LeSiciliane / Casablanca 64

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“Ciao, se state leggendo questo messaggio”

La

Libertà

dei

Kurdi è la nostra Libertà Davide Casella e Stefania Mazzone (Gerta Human Reports) Noi occidentali non siamo abituati alla guerra, ai discorsi di morti, di martiri, di bombe, di spari, di armi, di esser utile con un fucile o con una pistola. Discorsi che in Kurdistan rappresentano la quotidianità, la “semplice normalità”. Esattamente come noi in famiglia, a tavola, parliamo di cibo e quant’altro, lì si parla di morte, ma sempre col sorriso sulle labbra, sempre con l’orgoglio della resistenza, perché, è giusto ricordarlo, il popolo kurdo non combatte solo dal 2011, ma da centinaia di anni. Una chiacchierata con Paolo Andolina, combattente siciliano per la causa kurda e contro l’ISIS. Com’è la situazione attualmente nel Kurdistan? Attualmente il Kurdistan è una regione divisa tra quattro stati: Turchia, Siria, Iran, Iraq. Ovviamente, in tutti e quattro gli Stati la repressione è molto forte, da parte dei governi. Io mi sono unito all’YPG (Unità Protezione Popolare) nel Kurdistan siriano, proprio per combattere la drammatica situazione in corso. Attualmente vi è una condizione di stallo. Esattamente da quando nell’ottobre scorso c’è stata l’invasione da parte della Turchia che ufficialmente dichiarava di voler creare una linea di protezione; in realtà nascondeva una vera e proprio aggressione il cui intento era l’occupazione militare di una fascia profonda trenta kilometri e larga novecento, praticamente il

territorio di tutto il Rojava del Kurdistan siriano. I fronti sono fermi, sia la parte dell’esercito turco sia la parte jihadista supportata dalla Turchia stessa. La zona di Efrin rimane occupata dalle bande jihadiste sostenute dall’esercito turco così come il territorio centrale del Rojava, cioè la zona delle città di Serekaniye e Gire Spi. Nelle altre parti del Rojava la situazione umanitaria è abbastanza disastrosa: dopo quest’ultima occupazione sono aumentati di centinaia di migliaia i profughi e sono migliaia le persone che si trovano nei campi d’accoglienza. La Turchia ha tagliato pure le fonti d’acqua: soprattutto nella zona di Hesake, ha chiuso per ritorsione alcune dighe che si trovano in territorio occupato dal suo esercito, ed altre che si trovano in territorio LeSciliane - Casablanca 23

turco. Chiudendo le condotte dell’acqua ha drasticamente aumentato le difficoltà di centinaia di migliaia di persone che vivono in 7-8 campi profughi in tutto il Rojava. Gli sfollati sono costretti a subire questo crimine dell’esercito turco che li costringe a sopravvivere praticamente senza acqua. Dopo l’abbandono americano, come si sono organizzati i combattenti Kurdi? Non è stato un vero e proprio abbandono da parte dell’esercito americano. Diciamo che è stato un allontanamento da quella striscia di confine tra Siria e Turchia. Si sono allontanati da quella zona sapendo di un’invasione imminente: la Turchia avrebbe attaccato. Ovviamente, si sono allontanati per evitare scontri tra l’esercito americano, le bande jihadiste e l’esercito


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