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QUOTIDIANO • DIRETTORE RESPONSABILE: RENZO FOA • DIRETTORE DA WASHINGTON: MICHAEL NOVAK CONSIGLIO DI DIREZIONE: GIULIANO CAZZOLA, GENNARO MALGIERI, PAOLO MESSA

Come è cambiata l’America con l’arrivo della Palin

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di e h c a n cro

Comunque vada il 4 novembre, il “fattore Sarah” è irreversibile

di Ferdinando Adornato

di Michael Novak gni volta che ascolto Sarah Palin rivolgersi ad una folla sempre più entusiasta e numerosa, sento la voce dell’America. È una cosa che ho potuto constatare in più occasioni: qualche giorno fa parlando con l’impiegata di una banca della piccola città dell’Iowa nella quale è cresciuta mia moglie Karen; sentendo i commenti di mio nipote che va a scuola nella stessa città, e - poche settimane prima - partecipando alla festa di compleanno per gli 80 e passa anni di una mia zia della Pennsylvania occidentale. Nei discorsi dei presenti c’era un misto di grande cortesia e forte preoccupazione; erano in tanti a parlare in modo simile a Sarah Palin. Lo stesso stomaco. Lo stesso modo di sentire. Lo stesso istinto. Lo stesso senso dell’America. segue a pagina 14

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LA CRISI AGGREDISCE CONSUMI E OCCUPAZIONE

Finora il governo ha salvato le banche Ora è urgente tutelare le famiglie

Recessione! Tutto quello che ci aspetta nei prossimi mesi e cosa bisogna fare per difendersi alle pagine 2, 3, 4 e 5

Oggi a Milano Geronzi apre l’assemblea annuale

Come cambia l’Italia con Mediobanca berlusconiana di Giancarlo Galli ggi Mediobanca celebra l’annuale assemblea. Data importante e carica di suggestione per l’establishment finanziario ambrosiano: a pretendere di fissarla in questa giornata fu, sin dal 1946, il fondatore Enrico Cuccia, autentico antifascista. Intendeva assieme agli amici del Partito d’Azione (da Adolfo Tino a Ugo La Malfa), fare uno sberleffo al fascismo della Marcia su Roma. Ed anche prendere le distanze da Roma-capitale, nonostante l’Istituto dipendesse dall’Iri, attraverso le tre banche di interesse nazionale: Commerciale, Credito Italiano, sino al recalcitrante Banco di Roma.

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La scuola e l’immagine del governo

Parte il dibattito sulla legge elettorale

Libano, Francia, Gb e Paesi arabi contro Washington. Che non commenta

Il premier e la guerra dei sondaggi

Alla Camera il fronte delle preferenze

Raid americano su Damasco l’ultima forzatura di Bush

di Francesco Capozza

di Franco Insardà

Secondo uno studio di Renato Mannheimer, il governo Berlusconi nell’ultima settimana avrebbe perso il 20% dei suoi consensi. Ma Nicola Piepoli dice: «A me risulta il contrario».

È cominciato ieri alla Camera il dibattito sulla riforma della legge elettorale in vista della competizione europea del prossimo anno. In ballo ci sono le preferenze e lo sbarramento al 5%.

Il raid americano, che ha colpito una cittadina siriana facendo otto morti (civili per la Siria e militanti di al Qaeda secondo gli Stati Uniti), sta creando un polverone internazionale a pochi giorni dalle elezioni presidenziali Usa.

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MARTEDÌ 28 OTTOBRE 2008 • EURO 1,00 (10,00

di Francesca Milani

CON I QUADERNI)

• ANNO XIII •

NUMERO

206 •

WWW.LIBERAL.IT

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• CHIUSO

IN REDAZIONE ALLE ORE

19.30


prima pagina L’alfabeto della recessione

pagina 2 • 28 ottobre 2008

Scenari. Dalla crisi Alitalia agli aiuti alle aziende, dal petrolio alla vigilanza sulle banche

Alitalia.

La decisione del governo di sostenere e promuovere una cordata italiana per salvare la compagnia di bandiera costerà una cifra tra i 2 e i 3 miliardi di euro (passività nella bad company), oltre ai danni per il consumatore derivati dalla restrizione del mercato. Per pagare la cassa integrazione sono state già triplicate le tasse d’imbarco all’intero sistema del trasporto aereo, mentre il partner estero non è stato ancora scelto. In più, la Ue sembra intenzionata a contestare il prestito-ponte di 300 milioni di euro, pretendendone la restituzione.

Borsa.

Secondo l’Fmi la crisi è già costata 1400 miliardi di dollari. Piazza Affari, negli ultimi 8 mesi, ha bruciato il 60% del suo valore, e l’emorragia non sembra fermarsi. La Consob ha deciso di vietare le vendite allo scoperto, forse tardivamente visto che il fenomeno ha interessato moltissimi istituti di credito, e spesso con volumi sospetti.

Confindustria.

Emma Marcegaglia ha chiesto alla Bce di tagliare i tassi d’interesse addirittura di due punti percentuali, guadagnandosi la reprimenda di Roberto Mazzotta sul Sole 24 Ore: «Gli industriali non bisogna mai ascoltarli quando chiedono qualcosa al governo e alle banche centrali». Ma il taglio arriverà comunque, anche se non sarà così ampio e in così breve periodo. Intanto, l’esecutivo ha fatto suo a parole il piano della Confindustria per fronteggiare la crisi. A viale dell’Astronomia attendono anche i fatti.

Detassazione

degli straordinari. È uno dei primi

Voce per voce, tutto quello che è successo e tutto quello che ancora ci aspetta di Alessandro D’Amato provvedimenti del governo per sostenere la produzione, e il ministero del Lavoro ha anche precisato in una circolare che potrà essere applicato ad ampio raggio, anche sui compensi collegati. Il problema è che con una recessione alla porte difficilmente le imprese saranno invogliate a produrre di più. E l’esecutivo ha detto no alla proposta del Pd di tagliare gli oneri fiscali sulla tredicesima.

stati dati l’ultima volta 3 anni fa e io in quell’occasione mi opposi – ha dichiarato ieri Renato Brunetta -. Questo sarà il mio atteggiamento anche adesso. Di aiuti alla Fiat non se ne parla». Nel frattempo, l’azienda tori-

stero dell’Economia si sta presentando a una riedizione della legge, ma stavolta senza rischiare la polemica con Bruxelles. Anche altri paesi europei sarebbero dello stesso avviso.

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edge Funds. Il ministro

Tremonti ha chiesto restrizioni alla loro azione, guadagnandosi l’ennesima reprimenda del Financial Times (che l’ha soprannominato “la locusta italica”): «Le dichiarazioni di Tremonti non finiscono mai sui sulle prime pagine dei giornali italiani, forse per una decisione caritatevole nei confronti dell’ennesima sparata dell’ex commerciali-

Euribor.

Il tasso che le banche applicano fra loro per un prestito trimestrale sul mercato interbancario dei depositi, continua la sua discesa al di sotto della soglia del 5% (ieri è arrivato al

Tutto è cominciato con la detassazione dell’Ici e degli straordinari: forse il governo avrebbe potuto usare quelle risorse per contrastare le difficoltà in arrivo. La compagnia di bandiera e gli istituti di credito hanno fatto il resto 4,91% dal 4,92% di venerdì), come auspicato da Draghi. Una delle rare buone notizie, anche se la discesa dovrebbe essere più rapida per poter parlare di emergenza finita. Anche il Libor, il corrispettivo statunitense, ha cominciato a calare.

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iat. Il governo ha annuncia-

to incentivi alla rottamazione dell’auto e degli elettrodomestici, ma la Confindustria si è messa di traverso, chiedendo aiuti per tutti e non soltanto per alcuni. «I soldi alla Fiat sono

nese ha per bocca del suo presidente Luca Cordero di Montezemolo e dell’amministratore delegato Fausto Marchionne, confermato l’utile netto a 2,4-2,6 miliardi. Ma in Borsa il titolo continua a soffrire.

Golden Share.

La sua abolizione a causa delle regole Ue lascerebbe scoperte Eni, Enel e Finmeccanica, aziende pubbliche quotate dove lo Stato possiede meno del 30% e il flottante in Borsa è piuttosto alto. Per questo ai piani alti del mini-

sta, o forse perché semplicemente queste non fanno più notizia».

Indici Ocse.

“Growing Unequal”, l’ultimo studio dell’associazione parigina, fa sapere che negli ultimi anni in Italia si è pesantemente aggravato il divario tra ricchi e poveri. La disuguaglianza economica è cresciuta del 33 per cento dalla metà degli anni Ottanta a oggi, contro una media Ocse del 12 per cento. Un dato sul quale hanno inciso pochissimo le re-

centi misure adottate a favore dei più poveri, che pure gli autori del Rapporto elogiano, sottolineando come solo tre Paesi Ocse, tra i quali appunto l’Italia, negli ultimi 10 anni abbiano varato misure per sostenere i redditi più bassi. Ma le misure non hanno inciso nel dato di fondo: «I ricchi hanno beneficiato maggiormente della crescita sociale rispetto ai poveri o alle classi medie».

Lehman Brothers.

Il terremoto causato dal fallimento della banca d’affari ha danneggiato le posizioni di oltre una settantina di polizze index linked collocate da svariate compagnie italiane, per un totale di 1,6 miliardi di euro. Il fondo di garanzia del governo dovrebbe ovviare ai rischi di forti perdite per i risparmiatori italiani, ma la copertura è ancora un’incognita.

Maastricht.

«Il rapporto deficit-pil del 3% deciso a Maastricht appare lontano nel tempo. Oggi con la crisi in atto il dibattito è aperto a livello europeo», ha dichiarato ieri il ministro Renato Brunetta. E in effetti la Commissione Ue ha ammesso per la prima volta di essere pronta a tollerare che, «viste le circostanze eccezionali», gli stati di Eurolandia che per colpa della burrasca si ritrovino con un deficit «temporaneamente al di sopra del 3% del Pil». Resta da vedere se la tolleranza sarà estesa anche ai paesi più in difficoltà, e in che misura.

Nuova Bretton woods.

È un ordine economico mondiale che certifica la fine della supremazia del dollaro e una rivalutazione a livello mondiale dell’euro: ne hanno parlato in molti, tra cui Loren-


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Qui accanto, un supermercato vuoto: immagine drammaticamente ricorrente in queste settimane. In basso, da sinistra a destra: Giulio Tremonti, Emma Marcegaglia, Raffaele Bonanni, Silvio Berlusconi, Roberto Colaninno e Guglielmo Epifani

zo Bini Smaghi: «C’è un ruolo per una Europa più forte, per disegnare con gli Usa delle regole che anche loro accettino». Ma Tremonti non è d’accordo: «Ci vuole una pace di Westfalia. Bisogna trovare un assetto diverso, ma va messo in mezzo un trattato».

Opa.

La legge sull’offerta pubblica di acquisto sta per essere modificata, dopo una precisa richiesta avanzata da Lamberto Cardia, presidente della Consob, durante un’audizione in Senato. Si dovrebbe agire sull’obbligo di comunicazione alla vigilanza per il passaggio di pacchetti azionari.

Petrolio.

Ha cominciato una picchiata senza fine, dimezzando in poco tempo il suo prezzo al barile, ma non è una buona notizia. Perché il motivo non è il calo della dipendenza mondiale dall’oro nero, bensì il segno di una recessione in arrivo, per colpa della quale si produrrà di meno (e quindi servirà meno energia). In più, l’Opec ha cominciato a ricorrere ai tagli alla pro-

duzione, per sostenere il calo del prezzo. Il rischio è che il prezzo sia comunque più alto di quello che il mercato ritiene giusto, infilando il tutto in una spirale ribassista.

Quote Co2.

L’Italia è nettamente contraria all’imposizione di target annuali di riduzione di emissioni di gas serra per i settori non coperti dallo scambio di quote di Co2 previste dal Trattato di Kyoto, co-

Ambiente, fondi sovrani e “opa” sono le nuove emergenze: come si orizzonta la gente comune in questa giungla? me trasporti, rifiuti, agricoltura, riscaldamento e raffreddamento domestico, specialmente in un momento di crisi come questo, nel quale alle imprese potrebbe costare caro l’adeguamento. I Ventisette in Lussemburgo hanno dato il via li-

bera all’inclusione del trasporto aereo nel sistema.

Robin Hood Tax.

Era uno dei provvedimenti su cui il governo puntava di più: tassare i ricchi (petrolieri, banche e assicurazioni) per ridistribuire (limitatamente) ai poveri, attraverso la Social Card che avrebbe dovuto sostenere anziani ed indigenti. Purtroppo la crisi ha costretto a un cambio di ruolo: ora gli istituti di credito sono costretti a chiedere aiuto all’esecutivo, e di superprofitti non si parla più.

Sovereign Funds.

I fondi sovrani, visti come il fumo negli occhi in Germania, non godono di grande popolarità nemmeno in Italia, visto che secondo il governo c’è il rischio concreto che qualcuno di essi, approfittando delle difficoltà, si lanci in qualche acquisizione di aziende ritenute strategiche. Un pericolo che però verrebbe soltanto dall’estremo oriente, visto che il ministro Franco Frattini ha invece chiesto ai fondi arabi di entrare nel capitale delle imprese

italiane. Intanto, la Libia ha guadagnato un posto nel cda di Unicredit e sembra in procinto di fare lo stesso in Telecom.

Tasso di cambio.

Ieri per la prima volta quello tra euro e dollaro è sceso sotto quota 1,24 tornando ai livelli dell’aprile 2006. Bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno, dipende dall’ottica con cui si guarda: se è vero che l’euro forte disincentivava le nostre esportazioni, esso funzionava comunque da calmiere per la bolletta energetica. Con il prezzo del petrolio in calo, in ogni caso, forse questa può essere catalogata tra le buone notizie.

Unicredit.

È la prima banca italiana ad aver aderito agli swap approntati da Bankitalia per offrire titoli di Stato italiani e tedeschi in cambio di titoli non stanziabili nelle operazioni di politica monetaria: un modo che consente agli istituti di credito di approvvigionarsi non solo di titoli che possono utilizzare come garanzia per altre operazioni, ma anche

di fondi aggiuntivi in grado di aumentare la loro liquidità. Intesa San Paolo e Monte dei Paschi di Siena hanno invece dichiarato di aver effettuato l’operazione soltanto allo scopo di “provare”la procedura. Dopo la prima asta, comunque, la seconda è andata deserta.

V ig il a n z a ba nc a r ia .

Nel decreto legge approntato in tutta fretta dal Consiglio dei Ministri legge per garantire la stabilità del sistema creditizio: non è chiaro nemmeno se l’intervento dello Stato arriverà soltanto dietro richiesta degli istituti, oppure su segnalazione della Banca d’Italia, accertato che la banca è patrimonialmente inadeguata. Non è nemmeno chiaro se la soglia di Tier 1 rimarrà il “vecchio” 6%, oppure verrà innalzata all’8%, mentre già da oggi sembra pacifico che in cambio dell’entrata nel capitale il ministero chiederà di finanziare adeguatamente l’economia italiana, di fatto interferendo nell’allocazione delle risorse e nella gestione aziendale.


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L’inchiesta. Boeri, Campiglio, Sapelli: i consigli degli economisti al governo

Ora, giù le tasse davvero Non solo aiuti alle banche: ci vuole un prestito a fondo perduto per le famiglie in difficoltà di Riccardo Paradisi nnunciata, temuta, attesa, la recessione infine è arrivata. La Borsa continua a precipitare, il listino di Milano ha chiuso in calo del meno 4,5% senza che le voci sui tagli ai tassi di interesse da parte della Bce siano riusciti nemmeno ad attutire il colpo. La crisi del resto sta già intaccando da settimane la cosiddetta economia reale riflettendosi su occupazione, consu-

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stenere le famiglie italiane che arrivano a indebitarsi non per acquistare l’auto nuova o per l’arredamento di casa ma per far fronte alla spesa alimentare? Che cosa dovrebbe fare il governo per impedire l’avvitamento dell’economia nazionale e il suo collasso?

La misura più urgente che dovrebbe essere adottata secondo Luigi Campiglio, docente di Po-

Giulio Sapelli: questa crisi nasce dall’eccesso di debito, per questo occorre ripartire da una sanatoria del debito delle famiglie mi e investimenti. Un sintomo tra gli altri parla da solo: le cliniche sanitarie, anche quelle che lavorano in regime di convenzione con l’Ausl, si aspettano sin dalle prossime settimane visite mediche ed esami diagnostici tagliati a causa della crisi. Insomma si comincia a risparmiare anche sulla salute. La recessione fa paura ovunque però: anche nei Paesi emergenti. Il Pil cinese è cresciuto del 9,9% nei primi tre trimestri dell’anno, un incremento elevato se confrontato con i valori negativi dei Paesi occidentali, ma inferiore ai tassi registrati negli anni passati.

Il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi d’altra parte aveva fotografato l’involuzione della crisi italiana già una settimana fa: «Gli effetti della crisi si sommano alle debolezze strutturali preesistenti», il risultato è che «calano i consumi delle famiglie perchè si riduce il reddito disponibile e le inchieste congiunturali rilevano pessimismo tra imprese e famiglie». Che fare? Come so-

litica economica presso l’Università Cattolica di Milano, è l’intervento diretto sulla crisi debitoria. «Le famiglie indebitate con il mutuo e quelle che non ce la fanno più ad arrivare a fine me-

se non possono essere lasciate sole. Questa del resto – continua Campiglio – è una crisi che nasce dal troppo debito che ha difficoltà a essere onorato sicché è naturale tamponare in prima istanza la falla principale. Certo così facendo si rischia una sanatoria anche per gli irresponsabili che si sono indebitati con eccessiva disinvoltura, ma sinceramente non vedo altre soluzioni». Immettere nuova liquidità nel sistema è una condizione necessaria ma non sufficiente però per garantire che il denaro arrivi dove ce n’è bisogno. «Occorre anche ridurre la pressione fiscale e in questo settore l’intervento sulle famiglie è prioritario rispetto a quello sulle imprese. Se le imprese infatti sono in affanno è perché le famiglie non riescono più a consumare».

Ecco allora la comparazione tra la situazione attuale e la grande crisi degli anni Trenta: «Se si guarda all’esperienza della grande depressione ci si accorge che chi ha abbandonato la gold standard, è uscito prima dalla crisi. Oggi la gold standard è il debito». Ultimo

A sinistra, Giulio Sapelli. Nella pagina a fianco: in basso, Luigi Campiglio; più a destra, Bruno Tabacci

ma non ultimo: «Si dovrebbe – secondo Campiglio – aumentare da 100 a 200 mila euro il fondo di garanzia dei depositi. Uno degli strumenti che ha dato fiducia alle famiglie americane negli anni della grande depressione e che potrebbe darne oggi agli italiani depressi». In effetti il piano di sostegno alle banche come scrive l’economista Tito Boeri sulla Voce.Info potrebbe incontrare l’ostilità dell’opinione pubblica, per le ingenti risorse pubbliche dirottate verso un sistema che

negli ultimi dieci anni ha realizzato enormi profitti e che viene percepito a torto o ragione all’origine della crisi. «Per questo – secondo Boeri – occorre aumentare la concorrenza nel sistema bancario per ridurre i costi e migliorare i servizi e parallelamente prevedere un programma di aiuto temporaneo per famiglie in difficoltà con le rate del mutuo». Ma esistono anche gli spazi per le riduzioni fiscali nei confronti di chi percepisce bassi salari: «L’attuale mancanza di fiducia

Il commissario europeo all’Economia prevede che «entro un anno le nubi della crisi si diraderanno»

Le Borse crollano, ma Almunia è ottimista Malgrado la crisi afferri la gola delle borse internazionali il commissario europeo agli Affari economici, Joaquín Almunia mostra un certo ottimismo: «Per l’economia mondiale non sono certo tempi felici – ha ammesso – ma non serve neanche lasciarsi vincere dal pessimismo. Il sistema finanziario cambierà e da qui a un anno circa, la tempesta dovrebbe diradarsi». Come? Cambiando prospettiva, spiega Almunia: «Non possiamo tornare ad una situazione nella quale gli interessi reali siano negativi. Questo può portare ad un eccessivo indebitamento, ad una minore percezione del rischio e a nuove bolle che finiscono sempre con lo scoppiare sulle nostre facce. Bisogna migliorare la regolazio-

ne finanziaria, il coordinamento tra i controllori e i supervisori oltre alla vigilanza dei rischi per la stabilità finanziaria». Un tentativo di guardare avanti in un’altra giornata nera per i mercati azionari europei, in scia sul crollo delle borse asiatiche, Parigi -2,44%, Madrid -4,63%, Zurigo -4,65%, Francoforte - 3,65%, Londra -3,32%, mentre Piazza affari registra un Mibtel in calo del 3,58%. I titoli più colpiti sono quelli bancari, ma anche Fiat (-9,56%), Telecom (-6,08), Eni (-4,22%), Enel (-4,52%). Ieri Almunia ha anche affrontato la questione dei fondi sovranni: «Sono un fattore importante per incanalare capitale nelle mani di Stati con grandi attivi

esteri verso quelle imprese e quei Paesi che necessitano di questo capitale». Ma poi ha aggiunto che l’idea avanzata da Sarkozy non ha a che vedere con questo tipo di fondi: «Più che altro mi sembra si tratti di incanalare denaro pubblico francese per rafforzare la posizione di aziende francesi». Il primo ministro britannico Gordon Brown invece ieri ha affermato che la rapida riduzione delle pressioni inflazionistiche grazie al crollo del prezzo del greggio potrebbe indurre le principali banche centrali a nuovi interventi sul costo del denaro. «L’inflazione calerà nel corso dei prossimi mesi e questo dà spazio alla Banca d’Inghilterra di adottare nuove decisioni».


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La politica di Tremonti e Berlusconi secondo Tabacci

«Ici e straordinari: che errori, Robin Hood» colloquio con Bruno Tabacci di Susanna Turco

deriva anche dalla convinzione che la crisi si propagherà ora alle imprese e alle famiglie spingendoci verso la trappola della deflazione».

Le deduzioni fiscali sui redditi bassi hanno il vantaggio di agire su entrambi i lati, della domanda e dell’offerta: «Incrementano la domanda perché sono rivolti alle famiglie con la più alta propensione al consumo e incrementano l’offerta perché

che è necessario aumentare la marginalità nella concessione del credito». Più che interventi diretti del governo però Sapelli pensa ad «accordi tra i produttori e la distribuzione per accorciare la filiera. Su piccola scala si dovrebbe fare in modo di diminuire il carico fiscale e aumentare gli assegni famigliari. Ma io non credo molto a una politica governativa di aiuto diretto alle famiglie. Punterei più sugli

Luigi Campiglio: ridurre le tasse è rischioso. Servirebbe un po’ di inflazione per evitare che a stagnazione si aggiuga deflazione

inducono le persone a lavorare di più senza aumentare il costo del lavoro per le imprese». Sulle banche non è tenero nemmeno Giulio Sapelli, docente di storia economica all’Università di Milano: «Gli istituti di credito devono capire che gli alti profitti dei rendimenti speculativi che si aggirano intorno al 17% devono finire, che è normale tornare all’8%. E devono anche capire

accordi tra Confagricoltura e catene della grande distribuzione». Col debito pubblico che abbiamo, invece abbassare le tasse, secondo Sapelli sarebbe un rischio. «Servirebbe semmai una leggera ripresa dell’inflazione, perché se a questa stagnazione sia aggiunge la deflazione siamo davvero nei guai». Che non è una bella prospettiva.

ROMA. Bruno Tabacci, secondo lei il governo Berlusconi ha fatto abbastanza in questi mesi per tutelare la gente normale? No, ovviamente. E in questi giorni mi colpisce una ciclicità: nel 1994, dopo dieci mesi che ce la raccontava che saremmo diventati tutti più ricchi, il Cavaliere litigò con la Lega e se ne tornò a casa. Nel 2001, le Torri Gemelle, Al Qaeda, eccetera. Nel 2008, dopo pochi mesi di governo, il crollo delle borse mondiali e la prospettiva di tre anni di recessione. Veramente un fenomeno, questo Berlusconi. Sta dicendo che porta sfortuna? Mi riferisco ai fatti, alle coincidenze. Noto soltanto che in questi anni i fatti suoi Berlusconi li ha risolti tutti, quelli dei cittadini no. E adesso? Dopo che lui ha assicurato per l’ennesima volta che saremo tutti più ricchi e più sereni, ci ritroviamo con una valanga di effetti negativi per la gente normale. Perché qui si va verso una fase duramente recessiva che coinvolge i più deboli, mentre i più forti se la caveranno sempre. Esaminiamo alcune delle iniziative prese in questi mesi dal governo. Il taglio dell’Ici? Toglierla ai più ricchi non aveva nessun senso. Ma l’aveva promesso in campagna elettorale. E chi se ne importa, aveva anche promesso che saremmo stati tutti meglio. L’Ici è una sberla da 2.3, se si fosse utilizzata per ridurre la pressione fiscale ai redditi più bassi o incrementare le pensioni, oppure per trovare il modo ad esempio di incidere fiscalmente sui salari più bassi... Detassazione degli straordinari. Quella non ha avuto effetti pratici. Di questi tempi, che straordinari fai? Devi andare in cassa integrazione, altro che straordinari. Tra un po’ pare che non ci saranno i soldi nemmeno per quella. Robin Hood-Tremonti aveva previsto di attaccare le banche, che invece sono in ginocchio, e i petrolieri, e invece da quest’estate a oggi il petrolio è passato da 148 a 64 dollari al barile. Circostanze imprevedibili. Ma lui è lo stesso che prima ha inventato le cartolarizzazioni, e poi ci ha detto che aveva previsto i disastri della finanza creativa. E la finanziaria? Il primo Dpef era impostato sulla crescita. Sulla crescita che non c’è. E tra un po’ bisognerà registrare minori entrate e maggiori uscite nei bilanci dello Stato. Conseguenza dei tagli? I tagli lineari annunciati dal governo sollevano

problemi. Se tratti nello stesso modo tutto ciò che, per esempio, riguarda la scuola, finisci non solo per eliminare corsi di laurea inutili, ma anche per bloccare la ricerca e colpire indiscriminatamente anche ciò che è vitale. La verità è che quello sulla pubblica amministrazione è tutto un lavoro fatto in superficie. E perché, secondo lei, è così superficiale? Perché è più facile, fare i mega spot è più facile. Ma se tu mandi tremila militari in più in giro, per farsi fare le foto coi ragazzini, e nel contempo non rinnovi il contratto per ottomila poliziotti precari, mi dici dove sta il punto? Col decreto Alitalia, almeno... I poveri disgraziati potranno pagare di più i voli Roma Milano. No, guardi, un disastro anche qui. E i sostegni dati alle banche? Quella è l’unica cosa che gli è andata bene, perché non c’è stanziamento, non c’è una lira in quel decreto, hanno solo detto che se c’è un problema si interviene. Secondo lei perché il governo ha tardato tanto a capire che la situazione si faceva difficile? Perché non sono fortunati. Si è sottovalutata la crisi, e credo che ancora oggi non ci sia la percezione della sua gravità. Veltroni ha detto che quelle poche risorse che aveva, Berlusconi le ha usate male. Non c’è dubbio che sia così. L’ha fatto anche con la superficialità di dire stiamo soli, chi se ne frega dell’opposizione. Il problema del coinvolgimento è stato sistemato con una decina di voti di fiducia abbinati ad altrettanti decreti. Cosa avrebbe dovuto fare, allora? Bisognava davvero coinvolgere l’opposizione, percepire l’emergenza e dare il senso di una unità vera del Paese, senza pasticci. Sul piano pratico, come dicevo, si poteva agire sui salarei attraverso la leva fiscale, bastava intervenire lì. Se c’era da fare una azione straordinaria in Europa, era quella sulle grandi opere. E si sarebbe dovuto combattere il sommerso in maniera reale. Invece l’evasione aumenta. Non c’è dubbio. Non sono stati introdotti i meccanismi degli incroci, del contrasto di interesse che andrebbero utilizzati in un nuovo sistema fiscale. Le tasse stanno aumentando? Se facciamo la somma tra i costi e le tariffe non c’è dubbio. Gli enti locali aumenteranno il prezzo dei servizi, perché non hanno più l’Ici.Tutto costerà di più. Questo l’ha detto anche Veltroni. L’ha detto dopo di me, ma ne ho piacere: faccio scuola.

Puntavano su banche e petrolieri, ma i fatti gli hanno già dato torto: le prime sono in crisi e il greggio è sceso da 148 a 64 dollari al barile


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politica

Poteri. Oggi a Milano l’assemblea generale di Mediobanca per sancire la svolta filo-governativa

L’Italia della banca berlusconiana di Giancarlo Galli

d i a r i o segue dalla prima Milano ha sempre nutrito un particolare affetto per Mediobanca, secondo solo a quello per il Duomo e la Madonnina. Infatti l’Istituto, la prima banca d’affari italiana in assoluto per mezzo secolo (sino alla morte di Cuccia, nel Duemila a 93 anni), ha costituito il perno inagirabile, nel bene e talvolta nell’azzardo, di tutte le principali operazioni finanziarie e industriali del Dopoguerra. Con vocazione internazionale. Cuccia, pur a libro-paga dell’Iri, orgoglioso della propria indipendenza politica, si battè duramente (con il ministro Mario Scelba, poi con Giulio Andreotti ed Emilio Colombo), per sottrarsi ad ogni condizionamento. Nel 1956 gli riuscì di privatizzare, portando nell’azionariato francesi e tedeschi, nonché le star nel nostro capitalismo. Quelli del “miracolo economico”: Agnelli e Pirelli in primis. Quindi i De Benedetti, i Gardini, i Marzotto, Eugenio Cefis. «Ciò che Cuccia vuole, Dio lo vuole», sosteneva Gianni Agnelli. E attorno al tavolo dello gnomo, piccolo di statura, gli occhi da serpente incantatore, si ritrovava il fior fiore dell’imprenditorialità del Nord. Dettaglio non trascurabile: Cuccia era venuto alla luce a Roma (1907) da genitori siculi. La Malfa senior era isolano, Tino avellinese; ciò nonostante, dopo essersi istallati a Milano sin dall’Anteguerra, ritenevano che solo l’imprenditorialità nordista avrebbe potuto trascinare il Paese verso l’Europa.

Finché ebbe il bastone del comando, regolarmente Cuccia ammoniva i suoi azionisti e consiglieri: tenetevi lontani dai giornali e dalle case da gioco… Per un breve periodo, all’inizio degli anni Novanta, di fronte alla crisi della lira e al dilagare del giustizialismo di Antonio Di Pietro, mostrò simpatie (presto rientrate) per il leghismo, non escludendo un separatismo che avvicinasse la Lombardia e la Padania alla Baviera.Vicende antiche, in buona misura dimenticate, sepolte in rare biografie. Che invece sarebbe opportuno rivisitare, in quanto gli archivi sono spesso ricchi di insegnamenti. Ad esempio: l’incontro del 1994 con Silvio Berlusconi, sul punto di tuffarsi in politica fondando Forza Italia. Cuccia lo definì un “teatrante di talento”. Chissà cosa direbbe oggi “don Enrico”, così ribattezzato in quanto ritenuto l’assistente spirituale di un capitalismo che faticava a decollare, liberandosi dai lacci dell’opportunismo autarchico, delle ideologie. Cattolicissimo e devoto (messa e comunione quotidiane), Cuccia era un giansenista che mal

d e l

g i o r n o

Bolzano, alle provinciali exploit degli autonomisti Il Partito popolare sudtirolese (Svp) perde la maggioranza assoluta alle provinciali di Bolzano. Al termine degli scrutini delle 488 sezioni la Südtiroler Volkspartei ha raccolto il 48,1 per cento dei voti, -7,5 rispetto al 2003, lasciando sul campo anche tre seggi. Al secondo posto con il 14,3 per cento si piazzano gli autonomisti dei Freiheitlichen che hanno quasi triplicato i consensi e portato da due a cinque i seggi. Terzo partito dell’Alto Adige e primo degli «italiani», il Popolo della libertà con l’8,3 per cento ma con un risultato inferiore alla somma dei voti di Forza Italia e An. Il Pdl però è il più votato a Bolzano città con il 24,8 per cento, dove nel 2003 la sola An aveva il 25,8. Il Partito democratico raggiunge il 6 per cento, i Verdi il 5,8 per cento, la Südtiroler Freiheit, della “pasionaria” Eva Klotz (nella foto), il 4,9 per cento, la Lega Nord il 2,1 e Unitalia l’1,9 per cento.

Vibo Valentia, sigilli all’ospedale Jazzolino

sopportava l’invadenza dei cattolici in campo finanziario, poiché avevano prodotto i Sindona, i Calvi, i Marcinkus. Mai parlava di etica, eppure mai comprò un’azione né si concesse stock-options; morì in semi povertà (una villetta amena, sul Lago Maggiore, dove è sepolto). Gli piacevano abiti di sartoria, ma un giorno disse a Caraceni: «Non posso più permettermelo».

Stamane, gran cerimoniere dell’assemblea ordinaria e straordinaria di Mediobanca, col titolo che in Borsa è calato da quasi 19 euro a poco più di 8, pur distribuendo un cospicuo dividendo, sarà il romanissimo Cesare Geronzi. Intenzionato

Il nuovo asse Geronzi-Tremonti mette fine davvero all’era-Cuccia, quando l’Istituto si batteva con ogni arma per mantenersi autonomo dalla politica (come m’ha confidato in un colloquio per il mio saggio in prossima uscita da Garzanti intitolato Nella giungla degli gnomi) ad essere il “banchiere del sistema”. Come? In sintonia col superministro Giulio Tremonti del quale è divenuto incondizionato ammiratore e supporter; e abbracciando la Famiglia Berlusconi. Una Mediobanca che riaccarezza le stagioni del non troppo compianto Iri, insomma. Soprattutto se chiama a raccolta il “capitalismo delle famiglie”. Ennio Doris di Mediolanum, socio di Berlusconi, e la stessa predi-

letta figlia del Premier, Marina Elvira, già ai vertici di Fininvest e Mondadori. Poi l’intera famiglia Ligresti, un Marco Tronchetti Provera tornato all’ovile, dopo la poca felice avventura di Telecom.

Inutile andare per il sottile, discettare sulle quote azionarie: tramite Cesare Geronzi, sia pure in forma sofisticata, Mediobanca si sta trasformando in Banca berlusconiana. Che sia un bene o meno, sarà il tempo a dirlo. Comunque, l’influenza è indubitabile, favorita dalla delicatissima posizione in cui sono venuti a trovarsi due storici avversari del Cavaliere. Il dominus di Intesa San Paolo, Giovanni Bazoli, ed il regista di Unicredit Alessandro Profumo che forse troppo avevano puntato su Romano Prodi, sono in grave difficoltà di relazione. Profumo inoltre vede il suo titolo precipitare in Borsa, nonostante l’accordo che segna il massiccio ingresso dei libici nel capitale, e la sua poltrona è considerata a rischio. Unicredit, da maggior azionista di Mediobanca, si è opposto sino all’ultimo, ma con scarso successo, alle riforme che assegneranno, dopo l’approvazione di oggi, ancora maggiori poteri a Geronzi. Quanto a Bazoli, pare entrato in un cono d’ombra, col suo braccio destro Corrado Passera, avvicinatosi a grandi falcate a Berlusconi, patrocinando l’operazione Cai-Alitalia. Cosa rappresenta Mediobanca? È ancora come nell’Era Cuccia, il fiore all’occhiello dell’imprenditorialità del Nord o non piuttosto la longa manus di un potere politico vieppiù centralista, al momento targato Berlusconi-Tremonti? Chissà se stamane qualcuno oserà alzare la mano in assemblea a proporre l’interrogativo.

Tre reparti dell’ospedale civile Jazzolino di Vibo Valentia (Ortopedia, Immunoematologia e Pronto soccorso) sono stati sequestrati ieri su esecuzione di un provvedimento di urgenza emesso dalla Procura vibonese. L’intervento di sequestro, effettuato dai carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia, dal Noe di Reggio Calabria e dai Nas di Catanzaro, si è reso necessario a causa delle «gravi inadeguatezze evidenziate nel corso delle precedenti ispezioni e mai sanate». Contemporaneamente i carabinieri stanno notificando 33 avvisi di garanzia nei confronti di medici, dirigenti e responsabili di settore dell’ospedale civile.

Unipol: i danni dell’operazione-Consorte L’operazione di dismissione immobiliare, coordinata da Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti, poteva fruttare di più per l’Unipol e quindi ha fatto registrare un danno per la compagnia assicurativo-bancaria. Sono state queste, in sostanza, le conclusioni degli avvocati di parte offesa, nel procedimento a carico degli ex vertici di Unipol, dell’immobiliarista Vittorio Casale, e altre tre persone, a seconda delle posizioni, per i reati di appropriazione indebita e illecito di infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità, in relazione alla dismissione di parte del patrimonio immobiliare del gruppo di via Stalingrado.

Nuovi sbarchi a Lampedusa Sono circa 400 gli immigrati intercettati nella notte al largo dell’isola di Lampedusa. A bordo di uno dei due barconi, intercettati a circa 50 miglia dall’isola siciliana, si trovavano almeno 260 persone tra cui quattro donne e altrettanti bambini, mentre nella seconda imbarcazione viaggiavano 133 persone. Nella stessa giornata di ieri altri 150 immigrati sono stati avvistati dalla guardia costiera, che si aggiungono ai 130 arrivati sabato.

Gli studenti contestano il ministro Alfano Alcuni studenti che hanno interrotto la lezione magistrale sul giusto processo da parte del ministro Angelino Alfano, all’università Kore di Enna, sono stati bloccati dalle forze dell’ordine e condotti fuori dall’aula magna. L’intervento degli investigatori è stato applaudito dagli studenti presenti. I contestatori sono entrati in aula scandendo lo slogan «vergogna, non si tocca la Costituzione» e c’è stato, ma inutilmente, il tentativo di srotolare un manifesto. Al quel punto le forze dell’ordine sono prontamente intervenute e hanno condotto fuori dall’aula i manifestanti tra un battimano dei presenti. Il ministro ha subito detto di essere «francamente abituato a un film già visto e in parte atteso».


politica ROMA. Cala o non cala la fiducia degli italiani nel governo? Stando ai dati resi noti domenica dall’Istituto Ispo di Renato Mannheimer, sembrerebbe di sì, e anche di molto. Secondo il sondaggio di Mannheimer, pubblicato sul Corriere della Sera, l’esecutivo guidato da Silvio Berlusconi avrebbe perso consensi per essere stato incapace di gestire le manifestazioni di studenti e docenti contro il decreto Gelmini. Se a settembre il governo godeva di un quasi “bulgaro” 60% di consensi, oggi la maggioranza deve fare i conti con un grave calo di gradimento che supera di poco il 40%. Il trend negativo, però, non ha portato dei risultati positivi al Partito Democratico che non ha saputo cogliere il momento per rafforzarsi. Saranno le liti all’interno del Pd o la rottura con l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro che fanno calare dal 36% i giudizi favorevoli a un misero 29%.

Numeri. Secondo Mannheimer l’esecutivo perde consensi; secondo Piepoli no

La scuola porta il governo alla guerra dei sondaggi di Francesco Capozza

Per cercare di capire meglio questo sondaggio e se la luna di miele di Berlusconi con l’elettorato sia finita, o quanto meno sia da registrare un’inversione di tendenza rispetto ai mesi scorsi, liberal ha voluto fare un giro d’opinione tra i maggiori sondaggisti italiani partendo, ovviamente, da Renato Mannheimer. «La ricerca è stata effettuata giovedì scorso» ci rivela Mannheimer ed «è troppo presto per capire sia possibile parlare di inversione di tendenza. Una cosa è certa: il consenso perso dal governo non è stato conquistato dal Pd che, anzi, cala anch’esso di tre punti percentuali rispetto alla mia ultima rilevazione, scendendo per la prima volta sotto il 30%». Non bisognerebbe però sottovalutare che giovedì

«Famiglia crisitiana»: Gelmini ritiri il decreto

La scuola resta in piazza ROMA. Cortei, occupazioni

L’appello di Berlusconi, che annunciava l’uso della polizia per bloccare le occupazioni degli istituti, avrebbe pesato su un calo di fiducia dal 60 al 40%. Ma il Pd non ne sa approfittare scorso rimbombava ancora nei padiglioni auricolari degli italiani il monito (poi smentito) berlusconiano «manderemo le forze dell’ordine nelle università per sedare le manifestazioni» e, quindi, è anche possibile che gli intervistati dal team di sondaggisti di Renato Mannheimer sia stato ancora impressionato da questa forzatura del premier. Di questo avviso, per esempio, è Antonio Noto, amministratore delegato dell’istituto Ipr Marketing, che ha tra i suoi maggiori committenti il quotidiano La Repubblica: «Bisogna capire co-

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me è stata posta la domanda, certo è che le dichiarazioni di Silvio Berlusconi è possibile che abbiano lasciato un segno – non si può dire se momentaneo o meno – negli italiani. Tuttavia il dato potrebbe essere stato alterato dal momento; è un po’ come se uno va a fare delle analisi cliniche con l’influenza: per forza di cose i risultati saranno sfalzati rispetto alla normalità». Anche questa ipotesi è attendibile, tra l’altro proprio l’istituto diretto da Noto aveva fornito, non più di 10 giorni fa, a La Repubblica dei risultati molto in-

e iniziative “creative” come lezioni all’aperto o in diretta sul web. Si apre così, in tante città italiane, la settimana decisiva per il movimento che si oppone al decreto del ministro Mariastella Gelmini e che dovrebbe essere approvato definitivamente domani. A Roma, gli studenti hanno dato vita a un corteo cui hanno partecipato sia le organizzazioni di destra sia quelle di sinistra. Ma c’è anche chi “controprotesta” usando internet: sulle pagine di Facebook sono comparsi gruppi che si chiamano «Io voglio studiare» o «Occupate a casa vostra». Proseguono, comunque, le lezioni all’aperto organizzate dagli studenti: è succeso a Roma (anche di fronte al ministero dell’Istruzione) e a

Napoli, dove hanno preso il via le trasmissioni della web-tv degli studenti dell’Università orientale occupata. È trasmessa sul web anche la maratona di 24 ore di lezioni organizzata a Firenze dagli studenti del polo di Scienze, trasmesse in diretta dal dipartimento di matematica Ulisse Dini. Maratona simile anche alla facoltà di sociologia di Trento e lezioni all’aperto pure a Bari, nella centrale piazza Umberto. Intanto, è arrivata una significativa presa di posizione di Famiglia cristiana. «Il bene della scuola (ma anche del Paese) richiede la sospensione o il ritiro del decreto Gelmini», invoca il settimanale cattolico nell’editoriale del prossimo numero intitolato «Non chiamiamo riforma un semplice taglio di spesa».

coraggianti per il governo: 62% di apprezzamento nei confronti del premier e un 52% generale per l’esecutivo.

«Ognuno di noi ha una metodologia diversa di interviste telefoniche e di valutazione delle risposte. Io, per esempio, seguo il metodo francese: porre domande secche con massimo 4 ipotesi di risposta» ci dice Nicola Piepoli, presidente dell’Istituto Piepoli. «Domani consegnerò al mio committente il mio ultimo sondaggio che, essendo in esclusiva, non rivelerò. Posso solo dire che la situazione rappresentata da Renato Mannheimer è, diciamo, piuttosto pessimistica rispetto alla realtà». Ma qualcosa Piepoli se lo fa sfuggire quando ci dice di non credere «che Silvio Berlusconi possa essere preoccupato. Mi richiami se ha delle informazioni che vanno contro questa mia affermazione». Siamo alle solite, quindi? I sondaggi vanno considerati per quello che sono, cioè una fotografia momentanea dell’opinione degli intervistati oppure il governo deve davvero correre ai ripari?


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politica

Riforme. La legge elettorale per le Europee da ieri alla Camera

Il fronte delle preferenze Mercoledì assemblea dei parlamentari di Udc, Pd, IdV e Movimento per l’Autonomia di Franco Insardà a difesa delle preferenze unisce Udc, Pd, Idv e Mpa. Mercoledì alle 13 presso la Sala della Regina della Camera dei Deputati, si legge nella lettera che pubblichiamo firmata da autorevoli rappresentanti dei vari partiti,“si riuniranno i parlamentari che condividono questa battaglia per concordare iniziative adeguate alla gravità della situazione”. La difesa delle preferenze per le elezioni europee è diventata ormai la madre di tutte le battaglie. Anche negli ambienti della Cei c’è di nuovo fermento . Già il 18 marzo in piena campagna elettorale politica l’allora segretario dei vescovi italiani, Giuseppe Betori, aveva dichiarato: «Il sistema di voto deve tornare a dare più democrazia a questo Paese ed è necessario che il prossimo Parlamento modifichi la legge elettorale, tornando a dare al cittadino la possibilità di scegliere i suoi rappresentanti. L’attuale sistema elettorale obbliga gli elettori cattolici ad un maggiore di-

L

posizione. Alla Festa dell’Udc di Chianciano Massimo D’Alema sottolineò con forza il punto di vista del Partito democratico. La manifestazione di sabato al Circo Massimo ha dato, infine, un’iniezione di fiducia al Pd che, alla vigilia della discussione alla Camera sulla legge, ha fatto intendere chiaramente le sue intenzioni. Walter Veltroni rivolgendosi al suo popolo ha detto chiaramente: «Noi vogliamo una legge elettorale che restituisca lo scettro ai cittadini, a cominciare dalla battaglia per mantenere il voto alle elezioni europee.

Dalle sortite isolate di ieri al fronte comune di oggi sul quale si sono ritrovati Udc, Pd e Italia dei Valori per resistere a oltranza contro la riforma della legge elettorale per le europee approdata ieri in Aula alla Camera e licenziata in commissione Affari costituzionali coi soli voti di Pdl e Lega che prevede, tra l’altro, l’abolizione delle preferenze e lo sbarramento al 5 per cento. «Il problema non è

Rocco Buttiglione: «C’è un disegno organico per indebolire il Parlamento e dare più forza all’esecutivo. Daremo battaglia per scongiurare questo pericolo» scernimento, in quanto non possono scegliere direttamente chi sarà eletto. La valutazione dovrà riguardare sia il programma che viene proposto che le persone presenti nella lista. E non si possono separare i valori, scegliendone qualcuno e rinunciando ad altri. Occorre soppesare invece l’insieme dei valori. Senza le preferenze concluse Betori - c’è un potere oligarchico di fatto». Sulle preferenze l’Udc quest’estate ha promosso una raccolta delle firme per la proposta di legge di iniziativa popolare per la reintroduzione del voto di preferenza per le elezioni politiche. E da allora il tema è diventato giorno dopo giorno più sentito dalle varie forze di op-

lo sbarramento - ha ribadito il presidente dell’Udc, Rocco Buttiglione - ma l’abolizione delle preferenze. Ci sono stati in Aula segnali positivi come gli interventi di Parisi e Vassallo del Pd. Dobbiamo contrastare il disegno organico che mira a indebolire il Parlamento per dare più forza all’esecutivo. Nel momento in cui il premier è eletto dai cittadini e sceglie i parlamentari della sua maggioranza il rapporto tra governo e Parlamento viene necessariamente modificato. Faremo ostruzionismo con tutti i mezzi che i regolamenti parlamentari ci mettono a disposizione per scongiurare tutto questo». E proprio sulle preferenze insiste Marina Sereni, vicepresidente dei de-

putati del Pd: «Ci batteremo perché sia abbassata la soglia di accesso dei partiti al Parlamento europeo e perché ci siano le preferenze. Chiediamo che la maggioranza torni nelle aule parlamentari per discutere e ascoltare l’opposizione, e non per decidere da sola».

Sul fronte del no, il Movimento per l’autonomia di Raffaele Lombardo. L’Mpa critica la decisione di aver limitato a dieci il numero delle circoscrizioni elettorali anzichè farle coincidere con le regioni e attacca sullo sbarramento al 5 per cento. La posizione del Movimento per le Autonomie non ha colto di sorpresa Maurizio Ronconi. L’esponente dell’Udc, infatti, si augura che: «La battaglia per le preferenze alle europee sarà il primo catalizzatore per un movimento politico moderato con solidi riferimenti alla storia della Dc e un modo per costringere all’emarginazione per i “partitini” del PdL che saranno costretti a rimanere piccoli per sempre. Ma Rotondi, Lombardo, Giovanardi e tutti gli altri non potranno non unirsi all`Udc per le preferenze. E da cosa nascerà cosa». Ieri ha fatto sentire la sua voce anche l’ex presidente del Senato Franco Marini che sabato aveva sfilato con uno striscione “anti euro-porcellum” insieme con Rosy Bindi e che ha voluto sgombrare il campo anche da voci di divisioni all’interno del suo partito sulle posizioni da prendere. Anche se la maggioranza del Pd è convinta della battaglia, non sono mancate, nel chiuso delle stanze di Largo del Nazareno, alcune voci di dissenso per smentire le quali Marini dagli schermi di Youdem ha detto: «La battaglia a difesa delle preferenze va fatta con grande determinazione è necessario che il Pd faccia qualcosa per togliere di mezzo il sospetto che in realtà va bene l’eliminazione delle preferenze, perché è un sospetto che c’è, l’ho visto anche in Casini in occasione di un convegno». Per

Uniti contro la riforma Caro Collega, il proposito di modificare la legge per l’elezione del Parlamento europeo a maggioranza è inaccettabile. È una pretesa che contraddice in modo grave un impegno assunto da tutte le formazioni che si sono presentate davanti agli elettori appena sei mesi fa: le regole che valgono per tutti debbono essere modificate ricercando e realizzando un consenso che non si limiti alla maggioranza parlamentare del momento. E in questo senso anche l’attuale coalizione di governo aveva convenuto sulla necessità di inaugurare una stagione che metta al riparo le istituzioni e le regole elettorali, in quanto patrimonio di tutti. Invece, la maggioranza mostra di voler ignorare le opinioni e le posizioni espresse da tutte le opposizioni parlamentari, ma anche da alcune componenti della maggioranza, nonché da tutte le forze attualmente non rappresentate in Parlamento. È inaccettabile che a pochi mesi dall’inizio della campagna elettorale si cambino in modo sostanziale le regole del gioco per sola volontà e interesse di maggioranza. Ma è molto grave sul piano democratico che questo si traduca in una designazione degli eletti da parte di una ristrettissima oligarchia. In Italia non avremmo più candidati eletti dai cittadini, ma non avremmo neppure candidati selezionati in modo democratico: semplicemente, dei nominati, dipendenti dalla benevolenza di un capo-partito, e riconoscenti a quella sola fonte di nomina, quasi fossero consi-

glieri d’amministrazione prescelti dal proprietario di un’azienda. Per la crescente importanza delle questioni che si affrontano e decidono nel Parlamento europeo è indispensabile invece eleggere in Italia persone che siano autorevoli anche perché rappresentative della volontà popolare. Noi confermiamo la disponibilità a concorrere a correzioni essenziali del sistema elettorale per le Europee, a partire da una giusta soglia di sbarramento che disincentivi l’estrema frammentazione degli ultimi anni ed assicuri una significativa capacità di rappresentare le tendenze politiche in cui gli italiani sono chiamati a riconoscersi in una elezione a base proporzionale. Va anche evitata la soppressione di norme volte a limitare le spese e i rimborsi elettorali, elemento di necessaria trasparenza e correttezza, tanto più in una fase di gravi preoccupazioni economiche e finanziarie per tutti gli italiani. Proponiamo che i parlamentari che condividono queste ragioni e questi obiettivi si incontrino mercoledì 29 ottobre alle ore 13 presso la Sala della Regina della Camera dei deputati per concordare iniziative adeguate alla gravità della situazione. Ferdinando Adornato, Pino Pisicchio, Felice Belisario, Giovanni Pistorio, Rocco Buttiglione, Francesco Saverio Romano, Massimo Donadi, Francesco Rutelli, Giuseppe Fioroni, Bruno Tabacci, Dario Franceschini, Giorgio Tonini, Carmelo Lo Monte, Michele Ventura, Franco Marini


politica

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Le Europee sono uno snodo fondamentale per il Pd

Perché Veltroni dovrà partecipare alla battaglia di Antonio Funiciello

ROMA. Tutto come previsto. Dopo il successo

Massimo Donadi: «Si ha la netta sensazione che la Lega sia ormai prigioniera di questa maggioranza e il federalismo sia il prezzo che sta pagando per questo sequestro» l’ex presidente del Senato mentre sulla soglia di sbarramento si può trattare, sulla preferenze invece non c’è margine: «Dobbiamo fare una grande battaglia parlamentare e nella società e per la maggioranza dovrebbe essere un imperativo quello di non dar vita a una rottura drammatica con l’opposizione sulla legge elettorale».

Non convince la tiepida apertura del ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli, per il quale: «Il governo è favorevole alla riforma della legge elettorale per le europee, così come è stata licenziata dalla commissione Affari costituzionali della Camera, e si riserva di recepire ulteriori modifiche migliorative nel prosieguo dell’iter del provvedimento». Per Massimo Donadi, capogruppo dell’Italia dei Valori alla Camera, la Lega in questo momento si trova in difficoltà nel rapporto con il PdL: «Si ha la netta sensazione che gli esponenti leghisti siano prigionieri di questa maggioranza e il federalismo sia il prezzo da pagare per questo sequestro. Quindi non mi aspetto granché da queste

aperture che vengono dal ministro Calderoli. La legge è quella dettata da Berlusconi che di mattina predica il dialogo con l’opposizione, ma la prima volta che si mettono le mani su una riforma importante viene meno. Anzi, mi riferiscono i miei colleghi di partito in commissione Affari costituzionali, c’è un atteggiamento arrogante e irrisorio da parte dei rappresentanti della maggioranza». E allora, secondo Donadi, l’ostruzionismo è l’unica arma da utilizzare: «Contro questa riforma esiste un fronte comune. Siamo assolutamente contrari all’abolizione delle preferenze e al pericolo che anche le europee si trasformino in elezioni della casta. Abolendole si mortificherebbe il principio della rappresentanza democratica e popolare che verrebbe bypassato con un atto di adesione, quasi fideistico, a un leader. Ci batteremo in tutti i modi, purtroppo questo tipo di maggioranza può portare a casa qualsiasi risultato e c’è il rischio del contingentamento. Noi abbiamo il dovere di provarci e far sapere ai cittadini che cosa sta succedendo nel nostro Paese».

della manifestazione di sabato, Veltroni ha invitato il governo ad ascoltare i manifestanti e Berlusconi gli ha risposto che «la più grande dimostrazione democratica c’è stata col voto di aprile». Tuttavia, al di là dei canovacci professionalmente interpretati dagli attori principali, è la trama politica sotterranea al clamore della piazza di sabato che si deve seguire, per capire quello che succede nel Pd.Veltroni non ha convocato i suoi al Circo Massimo per far cadere il governo, ma l’ha fatto «per essere domani, strette le alleanze che le idee e i programmi vorranno, nuova maggioranza e nuovo governo per l’Italia». È questo che testualmente ha detto: noi (cioè voi tutti ed io che vi guido) conquisteremo il governo del Paese. Fin troppo evidente che Veltroni parlasse a moglie (la piazza) affinché suocera (D’Alema e compagni) intendesse. Evidente e più che legittimo. Ma Veltroni sa bene che non basta una riuscita manifestazione di piazza per assicurarsi la conferma della leadership del Pd.

Il primo banco di prova post Circo Massimo è, da ieri, rappresentato dalla discussione alla Camera nella nuova legge elettorale europea proposta dal Pdl, senza preferenze e con sbarramento al 5%. Gli slogan della piazza di sabato erano rivolti non solo contro la riforma Gelmini-Tremonti, ma anche contro l’abolizione delle preferenze alle prossime europee, che il popolo democratico considera intollerabile. Un’occasione privilegiata che Veltroni può sfruttare per cercare di stabilire rapporti politici più sostanziali con l’Udc di Casini, verso una futura alleanza strategica.Veltroni sa bene che questa partita va giocata a viso aperto, anche per convincere la base che il mutato scenario conduce naturalmente Pd e Udc a dialogare. Per il segretario democratico è, difatti, essenziale riuscire a parlare sempre direttamente ai suoi iscritti, senza i filtri delle logiche degli apparati, con i quali i maggiorenti del suo partito vorrebbero mediare il suo messaggio. Il secondo banco di prova è fissato per la conferenza programmatica del Pd, che si terrà all’inizio del 2009. Pochi giorni prima di chiudere le liste per il turno elettorale amministrativo di primavera, pochi giorni dopo le primarie con le quali nelle città e nelle province al voto saranno scelti i candidati sindaci e presidenti del Pd. Insomma, un appuntamento molto importante, anche in virtù del momento delicato in cui si colloca. La conferenza programmati-

ca, che è una delle novità dello statuto messo a punto da Salvatore Vassallo, dovrebbe svolgersi secondo lo schema della “Conference Party” del partito laburista inglese. Una sorta di strumento principe, quindi, per definire le linee di politica di governo quando si è in maggioranza, di opposizione quando si è nell’attuale situazione del Pd. Si dà il caso, però, che i laburisti, dopo aver discusso (anche a lungo) delle diverse resolutions all’oggetto della “Conference Party”, le votino a maggioranza. E una volta scelta, la resolution presentata da una corrente diventa quella dell’intero partito. Un esempio. Se per assurdo (molto assurdo) il Regno Unito non si ritrovasse da secoli quella efficientissima legge elettorale che si ritrova, alla prossima “Conference Party” del Labour si discuterebbe del modello elettorale da adottare. Magari tra uno più francese

La contrapposizione fra il segretario e Massimo D’Alema passa anche attraverso la scelta per un nuovo modello elettorale. Anche nella prospettiva delle consultazioni nazionali e uno più tedesco, con i diversi sostenitori gli uni contro gli altri armati fino al fatale momento del voto a maggioranza, che premierebbe una linea a scapito dell’altra.

Nel suo discorso al Circo Massimo Veltroni ha detto che il Pd vuole «una nuova legge elettorale che restituisca lo scettro ai cittadini». Nel programma elettorale di Aprile, Veltroni risolveva la cosa optando decisamente per il doppio turno alla francese. Si sa che continua a pensarla così e che è poco propenso a cambiare idea. Ma è noto anche che, subito dopo le vacanze, la fondazione Italianieuropei ha organizzato un pubblico seminario per chiedere che il Pd svolti verso un sistema elettorale di tipo tedesco. Essendo il presidente di Italianieuropei, Massimo D’Alema, anche il maggior competitor interno di Veltroni, c’è da prevedere che la conferenza programmatica del Pd non sarà proprio una passeggiata.


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mondo

Blitz Usa. Dal Libano alla Russia, dalla Francia alla Gran Bretagna, tutti contro Washington. No comment dal Pentagono

Siria, l’ultimo errore di Bush di Francesca Milani

d i a r i o

d e l

g i o r n o

Libano, vertice fra Nasrhallah e Hariri

l ministro degli Esteri siriano parla di «atto criminale, terroristico e deliberato». La Gran Bretagna «si rammarica» e prende le distanze da Washington. La Russia e la Lega Araba condannano l’attacco e Parigi chiede delucidazioni alla Casa Bianca. E questo mentre Sean McCormack, portavoce del Dipartimento di Stato Usa, assediato dai giornalisti, invita a chiedere spiegazioni direttamente al Pentagono. Il raid americano, che domenica pomeriggio ha colpito una cittadina siriana vicino al confine con l’Iraq, con otto morti, civili per la Siria e militanti di Al Qaeda per le prime conferme Usa, sta creando un polverone internazionale a pochi giorni dalle elezioni presidenziali americane. Intanto una “gola profonda” dal governo Usa, fino adesso reticente a confermare ufficialmente il blitz, ha rivelato che il raid aereo «è stato un successo» nella lotta contro Al Qaeda: tra le vittime ci sarebbe infatti un importante reclutatore di combattenti stranieri per l’Iraq. «Quando si è di fronte a un’occasione importante, bisogna coglierla - ha dichiarato la fonte -. È esattamente quanto le truppe americane aspettavano, in particolare quando si tratta di combattere contro stranieri che entrano in Iraq e minacciano le nostre forze armate».

I

Il Dipartimento di Stato americano si è limitato a confermare di essere stato informato del raid dai dirigenti siriani. «Diplomatici del livello del viceministro degli Esteri hanno convocato la nostra incaricata d’affari, Maura Connelly - ha detto il portavoce Sean McCormack – visto che l’ambasciatore Usa a Damasco è sta-

to richiamato nel 2005 dopo l’assassinio di Hariri. Lei si è presentata. Ha ascoltato quanto i siriani avevano da dire. È stata informata che vi erano state attività ad Abu Kamal, località vicina al confine tra Iraq e Siria. Oltre a questo non ho altri commenti da fare». Secondo quando affermato da Ali al-Dabbagh, portavoce del governo iracheno, il blitz delle forze Usa in territorio siriano, denunciato domenica da Damasco, ha preso di mira una zona usata dalla guerriglia per far infiltrare miliziani stranieri responsabili di attentati in Iraq. «Nella zona colpita sono atti-

Il raid, che ha colpito una cittadina siriana facendo 8 morti, civili per Damasco e militanti di Al Qaeda per gli Usa, sta alzando la tensione internazionale vi gruppi di terroristi che operano in Siria contro l’Iraq», ha sostenuto Dabbagh, «l’ultimo, in ordine di tempo, di questi gruppi, ha ucciso 13 reclute in un villaggio di confine». Secondo la prima ricostruzione di Damasco, quattro elicotteri Usa hanno «violato lo spazio aereo siriano» nei pressi del villaggio di Mashahdeh nei pressi di Abu Kamal, a sette chilometri dal confine iracheno. Otto commando sbarcati da due velivoli, mentre gli altri controllavano dall’alto la zona, «hanno fatto irruzione in un edificio civile in costruzione, colpendo gli operai al lavoro» e la moglie del guardiano del cantiere: otto persone sono morte. La località col-

pita si trova nella provincia di Deir al Zuri, un’area di transito per combattenti, armi e denaro diretti in Iraq a sostegno degli insorti.

In questo caos diplomatico, da più parti si rileva come l’attacco sia giunto appena due giorni dopo le dichiarazioni del generale John Kelly, responsabile delle forze Usa nell’Iraq occidentale, sulla sicurezza dei confini iracheni. Dopo aver sottolineato i buoni risultati ottenuti da sauditi e giordani, Kelly aveva detto che il confine con la Siria era «un’altra storia» e l’aveva definito «incontrollato», parlando anche di «un certo livello del movimento di miliziani stranieri». A suscitare domande è il fatto che dal 2003, data dell’invasione americana dell’Iraq, non c’era mai stato un attacco delle forze statunitensi contro la Siria, anche se non erano mancate accuse per la tolleranza o addirittura la complicità del regime di Assad nei confronti dei “combattenti” stranieri che attraversavano il confine per andare ad ingrossare le fila del terrorismo. Il quotidiano siriano al Thawra ha aspramente criticato anche i leader arabi, denunciando il loro silenzio e domandandosi se esso non «incoraggi le forze di occupazione e usurpazione a commettere qualcosa di piu’ grande». Anche in questo caso sono state necessarie diverse ore affinché nel pomeriggio arrivasse la presa di posizione della Lega Araba, che attraverso il suo il segretario generale Amr Mussa ha espresso la condanna «per queste gravi violazioni americane delle frontiere e della sovranità siriana...che provocano tensione in una regione già tesa».

Per la prima volta dalla guerra del 2006 con Israele, i leader rivali sciita e sunnita libanesi, Sayyed Hassan Nasrallah e Saad Hariri, si sono incontrati in segreto, si sono stretti la mano e «hanno manifestato la volontà di prevenire la tensione, rinforzare il dialogo ed evitare gli scontri, a prescindere dalle divergenze politiche». L’annuncio dell’incontro è stato dato solo ieri, quasi 24 ore dopo, riflettendo le draconiane misure di sicurezza che il leader di Hezbollah, Nasrallah, ha adottato sin da quando Israele ha pubblicamente espresso la volontà di liquidarlo fisicamente. Nasrallah è apparso solo una volta in pubblico dopo aver proclamato «la vittoria divina» di Hezbollah contro lo Stato ebraico nel 2006. Da allora, tutti i suoi discorsi e interviste sono stati sempre pre-registrati. La vittoria autoproclamata di Nasrallah non è stata tuttavia condivisa da larghi settori delle comunità sunnita, drusa e cristiana libanesi, che hanno accusato il movimento sciita di essere responsabile della devastazione del Paese causata dall’offensiva israeliana. Per 18 mesi, i due schieramenti si sono fronteggiati in una violenta guerra di parole e in una crisi istituzionale che è degenerata nel maggio scorso. I timori che il Paese potesse precipitare di nuovo in una guerra civile hanno infine indotto i leader rivali a firmare un accordo mediato dal Qatar. Ora, l’incontro simbolico tra i due leader potrebbe allentare le tensioni che circondano l’avvicinamento alle elezioni parlamentari della prossima primavera.

Baviera, Seehofer eletto premier Il parlamento regionale della Baviera ha eletto ieri, a grande maggioranza, il cristianosociale Horst Seehofer primo ministro dello Stato. Seehofer, che sabato era stato eletto leader del partito Csu - Unione Cristiano Sociale, sorella “bavarese” della Cdu di Angela Merkel - ha ricevuto i voti favorevoli di 104 dei 184 delegati del Landtag. Hanno votato contro 71 deputati, mentre 7 si sono astenuti.

Israele, Peres annuncia elezioni anticipate A conclusione di un rapido giro di consultazioni con i partiti, dopo la rinuncia all’incarico della premier designata Tzipi Livni, il presidente israeliano Shimon Peres ha formalmente annunciato ieri alla Knesset che non esiste una maggioranza parlamentare per la costituzione di un nuovo governo, aprendo così la strada all’ anticipo delle elezioni. La Knesset, dall’annuncio di Peres, ha a disposizione 21 giorni per cercare un nuovo candidato a formare il governo - possibilità che appare inesistente - o per approvare una legge di scioglimento della legislatura fissando una data per la convocazione dei cittadini alle urne diversa da quella che sarebbe altrimenti automaticamente fissata. Se ciò non succederà, dal 17 novembre comincerà il conto alla rovescia per le elezioni: la legge stabilisce che queste si dovranno tenere l’ultimo martedì precedente il termine dei tre mesi assegnati per i preparativi e per la campagna elettorale, ovvero il 17 febbraio prossimo.

Texas, apre ospedale per cani da guerra I cani da guerra americani hanno un ospedale tutto per loro. La struttura, realizzata nella base aerea di Lackland a San Antonio, in Texas, ha richiesto uno stanziamento di 15 milioni di dollari da parte del Pentagono. I cani, appositamente addestrati per cercare mine, esplosivi o droghe e impegnati nelle basi militari americane in Iraq e Afghanistan, sono circa 2.500. Il nuovo ospedale è dotato di apparecchiature all’avanguardia nel trattamento medico veterinario, con tanto di reparto per cure intensive e una sala riabilitazione con tapis-roulant subacqueo. Una struttura analoga era stata aperta durante la guerra in Vietnam, nel 1968.


mondo Q

uelle che abbiamo scelto di pubblicare sono parole terribili. E coraggiose. Le ha pronunciate Suor Meena Barwa che, vincendo lo stato di choc e di pudore, ha raccontato per la prima volta le violenze subite due mesi fa da parte di un gruppo di radicali indù nello Stato indiano dell’Orissa. Il racconto, tradotto da Asianews, è reso ancora più grave dal mancato intervento della

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Orissa. La violenza subita mentre la polizia stava a guardare (e cercava di farla tacere)

Il drammatico racconto di Suor Meena, stuprata dagli indù di Suor Meena Barwa La pubblica denuncia di Suor Meena Barwa, coperta in viso, davanti ai giornalisti riuniti nella sede dell’Indian Social Institute. La dichiarazione pubblica di Suor Meena era necessaria perché la polizia, in Orissa, sta cercando di coprire il caso. Fra i fondamentalisti indù vi sono anche coloro che dicono che la suora fosse «consenziente» allo stupro

polizia. Suor Meena lavorava al Centro pastorale Divyajyoti, a Nuagaon, insieme a padre Thomas Chellan, anch’egli malmenato e umiliato.

Il 24 agosto scorso, verso le 16,30, sentendo le urla di una folla alle porte del Centro pastorale Divyajyoti, sono corsa fuori dall’ingresso di servizio e fuggita nella foresta insieme ad altri. Con loro ho visto la nostra casa bruciare tra le

[bastone con punte di ferro, usato nelle arti marziali – ndr], asce, lance, bastoni, sbarre e falci. Ci hanno preso entrambi e portati sulla strada principale. Poi ci hanno portato alla casa Janavikas, che era stata bruciata, dicendo che ci avrebbero gettato fra le fiamme.

Lì mi hanno gettata a terra sulla veranda piena di cenere e di vetri rotti. Uno di loro mi ha strappato la camicetta e al-

Ho raccontato tutto: l’attacco, lo stupro, il mancato aiuto dei poliziotti. L’ispettore ha scritto ogni parola. Poi mi ha domandato: «Vuole stendere una denuncia? Sa quali possono essere le conseguenze?» fiamme. Solo verso le 20.30 siamo riemersi dalla foresta e andati verso la casa di un signore indù che ci ha ospitato. Il giorno dopo, 25 agosto, verso le 13.30, una folla è entrata in questa abitazione e, trascinandomi per i capelli, mi ha portato fuori. Due di loro mi tenevano il collo per tagliarmi la testa con un’ascia. Mentre altri li consigliavano di portarmi fuori in strada ho visto portar fuori e picchiare padre Chellan. La folla era composta da 40 uomini armati di lathis

tri indumenti intimi. Padre Chellan ha protestato e loro lo hanno picchiato e trascinato lontano. Mi hanno tolto il sari e mentre in due mi bloccavano le braccia, un terzo mi ha violentato sulla veranda. Quando ha finito, sono riuscita ad alzarmi e a mettermi la sottogonna e il sari. Poi un altro giovane mi ha afferrato e mi ha portato in una stanza vicina alle scale. Ha aperto i suoi pantaloni e ha tentato di stuprarmi. Ma in quel momento sono sopraggiunte altre perso-

ne. A quel punto mi sono nascosta sotto le scale. La folla gridava: «Dov’è la suora? Venite, violentiamola, almeno 100 persone dovrebbero stuprarla». Mi hanno scoperto dietro la scala e mi hanno portato sulla strada. Lì ho visto padre Chellan inginocchiato mentre la folla lo picchiava. Cercavano una corda per legarci insieme e bruciarci vivi. Qualcuno ha suggerito di portarci in processione nudi. Ci hanno fatto camminare sulla strada fino al mercato di Nuagoan, che era a mezzo chilometro di distanza. Ci hanno legato insieme per le mani e fatto camminare. Indossavo solo la sottoveste e il sari, ma alcuni hanno cercato di denudarmi ancora e vista la mia resistenza, hanno cominciato a schiaffeggiarmi sul viso, sul capo e a bastonarmi sulla schiena.

Arrivati al mercato, ho visto una decina di poliziotti. Li ho raggiunti chiedendo protezione e mi sono seduta fra loro. Ma nessuno si è mosso. Uno della folla è arrivato e mi ha trascinato via. Stessa sorte per padre Chellan. Ci hanno detto di volerci consegnare al Bdo (Block Development Officer, il responsabile della zona, ndr). Da lì, in-

sieme al Bdo, ci hanno portato alla stazione di polizia di Nuagaon, e tutto questo mentre le forze dell’ordine restavano a distanza. Siamo rimasti in stazione sotto il controllo di uomo solo, mentre gli altri andvano a mangiare. I poliziotti si sono avvicinati e hanno cominciato a parlare con lui in modo amichevole. Siamo rimasti lì fino a che l’ispettore capo di Balliguda non è venuto a prenderci in consegna. Ma avevano paura di portarci direttamente al loro posto di polizia e hanno preferito tenerci nella jeep. Poi, dal garage, ci hanno portato alla stazione. L’ispettore capo e altri rappresentanti del governo mi hanno preso in privato e chiesto cosa mi fosse accaduto. Ho raccontato tutto: l’attacco, lo stupro, l’avermi strappata dalla polizia per farmi camminare seminuda per strada e di come i poliziotti non mi avessero aiutata mentre piangevo a dirotto. L’ispettore ha scritto ogni parola. Poi mi ha domandato: «È interessata a stendere una denuncia? Sa quali possono essere le conseguenze?».

Alle 22 una poliziotta mi ha accompagnata all’ospedale di Balliguda per un check-up medico. (...). Il 26 agosto, verso le 9

del mattino, siamo stati portati alla stazione di polizia di Balliguda. Mentre scrivevo la mia denuncia, l’ispettore mi diceva: «Questo non è modo di scrivere, la faccia più breve». Così l’ho riscritta tre volte, riducendola a una pagina e mezzo. L’ho consegnata, ma non me ne hanno dato copia. Alle 16, l’ispettore capo e alcuni rappresentanti del governo ci hanno messo su un pullman per Bhubaneshwar, insieme ad altri sparuti passeggeri. La polizia è rimasta fino a Rangamati. Poi sono scomparsi. Siamo scesi vicino a Nayagarh e lì, viaggiando su veicoli privati, abbiamo raggiunto Bhubaneshwar il 27 agosto alle 2 di notte.

La Polizia non ha fermato le violenze né mi ha protetto dagli assalitori. Anzi. Hanno fatto di tutto perché io non sporgessi alcuna denuncia e non mi lamentassi di loro. Non solo: hanno evitato di resocontare tutto il mio racconto e mi hanno abbandonato a metà strada. Sono stata stuprata, ma adesso non voglio essere vittima anche della polizia dell’Orissa. Voglio un’inchiesta su questo. Dio benedica l’India, Dio benedica tutti voi.


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Esce in Italia La mia Birmania, il libro-conversazione di Alan Clements con Aung San Suu Kyi, «la donna minuta che spaventa i generali della giunta». È un inno alla speranza da parte della leader democratica, che con il suo esempio ispira tutti coloro che credono nella lotta non violenta. Mentre il Paese cerca di resistere alla dittatura intervista ad Alan Clements, monaco buddista e autore del recente La mia Birmania, è un canto d’amore per il Myanmar e per Aung San Suu Kyi, che firma con lui il libro edito da Corbaccio. Secondo Clements, infatti, «soltanto contrapponendo l’amore e la compassione all’avarizia e alla crudeltà, come fa Aung San Suu Kyi, potremo avere presto una

L’

Birmania libera e democratica. Dobbiamo dare a lei una speranza, perché lei è una madre, e una speranza, per il suo popolo». L’impegno del monaco è a 360 gradi: dal suo sito – www.alanclements.com - si pone come punto di raccolta per coloro che vogliono aiutare i birmani e la loro lotta per la democrazia. Nel libro parla dello sgomento provato dal mondo durante i massacri dei monaci del settembre 2007. Eppure, la missione Onu guidata da Gambari è stato un fiasco. Cosa ne pensa? La comunità internazionale ha due grandi leve di potere nei confronti della giunta militare che guida il Myanmar: la pressione sulle coscienze e le leve economiche. Bisogna chiedere quello che già è stato espresso dalla Risoluzione 27 delle Nazioni Unite e dal Consiglio di Sicurezza Onu: unificare la domanda mondiale nei confronti di

Medici rischiano la vita per recuperare morti e feriti durante i massacri dell’agosto 1988 a Rangoon. Lo stesso si è verificato durante gli scontri del 2007. In basso, Aung San Suu Kyi (foto Burma Project)

La madre della colloquio con Alan Clements di Vincenzo Faccioli Pintozzi Than Shwe, che deve aprire un dialogo con i leader birmani legalmente eletti. Se, poniamo, la Cina ha l’influenza maggiore sulla giunta, si deve trovare chi può fare leva sulla Cina per ottenere questo risultato. La recente liberazione di U Win Tin è un segnale po-

Suu Kyi. Ma il meglio in assoluto sarebbe aprire alla democrazia. Qual’è la posizione della Lega Nazionale per la democrazia rispetto ai ribelli karen o shan, che combattono il regime con la resistenza armata? Sono stato molto tempo negli Stati karen e shan, e sono posti completamente diversi dal resto del Paese. Le etnie che vivono lì sono messi con le spalle contro il muro dai militari, che li spingono ai limiti della disperazione: è molto difficile la loro situazione. Aung San Suu Kyi conosce bene questa realtà, ma prova a costruire ponti con gli oppressori. Non sarebbe più utile, per la leader democratica,

È riduttivo dire che nel Paese vivono 50 milioni di ostaggi: oggi, questo rappresenta l’inferno in terra. Soltanto il Darfur può essere considerato un posto peggiore sitivo o un contentino per il mondo occidentale? Rilasciare dopo 17 anni di galera un leader dissidente, gravemente malato, è sempre una cosa ottima. Ancora meglio sarebbe rispettare le elezioni del 1990, quelle che hanno eletto come primo ministro Aung San

uscire dal Paese e rendere la sua testimonianza? Sarebbe stato utile Nelson Mandela fuori dalle carceri sudafricane? Nessuno può dirlo. Quando suo marito è morto, la giunta le ha dato la possibilità di andarsene. Ma lei è rimasta, ha scelto di non abbandonare il suo popolo. E questa decisione risponde da sola alla domanda. Nel libro è molto forte il sentimento buddista. Come aiuta questo la lotta per la democrazia? Non la religione, ma alcuni insegnamenti del buddismo aiutano a comprendere la realtà in cui si vive. Aung San Suu Kyi onora il buddismo, così come onora l’islam e il cristianesimo. Lei, serve ripeterlo, è il primo ministro del suo Paese e come tale ha una formazione multiculturale che la porta a rispettare tutte le religioni. È una donna contemporanea, che non crede nel predominio di una religione sul concetto di bene o male.


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Non si ferma l’offensiva della giunta contro le etnie

Nel silenzio del mondo una guerra lunga 60 anni di Daniele Petraroli ornano a parlare le armi in Myanmar. Dopo i tentativi di distensione di settembre, la giunta di Rangoon ha mostrato ancora una volta il suo volto più feroce. A dimostrazione che la liberazione di Win Tin, giornalista e oppositore in carcere da 19 anni, sia stata solo un’operazione di facciata. Un “contentino”che i militari birmani hanno voluto concedere all’Occidente in attesa di sferrare una nuova offensiva contro le forze di opposizione. A lanciare l’allarme è Nyan Win, portavoce della Lega nazionale per la democrazia, il partito di Aung San Suu Kyi. Nelle ultime due settimane, ha ricordato Win, «almeno trenta militanti dell’Lnd sono stati condannati a due anni e mezzo di reclusione per le manifestazioni antigovernative dello scorso anno». Tra loro anche alti dirigenti del partito, Soe Kywe, Khin Aye e Myint Thein, finiti dietro le sbarre per “disturbo della quiete pubblica” e condannati a 30 mesi. L’obiettivo della giunta è chiaro: arrivare alle elezioni politiche previste nel 2010 con un’opposizione ridotta al silenzio. Gli ultimi dati sul numero di prigionieri politici sono inconfutabili. Oggi nelle carceri birmane si trovano, secondo i numeri forniti da Human Rights Watch, oltre 2.100 persone. Nel giugno del 2007 erano circa la metà. La nuova “stretta” sull’opposizione è avvenuta in concomitanza con il primo anniversario della rivolta dei monaci del settembre 2007. A un anno di distanza dalla repressione, il 25 settembre, una bomba a basso potenziale è esplosa nel centro di Rangoon ferendo sette persone in maniera lieve. Qualunque fosse la mano che ha innescato l’esplosivo, il risultato è stato uno solo: una nuova militarizzazione della capitale birmana. Intanto, il 7 ottobre, il Segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon ha escluso una missione in Birmania nel breve periodo. Il timore è che il viaggio non porti ad aperture significative da parte della giunta, dato che nella sua ultima visita a Rangoon l’inviato speciale Onu Ibrahim Gambari non è riuscito neppure a incontrare Aung San Suu Kyi, la leader della Lnd, ai domiciliari dal 2003. Ma non c’è solo Rangoon. L’iniziativa dell’Spdc (il “Consiglio di Stato per la Pace e lo Sviluppo”, acronimo della giunta) sta coinvolgendo da giorni anche la zona orientale del Paese. Nello Stato Karen sono riprese le operazioni militari contro la minoranza etnica. I soldati del Tatmadaw -

T

a Birmania il libro

Uscito nelle librerie italiane il 23 ottobre, La Mia Birmania - edito da Corbaccio, 380 pagine, 18.60 euro - è una conversazione fra Alan Clements e Aung San Suu Kyi. Questa, figlia dell’eroe nazionale Aung San e insignita del Nobel per la pace, è da oltre 20 anni leader del movimento non violento che si oppone alla giunta militare guidata dal generale Than Shwe. Inoltre, è primo ministro della Birmania democraticamente eletta, ma costretta agli arresti domiciliari dal regime militare, che non ha mai riconosciuto la validità dell’elezione. L’autore, che ha vissuto diversi anni nel Paese come monaco buddista e poi è stato espulso, interroga il Premio Nobel per la pace sulla situazione politica del Paese e sui metodi per poter ragginugere un giorno la democrazia. La risposta è un canto d’amore per la Birmania da parte di quella che è stata definita “una speranza per il mondo moderno e per quello che verrà”. Il libro verrà presentato oggi a Roma.

Qual è la situazione odierna in Myanmar? Io ho scritto che in Birmania vivono 50 milioni di ostaggi, ma questo al momento attuale è, purtoppo, riduttivo. Il Paese rappresenta l’inferno in terra: milioni di sfollati vivono nella giungla con il minimo essenziale per la sopravvivenza. L’esercito è composto da coscritti che vivono nella paura, mentre nelle città la stretta dei militari è asfissiante. Ma bisogna dare speranza, soprattutto ad Aung San Suu Kyi, che rappresenta il bello del suo popolo. Un popolo capace di contrapporre all’avarizia e alla violenza l’amore e la compassione, una potenziale democrazia che possa essere d’esempio al resto del mondo. C’è speranza, nel Paese, e io sono convinto che – come tutti i cambiamenti epocali – anche questo avverrà con velocità. Bisogna semplicemente far uscire le persone dal coma rappresentato dai loro pregiudizi, e questo è un compito che la leader birmana è in grado di svolgere con successo.

l’esercito nazionale - hanno occupato nell’ultimo mese il villaggio di Blaw To, quello di Ker Law Gaw e minacciano seriamente Boe Way Hta e Kler Law Seh.

Secondo Franco Nerozzi - presidente di “Popoli”, organizzazione umanitaria che opera nella zona - «i militari birmani avevano dichiarato qualche mese fa che questa sarebbe stata l’ultima stagione della resistenza karen. E stanno mantenendo la promessa, purtroppo». La novità di questa offensiva è che gli uomini del generale Than Shwe stanno utilizzando i civili catturati nei villaggi come scudi umani per impedire al Knla di sferrare un contrattacco. «La situazione è drammatica – continua Nerozzi – i karen temono adesso l’occupazione totale del loro stato. E anche noi di “Popoli” siamo molto preoccupati per le nostre iniziative, dato che in entrambi in villaggi avevamo una scuola e a Ker Law Gaw anche un presidio sanitario». Ma a preoccupare maggiormente è il rischio di una vera e propria crisi umanitaria. I birmani stanno bruciando vaste aree di granoturco con un duplice scopo: mettere in difficoltà la resistenza karen e spingere i civili a oltrepassare il confine con la Thailandia. I sette campi profughi che corrono lungo la frontiera ospitavano quasi 130mila persone a inizio anno. Adesso la situazione è ulteriormente peggiorata. Centinaia di karen sono entrati in Thailandia nell’ultimo mese, con il disappunto del governo di Bangkok, che negli ultimi giorni ha deciso di schierare l’esercito lungo la frontiera per impedire nuovi arrivi. Anche perché la stessa offensiva birmana è arrivata oltre confine. Secondo la onlus “Aiutare senza confini” i soldati del Tatmadaw hanno attaccato e distrutto il villaggio di Toe Per Pu, che si trova proprio tra Myanmar e Thailandia. «È in atto un vero e proprio genocidio culturale – conclude Nerozzi – i birmani vorrebbero “trasferire” i karen in Thailandia sradicandoli dalla loro terra d’origine. Esattamente il contrario di quello che stiamo tentando di fare con il progetto agricolo “Terra e identità” organizzato da noi e dalla onlus “L’uomo libero” e finanziato dalla regione Trentino. Costruire nuovi villaggi karen e fornirli di autosufficienza alimentare è il primo passo. Ma in questa situazione sarà difficile continuare». Nel silenzio della comunità internazionale, la guerra in Myanmar continua da sessant’anni.

L’obiettivo dei militari è chiaro: arrivare alle elezioni del 2010 con un’opposizione ridotta al minimo


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Elezioni. L’obiettivo della vice di McCain è far tornare gli Usa alla loro visione originaria

Comunque Sarah resterà La candidata repubblicana incarna i valori della classe media, la vera forza del Paese di Michael Novak segue dalla prima Mi chiedo se la maggior parte delle persone che oggi la contestano – almeno tra i conservatori che ammiro maggiormente – si senta più a suo agio a discutere con dei liberal molto colti. È possibile che capiscano il linguaggio giornalistico e accademico meglio di quello della maggioranza degli americani? Capiscono la maturità, la complessità e il razionalismo di quel mondo più che la semplicità e veridicità di quello della maggior parte del Paese? Abbiamo avuto molti grandi presidenti che non hanno goduto dell’approvazione della classe colta dei loro tempi. Non posso fare a meno di pensare, quando li sento, che non sia da Sarah Palin che si sentono imbarazzati o alla quale si credono di

bonate alla rivista. In realtà riteneva che i bifolchi non leggessero niente, e questo stesso pregiudizio è stato riscontrato da Sarah Palin in Katie Couric, che le ha chiesto di fare un elenco di libri letti. L’offesa è stata tale che lì per lì Sarah non ha replicato, ma, successivamente, ha affermato che il fatto che l’Alaska sia

Ogni volta che la ascolto rivolgersi a una folla sempre più entusiasta e numerosa, sento la voce dell’America. Lo stesso stomaco. Lo stesso modo di sentire. Lo stesso istinto gran lunga superiori, ma dalla vita e dal senso comune della maggioranza degli americani più modesti, non solo nelle aree rurali, ma anche nelle migliaia di cittadine con 100mila abitanti o meno. Vivono più americani in ambienti simili che in grandi e “sofisticate” città, e sono quelli paradossalmente maggiormente disposti a dare la loro vita per il Paese. Non a caso, le scuole in queste piccole città detengono uno standard considerevolmente più alto di quelle delle città maggiori, e più persone in esse coltivano le tradizioni americane.

Ricordo quanto fosse colpito H. L. Mencken quando arrivò nella minuscola Dayton solo per trovare copie del suo magazine, The American Mercury - in vendita nei drug store - e per incontrare tante persone della città che erano ab-

lontana da New York non significa che i suoi abitanti non leggano. Gli stessi giornali e riviste arrivano lì come in qualsiasi altra parte d’America, ma – ha aggiunto – non è affatto scontato che più li si legga più si entri in contatto con la realtà. Molti americani che si sentono “superiori”, oggi, parlano di Sarah Palin con lo stesso sdegno con cui i loro antenati parlavano del rude e grezzo Abramo Lincoln, considerato un candidato alla presidenza venuto dal regno dei provinciali del centro Illinois. Queste persone irrisero anche al suo accento, alla sua mancanza di cultura e al suo modo di parlare perché non riuscirono a discernere la sua pulsione morale interiore, e sottovalutarono la sua determinazione e resistenza.

Ci sono, senza dubbio, altri dirigenti repubblicani che hanno più esperienza di politica estera di Sarah Palin, ma lei conosce le questioni energetiche internazionali – e probabilmente gli armamenti e le

I sondaggi a una settimana dalle elezioni

Barack e gli Stati chiave una settimana dal voto per la Casa Bianca, Barack Obama mantiene 5 punti percentuali di vantaggio su John McCain: l’ultimo sondaggio Zogby vede infatti il candidato democratico attestato al 49% contro il 44% del rivale repubblicano. Obama, però, è in testa in cinque degli otto Stati-chiave, mentre McCain è avanti in altri due e l’ottavo, la Florida, è in bilico. Il senatore dell’Illinois è in vantaggio in Virginia, North Carolina, Missouri, Ohio e Nevada, anche se di stretta misura; l’eroe del Vietnam è

A

nettamente avanti in West Virginia e Indiana, rispettivamente di 10 e 6 punti. Secondo un altro sondaggio, realizzato per conto del Washington Post e della Abc, Obama in Virginia è avanti di 8 punti, con il 52% dei consensi contro il 44% di McCain. Tra coloro che probabilmente voteranno alle presidenziali Usa del 4 novembre, i due terzi hanno un’opinione favorevole di Obama; uno su due ce l’ha anche di McCain, ma mentre per quest’ultimo il giudizio negativo è pari al 45%, Obama non va oltre il 30%.

Sarah Palin, candidata vice presidente del Partito Repubblicano. A sinistra, McCain. A destra, Michelle Obama e, a lato, il marito Barack tecnologie che l’esercito americano mantiene in Alaska – meglio di Barack Obama, la cui esperienza è quella di un “agitatore di folla”, finanziatore e guida per la sinistra radicale di Chicago, utile operatore per la macchina politica della città. Mi fido decisamente del senso comune di Sarah Palin, del suo istinto di frontiera e del suo coraggio morale più di quanto abbia fiducia nel candidato vice di Obama, che offende l’America con grande naturalezza (a parte ultimamente che si trattiene per convenienza elettorale).

L’obiettivo di Sarah non è di fare dell’America un’altra Europa occidentale, ma di riformarla sul modello della visione americana originaria, che è così simile alla realtà dalla quale proviene che sembra di toccarla con mano. Ella, inoltre, è dotata di buone qua-

lità per un vicepresidente come il senso dell’umorismo, la disponibilità, la serenità e la combattività. Per questo temo Obama come presidente più di quanto tema Sarah, anche se entrambi avranno consiglieri colti al loro fianco, e – presumibilmente – qualcuno di buon senso, ma la differenza è che Barack e Michelle Obama hanno coltivato per molto tempo l’abitudine ad offendere l’America implicitamente ed esplicitamente. Erano soliti farsi vedere con persone che disprezzano gli Usa, e vogliono trasformare il Paese di cui non sono orgogliosi in un tipo differente di nazione: una democrazia sociale europea, di cui ammirano il sistema sanitario, la


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Il noto teorico neocon scivola verso gli ex avversari

Sorpresa: Kristol sceglie Obama di Pierre Chiartano nche gli intellettuali ci ripensano. Non è più tempo di «speranze e preghiere» per McCain e per la sua claudicante campagna elettorale. I grandi opinion maker della politica neocon possono vivere struggenti passioni, ma rimanere freddi e lucidi quando la realtà non sposa il loro più forte desiderio. In questo caso il sogno sarebbe quello di rivedere un repubblicano nella Stanza Ovale, la realtà invece è che i democratici si stanno dirigendo steady forward, come direbbero nella Us Navy, verso una vittoria: «La più grande dal 1932». Guarda caso, quella che portò Francis Delano Roosvelt alla Casa Bianca. A prendere atto di una situazione già molto chiara in alcuni ambienti repubblicani è però un padre del pensiero neocon negli Usa. William Kristol, figlio d’arte del conservatorismo americano, dalle colonne del New York Times di ieri, ha confessato le difficoltà dei rep. Dalla tolda del suo Weekly Standard ha sponsorizzato la corsa del maverick John McCain, ma oggi pare volergli dare gli ultimi consigli. Per farlo ha scomodato la prima battaglia sulla Marna, un epico scontro che cambiò le sorti all’albeggiare della Prima guerra mondiale. Dopo un mese di ininterrotta avanzata germanica ci fu un contrattacco vincente.

A

Mi fido decisamente del suo senso comune, del suo istinto di frontiera e del suo coraggio morale più di quanto abbia fiducia nel vice di Obama, che offende l’America con naturalezza per la rivoluzione attraverso le scuole, e auspicando uno sconvolgimento rivoluzionario in America.

politica esattoriale e la ultraregolamentazione. Condividono inoltre il disprezzo coltivato in Europa per il commercio, l’impresa, l’iniziativa e il duro lavoro.

Questo atteggiamento è ciò che li ha avvicinati a Bill Ayers e Bernardine Dohrn, che in questi giorni ritengono che l’orribile America abbia bisogno del loro tipo di rivoluzione. Oggi come nel 2006, Ayers ha manifestato apertamente lo sprezzo per il suo Paese durante una visita ad Hugo Chavez in Venezuela, esortando sforzi comuni per la battaglia

Non è tanto il terrorismo di Ayers e Dohrns a suscitare disgusto, quanto le continue offese al Paese, e la stessa smania di critica anima il pastore Jeremiah Wright, la cui conoscenza più che ventennale non ha messo a disagio Barack Obama, almeno fino a quando non si è candidato alla presidenza degli Stati Uniti. I cittadini europei apprezzano le critiche agli Usa che sentono dal candidato democratico (non ultimo, le scuse fatte a Berlino per gli errori dell’America), e il 70 per cento di loro preferisce un presidente come Obama piuttosto che l’eroe McCain - sostenuto dal 25 per cento - perché ritengono che Obama sia uno di loro, mentre io preferisco il capitalismo democratico americano alle democrazie euro-sociali, per un semplice motivo: gli Stati Uniti hanno molta meno disoccupazione e molto più dinamismo economico.

È ciò che spera Kristol per il candidato McCain. Più che naturale che un maitre a penser non voglia tradire la sua parte e, contemporaneamente, non voglia passare per cieco e sordo, quando la realtà volge al peggio. Già da qualche mese, in ambienti come quelli della Fox News, senza ombra di dubbio una casamatta repubblicana, si recitavano requiem per il candidato McCain. Intanto aumentano, in campo repubblicano, gli sfiduciati per i troppi errori. Non è questo il caso del nostro Kristol che spera sempre in un rovesciamento di fronte, come sulla Marna, in quel settembre del 1914. Attaccare in condizioni proibitive, è questo, ridotto all’osso, il suo consiglio. Quando non si ha più niente da perdere, tentare l’ultima carta è obbligatorio. La squadra di Obama funziona meglio, è affiatata e in perfetta sintonia col candidato. La campagna elettorale di Mc Cain, invece, da «problematica» è oggi diventata «disfunzionale». Il 14 ottobre scorso era così che Kristol analizzava la situazione sul WS. «McCain non è Bush e i giornali non sono

onnipotenti», il colpo di taglio a fil di spada, che dava il senso d’amarezza che animava le sue analisi. Ora invece c’è la scelta del candidato John di riproporre la figura del comandante in Capo ad essere criticata. Circondandosi di militari in pensione anziché di giovani soldati rientrati dall’Iraq, che avrebbero potuto testimoniare in suo favore. Avrebbero potuto affermare che la politica del surge, sponsorizzata da McCain ha funzionato, e il progetto di ritiro paventato da Obama sarebbe stata un’onta e un disonore per l’intero Paese, oltre a non sortire l’effetto sperato. Una considerazione che il direttore del WS mette in bocca a Michael O’Halon. Non un commentatore qualsiasi, ma un democratico, esperto di affari esteri, che ha firmato l’endorsement per Obama.

«Extremely risky» viene definita da O’Halon la sua proposta per il ritiro delle truppe Usa entro l’aprile del 2010. Comunque questa campagna elettorale ha sancito un’altra novità: la rottura degli steccati politici fra democratici e repubblicani. Sono sempre meno rari i repubblicani che guardano positivamente ad una presidenza sotto le insegne del primo inquilino nero della Casa Bianca. E non è solo una questione di “cellule” emotive, ma di un cambiamento epocale nella raccolta del consenso e nella sua strutturazione politica. La complessità della globalizzazione sembra essere entrata anche nei recinti inviolati delle famiglie politiche statunitensi. Ma quali sono le armi segrete che vengono proposte per un capovolgimento di fronte. Lo strumento è quello mediatico delle presenze televisive, dove il ticket repubblicano dovrebbe concentrarsi nello spiegare la propria politica evitando di attaccare l’avversario. L’arma vincente invece sarebbe «l’ingenuità e la durezza» del popolo americano. La stessa ingenuità che ha caratterizzato la strategia vincente del generale Petraeus in Iraq, unita alla durezza dei suoi soldati nel portarla a compimento sul campo. Per Kristol McCain deve pescare nello spirito dell’America che non si è fatta piegare dal terrorismo e non si è fatta scoraggiare dal caos finanziario. L’unica maniera per dimostrare agli uccelli del malaugurio che si sbagliano e che una vittoria è ancora possibile. Poi qualche consiglio pratico: «Se sei dentro una buca smettila di scavare».

L’ultimo consiglio al candidato McCain per capovolgere in extremis il fronte elettorale: attaccare


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cultura

Eventi. Il cardinal Cordero Lanza di Montezemolo racconta le iniziative organizzate per l’anno paolino

San Paolo,romano onorario Il sindaco Alemanno e il cardinal Vallini gli conferiscono simbolicamente la cittadinanza colloquio con il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo di Francesco Rositano l cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo è un po’ come San Paolo. Anche lui apostolo delle Genti: è stato nunzio apostolico in Papua Nuova Guinea, in Nicaragua, in Honduras, in Uruguay, in Israele. Dal 2005, il Papa lo ha voluto a Roma come arciprete della Basilica di San Paolo. Un incarico certamente non meno importante dei precedenti dal momento che gli è stata affidata la responsabilità di seguire “l’anno paolino”, che il Pontefice ha indetto per celebrare il bimillenario dalla nascita di San Paolo. «Ogni giorno - racconta il porporato a liberal - arrivano qui in Basilica circa 5.000 pellegrini: spesso vengono in gruppi, guidati dai vescovi, per celebrare una messa, per visitare la tomba e per ottenere il beneficio dei privilegi spirituali che il Santo Padre ha dato in forma penitenziale con l’indulgenza, oppure semplicemente per motivi turistici. In questa cornice abbiamo pensato anche a programmi diversi, che non sono strettamente liturgici, ma che sono anche di carattere più ampio: potremmo dire culturale». Ed è all’interno di questa cornice che si inquadra l’iniziativa ”San Paolo parla”, che prevede la lettura di brani scelti dalle lettere paoline, scadenzati da qui ad aprile 2009 e di volta in volta affidati a diversi rappresentanti della società civile: fondatori dei movimenti ecclesiali; personalità del mondo dello sport e dello spettacolo; rappresentanti della cultura e dell’informazione; e del mondo dell’economia e del lavoro. Il primo di questi

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eventi si è svolto ieri, in maniera solenne, con la presenza del sindaco di Roma, Gianni Alemanno e del cardinale Agostino Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma. «San Paolo - prosegue il cardinale - si sentiva cittadino romano. E non è un caso che abbia indirizzato proprio a questo popolo le celebri lettere ai romani, che sono state lette ieri». All’incontro, moderato dal vaticanista Pierio Schiavazzi, ha partecipato anche monsignor Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura e grande esegeta. Eminenza, qual è il significato di questa iniziativa?

oggi, quelli che rivestono un ruolo di responsabilità sia nella dimensione religiosa sia in quella civile e che quindi possono portare una loro personale testimonianza su questi temi: ecco perché abbiamo scelto il sindaco Alemanno e il cardinal Vallini, da poco nuovo vicario del Papa per la diocesi di Roma. Da notare inoltre che – per quanto si siano già incontrati – sarebbe la prima volta che fanno partecipano entrambi ad un evento pubblico. Non è né uno scontro, né un affronto perché da tutte e due le parti ci sia una testimonianza che ci dia una visione sulla lora esperienza individuale sull’impatto che può dare l’insegnamento di Paolo. Questo è lo scopo. Il Papa, parlando proprio in questa basilica in occasione dell’apertura del Sinodo, si è interrogato sul ”rigetto di Dio”, provocato da una certa cultura moderna. È questa la malattia della società contemporanea? Oggi siamo di fronte ad una società che ha dei difetti – lei la chiama malattia – sì una malattia. C’è una distanza da Dio. Da parte di molti c’è quasi un rifiuto, da parte degli altri c’è una accoglienza. Siamo davanti a dei contrasti che provocano nella società di oggi un’eliminazione dei contrasti violenti che possono arrivare ad una persecuzione, ad un’intolleranza. Ma, oltre a questo, ci troviamo anche in un momento caratterizzato da grandi manifestazioni di persone che continuano a cercare Dio: basta vedere l’accoglienza del Papa per la giornata mondiale della Gioventù, la visita in Francia e a Lourdes, oppure a quella negli Stati Uniti che ha provocato grandissimi entusiasmi e partecipazione anche al di là di quello che ci si potesse aspettare. Il che vuol dire che la gente ha bisogno di sentire la presenza di Dio, di sentire che Egli continua a parlare all’uomo di oggi, alla donna di oggi, alla società di oggi, alle famiglie di oggi. Non a caso, il Papa continua ad insistere su un punto importante: la vita della persona umana oggi deve essere un continuo colloquio con Dio. Dio continua a parlarci. La parola di Dio non è solo raccolta nella Bibbia e studiata dagli esperti: è una cosa che continua. Pensiamo alla storia di San Paolo, che ad un certo punto, sulla Via di Damasco, s’imbatte in una grande luce, in una grande voce che con violenza lo sbatte per ter-

Nelle sue epistole ai cittadini dell’Impero, centro del potere di allora, si trova la forza dei suoi insegnamenti in grado di parlare anche all’uomo contemporaneo Il suo scopo è quello di dare un aiuto nel rispondere ad una domanda fondamentale, che fa da fil rouge a tutti questi eventi, da quello di ieri all’ultimo che si svolgerà nell’aprile 2009: San Paolo parla ancora alla gente di oggi; la parola di Dio continua ad essere viva, vissuta, efficace e testimoniata? O è soltanto qualcosa che è raccolto nella Bibbia, nel Nuovo Testamento, raccolto in biblioteca per consultarlo ogni tanto? Come ho già cercato di spiegare. l’evento di ieri era rivolto in particolare agli abitanti di Roma. E per questa ragione abbiamo scelto, tra i romani di

In primo piano, l’esterno della Basilica romana di San Paolo Fuori le Mura. Qui sopra, un ritratto del cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, realizzato da una pittrice russa. A lato, un suo primo piano


cultura

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Le iniziative più importanti per celebrarlo

La via di Damasco di politici, imprenditori e sportivi

ra: «Saulo, Saulo, Saulo perché mi perseguiti?». Ma il suo modo di manifestarsi agli uomini, cambia, non è mai lo stesso: pensiamo ad esempio che al profeta Elia, Dio si è manifestato come una brezza leggera che arriva all’improvviso e ci spinge a cambiare vita, a dedicarci al prossimo. Come parla, secondo lei, San Paolo agli uomini contemporanei? San Paolo ha parlato ai romani di allora, ma è in grado di parlare ai romani di oggi. E ricordiamoci che la Roma di allora era al centro dell’Impero conosciuto, era al centro del potere, al centro dell’autorità. E San Paolo ha rivendicato di essere cittadino romano, tanto che quando lo hanno arrestato per condannarlo è ricorso a Roma dicendo: «Guardate, io sono cittadino romano». E ha scritto la sua lettera ai romani dove raccoglie la stragrande maggioranza e la forza dei suoi insegnamenti. San Paolo è stato uno dei primi martiri cristiani. Oggi assistiamo ad una nuova fase di persecuzioni verso chi professa la propria fede. Pensiamo all’India o all’Iraq. Qual è la via d’uscita? San Paolo è l’apostolo delle genti: ha avuto da Dio questo mandato. È lo strumento attraverso cui Dio fa conoscere la Sua parola ai popoli, ai gover-

nanti e ai figli d’Israele. Ecco perché è la figura migliore per la comunicazione e il contatto ecumenico, nel senso anche delle comunità cristiane e non cristiane per far arrivare a tutti questo messaggio. D’altra parte, nell’anno paolino, il Papa ha dato due obiettivi fondamentali: far conoscere meglio a cattolici in generale e a tutti la ricchez-

nell’anno paolino e avendo come tema fondamentale la parola di Dio, non può prescindere da una fortissima dimensione ecumenica: tanto che per la prima volta Sua Santità Bartolomeo I, patriarca di Costantinopoli (che è il primus inter pares, perché nella chiesa ortodossa la precedenza non viene dalle persone ma dalla sede), è stato per la prima volta invitato a partecipare a Sinodo aperto. Il Papa, inoltre, ha voluto che l’incontro si tenesse nella Cappella Sistina proprio per sottolineare questo aspetto: preghiamo insieme, ascoltiamo insieme la parola di Dio per tendere all’unità. Il senso di questo Sinodo è stato appunto proprio quello di sottolineare l’importanza della Parola di Dio, ma non come parola fissa ferma, chiusa in un libro. Anzi potrebbe essere fuorviante dire ”parola di Dio”. Dovremmo dire: «Dio che continua a parlare». E quindi non soffermarci sull’oggetto, ma sul soggetto, il vero protagonista. Ed proprio questo l’aspetto che il Sinodo vuole sottolineare nel suo messaggio e nel documento: come la parola di Dio funziona nella Chiesa e nella vita dell’individuo.

Il significato di questo Sinodo è stato quello di sottolineare l’importanza della Parola di Dio, non come qualcosa di immobile, ma anzi viva ed efficace

za del messaggio di Paolo valido ancora oggi. La seconda dimensione, invece, è quella ecumenica. Insomma, il Santo Padre ha voluto dire chiaramente: non facciamo separatamente quello che possiamo fare insieme per tendere all’unità che Dio stesso ha invocato per far sì che «tutti siano uno». Anche questo Sinodo ha avuto una forte dimensione ecumenica. Che ne pensa? Questo Sinodo, essendo stato indetto

ROMA. Cosa direbbe San Paolo alla Chiesa che è in Roma e agli abitanti della città, se scrivesse oggi la sua Lettera ai Romani? È questa la domanda che fa da filo conduttore al primo dei cinque incontri organizzati da qui a primavera nella Basilica di San Paolo e che avranno come protagonisti personaggi impegnati nei diversi ambiti della politica, dell’economia, dell’informazione, dello spettacolo e dello sport. Ogni incontro quindi avrà una sua specificità anche se rimarrà un appuntamento fisso: la presenza di un esegeta che avrà la responsabilità di guidare il pubblico nei significati profondi delle epistole di San Paolo. Ieri è stata la volta di monsignor Gianfranco Ravasi. Dopo di lui si alterneranno monsignor Rinaldo Fabris, monsignor Renato Penna, padre Enzo Bianchi e il professor Paolo Rocca. Quanto alle lettere scelte, dopo quelle ai romani, sarà la volta della ”Prima lettera ai Corinzi”, cui parteciperanno i fondatori dei più grandi movimenti ecclesiali. e epistole ai Corinzi. L’appuntamento è per il 24 novembre. Si prosegue, poi, con la ”Lettera agli Efesini”. Il 23 marzo, invece, si leggerà la ”Lettera ai Filippesi”, con la quale si confronteranno protagonisti ed esponenti del mondo della cultura e dell’informazione. Infine, il 27 aprile l’ultimo appuntamento riguarderà la ”I e la II Lettera a Timoteo”. Di grande rilievo culturale - oltre a questo ciclo di incontri messi in piedi anche grazie all’impegno di ”Elea”, la Scuola di alta formazione professionale acquisita dai Padri Concezionisti- anche il libro ”Paulus”, edito da Vydia Edizioni d’arte, che unisce in un unico volume gli atti degli apostoli e l’intero corpus paolino con 25 tavole dell’artista Alessandro Romano che rievocano, con una lettura personale, le vicende della vita di San Paolo. Preziosi anche l’introduzione dello storico Vincenzo Cappelletti e i commenti tematici ad ogni epistola di monsignor Fortunato Frezza, presentati sotto forma di confessione autobiografica dell’apostolo. «San Paolo - ha osservato monsignor Frezza in occasione della presentazione del volume - è una figura grandiosa e misteriosa, ricchissima sia umanamente, spiritualmente, apostolicamente, teologicamente e letterariamente e noi dobbiamo considerarci fortunati ad avere a Roma i luoghi della sua esperienza e del suo martirio».


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cultura

Medioriente. Le ferite e le speranze israelo-palestinesi nel nuovo romanzo di David Grossman

Il domani appartiene a loro? a voce del mio diletto! / Ecco, egli viene saltellando per i monti,/ balzando per i poggi:/ è simile il mio diletto a un capriolo/ o giovin cerbiatto». Così, nel Cantico dei cantici l’amata accoglie lo sposo. E pare che gli occhi si immergano in lui, pieni di voluttuosa tenerezza. E di nuovo, alla fine del Cantico, torna l’immagine dell’attesa e dell’accoglienza, dell’ebbrezza e della devozione: «Corri, o mio diletto, sii simile al capriolo/ o a giovin cerbiatto/ sui monti degli aromi». Ofer si chiama il figlio di Orah: ed Ofer in ebraico significa “cerbiatto”. La madre se lo coccola con lo sguardo mentre, in un negozio di abbigliamento, lui prova una camicia, e la commessa arrossisce. Come è bello suo figlio… Anche se pare «cieco alle emozioni».

«L

Sarà che tante, troppe ne ha viste durante il servizio militare. Perché non c’è pace sotto gli ulivi di Israele. Sangue chiama sangue, la Palestina è dilaniata, ebrei e arabi si odiano. E quando non c’è la guerra, c’è il terrorismo: i fiori rossi e neri del sangue e della morte. Ma adesso Ofer è stato congedato e la mamma lo ha raggiunto. C’è stato qualche dissapore tra loro, dopo che il matrimonio tra Orah e Ilan è finito, e il marito se n’è andato a giro per il mondo insieme all’altro figlio, Adam, lontano da lei, la non più amata. Comunque, adesso Orah e Ofer andranno in gita. Lei e il figlio, soli. Potranno parlare, ristabiliranno l’antica confidenza, lei ritroverà un “bambino” che ha vent’anni e ha fatto il soldato; e lui, la mamma, così visceralmente protettiva e “innamora-

di Mario Bernardi Guardi A fianco, lo scrittore israeliano David Grossman. In basso a destra, la copertina del suo nuovo romanzo “A un cerbiatto somiglia il mio amore” (Mondadori, 22 euro) e, in basso a sinistra, il muro fatto costruire da Sharon in Cisgiordania

ta”. Tutto è pronto per il viaggio in Galilea, che Orah vede come conferma di un legame. E, ancora, come promessa di futuro: un palpito di quella “pienezza” vitale che lei insegue da quando era una ragazzina. Ecco, il libro di David Grossman (A un cerbiatto somiglia il mio amore, Mondadori, pp. 781, euro 22) racconta proprio questa cerca appassionata e dolorante della “pienezza” in un mondo inquieto e lacerato. Che è quello di tutti noi, uomini “moderni”, e che in particolare è

“condiviso” è quello attraversato dal furore cieco di una ostilità “infinita”.

Forse ci si uccide proprio

In “A un cerbiatto somiglia il mio amore”, la straordinaria storia del legame tra una madre (Orah) e suo figlio (Ofer), intrecciata alla storia, alla politica, forse anche al “destino” di due popoli condannati a alla guerra quello di Israele, luogo cruciale, terribilmente “esemplare”, diremmo, del conflitto che separa, lacera, insanguina, laddove il paesaggio e i “nomi delle cose”, potenti ar-

chivi di memorie e suggestioni, chiamerebbero alla condivisione. Perché da qui attingono, insieme, coloro che credono al Libro: ebrei, islamici, cristiani. E tuttavia lo spazio

perché ci si somiglia troppo? La domanda, in questo straordinario romanzo di Grossman - una tessitura di pagine e pagine dove tutto appare finemente tracciato e mirabilmente “necessario” è come sospesa, mentre tumultuosamente, in affanno quasi, si snoda la vicenda “privata”. Urtando con violenza contro quello che è storia, politica, forse “destino” di due popoli condannati a scannarsi. A meno che… A meno che contro tutto questo ci si possa ribellare. Con una testimonianza meravigliosamente “inutile”. Tutta “femminile”. La sfida di Orah che,“offesa” dal presente, cerca in qualche modo di tenerlo a bada, di rimandare certi “appuntamenti”(fatali?), di custodire, finché può, la speranza di “vita”. E’ accaduto, infatti, che la gita è stata “rinviata”. Niente Galilea, Ofer “deve andare”. Ma dove? C’è in ballo un’operazione in Cisgiordania, metà Israele è stato mobilitato. Ma non aveva finito il servizio militare? E non c’era per l’appunto da festeggiare perché durante la ferma non si era fatto neanche un graf-

fio? Insomma, che cosa è successo? Davvero i superiori hanno bisogno di lui?

No, per i superiori Ofer è già un “civile”. E’ lui che sente la mancanza della prova del fuoco. E’ lui che ha chiesto di partire per combattere accanto ai propri compagni. Volontario, per altre quattro settimane. Ma Orah questa decisione non l’accetta. Non può far nulla per contrastarla, ma ugualmente “reagisce”. Non starà ad aspettare il ritorno del figlio. Non se ne starà a covare un presentimento che le grava addosso e che è già un incubo: il risveglio nel cuore della notte, come da protocollo dell’esercito israeliano, e la ferale comunicazione. “Difenderà” suo figlio dalla storia, non facendosi trovare da quegli uomini in divisa portatori di lutto. Ofer, il cerbiatto, resterà “vivo”, finché lei si ribellerà alla “morte annunciata”. Orah parte dunque per la Galilea: “doveva” andare, ci va. E’ con lei Avram, l’amico degli anni della gioventù. Un uomo che è tutto una ferita, inquieto, fragile, pieno di contraddizioni e di contrapposti slanci, ma capace ancora di starle accanto, se non altro dandole il conforto di un’altra, generosa, “debolezza”, nella battaglia contro la storia. E’ impossibile vincerla, ma va combattuta. Lei lo sa. E’ consapevole che Avram, il vecchio amico, le è vicino. Perché con Avram e con Ilan - da lui si è separata, e amaramente, ma un “passato”c’è, e come fai a buttarlo via? - il legame è profondo. Antico. Da quando tutti e tre, sedicenni, ricoverati nel reparto di isolamento di un piccolo ospedale di Gerusalemme durante la Guerra dei Sei Giorni, si sono “incontrati” nelle lunghe, buie ore del coprifuoco. Quando solo qualche raro fiammifero poteva svelare i tratti di un volto, ma le voci illuminavano, comunque, i segreti dell’anima. Non si rinnegano le notti dei doni.


spettacoli on è una modella. Nemmeno un’attrice. Si è affermata in questi ultimi anni per il suo talento musicale e la sua voce sensuale e carismatica. Ma Jonatha Brooke non è apprezzata solo come cantante e chitarrista. Ma anche come scrittrice. Paragonata a Virginia Woolf per i suoi testi coinvolgenti, che trascinano verso un mondo di ambiguità e paradossi, con la sua musica racconta storie d’amore, relazioni difficili, emozioni profonde. E le racchiude nelle sue canzoni. Rendendole immortali. Proprio come una scrittrice sa fare. I suoi dischi sono tutti un successo, a partire dagli anni Novanta fino ad oggi. Con The Work (2008), il suo ultimo album, dimostra di avere grandi progetti e la capacità di realizzarli. Tutti i più grandi artisti hanno interpretato i suoi brani, da Bob Dylan e Bruce Springsteen, a Joan Baez, da Ry Cooder e gli U2, a John Mellencamp, e Ani DiFranco. Da Woody discendono il folk revival e la moderna figura del cantautore contestatore.

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Jonatha Brooke, invitata dalla figlia di Woody, realizza questo omaggio al popolarissimo cantautore folklorista statunitense. Ed è la prima donna a farlo. Un progetto iniziato durante il Philadelphia Folksong Society nel 2007 e arrivato in studio di registrazione grazie al leggendario produttore Bob Clearmountain (che ha anche lavorato con Bryan Adams e The Rolling Stones) e musicisti di talento quali Steve Gadd alle percussioni e Christian McBride al basso. Con la partecipazione di altri ospiti come Keb’ Mo’ alla chitarra Dobro (All you gotta do is touch me), Derek Trucks (New star), Eric Bazialian (There’s more true lovers than one) e Glen Phillips (Sweetest angel). Una raccolta di cover, alcune romantiche, che parlano d’amore, altre più spirituali, non tra le più famose. Interamente arrangiate, registrate e prodotte dalla stessa Jonatha. Ma anche due brani originali, Little Bird e Taste Of Danger. Ad aprire il disco è una canzone folk tradizionale, My Sweet and Bitter Bowl, in cui Jonatha chiede che qualcuno le insegni ad amare e a combattere per la sua gente. Un piano jazz e un organo gospel fa da sottofondo alla sua splendida voce in My flowers grow green mentre il duetto acustico con Glen Phillips trova spazio nella romantica Sweetest Angel. Cantante folk, chitarrista, cantautrice e persino ballerina professionista, inizia la sua carriera nel 1980 accanto a Jennifer Kimball, con la quale forma un duetto, “The Story”. Iniziano a suonare per i locali di Boston, ai tempi del col-

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Eclettica. Arriva nei negozi il nuovo album della cantante “scrittrice” Jonatha Brooke

Torna in grande stile la Virginia Woolf della musica di Valentina Gerace lege, col nome di “Jonatha e Jennifer” ma non realizzano alcun demo. Nel 1991 incidono il loro album di debutto, Grace in Gravity, prodotto dalla Green Linnet records, un folk-jazz creativo caratterizzato dalle loro due voci dissonanti. Nel 1993 realizzano il loro secondo disco, The Angel in the house. Nel 1994 Jonatha decide di rendersi indipendente e intraprendere la carriera da solista. Dopo solo un anno realizza il suo primo album Plumb ancora firmato “Jonatha Brooke & The Story”anche se Kimball non è più presente. Il singolo Inconsolable viene utilizzato per la famosa serie televisiva “Buffy the Vampire Slayer”e l’intero disco è un enorme successo.

I brani raccontano sentimenti personali, cambiamenti, e scoperte di nuovi territori, esilaranti, emozionanti. Dalla melodia contagiosa di Linger (ai primi 5 posti nella

top chart dei brani più ascoltati dell’anno) che racconta di una ragazza che ama ma non ama, desidera tutto e il contrario di tutto. Sentimenti contrastanti, un amore che cambia giorno per giorno. A Your house dove casa è una metafora per indicare un luogo sicuro, confortevole, in cui due persone di ritrovano e si confidano i loro sentimenti. E ancora il profondo groove del brano Steady Pull. Dodici canzoni prodotte col leggendario produttore Bob Clearmountain, e artisti come Michael Franti degli Spearhead che contribuisce con una voce sexy e funky

nel brano Steady Pull e Neil Finn degli Crowded House fame, che l’accompagna nella esuberante ballata New Dress (un’altra metafora che descrive la sua relazione come un nuovo abito, una nuova vita. In cui si sente di poter dare più di quello che da). Dal 1990 Jonatha fonda col marito, il produttore Allain Mallet, la casa discografica Bad Dog con cui produce Back in the Circus nel 2004. L’album contiene delle splendide interpretazioni di cover di Alan Parsons Project (Eye in the Sky),The Beach Boys (God Only Knows), e James Taylor (Fire and Rain). Nel 2006 esce

“The Work” ha già fatto impazzire i numerosissimi fan, in fila alle ricevitorie per acciuffare i biglietti dei concerti previsti a New York, in Connecticut e nel Maine una combinazione di cd e dvd col nome di Live in New York. L’album è accompagnato da musicisti validi, Ingrid Graudins alle tastiere e alla voce, Nick D’Virgilio al basso e percussioni. Tra gli ospiti, il batterista Brian Blade e i chitarristi Gerry Leonard and Duke Levine che regalano alle sue canzoni una classe e una qualità davvero speciale. Nel 2005 ha occasione di esibirsi accanto alla famosa cantante Joan Osborne e Jane Siberry per il Women’s Rock Festival in Del Mar, California, e continua a fare concerti da sola in giro per gli Stati Uniti, soprattutto a New York, in Connecticut, e nel Maine.

Nel 2007 è la volta di Careful What You Wish For, in collaborazione con JC Chasez e Nick Lachey. Contiene la meditativa You’re a Beautiful Girl e grandi successi come Hearsay, Forgiven, Keep the River on Your Right, I’ll Leave the Light On (in cui duetta con Eric Bazilian). Oggi fa concerti in giro per gli Stati Uniti e i suoi fan sono ormai numerosissimi. Riesce a creare un’atmosfera intima col pubblico. Può far diventare un grande concerto un piccolo ritrovo, come trasformare un piccolo locale di New York nel Madison Square Garden. Ma per chi non ha modo di seguirla fisicamente, per il momento non resta che ascoltare il suo ultimo album.


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spettacoli

Cinema. All’Auditorium torna di moda il genere western

Il film più applaudito del West “Appaloosa” conquista il Festival di Roma Deludono Matteo Rovere e Daniele Vicari di Alessandro Boschi iano piano il Festival Internazionale del film di Roma sta prendendo quota. Al di là di una fisionomia incerta questa edizione sembra avere al proprio arco delle frecce di qualità. La gran quantità di film presenti in questo senso aiuta, ma dire che “tra tanti qualcuno buono ci sarà” significa sminuire un imponente lavoro che, se non di selezione, almeno di accumulo è stato fatto. Tra i film visti in questo fine settimana vale la pena citarne almeno un paio, forse tre, forse quattro, con esiti e diffusione diversa. Partiamo dalle cose di casa nostra. L’italiano Un gioco da ragazze, diretto da Matteo Rovere, fa venire voglia, come si diceva una

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volta, di tirare le sedie sullo schermo. Questo almeno per i primi dieci minuti. Poi migliora e diventa semplicemente un film brutto, brutto e sbagliato. Brutto perché prevedibile in ogni fotogramma, e sbagliato perché nel voler disegnare le psicologie dei personaggi, delle adolescenti viziate e “cattivemanontroppo” non riesce mai ad essere convincente, rimane in superficie come se non riuscisse a padroneggiare la materia. Ci domandiamo anche quanto collirio abbia usato la produzione per consentire a Filippo Nigro di tenere gli occhi spalancati dall’inizio alla fine. Il divieto ai minori di 18 anni più che un danno per i produttori sembra un favore fatto a quella fetta di pubblico esclusa.

Per gli appassionati è a dir poco imperdibile. La storia, come in ogni western che si rispetti, è semplice ed essenziale

Ma d’altra parte anche il tanto atteso Il passato è una terra straniera di Daniele Vicari non coglie nel segno. La coppia mista Elio Germano (sempre bravo nonostante ci offra una delle sue prove meno convincenti) e Michele Riondino, mista perché il primo è il rampollo di una famiglia quasi bene di Bari e il secondo un baro con problemi relazionali, funziona solo a metà. Si ha sempre la sensazione che la storia tratta dal libro di Gianrico Carofiglio imbrigli l’estro di Vicari. A dirla tutta, anche i due romanzi dello stesso autore adattati per la televisione non si sono distinti per originalità. Storie bolse e senza mai un guizzo. Temiamo che per Vicari sia un passo indietro, perché francamente ci aspettava di più, invece il risultato è interlocutorio, come quando una grande squadra di calcio pareggia in trasferta in casa di una provinciale. E

poi apparve Appaloosa. Per chi è appassionato di cinema western, magari dei western di Howard Hawks, questo è un film assolutamente imperdibile. Diretto ed interpretato da Ed Harris, Appaloosa conquista praticamente tutta la platea del Santa Cecilia.

La storia, come in ogni western che si rispetti, è semplice ed essenziale. Un cattivo che imperversa al di sopra della legge, un gruppetto di notabili che si sente minacciato, e una coppia di pistoleri a pagamento (ciò è molto riduttivo) che i notabili stessi assume per rimettere le cose a posto. Dimenticavamo, una donna preda di ogni maschio dominante che si aggiri dalle sue parti, emblema di una morale relativa e contestuale. La morale, appunto. Appaloosa è una storia in cui la morale è costruita passo dopo passo da personaggi, al contrario, assolu-

tamente manichei. Emblematica la figura di Allison French, interpretata da Renée Zellweger. Allison è una donna che ha paura, è che quindi si sente autorizzata a qualsiasi azione che la preservi dalle disgrazie e dai rischi che la dura vita del west potrebbe riservarle. Per qualsiasi azione si intende andare a letto con chi comanda. Virgil Cole (Ed Harris), che è in un certo senso ne è innamorato, scopre presto questa disinvolta tendenza della signora. Ma non vuole rinunciare a una donna che sa stare a tavola, cucinare e che si fa il bagno ogni sera prima di coricarsi.

Pensandoci bene non è una assurdità, e non solo in quel

contesto. Quindi Allison ha un carattere ben determinato: «Attenti a chi le ronza intorno, perché se è uno che domina lei ci va a letto». Ma a Cole questo va bene, perché le donne a certe cose servono ed è sciocco fare gli schizzinosi. E poi magari l’ama davvero, in un certo senso, essendo ella la prima donna che frequenta che non sia una squaw o una sgualdrina, ed ella ama lui.

È ovvio che questo non significhi fidarsi di lei, ma per questo c’è l’amico Everett interpretato da Viggo Mortensen (sarà il caso


spettacoli

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La Genova inedita di Fabrizio De André

Quel “Faber” artefice del proprio destino di Marco Ferrari el gennaio 1999, nella ventosa piazza di Carignano, collina genovese che domina il mare, al termine di un toccante funerale poco dopo il decesso avvenuto il giorno 11, il maestrale trasportava via l’ultimo sorriso di Fabrizio De André. Da allora, ogni mattina, qualcuno lascia una sigaretta, un fiore, un pensiero o una poesia davanti alla cappella di famiglia, al cimitero di Staglieno.

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di dire che anche questo è un grande attore). Il rapporto tra i due pistoleri è la parte migliore del film, il suo cuore e la sua pancia. Sembrano, scusateci l’ardire, Mosè ed Aronne: entrambi hanno il fucile, o la pistola, al posto della verga, e non se ne separano mai, e Virgil Cole, come Mosè, ha difficoltà nell’esprimersi.

Solo che Mosè era afflitto da balbuzie, Cole, in questo senso più evoluto, dalla difficoltà che incontra nel pronunciare parole troppo elaborate. Per questo si serve di Everett-Aronne, che le pronuncia o le completa al posto suo. Alcuni dialoghi sono fantastici, sempre pronunciati

Sopra, la locandina del film western “Appaloosa”, del regista Ed Harris (a sinistra), con Renée Zellweger (in basso a sinistra) e Viggo Mortensen (in alto). A destra, un’immagine del cantautore genovese Fabrizio “Faber” De André

con un filo di voce. Il film è scritto dallo stesso Harris con Roberto Knott ed è tratto da un romanzo di Robert P. Parker. Per il ruolo del cattivo si è pensato a Jeremy Irons, ovviamente perfetto, e tra i tanti comprimari citiamo Timothy Spall, che temiamo sappia fare tutto e tutto sempre molto bene.

Appaloosa è uno di quei film che a raccontarli non si rende l’idea, perché esemplare nella sua essenzialità. Il western, è ufficiale, non morirà mai. D’altra parte quando Kevin Kostner inizio le riprese di Balla coi lupi fu preso per un pazzo, poi sappiamo come è andata a finire. Obtorto collo non possiamo esimerci dal dire due parole su Il sangue dei vinti, tratto dal libro omonimo di Giampaolo Pansa e diretto da Michele Soavi: speriamo, per gli autori, che scoppi la polemica e che questa faccia dimenticare al più presto il film. A tutti.

Il decennale della scomparsa del grande cantautore genovese parte con largo anticipo: domani, alle ore 23 al Festival del Cinema di Roma verrà presentato il film Amore che vieni amore che vai diretto da Daniele Costantini. La pellicola è ispirata al romanzo Un destino ridicolo che De André scrisse con Alessandro Gennari, anche lui morto prematuramente. Una storia ambientata negli anni Sessanta tra Genova e altre città, protagonisti un protettore, un pastore sardo e un contrabbandiere francese tra uomini in fuga, papponi, prostitute e locali malfamati. Insomma, il mondo dei vicoli di André dove ora sono in rivolta le vecchie Boccadirosa in odore di sfratto dai loro vetusti bassi nelle stradine laterali a Via del Campo. Qualche ora prima, alle 20.30, il Festival di Roma mostrerà il documentario Effedia, sulla mia cattiva strada di Teresa Marchesi promosso dalla Fondazione De André, poi in vendita come cofanetto contenente un dvd, con una serie di interviste e due cd con diversi pezzi.Tra questi alcuni inediti ritrovati nell’archivio di Edward Neill, il musicologo che custodiva nella casa-studio genovese di Via San Luca il più ricco repertorio di musica popolare italiana. Le canzoni sono Bella se vuoi volare, rielaborazione di un pezzo della tradizione genovese, Bella se vuoi venire, con molte variazioni da parte dell’autore, Maria Giuana, canto popolare piemontese e Sui monti della Savoia, scritta dal cantante e musicata con un organino. I brani sono stati registrati a metà degli anni Sessanta a testimonianza di una passione giovanile per la musica dialettale e popolare che porterà poi De André a ideare tutto il capitolo in

lingua genovese legato a Creuza de ma. Mentre Massimo Bibula annuncia per dicembre il cd Dall’altra parte del vento con pezzi scritti assieme a De André, i vecchi amici genovesi De Scalzi e Di Palo, anime dei New Trolls, raccontano in un libro, curato da Antonio Oleari (Aereostella editore), Un viaggio lungo 40 anni: senza orario senza bandiera partendo dal disco pubblicato nel 1968 dalla mitica formazione con i testi di Fabrizio. Chiarelettere, invece, manda in libreria Evaporati in una nuvola rock, volume storico e fotografico di Guido Harari e di Franz Di Cioccio, vulcanico batterista della Pfm. Harari, esperto di concerti, segue De André nelle sue tournée immortalando in gesti e pose quotidiane, fuori dagli schemi della comunicazione ufficiale mentre Di Cioccio lo ritrae come personalità ricca di carisma, colta e irrequieta. In quel frangente della carriera il cantautore si era ritirato in Sardegna, voleva rinunciare alla musica, fare l’agricoltore, ma i ragazzi della Pfm seppero ricondurlo sul sentiero del rock. Genova si appresta a tributargli un omaggio indimenticabile con una grande mostra multimediale che si aprirà il 31 dicembre a Palazzo Ducale, non una mera esposizione documentaria di oggetti “simbolo” ma un rapporto diretto con Fabrizio, secondo una scelta e un’elaborazione personale anche emotiva.

Inizieranno domani, a dieci anni dalla scomparsa, le celebrazioni alla Festa di Roma

Il percorso espositivo non sarà suddiviso rigidamente per aree tematiche e cronologiche, ma sarà organizzato in modo da rendere il racconto e la rappresentazione visiva, testuale, musicale per un pubblico che potrà scegliere quale immagine di “Faber” sviluppare per sé, in relazione con il proprio vissuto. Su Fabrizio ha infine messo gli occhi, ma anche l’orecchio, il regista Wim Wenders che lo colloca nell’olimpo della canzone mondiale con Dylan, Morrison, Cohen e Brel. Il regista tedesco si è fatto promotore di un concerto-omaggio da tenere a New York e ha deciso di filmarlo per intero. Forse alla fine avrà ragione Fernanda Pivano: «Si dice che Fabrizio sia il Dylan italiano, perché non dire che Dylan è il Fabrizio americano?».


opinioni commenti lettere proteste giudizi proposte suggerimenti blog L’OCCHIO DEL MONDO - Le opinioni della stampa internazionale

dal “New York Times“ del 27/10/2008

Theodor Roosevelt tiferebbe per Obama di Edmund Morris ex presidente nato esattamente 150 anni fa, è stato intervistato nella casa della sua infanzia, al 29 East della ventesima strada. Roosevelt è stato a lungo una presenza inquietante, come fantasma, da quelle parti. Il posto oggi si è trasformato in una dimora storica, in qualità di “Casa natale”. Per la sua veneranda età e quindi per le conseguenti condizioni del suo udito, non sappiamo quanto sia informato sugli argomenti della cronaca attuale. Ma farà, come sempre, del suo meglio per farsi capire. Buon compleanno signor Presidente! O preferisce essere chiamato Colonnello? Una volta avevo la qualifica di presidente. Il fatto di averla avuta per due volte ha significato solo poter mettere in pericolo la reputazione conquistata nel primo mandato. «Colonnello», allora. Pensa che il Congresso eletto due anni fa come ostacolo all’amministrazione Bush, abbia assolto il suo compito? Sono sofferente per il ritardo, per le bestialità, per la fatua quanto compiacente inefficienza e per il tentativo di scambiare una scintillante retorica con i fatti.

L’

Ne fa una colpa alla maggioranza democratica alla Camera? Un buon numero di senatori, anche del mio stesso partito, hanno dimostrato di avere la spina dorsale degna di un verme Spero che in questi non includa la coppia in corsa per le presidenziali! Cosa pensa di John McCain? La cita sempre come modello. È evidente che è un personaggio camaleontico che prende le caratteristiche di chi gli sta intorno. Non è solo imprevedibile, come era stato lei? (ride) Si dice che nulla sia più imprevedibile di un cinghiale che corra sul ghiaccio. Se non vuole stare in piedi, può anche sdraiarsi. Mr. McCain si è sempre fregiato per la sua indipendenza. Almeno fino a quando non ha deciso di accettare consigli da manager e generali in pensione. Ma la realtà è che ora questi consiglieri si sono resi conto del fatto di averlo quasi rovinato. A Washington oggi lei è sempre più visto come il padre del controllo centralizzato, esecutivo e legislativo. Le grandi corporation esistono esclusivamente perché create e protette dalle

nostre istituzioni; è perciò un nostro diritto e dovere vedere se esse lavorano in armonia con queste istituzioni. Anche ora che stiamo vedendo la fine di un’altro lungo periodo di economia laissez-faire? Queste nuove condizioni fanno sì che sia necessario scuotere i furbetti, come nel passato abbiamo dato uno stop alla forza del mercato. Le grandi fortune personali e corporate, le grandi combinazioni di capitali... Ancora più grandi ai suoi tempi. John D, Rockfeller era più ricco di Bill Gates, dollaro su dollaro. Giusto. Ma adesso la prego, lasci che questa conversazione rimanga un monologo, il più a lungo possibile Mi scusi, stava dicendo della vasta associazione di capitali... ... crea nuove condizioni e ha bisogno di un cambio rispetto al vecchio approccio dello Satto e della nazione nei confronti delle leggi che normano l’acquisizione e il libero utilizzo negli affari della proprietà. È dunque d’accordo con l’operazione federale di bail out? Penso che dovremo abituarci al fatto che ci sia un incremento del controllo governativo quando sia necessario Qual’è la sua impressione su Barack Obama?

A meno che non stia prendendo un grande abbaglio, la gente ha compreso che desidera dei nuovi strumenti per fare politica Non è spaventato che sia un uomo solo di parole? Come Woodrow Wilson che una volta lei ha definito «logoteta bizantino» (un calcolatore)? È altamente desiderabile che che un leader d’opinione in una democrazia debba essere in grado di esprimere le sue idee in modo chiaro e convincente In politica estera non ha l’esperienza del suo rivale McCain. Come presidente che immagine dell’America darebbe nel mondo? È sempre pagante per una nazione essere un gentleman Un ultima domanda colonnello. Se si dovesse ricandidare e fare campagna elettorale oggi, si definirebbe ancora repubblicano? No.

NON SI PUÒ METTERE IN DISCUSSIONE L’APPORTO SCIENTIFICO DI EINSTEIN

SIAMO DAVVERO SICURI CHE IL PREMIER SIA UN “CIALTRONE”?

Siamo pieni di stupore per l’articolo pubblicato il 21 c.m. firmato da Emilio Spedicato. Riteniamo che la rilevanza di Einstein nell’evoluzione della scienza moderna è fuori discussione. Ovviamente i suoi risultati scientifici sono anche il coronamento di studi di chi l’ha preceduto e anche della sua interazione con altri scienziati suoi contemporanei. Ma mai come nel caso di Einstein si può affermare che il suo contributo è stato straordinario. Basterebbe solo pensare che la sua teoria della Relatività generale è tuttora insuperata ed è uno dei pilastri della fisica moderna. Sull’aspetto della vita privata nessuno ha mai detto che fosse uno stinco di santo ma questo nulla toglie ai suoi grandi meriti tra i quali il suo eccezionale impegno pacifista come è documentato dalla Storia. Il livore dell’articolo citato fa pensare alla malafede di chi lo scrive e ci ricorda tristemente le accuse che venivano mosse ad Einstein dagli antisemiti nazisti. Cordiali saluti.

Qualcuno dovrà pur chiarire cosa accade nella strana politica italiana. Ho un fondato sospetto che si stia tentando, come suol dirsi, a “buttarla in vacca”: vengono messe in bocca a Berlusconi delle dichiarazioni e successivamente il premier è costretto a smentire ed il gioco è fatto! Silvio è inaffidabile, bugiardo, superficiale, mentitore. E dagli oggi e dagli domani, chissà che questo giochino non dia i suoi frutti! Pensano! Polizia nelle scuole, rottamazione e altro... sì l’ha detto, no lo nega! Che strano signore, questo Berlusconi: ha saputo far bene tutto, diventare uno dei più ricchi, idee geniali, Milano uno, due, la Tv, ecc. e per la sinistra invece è in pratica un cialtrone: siamo sicuri che il cialtrone sia lui?

Liliana Cavani e Gino Isidori - Roma

KILLER SPAZIALE Qualcuno ha approfittato dell’oscurità del cosmo per nascondere l’arma di un delitto. Una galassia a spirale dalla forma appuntita, soprannominata “lama di coltello”.Ma gli astutissimi Sherlock Holmes spaziali l’hanno finalmente ritrovata ed eccola brillare di un bagliore sinistro in una foto spaziale

Gentile Signora Cavani, gentile signor Isidori, le opinioni espresse dal professor Emilio Spedicato su Einstein sono opinabili come tutte le opinioni. Forse è solo fuori luogo il vostro riferimento al nazismo. Del resto, è per noi motivo di “rassicurazione pluralista” il fatto che il medesimo articolo comparisse di spalla rispetto a una lunga intervista con la signora Liliana Cavani.

Lettera firmata

LA SOLITA SINISTRA SPARA A ZERO SUL GOVERNO BERLUSCONI Veltroni ha detto che gli Italiani sono meglio del governo, con chiaro riferimento naturalmente, ai soli cittadini che hanno partecipato alle manifestazioni sulla scuola, mentre coloro che hanno dissentito e sono rimasti a casa, rappresenteranno per lui sicuramente cittadini di serie B. Noto con sdegno che la politica delle freccette sull’immagine di Berlusconi continua, senza rendersi conto che i temi della scuola sono sentiti anche a destra, ma l’atavica demonizzazione del premier e del conseguente governo, è talmente perdente che sicuramente farà perdere ulteriori punti a tutta la sinistra.

Bruno Russo - Napoli


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dai circoli liberal

Come dominare lo spirito che a volte fa soffrire Ubbidisco a un’emozione del cuore, amore mio, che mi suggerisce di augurarti la buona notte! Prima di andare a riposare, con più tenerezza di quanto potrei fare domani, quando scriverò un paio di righe affrettate sotto gli occhi del Colonnello… Non puoi immaginare con quanto piacere pregusto il giorno in cui inizieremo praticamente a convivere, e sorrideresti sentendo tutti i progetti di lavoro che ho in mente, ora che sono sicura che il mio cuore ha trovato pace nel tuo seno. Abbi cura di me con la tenerezza dignitosa che ho rinvenuto solo in te; e la tua cara bambina cercherà di dominare lo spirito volitivo che a volte ti ha fatto soffrire. Sì, sarò brava, per meritare di essere felice, e finché tu mi amerai non potrò ricadere nello stato pietoso che rendeva la mia vita un fardello troppo pesante da sostenere. Io ti amo più di quanto tu creda: ti amo più delle preghiere del mattino, più della pace e del cibo che ristora. Più del sole che riscalda, più del piacere della carne, e anche più della vita…Comunque, buona notte! Dio ti benedica! Sterne dice che questo equivale a un bacio… eppure preferirei darti anche un bacio, poiché ardo di gratitudine verso il Cielo, e di affetto per te. Mi piace la parola affetto perché significa una cosa abituale, dobbiamo incontrarci presto, per vedere se abbiamo abbastanza volontà da riscaldarci i cuori. Sarò al cancello poco dopo le dieci domani. Mary Wollstonecraft a Gilbert Imlay

ACCADDE OGGI

IL NUOVO CHE AVANZA PURTROPPO NON FA DIMENTICARE IL PASSATO Italia, Pd studios. È in questi teatri di posa che ha preso vita gran parte delle avventure della nuova sinistra. Se le sedi locali sono quelle vecchie, storiche, dove avvengono sempre le medesime cose, l’essenziale loft a Roma è il luogo in cui si consumano i momenti più romantici della saga della sinistra ex comunista ed ex democristiana finalmente unite. Dietro all’ambientazione in stile moderno e minimale c’è il genio scenografico e cinematografico di Walter Veltroni e di quel mezzo architetto di Francesco Rutelli, il duetto delle spettacolari notti bianche romane. Il contorno in cui si muovono per loro è importante quanto gli attori che li affiancano. Ecco perchè apprezzano la Melandri, Morando, Letta e Franceschini e non vedono di buon occhio D’Alema, Bersani e Marini. Troppo vecchi, logori e superati questi ultimi. Ora è il loro turno, sono loro in pole position, pensano i Nostri. Che i vecchi leaders lascino spazio alla loro creatività, che da sempre segue questa filosofia: partire dalla realtà e parlare dei problemi è noioso, meglio immaginarne una nuova, più scintillante, progressista, briosa e alla moda. Cosa davvero molto difficile, per noi, distinguere il vecchio dal nuovo.

Pierpaolo Vezzani - Correggio

CARO SANTORO, I TELESPETTATORI SONO SIA DI SINISTRA CHE DI DESTRA Sandro Curzi, consigliere Rai, dichiara che «ancora una volta una trasmissione televi-

e di cronach di Ferdinando Adornato

Direttore Responsabile Renzo Foa Direttore da Washington Michael Novak Consiglio di direzione Giuliano Cazzola, Gennaro Malgieri, Paolo Messa Ufficio centrale Andrea Mancia (vicedirettore) Franco Insardà (caporedattore) Luisa Arezzo Gloria Piccioni Stefano Zaccagnini (grafica)

28 ottobre 306 Roma: Massenzio viene proclamato imperatore

1492 Cuba: Cristoforo Colombo sbarca in America

1636 Cambridge (USA): viene fondata l’università di Harvard 1868 Stati uniti: Thomas Edison registra il suo primo brevetto 1886 New York: il presidente Grover Cleveland inaugura la Statua della Libertà 1919 Stati uniti: inizia il proibizionismo 1922 Marcia su Roma di Mussolini 1940 Seconda guerra mondiale: l’Italia invade la Grecia 1958 Roma: eletto Papa Giovanni XXIII (Angelo Giuseppe Roncalli) 1962 Crisi dei missili di Cuba: Il leader sovietico Nikita Krushov annuncia lo smantellamento delle basi missilistiche a Cuba 1965 Roma: Papa Paolo VI promulga l’enciclica Nostra Aetate

Redazione Mario Accongiagioco, Massimo Colonna, Antonella Giuli, Francesco Lo Dico, Errico Novi, Francesco Pacifico, Riccardo Paradisi, Clara Pezzullo (segreteria), Susanna Turco Inserti & Supplementi NORDSUD (Francesco Pacifico) OCCIDENTE (Luisa Arezzo e Enrico Singer) SOCRATE (Gabriella Mecucci) CARTE (Andrea Mancia) ILCREATO (Gabriella Mecucci) MOBYDICK (Gloria Piccioni) Collaboratori Francesco Alberoni, Maria Pia Ammirati, Mario Arpino, Bruno Babando, Giuseppe Bedeschi, Sergio Belardinelli, Stefano Bianchi, John R. Bolton, Mauro Canali, Franco Cardini, Carlo G. Cereti, Enrico Cisnetto, Claudia Conforti, Renato Cristin, Francesco D’Agostino, Reginald Dale, Massimo De Angelis, Anselma Dell’Olio, Roberto De Mattei, Giancristiano Desiderio,

siva libera, impegnata e intelligente, come Annozero di Santoro, viene messa al centro di polemiche di parte e strumentali». È vero, libera di attaccare gli avversari della sinistra, impegnata ad alimentare sempre polemiche utilizzando il danaro del canone Rai, in quanto ad intelligente non c’è dubbio, le trasmissioni cretine sono in Mediaset, dove il proprietario dovrebbe, con libertà ed impegno, restituire intelligentemente“pan per focaccia”. Ma è una Tv commerciale e priorità vuole che contino ascolti e pubblicità al top: l’Italia è fatta di telespettatori di destra e di sinistra e gli affari sono affari, vero Presidente?

Leopoldo C. Guerrieri Roseto degli Abruzzi

UNA MANIFESTAZIONE INUTILE: IL PD SA SOLTANTO CRITICARE Mi sforzo di non essere prevenuto nei confronti dei comportamenti mediatici degli esponenti dell’opposizione, ma quando sento che le manifestazioni, a pochi mesi dalla partenza della nuova legislatura, sono necessarie perché il governo sta deludendo gli italiani, allora resto sconfortato, perché non è vero che il premier ha voltato faccia all’opposizione, anzi, sin dall’inizio ha accettato il governo ombra e ha evocato l’importanza del dialogo: le risposte sono testimoniate dalle parole dei leader del Pd che ne sono venute. Criticare, criticare e, purtroppo, aizzare la gente.

Lettera firmata

Alex Di Gregorio, Gianfranco De Turris, Luca Doninelli, Rossella Fabiani,Vincenzo Faccioli Pintozzi, Pier Mario Fasanotti, Aldo Forbice, Giancarlo Galli, Pietro Gallina, Riccardo Gefter Woondrich, Roberto Genovesi, Arturo Gismondi, Raphael Glucksmann, Alberto Indelicato, Giorgio Israel, Robert Kagan, Filippo La Porta, Maria Maggiore, Paolo Malagodi, Marzia Marandola, Andrea Margelletti, Adriano Mazzoletti, Angelo Mellone, Assuntina Morresi, Roberto Mussapi, Francesco Napoli, Andrea Nativi, Ernst Nolte, Michele Nones, Giovanni Orsina, Emanuele Ottolenghi, Jacopo Pellegrini, Adriano Petrucci, Leone Piccioni, Francesca Pierantozzi, Daniel Pipes, Marina Pinzuti Ansolini, Gianfranco Polillo, Loretto Rafanelli, Carlo Ripa di Meana, Claudio Risé, Eugenia Roccella, Roselina Salemi, Carlo Secchi, Katrin Schirner, Emilio Spedicato, Davide Urso, Marco Vallora, Sergio Valzania

AMBIENTE ED ENERGIA Eolico, solare termico e fotovoltaico, biomasse.Negli ultimi anni, è sempre più frequente sentire parlare di fonti di energia rinnovabile, alternative al “vecchio” petrolio che, mese dopo mese, diventa sempre più costoso. Ma il prezzo da pagare per utilizzare il petrolio non è semplicemente economico: l’inquinamento, il riscaldamento del pianeta, il conseguente scioglimento dei ghiacciai, formano una catena lunga e indissolubile, che porterà, nei prossimi 30 anni, importanti modifiche a livello naturalistico in tutto il mondo. È soprattutto per questi motivi che, a livello internazionale, si moltiplicano le campagne a favore delle energie alternative. In Puglia, a Taranto, la situazione sull’inquinamento è grave e l’ambiente circostante è al collasso. Nei prossimi giorni il Governatore pugliese Nichi Vendola presenterà al consiglio regionale una legge che imporrà all’Ilva, uno dei centri siderurgici più grandi nel mondo, la riduzione delle emissioni inquinanti. Il governatore spiega che una fabbrica del genere non avrebbe vissuto a lungo in nessuna parte d’Europa, e qui in Puglia, invece, attraverso il ricatto della disoccupazione che si avrebbe dalla chiusura dello stabilimento. Si evince che superare la dipendenza dal petrolio non è affatto facile. Nel marzo 2007 il Consiglio europeo ha posto degli obiettivi per i Paesi europei che devono essere raggiunti entro l’anno 2020 e che consistono essenzialmente nella produzione pari al 20% di energia da fonti rinnovabili. Si tratta di una sfida che richiede da parte di tutti i protagonisti dello scenario energetico un impegno attivo e costante. È necessario allora porre in essere politiche che incentivino la creazione di impianti produttivi da energia rinnovabile attraverso la convenienza economica. Alcuni provvedimenti in questa direzione prevedono interventi per semplificare “l’accesso alla rete”per gli impianti alimentati da energie rinnovabili e sono state fissate condizioni economiche di favore per i piccoli impianti che producono da queste fonti. Anche l’Enea ha recentemente proposto un sistema di risparmio energetico che prevede la realizzazione di “eco edifici” collegati in rete in grado di produrre energia autonomamente, riducendo le emissioni di anidride carbonica. Francesco Facchini CIRCOLO LIBERAL LEVANTE

APPUNTAMENTI VENERDÌ 7 NOVEMBRE 2008, ALLE ORE 11, PRESSO PALAZZO FERRAJOLI A ROMA Riunione Nazionale con i coordinatori regionali, provinciali e comunali dei Circoli liberal

Società Editrice Edizioni de L’Indipendente s.r.l. via della Panetteria, 10 • 00187 Roma

Distributore esclusivo per l’Italia Parrini & C - Via di Santa Cornelia, 9 00060 Formello (Rm) - Tel. 06.90778.1

Amministratore Unico Ferdinando Adornato

Diffusione Ufficio centrale: Luigi D’Ulizia 06.69920542 • fax 06.69922118

Concessionaria di pubblicità e Iniziative speciali OCCIDENTE SPA Presidente: Marco Staderini Amministratore delegato: Angelo Maria Sanza Consiglio di aministrazione: Ferdinando Adornato, Lorenzo Cesa,Vincenzo Inverso, Domenico Kappler, Emilio Lagrotta, Gennaro Moccia, Roberto Sergio Amministrazione: Letizia Selli, Maria Pia Franco Ufficio pubblicità: Gaia Marcorelli Tipografia: edizioni teletrasmesse Editrice Telestampa Sud s.r.l. Vitulano (Benevento) Editorial s.r.l. Medicina (Bologna) Agenzia fotografica “LaPresse S.p.a.”

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e di cronach

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Questo numero è stato chiuso in redazione alle ore 19.30


PAGINAVENTIQUATTRO Regali. A rischio nel Regno Unito quelli provenienti via mare dall’Oriente

I pirati somali ora minacciano

BABBO NATALE di Maurizio Stefanini pirati somali hanno bloccato Babbo Natale sulla via dell’Inghilterra. No. Non è un riadattamento all’epoca del jihad marittimo di una trama stile La freccia azzurra: il racconto di Gianni Rodari del 1974, da cui il cartone animato di Enzo D’Alò del 1996, in cui era il vecchio segretario Scarafoni ad avvelenare la Befana, per poter così consegnare i giocattoli solo a pagamento. Non è una favola, e dunque lo sappiamo già che i regali, sia per la Befana che per Babbo Natale, li comprano in realtà i genitori. Per comprarli, però, bisogna che prima siano prodotti: e se dagli anni ’60 l’etichetta imperante sui balocchi era già quella di Made in Hong Kong, adesso impera invece il Made in China. Molti aggeggi elettronici sono comunque fatti anche a Taiwan, Corea del Sud, Singapore, Malaysia o Thailandia, mentre alcune merci a minor valore aggiunto approfittano della manodopera a basso prezzo di India, Pakistan e Vietnam. Comunque, viene quasi tutto dall’Estremo Oriente: come d’altronde la gran parte delle merci da regalo anche per gli adulti. E ancora di più nel Regno Unito, terziarizzato e deindustrializzato dopo la “rivoluzione” di Margaret Thatcher.

I

Siamo nell’epoca dell’aereo, ma le merci viaggiano ancora soprattutto via nave, coi container costa di meno, e poi non ci sono particolari problemi di tempo, se il flusso si mantiene continuo. Ma coi pirati appostati nell’Oceano Indiano per colpa del collasso dello Stato somalo, oltre trenta navi in un anno sono state catturate nella zona: più ancora che per saccheggiare il loro carico, per poter chiedere lucrosi riscatti in cambio di scafi e equipaggi. Per evitare guai, sempre più imbarcazioni stanno dunque prendendo la via del Capo di Buona Speranza, evitando quella più rapida ma più rischiosa di Suez. Secondo l’International Chamber of Shipping, almeno due compagnie hanno già dato il permesso ai capitani di dirigersi per il percorso più sicuro, e altre compagnie si starebbe accingendo a fare altrettanto. In via generale non è un pro-

blema particolare, una volta che il flusso è stabilito. Ma, appunto, lo spostamento delle rotte sta avvenendo adesso, e un po’ di tempo verrà perso nel cambio: in media, tre settimane. Le navi che erano partite pensando di arrivare entro una certa data, per colpa della virata arriveranno un po’ più tardi. E per il Regno Unito, che si trova un po’ più lontano degli altri Paesi europei dall’Estremo Oriente, questo ritardo verrà a coincidere proprio con le feste natalizie. Insomma i regali di Babbo Natale, e anche la gran parte delle altre merci per le feste di fine anno, in qualche modo arriveranno comunque. Ma a metà gennaio, o anche oltre. Al massimo, potrà farci festa la minoranza degli immigrati di fede ortodossa, le cui ricorrenze re-

ligiose seguono ancora il calendario giuliano. L’allarme lo ha dato la British Chamber of Shipping: a Natale mancherà di tutto, dai vestiti al carburante, se non si prenderanno misure efficaci per porre fine alle scorribande dei pirati al largo delle coste della Somalia e nel Golfo di Aden.

Anzi, l’avvertimento è che anche altri paesi dell’Europa Occidentale potrebbero avere un problema analogo: la gran parte delle merci dell’Estremo Oriente entra nel Continente dal porto olandese di Rotterdam, che non è che è poi tanto più vicino rispetto a Felixstowe, Tilbury o Southampton. Solo che gli inglesi, dall’alto della loro maggiore esperienza marina-

L’allarme lo ha lanciato nei giorni scorsi la British Chamber of Shipping: per le feste mancherà di tutto, dai vestiti al carburante, se non si prenderanno misure efficaci per porre fine alle scorribande al largo delle coste della Somalia e nel Golfo di Aden resca, se ne sono accorti un po’ prima. Ed è vero pure che rispetto all’Europa sono più vulnerabili: non solo di giocattoli, prodotti elettronici e abiti a basso prezzo vi sarebbe da loro penuria, ma anche di generi alimentari, a partire dal loro amatissimo tè, e di autovetture. Anche se c’è chi pensa che l’effetto non sarà tanto in termini di ritardi, quanto piuttosto di prezzi più cari. In questo momento, a dir la verità, i primi provvedimenti sono già stati presi. Una flottiglia di navi da guerra di 10 Paesi della Nato è già partita per la zona, e due risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu sono già passate per condannare la pirateria e chiedere un’urgente coordinamento delle azioni, per fermare gli attacchi. E la questione è stata anche discussa al Parlamento Europeo. Ma c’è il rischio concreto che militari e politici non facciano in tempo a salvare il viaggio di Babbo Natale del 2008, e l’International Chamber of Shipping li accusa d’altronde di aver preso la cosa troppo sotto gamba.“Se i pirati avessero cominciato ad attaccare gli aerei”, hanno detto i suoi responsabili, “già da un bel pezzo il problema sarebbe stato risolto”.


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