribuzione dell’intero edificio23. Con l’incremento dimensionale dell’edificio scolastico, quando le funzioni diventano più complesse, il cuore funzionale e simbolico della scuola si connette a tutte le attività pubbliche, con le quali può, all’occasione, integrarsi e sovrapporsi (aula magna, mensa, attività motorie e palestra, spazi docenti ed amministrativi)24 . È importante prevedere un utilizzo anche didattico della struttura della mensa, con la proposizione di laboratori di cucina, integrati ai programmi di informazione ed educazione alimentare sostenibile. È pertanto auspicabile che tale spazio di laboratorio sia direttamente collegato allo spazio aperto dedicato all’orto e possa essere visibile dallo spazio mensa. In tutte le scuole deve essere previsto uno spazio per il pranzo degli insegnanti e del personale non docente, un ambiente riservato, ma visivamente in contatto con gli spazi comuni, la mensa, che può essere utilizzata in altri momenti per riunioni del personale o altre attività didattiche. Lo spazio palestra è destinato allo sviluppo motorio, ma può essere utile per favorire le relazioni sociali, permettendo lo svolgimento di feste, assemblee, spettacoli, ed è opportuno che sia collegabile, con pareti scorrevoli a scomparsa ben insonorizzate, allo spazio della “Piazza–Agorà”. La palestra, infine, è lo spazio scolastico che per primo si è reso disponibile agli usi esterni e pertanto bisogna confermare questa prassi prevedendo ingressi autonomi dall’esterno, per i fruitori e per il pubblico, se previsto nel programma.

23 Soprattutto nella scuola dell’infanzia la Piazza può diventare luogo di incontri informali, accogliere spazi per la motricità, contenere zone gioco, zone pranzo, angoli dedicati all’accoglimento dei bambini e piccoli spazi protetti per attenuare il distacco dai genitori nei primi mesi (“spazio degli addii”). 24 Nella scuola dell’infanzia e nelle piccole scuole, la zona dedicata al pranzo può coincidere con la Piazza, ma anche nelle scuole di maggiore dimensione sarà opportuno utilizzare parte dell’Agorà per il periodo del pranzo, predisponendo un sistema d’arredi di facile pulizia e accatastamento, per un uso a rotazione, con diversi turni.

PISA, Liceo F.Buonarroti TESI DI LAUREA_2018 (Maddalena Nanni)

PISA, Liceo F.Buonarroti TESI DI LAUREA_2018 (Maddalena Nanni)

Fig.4.16_PERUGIA, Scuola Carducci-Purgotti LAB_ARCH 3_2017 (Matteo Piccolroaz)