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QUOTIDIANO • DIRETTORE RESPONSABILE: RENZO FOA • DIRETTORE DA WASHINGTON: MICHAEL NOVAK CONSIGLIO DI DIREZIONE: GIULIANO CAZZOLA, GENNARO MALGIERI, PAOLO MESSA

Usa, Islam, diritti umani: il XXI secolo visto da una grande scrittrice

e di h c a n o cr

Il mondo del futuro tra Obama e Osama

di Ferdinando Adornato

colloquio con Ayaan Hirsi Ali di Luisa Arezzo a

RIABILITARE GIORGIO ALMIRANTE?

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Alemanno gli vuole dedicare una via, Fini lo biasima per il suo razzismo ma lo celebra alla Camera. Per la destra al governo è stata una “giornata particolare“

Il fantasma alle pagine 2 e 3

Il decisionismo del governo è in crisi Malumori per i suoi metodi autoritari

Riformulato l’emendamento sulle frequenze tv

America è pronta per un presidente nero. Prima di andarci a vivere nutrivo molti pregiudizi contro gli Usa, adesso che ci abito mi rendo conto che i rapporti tra razze, comunità di immigrati e non americani, sono molto più sani che in Europa. Nè nego di essere stata sorpesa dall’enorme consenso che Obama sembra avere soprattutto – cosa strana – tra i giovani bianchi, praticamente tutti suoi volontari, che vanno in giro con magliette ed auto coperte di distintivi e adesivi. Obama ha qualcosa di magico. Che l’America fosse pronta ad avere un presidente donna era vero già da tempo, ma oggi è senza dubbio pronta ad un uomo di colore. È sorprendente che lo abbiano votato in massa nelle campagne, fuori dalle grandi città, negli Stati del sud. Non solo: ha ottenuto più voti proprio là dove pensavamo che dovesse ottenere i pregiudizi della gente. Detto questo, è chiaro che le presidenziali Usa non si giocheranno soltanto sul colore della pelle o sul genere. Gli elettori sceglieranno in base ad istanze diverse: le sue dichirazioni sul Nafta (il trattato di libero commercio nord americano, ndr) gli hanno fatto muovere accuse di non obiettività, lo stesso dicasi per le comunità ebraiche che hanno mal digerito alcune sue posizioni. Ma la mia analisi riguarda la tempistica: gli Usa sono pronti ad essere guidati da un uomo di colore. E lui potrebbe vincere».

«L’

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Opus Dei, la testimonianza

La mia Opera tra laicità e santità

Emergenza rifiuti, resta solo San Gennaro

Camera, Cicchitto diventa il ”Kapò-gruppo”

di Errico Novi

di Marco Palombi

di Nicola Procaccini

di Paola Binetti

Anno 2001: per la prima volta la beffa dell’immondizia arriva in Parlamento. Anno 2008: la Procura di Napoli si accorge della recita. Decisamente troppo tardi. È così per tutto: gli ingranaggi sono saltati.

I metodi troppo autoritari del capogruppo a Montecitorio alimentano i malumori dei suoi deputati del Pdl. Lo stesso vice, Italo Bocchino, siede ancora nei banchi che nella scorsa legislatura erano di An.

Il primo braccio di ferro parlamentare si è concluso con la ritirata di governo e maggioranza. Il sottosegretario alle comunicazioni Romani ha cancellato la norma “salva-Retequattro”.

Nel dibattito culturale, che ha attraversato gran parte del Novecento e che sta fortemente caratterizzando questo inizio del terzo millennio, il tema della santità del laicato rappresenta una delle sfide più importanti.

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GIOVEDÌ 28

MAGGIO

Il governo Berlusconi non ”salva Rete4”

2008 • EURO 1,00 • ANNO XIII •

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WWW.LIBERAL.IT

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IN REDAZIONE ALLE ORE

19.30


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il fantasma

La memoria di Giorgio Almirante mette in imbarazzo la destra di governo: è giusto celebrarlo?

Una giornata particolare di Guglielmo Malagodi

Troppo sbrigative le revisioni, troppo improvvise le riabilitazioni

Perché allora prima l’avete “liquidato”? di Giancristiano Desiderio volte penso che in Italia faremmo meglio e prima a denominare le nostre strade e vie con i numeri come fanno gli americani e buonanotte. Sì, perché forse non esiste un altro paese al mondo come il nostro che abbia un così cattivo rapporto con il suo passato che passa passa e non passa mai. Si prenda l’ultimo “caso”in ordine di tempo: l’ormai noto “caso Almirante”. Una decisione giusta come quella di intitolargli una strada è diventata una scelta sbagliata per almeno due evidenti motivi: il tempo e una memoria acritica. Ieri il Parlamento, proprio con la presidenza dell’uomo politico che Giorgio Almirante scelse come suo continuatore, c’è stata la cerimonia dell’uomo politico che si sforzò di pensare e fare una destra moderna prima della nascita di Alleanza nazionale. Una cerimonia giusta, forse doverosa che, però - e proprio qui è il paradosso - se guardiamo bene è allo stesso tempo un giusto riconoscimento e il limite della “riscoperta”che la destra oggi fa di Almirante. Se infatti ci voltiamo e guardiamo il nostro passato prossimo non troviamo alcuno studio, alcuna riflessione, alcuna ricostruzione critica del passato della destra prima della destra di An di Fini, che oggi guida la Camera, e di Alemanno, che oggi guida Roma. La destra missina che ha fatto della memoria la sua “ragione sociale”nella storia della Repubblica, quando è diventata adulta ed è uscita dal dopoguerra più lungo del Novecento non ha criticamente ricordato, ma ha furbescamente o anche distrattamente rimosso. Oggi si dice “via Almirante”, ma a volte nelle parole si nasconde il senso delle cose al di là delle nostre stesse intenzioni: così “via Almirante” ricorda che proprio ieri gli ex missini hanno semplicemente messo “via Almirante”. Non avendo fatto alcuna ricostruzione critica, la scelta di Alemanno si manifesta come improvvisa, intempestiva, astorica proprio quando sarebbe dovuta essere invece matura, opportuna, storicizzata. Se questo “processo storico”si fosse fatto a tempo debito oggi racconteremmo tutta un’altra storia e tutta un’altra cronaca. Se non ci fosse stato Giorgio Almirante non ci sarebbe stata Alleanza nazionale e l’Italia sarebbe ancora un Paese con la testa rivolta all’indietro. Il giudizio espresso da Luciano Violante («ebbe un grande ruolo nella storia d’Italia perché portò nell’alveo della democrazia quegli italiani che non si riconoscevano nella Repubblica del 1948») è storicamente giusto e politicamente importante. Per questo motivi, la destra figlia di Almirante avrebbe dovuto trattare con maggior cura storica e più adeguata sensibilità politica il suo “padre nobile”.

A

ROMA. Lo psicodramma inizia poco prima delle 10 di mattina, quando Emanuele Fiano, deputato del Pd di religione ebraica, prende la parola a Montecitorio. Gianfranco Fini è appena entrato in Aula, per presiedere i lavori. E Fiano attacca: «Ho visto dei manifesti a Milano, la mia, secondo cui noi italiani dovremmo essere orgogliosi di Giorgio Almirante, di cui dovremmo ricordare la figura.Voglio farlo anch’io leggendo un suo testo autografo pubblicato il 5 maggio 1942 sul periodico “La difesa della razza”, di cui l’ex leader del Msi era vicedirettore». Silenzio, imbarazzo. Poi, dopo aver concluso la lettura del brano, in cui - tra le altre amenità - Almirante sottolineava «la necessità di porre un altolà ai meticci e agli ebrei», arriva la stilettata finale: «Ringrazio chi ha avuto l’idea di dedicare una strada a Giorgio Almirante per non dimenticare. In effetti noi non lo dimenticheremo mai». Il delfino La reazione di Fini è immediata. «Credo che a lei faccia piacere - dice, subito dopo l’intervento Fiano - se dico che sono certamente vergognose le frasi che lei ha letto e che esprimono un sentimento razzista che purtroppo in quell’epoca tragica albergava in tanti e troppi esponenti che in alcuni casi si allocavano a destra, in altri in altre formazioni politiche». Applausi dell’Assemblea, ma ormai il “vaso di Pandora” era stato scoperchiato. E proprio nel giorno in cui alla Camera era prevista la cerimonia di presentazione dei discorsi parlamentari di Almirante, del quale ricorre in questi giorni il ventennale della morte.

Il neo assessore alla

La perfida Albione Già la mattina era iniziata male, quando nelle rassegne stampa dei deputati era comparso un velenoso articolo del quotidiano liberal The Independent, in cui il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, veniva accusato di «fedeltà alle sue radici fasciste» per la sua intenzione di intitolare una strada della Capitale ad Almirante. «Alemanno - si leggeva nell’articolo del giornale inglese - ha zuccherato la pillola affermando nel primo consiglio comunale di voler dedicare una strada non solo ad Almirante, ma anche allo scomparso segretario del Pci Enrico Berlinguer, a Bettino Craxi e ad Amintore Fanfani». Ma la glassa della pillola è troppo poco dolce, evidentemente, perché il presidente della Comunità ebraica di Roma - Riccardo Pacifici – dichiara di non voler fare nessun passo indietro sulla vicenda, malgrado la sua disponibilità ad incontrare il ministro Ignazio La Russa. Su Almirante e sulle sue posizioni razziste durante il Ventennio, però, nessuno spiraglio di dialogo.

Ex camerati A prendere la difesa postuma di Almirante arriva, non troppo a sorpresa, Francesco Storace, che non perde occasione per attaccare l’ex presidente del suo ex partito. «Sulla rivista “Difesa della razza” – dichiara il leader della Destra scrissero anche Giovanni Spadolini e Aminto-

«Non protestate, Il segretario del Msi, Giorgio Almirante, al quale il comune di Roma vuole intitolare una strada. Nella pagina a fianco: il presidente della Camera, Gianfranco Fini e, a destra, Donna Assunta Almirante.

ROMA. Umberto Croppi è assessore alla cultura del Comune di Roma. Ha militato nel Msi negli anni Settanta e Ottanta poi ha intrapreso un percorso diverso: la Rete, i Verdi, Nessuno Tocchi Caino. È stato direttore editoriale della Casa editrice Vallecchi. Non è mai stato almirantiano. Croppi un intellettuale irregolare come lei avrebbe detto tempo fa che quella toponomastica è una battaglia di retroguardia. Guardi che non c’è nessuna battaglia in corso. L’unica battaglia la stanno facendo quelli che non vogliono via Almirante. Alemanno ha semplicemente rilanciato la proposta di dedicare una via al leader del Msi che dopo il si alle strade per Berlinguer e Fanfani era al vaglio assieme alla proposta di dedicare una via a Craxi. Tra l’altro quest’anno ricorre il ventennale della morte di Almirante…


il fantasma

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L’opinione di Luciano Violante

Una figura importante, ma non così tanto…

re Fanfani. Vergognosi pure loro?». Alla domanda retorica di Storace, che in punta di logica non fa una piega, risponde il vice-capogruppo del PdL alla Camera, Italo Bocchino, che spiega come anche Spadolini e Fanfani (Bocchino, giustamente, ricorda anche Eugenio Scalfari) abbiano avuto un attaggiamento «vergognoso» durante la loro giovinezza in camicia nera.

Compagni all’attacco L’attacco del Pd e la reazione difensiva di Fini vengono cavalcate da Pino Sgobio, della segreteria del Pdci. Sgobio sente la nostalgia di quando i Comunisti italiani ancora erano a Montecitorio e, come per intervenire nel dibattito della Camera, dichiara: «Via Almirante? Intitolare una strada all’ex segretario del Msi sarebbe come misconoscere la storia repubblicana del nostro Paese e la stessa Carta Costituzionale, che è nata dalla lotta alle idee che Almirante ha portato avanti durante la sua vita politica».

replicare - spiega - Mio marito è stato l’uomo della pacificazione nazionale, un vero cristiano, ed ha aiutato numerosi ebrei anche economicamente. Tutto il resto sono chiacchiere prive di fondamento». La vedova del segretario missino, intervistata dal quotidiano cattolico online “Petrus”, svela anche che chi descrive suo marito come «un razzista cinico e violento» si sbaglia di grosso. «Era incapace di fare del male a chicchessia - ricorda Donna Assunta - Pensi, quando in campagna ammazzavamo i maiali per ricavarne dei salumi, lui addirittura scappava perché non sopportava neanche il lamento di quelle povere bestie». Ancora più appassionata, anche se meno legata a risvolti personali, la difesa di Luca Romagnoli, segretario del Movimento Sociale Fiamma Tricolore. «Contano molto di più le azioni e le parole spese da Giorgio Almirante per la pacificazione nazionale – dice Romagnoli - di quelle che tanti esegeti del socialismo reale, tanti profeti della democrazia proletaria ed esaltatori del marxismo».

Vedove e orfani Invece di offendersi con i comunisti, la vedova di Almirante, Donna Assunta, preferisce prendersela con Fini. Ma con distacco. «A queste cattiverie non vale neanche la pena

Revisionismi striscianti Chiamati in causa, gli ex esaltatori del marxismo rispondono all’appello per bocca di Barbara Pollastrini: «È e resta deplorevole, per la

Cultura Umberto Croppi risponde alle polemiche

a Roma c’è già via Togliatti» di Riccardo Paradisi Lei la fa semplice ma sta montando una polemica grossa. Sa le polemiche nascono, crescono e poi muoiono. Tra l’altro a voler far polemica su questo ambito ci sarebbe materia. A Roma ci sono due luoghi pubblici dedicati a Lenin, una via dedicata a Palmiro Togliatti. Sono uomini che appartengono anche loro alla storia tragica del Novecento. Ora dov’è lo scandalo nel ricordare con una via o una piazza Giorgio Almirante? Tanto più che dei suoi errori ha fatto pubblica ammenda. Lei si riferisce alle sue posizioni razziste. Certo, Almirante fece una spietata autocritica in diretta televisiva sulle posizioni razziste che aveva sostenuto, non mi risulta che altri, come Spadolini, che sosteneva le stesse cose, lo abbiano mai fatto. Non crede che sulla polemica toponomastica si scarichi il rimosso della storiografia italiana e delle culture

politiche che ancora non hanno fatto i conti con la loro storia fino in fondo? Sicuramente è così.Va detto però che in questo momento la politica va più veloce dell’elaborazione storica e culturale. I tempi della storiografia e della politica non coincidono sempre, negli ultimi anni non sono coincisi quasi mai. Poi è vero che Alleanza nazionale ha pagato lo scotto di non avere avuto processi di metabolizzazione dei passaggi che sono avvenuti. E che i suoi sono stati spesso degli autentici strappi. Però sono avvenuti seriamente, non sono state operazioni di facciata e il periodo del neofascismo per questo mondo si è definitivamente chiuso. Se questa vicenda delle strade invece di suscitare polemiche pretestuose potesse servire finalmente a storicizzare un lungo e drammatico periodo della nostra storia sarebbe un bene per tutti.

storia del nostro Paese, intitolare una via a Giorgio Almirante e procedere, anche attraverso la toponomastica, in un revisionismo strisciante. L’identità dell’Italia nasce dalla sua ritrovata dignità dopo la guerra di Liberazione dal nazismo e dal fascismo».

Secondo Atto Dopo lo scontro a distanza della mattinata, nel pomeriggio Fini incontra nel suo studio di Montecitorio proprio Donna Assunta (e gli ex presidenti della Camera, Fausto Bertinotti e Luciano Violante), prima della presentazione ufficiale dei discorsi parlamentari di Almirante nella Sala della Lupa. E in questa sede ufficiale le parole di Fini sono di un tono assai differente. Fini ricorda che «il leader del Msi intuiva che non vi sarebbe mai stata piena integrazione di tutti i cittadini nelle istituzioni senza un Paese riconciliato con se stesso oltre le appartenenze di partito e in nome di un’idea condivisa di nazione». Conciliazione invece di razzismo, dunque. Perché, spiega Fini, «è incontestabile che la democrazia italiana è rimasta solida e che l’Italia della seconda metà del Novecento non è scivolata nel baratro della guerra civile, anche per merito di quella generazione di uomini politici che sono protagonisti del Novecento dal volto umano». Tra cui Almirante, appunto, la cui eredità politica è «preziosa ancor oggi per il tessuto morale e civile dell’Italia». È anche grazie ad uomini come Almirante, insomma, che la democrazia è rimasta salda.

Pacificazione nazionale Il discorso di Fini piace anche a Donna Assunta, che fa marcia indietro rispetto alle dichiarazioni della mattina e giudica «bravissimo» il presidente della Camera «perché è riuscito a riferire il contesto dell’epoca». E a questo clima di pacificazione partecipa anche Andreotti, secondo il quale «Almirante ha avuto un ruolo politico di straordinaria importanza, l’intitolazione di una strada è un atto dovuto».

Il picconatore L’unico ad andare controcorrente in questo festival buonista è Francesco Cossiga che, scherzando ma non troppo, dice che «è giusto non dedicare una strada a Giorgio Almirante, ma a una condizione: che si dica fin d’ora che quando creperà Eugenio Scalfari non si dedicherà una strada neanche a lui, ricordando che era stato fascista e razzista e che le prime cose che scrisse erano l’elogio della razza». «E nessuna strada - aggiunge - neanche a un padre della patria, un senatore a vita che per non farsi trasferire dall’università di Padova a quella di Torino scrisse: “Duce, non sono amico degli antifascisti, ma fascista e mussoliniano”. Vi dò un indizio: fu nominato da Pertini...». Finisce così, con una picconata, un’altra ordinaria giornata di follia nella gloriosa democrazia post-fascista del nostro Paese.

«Questa idea di scambio toponomastico a me pare francamente grottesca. Il problema non è intitolare una via ad Almirante in cambio di una a Fanfani o a Spadolini. Il problema è che una via ad Almirante provoca ancora disagio in una parte importante dei cittadini italiani il cui pensiero va attentamente considerato». Luciano Violante, esponente del Partito democratico, non si riferisce alle critiche della sinistra italiana all’ipotesi di dedicare una via di Roma a Giorgio Almirante. L’ex presidente della Camera – che nel suo ruolo tributò rispetto ai ragazzi che scelsero la Repubblica sociale – si riferisce piuttosto alla comunità ebraica. Che ritiene ancora inaccettabile si possa dedicare una via della capitale al leader del Msi. Almirante però, Onorevole Violante, prese pubblicamente le distanze dalla posizioni razziste che aveva sostenuto come capo redattore della Difesa della Razza. Altri non lo fecero. È vero, prese le distanza. E non ha solo questo merito. Almirante ha recuperato un intero mondo politico alla democrazia, ha riconosciuto il valore del Parlamento e della Istituzioni repubblicane. Però tra il riconoscergli questi meriti e il dedicargli una via c’è a mio avviso un salto storico e politico. Su figure così controverse come quelle di Almirante è necessaria una riflessione più distesa. Alemanno secondo lei ha sbagliato a proporre di dedicare una via della capitale ad Almirante? La domanda da porsi, al di là di tutto, è questa: Alemanno si sente il sindaco di una città, con diverse sensibilità storiche e politiche, oppure il leader, seppure autorevole, di una parte politica? È sicuro che intestandogli una via si faccia un servizio alla memoria di Almirante? Eppure a Palmiro Togliatti, uomo di parte e dalle mille contraddizioni, una via è stata dedicata nella Capitale. Si certo, ma scusi Palmiro Togliatti ha combattutto il fascismo e il nazismo.Vede un conto è la pacificazione nazionale un conto la parificazione. Una cosa è la revisione della storia, un’altra la revisione dei valori ideali. Togliatti era un politico vicino se non organico alle posizioni dell’Unione sovietica. È vero, ma c’è un particolare che lei trascura: nella storia italiana ed dell’Europa occidentale il totalitarismo è stato il fascismo, non il coRic. Par. munismo.


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rifiuti

Napoli senza via d’uscita. Le pesanti accuse della Procura, la rabbia di Bertolaso, le ostinate resistenze dei comuni, i costi dell’emergenza che si moltiplicano. In Campania domina ancora l’impotenza

Resta solo San Gennaro... di Errico Novi

ROMA. Anno 2001: per la prima volta la beffa dell’immondizia pressata arriva in Parlamento. Se ne discute alla commissione Ambiente del Senato, quindi alla Ecomafie. Anno 2008: la Procura di Napoli si accorge della recita. Decisamente troppo tardi. È così per tutto: gli ingranaggi sono saltati. La Campania funziona come un organismo malato che colpisce anche le parti sane. È questo che getta nello sconforto Guido Bertolaso quando dice che «appena cominciamo a vedere qualche risultato arriva un attacco». Si riferisce all’iniziativa della magistratura napoletana, che mette agli arresti venticinque persone quattro mesi dopo la richiesta dei pm Noviello e Sirleo. Ma il suo discorso ha un significato più ampio. Si può estendere alle proteste irriducibili di comitati locali e sindaci. Ai ritardi dello stesso commissariato all’emergenza, che ha messo Chiaiano nella lista dei siti utilizzabili senza aver fatto le verifiche tecniche. Alla consolidata abitudine delle famiglie camorristiche, per nulla intenzionate a cedere lo spazio guadagnato in anni di costante speculazione della crisi. Alla sfrontatezza della politica, che dopo aver lasciato avanzare l’immondizia, organizza visite guidate in Romagna per verificare come il ciclo dei rifiuti diventa una risorsa: in queste ore il presidente della commissione Ambiente della Regione Michele Ragosta e Sandra Lonardo, che guida il Consiglio, sono a Sogliano al Rubicone, a contemplare la discarica di Ginestreto. Come si argina una deriva del genere? Bertolaso non ha più risposte, anche se ieri nella riunione tenuta a Roma alla Protezione civile ha assicurato di «non volersi fermare, perché l’emergenza non si ferma». Il sottose-

gretario si chiede perché nessun magistrato si sia mosso nel 2001, quando le ecoballe erano fittizie come oggi e alla guida del commissariato c’era Antonio Bassolino. La stessa domanda arriva persino sull’agenzia di stampa vaticana Sir: «Se è vero che il provvedimento della Procura

Sono saltati fuori gazebo e stand espositivi: «La protesta si trasforma, è la festa della primavera che andrà avanti fino al 16 giugno», ha annunciato felice il sindaco della confinante Marano, Salvatore Perrotta. Non c’è dubbio: la batosta inflitta a Bertolaso e al commissariato ha af-

Il sottosegretario ha perso potere negoziale: a Chiaiano già si festeggia, il sindaco di Serre dice no anche per Macchia Soprana. E la Regione Campania organizza visite di studio alle discariche romagnole era pronto da gennaio», domanda il sociologo gesuita Domenico Pizzuti, «perché tirarlo fuori solo adesso? A cosa mirano realmente gli attori coinvolti?».A Palazzo Chigi fanno un’ipotesi: i giudici napoletani hanno fatto capire a modo loro di non gradire la superprocura, istituita con lo stesso decreto che dà i poteri a Bertolaso. Ieri il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha sentito il bisogno di spiegare l’accorpamento delle competenze nell’ufficio inquirente partenopeo: «Vogliamo evitare che ci siano pressioni sui magistrati territoriali». E quindi l’appello più o meno esplicito: «Speriamo di liberare Napoli dall’immondizia, per raggiungere questo grande risultato è indispensabile uno spirito di squadra da parte di tutte le istituzioni». Impresa ardua. E comunque il colpo dei magistrati ormai è andato a segno.

Seppure Bertolaso non sia entrato nell’inchiesta se non come intercettato, il danno al suo potere di negoziazione sembra irreparabiIl piano di Berlusconi le. I sindaci non lo e Bertolaso è già in crisi. prendono più sul Persino i forzisti serio. Nella rotonda della Sardegna chiedono di Chiaiano dove fidi sospendere no a poche ore pril’invio dei rifiuti ma c’erano le barricampani via nave cate ieri si è ballato.

fievolito parecchio l’impatto dello Stato sulle comunità locali. Si capisce anche dal ritrovato impeto del sindaco di Serre: «Di utilizzare il sito di Valle della Masseria non se ne parla proprio». E sull’ampliamento di Macchia Soprana, il grintoso Palmiro Cornetta ora dice: «Intervengano i carabinieri del Noe, i tecnici dell’Arpac e della Asl per verificare la tipologia di rifiuti sversati finora».

Dopo l’inchiesta che ha svelato il segreto di Pulcinella delle ecoballe, chiunque può adombrare il sospetto che il commissariato abbia fatto addirittura circolare materiale tossico.

Chiaiano e Serre: due pilastri del piano sono di fatto abbattuti. Intanto a Napoli e provincia i roghi sono stati anche ieri più di cento, nei comuni che confinano con il capoluogo la raccolta procede lentissima e migliaia di tonnellate di spazzatura imputridiscono sotto il sole cocente. Sarà sempre più difficile, visto che ieri dalla Sardegna si è lamentato persino il coordinatore regionale di Forza Italia, Piergiorgio Massidda: ha presentato un’interrogazione contro il suo stesso governo, chiede di sospendere al più presto l’invio dell’immondizia nell’isola, visto che «siamo alle porte della stagione

Intervista impossibile al Santo

E io c’aggia fa’? Non sono mica Berlusconi! di Gianluca Ansanelli

turistica». Resta solo la l’estrema soluzione del trasporto oltreconfine. Che significa spendere più del doppio: ogni tonnellata smaltita con il ciclo locale costa poco più di 100 euro, le aziende tedesche ne chiedono ormai 270. Se per assurdo l’immondizia campana finisse tutta nei treni per la Germania, lo Stato spenderebbe oltre 500 milioni l’anno rispetto ai circa 200 di oggi. Ieri il ministro dell’Ambiente Altero Matteoli ha avvertito: «Siamo seduti su una polveriera, il problema rischia di esplodere non solo in Campania ma anche in altre regioni». È un modo come un altro per incitare la brigata a continuare la battaglia napoletana. Ma mai come in questo momento c’è la sensazione che sarà durissima.

ANSANELLI: San Gennaro scusi possiamo disturbarla? SAN GENNARO: Un momento solo , quando mi piglio ‘o caffè! ANSANELLI: Ci scusi non credevamo che anche lissù … SAN GENNARO: Ma scherza? Qua da quando sono arrivati Bonolis e Laurenti stiamo tutti con la gastrite! ANSANELLI: Vabbè parliamo di Napoli SAN GENNARO: Azz… ma allora me vulite intossica’? ANSANELLI: Ma no, è che ormai non sappiamo più a chi rivolgerci! SAN GENNARO: Voi? Dovete vedere a me ! Ci ho gli uffici pieni di richieste di grazie! E San Gennaro di qua e San Gennaro di là….Vogliono che risolvo tutto io! Ma che mi avete preso per Berlusconi? Io sono un semplice santo, mica il padreterno! ANSANELLI: Vabbè però lei in quanto protettore della città dovrà pure farsi carico di qualche richiesta di Grazia… SAN GENNARO: Guardate basta che non me la chiede la Franzoni io accetto di tutto! Ma il punto qua, è che la grazia non è sufficiente! Qua ce vulesse ‘o miracolo!! ANSANELLI: Lei trova che la situazione sia così irrecuperabile? SAN GENNARO: Ma che volete io sono anziano! All’epoca mia fumava il vesuvio, mo’ fumano i cassonetti! Ma tu vuoi mettere? ANSANELLI: Eppure ci deve essere un modo per risolvere la questione… SAN GENNARO: La raccolta differenziata dei rifiuti ANSANELLI: Be’ questo mi sembra un’ ottimo inizio: vogliamo ricordare come si fa?


rifiuti

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La denuncia di Cordova: quattordici anni perduti

«La gente teme più la camorra che lo Stato» colloquio con Agostino Cordova

ROMA. Nessuno come Agostino Cordova ha conosciuto e guardato negli occhi i mali di Napoli, in questi ultimi anni. Da capo della Procura si è battuto perché fossero il più veloci possibile le inchieste sulla camorra, ha avviato indagini sulla corruzione politica e per questo è stato guardato con sospetto dai settori più influenti dell’opinione pubblica partenopea. Finché il Csm ha deciso di trasferirlo per incompatibilità ambientale. Verrebbe da dire che una persona perbene come lui è effettivamente incompatibile con un ambiente malsano come quello del Golfo. Di certo resta paradossale che a battersi in sua difesa sia stato più di tutti un ministro leghista, il Guardasigilli Roberto Castelli. Oggi, dalla Suprema Corte di Cassazione, Cordova guarda alla tragica crisi dei rifiuti con avvilimento, senza mostrare particolari segni di sorpresa. Sembra proprio che non si riesca a uscirne. SAN GENNARO: Certo: tutti i politici che sono stati rifiutati dal popolo devono essere raccolti in cassonetti differenziati! ANSANELLI: Ma come i politici scusi? SAN GENNARO: E certo: per esempio Bassolino va nel secco , come Fassino, Pansa come tutti i pelati va nell’umido, e Marta di Gennaro tra i rifiuti pericolosi ANSANELLI: Scusi e la Jervolino? SAN GENNARO: Per quella bisogna aspettare il martedì: passa il robivecchi e se la porta via…. ANSANELLI: Quindi secondo lei è tutta colpa dei politici? SAN GENNARO: Ma no… i politici adesso stanno cercando di risolvere ANSANELLI: Be’ in effetti qualche provvedimento è stato preso… SAN GENNARO: E già si vedono i miglioramenti: adesso i camion di rifiuti passano regolarmente due volte al giorno ANSANELLI: A ritirare la monnezza? SAN GENNARO: No, a consegnarla! Ma a lei le pare che la soluzione può essere mandare l’esercito? ANSANELLI: Non è d’accordo? SAN GENNARO: Sa cosa? Con le missioni di pace uno raccoglie consensi all’estero, ma con le missioni a Napoli quelli raccolgono e basta! Ma poi non capisco la militarizzazione delle discariche. Che significa? Che se bruci l’immondizia diventa una tortura di guerra? Invece di Arrivare i pompieri arriva l’Onu? ANSANELLI: Lei trova che queste non siano soluzioni valide?

SAN GENNARO: Guardi: pochi giorni fa a Napoli c’è stato il Consiglio dei ministri e loro che hanno fatto? hanno pulito tutte le strade dove dovevano passare i politici… ANSANELLI: È vero…e c’è anche stata un po’ di polemica perché giustamente la gente dice: ”voi pulite solo le strade dove passa Berlusconi e tutto il resto resta come prima…”. SAN GENNARO: No mi scusi se la correggo… tutto il resto diventa peggio di prima…. ANSANELLI: In che senso? SAN GENNARO: Perché loro i sacchetti che hanno tolto da piazza del Plebiscito li hanno portati tutti in periferia! ANSANELLI: Ma come? SAN GENNARO: E certo! Se no scusi dove li devono andare a gettare? ANSANELLI: Non lo so, di solito li mettono su un treno e li spediscono in Germania! SAN GENNARO: E le sembra bello? Che un povero sacchetto napoletano per trovare finalmente un posto fisso in un cassonetto deve emigrare e andarsene in Germania? Loro invece li portano alla periferia di Napoli!… Poi però li prendono dalla periferia e li riportano in centro ha capito? ANSANELLI: Ma che devo capire? Ma che senso ha far andare i sacchetti avanti e indietro? SAN GENNARO: Non ha capito?… In questo modo i sacchetti girano e se girano sono sacchetti nomadi... cioè sacchetti rom, e in quanto tali possono essere espulsi definitivamente! Ma non pensa che sia geniale?

Nessuno si chiede perché l’emergenza rifiuti duri ormai da lustri. Il primo commissario straordinario fu istituito nel 1994, sono passati quattordici anni. La situazione è sempre più grave e nessuno si chiede perché. Ecco, Cordova: perché? Come è possibile? Perché i termovalorizzatori, che esistono nel centro di Vienna e di Parigi, qui non possono essere aperti. Ed è una cosa del tutto irrazionale, non si riesce a credere che siano i napoletani a voler affogare nella spazzatura. Tempo fa ho detto che l’unica via d’uscita è una soluzione alla napoletana: portiamo l’immondizia nel cratere del Vesuvio… È solo amara ironia, la sua. Ma non credo sia solo una battuta sostenere che a questo punto bisogna restituire ai cittadini la tassa sui rifiuti: se i sacchetti sono accatastati sui marciapiedi, tanto vale che uno dalla finestra li getti appunto sul marciapiede. Che senso ha pagarci anche le tasse? D’altra parte mi risulta che siano state intentate diverse cause per opporsi alla riscossione. E però questa è anche l’altra faccia dell’arte di arrangiarsi: a Napoli si cercano rimedi al ribasso su tutto, dall’amministrazione in senso generale allo smaltimento dei rifiuti. Non do giudizi politici. Dico semplicemente che per quattordici anni le cose sono andate di male in peggio e nessuno si è chiesto perché. La situazione era sotto gli occhi di tutti, se ne accorgono solo quando succede qualcosa di eclatante. Uno dei funzionari finiti agli arresti martedì scorso, in una delle conversazioni intercettate, ha sostenuto una tesi agghiacciante ma condivisa sotto sotto da tanti: “Ammucchiamo balle e facciamo mucchi di merdaccia, basta con i sindaci cafoni che se la prendono con noi, chi ci ha portato in questa storia merita la morte”. È davvero così? C’è qualcosa di fatale nella natura dei napoletani che li porterà a una giusta fine per soffocamento da rifiuti? Ma no, non è questo il punto, c’è una causa più generale: qui la legge ha una applicazione remota, eventuale e appellabile, e la gente teme di più la camorra, che emette sentenze certe, immediate e inappellabili. Ci sono condizionamenti ambientali più forti di tutto. E.N.


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politica

Malumori e polemiche nel Pdl per i metodi troppo autoritari del leader parlamentare

Cicchitto, il ”Kapò-gruppo” d i a r i o

di Marco Palombi

g i o r n o

Calearo: «Su Alitalia, Berlusconi è in un vicolo cieco»

ROMA. Ne bastano trenta buoni, cioè competenti, gli altri sono lì per spingere pulsanti. Questo è il parere sulla ottimale composizione dei gruppi parlamentari regalato da Silvio Berlusconi ai cronisti in campagna elettorale. A dire il vero - tra segretarie, portavoce e cavalli di Caligola vari – non pare che la filosofia che guida il gruppo dirigente del Pdl alla scelta dei suoi eletti sia diversa. Solo che adesso, a pochi giorni dall’inizio della legislatura, si scopre che un minimo di organizzazione ci vuole anche per mettere insieme una banda di pigiabottoni (seppur pagati profumatamente): il megagruppo del Pdl, che rispetto ai democratici ha lo svantaggio della responsabilità di essere maggioranza, ad oggi è un capolavoro di inefficienza.

«Le parole dell’onorevole Lupi confermano la sensazione che sulla vicenda Alitalia il governo Berlusconi sia finito in un vicolo cieco e si cerchino scuse a cui appigliarsi. Il prestito ponte e la cordata, oramai fantomatica, stanno assumendo l’amaro sapore della presa in giro». Lo sottolinea Massimo Calearo, deputato del Pd. L’esponente del Pd punta il dito contro il governo e dice: «Dopo aver buttato all’aria l’unica soluzione percorribile, oggi ci troviamo di fronte ad una situazione preoccupante dove non si vedono sbocchi. In tutti i casi la responsabilità della situazione di Alitalia non è certo ascrivibile solo all’ultimo governo, e tanto meno a Veltroni, avendo Berlusconi guidato il Paese per 5 anni durante i quali la crisi della compagnia era ben nota ed è andata aggravandosi».

Senato: odg bipartisan contro le “cluster bomb” L’Aula di Palazzo Madama ha approvato praticamente all’unanimità un ordine del giorno bipartisan che impega il governo «ad assumere una decisa posizione a favore della messa al bando delle cluster bomb» e a «sviluppare a tal fine un’adeguata iniziativa diplomatica per coinvolgere la comunità internazionale nell’adozione di uno strumento giuridicamente vincolante che proibisca la produzione e l’impiego di tali munizioni». L’odg ha ottenuto 269 voti favorevoli, uno contrario e un’astensione, ma i due voti non favorevoli sono stati il frutto di errori nel corso della votazione elettronica.

Partiamo dai fatti. Il centrodestra è riuscito ad andare sotto, nonostante una maggioranza di un centinaio di deputati, al primo voto di peso: cento e passa gli assenti di maggioranza, la metà dei quali ingiustificati e quasi tutti del Pdl. Si sa dell’irritazione di Berlusconi, ma quella del presidente della Camera, Gianfranco Fini, era se possibile, ancora più marcata. Il motivo è semplice: era ancora caldo l’inchiostro con cui il leader di An, dalle colonne del Corsera, aveva stigmatizzato il poco lavoro dei parlamentari proponendo di allungare il calendario dei lavori d’aula al lunedì e al venerdì. Dalla rabbia di cotanti padri non poteva che scaturire una spiacevole caccia al colpevole di nullafacentismo, da cui Italo Bocchino, vice unico di Fabrizio Cicchitto, ha pensato di uscirne scaricando pubblicamente il suo capo: «Io in aula c’ero, lui no», ha fatto mettere a verbale sulla stampa. Il fatto è che il deputato di An ha ragione: Cicchitto è spesso impegnato a palazzo Grazioli e in aula, spiega un deputato, «sarà venuto sette o otto volte». La distanza tra il capogruppo del Pdl e il suo vice è chiaramente visibile in aula. Bocchino, infatti, non siede accanto a Cicchitto, ma tra gli scranni che nella scorsa legislatura erano occupati dal gruppo di An. Fabrizio Cicchitto ha cercato di difendersi dalle accuse sostenendo di aver delegato informalmente Sabatino Aracu, che però è intervenuto solo a frittata fatta. Insomma, riassumendo con voce dall’interno, «Bocchino non ha nessuna intenzione di prendersi i cazziatoni da tutti perché Cicchitto non vuole perdere posizioni nell’entourage del Cavaliere». Va segnalato peraltro che l’assidua vicinanza alle stanze del leader supremo non è stata sufficiente a conservare all’ex lombardiano un adeguato posto nel suo cuore. Si dice che Ber-

d e l

lusconi sia parecchio arrabbiato col suo capogruppo, che martedì i toni siano stati parecchio pesanti, che l’efficienza pannelliana di ElioVito in questi giorni venga spesso chiamata in causa a far contrasto con l’attitudine affatto diversa, a parere di Berlusconi, del suo successore.

«Non che il presidente Berlusconi non abbia ragione» gongolano quei colleghi di Forza Italia che non hanno mai amato il vecchio socialista, qualcuno lo ha addirittura soprannominato ”Kapò” per i suoi metodi autoritari con i quali gestisce il gruppo parlamentare. E via la spiegazione. Il problema del gruppo del Pdl, occorre chiarirlo, non è politico, ma orga-

Il vicecapogruppo, Italo Bocchino, in aula siede ancora negli scranni che nella scorsa legislatura erano occupati dai deputati di An nizzativo. Qualche numero: nella scorsa legislatura Forza Italia e Alleanza nazionale avevano all’incirca 200 deputati e rispettivamente otto e tre vicepresidenti di gruppo; oggi a governare 275 eletti ci sono Cicchitto, Bocchino e, alla bisogna, Aracu. Un po’ pochino visto che anche il Pd - che pure ha un capogruppo, due vice e due delegati d’aula per 217 de-

putati - ha avuto problemi di comunicazione tra dirigenza e truppa: basti ricordare il Mimmo Lucà furioso con Pina Picierno, assente per chiacchiere sul divanetto addirittura al momento della fiducia al governo. Se le cose non funzionano, va da sé, la responsabilità è di chi il gruppo dovrebbe dirigerlo: “Anche perché quando hai cento deputati di maggioranza non c’è tensione: tutti pensano di non essere indispensabili e vanno a farsi gli affari loro”, spiega un nuovo eletto in quota An. La soluzione è già stata individuata: nominare una decina o più di responsabili di sottogruppi da una trentina di deputati l’uno, ognuno si guarda i suoi e recupera gli assenti. Praticamente un plotone: “D’altronde se i militari fanno così vuol dire che funziona. Quelli riflettono sull’organizzazione da centinaia di anni”. Probabilmente funzionerà. D’altronde i militari sono bravi in queste cose, si sa. Quasi certamente la prima caduta servirà da lezione per il futuro. Però vedere il nuovo Parlamento dei trenta buoni e dei tanti pigiabottoni organizzato come un allevamento modello non è un bello spettacolo: viene da pensare ai meccanismi grazie ai quali si arriva al seggio, alla qualità della classe dirigente che a sua volta questa politica esprime nelle istituzioni locali e nelle municipalizzate, al livello di questo primo dibattito a Montecitorio. Il problema dello sbandamento del gruppo Pdl, va ribadito, non è politico. E questa, a pensarci bene, è la cattiva notizia.

Il ministro Alfano in Commissione Giustizia Il ministro Alfano sarà mercoledì prossimo in commissione Giustizia della Camera per l’indicazione delle linee programmatiche del governo. È stato deciso ieri nell’ufficio di presidenza della commissione Giustizia. Il calendario dei lavori, invece, verrà stilato la prossima settimana.

Fluttero (PdL): «Compensazione per il nucleare? È normale» La proposta del ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola di compensare con sconti in bolletta chi risiederà in prossimità di una centrale nucleare «non deve sorprendere». Lo dice Andrea Fluttero, senatore del PdL. «E’ noto, infatti - spiega in una nota che ogni qual volta si costruisce una grande opera (Tav, termovalorizzatori, centrali termoelettriche) le istituzioni provvedono a compensare in vario modo i territori interessati». Prevedere premi per i residenti o compensazioni per i comuni che ospitano impianti di utilità nazionale «non è una novità ma, anzi, un meccanismo consolidato e normato», dice il senatore Pdl. «Non si capisce quindi per quale motivo - conclude Fluttero - alcuni esponenti della sinistra di fronte a questa proposta fomentino allarmismi con il solito approccio dell’ambientalismo catastrofista».

Ahmadinejad a Roma: si mobilita la Comunità ebraica La Comunità ebraica romana si sta mobilitando per l’arrivo a Roma del presidente dell’Iran Ahmadinejad. I vertici della Cer e delle varie istituzioni ebraiche si incontreranno oggi per valutare le modalità delle iniziative, dopo l’adesione all’appello lanciato dal direttore del Riformista Antonio Polito, in concomitanza con la permanenza di Ahmadinejad a Roma. Il momento piu’ significativo - spiega Riccardo Pacifici presidente della Comunità romana - potrebbe essere «una maratona oratoria davanti alla Fao» nel momento in cui il presidente iraniano prenderà la parola durante i lavori dell’organizzazione.


politica ROMA. Il primo braccio di ferro parlamentare di questa legislatura si è dunque concluso con la ritirata del governo e della maggioranza che lo sostiene. Il sottosegretario alle comunicazioni Paolo Romani ha cancellato la norma “salvaRetequattro” dal decreto legge sull’attuazione degli obblighi comunitari e così le opposizioni hanno tolto l’assedio da Montecitorio. Era cominciato alcuni giorni fa l’ostruzionismo in aula di Pd ed Udc, con l’Italia dei Valori a fare barricate dentro e fuori dal Palazzo. Uno scontro frontale durissimo che ha fatto dimenticare il clima di serenità e dialogo, respirato a pieni polmoni fin dal giorno delle elezioni. Esultano le opposizioni che già l’altro ieri avevano ottenuto una vittoria piuttosto rilevante, mandando sotto il governo in votazione, nonostante l’ampio margine di vantaggio in termini di deputati. «Non capisco perchè si parli di vittoria dell’opposizione – ha detto un Romani piuttosto seccato - c’è stata solo una diversa interpretazione della norma – salvo poi ammettere – Con questo ostruzionismo non saremmo andati lontano e il decreto scadeva l’8 giugno, abbiamo pensato che fosse più opportuno che venisse comunque approvato il decreto». E pensare che la giornata di ieri si era aperta con la smentita del capogruppo del Pdl, Fabrizio Cicchitto: «Rispondo di no

PAOLO ROMANI «Con questo ostruzionismo non saremmo andati lontano e il decreto scadeva l’8 giugno, abbiamo pensato che fosse più opportuno che venisse comunque approvato il decreto» al “garbato” invito dell’opposizione a ritirare l’emendamento sulle frequenze televisive. Si sta facendo una guerra di religione! Non è una misura che salva Rete 4 – ha provato a giustificarsi Cicchitto – ma un emendamento che cerca di evi-

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Sulle frequenze televisive va in onda lo scontro. Sconfitta la maggioranza

Il governo Berlusconi non ”salva Rete 4” di Nicola Procaccini

tare una dichiarazione d’infrazione da parte dell’Unione europea nei confronti dell’Italia». Più avanti nel corso della giornata si è capito che il governo sarebbe sceso a

trata l’opposizione, che aveva letto tra le righe la volontà di salvare l’attuale situazione di Retequattro, la cui possibilità di trasmettere in chiaro è oggetto da anni di uno scontro politico. Festeggiano tutti mentre an-

contro una miserabile porcata dell’esecutivo – ha dichiarato trionfante il capogruppo Massimo Donadi - ma un secondo dopo ricomincia la nostra battaglia». Ed infat-

La battaglia è stata durissima. La prima della legislatura. Esultano le opposizioni che costringono l’esecutivo a battere in ritirata. Oggi il voto finale a Montecitorio patti con le opposizioni: i termini di scadenza si avvicinavano pericolosamente mentre l’ostruzionismo guadagnava campo e fiducia. Nella sua riformulazione del comma 3 del ddl, il governo ha eliminato tutta la parte finale. Era su questa parte in particolare che si era concen-

nunciano il voto contrario al ddl, ma rinunciano all’ostruzionismo parlamentare. A cominciare dall’Udc che si era distinta nei toni, ma non nei contenuti. «Ritirare l’emendamento “salva Retequattro” è una questione di serietà oltre che un obbligo comunitario», sono state le parole del segretario centrista, Lorenzo Cesa. «E’ una vittoria dell’Italia dei valori

ti l’Idv non solo ha dichiarato il voto contrario al Ddl nel suo complesso, ma ha anche ribadito che non ritira l’emendamento su Europa 7.

Per il Partito Democratico questa vittoria parlamentare rappresenta un balsamo capa-

ce di lenire, seppur lievemente, i dolori di un difficile inizio di legislatura. Walter Veltroni ha voluto subito incontrare i vertici del suo partito per capitalizzare il successo di immagine e di affiatamento parlamentare. «Questa legislatura ci riserverà delle sorprese – ha dichiarato il leader del Pd – Dopo una settimana di lavori parlamentari veri sono andati sotto». Ha poi rivendicato la linea di opposizione intrapresa, scorgendo delle crepe nella compattezza della maggioranza. «I Democratici andranno avanti con il doppio registro di dialogo sulle regole del gioco, come dimostra la riunione regolamenti sui parlamentari, senza fare sconti nel merito dei provvedimenti», questa è la linea su cui Veltroni si è convinto di voler condurre l’azione del Pd. Per l’ex sindaco di Roma: «Bisogna andare avanti facendo una pressione forte su temi come i rifiuti, Alitalia e immigrazione. Quando i nodi verranno al pettine – ha concluso Veltroni – si dimostrerà che la maggioranza è fragile su molti punti». Oggi, verso le 11,30, l’Aula della Camera darà il voto finale al decreto legge per l’attuazione di obblighi comunitari. Lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo di Montecitorio. Resta da dar conto della reazione di Emilio Fede, volto simbolo di Retequattro: «Che il centrosinistra voglia favorire Europa7 a scapito di Re-

LORENZO CESA «Ritirare l’emendamento “salva Retequattro” è una questione di serietà oltre che un obbligo comunitario europeo. Il governo non aveva scelta» te4 non ci sono dubbi. E anzi ci sono motivi che non dico ma tutti sanno. Ma il mio invito al Parlamento è un altro: piantatela, perchè la gente e l’opinione pubblica non capisce e si aspetta dal Parlamento ben altre discussioni». Ipse dixit.


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sindacato

Si apre oggi, in un clima di grande incertezza, la conferenza organizzativa di Corso d’Italia

Cgil in cerca d’identità, due donne in corsa per il dopo Epifani di Giuliano Cazzola a Conferenza organizzativa della Cgil si apre nelle prossime ore in un clima di grande incertezza da molti angoli di visuale. Per quanto riguarda la linea politica, innanzi tutto. Quella che fu la potente confederazione rossa si trova oggi a svolgere il ruolo di «opposizione di Sua Maestà»: non intende stringere accordi (come vorrebbero fare le consorelle Cisl e Uil) col governo del Cavaliere, ma nello stesso tempo non è in grado di scendere da sola sul campo di battaglia, come fece al tempo di Sergio Cofferati.

L

Tanto che Guglielmo Epifani non ha trovato argomentazione critica migliore di quella di ricordare al PdL di aver ricevuto un robusto consenso elettorale da parte dei lavoratori. Nonostante Emma Marcegaglia ne aspetti gli esiti per iniziare a trattare sulla riforma dei con-

tratti, fino a oggi i preliminari della Conferenza hanno suscitato - nei media e nell’opinione pubblica - un interesse di gran lunga inferiore a quella riservata ad un Congresso di dentisti o ad una convention di collezio-

Il fronte sindacale è stretto tra l’ortodossia della Fiom e la necessità di rispondere in un ruolo attivo al dialogo di Cisl e Uil con Confindustria nisti di francobolli.Vedremo l’esito dell’assise nazionale, non senza aver ricordato i giri di valzer che durante l’ultimo Congresso nazionale Epifani intrecciò con Prodi promettendogli una stagione di grandi in-

È rottura sul pubblico impiego. «Grave errore di metodo»

Brunetta,prima vittima C’è aria di rottura tra Cgil e governo. Dopo soli quindici minuti, il sindacato guidato da Guglielmo Epifani ha abbandonato il tavolo di confronto sul pubblico impiego convocato dal ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta. Il coordinatore dei settori pubblici Michele Gentile ha denunciato in apertura dell’incontro «un grave errore di metodo, perché si è deciso di far partecipare un solo rappresentante per sigla, escludendo coloro che poi devono gestire il piano industriale». Quanto al testo presentato ieri, il rappresentate della Cgil ha riferito come il confronto si sia limitato alla presentazione di slide. Mentre un’altra sigla, la Rdb-Cub pubblico impiego, ha scelto di non partecipare proprio all’incontro, annunciando invece una giornata di lotta contro il piano del governo che si terrà entro giugno. In generale, comunque, tutti i sindacati avranno 48 ore di tempo per valutare le proposte del ministro. Da parte sua Brunetta, prima dell’incontro, ha ribadito che a suo giudizio «la pubblica amministrazione è una palla al piede». Quanto alla possibilità che il piano sia condiviso da tutte le parti sociali, il ministro si sente forte: «È con me il 95 per cento degli italiani». Ma, come dimostra la clamorosa decisione della Cgil di abbandonare il tavolo, il negoziato si preannuncia ricco di insidie. Le proteste dunque già ci sono e si sommano anche a quelle per l’esclusione degli statali dalle misure del governo sulla detassazione degli straordinari.

tese. L’altro punto di domanda che si erge sulla Conferenza riguarda il rapporto con la Fiom. La potente federazione diretta da Gianni Rinaldini (ma sempre più influenzata da Giorgio Cremaschi, il quale continua ad avere una singolare sovraesposizione mediatica) ha bocciato l’intesa intervenuta con Cisl e Uil sulla riforma della struttura della contrattazione.

La levata di scudi della Fiom creerà, sicuramente, parecchi problemi durante la consultazione dei lavoratori e nei confronti delle controparti, le quali si chiederanno legittimamente se un’eventuale intesa con le confederazioni sarà ritenuta valida anche dai metalmeccanici. E’ assai discutibile questa linea di condotta dei metalmeccanici della Cgil: la categoria avrebbe interesse ad una diversa organizzazione della contrattazione. Che in questi ultimi

La rappresentanza è il punto debole

Un esercito di statali, pensionati e disoccupati di Vincenzo Bacarani

anni – grazie anche ad una politica sindacale criticabile – siano stati favoriti i settori a bassa produttività anziché quelli condannati alla sfida dell’innovazione e della competitività sui mercati internazionali, è altrettanto indiscutibile. Eppure, nel corso del 2007, nel sistema della Confindustria, sono stati rinnovati (con una modestissima conflittualità) 18 contratti nazionali di lavoro, mentre una categoria importante come quella dei chimici ha rinnovato il suo contratto prima della scadenza senza dover ricorre a blocchi stradali e ferroviari.

Non si spiega allora il rilievo che continua ad assumere nel dibattito interno alla confederazione un gruppo dirigente evidentemente inadeguato, più volte sconfitto e che agisce ormai sulla base di pregiudiziali ideologiche. E’ assai discutibile, comunque, che quello convenuto con Cisl e Uil sia progetto innovativo, adeguato alle esigenze del sistema delle imprese e dei lavoratori. In verità, ad essere rafforzato e potenziato è il livello nazionale che svolgerebbe addirittura la funzione di «centro regolatore» per la definizione delle competenze da

ROMA. Assieme al tentativo di ricucire la ferita tra riformisti e massimalisti, la Cgil, con la sua conferenza di organizzazione, ha una missione non meno delicata: invertire la tendenza degli ultimi anni sul fronte degli iscritti e ritornare da attuale sindacato di pensionati, statali e disoccupati a principale sindacato degli attivi, come ai tempi d’oro. Certo, c’è l’invecchiamento della popolazione da fronteggiare, ma non basta per spiegare il robusto aumento degli iscritti della terza età (che superano, come per Cisl e Uil, ormai il 50 per cento del totale). In realtà il crollo delle adesioni è evento che si consuma dai primi anni Ottanta, quando a fronte dei primi pensionati ed ex fedelissimi lavoratori attivi si ponevano le prime serie e cocenti sconfitte sindacali. Come la marcia dei 40mila a Torino del del 1980, che segnò la fine della strategia di Lama, Carniti e Benvenuto. Tendenza che non poteva arginarsi con la sconfitta del referendum sulla scala mobile del 1984 o gli accordi sul costo della vita del 1993, che portarono alle dimissioni – poi ritirate su richiesta della base – di Bruno Trentin. Forse lo scollamento con la base attiva era comunque già cominciato prima e le successive tappe non hanno poi rappresentato altro che la naturale evoluzione di una situazione già critica. Il 2007 per la Cgil, sul piano del numero di iscritti, non è stato del tutto negativo. Il tesseramento ha chiuso con un attivo di circa 50 mila unità (una crescita inferiore all’1 per cento rispetto ai 5.600.000 iscritti dichiarati). Sono calati i pensionati (però di poco: duemila a fronte di circa 400mila) e hanno registrato qualche aumento settori come l’edilizia, il commercio, la funzione


sindacato

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Per il leader di via Lucullo bisogna insistere sulla riforma dei contratti

Angeletti:«Guglielmo, non fare passi indietro» colloquio con Luigi Angeletti di Francesco Pacifico

ROMA. Gugliemo Epifani non crede alla luna di

affidare al secondo livello, fino a prevedere persino che «la contrattazione salariale ...si sviluppi a partire da una quota fissata dagli stessi CCNL». L’ultimo problema chiama in causa il gruppo dirigente confederale. Dalla segreteria sono usciti, per essere eletti al Senato, due leader di peso come Paolo Nerozzi ed Achille Passoni. Dovrebbe subentrare il riformista Agostino Megale, in lista d’attesa da tempo; mentre è incerto e contesto l’ingresso di Podda, attualmente a capo della Funzione pubblica (la federazione di categoria di lavoratori attivi che vanta il mag-

gior numero di iscritti). Si profila, però, all’orizzonte anche il dopo Epifani (il quale sarà probabilmente candidato alle prossime elezioni europee).

Si contendono la successione due donne: Carla Cantone (la zarina di ferro, che regge con polso fermo l’organizzazione confederale, dopo aver ricoperto altri incarichi importanti, tra cui la direzione degli edili) e Nicoletta Rocchi, che è una specie di Epifani al femminile: già socialista trasferita alla Quercia prima, al Pd poi ma sicuramente di impronta più moderata della rivale.

pubblica, i trasporti, la scuola e gli immigrati. In calo la categoria dei chimici, dei tessili, degli agroalimentaristi e in tenuta i metalmeccanici che, per la prima volta dal 2003 (quando erano 368mila), rimangono fermi a 359 mila iscritti, arrestando così una parabola discendente che stava diventando preoccupante per l’organizzazione guidata da Gianni Rinaldini. Carlo Baldini, del dipartimento Organizzazione, sottolinea come la Cgil resti tuttavia «la più grande rappresentanza sociale del Paese e la più grande d’Europa per numero di adesioni». Ma non si nasconde che il risultato di una campagna di tesseramento nasce da un insieme di fattori tra cui la politica sindacale intrapresa dai vertici e i suoi riscontri con la base. Non è sufficiente il solo proselitismo, che comunque in Cgil rappresenta un metodo storico, e dunque imprescindibile, per l’acquisizione del consenso. La scelta della firma del protocollo sul welfare del luglio 2007, pur con manifestate riserve, e la recentissima approvazione, anche questa con alcuni distinguo soprattutto riguardo alla contrattazione di secondo livello, della riforma contrattuale elaborata con Cisl e Uil potrebbero giocare un ruolo non indifferente sul futuro numero dei lavoratori attivi iscritti. La campagna di tesseramento 2008 è già cominciata e la conferenza di organizzazione servirà non soltanto, come ha detto Epifani «per mettere a fuoco in maniera sistematica le scelte della confederazione», ma anche per fare il punto su una rappresentatività che da un paio di decenni sta diventando il vero problema non solo della Cgil.

miele tra governo e Confindustria. E lo ripete mentre la Cgil si accinge, da oggi, ad aprire la sua conferenza di organizzazione. Anche Luigi Angeletti sta girando l’Italia – ieri era a Caserta e a Bari – per la conferenza programmatica della Uil. Ma a lui questo clima di collaborazione piace. «Raccolgo tra gli iscritti pareri abbastanza positivi sugli interventi, per ora spot, fatti dall’esecutivo: c’è una certa fiducia sul fatto che si possa sul serio realizzare una serie di accordi con governo e imprese per ridistribuire il reddito, modernizzare il sistema delle relazioni, rendendolo più partecipativo e meno conflittuale». E bastano queste parole per capire quanto sia complesso il concetto di unità sindacale. Angeletti, qual è il grado di dialogo? L’importante è guardare alla soluzione dei problemi. Il solo metro è lo stato della maggioranza del Paese, i lavoratori dipendenti, caduto dagli anni Novanta in una trappola di bassi salari e produttività. Quindi? Noi siamo interessatissimi a lavorare con tutti quelli che ci permettono di uscire da questa situazione. E lo si fa se si indirizzano tutte le risorse – economiche e finanziarie ma anche politiche – verso l’aumento di produttività e salari. Se invece proseguiamo con la logica dei due tempi, di pensare prima al risanamento finanziario e poi alle politiche di sviluppo… L’ultimo guardiano del rigorismo resta la Cgil. Questo è purtroppo un ritardo che, malgrado tutto, ancora non si riesce a superare. È difficile così difendere l’unità sindacale? Invece è necessario. Do per scontato che, al momento decisivo, non ci troveremo di fronte a una Cgil che tornerà nei suoi passi. Abbiamo deciso un percorso comune sul modello contrattuale; sulla stessa politica fiscale l’organizzazione ha sposato una novità, che è quasi un rovesciamento della vecchia cultura di tenere alte le tasse per sovvenzionare i servizi, con il risultato che alla fine le pagano soltanto i lavoratori dipendenti. Corso d’Italia non le sembra spaccata? È ovvio ci siano resistenze, condizionamenti ideologici, però queste posizioni conservatrici sono una minoranza. Una minoranza la Fiom? Vengo da quel mondo, ho la presunzione di conoscerlo bene. I metalmeccanici vengono rappresentati in maniera distorta. Lo dice perché oggi votano per la Lega? L’avete scoperto soltanto ora che gli operai votano come gli altri. Che non per forza sono dediti alla lotta di classe… Ma questo accade dalla metà degli anni Ottanta, dopo la sconfitta sulla

scala mobile. Eppoi tra le organizzazioni dei metalmeccnici la Uilm, non la Fiom, è la prima in tutti gli stabilimenti Fiat, all’Iveco, nel più grande insediamento industriale che è l’Ilva di Taranto. E il nostro riformismo non si discute. Intanto la Cgil, sui contratti, vi ha imposto di rafforzare il livello nazionale a scapito di quello territoriale. Non lo considero un freno al cambiamento. Per la parte nazionale c’è bisogno di forza per garantire la cosiddetta “invarianza del salario”. Perché se i salari diminuiscono, c’è una distribuzione a vantaggio soltanto delle imprese. Invece bisogna ampliare la redistribuzione. Soluzioni? Siccome l’aumento dei salari non segue quello dei prezzi, evitiamo che la concentrazione della ricchezza si fermi a determinati gruppi. Quindi lavoriamo su una proposta per aumentare la ricchezza attraverso la produttività. Questo è il senso della riforma contrattuale. E si incentivino i sindacati i lavoratori a scommettere sulla crescita della produttività per far aumentare i salari. Non è così facile. L’unico incentivo è la detassazione sulle ore lavorate, non un taglio dell’Irpef a pioggia. Nella stessa logica va letto il coinvolgimento dei lavoratori auspicato dalla nostra bozza sui contratti: in un sistema che funziona, l’incremento di produttività è legato non soltanto ai salari, ma anche a un clima migliore che si può avere dentro le fabbriche. Cosa si aspetta dalla conferenza della Cgil? Non so quali argomenti saranno trattati, ma per quello che mi interessa, auspico che sosteranno la nostra proposta di riforma contrattuale e una politica fiscale a favore dei dipendenti. Così com’è importante che ricordino di aver sottoscritto interventi a favore degli enti bilaterali: nel 2002, anno del famoso Patto per l’Italia, noi e la Cisl fummo tacciati di essere sindacati parastatali. Quanto tempo che si è perso. La politica industriale si fa in due. Si sbaglia chi pensa che il governo, le imprese o il sindacato possano lanciare singolarmente delle misure per il Paese. Si deve lavorare insieme. È sicuro che la Cgil sia cambiata? Ieri ha abbandonato dopo un quarto d’ora il tavolo con Brunetta sul pubblico impiego. Al ministro daremo una risposta domani. Io non ho ancora letto il piano, ma quando ripeto nelle assemblee che valorizzare il merito e aumentare la produttività sono il modo più intelligente per proteggere chi lavora, mi applaudono. Altrimenti resta il clientelismo. Mi sembra, spero, che Brunetta segua questa filosofia.

«C’è fiducia che si possano realizzare accordi con esecutivo e imprese per distribuire meglio il reddito e modernizzare il sistema delle relazioni. Rinaldini è in minoranza»


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mondo Gesine Schwan, attuale rettore dell’Università europea di Francoforte, si è candidata a contrastare Horst Koehler (presidente in carica, in basso) nella corsa presidenziale del 2009

BERLINO

Normalmente la stampa tedesca non tende a spararla grossa. Ma i titoli ad effetto che in questi giorni campeggiano sui media del Paese, fanno capire che qualcosa di veramente grosso inizia a bollire nel calderone della politica di Berlino. «Resa dei conti a Bellevue», luogo di residenza del capo dello Stato, «Poker di candidati per la più alta magistratura del Paese» o, molto più modestamente, «Lotta di potere a Berlino», cosi la vedono gli osservatori politici.

Discordia e veleni si abbattono sul governo tedesco

Grosse koalition è l’ora dell’addio di Katrin Schirner progetti ed iniziative comuni», è finita nel dimenticatoio. In Baviera, dove le elezioni del Land saranno a settembre, i toni sono caldi. Berlino con le sue alleanze è lontana. La Csu ha fatto capire che non andrà tanto per il sottile.

L’elezione del nuovo presidente avverrà tra un anno, nel maggio del 2009, ma sin da ora i partiti della coalizione di governo, Cdu-Csu e Spd, si preparano a disporre le proprie batterie. Il primo colpo lo ha sparato l’attuale presidente federale Horst Koehler, sostenuto da Unione e liberali della Fdp, ufficializzando la sua candidatura anche per il prossimo mandato. In questo modo però l’idea di trasporre l’attuale modello dell’esecutivo, la grosse Koalition, all’elezione della massima autorità della Germania è andata in fumo A pochi giorni dalla dichiarazione di Koehler, la Spd ha messo in campo la propria candidata. Gesine Schwan, rettore dell’Università europea di Francoforte sull’Oder, si è detta pronta a contrastare il presidente in carica. Sembra la ripetizione del 2004, ma non è affatto così. Per la prima volta nella storia della repubblica federale, un presidente in carica si presenta per un secondo mandato trovandosi di fronte un altro candidato. Ma il meglio deve ancora venire. Per farsi eleggere la candidata della Spd ha una sola opportunità, il sostegno della Linke all’assemblea federale. Per l’Unione si tratta di un tradimento della parola data. Qualcosa di simile era avvenuto durante le scorse elezioni in Assia. A febbraio, venendo meno a quanto detto nella campagna, la Spd aveva tentato di fare eleggere il presidente del Land con i voti della

Linke. Solo le proteste della base hanno bloccato la manovra. Beck ha cercato di metterci una pezza che ha però contribuito a danneggiare ancora di più il partito. «Qualche volta la Spd avrebbe governato con gli ex-comunisti, qualche volta no». La responsabilità dello

pronta a prendere dalla Linke i voti per la presidenza federale. A Berlino si teme che questa non sia altro che l’anticamera di quanto avverrà nell’anno elettorale 2009. Beck smentisce che la candidatura di Schwan sia il preambolo a un cambio di strategie nelle alleanze. Nes-

In attesa dell’anno elettorale 2009, le forze politiche tedesche affilano le proprie spade. Il primo a dar fuoco alle polveri è stato il presidente in carica strappo sarebbe caduta sui singoli Laender. A livello nazionale però una tale alleanza era escludersi. Questa ondeggiante strategia del presidente aveva sconcertato tutti. Ora la Spd è

suno è però disposto a credergli. L’unica cosa certa è che a Berlino la campagna elettorale è già cominciata. La promessa fatta poche settimane fa, «campagna elettorale breve per lavorare su

Un altro argomento scottante è la politica fiscale. Il presidente della Csu, Huber, ha presentato un progetto di alleggerimenti fiscali. Riduzioni di gettito che sarebbero state compensate dalla crescita dell’economia. È la politica neoliberista di Angela Merkel che il risultato delle politiche del 2005 ha cancellato. La Csu ha però costretto Cdu e cancelliere a schierarsi. La Merkel è ora costretta a muoversi su una corda tesa. Non deve delegittimare il suo ministro delle finanze socialdemocratico, che insiste sul rispetto dell’accordo di coalizione, contemporaneamente non può respingere la strategia di diminuzione delle tasse proposta da Huber. «Il bilancio statale deve essere risanato prima di far dimagrire il fisco», così il cancelliere è riuscito a trarsi d’impaccio. Poichè la tregua conviene a tutti, lo status quo durerà fino alle elezioni del 2009. Finita la grande coalizione, ognuno prenderà la propria strada. Date queste premesse la prossima azione di governo non potrà che essere monca. Quale che siano i problemi da risolvere: politica sanitaria, sostegno della famiglia, politica estera, sarà difficile farlo in comune.

Argentina. Non si placano scioperi e sommosse

Cristina Kirchner testa a testa con gli agricoltori di Benedetta Buttiglione Salazar o scontro che da 80 giorni oppone in Argentina gli agricoltori ed il governo si fa sempre più duro ed ogni soluzione sembra venire meno. Dopo la piega fortemente antigovernativa di una manifestazione di 300mila persone tenutasi a Rosario, a nord di Buenos Aires, il governo ha sospeso ogni negoziazione. Ieri sera i produttori hanno annunciato un nuovo piano di lotta: dal 2 giugno il grano verrà immagazzinato nei silos, lo stop della consegna di carne comincerà da oggi. Dal 3 al 6 giugno, inoltre, la protesta si sposterà nelle piazze delle principali città per chiedere il sostegno della popolazione. I discorsi dei rappresentanti delle quattro associazioni agropecuarie argentine sono stati considerati troppo aggressivi e “golpisti” nei confronti del presidente Cristina Fernández Kirchner e non è piaciuto l’aut aut posto al governo di tagliare le nuove tasse sui cereali. I disordini vanno avanti dall’11 marzo, quando è entrato in vigore il nuovo schema di imposte e ritenute sull’esportazione dei cereali. In particolare, la tassazione sulle esportazioni di soia e di semi di girasole è passata dal 35 a più del 40 percento. Inoltre è stato imposto un prezzo massimo a tutti i cereali e un tetto alle esportazioni. La Kirchner vuole favorire una ridistribuzione della ricchezza a favore dei più poveri. La maggior parte della terra è proprietà di grandi latifondisti che coltivano in regime di quasi-monopolio soprattutto la soia. C’è da dire che dopo il crollo finanziario del 2001 il Paese si è rialzato in buona parte grazie a queste produzioni, ma oggi si vorrebbe favorire la produzione dei cereali di consumo interno, come il mais ed il grano, coltivati solo sul 50 percento dei terreni. Anche un aumento dei latifondi destinati all’allevamento di bovini fa parte del progetto, visto che gli argentini consumano ben 70 kg di carne a testa ogni anno. La forte crescita del mercato asiatico fa gola agli esportatori di soia che vengono pagati in dollari. Perciò sono immediatamente scattati gli scioperi di massa, l’occupazione delle strade e le proteste che hanno causato un impoverimento delle riserve cerealicole nazionali. L’Argentina è il primo esportatore mondiale di girasole, il secondo di mais, il terzo di soia ed il quarto di grano, ma occupa anche un posto rilevante nel commercio mondiale degli olii e delle farine derivate da questi cereali. Se non si trova presto una soluzione gli effetti sul commercio mondiale saranno disastrosi. Mentre già si fanno sentire le ripercussioni sul mercato interno, con una perdita di più del 3 percento del valore dei buoni statali sul debito pubblico ed una caduta dello 0,75 percento del valore delle azioni leader della borsa di Buenos Aires.

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mondo

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La grande scrittrice somala su Usa, Islam e diritti umani: «È ora che un nero diventi presidente»

«Tifo per Obama, combatto Osama» colloquio con Ayaan Hirsi Ali di Luisa Arezzo

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Piano Marshall per Iraq e Afghanistan

segue dalla prima È bella come un quadro Ayaan Hirsi Ali, avvolta in un tailleur crema, dita affusolate e smaltate color vinaccia, occhi inquieti e collana di perle. Classe ’69, nata in Somalia, fuggita dopo un matrimonio combinato e con una vita molto più lunga della sua età. Nel 2005 è stata inserita da Time fra le 100 personalità più influenti del pianeta. Ex deputata olandese, sceneggiatrice di Submission assieme a Theo Van Gogh, poi ucciso da un integralista islamico, oggi vive sotto protezione negli Usa e Ayaan Hirsi Ali, scrittrice, oggi vive negli Usa. A fianco, lavora all’American Enterpise Institute Barack Obama e sotto Osama bin Laden di Washington, la culla del pensiero teocon. Il suo ultimo libro, Se Dio non vuole, Rizzoli), è appena uscito in Itametteri lo sceicco Yusuf Al Qaradawi lia. Esattamente 6 anni fa, il 28 maggio (il “telepredicatore”di Al Jazeera, ndr), che dal Qatar propaganda le sue idee 2002, ha abiurato alla fede musulmaassieme al suo codazzo. Fra i più sofina. «Una decisione che mi ha concessticati direi Tareq Ramadan, che invoso una grande pace mentale. Mi dica la moratoraia per la lapidazione chiaravo musulmana ma conducevo delle adultere, che chiede un Islam euuna vita in contrasto con quella reliropeo, ma che pensa che a cambiare gione. Adesso che mi sono pubblicadebbano esser gli europei e non i mumente dichiarata infedele posso vivere sulmani. C’è poi Ahmadinejad, uno da non musulmana e considerarmi tache dice di parlare e agire perché ispile. Di contro, ho una fatwa che grava sulla mia testa, perché chi abiura l’I- gliere fra morte o conversione - dun- rato direttamemte da Allah e che non slam è minacciato di morte. que uno stato di conflitto perpetuo - e nasconde il suo odio, convinto com’è Infedele o atea? che omosessuali e donne adultere che Israele debba essere cancellato Per come la vedo io non c’è differen- siano gettate dagli edifici più alti. dalle carte geografiche. za. Un ateo è uno che dice che Dio Non ho dubbi: questi sono indici di Crede ancora che Maometto sia non esiste e che lascia l’onere della una cultura inferiore. stato un megalomane del Medio Quali sono i personaggi che più prova contraria al credente. L’infedeOriente? incitano l’Islam all’odio? Si. Maometto ha fondato l’Islam parle, la miscredente, come me, è una che respinge la fede, nel mio caso la Il più famoso è bin Laden. Non è una tendo da una cultura tribale del deserfede islamica. novità. Fra i meno sottili e sofisticati ci to in cui ogni tribù era in lotta con l’alTutti gli uomini sono uguali, ma tra. Per stabilizzare l’area e creare uno non tutte le culture. È anStato doveva massimizzare il cora la sua battaglia? proprio potere. In questo è staAllerta dell’Fbi: al Qaeda pronta a diffondere video Si. E con toni più importanti to un maestro, lavorando sul dei miei è stata detta anche piano psicologico con la dottridal vostro premier Berluscona del jihad, la guerra santa ni. Gli esseri umani sono tutti islamica. Molto presto le persouguali, ma non tutte le cultune hanno cominciato a ritenere Al Qaeda si appresta a diffondere un video che re. Anzi. Per me una cultura è che non fosse lui a dire quelle esorta gli estremisti islamici a ricorrere ad armi quella che considera l’indivicose ma Dio stesso, e così l’Inucleari e biochimiche per attaccare l’Occidenduo un valore, indipendenteslam ha conquistato interi imte. Lo rivelano fonti dell’Fbi. Le stesse che hanmente dal genere, colore e feperi. Ha diviso l’umanità fra no successivamente chiarito che all’intelligende. In questa cultura la sua vicredenti e non, e questi ultimi ce americana non risultano informazioni sul ta è protetta dallo Stato, regoandavano convertiti prima con possesso, da parte dei terroristi, di armi di dila parola e poi con la spada. La lamentato da leggi votate da struzione di massa. Il filmato dura 39 sua mira? Un mondo islamizuna maggioranza, che a sua minuti, è girato in stile documentario zato, pronto al giorno del giudivolta tutela tutte le minorane si intitola La Jihad nucleare: il terze. Queste leggi proclamano zio. Definirlo un megalomane è l’uguagliana fra uomini e donrore definitivo. Secondo indiscrezioun understatement. ne e autorizzano la ricerca ni sarebbe già stato pubblicato sul foÈ possibile un dialogo tra Occidella felicità, cosa che rende rum militante“al Ekhlaas”con una dente e Islam? gli uomini responsabili e buoSi, ma attenzione: un dialogo è voce narrante di sottofondo che ni cittadini. Una cultura così un processo negoziale, una affermerebbe: «L’idea di ucciconcepita è superiore a quella trattativa. Prima di sedersi al dere molte persone è già stata che dice Insciallah, affidiamotavolo bisogna sapere cosa si attuata da altri e adesso deve vuole ottenere e a cosa si è diritorcerglisi contro. Quindi ci a un dio, peraltro invisibile, sposti a rinunciare. Io penso dico che il terrore nei loro e lasciamo ogni decisione e che trattare sui valori sia molto Paesi deve comprendere problema al suo volere. Ladifficile e non sono disposta a perdite vite di umane e sciamo che le donne siano sucompromessi sulla vita, sulla litali perdite devono avbordinate agli uomini e che le bertà, sulla ricerca della felicità venire con armi di distrupersone si dividano in credene sulle istituzioni atte a garantizione di massa». ti o misceredenti, e a quest’ulre questi valori. timi sia dia possibilità di sce-

«Trattare sui valori è difficile e non sono disposta a compromessi su vita, libertà, ricerca della felicità e sulle istituzioni atte a garantire tutto ciò»

Jihad nucleare e biochimica “il terrore definitivo”

Il presidente americano Bush si è detto a favore di un piano complessivo di ricostruzione in Iraq e in Afghanistan. Lo stile è quello del piano Marshall che ha rimesso in sesto le economie europee dopo la seconda guerra mondiale. «L’America già una volta ha avuto simili impegni», ha dichiarato Bush davanti ai cadetti della scuola dell’aviazione militare a Colorado Springs. I critici statunitensi fanno notare che il presidente, mettendo sullo stesso piano Medio Oriente contemporaneo ed Europa post 1945, commette lo stesso errore che ha spinto Washington alla guerra.

Incontro storico tra Pechino e Formosa Hu Jintao ha ricevuto mercoledì il leader del Koumintang, il partito taiwanese di governo, Wu Poh-hsiung. Si è trattato dell’incontro a più alto livello tra i due Paesi da 60 anni a questa parte. Dalla fine della guerra civile nel 1949, quando il Koumintang si era ritirato sull’isola, i due Stati non si sono riconosciuti. L’elezione del nuovo presidente dell’isola, Ma Ying-jeou, sta delineando un miglioramento di rapporti ancora difficili.

Si aggrava la posizione di Olmert Olmert comincia a sentire l’acqua alla gola. Martedi l’uomo d’affari americano Morris Talansky, aveva testimoniato di aver consegnato al primo ministro israeliano una valigia con una grossa somma di denaro, confermando l’accusa della procura secondo cui Olmert avrebbe incassato circa 150mila dollari. Ieri il ministro della Difesa dello Stato ebraico ha pubblicamente chiesto le dimissioni del suo capo di governo. L’ultimatum di Barak prevede una possibilità di scelta. O dimissioni volontarie oppure elezioni anticipate. Un portavoce del partito laburista ha dichiarato alla radio dell’esercito che il primo ministro dovrebbe autospendersi dall’incarico.

In Cina evacuate160mila persone Nelle zone colpite dal terremoto monta la paura del possibile crollo di una diga. Decine di migliaia di persone sono state evacuate dalle zone a rischio inondazione. Il grande muro naturale che si è venuto a creare dopo il sisma nel fiume Jian, ha fatto nascere un enorme lago. La grande riserva d’acqua rischia di esplodere in una zona dove più di 400mila case sono crollate dopo le ultime forti scosse. Squadre di specialisti coadiuvate da soldati cercano di creare un deflusso naturale per permettere all’acqua di uscire senza provocare danni.

Esperti Ue temono l’11/9 digitale Il capo dell’agenzia Ue per le informazioni di sicurezza, Andrea Pirotti, ha messo in guardia dal terrorismo cibernetico. Governi e imprenditori devono difendersi con più forza da hacker e criminali telematici, ha detto Pirotti alla Ap di Bruxelles. Il funzionario dell’Unione ha parlato anche della possibilità di azioni terroristiche. Per poter operare con maggiore efficacia, l’agenzia Ue, Enesa, avrebbe bisogno di maggior personale. «Dobbiamo evitare un 11 settembre digitale», ha detto Pirotti.

Gb, madre congela ovuli per figlia sterile Figlia sterile a causa di una malattia genetica. La madre decide di congelare i suoi ovuli per donarli alla bambina diventata donna, se questa sentirà il desiderio di diventare mamma. Se cio’ dovesse accadere la ragazza avrà una figlia/o, che sarà anche sua sorellastra/fratellastro. Accade in Gran Bretagna, in una famiglia di Hazel Grove, Stockport.


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speciale educazione

Socrate

Osteggiati da molti, adorati dai giovani: pc, web e videogiochi rappresentano risorse non ancora sfruttate al meglio. Eppure non mancano esempi di impiego efficaci e virtuosi

LA SCUOLA AL TEMPO DEI NUOVI MEDIA colloquio con Valentina Aprea di Irene Trentin

V

alentina Aprea è responsabile nazionale delle Politiche scolastiche di Forza Italia. Di scuola, se ne intende. Fin da quando, nel precedente governo Berlusconi, partecipò, da sottosegretario alla Pubblica istruzione, al varo della riforma Moratti. Stavolta non c’era il suo nome nell’elenco, più ristretto, dei sottosegretari, ma è stato proprio il presidente del Consiglio a chiederle di portare la sua esperienza alla guida della commissione Pubblica istruzione e Cultura della Camera. È ora che la scuola inizi a parlare «un linguaggio nuovo», dice la neo presidente. Non si tratta d’introdurre materie scolastiche nuove, ma di un approccio trasversale alla didattica. «La scuola deve fare attenzione a non disperdere il patrimonio della lingua e della letteratura italiana – spiega – ma deve anzi insegnare ad appropriarsene con strumenti tecnologici più efficienti». Le famose tre “i”, inglese, informatica, impresa, hanno caratterizzato la campagna sulla scuola dei governi Berlusconi. Saranno una priorità anche in questa legislatura? Le tre “i” sono fondamentali per la modernizzazione del modello educativo della scuola, costituiscono uno strumento valido per permettere agli studenti di diventare competitivi con una società globalizzata e col mondo del lavoro. La scuola deve imparare un lin-

scuola e quello del lavoro, con corsi di auto-imprenditorialità e orientamento, a partire dai 15 anni, proprio per evitare che i ragazzi arrivino disorientati alla fine del loro percorso scolastico. Occorre proseguire con più coraggio in questa direzione. A volte sono addirittura i ragazzi a insegnare a genitori e docenti. Come fare per aggiornare le competenze degli insegnanti? La ripresa delle tre “i” deve valere prima di tutto per adulti e docenti. Dobbiamo riprendere i programmi nazionali d’informatica promossi dall’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica, l’ex Indire, che abbiamo istituito con la Finanziaria 2007 presso il ministero della Pubblica istruzione, che prevedono tra l’altro i servizi di aggiornamento online per gli insegnanti. A quali altri progetti si può ricorrere per diffondere le nuove tecnologie? Dobbiamo mettere in atto una serie di iniziative per accelerare il processo di modernizzazione della pubblica amministrazione e dei servizi a tutti i cittadini. Penso ad esempio ai cittadini più anziani che potrebbero conoscere in tempo reale l’esito di un esame medico, senza problemi di spostamento. La facilità di reperire informazioni su internet non rischia di far dimenticare ai ragazzi l’importanza del discernimento e la fatica della ricerca? Non si rischia un’overdose da “copia e incolla”? Le nuove tecnologie hanno portato una semplificazione ma anche un maggior numero d’informazioni. Per la scuola si tratta di una grande opportunità, ma si deve fare molta attenzione a non trascurare l’approfondimento su materiale cartaceo, insegnando lo studio critico, attraverso la lettura di un buon libro, ad esempio.

«La formazione punti su internet e digitale: serve un linguaggio nuovo» guaggio nuovo. Anche se, oltre all’innovazione, non si possono rinviare le grandi riforme che devono rispondere alle emergenze dei docenti e dell’educazione. Come stare al passo col resto dell’Europa? Il vecchio modello scolastico è ormai superato: l’Europa ci indica competenze chiare, con l’utilizzo di internet e di tecnologie digitali. Per ricorrere alla terminologia anglosassone, la scuola deve offrire competenze di exploration, exchange ed expression. E in che modo si potrà superare l’eterno gap che c’è in Italia tra la formazione della scuola e il mondo del lavoro? Ho partecipato alla stesura della riforma Moratti, che prevede momenti di alternanza tra il mondo della

Come può cambiare lo studio delle materie tradizionali attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie? Non si tratta di materie scolastiche nuove ma di un nuovo approccio trasversale alla didattica. Bisogna andare oltre la tradizionale ora di informatica, prevedendo laboratori virtuali e percorsi più efficaci all’interno del normale orario di lezioni. Così anche materie scientifiche tradizionali possono essere studiate ricorrendo alle nuove tecnologie, si possono osservare ad esempio i pianeti da vicino grazie a programmi inforValentina Aprea matici, permettendo in questo presidente modo agli studenti di imparare della Commissione divertendosi. cultura alla Camera In che modo le nuove tecnologie hanno cambiato la dimensione culturale dei giovani? La lingua italiana è molto ricca di vocaboli. La scuola deve fare attenzione a non disperdere quel suo grande patrimonio della lingua e della letteratura, insegnando ad appropriarsene con strumenti tecnologici più efficienti. Nuove tecnologie significa anche possibilità di seguire corsi di diploma o laurea a distanza. Ma


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Computer e supporti multimediali utili se al servizio della didattica

Navigare in mare aperto di Giuseppe Bertagna sare e consumare le nuove tecnologie informatiche e della comunicazione (Ntc). Nel Teeteto, Platone ricorda che il “filosofo”, oggi diremmo la persona saggia, intelligente e ben educata, spesso non sa «neppure mettere insieme un bagaglio di viaggio, né preparare buone vivande». Fuor di metafora e riferendoci alle Ntc, spesso non sa neppure che cosa sia l’ipod, adopera il computer al massimo come una macchina da scrivere, non sa navigare bene, cioè senza perdere tempo e far naufragio in internet, ha problemi a compilare moduli o richieste di acquisto on line, usa il telefonino solo per fare e ricevere chiamate e non per documentare, scaricare, filmare, comunicare e così via. Non c‘è da vantarsene. Se non c’è da vantarsene, non si vede perché i giovani, che non sono ancora, per dirla alla Platone,“filosofi”, ma lo dovrebbero diventare, grazie all’educazione, non debbano sapere e saper fare, e bene, tutte queste cose. E anche di più, visto che ormai le Ntc sono, per il nostro tempo, come l’acqua per i pesci. È vero: la maggior parte dei giovani, anzi dei bambini, supera già per conto suo i docenti, in quest’uso. Non c’è dunque bisogno che imparino a scuola “come si fa”ad adoperare il computer.

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non si rischia così di cadere nel nozionismo se viene a mancare il rapporto diretto col docente? Imparare a distanza è una grande opportunità, che ha portato a una diffusione dei saperi. Basti pensare agli adulti che lavorano e decidono di riprendere gli studi. Ma questa non può diventare l’unica modalità di apprendimento. Le ore di lezione online vanno supportate con lezioni frontali tenute da tutor e docenti che valutano le competenze acquisite. Che ne pensa della proposta del ministro Brunetta di diffondere le pagelle via internet, abolendo la dimensione cartacea nel pubblico impiego? Come fare per non violare la privacy? È una proposta che mi trova molto d’accordo, l’importante è fornire chiavi di accesso per tutelare la privacy. Il pericolo semmai è di privatizzare troppo il rapporto docente e famiglia, ma è un rischio che si può superare rendendo pubblica la valutazione finale. I risultati a mio avviso dovrebbero essere costantemente resi pubblici ai genitori non solo a fine trimestre o quadrimestre, responsabilizzando le famiglie di volta in volta. Opportunità, ma anche rischi. Come fare per proteggere bambini e adolescenti dai rischi delle nuove tecnologie? Ultimamente ci sono stati molti casi di bullismo legati a riprese col videotelefonino o a incursioni su YouTube. Purtroppo le tentazioni sono tante. I ragazzi si sentono protagonisti anche attraverso azioni violente che poi mettono in circolazione per sentirsi forti. Rimane compito urgente della scuola educarli ai giusti valori.

Ciò che la scuola deve fare, semmai, è riempire di propri contenuti e dei propri metodi questo “come si fa”che i ragazzi imparano alla svelta. Certo, se per varie ragioni qualcuno non avesse ancora maturato queste abilità, la scuola dovrebbe sentirsi obbligata ad assicurarle. Non nel senso che la scuola debba fornire durante le ore di lezione telefonino, ipod e computer con connessione ad internet. La fornitura di questi strumenti dovrebbe restare preoccupazione della politica sociale nazionale: se una famiglia non può metterli a disposizione dei figli per una questione di reddito sarebbe infatti buona cosa fornirglieli gratuitamente o almeno con facilitazioni pubbliche. Sarebbe buona cosa perché oltre che servire ai figli come e in quanto studenti per l’uso finalizzato che la scuola ne potrebbe e dovrebbe poi fare, potrebbe essere un’occasione per diffondere l’impiego delle Ntc anche tra i genitori, e così non escludere nessuno dall’accesso a queste opportunità. L’importante, per la scuola, invece, è che insegni ad ogni allievo ad impiegare questi strumenti per i percorsi specifici di apprendimento che è chiamata a sollecitare nelle diverse discipline di studio. Ogni scuola, tanto per fare un esempio, sul proprio sito, dovrebbe avere degli spazi in cui i ragazzi possano, da casa loro, svolgere insieme ai compagni, “i compiti”, magari avendo a disposizione un docente tutor per le consulenze online. Dovrebbe, inoltre, abituare i ragazzi a costruire prodotti multimediali di documentazione, di rielaborazione, di progettazione, di espressione; a risolvere problemi, eseguire compiti ed elaborare progetti di apprendimento che attraversino tutte le discipline di insegnamento con le Ntc. Ma questo è solo il primo e più basso livello dell’incontro tra Ntc e scuola. Da non disprezzare, ma nemmeno da apprezzare più di quanto meriti. Diciamo che la I di internet dovrebbe essere scontata. È piuttosto sul secondo livello che la scuola dovrebbe insistere. Si riferisce al confronto critico tra la scrittura/lettura tradizionale, potremmo dire la galassia Gutenberg, e la galassia McLuhan. Le condizioni di questo confronto sono ovviamente due. Anzitutto, che la scuola insegni in maniera approfondita e non in maniera solo pragmatica a leggere e scrivere. A leggere testi di varia natura e complessità. A scrivere per gli scopi più diversi: argomentare, narrare, persuadere, commuovere, de-

scrivere ecc. Soprattutto che sottolinei il problema di fondo che già per Platone doveva essere sempre presente in chiunque leggesse e scrivesse. Ovvero, come ammonisce nel Sofista, che non si confondano mai i segni grafici di cui sono fatte le parole (le immagini, diceva Platone), o i suoni delle parole, con i loro significati: questi vanno ben oltre le immagini che lasciano sulla pagina e i suoni delle corde vocali che ce li fanno sentire. Ed è esplorando questa misteriosa ma potente specificità e portandone a consapevolezza i rilevanti problemi gnoseologici che si può fare davvero ‘scienza’ non solo in lingua, ma in tutte le discipline. La seconda condizione per rendere formativo il confronto di cui si diceva è che le stesse Ntc non siano adoperate, a scuola, per nascondere meglio di quanto già accada con la scrittura/lettura questa irriducibilità tra immagine/suono e significato. Nella metafora della Repubblica di Platone, per nascondere meglio il fatto che le ombre non sono la realtà, l’opinione la verità, il virtuale reale, l’apparire l’essere, l’empirico il metaempirico. Se così accadesse, le Ntc diventerebbero educativamente sinistre. Darebbero solo cloroformio all’intelligenza e alla saggezza, e abituerebbero all’inganno e alla menzogna. Per questo, sempre richiamando l’ammaestramento di Platone, la scuola dovrebbe essere il luogo formativo socialmente specifico in cui, passando dal primo e dal secondo livello di incontro con le Ntc e con i processi di lettura/scrittura, si potesse giungere al, e riscoprire in maniera adeguata, il terzo livello, quello che potremmo chiamare della vera maturazione ‘filosofica’, cioè educativa.

Il maestro, infatti, ricorda Platone, a differenza dei libri e dei quaderni, ma anche a differenza del computer e delle chat più interattive che si possano immaginare, interroga di persona l’allievo, a volte gentilmente a volte bruscamente, secondo il suo carattere e le sue resistenze. Scopo: farlo diventare consapevole delle proprie credenze e della relazioni tra quelle proprie ed altrui. «La confutazione – è scritto nel Sofista – è la più grande e la più potente delle purificazioni e (…) chi non è stato confutato, anche se fosse Grande re, (…) è privo di educazione». Suscitando dubbi fondati su convinzioni e su ragionamenti dati per certi, aggiunge il Menone, vuol dire che si dimostra ai falsi sapienti non solo che non sanno, ma che nemmeno possono «credere di sapere». I libri, e anche l’internet più socializzato, non possono che mimare in maniera incompleta e spesso ridicola questa attività critico-formativa relazionale che solo persone in carne ed ossa possono praticare. Né gli uni né l’altro, infatti, sono «vivi» (Fedro 275d). Al contrario, in maniera diversa, «rotolano» come pesi morti indifferentemente nelle mani «di coloro che ne intendono e così pure nelle mani di coloro ai quali non importa nulla», né sanno «a chi devono parlare e a chi no», e soprattutto perché. Spesso, cullano l’anima al punto da spingerla soltanto a ‘credere’ e scambiare la vastità dell’informazione con la vera conoscenza, l’opinione per verità. «E proprio per questo recano offesa e a torto oltraggiano». Tutto l’opposto dell’educazione. Se la scuola non fosse, dunque, il luogo in cui si «allevassero realmente le persone in questa padronanza critica» del pensiero giustificato e dell’azione buona, in cui fosse una «sofferenza discorrere bene», come si deve, perché si sarebbe solo «imbottiti di opinioni e di reattività istintuali», come si potrebbe sperare di educare uomini che «sappiano gettarsi indietro sulla destra il mantello come si addice a persona libera» (Teeteto)?


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speciale educazione

Socrate

Quelli ben progettati sviluppano la curiosità e l’attenzione e liberano la creatività e la fantasia

Contro la retorica dei videogames di Paolo Fuligni

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erché di giochi si tratta e nessuno vorrà o potrà negare il valore del gioco, massimamente per i bambini e per i giovani, ma – in fondo – per chiunque e a qualunque età. Leggiamo nel recentissimo Dizionario di Psicologia del Galimberti che il gioco «è prerogativa di individui giovani tesi all’esplorazione del mondo e all’apprendimento delle regole»; un comportamento in cui «entrano in gioco la vita emotiva, quella intellettiva, i processi di socializzazione e di educazione che proprio nell’attività ludica trovano la loro prima espressione». Ovviamente, se ieri si giocava con le trottole di legno e con la dama, oggi si gioca col pc e con la playstation, così come oggi si scrive, si lavora e magari si or-

Certo, la qualità è fondamentale, come in qualsiasi altro prodotto: ci sono giochi utili e bellissimi come ce ne sono di stupidi, demenziali o francamente ignobili. Del resto ci sono anche pessimi libri, orrendi film e disgustosi programmi televisivi, ma sarebbe delirante condannare in toto l’editoria, il cinema e la televisione per questo. Un buon video gioco – sia esso sul web o installato sulla propria macchina – può sviluppare funzioni neuropsichiche importanti come l’attenzione, i riflessi e la memoria, così come può indurre o favorire apprendimenti complessi, anche ad alto livello. Un buon “gestionale” mette in moto l’intelligenza, educa l’attenzione e fa imparare cose che forse mai avremmo appreso così bene a

«È ora che i docenti li impieghino come strumenti educativi e informativi» dina la pizza col computer; nulla di strano, è il mondo che cambia. Smettiamo quindi di considerare il videogioco come un’attività malsana o addirittura pericolosa o nociva.

scuola. Anzi, magari imparasse la scuola a usare i videogiochi come strumento educativo e informativo! Chi ci ha provato ha scoperto che con essi si può espandere la capacità attentiva

di ragazzini “difficili” e ribelli; si può insegnare la segnaletica stradale stimolando al contempo la consapevolezza del pericolo e educando alla sicurezza stradale. Soprattutto si possono riconquistare alla scuola tanti ragazzi che, terrorizzati dai libri, ne sarebbero fuggiti assai lontano. Potremmo avere giochi per insegnare la storia e la matematica e altri per affrontare deficit intellettivi e disagi psichici – come le fobie ed il panico – attraverso la virtualizzazione di situazioni-problema. Pensiamo alla possibilità di affrontare la prosopagnosia e altri disturbi della memoria o di far vivere a un aviofobico l’esperienza del volo in condi-

zioni di assoluta sicurezza; un orizzonte vastissimo ed eccitante, se naturalmente troveremo software house aperte alle novità e disposte a rischiare.

Ma anche un bel gioco fantasy – puro svago, tuffo della mente in mondi fantastici e colorati – quanti contributi può dare alla crescita dell’immaginazione e della creatività! Per non parlare dell’emozione e della bellezza di un flight simulator dell’ultima generazione, ricco di tecnica come di scenari incantevoli, dalla laguna di Venezia alle vette innevate delle Alpi. Anche il semplice e disimpegnato divertimento deve pur avere un posto e un

LETTERA DA UN PROFESSORE

ESAMI A SETTEMBRE, I CONTI IN SOSPESO di Giancristiano Desiderio l sistema dei crediti e dei debiti è fallito perché non poteva non fallire. Con l’abolizione degli esami a settembre e l’introduzione del sistema folle dei crediti e dei debiti la barca scolastica è stata definitivamente affondata. Per gli alunni una cuccagna, per i professori un manicomio. Cosa si fa quando qualcosa non va? Si corre ai ripari. In Italia no. L’ex ministro Giuseppe Fioroni si era reso conto che la cosa non andava e aveva cercato di metterci una pezza. Infatti, invece di ripristinare semplicemente gli esami per gli alunni rimandati a settembre, fece ricorso alla cosiddetta “sospensione del giudizio”. Che cos’è? Vediamo. Se l’alunno non è promosso, non è neanche

I

rimandato a settembre. Il giudizio del docente è “sospeso”, la scuola ha l’obbligo di organizzare durante l’estate dei corsi di recupero, la famiglia ha l’obbligo di comunicare alla scuola se intende usufruire del corso o se farà da sé. A settembre, comunque, l’alunno dovrà fare un colloquio e il docente dovrà ritirare la “sospensione del giudizio” e, dunque, giudicare l’alunno dicendo se ha recuperato o no. Come si vede, una cosa estremamente complicata che non fa bene a nessuno e complica la vita ad alunni, professori, famiglie e scuola. Ci sono problemi di ordine pratico: quando, come, chi farà i corsi di recupero? Quanto costano? Chi li paga? Ci sono tutti i soldi? Ma,

soprattutto, sono utili, efficaci, necessari? No, niente affatto. C’è una strana idea nella scuola italiana e in chi pensa cosa dovrebbe essere la scuola: ciò che appartiene al passato è sempre da buttare. Una convinzione non solo sbagliata, ma addirittura antiscolastica, dal momento che scuola è tradizione e trasmissione del sapere ha la stessa radice di tradizione. Diciamo la verità: gli esami a settembre erano una giusta prova per l’alunno che aveva il tempo per riflettere e per elaborare un senso di responsabilità. La “sospensione del giudizio” e i corsi della scuola eliminano proprio questa fondamentale presa di coscienza. Ma non è evitando fatica e prove che si educano i ragazzi.

senso nella nostra vita. Una corretta rappresentazione della realtà è senz’altro fondamento della salute psichica, ma la percezione del reale e la razionalità medesima devono stare in continua dialettica con l’emozione, la fantasia e la creatività; non si può certo vivere di sola ragione, di solo lavoro o di solo studio. Rimanga naturalmente ben chiaro a tutti noi che non è salutare protrarre un’attività sedentaria, davanti a uno schermo, per un tempo troppo lungo. Per i video giochi – come per la televisione del resto – basteranno, al massimo, un paio d’ore; dopo ci si alza e si va a far cose diverse e, soprattutto, del moto. Non vogliamo ritrovarci con dieci chili di troppo per aver eccessivamente attinto al nostro svago preferito. È poi ovvio che non si deve usare un video gioco al posto dello sport, né al posto di attività di relazione, o comunque più socializzanti, e nemmeno negli orari che si dovrebbero dedicare allo studio o al lavoro. È l’uso scorretto di questo strumento che può condurre a danno o disagio, non lo strumento in sé. La dipendenza da video gioco – di cui molto si sente dire – nasce proprio da un ”consumo” eccessivo e soprattutto surrogante. Del resto tutte le dipendenze, in questa epoca che così tante ne produce, nascono proprio da insoddisfazione e abuso.

Certamente non vorremo mai giochi che inducano ad azioni – virtuali sì, ma non per questo accettabili – di violenza contro persone, animali o cose. Giochi in cui si stupra, si rapina e si uccide – non il mostro verde o l’alieno, ma esseri umani – vanno rifiutati e condannati senza mezzi termini; rivendichiamo il diritto/dovere di accogliere nella nostra testa solo immagini e vicende umanamente compatibili e sostenibili. La violenza non è divertimento: in qualsiasi manifestazione – allo stadio, in discoteca, per strada – la brutalità non è un passatempo, ma una patologia. Ed è in una Cultura già di per sé molto violenta che produrre giochi violenti, per qualcuno, diventa un business. Psicologo, psicoterapeuta Università di Pisa


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I sussidi didattici a disposizione devono essere integrati in progetti coerenti

Frammenti di tecnologia di Giuseppe Lisciani l noto scrittore inglese di fantascienza Herbert Gorge Wells affermò una volta che la storia umana «diventa sempre più una competizione tra l’educazione e la catastrofe». Uno dei maggiori psicologi e filosofi americani del secolo scorso, Burrhus Frederich Skinner, ha pensato bene di regalare alla sentenza di Wells una ulteriore dose di inquietudine. Ha scritto, nel 1968: «Le forze della distruzione non sono mai state forti come oggi e l’educazione non è mai sembrata così vacillante» (La tecnologia dell’educazione, trad. it. La Scuola, Brescia 1970, p. 324). Ha anche suggerito la soluzione: «Dobbiamo migliorare l’insegnamento come tale. Per risolvere il problema la strada è una sola: quella della tecnologia dell’insegnamento» (ivi). Ma che cos’è la tecnologia dell’insegnamento? Esiste davvero? Skinner ne è stato

I

crime». Bisogna dare credito a Skinner sull’efficacia della tecnologia dell’insegnamento, da lui argomentata in maniera convincente. È però opportuno raffreddarne il troppo invadente coinvolgimento filosofico, per evitare fraintesi e porre l’accento, al tempo stesso, sulla configurazione didattica. Proviamo per esempio a definire la tecnologia dell’insegnamento come un insieme di strumenti dell’insegnare, e perciò anche dell’apprendere, che la scuola acquisisce dagli strumenti del comunicare utilizzati nella società. Li acquisisce per trasferimento o per adattamento o soltanto come ispirazione. Con l’aggiunta, in ogni caso, di una strategia, semplice o complessa, che tenda a garantire il risultato, cioè l’apprendimento voluto. Gli strumenti a disposizione sono attualmente innumerevoli.Tenterò qui di darne una elencazione gerarchica basata sulla complessità: 1. Materiali di facile consumo: fogli di carta di vario tipo, bastoncini tondi, steli di paglia, cartoleria in genere, ecc. 2. Materiali di scrittura: carta e penna, lavagna e gesso, colori d’ogni tipo (soprattutto pastelli, acquerelli e tempere). 3. Materiali di lettura: poster di vario argomento (che hanno funzione simile alle mura istoriate della Città del Sole, 1623, di Tommaso Campanella); libri, di testo e non: da notare che il libro rappresenta un punto alto di tecnologia ergonomica, poiché associa una minima ingegneria produttiva, una notevole praticità d’uso e un massimo rendimento comunicazionale.

È necessaria una pedagogia leggera, che subordini i mezzi a obiettivi prefissati certamente il più autorevole sostenitore. Un difensore strenuo e radicale che ne ha identificato la struttura basandosi sulle proprie convinzioni di psicologo e di filosofo del comportamento: qualcuno ne ha persino ricavato una visione totalizzante, quasi alla stregua di un Grande Fratello. Vedi, per esempio, Oltre la libertà e la dignità (1971), libro famoso quanto controverso, che diede ad alcuni intellettuali americani l’estro per bollare Skinner come «l’apologeta di un fascismo senza la-

4. Materiali strutturati. Il primo ad utilizzarli fu l’educatore e pedagogista tedesco Friedrich Wilhelm August Froebel (17821852). Egli ebbe l’idea di offrire ai bambini alcuni oggetti, che definì come «doni» e che avevano lo scopo di promuovere e facilitare l’apprendimento. I primi «doni» furono i seguenti: sei palle con i colori dell’arcobaleno; un cubo e una sfera di legno con spigolo e diametro di uguale lunghezza; un cubo diviso in otto piccoli cubi; un cubo diviso in otto mattoncini; un cubo diviso in ventisette piccoli cubi; un cubo diviso in ventisette mattoncini. Ai «doni» Froebel attribuì valore mistico e simbolico. Oggi, soprattutto nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria, esiste una notevole varietà di materiali più o meno strutturati, dalle costruzioni in plastica ai giochi autocorrettivi in cartone accoppiato, ai puzzles, ai set per attività varie, ecc. Ma i materiali strutturati di più largo uso e diffusione sono i Blocchi Aritmetici Multibase (con cui si apprendono le numerazioni) e i blocchi logici (con cui si fanno esperienze di classificazione). 5. Materiali multimediali. Così chiamati per la loro capacità di utilizzare, spesso contemporaneamente, sia la parola (scritta e parlata), sia l’immagine, sia il suono. Appartengono a questa classe di strumenti la lavagna luminosa, il proiettore per diapositive, la macchina fotografica, il film, il laboratorio linguistico, la normale TV, la TV a circuito chiuso, la video-camera, ecc. 6. Il computer. Fa, per così dire, “gruppo a sé”: per la sua enorme potenza e versatilità, è in grado di svolgere le mansioni di pressoché tutti gli altri strumenti multimediali. Inoltre, il computer, con adeguate programmazioni, può aiutare l’insegnante sia a personalizzare l’insegnamento che a gestirne la personalizzazione.

Prima di produrre questo elenco gerarchico di strumenti per insegnare ho espresso una opzione di affrancamento dal substrato filosofico skinneriano, che, con il suo reticolato comportamentista, è troppo a rischio di invadenza. Ma la pura e semplice elencazione, pur se in qualche modo tassonomica, non ce la fa a rendere ragione di un vero sistema tecnologico di insegnamento-apprendimento. Io credo che tocchi alla pedagogia rintracciare in se stessa la forza epistemologica di delineare un sistema e dargli coerenza. In particolare, credo che ciò sia possibile alla «pedagogia leggera», di cui mi piace dare accenno, da qualche anno a questo parte, ogni volta che se ne presenti l’opportunità. La sua essenza consiste nell’essere strategia verso un obiettivo. Secondo la «pedagogia leggera», l’insegnamento nasce formulando, in modo verificabile, l’ipotesi di un obiettivo; organizza poi la sua tecnologia, scegliendo e sistemando gli strumenti in maniera acconcia e commisurata all’obiettivo stesso; infine prende corpo e si misura con la sua stessa ragione di esistere: produrre risultati e rendersene conto. La filosofia “pesante” di Skinner – dalla quale ci siamo comunque affrancati – ha anche trasfigurato la potenza tecnologica in utopia (vedi il romanzo Walden Due, trad. it. La Nuova Italia, 1975). La tecnologia dell’insegnamento, collocata invece nel “format” della «pedagogia leggera», non è certo un’utopia. Ma neanche è dietro l’angolo. Abbiamo nella scuola strumenti tecnologici in ordine sparso, che non fanno ancora sistema. Dicendo questo, però, non voglio «negare le speranze, ma salvaguardarle da immediate delusioni»: così almeno scriveva, a proposito di educazione e tecnologia, Anthony G. Oettinger circa quarant’anni fa.


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economia

Partono oggi le celebrazioni dell’Agenzia spaziale italiana

Asi,da 20 anni a svelare i misteri di cielo e terra di Pierre Chiartano

ROMA. L’Agenzia spaziale italiana compie vent’anni e tende una mano dallo spazio. La potenza delle onde radar passa attraverso le nuvole e il maltempo. Rimanda un’immagine quasi fotografica del terreno cui è puntato. È successo più o meno così nei giorni del terremoto che ha devastato in Cina la città di Guan Xian e la regione del Sichuan. Migliaia di morti e la macchina della protezione civile che aveva sete di dati e fotografie satellitari, per poter avere un’idea dell’entità del cataclisma e coordinare le operazioni di soccorso. L’orbita bassa del Cosmo-Skymed permette l’utilizzo di una tecnologia particolare. Un radar simile a quelli usati negli aeroporti per il controllo ground, in grado di osservare persino le sagome degli aeromobili. Ecco, pensate a qualcosa di molto più sofisticato che ha aiutato le autorità cinesi in quei difficili frangenti. Poche settimane prima era successo un episodio analogo per il ciclone Nargis che aveva devastato le coste del Myanmar, con il World food program a chiedere l’aiuto dell’Asi per avere le foto delle aree colpite. Sono soltanto due episodi del lavoro svolto dall’Agenzia spa-

ziale italiana che forse non si leggeranno nel rapporto annuale, presentato oggi negli spazi di villa Torlonia. Un’occasione per illustrare le attività del 2007 e celebrare il ventennale dell’Asi, istituita con la legge 186, esattamente il 30 maggio del 1987.

«Il programma Galileo è uscito dal tunnel del public private partnership e ha avuto la sua approvazione dalla Ue. Finalmente si parte, in Esa come in Italia. Pochi giorni fa, il lancio

Bignami, che aveva già ricoperto l’incarico di direttore scientifico. In orbita vera, per il momento, ci sono due soli satelliti, che presto diventeranno quattro, ma l’elenco delle iniziative sono numerose. L’Asi partecipa dal 2004 all’esplorazione di Saturno e dei suoi satelliti con la missione Cassini-Huygens in partnership con la Nasa e l’Agenzia europea Esa. Sempre dello stesso anno è la missione Rosetta, nata per studiare le stelle comete e l’origine del si-

L’Asi partecipa ai più importanti programmi aerospaziali con l’Esa e la Nasa, come il Cosmo-Skymed, Rosetta e lo Sharad svolte solo sul suolo della cometa. e mappatura della superficie e analisi mineralogica sono solo alcune di queste operazioni. Un po’ come nel film holArmageddon, lywoodiano quando si atterra sulla cometa per trivellare il suolo. Magari la scena sarà meno d’impatto, ma può dare un’idea delle difficoltà della missione. E proprio il sample drill, il trivellatore per la campionatura è uno degli strumenti forniti dall’Asi. Mentre l’orbiter farà analisi sulle polveri, che compongono la fa-

L’ente guidato dal presidente Giovanni Bignami è stato in prima linea nel monitoraggio del territorio dopo le catastrofi in Cina e in Myanmar attraverso il satellite Cosmo-Skymed. Da Galileo a Shared, tanti i progetti a cui partecipa di Giove B, il vero precursore della fase di in orbit verification del futuro sistema completo. Oltre l’attività di costruzione del sistema in orbita, Asi segue con grande attenzione la preparazione del sistema di terra. Abbiamo firmato una prima intesa con la Regione Lazio per la realizzazione della fase B del Galileo test range vicino a Roma, mettendo una importante base per il futuro». Così descrive parte delle attività del primo anno di presidenza di Giovanni

stema solare. Lanciata nel 2004, la missione è diretta verso la cometa Churyumov-Gerasimenko, che ha un periodo orbitale di circa sette anni e un nucleo delle dimensioni di qualche chilometro. Sarà raggiunta nel 2014. In particolare il lander (modulo d’atterraggio) Philae, per la prima volta nella storia delle esplorazioni spaziali, si poserà sul nucleo della cometa per tutte quelle attività di ricerca scientifica che possono essere

mosa scia luminosa. Di grande interesse anche il satellite Sharad – acronimo per shallow radar e che opera a basse frequenze – in orbita su Marte. I tecnici lo chiamano radar ad apertura sintetica e sulla terra permette osservazioni sotto il fogliame delle foreste e nei primi strati del sottosuolo. Appartiene alla famiglia dei radar altimetri utilizzati sugli aeromobili. Questa caratteristica gli permette, oltre alla mappatura partico-

lareggiata del terreno, di “vedere” anche nel primo strato sotto la superficie. La sua missione principale è infatti quella di cercare l’acqua su Marte.

Dal ponte di comando dell’agenzia, Bignami sottolinea come il lavoro svolto dall’Asi e dai suoi predecessori sia stato riconosciuto a livello europeo. Per la prima volta dal 1975 un ministro italiano avrà la presidenza dell’Agenzia spaziale europea nel triennio 2009-2011. Anche il programma più impegnativo per l’Asi, il CosmoSkymed sta arrivando a compimento. Un lavoro decennale svolto con Thales e Alenia space Italia. Entro pochi mesi verrà messo in orbita il terzo satellite e fra circa un anno il quarto e ultimo. Così l’Italia avrà uno strumento unico per la mappatura ad alta risoluzione a livello globale del pianeta. E questo grazie anche alla collaborazione con il ministero della Difesa. Insomma un primo bilancio ventennale che vede nell’agenda dell’agenzia tantissimi progetti, grandi e piccoli, per l’osservazione dello spazio e del pianeta terra. Che spesso si trasformano in una mano tesa a chi ne ha più bisogno.


economia

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L’Istat presenta il suo rapporto 2008. E il suo presidente Biggeri si dice «prudentemente ottimista»

Italia, Paese povero ma ancora vitale Nel 2008 si è registrata una forte emigrazione interna, soprattutto verso le ricche aree del Nordest: ben 1,5 milioni di italiani si sono spostati alla ricerca di un lavoro Effetto di un Paese che nell’ultimo anno non è cresciuto a sufficienza tanto da vedere crollare i redditi procapite sotto la media degli altri partner dell’Unione europea

tempo sono entrati Paesi non ai livelli italiani per ricchezza. Così le retribuzioni in Italia crescono decisamente meno che in altrove. In 10 anni, dal 1995 al 2006, guardando a quelle orarie reali, sono aumentate infatti del 4,7 per cento a fronte di una crescita cinque o sei volte più consistente registrata in Francia e in Svezia. In base ai dati forniti dall’Istituto di statistica, il 14,6 per cento delle famiglie italiane arriva «con molta difficoltà alla fine del mese», il 28,4 non arriva a far fronte a una spesa imprevista di circa 600 euro e il 66,1 non riesce a mettere da parte

Il presidente si dice «prudentemente ottimista», anche perché «sono molte le imprese che si sono riorganizzate e che hanno colto le trasformazioni in atto, sfruttando le opportunità di espansione sui mercati internazionali, soprattutto verso quelli più ricettivi». Ma l’anno scorso si è rivelato comunque difficile: il Pil è stato in decelerazione rispetto al 2008 (1,5 per cento contro 1,8); la produttività è in picchiata ormai dagli ultimi dieci anni. A frenarla, l’Istat individua tra le cause la cronica mancanza di formazione: l’Italia è terzultima in Europa, prima di Bulgaria e Grecia, per numero di imprese che svolgono attività di formazione continua del personale. Altro punto dolente, il denaro: in cinque anni il reddito per abitante è sceso del 13 per cento rispetto agli altri partner europei; e la situazione è ancora più grave se si pensa che soltanto otto anni fa era più alto della media Ue, e che nel frat-

Quasi il 15 per cento della popolazione arriva con difficoltà a fine mese. Crescono gli occupati e le commesse e il fatturato delle realtà del made in Italy risparmi. Nel rapporto sono evidenziati anche altri segnali di “deprivazione”: la metà dei nuclei ha guadagnato meno di 1.900 euro al mese, il 6,2 per cento ritiene di non potersi permettere un’alimentazione adeguata, il 10,4 un sufficiente riscaldamento per l’abitazione e il 38,7 una settimana di vacanza all’anno. E sui bilanci familiari pesano le spese per i mutui: la rata media è di 560 euro al mese. Poi c’è la questione sicurezza. Sulla quale gli italiani si sentono ancora vessati e in pe-

d e l

g i o r n o

Nomine, Scajola plaude Scaroni e Conti Non è stata adottata ancora nessuna decisione definitiva sul rinnovo dei vertici di Eni ed Enel ma gli attuali amministratori delegati «hanno lavorato bene e serve dare continuità». È il commento del ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola. «La decisione non è presa ma credo di poter spendere un parola di grande apprezzamento sia nei confronti di Scaroni all’Eni che di Conti all’Enel».

Fiat, Moody’s alza il rating La decisione di Moody’s di riportare il rating di Fiat al livello di «Investment grade» è per noi motivo di «grande soddisfazione». Sono le prole di grande gioia dell’ad, Sergio Marchionne che evidenzia come «con questo giudizio le tre principali agenzie di rating sono concordi nella valutazione positiva del merito di credito della nostra azienda». «Credo - continua Marchionne - che questo riconosca gli sforzi fatti dal management del gruppo per raggiungere tutti i target fissati e per ridare alla Fiat basi solide su cui costruire il proprio futuro. Per noi - conclude l’ad - rappresenta uno stimolo a proseguire con impegno e grande rigore lungo la strada dell’affidabilità».

Alitalia, via libera al prestito ponte

di Alessandro D’Amato

ROMA. Più ombre che luci. Il rapporto annuale Istat presentato ieri alla Camera dal presidente dell’istituto, Luigi Biggeri, dipinge un’Italia a due facce, con segni evidenti di difficoltà strutturali ma anche vitale, e pronta a riprendere la corsa. «L’Italia», ha detto Biggeri, «è in un momento di difficoltà economica, con investimenti e consumi delle famiglie fermi o in regresso. Per tornare a crescere occorrono interventi energici. Non una medicina miracolosa: i risultati ci saranno se tutti, medici e pazienti, faranno correttamente la loro parte, senza tatticismi e rinvii».

d i a r i o

ricolo, e non a torto visto che furti, rapine e borseggi non erano mai stati così alti. Gli immigrati sono 3,5 milioni, ma sono soprattutto gli irregolari a dare adito a fenomeni di devianza. Impressionante anche il movimento migratorio interno, che ha ripreso il vigore degli anni ’50-’60: tra 2002 e 2005 ben 1,5 milioni di italiani si sono spostati da Sud a Nord alla ricerca di lavoro. E le mete sono quelle del Nordest produttivo, non più le grandi metropoli come Milano o Torino. Dove le imprese sono di più e di dimensioni più grandi. Ma non ci sono solo numeri negativi. L’occupazione, per esempio, continua a incrementare, ma i dati vanno interpretati: sono sempre di più gli “inattivi”, categoria dietro la quale si celano i lavoratori a nero: nel 2007, sono arrivati a quota 3 milioni. Mentre l’export sta riprendendo fiato: +34 per cento tra 1995 e 2006, grazie ad Abruzzo e Sicilia per il Mezzogiorno, e a Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna al settentrione.

Molte imprese, a cominciare da quelle del tessile e della meccanica, stanno recuperando competitività: il made in Italy è ancora vivo e risponde alle sfide della globalizzazione, soprattutto grazie alla delocalizzazione di alcuni fattori produttivi e alla valorizzazione dei brand. Gli andamenti migliori, però, sono quelli delle grandi imprese petrolifere e della siderurgia, oltre alla lavorazione di minerali e alla chimica. Qualche segnale di vitalità, in un orizzonte che però è ancora immerso nel buio.

Via libera della commissione Trasporti al decreto legge sul prestito ponte. Nei prossimi giorni il provvedimento sarà all’esame dell’Aula di Montecitorio, dove otterrà il via libera definitivo. Le opposizioni hanno votato contro il provvedimento, che è stato varato dal governo Prodi. Il Pd con Silvia Velo spiega infatti che il governo ha «cambiato le carte in tavola. Non siamo d’accordo nel merito e nel metodo. Il decreto doveva servire a conferire un prestito ma con una norma successiva l’hanno trasformato in un aumento di capitale».

Sacconi, su lavori usuranti proroga al 31 dicembre «Faremo la proroga nel prossimo consiglio dei ministri». Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ha annunciato l’intenzione di prorogare al 31 dicembre l’attuazione della delega per il decreto sui lavori usuranti. La delega deve essere attuata entro il 31 maggio, sabato prossimo, pena decadenza. L’ufficio di presidenza della Commissione lavoro aveva sollecitato il governo a chiedere la proroga per poter giungere finalmente alla conclusione di un iter che dura da oltre 10 anni.

Il Tesoro emetterà titoli per oltre 18 miliardi Il Tesoro italiano conta di emettere a fine 2008 oltre 18 miliardi di titoli indicizzati all’inflazione dell’area euro. Lo ha riferito il direttore generale del debito pubblico, Maria Cannata. L’aumento delle emissioni di Btp indicizzati, ha aggiunto, «si spiega sia col fatto che a settembre di quest’anno cadrà la prima scadenza di titoli indicizzati, sia per il fatto che nel 2008 si sta registrando una domanda maggiore per questo tipo di titoli e più diversificata».

Atlantia, Fini ”riformula” emendamento Seduta sospesa alla Camera, dove ieri si è votato ancora il decreto sugli adempimenti Ue. Il governo riformulerà l’emendamento sulle convenzioni dell’Anas. Il nuovo testo è stato “suggerito” dal Presidente della Camera Fini e il ministro Andra Ronchi ha raccolto il suggerimento. Decisione che ha suscitato diverse polemiche dei gruppi di opposizione: «Non ci sono precedenti che io ricordi di un emendamento riformulato dal Presidente della Camera», ha detto in Aula il capogruppo del Pd Antonello Soro.


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cultura

Ritratto di Belzoni e Caviglia, gli esploratori dei tesori egizi più amati e allo stesso tempo disprezzati della storia

Gli Indiana Jones dell’antico Egitto di Rossella Fabiani Per Howard Carter fu «uno degli uomini più significativi nell’intera storia dell’archeologia» e, tutto sommato, «fece un eccellente lavoro».

elzoni e l’altro Belzoni. Due personaggi molto simili: entrambi dilettanti e senza una preparazione accademica, ma entrambi autori di importanti scoperte in Egitto. Il primo, Giovanni Battista Belzoni, scoprì l’ingresso della piramide di Chefren, l’altro, Giovanni Battista Caviglia, fu il primo ad ipotizzare l’esistenza di una camera segreta nella grande piramide di Cheope. I loro destini furono però diversi. Il primo, noto al grande pubblico, è ricordato in questi giorni al Museo Civico Archeologico di Bologna in una mostra dedicata all’Indiana Jones dell’antico Egitto (fino al 30 maggio). Ricca è la bibliografia che lo riguarda. Il secondo, invece, è completamente inedito e viene presentato per la prima volta nel libro che Marco Zatterin ha dedicato al più noto Belzoni (Il gigante del Nilo, storie e avventure del grande Belzoni, ed. Il Mulino). Il giornalista-scrittore, in occasione della ristampa del suo libro Il gigante del Nilo, ha deciso di aggiungere un’appendice che è una novità assoluta in campo letterario.

B

Sopra l’unico ritratto finora noto dell’avventuriero genovese Giovanni Battista Caviglia realizzato dal britannico Henry Salt A sinistra il padovano Giovanni Battista Belzoni che scoprì l’ingresso della piramide di Chefren

La storia di Belzoni è stata dunque un’occasione per Zatterin di lanciare anche l’altra figura, quella del Caviglia, di cui nessuno fino ad ora sapeva nulla. Personaggio importante, molto discusso tra gli accademici, è stato il primo ad avere l’intuizione che le piramidi non fossero soltanto delle tombe. Trascorse 21 anni in Egitto, dedicando-

Il primo, dopo aver fatto l’idraulico e il fenomeno da baraccone, riportò alla luce tombe, templi e graffiti. Il secondo, giudicato eretico e scomunicato, dissabbiò il colosso di Ramses II si a scavi archeologici e a studi di teologia egizia che gli valsero una scomunica. Ma la sabbia che tanto si era prodigato di scavare, ricoprì presto la sua figura facendone perdere le tracce. Le cronache dell’epoca e i resoconti di viaggi, raccontano che Belzoni e Caviglia si sono anche incontrati, ma poi ognuno proseguì per la propria strada. Con sorti diverse. Soltanto quattro anni si fermò in Egitto, il padovano Giovanni Battista Belzoni che, arrivato nel 1815 all’età di 37 anni, quando lascia il Paese, alla fine del 1819, aveva fatto scoperto straordinarie, riportato alla luce una serie incredibile di monumenti, tra tombe, templi, statuaria, individuato diversi graffiti e realizzato 44 tavole illustrate a colori delle sue ricerche in Egitto e Nubia. Dopo aver fatto l’idraulico, il barbiere, il fenomeno da baraccone e l’attore, il Belzoni s’imbarca per Alessandria. Il suo obiettivo era ritrovare l’entrata della piramide di Chefren, il figlio di Cheope. Ma prima di riuscire nel suo scopo, il padovano fece altre scoperte in una «controversa

e straordinaria corsa lungo il Nilo e nel deserto». In poco tempo riuscì a recuperare a Tebe il colossale busto del “Giovane Memmone” che l’armata napoleonica aveva inutilmente tentato di far suo. Aveva liberato dalla sabbia il tempio di Ramses II ad Abu Simbel, subito prima di trovare sei tombe nella Valle dei Re e, fra queste, la più bella di tutte, la “Tomba Belzoni”. I metodi primitivi, e a volte anche necessariamente rozzi, gli conferirono la fama di saccheggiatore. Rivali invidiosi incontrati strada facendo tentarono di rubargli il merito di scoperte senza pari o, nel migliore dei casi, di sminuirne il valore. Nobili e accademici lo trattarono con disprezzo a causa dei suoi umili natali. La forza e la testardaggine con cui combatté chiunque provava a ingannarlo e a privarlo del suo onore lo fecero passare per arrogante, aggressivo, tracotante e presuntuoso. Non era certo privo di tutto ciò. Ma Giovanni Battista Belzoni fu anche altro. Quell’uomo, alto più di due metri riconoscibile per la sua folta barba rossa, vestito alla tur-

ca, aveva un’anima generosa e capacità innate. Era un uomo pratico, coraggioso, intuitivo. Non aveva studiato, ma proprio il suo essere dilettante gli permise di capire ciò che gli altri avevano ignorato. Il suo senso pratico gli consentì di aggirare ostacoli che dottori e professori avevano ritenuto impossibile rimuovere, affrontando con uno spirito nuovo i segreti del perduto universo dei faraoni. Per curiosità e per avventura. Ma anche per fama e per denaro, ricevendo poco dalla prima e pochissimo dal secondo. Prima di Giovanni Battista Belzoni, l’egittologia era soltanto un’idea remota coltivata da viaggiatori coraggiosi, ma spesso creduloni e maldestri.

La svolta si era avuta con la spedizione napoleonica del 1798, ma vent’anni dopo la missione francese le antichità venivano raccolte esclusivamente per fini commerciali. Mentre in Francia Champollion si avviava a leggere i geroglifici, fra il 1815 e il 1819 il padovano fu il primo ad applicarsi con ordine e metodo a scavi fino ad allora ispirati più al caso che ad altro. Le sue scoperte furono frutto di tecnica e di perseveranza, così come lo sarebbero state quelle dei suoi grandi successori. Stabilì un modus operandi che tutti avrebbero seguito.

Anche il Caviglia fu amato e disprezzato con pari intensità, il suo nome compare sistematicamente nelle cronache e nei diari dei viaggiatori che risalirono il Nilo. Caviglia era convinto che doveva esistere un legame fra la tradizione religiosa egizia e il Vecchio testamento, circostanza in buona misura assodata, ma decisamente controcorrente all’epoca tanto che gli valse una scomunica. La sua colpa fu aver stampato nel maggio 1827 quattro Avvisi di sintesi teologica universalmente giudicati eretici perché suggerivano una continuità fra la religione egizia e il Vecchio Testamento, documenti di cui a lungo non si è avuta conoscenza. Li ha riscoperti Marco Zatterin all’Archivio di Stato di Torino in un faldone di carte consolari mentre lavorava sulla biografia di Giovanni Battista Belzoni. In quei pochi fogli di carta ingiallita di cui il mondo aveva perso la memoria, il Capitan Caviglia osò sfidare il senso comune dei cattolici ferventi della sua epoca. La documentazione conservata presso gli archivi della Farnesina a Roma è intitolata Caviglia G. B. Pratica religioso-criminale relativa alla Società degli Amici della Natura da egli introdotta. Non meno ambizioso e preveggente fu il Caviglia nel pensare, e molti lo credono ancora oggi, che i due piccoli condotti presenti a destra e a sinistra nella Camera del Re (il faraone Cheope) potessero portare a una camera nascosta: voleva dimostrare che quel ciclopico edificio era molto di più di un mausoleo. Ma senza successo. Dissabbiò completamente la zona della Sfinge. Qui recuperò i frammenti della barba del gigantesco monumento leonino, scoprì una piccola cappella a cielo aperto e una magnifica stele di calcare risalente a Thutmosi IV. E ancora. Non lontano dal tempio di Ptah, portò alla luce il gigantesco colosso di Ramses II, una statua immensa e straordinariamente bella. Il britannico Henry Salt schizzò l’unico ritratto finora noto dell’avventuriero genovese. Lord Elgin, quello dei marmi del Partenone, ebbe di lui un’impressione favorevole: “per quel che mi concerne, io posso affermare di non avere mai incontrato un uomo con una semplicità più simile a quella di un bambino, un’umiltà più toccante, una venerazione religiosa più profonda”. Il capitano esplorò vie che nessuno aveva mai percorso e ancora oggi in tanti sognano di poter essere autorizzati a cercare della Grande piramide la stanza perduta, ricca di tesori o di libri. Nel 2002 un robot dotato di una telecamera si è inerpicato per i condotti della Camera del Re ed è andato a sbattere contro una porta. Caviglia avrà esultato nella sua tomba, era la conferma parziale delle sue intuizioni.


costume

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Spopolano nel mondo i giochi rivolti al pubblico femminile

Videogames in salsa rosa di Roberto Genovesi hi l’ha detto che i videogiochi sono cose da maschi? È un luogo comune, uno dei tanti legati al mondo dei videogiochi che ci siamo portati appresso per decenni, che oggi, dati alla mano, non ha più motivo di essere. Secondo uno dei piu’ recenti rapporti diffusi dalla Aesvi, l’associazione editori software videoludico italiana, realizzata da Gfk Marketing Services, nel mondo ci sono oltre centoquaranta milioni di videogiocatori. Se questo dato viene associato a quello delle rilevazioni della Peter Hart Research che indica come la fetta di videogiocatrici si attesterebbe attorno al 26 per cento della torta totale, possiamo dire che oggi aziende e media devono fare i conti con oltre trentaseimilioni di videogiocatrici. Per questo non può destare sorpresa che The Sims, il videogioco più venduto di sempre, sia giocato soprattutto da ragazze e che molti dei titoli di recente produzione siano esclusivamente dedicati a questo target. È il caso del fenomeno “Giulia Passione”, una serie di giochi elettronici per la piattaforma Nintendo DS che ha come protagonista una ragazza alle prese con tutte quelle attività, casalinge e professionali, alle quali aspirano la gran parte delle videogiocatrici tra i 6 e i 14 anni.

C

Alle teenagers che amano sempre di più i videogiochi e che vorrebbero giocare ad essere grandi sono dedicati questi titoli. Perché la scelta della consolle della Nintendo? Semplicemente perché il 63% dei possessori Ds – fonte Gamevision 2007 – sono bambine. “Giulia Passione” - nome scelto per il mercato italiano ma diverso da paese a paese a seconda delle rispettive peculiarità culturali - al momento si compone di titoli riferibili a professioni paradigmatiche per il target femminile. Si può scegliere tra cuoca, veterina-

ria, stilista, baby sitter. Alla base del progetto un sistema di gioco divertente e un’interfaccia utente intuitiva che consente alle bambine di mettersi alla prova simulando, un po’come si faceva un tempo con gli scarti di casa, le professioni che probabilmente caratterizzeranno la loro vita da adulte. Il vantaggio dello strumento del videogioco a scopo ludico-didattico è evidente. La simulazione delle attività dell’età adulta consente la sperimentazione senza rischi di ruoli complessi che prefigurano comportamenti decisionali ma anche la ripetitività di azioni che possano portare a risultati diversi a seconda delle scelte. Quelle sbagliate fanno esperienza ma non mettono a rischio il con-

Secondo la Peter Hart Research, la fetta di videogiocatrici si attesta ormai attorno al 26 per cento della torta totale, circa 36milioni di utenze testo del puro divertimento. La serenità del poter sbagliare senza fare danni irreparabili aiuta la costruzione di un inprintig costruttivo. Nei panni della stilista, per esempio, la piccola videogiocatrice può permettersi di speri-

mentare workshop di design, trucco, acconciature e fotografia. Nei panni della veterinaria può sperimentare l’uso di strumenti di diagnostica. Insomma “Giulia Passione” permette alla preadolescente di provare il lavoro che vorrebbe fare da grande ma senza alcuna pressione psicologica.

Proprio nel momento in cui più virulenta e ingiustificata è la campagna denigratoria e demonizzante nei confronti del videogiochi, la linea “Giulia Passione”, permette anche ai grandi di comprendere aspetti sconosciuti (per loro) dei videogiochi in grado di costruire un rapporto con il fenomeno videoludico più sereno e costruttivo. Naturalmente tutti i videogame della serie sono Pegi 3+. Si tratta dell’indice stabilito dalla commissione europea che ha il compito di definire il rating dei videogiochi in base all’età e che, in questo caso, indica che i videogiochi sono adatti a tutte le bambine dai tre anni in poi. Uno strumento in vigore dal 2003 che si può trovare su tutte le confezioni dei videogiochi presenti sul mercato europeo ma che le famiglie conoscono ancora molto poco nonostante gli sforzi mediatici compiuti negli ultimi anni sia dall’Aesvi che dai governi italiani che si sono alternati. Ma, si sa, quando si tratta di demonizzare qualcosa, è sempre tutto più facile. Per questo nelle ultime settimane si è preferito riempire le pagine dei giornali di dichiarazioni contro “Gta 4”, videogioco violento ma vietato ai minori di 18 anni e dunque non adatto per esplicita indicazione ai minori, piuttosto che sottolineare operazioni di alto valore educativo come quella di cui vi parliamo in questo articolo. Ma, come è sempre accaduto e sempre accadrà, demolire è più facile che costruire. Porta via meno tempo e meno impegno.


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testimonianze

La deputata del Pd, Paola Binetti racconta l’identità dell’Opus Dei

La mia Opera Perché laicità e santità non sono concetti opposti di Paola Binetti l 2 ottobre di ottanta anni fa San Josemaria Escrivà del Balaguer fondava a Madrid l’Opus Dei, una realtà del tutto nuova nella Chiesa, e anche lui, come tutti coloro che hanno il coraggio di fare proposte dal forte impatto innovativo incontrò non poche difficoltà per spiegarne la peculiarità. Ricordare a tutti gli uomini che c’è un modello di santità accessibile a ciascuno di noi perchè l’invito che il Signore rivolge ai suoi discepoli: «Siate perfetti come il Padre mio che è nei cieli», riguarda tutti i cristiani, senza distinzioni di sorta. E quindi riguarda in modo speciale i laici, impegnati in un lavoro professionale spesso esigente e faticoso, con una vita di famiglia tanto ricca di gioie e di soddisfazioni quanto esposta a delusioni e sofferenze. Riguarda ciascuno di noi quando è più giovane e quando lo è meno, quando sta bene in salute e quando è malato, quando dispone di sufficienti risorse economiche e quando sperimenta una condizione di indigenza. Ma soprattutto impegna ciascuno di noi in un rapporto generoso e disinteressato di amicizia leale verso gli altri, con una apertura costante verso le loro necessità e una disponibilità ad ascoltare, a comprendere, a rispettare ognuno con le sue caratteristiche.

I

La ricerca della santità è proposta dall’Opera ai laici di tutte le condizioni sociali e culturali, di tutti i paesi, di tutte le razze, senza distinzioni di sorta e riguarda in modo speciale l’esercizio del lavoro professionale in cui ognuno è impegnato per scelta personale oppure perché le circostante lo hanno condotto a fare quel lavoro piuttosto che un altro. Non a caso nell’Opera si trovano persone che svolgono le più diverse attività professionali, che cercano di realizzare nel miglior modo possibile, mettendo in gioco tutte le proprie capacità, sia attraverso un processo di formazione continua che attraverso un esercizio costante delle qualità proprie di quel tipo di lavoro. Nulla di più semplice nell’invito che il Fondatore dell’Opus Dei faceva ai pri-

mi ragazzi con cui entrava in contatto, spesso universitari, ma anche operai, impiegati, ecc… sollecitandoli a coinvolgere in questo stesso impegno anche i loro amici, i colleghi, i familiari.

Santità della vita ordinaria, vissuta restando nel proprio ambiente, continuando il proprio lavoro, mantenendo vivi tutti i rapporti umani che ognuno ha intessuto, per ragioni familiari, di amicizia, di comuni interessi. Un messaggio che si è diffuso con facilità nel mondo intero: oggi l’Opera è presente almeno in 100 paesi di tutti i continenti, ma che ha assunto un ritmo sempre più intenso proprio durante gli anni del Concilio Vaticano II, che si è caratterizzato proprio per la sua chiamata universale alla santità. Affiancare oggi i due termini: laicità e santità, con le realtà che rappresentano, appare ad alcuni contraddittorio, come se la laicità dovesse rappresentare prevalentemente un mondo distinto, se non contraddittorio, rispetto a ciò che caratterizza nell’immaginario collettivo la santità. Non a caso si contrappongono spesso i termini: laico e cattolico e si sottintende un appiattimento dei laici-cattolici in atteggiamenti di tipo clericale, che sono quanto di più distante dal senso profondo di una laicità cristiana correttamente intesa. In modo parzialmente semplificato si può dire che l’Opus Dei nei suoi primi 40 anni ha dovuto impegnarsi in una battaglia culturale, tutt’altro che facile, per far comprendere in cosa consistesse la santità laicale, rispetto ad altri modelli di santità molto più noti,. come ad esempio quelli propri degli ordini religiosi. Mentre negli ultimi 40 anni è fortemente impegnato a difendere tutta la dignità del laicato, denunciando il rischio di una deriva interpretativa di tipo laicista, spesso anticle-

ricale e aggressiva nei confronti dei valori propri della nostra Fede.

in totale libertà la piena responsabilità. Ognuno è libero di comportarsi come crede nella propria vita di famiglia, nel proNel dibattito culturale, che ha prio lavoro professionale, nella attraversato gran parte del nove- assunzione degli incarichi tipici cento e che sta fortemente carat- della sua vita sociale, nelle scelterizzando questo inizio del terzo te culturali, politico-economimillennio, il tema della santità che, ecc. Esiste, come per ogni del laicato rappresenta una delle cristiano l’obbligo di una retta sfide più importanti per mettere formazione della propria cobene a fuoco i termini della que- scienza, che dura tutta la vita. stione e individuare le soluzioni Occorre muoversi con quella opportune. Chi sono i laici, quali consapevolezza che induce ad sono le loro responsabilità speci- attualizzare continuamente la fiche in rapporto alla costruzione propria formazione e rende prudenti davanti alle situazioni nuove che la scienza e la tecnica, PAOLA BINETTI ma anche la vita quoMedico, tidiana possono prenumeraria sentarci e che percedell’Opus Dei, piamo come situazioni è stata ad alta complessità. presidente In questo senso la ridel Comitato cerca della santità nel Scienza & Vita lavoro quotidiano proe nelle ultime pone una tensione podue legislature sitiva verso un miglioè stata eletta ramento continuo delal Senato, la qualità del lavoro prima con stesso, che richiede a la Margherita tutti i professionisti un e poi con il Pd processo di perfezionamento costante. Un gusto reale verso la del bene comune; come possono realizzazione e l’attualizzazione partecipare da cattolici a rendere dei propri talenti che invita allo più umana e vivibile questa no- studio e alla ricerca delle mistra società con tutti gli altri uo- gliori soluzioni possibili, senza mini. Ma soprattutto la domanda cadere nel rischio di una routine che sembra preoccupare almeno che appiattisce ogni prospettiva una parte della opinione pubbli- di cambiamento. Questa passioca riguarda il loro rapporto con ne verso il lavoro ben fatto si la gerarchia della Chiesa, con i manifesta non solo sul piano loro Pastori: come possono e tecnico, ma anche nell’ambito debbono vivere quell’Unità rac- dei rapporti umani. Un lavoro comandata dal Vangelo: Ut om- è sempre un servizio offerto nes unum sint… senza perdere il agli altri. In questo caso è nesenso profondo della loro re- cessaria una ricerca consponsabilità e della loro autono- creta di ciò che è percemia nelle scelte e nelle decisioni pito come più utile e più che sono chiamati a prendere di efficace, secondo una volta in volta. dialettica che parte dalla A tutto ciò l’Opera ha dato da concretezza delle domantempo una sua risposta di am- de poste da chi sperimenpio respiro che ha nella forma- ta a vario titolo una conzione personale di tutti e di dizione di indigenza. Ma ognuno in particolare la sua chi offre questo servizio chiave di volta e che non esime immediato conserva annessuno dell’impegno a tradur- che uno sguardo lungo re la formazione ricevuta in sulle effettive necessità scelte coerenti di cui assumersi degli altri, per cui

cerca di individuare soluzioni a più alta densità innovativa, sfida la routine che presto o tardi rivela la sua incapacità di rispondere efficacemente ai bisogni emergenti. E infine la ricerca della perfezione nel lavoro non può ignorare gli aspetti di tipo etico: il rispetto di una serie di criteri e di valori richiede un esercizio costante delle virtù morali, che vanno dalla ricerca del bene comune, da anteporre al bene strettamente individuale, alla lealtà verso gli altri e alla onestà personale, alla sobrietà, e all’ottimismo aperto alla speranza, ecc.. Ed è per questo che tutte e attività che si ispirano allo spirito dell’Opus Dei hanno sempre un forte carattere formativo. Dagli asili nido alle scuole di tutti gli ordini e gradi, includendo le scuole professionali e le Università; dai centri culturali frequentati da professionisti con diverso profilo, ai club per gli adolescenti; dai Collegi


testimonianze universitari ai centri in cui si svolgono corsi in full immersion o ritiri spirituali…

Da facoltà universitarie come quella di Medicina e Chirurgia, particolarmente sensibile a tutte le sfide che la ricerca oggi pone sotto il profilo bio-etico, a quella di Ingegneria bio-medica, in cui si integrano le competenze tecniche con quelle della info-etica e della tecno-etica. Dalla facoltà di teologia a quella di Diritto Canonico, da quella di Filosofia a quella della Comunicazione. Una particolare attenzione viene posta nella formazione dei giovani, sia che si tratti di scuole professionali di alto profilo, come il Centro Elis di Roma che di formazione universitaria, come il Campus Bio Medico sempre di Roma. I giovani sono considerati davvero la speranza della nostra società civile e della Chiesa stessa, per cui a loro viene dedicata una particolare attenzione formativa, in modo che comprendano tutta la responsabilità di acquisire e di esercitare una leadership a tutto ed esclusivo vantaggio della società in cui dovranno vivere. Da laici che non intendono rinunciare per nessun motivo alla responsabilità di prendersi cura del mondo e dell’ambiente concreto in cui vivono, non per fare una scalata al potere, ma per ricordare che lo spirito di servizio è la cifra della propria santità ordinaria. Ma cattivo spirito di servizio sarebbe quello di chi presta con indifferenza, sgarbatamente, un servizio per di più mal fatto. La formazione è quindi il vero e proprio crocevia di tutte le attività promosse da chi si ispira agli insegna-

menti di San Josemaría Escrivá: una formazione forte ed esigente sul piano professionale, ma altrettanto forte ed esigente anche sul piano dottrinale. Ecco perché nei diversi centri è possibile riprendere in mano il catechismo per una formazione di base che voglia andare alla radice delle questioni essenziali della nostra fede, oppure si possono seguire dei corsi più approfonditi su tematiche specifiche, che intercettano la dottrina sociale della Chiesa, i documenti più recenti del Magistero, le attualissime questioni di carattere bioetico e biogiuridico. Lo stile formativo è sempre intensamente dialogico, con quell’approccio maieutico che garantisce la costante centralità dell’allievo e delle sue domande: dai più giovani ai più grandi, dai meno colti ai più competenti.

È facile immaginare come in questo modo si vadano creando delle reti in cui ognuno porta un amico, un collega, qualcuno che si ponga domande a cui lui non sa rispondere.Tutte persone in qualche modo già legate da quel filo sottile e prezioso della amicizia personale o della collaborazione professionale ed è proprio questo stile familiare, spontaneo, diretto, che caratterizza l’atmosfera in cui si svolgono le diverse attività formative. Un clima di accoglienza che valorizza tutte le esperienze e che sollecita le persone ad intervenire positivamente in questa comune ricerca delle risposte agli interrogativi complessi che la nostra società ci pone. C’è spesso la presenza di un esperto dei temi in questione, di un testimone diretto dei fatti di cui si parla, ma gli incontri non hanno nulla di cattedratico, hanno spesso il sapore e l’ambientazione del salotto di famiglia. Quello in cui ci si riunisce con gli amici per un caffè e per affrontare una questione spinosa, o per soddisfare una curiosità e poi si torna a casa con i desiderio di condividere con altre persone le idee che sono emerse, contagiando entusiasmo e confrontandosi ulteriormente sui dubbi irrisolti o sulle nuove domande emerse. È questa naturalezza che rende le persone che frequentano centri ed attività promosse dall’Opera totalmente uguali agli altri, non ci sono distintivi, né segni identificatori di alcun tipo, neppure quelli tipici dei tifosi di una squadra di calcio o degli appartenenti ad un club culturale. Lo stile è totalmente

soluzioni in cui possono pagare un prezzo fin troppo caro per il loro futuro. Meglio il mal d’Africa che la febbre del sabato sera, commentava un po’ di tempo fa una studentessa alla sua terza esperienza estiva con l’Icu, l’istituto per la cooperazione universitaria che da oltre 40 anni, dal mitico 1968 propone ai giovani universitari di tutto il mondo esperienze caratterizzate da un alto profilo di solidarietà internazionale. E con un approccio totalmente laico chiede agli universitari non solo di pagarsi viaggio e soggiorno, ma JOSEMARÍA ESCRIVÁ di contribuire anche DE BALAGUER con generosità alle esiNato nel 1902 genze delle persone con a Barbastro cui si incontreranno a (Aragona) breve termine. Basta un e morto po’ di fantasia per coa Roma minciare a confrontarsi nel 1975: fin da giovani con quelil sacerdote la attività di ricerca fonspagnolo, di che è alla base di ogni fondatore iniziativa di solidarietà, dell’Opus Dei, ma anche di ricerca è stato proclamato scientifica, posto che cosanto da papa me tutti sanno la ricerca Giovanni Paolo II universitaria comincia con la possibilità di trovare i fondi necessari più la possibilità di incontri per- per farla. Come si vede un apsonali o di piccolo gruppo che prendistato a tutto campo…. non riunioni a grande dimensione. Nelle residenze universitarie Ma in questo clima di amicizia accanto alla immancabile biblio- condivisa, di libertà allegra e coteca e alle sale di studio, trovi struttiva, di interrogativi culturali sempre un soggiorno caldo ed ac- spesso complessi e ancora in cercogliente, simbolo di quella vita ca di soluzioni , di impegno serio di famiglia in cui si condividono nello studio e nel lavoro, un ruosperanze e timori, discussioni ap- lo essenziale è svolto dalla forpassionate e risate senza perché. mazione dottrinale. Diventa E nel soggiorno trovi pure più o sempre più necessario tornare ai meno l’unico apparecchio tv del “fondamentali”della nostra fede, collegio universitario, come a si- che d’altra parte non si risolve gnificare che quel poco di televi- nella pur essenziale trasmissione sione che vale la pena vedere di- di valori e di principi, ma punta a venta più piacevole se la si guar- sviluppare in ognuno un profonda insieme e si commentano in- do amore per la Chiesa, per il Pasieme i programmi, evitando pa, e per tutti i suoi pastori. quella tendenza ad isolarsi dal Taluni confondono laicità, intesa gruppo e a rinchiudersi da soli come responsabilità personale, nella propria stanza con una tele- ed autonomia, intesa come capavisione accesa per alleviare la cità di assumersi le conseguenze noia o la solitudine. È tipica delle delle proprie azioni e decisioni, residenze universitarie la voglia con l’atteggiamento sistematicadi incontrare professionisti affer- mente contestatore di chi si ritiemati nei loro ambiti specifici, il ne in diritto di fare con la propria desiderio di conoscere chi ha rea- intelligenza critica una sorta di lizzato, sia pure parzialmente i aggressione sistematica all’insepropri sogni di futuro, soprattutto gnamento della Chiesa. Il Fondaquando riguardano forme con- tore dell’Opera parlava spesso dei suoi tre grandi amori: Cristo, crete di impegno verso gli altri. Maria e il Papa e ha cercato di Nascono così progetti di volon- trasmettere a tutti i suoi figli l’atariato, possibilità di esperienze more per la chiesa, come una generose in cui si mette in gioco il passione dominante. In una delle proprio tempo e si dà forma ai sue omelie più famose: Amare il propri interessi declinandoli nel- mondo appassionatamente, dicel’ottica della responsabilità socia- va di voler servire la Chiesa senle. Un modo di crescere insieme za servirsi della Chiesa, senza prendendosi più cura degli altri andare alla ricerca di privilegi o che non aspettando che qualcuno di scorciatoie per ottenere vansi prenda cura di noi. In altri ter- taggi di tipo personale. mini sono giovani in cerca di ideali che provano a guardare al L’amore alla Chiesa e al Papa è futuro senza la rassegnata malin- un tratto dominante dello spirito conia di molti coetanei e senza bi- dell’Opera e si manifesta in modo sogno di bruciare il loro amore esplicito nella fedeltà con cui per l’avventura e per il rischio in ognuno, svolgendo il proprio lapersonale, affidato al buon gusto di ognuno e al rispetto di quelle norme elementari che caratterizzano l’eleganza umana, senza affettazione né ostentazione, ma anche senza esibizionismi di nessun genere. Molte persone entrando per la prima volta in uno dei cosiddetti centri dell’Opera restano colpite dall’aria familiare che vi si respira e che anche l’arredamento suggerisce. Si trovano spesso gli stessi mobili presenti a casa propria , con quella articolazioni degli spazi che suggerisce

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voro, vivendo la propria vita di famiglia, dando valore a tutti i rapporti sociali, testimonia la propria vocazione cristiana. Non stupisce quindi che la chiamata universale alla santità, punto cruciale del carisma fondazione di S. Josemaría, pienamente recepito dal ConcilioVaticano II e in particolare dalla Gaudium et Spes, abbia attratto e continui ad attrarre giorno per giorno migliaia di persone di tutto il mondo senza distinzioni di sorta. Si sono aperti i cammini divini della terra, amava ripetere il fondatore dell’Opera; ma tutto ciò riempie ogni persona che scopre la bellezza di questo messaggio a calarlo davvero nella quotidianità della sua vita. Svolgere con la maggiore perfezione possibile il proprio lavoro è tutt’altro che facile. Scienza e tecnica ci pongono continuamente nuove sfide, anche sotto il profilo etico: ogni giorno assistiamo agli attacchi più o meno sofisticati con cui si cerca di mettere sotto scacco la vita e la famiglia. Ma anche i problemi legati alle nuove povertà, sia nelle grandi città che nei paesi costantemente umiliati dall’arroganza di nuove forme di imperialismo economico, impongono di uscire dalla quiete accomodata del proprio benessere per cercare di essere all’altezza delle richieste che vengono poste ai cattolici che non si sottraggono alle grandi sfide di una umanità dolente. Moltissime iniziative promosse da persone dell’Opera trovano la loro collocazione ideale nelle periferie delle metropoli: in Europa, ma anche negli stati uniti e più recentemente nelle grandi città orientali. Accanto al servizio diretto alle persone, realizzato soprattutto attraverso iniziative di formazione umana e professionale, nascono scuole di alta economia che godono di enorme prestigio a livello internazionale: a cominciare dallo Iese di Barcellona. La concretezza e la tempestività con cui vengono affrontati i problemi, unita alla competenza specifica di chi lavora sul campo secondo lo stile proprio delle persone del paese: dalla Bolivia, alla Costarica, dal Congo alla Nigeria, dalla Russia alla Lituania, dalla Cina all’Indocina: sono tutte iniziative analoghe, ma non hanno nulla di quelle copie sbiadite che si creano quando si tenta di riprodurre passivamente modelli considerati vincenti in altri ambiti. Anche questa originalità caratterizzata da una continua creatività, è una manifestazione di laicità, che testimonia nello stesso tempo amore reale per le persone a cui ci si dirige, amore per una attività professionale che rifugge da ogni possibile forma di dilettantismo e infine, a modo suo è anche segno di quella filiazione divina, che porta ognuno a fidare della Provvidenza e dell’Amore di Dio.


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LA DOMANDA DEL GIORNO

Favorevoli o contrari alla grazia per la Franzoni? ASSOLUTAMENTE CONTRARIO, NON TROVO UNA SOLA MOTIVAZIONE DAVVERO VALIDA

NESSUNA GRAZIA A CHI È STATA RICONOSCIUTA COLPEVOLE IN TUTTI E TRE I GRADI DI GIUDIZIO

Assolutamente contrario e non riesco a trovare una sola ragione perché venga concessa la grazia ad una madre riconosciuta, in tutti e tre i gradi di giudizio, colpevole di aver ucciso il proprio figlioletto. Il caso di Cogne ha diviso l’Italia intera in innocentisti e colpevolisti; ebbene io sono stato un colpevolista con la segreta speranza che la Cassazione riconoscesse la Franzoni non colpevole o per insufficienza di prove o per qualsiasi altra ragione di diritto e lasciasse quindi una madre a due piccole creature innocenti. Ma l’assoluzione doveva essere motivata da ragioni giuridiche. Una volta riconosciuta colpevole non è possibile mettersi sotto i piedi un ordinamento giuridico che, bene o male, regola lo svolgimento civile della vita del nostro Paese. E in nome di che cosa? Si creerebbe nella nostra società uno squilibrio dalle conseguenze imprevedibili, perché in questo caso la giustizia palesemente non sarebbe più uguale per tutti. Un dubbio questo già ampiamente diffuso. Cordialmente ringrazio per l’attenzione. Distinti saluti e buon lavoro.

La grazia ad Anna Maria Franzoni? E perchè? E’ stata riconosciuta colpevole, in tutti e tre i gradi di giudizio, di aver ucciso il figlio Samuele. Lei sostiene di essere innocente. O mente, il che non giustificherebbe certo la grazia, o lo ha dimenticato. In questo caso a mio avviso è peggio perchè in un nuovo raptus potrebbe ancora uccidere un figlio suo o di qualcun altro. La gente invoca la ”pietas”per i figli rimasti senza madre, ma a nessuno è venuto in mente che cosa ha provato il piccolo Samuele quando ha visto sua madre scagliarsi contro di lui per ucciderlo? E qui la ”pietas” dove va a finire?

Gianni Mingardi - Torino

LA DOMANDA DI DOMANI

Siete d’accordo con le ultime decisioni di Donadoni sugli Europei di calcio 2008? Rispondete con una email a lettere@liberal.it

Stefania Savelli - Firenze

LA FRANZONI O MENTE O NON RICORDA, COME SI PUÒ CONCEDERLE COSÌ LA LIBERTÀ? Concedere la grazia ad Annamaria Franzoni adesso, per le motivazioni portate avanti da Liberazione e da Rifondazione comunista, vorrebbe dire attribuire al Capo dello Stato una sorta di ”quarto grado di giudizio”. Il che a mio avviso sarebbe deleterio e costituirebbe un precedente in Italia assolutamente pericoloso. Concordo dunque con quanto avanzato due sere fa, a Porta a porta, dal direttore di Panorama Maurizio Belpietro. Insomma, senza dubbio il caso di Cogne è qualcosa di stranissimo, sul quale si sono misurati sociologi, psicologi, psichiatri, Ris, giornalisti, magistrati e via discorrendo. Senz’altro insomma è un caso di omicidio controverso ed estremamente ingarbugliato. Ma i tre gradi di giudizio sono chiarissimi e su questi occorre basarsi. Non solo non trovo un valido motivo per concederle la grazia, ma trovo francamente strumentale tutta la campagna mediatica lanciata da sinistra in nome di che cosa, poi, nessuno lo sa. Se io fossi una mamma in galera, magari solo per semplice possesso o spaccio di droga, e avessi due figli a casa o chissà dove... beh, mi arrabbierei con un presidente della Repubblica e un Guardasigilli che concedessero la grazia alla Franzoni.

RINNOVARSI CON LE ENERGIE RINNOVABILI Dopo decenni di politiche energetiche che puntano verso l’energia pulita, si continua con una politica assistita e poco trasparente. L’Unione Europea ha da poco stanziato altri fondi per produrre energia pulita prodotta dal vento o dal sole, nelle regioni Puglia, Campania, Calabria. Ma nonostante tciò, non esiste una normativa quadro per le energie rinnovabili a livello Nazionale. Eppure, con la mole di utili che le multinazionali stanno facendo, non c’è un politico o un partito che tratti questi argomenti; nessuno si pone il problema di quanti finanziamenti pubblici vengano stanziati per la realizzazione di progetti che poi risultano privati, quanti utili vanno alle società operanti nel settore, quanti ai miseri agricoltori sui cui suoli insistono tali impianti. Come mai? Eppure basterebbe poco per aumentare gli indennizzi per i privati sui cui suoli insistono gli impianti, garantire che una forte percentuale di utili prodotti in determinati luoghi ricada sotto forme di investimento per lo sviluppo e le infra-

PRESA PER IL COLLO

Curioso ”rimorchio” in una delle trafficate autostrade olandesi, dove può capitare di imbattersi in una statua di una giraffa, la cui testa viene adagiata su una comune sedia da giardino, mentre viene trainata in direzione Bussum, nei Paesi Bassi centrali

I VERI FASCISTI STANNO A SINISTRA ”Disordini all’Università La Sapienza di Roma”: c’era d’aspettarselo, sono ritornati gli utili idioti! Siamo solo all’inizio, ne vedremo delle belle. Quando l’informazione di sinistra soffia sul fuoco, la fiamma del loro fascismo si ravviva facilmente. Sull’Unità si legge: Roma, dilaga la violenza nera. Vorrei dire ma mi trattengo: come, non c’è scappato il morto e già siamo alle barricate, cosa si dovrebbe dire allora dei morti su morti delle violenze in Italia degli anni rossi, mentre la stessa stampa scriveva «cosiddette» o «presunte» ecc.? La crescita politica e culturale passa anche attraverso simili titoli. Scrivere di ”delinquenti”, criminali, malviventi, mascalzoni, farabutti no vero? Continuate a sta-

dai circoli liberal Rita Fioravante - Roma

strutture. Insomma basterebbe una forte volontà politica, che allo stato sembra asservita ai poteri economici, ma se è vero che l’energia dovrebbe essere di interesse Nazionale, per garantire migliori condizioni di vita sia allo Stato e ai suoi concittadini viene da chiedersi: come mai tra tutti coloro che ci guadagnano mancano proprio i cittadini e lo Stato nella sua accezione più ampia? La verità, è che con il caro petrolio, si è aperta la guerra del terzo millennio, quello delle ricchezze naturali e delle energie. Al Sud se fosse attuata una corretta politica energetica, strettamente federalista potrebbe con il proprio sole e con il vento del crinale dell’appennino Italiano risalire la china, vivere di vita propria, ridistribuendo risorse ed economie nelle aree in cui ricadono tali insediamenti, eppure per ora così non è. Porre in essere politiche di defiscalizzazione comunale dove ricadono gli impianti per le rinnovabili, dovrebbe essere una priorità, abolire il bollo auto nelle regioni ad alta incidenza di energia pulita,sarebbe una scelta innovativa coerente con la

re fuori dalla storia, dalla società e dalla realtà: non so bene dove sia la verità, è sempre difficile stabilirlo, ma da che parte sono i fascisti, questo comincio a capirlo! Grazie per l’attenzione e buon lavoro.

Paolino Di Licheppo Roseto degli Abruzzi (Te)

CI VUOLE IL PESTELLO PER IL PARTITO DEMOCRATICO Il pestello è il vero segreto del cocktail. Qualcuno avverta Walter Veltroni. Basta che il Nostro lo faccia roteare nel mortaio come girano le ruote del mulino. Allora sì che non ci sarebbe più storia: finirebbero le correnti e i malcontenti e il suo partito, il PD, si trasformerebbe in una squadra forte e unita, da campioni. E senza discussioni.

Pierpaolo Vezzani

riduzione ed il contributo che il territorio dà, in termini di economie ecologiche, è altrettanto realistico e perseguibile, se solo ci fossero volontà politiche ed Istituzionali che per legge obbligassero le società ad investire il 40% degli utili nei luoghi in cui ricadono tali impianti, lo stesso dovrebbe esser fatto per l’indicazione di parametri biennali o triennali per le contrattazioni fra agricoltori e società,il canone di locazione va legato al costo dell’energia,in quanto gli agricoltori,non locano più un suolo agricolo ma un vero suolo industriale detto” opificio” con tanto di cambiamento di destinazione d’uso del suolo medesimo,con un aumento del valore del suolo,e dunque del contratto. Sarebbe dunque opportuno che anche le associazioni degli agricoltori si svegliassero dal torpore che le attanaglia,e ponessero in essere vere politiche agricole per la costruzione di vere masserie agroenergetiche. È possibile costruire nuove politiche energetiche, basta volerlo. Luigi Ruberto CIRCOLO LIBERAL MONTI DAUNI


opinioni commenti lettere p roteste giudizi p roposte suggerimenti blog Quanti «ma» trasformati in «e» Mary amatissima, la tua revisione delle bozze del ”Profeta” è stata dolcissima. La tua preziosa mano mi ha reso cara ogni pagina. La punteggiatura, gli spazi aggiunti, i cambiamenti di espressione in alcune parti, i «ma» che diventano «e», la cancellazione di tanti «e»: tutto ciò che è più giusto. L’unico intervento che mi ha lasciato perplesso è la modifica dei paragrafi relativi ad Amore, Matrimonio, Figli, Donare e Abiti. Ho provato a leggerli nella nuova forma, e sono risuonati alquanto strani al mio orecchio. So, Mary, che orecchio e lingua generano abitudini, buone o cattive che siano. Può esserci qualcosa d’altro, più strano dell’abitudine, nel mio orecchio. Desidero moltissimo parlarne con te, quando ci incontreremo. Sarò felicissimo di vederti e ascoltarti e di stare con te. Con affetto. Kahlil Gibran a Mary Haskell

VIOLENZA NELLA CAPITALE, BASTA STRUMENTALIZZAZIONI Dopo aver atteso le evidenze da parte della magistratura che ha escluso la matrice politica o xenofoba dell’atto gravissimo che si è verificato al Pigneto, credo che quanto è successo sabato 24 maggio sia da ascriversi al capitolo della “giustizia fai da te”, ma non giustifica le gravissime strumentalizzazioni della sinistra e dei centri sociali. Ritengo che vada analizzato il contesto territoriale e commerciale del Pigneto, molto simile ad altre zone come il Casilino e l’Esquilino, dove è necessario che venga ripristinata la legalità di sistema con l’applicazione della delibere comunali e delle leggi nazionali. Dalla mancata applicazione di tali norme derivano fenomeni come quello accaduto.

Fabio Conte - Roma

D’ACCORDO CON SCAJOLA, SERVE IL RITORNO AL NUCLEARE Scajola: «Centrali nucleari dal 2020». Per il ministro dello Sviluppo economico «se noi partiamo adesso» con il nucleare, come detto dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi all’insediamento, ciò «significa poter essere

e di cronach di Ferdinando Adornato

Direttore Responsabile Renzo Foa Direttore da Washington Michael Novak Consiglio di direzione Giuliano Cazzola, Gennaro Malgieri, Paolo Messa Ufficio centrale Andrea Mancia (vicedirettore) Franco Insardà (caporedattore) Luisa Arezzo Gloria Piccioni Nicola Procaccini (vice capo redattore) Stefano Zaccagnini (grafica)

ACCADDE OGGI

29 maggio 1176 Battaglia di Legnano, la Lega Lombarda sconfigge Federico Barbarossa 1453 Le armate turche ottomane del Sultano Mehmed II Fatih prendono Costantinopoli dopo un lungo assedio, ponendo fine all’Impero Bizantino, già Impero Romano d’Oriente 1913 A Parigi si tiene la prima del balletto di Igor Stravinsky Le Sacre du Printemps 1940 Fausto Coppi vince, con oltre 4 minuti di vantaggio, la tappa del Giro d’Italia Firenze - Modena e conquista la sua prima maglia rosa 1953 Nepal: Edmund Hillary e Tenzing Norgay conquistano l’Everest 1967 Nigeria: a seguito della dichiarazione di indipendenza, scoppia la guerra del Biafra 1985 Strage dell’Heysel: A Bruxelles, Belgio, 39 persone muoiono e centinaia rimangono ferite, durante scontri scoppiati nella finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool

Redazione Mario Accongiagioco, Massimo Colonna, Antonella Giuli, Francesco Lo Dico, Errico Novi, Francesco Pacifico, Riccardo Paradisi, Clara Pezzullo (segreteria), Susanna Turco Inserti & Supplementi NORDSUD (Francesco Pacifico) OCCIDENTE (Luisa Arezzo e Enrico Singer) SOCRATE (Gabriella Mecucci) CARTE (Andrea Mancia) ILCREATO (Gabriella Mecucci) MOBYDICK (Gloria Piccioni) Collaboratori Francesco Alberoni, Maria Pia Ammirati, Mario Arpino, Bruno Babando, Giuseppe Bedeschi, Sergio Belardinelli, Stefano Bianchi, John R. Bolton, Mauro Canali, Franco Cardini, Enrico Cisnetto, Claudia Conforti, Renato Cristin, Francesco D’Agostino, Reginald Dale, Massimo De Angelis, Anselma Dell’Olio, Roberto De Mattei,

pronti, con il tempo di costruzione, la scelta della tecnologia, l’ubicazione dei siti e tutto ciò che serve per costruire un percorso virtuoso e non di divisioni nella nostra popolazione, nel 20182020». All’Italia serve assolutamente un mix energetico che garantisca maggiore indipendenza, e quindi è necessario anche il ritorno al nucleare. Quindi «se le decisioni hanno una logica non bisogna avere paura di spiegarlo ai cittadini e, se si fanno i conti, la gente capisce» anche di rivedere la scelta referendaria. Giusto.

Luigina Maola - Ancona

A ROMA QUISQUILIE E PINZELLACCHERE Al termine della giunta, il sindaco Gianni Alemanno ha incontrato il ministro alle Politiche comunitarie Andrea Ronchi e il sottosegretario Gianni Letta. Il colloquio è durato 15 minuti. Hanno analizzato la situazione di Roma: niente in particolare - assicura Ronchi - ma solo un’analisi della Capitale e di Roma Capitale. Quisquilie&pinzellacchere, insomma, analizzate in 15 minuti: ovvero 5 minuti a testa. Complimenti per l’acutezza!

Lettera firmata

PUNTURE Il governo va sotto alla Camera per due voti e Berlusconi scrive il solito bigliettino alle sue deputate: «Care ragazze, vi avevo detto di andare all’appuntamento galante, ma non di restarci in eterno».

Giancristiano Desiderio

Per un dolore vero anche gli imbecilli a volte sono diventati intelligenti. Questo sa fare il dolore FËDOR DOSTOEVSKIJ

Giancristiano Desiderio, Alex Di Gregorio, Gianfranco De Turris, Luca Doninelli, Pier Mario Fasanotti, Aldo Forbice, Giancarlo Galli, Pietro Gallina, Riccardo Gefter Woondrich, Roberto Genovesi, Arturo Gismondi, Raphael Glucksmann, Alberto Indelicato, Giorgio Israel, Robert Kagan, Filippo La Porta, Maria Maggiore, Paolo Malagodi, Marzia Marandola, Adriano Mazzoletti, Angelo Mellone, Assuntina Morresi, Roberto Mussapi, Francesco Napoli, Andrea Nativi, Ernst Nolte, Michele Nones, Giovanni Orsina, Emanuele Ottolenghi, Jacopo Pellegrini, Adriano Petrucci, Leone Piccioni, Francesca Pierantozzi, Daniel Pipes, Marina Pinzuti Ansolini, Gianfranco Polillo, Loretto Rafanelli, Carlo Ripa di Meana, Claudio Risé, Eugenia Roccella, Carlo Secchi, Katrin Schirner, Emilio Spedicato, Davide Urso, Marco Vallora, Sergio Valzania

il meglio di VACANZE ROMANE E’ una delle primissime riunioni della Camera, si vota un emendamento che riguarda caccia, pennuti e affini, e che ti fa il governo? Come la storica signora Longari di Mike Bongiorno, va a cadere sull’uccello. E cade, rumorosamente, per l’unico motivo che un centinaio di parlamentari della maggioranza risultano assenti. Assai più rumorosamente, poi, se si pensa che tutta questa gente si era presentata in campagna elettorale con la promessa di rimboccarsi le maniche per aiutare l’Italia a rialzarsi. Non sarebbe onesto, come peraltro qualcuno ha tentato di fare, caricare di eccessivi significati politici lo scivolone dell’esecutivo su una variante totalmente marginale, però, a mio parere, si tratta comunque di un’avvisaglia che non va nemmeno troppo sottovalutata. Questa casta di signori, baciati dal privilegio non per grazia di Silvio ma solo ed esclusivamente per volontà della Nazione, deve infatti capire che non li abbiamo mandati a Roma in gita premio. Devono fissarsi bene in mente che non li paghiamo, fin troppo profumatamente, per fare shopping in Via Condotti durante l’orario di lavoro. Devono mettersi in testa, una volta per tutte, che chi li ha votati lo ha fatto perché stufo di una classe politica imbelle e parassitaria, e che perciò non sarà assolutamente disposto a conceder loro sconto alcuno. E per fortuna che in mezzo ad essi c’erano anche i leghi-

sti, quelli per cui la parte produttiva del paese è tutta collocata al di sopra del Po, mentre sulle rive del Tevere allignano solo scrocconi e sanguisughe. Mah, si vede che l’aria di Roma fa girare la testa anche al più irreprensibile stachanovista della Val Brembana. Di fronte a una così magra figura, oltre tutto, hai voglia il ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta, a minacciare punizioni e licenziamenti contro i fancazzisti della pubblica amministrazione: viene da consigliargli, spassionatamente, di cominciare a guardare le travi negli occhi di chi lo circonda più da vicino e, nel caso, di iniziare il repulisti proprio da lì. Speriamo solo che, dopo questo più che increscioso incidente di percorso, Berlusconi spieghi a chiare lettere alle sue truppe che le vacanze romane, d’ora in poi, devono rimanere solo il ritornello di una canzone dei Matia Bazar. O, al massimo, il ricordo di un vecchio film con Audrey Hepburn e Gregory Peck. E, soprattutto, sturi bene le poco onorevoli orecchie dei suoi sul fatto che, il cambiamento, non è una bella parola per abbindolare i polli prima delle elezioni, ma una realtà che si dimostra rimboccandosi le maniche e lavorando sodo, giorno dopo giorno. Al momento, intanto, una sola cosa è certa: se è vero, come dice l’antico adagio popolare, che il buongiorno si vede dal mattino, per il futuro non c’è, purtroppo, da stare molto allegri.

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il nuovo bimestrale di geostrategia in edicola il secondo numero del 2008 140 pagine per capire il pianeta • La sfida di Hezbollah e il futuro del Libano • Perché l’Artico fa gola a molti (ma è di pochi) • Il rinascimento di Clausewitz minuto per minuto Mario Arpino, Alain Bauer, Raphael Glucksmann, Virgilio Ilari, Carlo Jean, Andrea Nativi, Michele Nones, Emanuele Ottolenghi, Daniel Pipes, Stefano Silvestri, Davide Urso


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