Mestieri d'Arte n°5

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MERCHANDISING SOSTENIBILE Servono direttori di museo con una nuova mentalità, un po’ imprenditori. Capaci anche di scegliere progettisti e artigiani per rilanciare la produzione di oggetti di qualità contro il dilagare di «brutte cose di pessimo gusto»

In tutti i luoghi carichi di valori - storici e ambientali, culturali e religiosi - si sono moltiplicati in questi ultimi decenni oggetti che ormai da tempo vengono definiti «brutte cose di pessimo gusto». Oggetti che dovrebbero evocare il «soggetto» a cui fanno riferimento ma che di fatto, dalle gondole in plastica ai portacenere con la Madonna di Loreto, non sono altro che i segni del decadimento di un mercato corrotto e drogato dall’industria del falso artigianato. Oggetti fatti per ricordare: dai souvenir agli oggetti realizzati per il merchandising museale. «Molte risorse, in questi anni, sono state spesso svelate e rimesse in circuito: da quelle relative alle materie prime (ceramica, alabastro, pietra, marmo, ecc.) a quelle tecniche e di capacità di lavorazione, fino alla grande esperienza del mobile in stile (vedi l’esperienza di «Abitare il Tempo» a Verona). Ma c’è qualcosa che è ancora tutto da recuperare: il grande patrimonio produttivo, e quindi economico-commerciale, che fa riferimento alla moltitudine di oggetti nati per «rappresentare» e «celebrare» e cioè i souvenir. Opere spesso nate per esprimere i caratteri della cultura materiale legata a usi, costumi, riti di un territorio e quindi spesso realizzate con tecniche più genuinamente locali e artigianali. Si potrebbe aprire, così, uno spazio di sperimentazione e produzione, una grande possibilità che se non viene presto e bene sviluppata, ci porterebbe a trovare i nostri musei invasi da tutti quegli oggetti che da sempre circondano i nostri santuari religiosi. «Basterebbe pensare che abbiamo sul nostro territorio la più ricca e diffusa rete di commercializzazione (musei, monumenti, luoghi turistici, opere d’arte collocate in palazzi, chiese ecc.) per capire quanta importanza può avere lo sviluppo di questo settore che si trova, di fatto, ad avere risolto il problema più difficile, quello che affligge un po’ tutto il design italiano: la distribuzione…». Con queste parole

annunciavo negli anni Novanta la nuova legge Ronchey che consentiva di sviluppare la vendita di oggetti all’interno dei musei negli spazi dedicati al book-shop, che già praticava la vendita attraverso cataloghi e cartoline. Oggi i risultati di questo possibile sviluppo, che avrebbe potuto dare molte risorse al nostro artigianato, sono ancora molto modesti. Purtroppo tanti sono i problemi che bisognerebbe affrontare: prima di tutto trasformare la mentalità dei direttori di musei che dovrebbero diventare anche un po’ imprenditori. Imprenditori capaci di scegliere i progettisti, gli artigiani e definire «opere significanti» in grado di coprire l’aspirazione delle diverse fasce di visitatori dei musei. Riflettendo, basterebbe intraprendere una strada capace di fare chiarezza sulle metodologie progettuali per passare dall’oggetto souvenir agli oggetti per il merchandising museale, separati tra di loro per procedimenti progettuali, di lavorazione, di impresa. Per questo basterebbe fare riferimento alle sei tipologie progettuali che presentai già durante la Fiera del Restauro di Ferrara nel 1995, ancora utili e attuali per chi si avvicina al mondo di souvenir e merchandising in particolare. Oggetti di merchandising museale relativamente al soggetto definito possono essere: 1 La riproduzione filologicamente corretta. 2 La riproduzione con lo stesso materiale ma in scala ridotta. 3 La riproduzione con imitazione del materiale originale. 4 La riproduzione su di un supporto. 5 La citazione dall’originale. 6 La allusione all’originale. Cinque metodi progettuali e di realizzazione di oggetti che occorre praticare con un livello di consapevolezza e di coerenza tale da superare il basso livello della produzione del settore e competere con tutta la falsa produzione made in Italy importata dai Paesi orientali.

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