Mestieri d'Arte & Design n°8

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Maestri del Design

Mario Botta esprime con il suo lavoro non solo l’alto livello del progetto applicato all’architettura, all’arredo e al design, ma anche la vocazione nei confronti delle diversità, delle risorse del territorio, dell’uso di materiali legati alla cultura artigianale. Le sue esperienze di arredo e design liturgico sono un riferimento autorevole nel panorama di questo particolare settore che sta vivendo un rinnovato interesse sia in campo architettonico che artistico. UGO LA PIETRA Tutti conoscono la tua coerenza e il tuo amore per i materiali e la grande qualità delle architetture; allo stesso modo sai trasferire questi valori anche negli oggetti e negli arredi: qual è la tua posizione di designer e progettista nei confronti della cultura materiale, del fatto a mano e quindi dell’artigianato? MARIO BOTTA In quanto architetto mi sembra che l’attenzione ai materiali sia oggi dettata non solo da un problema linguistico, proprio alla forma espressiva, ma anche da un atteggiamento che si pone in opposizione alle mode culturali indotte dalla globalizzazione. La materia non è unicamente uno strumento tecnico, ma presenta una storia e una memoria che ci legano al grande passato. L’artigiano è il tramite che dà continuità a questa testimonianza. U.L.P. C’è una grande e rinnovata attenzione della Curia cattolica nei confronti non solo dell’edificio ecclesiastico come luogo di raccoglimento e preghiera, ma anche di ciò che lo caratterizza all’interno: oggetti, decori, arredi. Un insieme di elementi forse troppo poco esplorati dalla cultura del progetto. In che misura hai sviluppato il rapporto interno/esterno? Mi puoi fare qualche esempio? M.B. Dentro uno spazio architettonico che rincorre anche valori simbolici e metaforici, è ovvio che le parti di arredo svolgano un ruolo importante che lega la tradizione all’attualità più domestica del vivere di oggi. Per questo credo che interno-esterno debba apparire come un binomio intercambiabile, senza quelle rotture di linguaggio evidenti in numerosi esempi recenti. Nelle architetture che ho prodotto, ho sempre cercato di evidenziare i caratteri «strutturali» del fatto architettonico: la gravità, la luce, la soglia, la condizione di limite. Ho cercato di esprimerli attraverso un linguaggio primario ed essenziale; questo vale anche per gli oggetti o l’arredo liturgico che talvolta ho avuto modo di progettare. Un esempio fra i molti possibili potrebbe essere l’interpretazione che oggi viene data all’altare che da «mensa», in auge qualche decennio fa, viene visto come «ara» che richiede quindi un rigore stilistico ancora maggiore, oppure dal disegno più «prosaico» dei banchi o dell’ambone che, anch’essi, devono saper parlare della grande cultura artigianale che abbiamo ereditato dal passato. U.L.P. L’arredo «religioso» deve, secondo te, essere differenziato da luogo a luogo, pensando che ogni chiesa è diversa non solo per la forma dell’edificio, ma anche per la comunità che la frequenta?

ALTARI, BANCHI E AMBONI RACCONTANO LA NOSTRA CULTURA ARTIGIANALE redo può essere intercambiabile a seconda delle mode o delle culture che lo utilizzano. L’impianto architettonico è invece sempre un unicum che ovviamente considera il contesto dell’intorno come una parte stessa del progetto. U.L.P. L’attenzione che poni nei confronti del progetto e nell’uso dei materiali è ancora e sempre alla base del tuo modo di fare. La recente poltroncina progettata per la Fondazione Aldo Morelato e realizzata da Morelato srl sembra confermare questa attitudine. Me ne vuoi parlare? M.B. Il disegno di una sedia è significativo del fatto che esiste questa necessità continua di reinterpretare anche gli oggetti di uso quotidiano. Esistono milioni di sedie, talune anche molto belle e di grande qualità, ma vi è il bisogno di ridisegnarne delle nuove. È un modo di testimoniare del nostro tempo, della nostra sensibilità, in un certo senso di sopravvivere, paradossalmente, alla cultura del consumo e dell’effimero. La seggiolina Morelato è un esercizio che vuole cercare una forma espressiva propria al mestiere e alla tradizione di questa impresa: il legno stratificato contemporaneo è figlio del passato ma, nel contempo, anche delle nuove tecnologie. Con questo oggetto ho voluto creare un’immagine in grado di offrire un’emozione o, se si vuole, anche un sorriso.

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ENRICO CANO

M.B. Questo distinguo mi sembra azzardato in quanto, per sua natura, l’ar-

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