Mestieri d'Arte & Design n°10

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Pensiero storico

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il gesto creativo che plasmò il proprio mondo

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La Ricostruzione futurista dell’universo, luminoso manifesto che compie 100 anni, fu lo sprazzo che liberò il genio del fare dall’ideologia della storia Il manifesto della Ricostruzione futurista dell’universo compie 100 anni. Un secolo nel quale il rapporto tra pensiero creativo e sapere delle mani ha trovato e trova una profonda identità. Manca poco al centenario del manifesto che Giacomo Balla e Fortunato Depero pubblicano l’11 marzo del 1915, anche se, va detto, la stesura li aveva visti impegnati già dall’autunno del 1914. Manifesto che si fa espressione di una chiarezza progettuale, traducendo, in sintesi, la volontà di far convergere la molteplicità di pratiche, di invenzioni, di espressioni, di compresenti livelli comunicativi che agitano la fervida congiuntura segnata dal movimento ideato da Marinetti, oramai giunto nel pieno della sua maturità. L’obiettivo di questi artisti, ai quali si affiancherà Enrico Prampolini e poi un’ampia schiera di giovani, tra i quali Pannaggi, Fillia, Dottori, Tullio d’Albisola, Dal Monte, Diulgheroff, Thayaht le cui esperienze segnano l’intensa stagione del «Secondo futurismo», sarà di chiamare in causa più livelli sensoriali, mirando al raggiungimento dell’opera totale.

è libero». Da quella data l’orizzonte estetico disegnato dai futuristi apre all’attualità viva e creativa della tradizione artigiana, con l’intento di «riconquistarla» per rinnovarla nelle sue radici, imbrigliate nell’ideologia della storia: dalla moda all’arredamento, dalla grafica pubblicitaria all’editoria, dalla ceramica agli oggetti d’uso, alle ambientazioni urbane spaziando nella dimensione del quotidiano, senza però rinunciare a quel sapere manuale, alla dimensione del faber, vale a dire all’abilità di pratiche del fare, patrimonio culturale che, ancora oggi, fa da sostrato al nostro design. La parola d’ordine era «ricostruzione», quindi affermazione anche di una rinnovata «educazione estetica» evocata da Virgilio Marchi, implicando in essa «un diverso spirito e una diversa capacità della maestranza». Il gesto creativo d’ora innanzi spazierà su un universo estetico che varca i confini e dilata la vitalità dell’astrazione nel dinamismo della nuova realtà urbana, toccando diversi gradi della comunicazione pronti a investire la dimensione immaginativa di un tempo rigenerato.

Sullo sfondo la volontà di estendere, ha evidenziato Paolo Fossati, l’«esteticità al tutto»; ciò implica un ravvicinato rapporto «esteticità-artigianato» che mette in gioco «materiali capaci di ricreare la realtà fantasiosa del mondo […]». Ed è proprio tale rapporto che spinge oggi a ripensare al manifesto della Ricostruzione come a una pagina significativa dell’identità che incide e differenzia l’arte contemporanea, interrompendo la linea di continuità che la storia dell’arte, a partire dall’età moderna, ha disegnato fino alle avanguardie. L’arte, scrivono Balla e Depero, «diventa Presenza, nuovo Oggetto, nuova realtà creata cogli elementi astratti dell’universo. Le mani dell’artista passatista soffrivano per l’Oggetto perduto; le nostre mani spasimano per un nuovo Oggetto da creare. Ecco perché il nuovo oggetto (complesso plastico) appare miracolosamente fra le vostre». Parlando di «vostre mani» l’allusione è sia all’universo sociale al quale si rivolge il gesto creativo sia a quelle molteplici degli artigiani, degli artieri interpreti di quella genialità che per Adorno è «modo dialettico», dunque, accogliendo la lettura che ne fa Abbagnano, «ciò che non è schematico, non è ripetuto, ma

Una prospettiva operativa della quale gli artisti e artieri italiani daranno testimonianza con le opere esposte in occasione dell’Esposizione Internazionale delle Arti Decorative e Industriali Moderne di Parigi, del 1925, ove Balla e Depero espongono proposte di arredo e Prampolini rinnovati allestimenti scenografici. Proprio da questa scena internazionale partirà il radicale rinnovamento impresso da Tullio d’Albisola alla ceramica, trasformando l’oggetto d’uso in un dispositivo che, nel tempo, conquisterà l’ambiente. Infatti, nel corso degli anni 30, i rivestimenti ceramici sconfinano nella scultura, nell’opera-ambiente, come i 40 metri quadri della parete allestita da Tullio d’Albisola alla Triennale milanese del 1936. È una linea che si spinge sino a incontrare le razionali forme che Diulgheroff sperimenta per la casa del XX secolo. Così sarà, per l’ambito della moda, con la nuova linea essenziale disegnata da Ernesto Thayaht per il «vestito moderno» lanciato nel 1926, a distanza di un lustro dalla sua celebre Tuta per uomo del 1919, ma anche con i ricami, le cravatte, le stoffe ideate da Balla che integreranno il corpo nel ritmo della «modernità».

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* Direttore della Scuola di Specializzazione in beni storico artistici dell’Università di Siena.

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